Piano Sanitario Regionale 1999-2001 Toscana - Farmindustria
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PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
<strong>Piano</strong> <strong>Sanitario</strong><br />
<strong>Regionale</strong> <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong><br />
<strong>Toscana</strong><br />
Asl<br />
Aziende Ospedaliere<br />
home
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
Deliberazione 17 febbraio <strong>1999</strong>, n. 41<br />
(supplemento ordinario al B.U. n.15 del 14 aprile <strong>1999</strong><br />
IL CONSIGLIO REGIONALE<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato e integrato dal decreto<br />
legislativo 7 dicembre 1993 n. 517, di seguito denominato decreto delegato.<br />
Vista la Legge 30 novembre 1998, n. 419 recante "Delega al Governo per la razionalizzazione<br />
del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in materia di organizzazione e<br />
funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre<br />
1992, n. 502";<br />
Visto il Decreto Legislativo 124/1998, con il quale è stato ridefinito il sistema di partecipazione<br />
al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, ai sensi dell'art. 59, comma 50,<br />
della Legge 449/1997;<br />
Vista la legge 23 dicembre 1998, n. 448 concernente "Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione<br />
e lo sviluppo";<br />
Visto il DPR 23 luglio 1998 relativo a "Approvazione del <strong>Piano</strong> sanitario nazionale per il triennio<br />
1998/2000";<br />
Richiamate:<br />
a) la LR 29 giugno 1994, n. 49 "Norme per il riordino del servizio sanitario regionale" che, tra<br />
le altre disposizioni, all'art. 10, nel ribadire che le Università toscane contribuiscono all'elaborazione<br />
degli atti della programmazione regionale tramite le facoltà interessate, dispone che la<br />
Regione, nell'ambito del <strong>Piano</strong> sanitario vigente, elabora protocolli d'intesa con l'Università per<br />
regolamentare l'apporto delle Facoltà di medicina e chirurgia alle attività assistenziali del Servizio<br />
sanitario regionale e l'apporto dello stesso Servizio alle attività didattiche;<br />
b) la L.R 3 ottobre 1997, n. 72 relativa a: "Organizzazione e promozione di un sistema di diritti<br />
di cittadinanza e di pari opportunità: riordino dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari<br />
integrati", ed in particolare l'art. 37, con il quale si dispone che il <strong>Piano</strong> sanitario regionale<br />
prevede progetti-obiettivo elaborati in conformità con la su richiamata LR 72/'97;<br />
Richiamate le norme contenute nella LR 30 settembre 1998, n. 72 "Norme sulle procedure e gli<br />
strumenti della programmazione sanitaria e sull'organizzazione del servizio sanitario regionale"<br />
ed, in particolare, le norme contenute:<br />
a) negli artt. 8 e 11, con i quali si dispone che il Consiglio regionale, su proposta della Giunta,<br />
approva il <strong>Piano</strong> sanitario regionale che contiene anche le disposizioni generali per la formazione,<br />
da parte delle aziende, dei piani attuativi del piano sanitario regionale, denominati piano<br />
attuativo locale e piano attuativo dell'azienda ospedaliera;<br />
b) negli artt. 5 e 25, secondo i quali le Aziende sanitarie assicurano i livelli uniformi ed essenziali<br />
di assistenza previsti dal <strong>Piano</strong> sanitario regionale, che fissa, altresì, le funzioni operative<br />
delle aziende in apposito repertorio, quale determinazione del complesso di attività fra loro<br />
omogenee, finalizzato alla produzione e alla erogazione delle prestazioni stesse;<br />
c) nell'art. 6, comma 4, con il quale si demanda al <strong>Piano</strong> sanitario regionale la individuazione<br />
delle forme, delle modalità e delle condizioni per l'erogazione di contributi finalizzati a finanziare<br />
lo sviluppo di programmi e di progetti interaziendali per prestazioni specialistiche di<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
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eccellenza tra le Aziende ospedaliere al fine della integrazione, razionalizzazione e qualificazione<br />
dell'offerta;<br />
d) nell'art. 27, comma 3, con il quale si dispone che il <strong>Piano</strong> sanitario regionale individua i<br />
livelli di operatività denominati soglie operative, delle predette funzioni, corrispondenti a bacini<br />
di utenza o a volumi di attività, al di sotto dei quali non è consentita la costituzione delle funzioni<br />
operative e che lo stesso <strong>Piano</strong> individua, altresì, i margini di flessibilità nell'utilizzo di tali<br />
soglie in relazione a particolari condizioni territoriali, epidemiologiche e demografiche;<br />
e) nell'art. 27, comma 7, che attribuisce alle Aziende ospedaliere l'obbligo di determinare<br />
nell'ambito dei protocolli d'intesa per le attività assistenziali le proprie strutture organizzative<br />
professionali;<br />
f) nell'art. 36, comma 6, con il quale è affidata agli atti della programmazione regionale, l'individuazione<br />
dei dipartimenti di coordinamento tecnico da costituire obbligatoriamente;<br />
g) nell'art. 37, comma 8, con il quale è affidata al <strong>Piano</strong> sanitario regionale la definizione delle<br />
caratteristiche e dei requisiti operativi dei presidi ed in particolare dei centri per l'emergenza<br />
territoriale, di quelli di primo soccorso e del pronto soccorso ospedaliero, nonché delle modalità<br />
di partecipazione al sistema regionale per l'emergenza ospedaliera dei dipartimenti medesimi;<br />
Rilevato che il titolo II della LR 72/1998, quale parte normativa riservata alla programmazione<br />
sanitaria della Regione, individua nel <strong>Piano</strong> sanitario regionale lo strumento di programmazione<br />
complessiva di settore con il quale la Regione, in adeguamento al <strong>Piano</strong> sanitario nazionale e<br />
nell'ambito del <strong>Piano</strong> regionale di sviluppo e delle relative politiche generali di bilancio, definisce<br />
le linee di governo del Servizio sanitario regionale;<br />
Considerato che, in conformità di quanto previsto dall'art. 9, comma 2, della LR 72/98 citata, i<br />
contenuti del <strong>Piano</strong> sanitario regionale hanno valore di indirizzo direttivo, prescrizione e vincolo<br />
secondo quanto espressamente disposto dal <strong>Piano</strong> medesimo;<br />
Considerato pertanto che, ai sensi del sopracitato art. 9, comma 2, della LR 72/'98, costituiscono<br />
vincolo per gli atti amministrativi di competenza delle Aziende sanitarie, le disposizioni contenute<br />
nel <strong>Piano</strong> sanitario regionale come di seguito indicate:<br />
- i livelli di assistenza, da assicurare in condizioni uniformi sul territorio regionale, definiti sulla<br />
base di indicatori epidemiologici, clinici e strutturali, con la specificazione delle prestazioni da<br />
garantire a tutti i soggetti assistibili, tenuto conto delle prevedibili disponibilità;<br />
- la previsione delle risorse finanziarie, disponibili per ciascun anno del triennio;<br />
- i criteri di quantificazione ed impiego delle risorse di cui all'art. 4, comma 1, lett. b), c), d) e) e<br />
f) della predetta LR 72/98;<br />
- i criteri di riparto delle risorse finanziarie di cui all'art. 4, comma 1, lett. a), della LR 72/98,<br />
alle Aziende unità sanitarie locali, con particolare attenzione alle zone montane e insulari ed alla<br />
compensazione della mobilità sanitaria;<br />
- le quote di anticipazione alle Aziende ospedaliere di cui all'articolo 4, comma 7, lett. a) del<br />
decreto delegato, nonché eventuali vincoli di utilizzo delle risorse per le aziende sanitarie;<br />
- i programmi regionali finalizzati alla valorizzazione e qualificazione dell'assistenza sanitaria<br />
nelle zone insulari e montane;<br />
- i criteri per la definizione degli atti della concertazione e per la disciplina della contrattazione<br />
con i soggetti privati accreditati;<br />
- il repertorio delle funzioni operative e le soglie di costituzione delle corrispondenti strutture<br />
