Storia del Teatro dei Piccoli - Il Rossetti
Storia del Teatro dei Piccoli - Il Rossetti
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appoggi alla sua idea: quella di una sede stabile per le sue marionette e di un minimo di sicurezza economica per<br />
la Compagnia, garantito da un contributo annuale <strong>del</strong>lo Stato.<br />
Negli Stati Uniti ha imparato l’importanza vitale <strong>del</strong>le public relations. E si assume anche questo ruolo per aprire<br />
ai <strong>Piccoli</strong> la strada di nuove tournée all’estero, per arginare la concorrenza <strong>del</strong> piccolo schermo che invade<br />
l’Europa e per lanciare una campagna d’opinione sulla necessità che lo Stato, riconoscendo l’alto valore culturale<br />
<strong>del</strong> <strong>Teatro</strong> <strong>dei</strong> <strong>Piccoli</strong>, si faccia carico di qualche suo problema.<br />
È in gioco una fra le espressioni più autentiche e colte <strong>del</strong>la nostra tradizione teatrale, un incredibile patrimonio<br />
di intelligenza, di passione, di talento, accumulato e affinato in decenni di lavoro e di rigorosa professionalità<br />
che, neppure a successo consolidato, ha avuto momenti di routine. Così, seppure a malincuore e dopo una vita<br />
totalmente nomade, Vittorio Podrecca mette casa e ufficio a Roma, in via Ambaradam. Ha troppo lavoro<br />
“politico” ed è troppo stanco per sobbarcarsi le fatiche <strong>del</strong>le tournée. Sovrintenderà il suo teatro, che d’ora in<br />
avanti si chiamerà “I <strong>Piccoli</strong> di Podrecca”, da Roma.<br />
Per questo, affida a Carlo Farinelli la direzione sul campo, la quotidiana gestione <strong>del</strong>la Compagnia, ma restando,<br />
come sempre, direttore generale e responsabile artistico. Solo Podrecca, infatti, poteva muovere i fili, non <strong>del</strong>le<br />
marionette, ma <strong>del</strong>l’intricato sistema di scambi culturali, che il governo <strong>dei</strong> <strong>Piccoli</strong> chiedeva, <strong>del</strong>la direzione<br />
commerciale e <strong>dei</strong> programmi.<br />
La Compagnia che, con alla testa Farinelli, riprende nel settembre <strong>del</strong> 1952, dopo la pausa estiva, il suo giro in<br />
Italia è formata dai marionettisti Giannina Donati (figlia d’arte, è con Podrecca dai primi anni romani), Rina<br />
Raimondo, Lisa Nardi, Vittoria Guidi, Angela Barbieri, Pirro Braga, Giacomo Fefè, Silvio Vanelli, Ernesto Vanelli,<br />
Giorgio Ansaldo, Roberto Gamonet. Giacomo Fefè e Silvio Vanelli hanno la responsabilità <strong>del</strong>la direzione tecnica.<br />
Pirro Braga è direttore di palcoscenico. Mario Masetti è il tecnico elettricista. Nel golfo mistico lavorano il<br />
direttore d’orchestra Leoniero Comin, la pianista Lilia Petroselli e i cantanti Emma Lattuada, Lia Podrecca,<br />
Franca Corradi, Augusto Galli, Agostino Guidi, Gianni Pettinati, Antonio Quaglia, Dario Zani. La segreteria<br />
dipende da Eugenio Bizzozzero.<br />
Dall’inizio di settembre <strong>del</strong> ’52 a metà maggio <strong>del</strong> ’53, i <strong>Piccoli</strong> battono l’Italia in lungo e in largo. <strong>Il</strong> 17 marzo, le<br />
creature <strong>del</strong> friulano Podrecca approdano a Udine e, qualche giorno dopo, sono a Cividale per due recite<br />
straordinarie al <strong>Teatro</strong> A<strong>del</strong>aide Ristori. A guidare la Compagnia è Vittorio Podrecca. Non poteva mancare a<br />
questo che, per mai dimenticate radici e legami <strong>del</strong> cuore, <strong>del</strong>l’anima, è un debutto carico di motivi sentimentali<br />
e di dolci abbandoni <strong>del</strong>la memoria. Fra la sua gente, nella “piccola patria”, Podrecca dimentica gli affanni <strong>del</strong>le<br />
“scartoffie” romane, i problemi che immelanconiscono la sua vecchiaia. L’applauso che sale dalla platea <strong>del</strong><br />
Ristori a salutarlo al proscenio ha qualcosa di più caro al suo cuore <strong>dei</strong> trionfi di quarant’anni intorno al mondo.<br />
Dopo questo bagno di ricordi e di sentimenti, i <strong>Piccoli</strong> riprendono la loro peregrinazione. Debutto su debutto, in<br />
anni volgarotti e tesi a plagiare i mo<strong>del</strong>li americani, portano il pubblico in un mondo, in un clima di favola,<br />
creativamente equilibrato fra tradizione e rinnovamento di temi e di tecniche <strong>del</strong> teatro <strong>del</strong>le marionette. <strong>Il</strong><br />
programma tipo si snoda attraverso una ventina di brevi numeri: selezioni di quelle opere che, per circa<br />
vent’anni, i <strong>Piccoli</strong> hanno proposto quasi complete, balletti classici e folkloristici, varietà, parodie, pantomime e,<br />
a “firmare” lo spettacolo, il pianista Piccolowsky, il violinista e l’orchestra viennese.<br />
<strong>Il</strong> cinema, soprattutto in Italia, è al suo boom; la televisione, con i suoi “Lascia o raddoppia” e il suo mito di<br />
collante familiare, di nuovo focolare, è alle porte. I <strong>Piccoli</strong> hanno quasi l’età <strong>del</strong> secolo e apparentemente sanno di<br />
vecchio, di anacronistico, di perdente rispetto alle facilonerie divagatorie <strong>del</strong> piccolo e grande schermo, <strong>del</strong>la<br />
ribalta rivistaiola che furoreggia. Ma non perdono, proprio perché, per rigore professionale, perfezione degli<br />
allestimenti, senso moderno <strong>del</strong>la tradizione, vanno controcorrente e parlano al cuore.<br />
Anton Giulio Bragaglia, regista e uomo di teatro da anni in prima linea scrive: «Venti numeri. Sono un nutrimento<br />
vitaminico, plurimo di vera essenza teatrale. Chi trascura di recarsi a vedere i <strong>Piccoli</strong> non sa quello che perde. È<br />
lo spettacolo più perfetto – preciso ogni sera ugualmente – fra i migliori europei, vale a dire <strong>del</strong> mondo».<br />
È un’epoca di molte sbracature. Ma i <strong>Piccoli</strong> non cambiano, non concedono niente all’andazzo <strong>dei</strong> tempi. <strong>Il</strong> loro<br />
segreto è quello di un antico, faticoso artigianato teatrale applicato al talento, alla cultura, al senso <strong>del</strong>lo