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20 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 10 FEBBRAIO 2013<br />
Sguardi<br />
Arte, fotografia, architettura, design, mercato<br />
di VINCENZO TRIONE<br />
Chi ci sarà? È tra gli eventi più attesi<br />
dell’anno. Tra qualche settimana<br />
si terrà la conferenza stampa<br />
e Gianfranco Ravasi, presidente<br />
del Pontificio consiglio della cultura,<br />
annuncerà i nomi degli artisti chiamati<br />
a rappresentare la Città del Vaticano nella<br />
prossima edizione della Biennale di Venezia.<br />
Finora, non sono trapelate anticipazioni.<br />
Si sa che è in fase di realizzazione il<br />
Padiglione che ospiterà la mostra (ai Giardini).<br />
Si sa che la commissione presieduta<br />
da Ravasi, qualche giorno fa, ha completato<br />
la «short list» degli invitati. Si sa che le<br />
«consultazioni» sono durate più di un anno,<br />
nel corso del quale un ristretto gruppo<br />
di esperti si è recato negli studi di molti artisti.<br />
Qualcuno — per depistare? — ha detto<br />
che sarebbero state chiamate, secondo<br />
una logica ecumenica, cinque «voci»: una<br />
per ogni continente. Ma non sarà così.<br />
Al momento, si possono fare solo illazioni.<br />
Molti danno per certa la presenza di Bill<br />
Viola, particolarmente apprezzato per la<br />
sua capacità di coniugare nuove tecnologie<br />
e richiami storico-artistici. Alcuni ipotizzano<br />
che ci sarà anche Cecco Bonanotte, vincitore<br />
a Tokyo del prestigioso Premium Imperiale,<br />
molto vicino agli ambienti cattolici.<br />
Altri si dicono sicuri che, tra i «selezionati»,<br />
ci saranno anche Jannis Kounellis,<br />
Anish Kapoor e alcune personalità femminili.<br />
Dalle scelte della Commissione si capirà<br />
subito quale sarà la filosofia del Vaticano,<br />
che, dopo secoli di «disinteresse», torna a<br />
confrontarsi con l’arte contemporanea. Se<br />
— come molti sostengono — si imporrà<br />
un’ottica conservativa e continuistica, rispettosa<br />
di un patrimonio culturale consolidato.<br />
O se si affermerà un orientamento<br />
più aperto e «laico», in grado di cogliere<br />
anche discontinuità e passaggi talvolta<br />
scandalosi. Se, cioè, ci si muoverà all’interno<br />
di un’estetica legata alla centralità del<br />
tema classico dell’icona. O se ci si aprirà anche<br />
alla linea aniconica dell’arte moderna.<br />
Dunque, chi ci sarà? Senz’altro non i profanatori<br />
— Nitsch, Serrano, Hirst, Cattelan<br />
— i quali acquisiscono alcuni simboli divini,<br />
per deriderli e immetterli in un sistema<br />
di desacralizzazioni. Ma, come ha ricordato<br />
Camille Paglia, «schernire la religione è<br />
una cosa puerile, sintomatica di un’immaginazione<br />
rachitica».<br />
Più facile dire chi meriterebbe di esserci.<br />
I neo-mistici, ad esempio: come Stella,<br />
Kounellis, Kapoor, Paladino, Kiefer, Parmiggiani,<br />
Turrel, Eliasson, Laib, Spalletti e<br />
Sugimoto. Ad accomunarli è il bisogno di<br />
interrogarsi sul volto dell’invisibile, riprendendo<br />
la lezione di Kandinskij, che, nel<br />
1912, aveva osservato: «La letteratura, la<br />
musica e l’arte sono i campi più sensibili<br />
(…) che riflettono subito il fosco quadro<br />
del presente e intuiscono la presenza di<br />
