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4 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 10 FEBBRAIO 2013<br />
Il dibattito delle idee<br />
di STEFANO GATTEI<br />
dispiace quando mi<br />
dicono che il mio pessimismo<br />
scoraggia<br />
quelli che avrebbero «Mi<br />
ridotto la loro quota<br />
di emissione di carbonio, ma d’altra parte<br />
per me questi sforzi sono, nella migliore delle<br />
ipotesi, una romantica assurdità e, nella<br />
peggiore, un’ipocrisia». E alle molte agenzie<br />
che consentono oggi ai viaggiatori di piantare<br />
alberi per controbilanciare il biossido di<br />
carbonio prodotto dal loro aereo, risponde<br />
che tali atti «assomigliano alle indulgenze<br />
che una volta venivano vendute dalla Chiesa<br />
cattolica ai peccatori benestanti per compensare<br />
il tempo che altrimenti avrebbero<br />
passato in Purgatorio».<br />
Non scrive certo per compiacere, James<br />
Lovelock, neppure coloro che (come lui)<br />
hanno a cuore il nostro pianeta e cercano di<br />
prendersene cura. Svincolato da legami con<br />
l’industria o l’accademia, Lovelock è da sempre<br />
uno scienziato indipendente, che non<br />
ha paura di dire ciò che pensa, suffragando<br />
le proprie affermazioni dati alla mano.<br />
Nel 1979 propone la sua teoria più celebre,<br />
l’«ipotesi Gaia», secondo cui tutte le<br />
componenti del pianeta Terra, viventi e non<br />
viventi, formano un gigantesco sistema, interagendo<br />
fra loro come se appartenessero<br />
a un unico organismo vivente. Considerata<br />
all’inizio come un tipico prodotto della New<br />
Age, la teoria acquista negli anni sempre<br />
più credibilità, anche grazie a una quantità<br />
crescente di dati empirici che la supportano.<br />
Nei decenni successivi Lovelock ribadisce<br />
la propria tesi in vari libri, il più recente<br />
dei quali è Gaia, ultimo atto, ora tradotto in<br />
italiano per Pacini Editore, all’interno della<br />
collana «Filosofia ambientale».<br />
«Uno degli errori più gravi commessi dagli<br />
scienziati nel XX secolo — dice Lovelock<br />
alla "Lettura" in una pausa dalla scrittura del<br />
suo nuovo libro — è stato quello di dare per<br />
scontato che tutto ciò che dovevamo sapere<br />
sul cambiamento climatico potesse essere<br />
dedotto da alcuni modelli fisico-chimici relativi<br />
all’atmosfera, sviluppati con computer<br />
sempre più potenti. La biosfera (e gli oceani<br />
in particolare) è stata considerata un elemento<br />
passivo, quando invece gioca un ruo-<br />
RRR<br />
Prospettive<br />
«Gaia ha impiegato miliardi<br />
di anni per produrre l’uomo.<br />
Ma l’uomo non è necessario<br />
al suo equilibrio: quello<br />
che fa, lo fa a suo rischio»<br />
lo centrale». Tali modelli si sono rivelati inadeguati:<br />
sono infatti gli oceani ad assorbire<br />
la maggior quantità di calore, che rimane in<br />
profondità, sotto uno strato sottile (termoclino)<br />
nel quale la temperatura subisce una<br />
marcata variazione. «Non sappiamo quando<br />
accadrà, ma prima o poi quel calore verrà rilasciato<br />
e porterà a un brusco cambiamento<br />
climatico nell’intero sistema».<br />
Se con il suo primo libro Gaia (Bollati Boringhieri),<br />
Lovelock intendeva invitare la comunità<br />
scientifica ad affrontare il problema<br />
del riscaldamento globale in una prospettiva<br />
diversa, ora (a quasi 94 anni) il suo suona<br />
come un ultimo tentativo di spronare i<br />
membri della comunità scientifica ad abbandonare<br />
un vecchio modo di pensare e a guardare<br />
all’ambiente con occhi nuovi. Il suo è<br />
un invito ad abbandonare conformismi,<br />
ideologie e modelli astratti e a osservare<br />
con maggiore obiettività le trasformazioni<br />
ambientali in corso: in altre parole, «un invito<br />
a lasciare il sentimento per un uso critico<br />
della ragione».<br />
Le ricette proposte dallo scienziato britannico<br />
sono tanto controverse quanto sgrade-<br />
La voce dei Radiohead<br />
di SANDRO MODEO<br />
In una lunga intervista a Elena Raugei sul<br />
«Mucchio» di febbraio, Thom Yorke —<br />
voce-mente dei Radiohead e ora degli Atoms<br />
for Peace — concentra i cardini della sua visione<br />
estetico-morale. Tra sottili osservazioni su ritmo<br />
e melodia e spietatezza autocritica (la diffidenza<br />
«per gli apprezzamenti»), tra l’allergia al<br />
compromesso (a non produrre mai «musica<br />