organizzative, nonché i margini di flessibilità nel loro utilizzo ai sensi degli artt. 25 e 27 della<br />
soprarichiamata LR 72/98;<br />
- i criteri per l'individuazione di eventuali prestazioni da erogare in forma indiretta e la misura<br />
del rimborso a carico del servizio sanitario regionale ai sensi dell'art. 25 della LR 1/95;<br />
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- gli strumenti finalizzati allo sviluppo delle Aziende a sistema e della rete dei servizi;<br />
- i criteri per l'erogazione di prestazioni alla popolazione delle zone di confine attraverso la<br />
previsione di appositi accordi convenzionali interaziendali con le Aziende sanitarie extraregionali<br />
interessate;<br />
- i criteri e le modalità di determinazione delle tariffe anche in relazione alle diverse tipologie<br />
dei soggetti erogatori;<br />
- modalità di raccordo funzionale tra i Dipartimenti di prevenzione e l'Istituto Zooprofilattico<br />
Sperimentale delle Regioni Lazio e <strong>Toscana</strong>;<br />
- criteri e modalità di controllo dell'attuazione del <strong>Piano</strong> medesimo.<br />
Considerato altresì che, in conformità di quanto previsto dall'art. 27, comma 6 della LR n.<br />
1/1995, assumono la forma e gli effetti di piani di programma, ai sensi dell'art. 9 della LR<br />
26/1992, le disposizioni contenute nel <strong>Piano</strong> sanitario regionale che riguardano:<br />
- le risorse finanziarie necessarie ad assicurare i livelli di assistenza per ciascun anno del triennio<br />
di validità del piano;<br />
- i criteri di riparto delle risorse finanziarie alle Aziende sanitarie e le modalità di compensazione<br />
della mobilità sanitaria infraregionale;<br />
- le azioni programmate di rilievo regionale finanziate con apposite risorse vincolate;<br />
Considerato inoltre che ai sensi del predetto art. 9, comma 1, lett. h) della soprarichiamata LR<br />
72/98 il <strong>Piano</strong> sanitario regionale deve contenere i progetti obiettivo da realizzare tramite l'integrazione<br />
funzionale ed operativa dei servizi sanitari e di quelli di assistenza sociale di competenza<br />
degli enti locali e che ai sensi del richiamato art. 9, comma 1, della stessa LR 72/98 il<br />
<strong>Piano</strong> sanitario determina gli strumenti per l'integrazione delle medicine non convenzionali<br />
negli interventi per la salute;<br />
Rilevato che, in conformità di quanto disposto dall'art. 6, comma 1, del DLgs 502/92, le Regioni<br />
stipulano, nell'ambito della programmazione regionale, specifici protocolli d'intesa con le Università<br />
per regolamentare l'apporto delle facoltà di medicina alle attività assistenziali del Servizio<br />
sanitario;<br />
Tenuto conto che i predetti protocolli d'intesa, ai sensi dell'art. 10, comma 2, della LR 49/94,<br />
sono elaborati nell'ambito del <strong>Piano</strong> sanitario regionale;<br />
Richiamata la propria deliberazione del 22 aprile 1997, n. 113 relativa a "Approvazione protocollo<br />
d'intesa Regione <strong>Toscana</strong> - Università di Firenze, Pisa, Siena per le attività assistenziali";<br />
Ritenuto, pertanto, opportuno, confermare per il triennio <strong>1999</strong>/<strong>2001</strong> le disposizioni contenute<br />
nella sopracitata deliberazione 113/97, con le variazioni e integrazioni apportate con l'Allegato<br />
"A" relativamente alla parte finanziaria;<br />
Rilevato, altresì, che in conformità di quanto disposto dall'art. 4 della LR 26 ottobre 1998, n. 74<br />
"Norme per la formazione degli operatori del Servizio <strong>Sanitario</strong>" il <strong>Piano</strong> sanitario regionale<br />
definisce:<br />
a) criteri per la definizione dei protocolli d'intesa previsti all'art. 6, comma 2 e 3, del decreto<br />
delegato, anche al fine di garantire un utilizzo ottimale delle risorse formative, strutturali e di<br />
personale del Servizio sanitario;<br />
b) indirizzi e specifiche disposizioni valide per la determinazione da parte della Giunta regionale<br />
dei fabbisogni annuali di formazione in ambito regionale di figure professionali sanitarie;<br />
c) indirizzi per le eventuali forme di collaborazione da instaurare, nell'ambito delle attività di<br />
formazione di cui all'art. 3, della richiamata LR 74/98, con le Università, gli Ordini ed i collegi<br />
professionali anche ai fini dell'individuazione di strutture destinate stabilmente ad attività formative<br />
ai sensi di quanto stabilito all'art. 5, comma 3, della medesima legge;<br />
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d) ulteriori direttive per l'organizzazione delle attività formative, di cui all'art. 3, comma 1, della<br />
medesima LR 74/98;<br />
Richiamata altresì la propria deliberazione del 17 marzo 1998, n. 56, concernente "Approvazione<br />
protocollo d'intesa regione <strong>Toscana</strong> - Università di Firenze, Pisa e Siena per la formazione<br />
specialistica del personale sanitario laureato", che demanda al <strong>Piano</strong> sanitario regionale la<br />
individuazione di specifici criteri e indirizzi per la definizione del fabbisogno formativo del<br />
personale sanitario laureato;<br />
Richiamata la propria deliberazione 14 febbraio 1998, n. 23 "Approvazione protocollo d'intesa<br />
Regione <strong>Toscana</strong> - Università di Firenze, Pisa e Siena per la formazione del personale sanitario<br />
infermieristico, tecnico e della riabilitazione" che demanda al piano sanitario regionale l'emanazione<br />
di criteri per la predisposizione del piano regionale della formazione del personale sanitario<br />
infermieristico, tecnico e della riabilitazione;<br />
Considerato infine che ai sensi degli artt. 16 e 17 della più volte richiamata LR 72/1998 il <strong>Piano</strong><br />
sanitario regionale deve contenere disposizioni in base alle quali la Giunta regionale<br />
a) procede annualmente all'assegnazione alle Aziende unità sanitarie locali delle risorse finanziarie<br />
di cui agli articoli 11 e 12 del decreto delegato;<br />
b) provvede annualmente ad anticipare alle Aziende ospedaliere, ai sensi dell'art. 4, comma 7,<br />
lett. a), del decreto delegato, una quota del fondo sanitario regionale;<br />
Considerato che il presente <strong>Piano</strong> sanitario regionale <strong>1999</strong>/<strong>2001</strong> aggiorna ed attualizza i contenuti<br />
del precedente <strong>Piano</strong> 1996/1998 e ritenuto di confermare parte delle disposizioni in quest'ultimo<br />
contenute;<br />
Valutata la relazione "<strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996/1998": Obiettivi perseguiti e risultati<br />
raggiunti, Allegato sub lett. "B", parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, con<br />
la quale si ripercorre in una sintesi ragionata quanto è stato realizzato nel triennio;<br />
Valutato, altresì, il documento "Le basi epidemiologiche della programmazione", Allegato sub<br />
lett. "C", parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, che costituisce un sostanziale<br />
arricchimento informativo in merito allo stato di salute della popolazione toscana, agli elementi<br />
di criticità, ai problemi da affrontare il linea con gli obiettivi di salute indicati dal <strong>Piano</strong><br />
sanitario nazionale;<br />
Vista la LR 19 luglio 1995, n. 77 "Sistema delle autonomie in <strong>Toscana</strong>: poteri amministrativi e<br />
norme generali di funzionamento";<br />
Vista la LR 30 settembre 1998, n. 71 "Istituzione e disciplina dell'Agenzia <strong>Regionale</strong> di Sanità e<br />
del Consiglio sanitario <strong>Regionale</strong>";<br />
DELIBERA<br />
di approvare il <strong>Piano</strong> sanitario regionale per gli anni <strong>1999</strong>/<strong>2001</strong> nel testo allegato sub lett. "A"<br />
quale parte integrante e sostanziale, le cui parti componenti sono così contraddistinte:<br />
1. Parte Prima - Gli obiettivi del <strong>Piano</strong> sanitario regionale;<br />
2. Parte Seconda - I risultati programmati per il triennio <strong>1999</strong>/<strong>2001</strong>:<br />
CAPITOLO I - Disposizioni generali di attuazione della LR 72/98;<br />
CAPITOLO II - Il finanziamento delle Aziende sanitarie;<br />