qualcosa di grande, anche se a tutta prima<br />
è visibile, come un puntino, solo a pochi».<br />
Parole che potrebbero essere accostate a<br />
quel che ha detto recentemente Bill Viola:<br />
«Nel corso della storia, la maggior parte<br />
delle creazioni dell’umanità (…) è stata fatta<br />
per motivi intangibili o spirituali, è un<br />
dialogo con forze ineffabili. (…) Tutta l’arte<br />
rappresenta delle cose invisibili».<br />
L’invisibile, allora. È, questa, la figura intorno<br />
a cui ruotano le scelte poetiche di alcuni<br />
artisti di oggi, che tendono a spostare<br />
la loro attenzione dalla «religiosità» alla<br />
«spiritualità». Alcuni esempi: l’Apocalisse<br />
di Kounellis, una solenne croce racchiusa<br />
in un grande sacco appeso con una corda a<br />
una trave sospesa al soffitto; la Via Crucis<br />
di Stella, sculture monocromatiche in metallo<br />
attorcigliato; la crocifissione di Paladino,<br />
un giardino di marmi bianchi, che con-<br />
Fede<br />
Verso la Biennale Più di un anno<br />
di «consultazioni» sotto la guida<br />
del cardinale Ravasi per la<br />
manifestazione di quest’anno,<br />
mentre sono segnalati sopralluoghi<br />
della Santa Sede a Venezia in vista<br />
dell’appuntamento del 2014<br />
Padiglione vaticano, premono i neo-mistici<br />
La ricerca di Assoluto di Viola e Kounellis<br />
i<br />
2013<br />
La 55esima Biennale<br />
Internazionale d’Arte<br />
si svolgerà a Venezia<br />
dal primo giugno<br />
al 24 novembre<br />
ai Giardini e all’Arsenale<br />
(vernice 29, 30, 31 maggio).<br />
Direttore dell’edizione 2013<br />
è Massimiliano Gioni<br />
(presentazione ufficiale<br />
il 13 marzo a Roma).<br />
Il Padiglione Italiano<br />
è stato curato da<br />
Bartolomeo Pietromarchi<br />
(tra gli artisti presenti:<br />
Francesco Arena, Gianfranco<br />
Baruchello, Elisabetta<br />
Benassi, Flavio Favelli, Luigi<br />
Ghirri, Francesca Grilli, Fabio<br />
Mauri, Giulio Paolini, Marco<br />
Tirelli, Sislej Xhafa)<br />
Esordi<br />
La Santa Sede<br />
partecipa per la prima volta<br />
con un Padiglione nazionale.<br />
Commissario del Padiglione<br />
Vaticano è il cardinale<br />
Gianfranco Ravasi.<br />
L’idea era nata nel 2009,<br />
per volontà di Antonio<br />
Paolucci, oggi direttore<br />
dei Musei Vaticani.<br />
Altri otto i Paesi esordienti:<br />
Bahamas, Regno<br />
del Bahrain, Repubblica<br />
del Kosovo, Kuwait, Maldive,<br />
Costa d’Avorio,<br />
Nigeria, Paraguay<br />
vergono in un menhir occupato da una croce<br />
disegnata a matita. E, poi, le superfici di<br />
colore dentro le quali si può «cadere» con<br />
lo sguardo di Kapoor, le stanze illuminate<br />
sullo sfondo da strisce di luce intensa di<br />
Turrel, le apparizioni solari di Eliasson, le<br />
piccole montagne di colore di Laib, i giochi<br />
d’ombra di Parmiggiani, gli ambienti<br />
avvolgenti di Spalletti, gli orizzonti concreti<br />
resi astratti di Sugimoto. Senza dimenticare<br />
la controversa cattedrale di Reggio<br />
Emilia, che accoglie un altare (di Parmiggiani),<br />
un candelabro pasquale (di Spalletti)<br />
e una cattedra in ferro e legno di Kounellis<br />
(rimossa lo scorso dicembre). Tra i padri<br />
di questa sorta di tendenza segreta,<br />
Newman, autore — tra il 1958 e il 1966 —<br />