dozzinale») e quella alle sirene<br />
mediatico-politiche (il rifiuto di incontrare Tony<br />
Blair: «Più vai vicino al potere, più è facile essere<br />
usato»), colpiscono le ascendenze letterarie. Tra<br />
attrazioni prevedibili se non inevitabili (Philip<br />
Dick, il David Mitchell di Cloud Atlas, le fiabe di<br />
Andersen) spicca quella, mediata dalla moglie<br />
Rachel, per la Commedia di Dante, di cui del resto<br />
i Radiohead hanno ripreso diverse sequenze<br />
(Lucifero in «Ok Computer», gli ignavi in «Hail to<br />
the Thief»). Di colpo, le fenditure profonde tra<br />
linguaggi e generazioni, classicità e avanguardia<br />
sembrano svanire come allucinazioni<br />
sociologiche, suturarsi come ferite immaginarie.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Mostarda<br />
di Renato Franco<br />
Incontri Il padre dell’ipotesi «Gaia» contro i luoghi comuni dell’ambientalismo<br />
{<br />
Verdi e Wagner gratis a Sanremo<br />
Che Sanremo che fa. Ovvero il Festival<br />
di Raitre declinato per Raiuno ma con più<br />
soldi. Non troppi però, perché, in tempo<br />
di spending review, anche Fabio Fazio<br />
deve fare i conti con i tagli: meno 10%<br />
«Il nucleare aiuta la Terra»<br />
Lo scienziato James Lovelock controcorrente<br />
Dalle emissioni dei gas serra i rischi peggiori<br />
E Thom Yorke<br />
dirotta su Dante<br />
James Lovelock<br />
e, in alto, una<br />
sequenza tratta<br />
da «Atomic Ivan»<br />
(2011) di Vasily<br />
Barkhatov, girato<br />
nelle centrali<br />
nucleari di Kalinin e<br />
di San Pietroburgo<br />
voli sono le sue previsioni:<br />
sostenitore del ricorso<br />
all’energia nucleare,<br />
Lovelock ha spesso<br />
insistito sulla necessità<br />
di abbandonare le energie<br />
rinnovabili, in quanto<br />
scarsamente efficaci<br />
e dispendiose. «Molto<br />
spesso si ignora che i<br />
luoghi più contaminati<br />
dalla radioattività sono<br />
diventati, col tempo, i<br />
più ricchi di vita: è il caso<br />
dei terreni nei pressi<br />
di Cernobyl, o dei luoghi<br />
di sperimentazione<br />
degli ordigni nucleari<br />
nell’Oceano Pacifico.<br />
Gli animali e le piante<br />
non percepiscono la radiazione come pericolosa,<br />
e la riduzione delle loro vite che essa<br />
potrebbe causare costituisce una minaccia<br />
molto minore della presenza di esseri umani.<br />
Imponenti apparati burocratici si occupano<br />
dello smaltimento delle scorie e dello<br />
smantellamento degli impianti nucleari, ma<br />
nulla di paragonabile si interessa di quella<br />
che costituisce davvero la più diffusa fonte<br />
di inquinamento: l’anidride carbonica».<br />
E i maggiori produttori di anidride carbonica<br />
siamo noi stessi. Il nostro è un pianeta<br />
sovrappopolato, in cui sempre più persone<br />
ricorrono a quantità crescenti di energia e<br />
di risorse. «Gaia ha impiegato miliardi di anni<br />
per produrre esseri intelligenti, ma noi<br />
non costituiamo che una tappa di un lungo<br />
processo di evoluzione che potrà portare, in<br />
un lontano futuro, alla nostra estinzione e<br />
alla nascita di organismi più adatti a un nuovo<br />
ambiente».<br />
Ciò conduce a una seria riconsiderazione<br />
del nostro ruolo all’interno del sistema terrestre:<br />
«La Terra non si è evoluta unicamente<br />
a nostro vantaggio e qualsiasi cambiamento<br />
che le apportiamo è a nostro rischio. Non<br />
possediamo alcun diritto speciale: siamo<br />
soltanto una tra le tante specie viventi che<br />
contribuiscono a Gaia. È probabile che la<br />
Terra sia ormai avviata verso un’era calda, in<br />
cui potrà sopravvivere, sebbene in una condizione<br />
peggiore e meno abitabile per noi.<br />
Le prove che le cose stiano effettivamente<br />
così sono evidenti, e il processo è irreversibile».<br />
Fondamentale, dunque, è comprendere<br />
che la Terra costituisce un sistema vivente,<br />
«capace sia di resistere al cambiamento climatico<br />
sia di aumentarlo. È superbo, da parte<br />
nostra, pensare di sapere come salvare la<br />
Terra. Il nostro pianeta sa bene come badare<br />
a sé: tutto ciò che possiamo fare è provare<br />
a salvare noi stessi».<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
RRR<br />
rispetto al 2012. E così ecco gli inviti a chi<br />
ha un disco o un film in promozione,<br />
fino al colpo a sorpresa, i superospiti<br />
protagonisti di due serate: sul palco<br />