CAPITOLO III - Le politiche di sistema per la qualità;<br />
CAPITOLO IV - Le politiche di settore;<br />
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3. Allegato 1 - Livelli di assistenza;<br />
4. Allegato 2 - Repertorio delle funzioni operative;<br />
5. Allegato 3 - Parametri di riparto del F.S.R. alle USL;<br />
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B) di prendere atto della relazione "<strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996/98: obiettivi perseguiti e<br />
risultati raggiunti", allegato sub lett. "B", parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;<br />
C) di prendere, altresì, atto del documento "Le basi epidemiologiche della programmazione",<br />
allegato sub lett. "C", parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;<br />
D) di dichiarare che le disposizioni, contenute nell'allegato "A", come di seguito specificate:<br />
1. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 1 - I livelli di assistenza e relativo allegato 1;<br />
2. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 2 - L'organizzazione aziendale e il repertorio delle<br />
funzioni operative e relativo allegato 2;<br />
3. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 6, - Gli strumenti finalizzati allo sviluppo delle Aziende<br />
a sistema e della rete dei servizi;<br />
4. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 7, - I criteri per la definizione degli atti della concertazione<br />
e per la disciplina della contrattazione con i soggetti privati accreditati;<br />
5. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 9 - I criteri e le modalità di determinazione delle tariffe;<br />
6. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 10 - I criteri per l'erogazione di prestazioni alle popolazioni<br />
delle zone di confine attraverso la previsione di accordi convenzionali interaziendali con le<br />
Aziende sanitarie extraregionali interessate;<br />
7. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 11 - I criteri per il riconoscimento delle funzioni regionali<br />
di riferimento;<br />
8. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 12 - I criteri per l'individuazione di prestazioni da<br />
erogare in forma indiretta;<br />
9. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 13 - I criteri e le modalità di controllo dell'attuazione<br />
del piano;<br />
10. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 14 - Lo sviluppo delle attività di epidemiologia;<br />
11. Parte Seconda, Capitolo II, paragrafo 2 - Le risorse finalizzate;<br />
12. Parte Seconda, Capitolo II, paragrafo 3 - Il finanziamento delle Aziende USL;<br />
13. Parte Seconda, Capitolo II, paragrafo 4 - Il finanziamento delle Aziende ospedaliere;<br />
14. Parte Seconda, Capitolo II, paragrafo 5 - Il finanziamento degli investimenti;<br />
15. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 5 - La Formazione;<br />
16. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 6 - La Bioetica;<br />
17. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 9 - L'Accreditamento;<br />
18. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 12 - La specificità dell'area fiorentina;<br />
19. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 13 - La valorizzazione e la qualificazione dell'assistenza<br />
sanitaria nelle zone insulari e montane;<br />
20. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 14 - Lo sviluppo della rete dei presidi;<br />
21. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 15 - La deospedalizzazione e lo sviluppo dei servizi<br />
territoriali;<br />
22. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 16 - Lo sviluppo dei servizi territoriali;<br />
23. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 17 - La riduzione delle liste di attesa;<br />
24. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. D - Il piano sangue e plasma;<br />
25. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. E - Il dipartimento emergenza - urgenza;<br />
26. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. F - La rete integrata dei servizi di assistenza riabilitativa;<br />
27. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. G - L'assistenza protesica e l'assistenza termale;<br />
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SANITARIO<br />
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28. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. H - Integrazione delle medicine non convenzionali negli<br />
interventi per la salute;<br />
29. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. I - La politica del farmaco;<br />
30. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. L - Assistenza religiosa,<br />
costituiscono vincolo per gli atti amministrativi di competenza delle Aziende sanitarie;<br />
E) di dichiarare altresì che le disposizioni contenute nell'allegato "A", come di seguito specificate:<br />
1. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. A - La prevenzione collettiva;<br />
2. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. B - I progetti obiettivo e integrazione socio sanitaria;<br />
3. Parte Seconda, Capitolo IV, lett. C - Azioni programmate,<br />
assumono la forma e gli effetti di piani di programma ai sensi dell'art. 9 della LR 26/1992 e<br />
come tali costituiscono vincolo per gli atti amministrativi di competenza delle Aziende sanitarie;<br />
F) di dichiarare che costituiscono indirizzi per l'attività amministrativa delle Aziende sanitarie le<br />
seguenti ulteriori disposizioni contenute nell'allegato "A", come di seguito specificate:<br />
1. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 3 - Il percorso assistenziale;<br />
2. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 4 - La zona;<br />
3. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 5 - Il distretto;<br />
4. Parte Seconda, Capitolo II, paragrafo 6 - Il controllo della spesa;<br />
5. Parte Seconda, Capitolo II, paragrafo 7 - L'introduzione della moneta unica europea;<br />
6. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 1 - Per una politica della qualità;<br />
7. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 2 - La comunicazione;<br />
8. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 3 - La promozione della cultura della salute;<br />
9. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 4 - Il contenimento degli stati di sofferenza e di dolore;<br />
10. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 7 - La Carta dei servizi;<br />
11. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 8 - La semplificazione delle procedure amministrative;<br />
12. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 10 - Le politiche per l'innovazione;<br />
13. Parte Seconda, Capitolo III, paragrafo 11 - Programmi interaziendali di interesse regionale<br />
proposti dalle Aziende sanitarie;<br />
G) di dichiarare che le disposizioni, contenute nell'allegato "A" come di seguito specificate:<br />
1. Parte Seconda, Capitolo I, paragrafo 8 - I piani attuativi delle Aziende Usl e delle Aziende<br />
ospedaliere;<br />
2. Parte Seconda, Capitolo II, paragrafo 1 - La disponibilità finanziaria,<br />
costituiscono vincolo per l'attuazione del piano sanitario regionale di cui all'art. 11 della LR<br />
72/98.<br />
H) di dichiarare, che nel rispetto delle disposizioni contenute nell'art. 6 del DLgs 502/92 e<br />
successive modifiche ed integrazioni ed in conformità di quanto previsto dall'art. 10, comma 2,<br />
della LR 49/94, il presente <strong>Piano</strong> sanitario, quale strumento della programmazione regionale,<br />
costituisce indirizzo e vincolo per il concorso della Regione alla elaborazione dei protocolli<br />
d'intesa con l'Università;<br />
I) di confermare le disposizioni del <strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996-98 di cui alla deliberazione<br />
del Consiglio regionale n. 527 del 21 dicembre 1995, di seguito individuate;<br />
1. Parte IV, paragrafo 2.4 - La disciplina dei presidi;<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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2. Parte V, paragrafo 7 - Le disposizioni per la formazione dei protocolli regionali d'intesa e<br />