di una Via Crucis fatta di superfici omogenee<br />
tagliate da strisce bianche e nere; e Lucio<br />
Fontana, creatore, nel 1963, di un ciclo<br />
intitolato La fine di Dio, superfici di un solo<br />
colore perforate da buchi slabbrati.<br />
Pur con accenti diversi,<br />
questi artisti si<br />
fanno interpreti di<br />
un’epoca nella quale<br />
è andato progressivamente<br />
scomparendo<br />
l’Assoluto. Ma, forse,<br />
non la tensione verso<br />
l’Assoluto stesso.<br />
«Ora si tratta di riportare<br />
la spiritualità al<br />
centro e in domini<br />
aperti in cui sono possibili<br />
scoperte decisive»,<br />
ha scritto Charles<br />
Taylor. Nel riprendere<br />
una lunga tradizionestorico-artistica<br />
(documentata in una mostra tenutasi al<br />
Centre Pompidou nel 2008, «Traces du sacré»),<br />
i neo-mistici condividono il desiderio<br />
di emanciparsi da ogni riferimento contingente.<br />
Vogliono sottrarsi al tempo del di-<br />
Dall’alto: l’Apocalisse di Jannis Kounellis<br />
(2012, Milano, Galleria San Fedele); una<br />
delle stazioni della Via Crucis di Frank Stella<br />
(2009) per la Dives in Misericordia di<br />
Roma; Bill Viola, «Emergence» (2002)<br />
sincanto. Nei loro lavori, non vi sono echi<br />
di attualità. Portandosi al di là di ogni logica<br />
mediatica, non offrono testimonianze,<br />
né aderiscono al piano della<br />
riconoscibilità. Avvertono il bisogno di misurarsi<br />
con una sfera altra. Tendono verso<br />
una forma che si ponga in equilibrio tra il<br />
detto e il non-detto. Talvolta, si affidano a<br />
una figurazione che rielabora una simbolica<br />
originaria: è il caso di Kiefer, Kounellis,<br />
Paladino, Parmiggiani. Spesso, per dialogare<br />
con la trascendenza, scelgono l’astrazione<br />
e il minimalismo. Le loro opere: superfici<br />
monocrome o abitate da essenziali linee.<br />
Sulle orme di Malevic, scelgono di risiedere<br />
ai bordi del linguaggio. Si rifugiano negli<br />
spazi del silenzio. Essi sanno che il sacro<br />
non può mai essere racchiuso in un perimetro.<br />
Non si lascia nominare: traspare<br />
solo attraverso il suo essere inesprimibile.<br />
Gli eredi di Kandinskij e Malevic elaborano<br />
un’iconografia senza icone. Suggeriscono<br />
altre dimensioni. Sapienti nell’annodare<br />
il segno e l’assenza, pensano le opere come<br />
preghiere laiche. L’arte è dispositivo<br />
che consente di andare al di là della fragilità<br />
delle cose. È oltrepassamento. Esperienza<br />
metafisica, per porsi in ascolto di presenze<br />
lontane e scoprire tracce di eternità.<br />
Slancio verso quella che i greci chiamavano<br />
theía aisthesis: divino percepire.<br />
Queste necessità erano state colte da<br />
Giovanni Paolo II nella Lettera agli artisti<br />
del 1999: «L’arte anche al di là delle sue<br />
espressioni più tipicamente religiose,<br />
quando è autentica, ha una profonda affinità<br />
col mondo della fede; sicché, persino<br />
nelle condizioni di maggior distacco<br />
dalla Chiesa, proprio l’arte continua a costituire<br />
una sorta d’appello al Mistero».<br />
Sarebbe auspicabile che il Padiglione della<br />
Santa Sede della Biennale 2013 partisse<br />
proprio da queste parole di Karol<br />
Wojtyla.<br />
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