Verdi e Wagner, due giganti, e pure gratis.<br />
L’incursione<br />
di Stefano Piedimonte<br />
IL GRANDE GUAGLIONE<br />
TIC E SOMIGLIANZE<br />
TRA REALITY E CAMORRA<br />
Niente reality. Niente Grande Fratello,<br />
perlomeno. Blackout nel 2012 e forse nel<br />
2013. Per arrivare alla conclusione che<br />
era meglio passare la mano, i dirigenti di<br />
rete hanno sbattuto il naso contro dati<br />
d’ascolto tutt’altro che confortanti. Anche se<br />
difficilmente si resisterà alla tentazione di tornare<br />
al reality o almeno — in qualche modo — al<br />
pubblico che fu numericamente clamoroso e ora è<br />
orfano di queste narrazioni. Ma visto che è tutto<br />
fermo, forse, vale la pena capire dove l’avevamo già<br />
visto, il mondo dei reality. E perché sarebbe un<br />
bene che non tornasse. O almeno non come è stato<br />
finora. Dove l’abbiamo visto? Al Sud, nelle cronache<br />
nere di ogni giorno. Nell’estetica disperata, nei<br />
sogni effimeri, nei comportamenti, negli<br />
atteggiamenti, nel concetto stesso di successo dei<br />
«guaglioni». Troppo azzardato parlare di gieffini e<br />
«guaglioni»? Reality e camorra?<br />
Il successo. Il gieffino tipo, quello da ultime<br />
edizioni del reality, uscito dalla Casa si rimette a<br />
fare il pizzaiolo. Scompare, si volatilizza, se ne<br />
perde ogni traccia. Di tanto in tanto, con una serata<br />
in discoteca o un’ospitata nelle tv locali, riesce a<br />
pagarsi l’assicurazione (semestrale) per il motorino.<br />
Il guaglione pure ha una vita breve. Lo arrestano<br />
prima che abbia il tempo di farsi ammazzare. O lo<br />
ammazzano, addirittura. O diventa latitante. Il<br />
successo (soldi, rispetto, qualche donnina) svanisce<br />
in un lampo, pari pari, così com’è arrivato. Il<br />
giochetto dura poco. In men che non si dica, il<br />
gieffino triste e il guaglione incarcerato si ritrovano<br />
RRR<br />
Sistemi a confronto<br />
Dopo un anno senza Grande Fratello<br />
è bene ripensare a certi format<br />
con l’occhio di chi segue la cronaca<br />
nera al Sud. Così si può sperare che<br />
non tornino più come prima<br />
a girare in tondo guardandosi le scarpe.<br />
Quale background? Il gieffino non è che la sappia<br />
lunga. Si getta nella mischia andando ai provini e<br />
rispondendo ai selezionatori che lo interrogano sul<br />
suo tallone d’Achille: «Il mio tallone da killer?»<br />
(episodio reale). Il gieffino non è che abbia studiato<br />
per andare al GF. Non è che abbia tutta questa<br />
preparazione tecnica. Il guaglione del clan, dal<br />
canto suo, si mette in testa di far secco qualcuno.<br />
Va lì pistola in pugno, dà prova del suo background<br />
criminale tenendo l’arma di sbieco, sparando colpi<br />
alla bell’e meglio (a tutto e a tutti, tranne che al suo<br />
bersaglio), incassando rimproveri e calci dai suoi<br />
capibastone. Nel suo caso, più che in qualunque<br />
altro, si può parlare di «tallone da killer».<br />
La delazione. Il gieffino si chiude nel confessionale.<br />
Per ingraziarsi il favore del pubblico dice peste e<br />
corna dei suoi compagni, racconta cose che voi<br />
umani... Poi esce con un sorriso, dice «amici!» e li<br />
abbraccia tutti. Senza sapere che il suo migliore<br />
«amico», appena entrato nel confessionale, gli sta<br />
giusto restituendo il favore. Il guaglione, invece, per<br />
ingraziarsi il favore di un poliziotto, gli dice nome,<br />
cognome e indirizzo di quello che ha aperto uno<br />
spaccio al minuto. Senza sapere che il pusher, alla<br />
prima occasione, ricambierà scientificamente la<br />
cortesia. Gli affari sono affari, nell’uno e nell’altro<br />
caso.<br />
Il look. Ne vogliamo parlare? Volti bruciati dalle<br />
lampade abbronzanti, «sopracciglia di gabbiano»<br />
(curve studiate e disegnate col rasoio che ricordano<br />
ali di gabbiano), acconciature da pappagallo<br />
esotico, scarpe e vestiti dalle tinte lunari. Di chi<br />
stavamo parlando? Di gieffini o di guaglioni? A volte<br />
è facile perdere il filo.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
STEFANO PIEDIMONTE Napoli, 1980. Laureato all’Università<br />
L’Orientale, ha seguito la cronaca nera per quotidiani e settimanali.<br />
Per Guanda ha pubblicato il racconto «Siete tutti morti» (collana<br />
Guanda.bit) e il romanzo «Nel nome dello Zio» (2012), storia<br />
di un boss che infiltra, per fanatismo, un suo affiliato in un reality.