degli specifici accordi tra Aziende Usl, Aziende ospedaliere, Istituti di ricovero e cura a carattere<br />
scientifico, Enti di ricerca;<br />
3. Parte V, paragrafi 8.1, 8.2 e 8.3 - - Le disposizioni per la definizione dei rapporti tra servizio<br />
sanitario regionale e istituzioni sanitarie private;<br />
4. Parte V, paragrafi 11.1 e 11.2 - Le direttive per l'instaurazione dei rapporti con le organizzazione<br />
del "privato sociale";<br />
L) di disporre che all'attuazione del presente <strong>Piano</strong> sanitario regionale, ivi compresi il riparto e<br />
le assegnazioni delle risorse alle Aziende sanitarie in relazione alla determinazione del loro<br />
fabbisogno, provvede la Giunta regionale ai sensi dell'art. 15, 16 e 17 della LR 72/98;<br />
M) di disporre che la presente deliberazione, unitamente agli Allegati sub lett. "A", "B", e "C" è<br />
pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione <strong>Toscana</strong> ai sensi dell'art. 2, comma 3, della LR<br />
15 marzo 1996, n. 18.<br />
IL CONSIGLIO APPROVA<br />
Con la maggioranza prevista dall’articolo 15 dello Statuto<br />
Il Presidente<br />
Angelo Passaleva<br />
I Segretari<br />
Tommaso Franci<br />
Virgilio Luvisotti<br />
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ALLEGATO “A”<br />
PARTE PRIMA - GLI OBIETTIVI DEL PIANO SANITARIO REGIONALE<br />
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Premessa<br />
1. Guardando alle opzioni politiche di fondo, ai rapporti strategici con gli attori della programmazione<br />
sanitaria, all'obiettivo di sviluppo a sistema dei servizi erogati dalle Aziende USL e<br />
dalle Aziende ospedaliere toscane, il <strong>Piano</strong> sanitario regionale <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> aggiorna ed attualizza<br />
i contenuti del precedente documento approvato dal Consiglio regionale nel dicembre 1995.<br />
Muovendosi nella continuità di un'esperienza da valutarsi complessivamente positiva, il documento<br />
non è però certamente privo di elementi di novità. Il corredo di un approfondito quadro<br />
conoscitivo, la previsione di nuovi strumenti, l'implementazione e l'arricchimento delle strategie<br />
proposte nel precedente piano, sono il frutto di una riflessione critica sul lavoro svolto, maturata<br />
giorno dopo giorno, attraverso il contatto con le Aziende, il confronto con le forze sociali, il<br />
dialogo con le istituzioni a livello locale e centrale e l'apporto costruttivo delle forze politiche.<br />
Dalla verifica sperimentale è maturata del resto, metodicamente, la revisione della strumentazione<br />
legislativa voluta dal Consiglio regionale con la LR n. 72/98, di cui il <strong>Piano</strong> vuole essere<br />
puntuale strumento attuativo attraverso la previsione delle disposizioni deputate ad assicurarne<br />
l'immediata operatività. Si tratta di modifiche significative, tese a consolidare l'impianto di<br />
programmazione già definito nella precedente legislazione, arricchendo di nuovi contenuti il<br />
rapporto con le istituzioni locali, in linea, del resto, con la legge di delega al governo in materia<br />
sanitaria recentemente approvata dal Parlamento della Repubblica.<br />
2. Il documento si articola in tre parti: la prima allegato sub lettera "A", reca il titolo di "<strong>Piano</strong><br />
sanitario regionale <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong>", ha contenuto precettivo e dal punto di vista procedurale è l'unica<br />
parte che abbia valore e forza di atto amministrativo. Alla seconda e alla terza parte, allegati<br />
sub lettera "B" e "C", è da attribuirsi la sostanza di atti conoscitivi, ma non per questo certo privi<br />
di significato politico. La relazione " <strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996-1998.Obiettivi perseguiti e<br />
risultati raggiunti" (Allegato "B") ripercorre in una sintesi ragionata quanto è stato realizzato nel<br />
corso di un triennio. Fotografa i successi ed evidenzia i problemi aperti, inevitabilmente presenti<br />
nella fase di avvio di una riforma tanto profonda come quella indicata dal D. Lgs 502/92. Obiettivo<br />
della relazione è quello di offrire al lettore uno strumento che lo agevoli nel valutare la<br />
parte precettiva ("<strong>Piano</strong> sanitario regionale <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong>"), apprezzandone le soluzioni proposte<br />
per affrontare e risolvere le questioni evidenziate come problematiche.<br />
Il documento "Le basi epidemiologiche della programmazione" (Allegato "C") nei suoi caratteri<br />
di assoluta novità, costituisce un sostanziale arricchimento informativo in merito allo stato di<br />
salute delle popolazioni toscane, agli elementi di criticità, ai problemi da affrontare in linea con<br />
gli obiettivi di salute indicati dal piano sanitario nazionale. Dalla lettura si traggono suggerimenti<br />
valutativi in merito ai contenuti del "<strong>Piano</strong> sanitario regionale <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong>", complessivamente<br />
indirizzati ad assicurare risposte coerenti ed adeguate alle esigenze assistenziali dei<br />
Toscani (prevenzione, cura, riabilitazione).<br />
3. Accettando i limiti e le semplificazioni proprie delle espressioni di sintesi, il "<strong>Piano</strong> sanitario<br />
regionale <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong>" può essere definito un "piano per la qualità in sanità", ovvero lo strumento<br />
politico programmatico con il quale il Governo regionale intende affrontare la seconda fase<br />
della riforma, in linea con le indicazioni del <strong>Piano</strong> sanitario nazionale, attento e aperto alle<br />
modificazioni che il Governo centrale vorrà portare all'ordinamento sanitario a seguito della<br />
legge di delega.<br />
Se il <strong>Piano</strong>, infatti, da un lato conferma e per molti aspetti rafforza le linee di rigore economicofinanziarie,<br />
di razionalizzazione, di controllo sull'uso delle risorse che hanno costituito il motivo<br />
dominante e l'assillo quotidiano della fase costituente della nuova sanità toscana, i risultati<br />
raggiunti anche sul fronte dell'equilibrio di bilancio permettono ora di affrontare con maggiore<br />
serenità e organicità le questioni dello sviluppo qualitativo dei servizi. Sono testimonianza di<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
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tale linea evolutiva le previsioni di risorse finalizzate per qualificare le strutture di alta specialità,<br />
per investire in modo programmato in nuove tecnologie, in attrezzature, in sistemi informatici,<br />
per la messa a norma e in sicurezza delle strutture e degli impianti, per portare, infine, a<br />
compimento, utilizzando a pieno le risorse rese disponibili sul bilancio dello Stato, le riorganizzazioni<br />
strutturali del sistema portante degli ospedali.<br />
Accanto e oltre all'accennata finalizzazione, rilievo specifico assumono poi le scelte strategiche<br />
indicate nella seconda parte del documento, capitolo III "Le politiche di sistema per la qualità".<br />
I temi della qualificazione sono organicamente affrontati in linea con i sistemi più evoluti dell'Europa<br />
(politica di deospedalizzazione, appropriatezza dei ricoveri, sviluppo dell'assistenza in<br />
regime di day-hospital e day-surgery), attenti, nel contempo, a strutturare ulteriormente il territorio<br />
e rafforzare l'integrazione tra territorio ed ospedale in linea con una specificità organizzativa<br />
dei servizi propria della <strong>Toscana</strong>, a dare risposte adeguate a fronte di specifiche e puntuali<br />
situazioni di disagio (valorizzazione e qualificazione dell'assistenza sanitaria nelle zone insulari<br />
e montane), a confermare il ruolo centrale del cittadino nel sistema (comunicazione, promozione<br />
della cultura della salute, carta dei servizi, semplificazione delle procedure amministrative).<br />
4. Se "la qualità in sanità" è la chiave di lettura che è offerta per apprezzare il "piano", pare<br />
altrettanto significativo sottolinearne la concretezza e la fattibilità. L'esperienza maturata in un<br />
triennio, il lavoro svolto a livello regionale e dalle Aziende, ha permesso di costruire un documento<br />
con valenza progettuale, proceduralmente definito nei suoi elementi costitutivi. Una<br />
verifica è possibile scorrendo il capitolo IV della seconda parte del documento "Le politiche di<br />
settore". Le azioni programmate (in linea con gli obiettivi di salute, individuati dal piano sanitario<br />
nazionale), i progetti - obiettivo, la rete integrata dei servizi di assistenza riabilitativa hanno,<br />
infatti, le caratteristiche proprie del progetto definitivo, cui sarà data immediata esecutività<br />
appena terminato l'iter procedurale di approvazione del <strong>Piano</strong>.<br />
PARTE I - GLI OBIETTIVI DEL PIANO SANITARIO REGIONALE<br />
1. Il bilancio del <strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996-1998<br />
1.1. Nello scorso triennio il Servizio sanitario regionale è stato interessato da trasformazioni<br />
profonde ed incisive, conseguenti all'indirizzo di fondo dato dal Consiglio regionale con l'approvazione<br />
del PSR 1996-1998: mantenere il livello qualitativo dei servizi acquisito in <strong>Toscana</strong>,<br />
riconvertire strategicamente l'offerta dall'ospedale verso il territorio, mettere sotto controllo la<br />
spesa sanitaria chiudendo la stagione dei deficit.<br />
Le modificazioni intervenute, i risultati ottenuti e le tendenze di medio - lungo periodo che sono<br />
state avviate sono documentati dall'analisi contenuta nella relazione "<strong>Piano</strong> sanitario regionale<br />
1996-1998 - Obiettivi perseguiti e risultati raggiunti" allegata al presente <strong>Piano</strong> <strong>Sanitario</strong>.<br />
L'esperienza fatta in questi tre anni attesta dunque la validità delle scelte strategiche compiute,<br />
pur a fronte di persistenti problematicità e di fattori critici non ancora superati, come viene<br />
rilevato dalla citata relazione.<br />
1.2. Per il triennio <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> la <strong>Toscana</strong> si pone innanzitutto l'obiettivo di proseguire l'opera di<br />
razionalizzazione e di qualificazione intrapresa, assicurando il mantenimento dei livelli assistenziali<br />
raggiunti e puntando in particolare a consolidare il lavoro svolto per cogliere le opportunità<br />
offerte dall'evoluzione del quadro di riferimento nazionale ed internazionale e per arricchire<br />
il sistema dei contenuti necessari allo sviluppo dei servizi, così come richiesto<br />
dall'innovazione tecnologica, dalle nuove forme di organizzazione dell'assistenza, dalla dinamica<br />
demografica e dai mutamenti sociali.<br />
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2. Le trasformazioni sociali e culturali in atto in <strong>Toscana</strong> in ordine ai temi della salute<br />
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2.1. L'invecchiamento della popolazione e la diminuzione della dimensione media dei nuclei<br />
familiari costituiscono una caratteristica strutturale della società toscana.<br />
Ne deriva la necessità di accelerare i processi di riqualificazione dell'offerta verso percorsi<br />
assistenziali sempre più individualizzati, aventi le caratteristiche di alta integrazione sociosanitaria,<br />
di bassa istituzionalizzazione, di forte interazione tra cittadino e servizio.<br />
2.2. I fenomeni di immigrazione extracomunitaria in atto e il prefigurarsi di una mobilità crescente<br />
all'interno dell'Unione europea indicano la prospettiva di una società sempre più aperta,<br />
tendenzialmente multietnica, ricca di stili di vita e di culture diversi.<br />
Il settore dell'assistenza sanitaria non può restare estraneo a tale fenomeno. Occorre essere<br />
pronti per corrispondere alle nuove esigenze ed aperti ai nuovi contributi tecnico-professionali.<br />
Ne consegue in particolare una nuova attenzione anche al problema delle cosiddette medicine<br />
non convenzionali, sino ad oggi relegate al di fuori delle pratiche cliniche ufficiali anche se<br />
seguite da una parte sempre crescente della popolazione e degli stessi medici.<br />
2.3. In conseguenza della caduta di tradizionali certezze, (tra le quali anche la delega totale dei<br />
propri bisogni all'espressione organizzata della scienza medica), la società esprime l'esigenza di<br />
un'offerta di informazioni e di conoscenze idonee a tutelare la salute dell'individuo e ad indirizzarne<br />
gli stili di vita.<br />
Così come negli ultimi anni si è affermata una coscienza ambientale, è compito del servizio<br />
sanitario regionale essere promotore di un progetto organico di educazione alla salute che sappia<br />
coniugare le pratiche di prevenzione con l'appropriatezza delle cure. Diversamente si corre il<br />
rischio di fenomeni di consumismo incontrollati, acriticamente ricercati o sollecitamente offerti<br />
dal mercato.<br />
Si avverte inoltre che il rapporto tra cittadino e servizio sanitario in <strong>Toscana</strong>, pur avendo fatto<br />
rilevanti passi avanti ed essendo uno dei più avanzati del Paese, è ancora un rapporto imperfetto:<br />
molto ancora si può e si deve fare.<br />
2.4. Il limite di fondo da superare rimane sostanzialmente dentro alla logica del Decreto Legislativo<br />
502/92, il quale parla espressamente di "tutela dei diritti del cittadino", ammettendone<br />
dunque implicitamente la subalternità.<br />
L'esigenza di qualificare il rapporto tra cittadino e servizio sanitario si traduce quindi nel principio<br />
del ruolo paritario tra cittadino e servizio: ne deriva che entrambi sono portatori di diritti e<br />
ad entrambi fanno carico doveri. Il servizio ha il diritto di controllare la domanda ed il dovere di<br />
fornire la risposta appropriata al bisogno; il cittadino ha il diritto alla prestazione appropriata ed<br />
il dovere di non richiedere prestazioni improprie.<br />
3. Gli obiettivi essenziali del <strong>Piano</strong> sanitario regionale <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong><br />
3.1. Partendo dalla consapevolezza di questo nuovo quadro di riferimento sociale e culturale e<br />
guardando allo stato di salute della <strong>Toscana</strong> alla fine del <strong>Piano</strong> sanitario 1996-1998 così come<br />
essa è descritta nella Relazione epidemiologica allegata al presente <strong>Piano</strong>, è possibile definire le<br />
linee generali sulle quali impostare la nuova fase della programmazione sanitaria regionale.<br />
La scelta di fondo, mantenendo e migliorando i livelli assistenziali raggiunti, è quella di operare<br />
per valorizzare ulteriormente i punti di forza del Servizio sanitario regionale, per superare i<br />
limiti e le insufficienze palesatesi, per introdurre nel sistema tutti gli elementi di innovazione<br />
necessari.<br />
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3.2. Gli obiettivi essenziali del PSR <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong>, in coerenza con i principi sopra enunciati, sono<br />
quelli di costruire un Servizio sanitario regionale:<br />
- che sia in grado di fornire le prestazioni essenziali ed appropriate previste dal PSN;<br />
- che cresca ancora nella sua qualità complessiva ed in quella percepita dai cittadini;<br />
- che garantisca la massima accessibilità dei servizi e la più ampia libertà di scelta;<br />
- che assicuri l'equità delle prestazioni per tutti i cittadini ed in tutto il territorio;<br />
- che sia profondamente razionale nell'organizzazione e nella diffusione territoriale;<br />
- che persegua il massimo dell'efficienza e del rigore nell'uso delle risorse disponibili;<br />
- che persegua l'integrazione e il raccordo istituzionale e tecnico con i servizi di competenza<br />
degli Enti Locali attraverso il coordinamento programmatico.<br />
3.3. Le prestazioni essenziali ed appropriate<br />
3.3.1. L'impegno di fondo della programmazione sanitaria regionale resta quello, già perseguito<br />
nel triennio 1996-1998, di salvaguardare il livello quantitativo e qualitativo dei servizi assicurati<br />
alla cittadinanza toscana.<br />
Ciò significa in concreto:<br />
a) consolidare i punti di forza del sistema;<br />
b) recuperare le posizioni nei punti dove siamo più deboli.<br />
3.3.2. Quando si parla di appropriatezza delle prestazioni da assicurare ai cittadini si evidenzia<br />
l'assoluta necessità di qualificare l'offerta sanitaria scoraggiando l'uso improprio, irrazionale ed<br />
inefficace dei servizi.<br />
Da qui l'indicazione di sviluppare, attraverso specifiche azioni di <strong>Piano</strong> e in stretto collegamento<br />
con gli Enti Locali, il più forte impegno in direzione:<br />
a) dell'educazione alla salute e dell'educazione sanitaria;<br />
b) del rilancio della prevenzione, in tutti i settori della società;<br />
c) di un ulteriore spostamento del baricentro della sanità dall'ospedale verso il territorio.<br />
3.4. Un salto di qualità complessivo<br />
In <strong>Toscana</strong> la questione centrale della programmazione sanitaria non è quella di perseguire una<br />
espansione quantitativa dei servizi, nè tantomeno dei presidi che li erogano. Si avverte piuttosto<br />
l'esigenza di ottenere una crescita qualitativa del servizio, al fine di conseguire un più alto<br />
gradimento da parte dei cittadini ed un risultato sempre più positivo sui dati generali di salute<br />
della popolazione.<br />
Questo salto di qualità complessivo, che deve riuscire a manifestarsi contemporaneamente<br />
(anche se in modo differenziato) nei "picchi" di alta specialità del servizio sanitario regionale<br />
come nell'insieme delle strutture regionali, va realizzato nei seguenti campi:<br />
a) nel rapporto con i cittadini, guardando ai temi della partecipazione degli utenti e dell'umanizzazione<br />
delle prestazioni;<br />
b) nell'introduzione sistematica delle metodologie di verifica e di controllo dei risultati;<br />
c) nella formazione e nell'aggiornamento permanente degli operatori del servizio sanitario<br />
regionale;<br />
d) nello sviluppo degli investimenti strutturali, tecnologici ed informatici, in modo da tenere il<br />
passo con le quotidiane evoluzioni della medicina;<br />
e) nella crescita coordinata delle attività di ricerca e di innovazione;<br />
f) nell'impegno per rendere più forti in <strong>Toscana</strong> le attività d'eccellenza al fine di contenere la<br />
migrazione sanitaria dei cittadini toscani in strutture extra regionali.<br />
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3.5. L'accessibilità delle strutture e dei servizi<br />
La Regione intende favorire, una volta definiti i caratteri di appropriatezza delle prestazioni<br />
offerte dal Servizio sanitario regionale, la più ampia accessibilità delle strutture e dei servizi ai<br />
cittadini toscani.<br />
Questo obiettivo può essere raggiunto affrontando in modo coerente le seguenti questioni:<br />
a) la definizione normativa e la garanzia organizzativa dei percorsi assistenziali, in modo da<br />
dare certezza ai cittadini dei loro diritti e dei loro doveri nei confronti del servizio sanitario<br />
regionale;<br />
b) lo sviluppo di tutti i sistemi di informazione, comunicazione e coinvolgimento dei cittadini,<br />
anche mediante il collegamento e l'integrazione con analoghe iniziative degli Enti Locali;<br />
c) l'ulteriore investimento sul sistema di emergenza-urgenza, già strutturato su scala regionale<br />
con l'attivazione generalizzata del 118;<br />
d) la sperimentazione e lo sviluppo di sistemi di telesoccorso e teleassistenza in rapporto con i<br />
servizi degli Enti Locali e con il sistema di emergenza-urgenza;<br />
e) l'impegno alla riduzione ed al governo trasparente delle liste d'attesa;<br />
f) la possibilità di esercitare realmente, pur nei limiti obiettivi proposti dalle regole della programmazione<br />
sanitaria, il diritto alla libera scelta della struttura in cui curarsi.<br />
3.6. L'equità nell'accesso alle prestazioni<br />
3.6.1. Obiettivo irrinunciabile della programmazione sanitaria regionale è quello di assicurare<br />
pari opportunità a tutti i cittadini nell'accesso alle prestazioni, in un quadro che si fondi ovviamente<br />
sull'appropriatezza dei servizi e sull'integrazione dell'offerta su scala regionale.<br />
In particolare l'attenzione in questo quadro sarà ulteriormente rivolta a:<br />
a) assicurare equo accesso a tutti gli strati sociali e principalmente a quelli più deboli ed a<br />
minore rappresentanza sociale;<br />
b) offrire pari garanzie qualitative di tutela a tutte le zone della regione, avendo riguardo speciale<br />
nei confronti delle aree disagiate e periferiche;<br />
c) tenere presenti le principali specificità che la realtà toscana propone, adottando nei modi<br />
opportuni la necessaria flessibilità degli strumenti operativi.<br />
3.6.2. Riscontro coerente di questa impostazione sarà definito nelle scelte relative ai criteri che<br />
determinano l'assegnazione e l'utilizzo delle risorse finanziarie disponibili e, più specificatamente,<br />
gli indici di accesso al Fondo sanitario regionale.<br />
3.7. Un'organizzazione razionale del servizio<br />
3.7.1. Una delle condizioni essenziali per raggiungere gli obiettivi enunciati nei capitoli precedenti<br />
resta sicuramente quella di evitare ogni duplicazione ingiustificata dei servizi, ogni dispersione<br />
e spreco di risorse, ogni confusione di ruolo ed ogni inutile conflittualità interna al sistema.<br />
3.7.2. Giungere ad un assetto razionale del SSR richiede l'attivazione di processi di riqualificazione<br />
tecnico-professionale, ulteriori semplificazioni di sistema nonché intese programmatiche<br />
tra erogatori pubblici e privati.<br />
Il perseguimento di questo obiettivo, che sta alla base della costruzione di un reale ed organico<br />
"sistema regionale delle strutture sanitarie", comporta in particolare:<br />
a) lo sviluppo in rete dei servizi ospedalieri;<br />
b) il coordinamento operativo tra servizi territoriali di zona e servizi ospedalieri;<br />
c) l'integrazione tra servizi sociali e servizi sanitari;<br />
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d) il coordinamento programmatico tra le Aziende ospedaliere e la concertazione tra Aziende<br />
ospedaliere ed Aziende USL;<br />
e) la concertazione tra la sanità pubblica e la sanità privata.<br />
3.8. La ricerca della massima efficienza<br />
La limitatezza delle risorse disponibili richiede che prosegua, anche per tutto il prossimo triennio,<br />
l'impegno per un uso efficiente ed oculato dei finanziamenti. I risultati conseguiti nel triennio<br />
1996-1998, non ci mettono a riparo dai rischi sempre incombenti di una ripresa del deficit,<br />
possibile anche per effetto di politiche finanziarie che vengono decise fuori della <strong>Toscana</strong>.<br />
Al contrario, il momento cruciale e più delicato della politica finanziaria in sanità, è proprio<br />
quello che si apre adesso, nel quale si cerca di rilanciare una stagione di investimenti qualitativi<br />
e di dare più respiro a tutte le politiche di salute. Occorre, dunque, non rallentare in alcun modo<br />
l'impegno sul terreno della riorganizzazione e del rigore, giungendo a completare lo sforzo di<br />
governo della spesa sanitaria ed operando perchè si affermi, in tutti i settori e tra tutti gli operatori,<br />
la cultura dell'efficienza e del superamento degli sprechi.<br />
L'uso ottimale delle risorse non è in ogni caso finalizzato a mere esigenze di bilancio ma, al<br />
contrario, alla possibilità di rendere libere risorse crescenti per finanziare le strategie più innovative<br />
e più corrispondenti alle aspirazioni della cittadinanza, quelle di avere una sanità efficiente<br />
e di qualità.<br />
In particolare occorre lavorare sui seguenti aspetti:<br />
a) rafforzare i meccanismi dell'aziendalizzazione, in tutti i suoi aspetti, puntando ad accrescere<br />
l'autonoma capacità d'iniziativa dei Direttori generali ai fini del raggiungimento dei risultati<br />
sanitari programmati;<br />
b) ottimizzare i costi di produzione, attraverso l'estensione a regime delle procedure gestionali e<br />
di contabilità analitica;<br />
c) sviluppare le funzioni di controllo, elaborazione e confronto dei dati operativi a livello aziendale<br />
e regionale;<br />
d) perseguire coerentemente, a livello di ogni singola Azienda, l'obiettivo del pareggio finanziario.<br />
4. La coerenza del <strong>Piano</strong> sanitario regionale con il <strong>Piano</strong> sanitario nazionale<br />
4.1. Il <strong>Piano</strong> sanitario nazionale individua una serie di obiettivi che vanno a costituire le basi di<br />
un patto per la salute, inteso quale strumento fondamentale per la tutela di uno dei beni essenziali<br />
per il singolo e la collettività. A tal fine sono individuati cinque macroobiettivi articolati al<br />
loro interno in fattori in relazione ai quali sono evidenziati obiettivi di carattere generale e<br />
specifico.<br />
Le azioni con le quali sono perseguiti tali obiettivi non interessano soltanto la programmazione<br />
di settore ma anche politiche ambientali, sociali, del lavoro, del tempo libero; spesso gli interventi<br />
si riconnettono interessando più di un settore. Nondimeno gli obiettivi generali e specifici<br />
sono ritenuti efficaci nel miglioramento dello stato di salute e condivisi dalla Regione nel merito<br />
e negli strumenti.<br />
Tra gli obiettivi segnalati, quelli propri della programmazione di settore formano parte integrante<br />
del presente <strong>Piano</strong> trovando esplicitazione attraverso i progetti obiettivo, le azioni programmate<br />
ed i programmi di livello regionale e locale, e sono perseguiti nel triennio <strong>1999</strong> - <strong>2001</strong><br />
attraverso la pianificazione attuativa delle Aziende sanitarie e nell'ambito di specifici progetti<br />
finalizzati all'innovazione ed alla qualità dei servizi e delle attività; in tal senso, il grado di<br />
conseguimento di tali obiettivi di salute costituisce momento di valutazione della programmazione<br />
e di verifica dei risultati conseguiti nella fase attuativa.<br />
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In particolare, sono assunti dal <strong>Piano</strong> come obiettivi interni delle azioni di programma quelli<br />
contenuti negli obiettivi di salute e nei fattori interni di seguito indicati:<br />
Obiettivo I: promuovere comportamenti e stili di vita per la salute<br />
fattori interni<br />
- alimentazione<br />
- fumo<br />
- alcol<br />
- attività fisica, per gli aspetti di competenza<br />
Obiettivo II: Contrastare le principali patologie fattori interni<br />
- malattie cardio e cerebrovascolari<br />
- tumori<br />
- malattie infettive<br />
- incidenti e malattie professionali<br />
- altre patologie di particolare rilievo sociale<br />
Obiettivo III: Migliorare il contesto ambientale fattori interni<br />
- aria, acqua, alimenti, radiazioni e rifiuti, per gli aspetti di competenza<br />
Obiettivo IV: Rafforzare la tutela dei soggetti deboli<br />
fattori interni<br />
- garanzie di assistenza per i deboli, per gli aspetti di competenza<br />
- stranieri immigrati<br />
- tossicodipendenze<br />
- salute mentale<br />
- fasi della vita e salute<br />
Obiettivo V: Portare la sanità italiana in Europa<br />
fattori interni<br />
- trapianti d'organo<br />
- riabilitazione<br />
- innovazione tecnologica<br />
- sorveglianza delle patologie rare<br />
- autosufficienza del sangue e degli emoderivati<br />
- sanità pubblica veterinaria<br />
- sistema informativo sanitario<br />
4.2. Per ciascuno degli obiettivi sopra individuati la Giunta regionale è impegnata a definire, in<br />
coerenza con le previsioni riportate nel <strong>Piano</strong> sanitario nazionale, specifici indicatori attraverso i<br />
quali valutare la fase attuativa e controllare i risultati raggiunti nell'applicazione delle azioni di<br />
<strong>Piano</strong>. Entro 180 giorni dall'approvazione del <strong>Piano</strong> viene definita la prima famiglia di indicatori<br />
per l'anno <strong>1999</strong>; tali indicatori sono annualmente aggiornati per le programmazioni successive.<br />
4.3. La Giunta regionale provvede, in relazione agli obiettivi di interesse di settori diversi da<br />
quello sanitario, ad istituire specifici momenti di attenzione e valutazione per gli aspetti di<br />
propria competenza; in caso di aspetti di pertinenza di altri livelli istituzionali nell'organizzazione<br />
di tali fasi di attenzione sono coinvolti i livelli di interesse anche attraverso le Conferenze dei<br />
sindaci.<br />
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5. Il nuovo quadro di riferimento nazionale<br />
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5.1. L'attuazione del <strong>Piano</strong> <strong>Sanitario</strong> <strong>Regionale</strong> <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> dovrà tenere conto del mutato scenario<br />
legislativo che si va definendo su scala nazionale e internazionale.<br />
5.2. Con legge 30 novembre 1998, n. 419, il Parlamento delega al Governo il potere di emanare<br />
appositi decreti di modifica ed integrazione del D.Lgs 502/92 in materia di riordino del Servizio<br />
sanitario nazionale. La più recente normativa regionale toscana ed il presente <strong>Piano</strong> già affrontano<br />
in modo significativo alcune delle materie oggetto di delega in coerenza con i principi che<br />
le ispirano; in particolare:<br />
- completamento del processo di regionalizzazione ed aziendalizzazione del Servizio sanitario<br />
nazionale;<br />
- integrazione socio sanitaria e partecipazione finanziaria dei Comuni per assicurare livelli<br />
assistenziali aggiuntivi a quelli essenziali codificati;<br />
- creazione di organismi di coordinamento delle strutture aziendali delle aree metropolitane;<br />
- potenziamento del ruolo dei Comuni e dei cittadini nella programmazione e valutazione dei<br />
servizi;<br />
- regolazione dei rapporti tra istituzioni sanitarie pubbliche e private nell'ambito dei principi ed<br />
obiettivi della programmazione regionale;<br />
- potenziamento dei distretti, configurazione degli stessi come soggetti di budget ed integrazione<br />
nell'organizzazione distrettuale dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta;<br />
- sviluppo dell'attività di valutazione e promozione della qualità dell'assistenza in forma partecipata.<br />
5.3. Con Decreto Legislativo 124/98 è stato ridefinito il sistema di partecipazione al costo delle<br />
prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni ai sensi dell'art. 59, comma 50, della Legge n.<br />
449/97. Il nuovo sistema entrerà in vigore dall'1.1.2000.<br />
5.4. È stato approvato il <strong>Piano</strong> sanitario nazionale 1998-2000 in merito al quale la <strong>Toscana</strong><br />
esprime un parere complessivamente positivo e si impegna ad assicurarne l'attuazione con il<br />
proprio PSR per quanto riguarda in particolare gli obiettivi di salute, la garanzia dei livelli di<br />
assistenza, l'integrazione socio-sanitaria, l'innalzamento qualitativo del servizio.<br />
5.5. L'ingresso dell'Italia nel sistema della moneta unica europea conferma la necessità e la<br />
validità delle politiche di rigore sul fronte della spesa già attivate nel PSR 1996-1998.<br />
La Regione è impegnata a partecipare all'obiettivo del contenimento e della qualificazione della<br />
spesa sanitaria, da attuarsi in coerenza con i principi di equità e di solidarietà costituenti un<br />
patrimonio irrinunciabile della nostra società.<br />
L'affermarsi del mercato unico europeo e le garanzie offerte alla mobilità dei cittadini anche per<br />
motivi di cura aprono peraltro muovi scenari, i quali impongono alla sanità toscana di raccogliere<br />
la sfida che inevitabilmente verrà proposta sul terreno dell'innovazione, della qualità e dell'efficienza.<br />
5.6. Guardando poi ai cambiamenti imposti dai fattori endogeni al sistema sanitario si può<br />
rilevare che l'innovazione tecnologica, anche collegata allo sviluppo dell'informatica e della<br />
telematica, richiederà masse critiche di investimenti non diffusamente reperibili.<br />
La concertazione su progetti regionali di innovazione diventa pertanto un passaggio ineludibile,<br />
e la semplificazione qualitativa del sistema si coniuga con la contestuale necessità di collegarsi<br />
strutturalmente ai grandi centri internazionali di ricerca e di cura.<br />
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La forte dinamica tecnico-professionale dell'offerta di servizi impone poi un alto grado di flessibilità<br />
delle strutture organizzative del sistema sanitario. I modelli organizzativi richiedono<br />
quindi continui aggiustamenti di assetto non compatibili con rigidità normative.<br />
Assume infine rilievo notevole la capacità dell'Azienda sanitaria di utilizzare appieno le opportunità<br />
offerte dalla propria struttura professionale, valorizzando le relazioni interdisciplinari, il<br />
lavoro d'èquipe, le potenzialità delle professioni tecnico-infermieristiche.<br />
6. Gli attori del <strong>Piano</strong> sanitario regionale<br />
L'attuazione del <strong>Piano</strong> sanitario regionale richiede l'intervento e la partecipazione consapevole<br />
di una pluralità di soggetti istituzionali, professionali e sociali, impegnati ognuno in relazione<br />
alle proprie competenze e responsabilità a far avanzare una linea di qualità e di innovazione<br />
nella sanità toscana ed a far affermare le ragioni della collaborazione e dell'integrazione.<br />
La realtà toscana è ricca di competenze e di professionalità elevate. Vi sono anche grandi tradizioni<br />
di solidarietà, di sensibilità istituzionale, di impegno volontaristico, di attitudine alla<br />
ricerca: tutto ciò fa del "modello toscano" di sanità una particolarità positiva nel panorama<br />
nazionale.<br />
È peraltro necessario vincere una certa tendenza alla frammentazione, alla contrapposizione<br />
categoriale ed al municipalismo, che sono mali tipici della nostra esperienza.<br />
Il nuovo PSR, costruito intorno agli obiettivi della qualità e di una più precisa presa in carico del<br />
cittadino, è un'occasione importante per far crescere ulteriormente la cultura della "rete" e<br />
dell'intesa tra soggetti diversi.<br />
6.1. Gli Enti locali<br />
La Regione <strong>Toscana</strong> ritiene necessario, ai fini di una crescita complessiva del Servizio sanitario<br />
e delle politiche di assistenza sociale, che si rafforzino le ragioni e gli strumenti della collaborazione<br />
con i Comuni, pur nel quadro delle diverse funzioni che l'ordinamento attribuisce loro.<br />
A partire dalla già avanzata esperienza istituzionale definita dalle leggi regionali 49/94 ed 1/95,<br />
la <strong>Toscana</strong> si è mossa con la LR 72/98 per determinare un'ulteriore evoluzione del quadro di<br />
relazioni nella sanità regionale, coinvolgendo maggiormente i Comuni nella impostazione della<br />
programmazione sanitaria regionale e nelle attività di controllo sui risultati della gestione, di cui<br />
è esclusiva responsabile l'Azienda sanitaria.<br />
L'impegno della Regione sarà quello di dare concreta e completa attuazione ai contenuti della<br />
Risoluzione n. 50 del 29/7/98 la quale definisce le generali intenzioni dell'Ente circa l'avanzamento<br />
dei rapporti tra Regione e Comuni nella sanità toscana e rappresenta altresì il patrimonio<br />
di idee e di proposte con le quali la <strong>Toscana</strong> intende partecipare attivamente al dibattito sulle<br />
modifiche del quadro normativo scaturito dal Decreto Legislativo 502/92 e successive modificazioni<br />
ed integrazioni.<br />
6.2. Le Università toscane<br />
La <strong>Toscana</strong> è stata la prima regione italiana a dare attuazione ai protocolli d'intesa Regione -<br />
Università sull'attività assistenziale, sulla base del D. Leg. 502/92 e, successivamente, sulla base<br />
delle linee guida ministeriali di cui al decreto 31.7.1997.<br />
Il protocollo ha avuto la funzione positiva di sollecitare importanti potenzialità innovative nel<br />
rapporto SSR - Università e nella esperienza delle Aziende Ospedaliere, specie per quanto<br />
attiene ai temi della qualificazione dell'attività e dell'impegno sulle alte specialità.<br />
La programmazione sanitaria regionale ha l'obiettivo di valorizzare al massimo il ruolo e le<br />
potenzialità delle Aziende ospedaliere miste le quali, in ragione della specifica fisionomia<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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organizzativa data dall'integrazione delle risorse umane e tecnologiche del Servizio sanitario<br />
regionale e delle Università di Firenze, Pisa e Siena, svolgono un ruolo essenziale nell'attuazione<br />
delle funzioni regionali e nell'organizzazione dei centri di riferimento, oltre che nella attivazione<br />
e qualificazione delle politiche di concertazione di area vasta.<br />
La scelta di fondo della qualità e l'inderogabile esigenza di raggiungerla dentro i vincoli di<br />
bilancio, chiama anche l'Università ad un rinnovato impegno di coerenza con tali principi.<br />
6.3. Gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e gli enti di ricerca.<br />
La partecipazione di tali soggetti alle attività del Servizio sanitario regionale continua anche nel<br />
triennio in esame attraverso lo strumento dei protocolli di intesa con la Regione e degli accordi<br />
attuativi di livello locale, così come previsto nel precedente <strong>Piano</strong> sanitario regionale.<br />
Tale modalità di rapporto ha trovato debita attuazione nel corso del triennio 1996-1998 per gli<br />
istituti scientifici INRCA e Stella Maris e per il CREAS IFC-CNR.<br />
6.4. La sanità privata<br />
Il processo di qualificazione della sanità toscana, impostato su un terreno di pari dignità, passa<br />
anche attraverso un rapporto più stretto e proficuo con la sanità privata, in termini di collaborazione,<br />
integrazione e complementarietà anche attivando le forme di collaborazione societaria di<br />
cui all'articolo 7, comma 5, della LR 72/98.<br />
Le strutture sanitarie private, dedicate sia alle attività di ricovero sia a quelle diagnostiche,<br />
dovranno concorrere ad assicurare i livelli essenziali ed appropriati di assistenza, nel quadro di<br />
una crescita qualitativa e di una generale garanzia di sicurezza per tutti i cittadini.<br />
La programmazione sanitaria, nel definire le regole dell'accreditamento delle strutture e della<br />
contrattazione delle attività, costituirà anche l'ambito proprio entro il quale sarà favorito l'esercizio<br />
della libera scelta dei cittadini.<br />
Un ruolo particolare spetterà al privato sociale e no-profit, in relazione alla sintonia fin qui<br />
verificata in ordine alle finalità del servizio ed alla centralità che in esso va attribuita al cittadino.<br />
6.5. Gli operatori della sanità<br />
L'impostazione generale del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, accentuando fortemente la centralità delle<br />
politiche di salute ed in pari tempo l'importanza delle azioni più propriamente sanitarie, chiama<br />
ad un ruolo di grande rilievo gli operatori della sanità, a cominciare dalle professioni mediche.<br />
Per dare attuazione in modo pieno e positivo al PSR sarà necessario che il dialogo fecondo e la<br />
collaborazione tra le Istituzioni, le Aziende sanitarie e gli operatori sanitari vada al di là delle<br />
pur positive esperienze fatte in questi ultimi anni.<br />
Ciò sarà possibile utilizzando pienamente la nuova strumentazione di alta consulenza (Consiglio<br />
sanitario regionale) e di supporto tecnico-professionale (Agenzia regionale di sanità) voluta<br />
dalla Regione con la legge regionale 71/98 proprio ai fini di uno sviluppo qualitativo delle<br />
relazioni con le professioni.<br />
L'attuazione del <strong>Piano</strong> si realizza attraverso l'adozione di una serie di interventi contenuti nella<br />
parte dispositiva, con particolare riferimento ai progetti obiettivo, alle azioni programmate, agli<br />
strumenti di realizzazione delle politiche di sistema per la qualità e delle politiche di settore.<br />
Alcuni interventi attuativi si realizzano attraverso commissioni per i settori specifici. Le rappresentanze<br />
professionali in seno a tali commissioni, ove non diversamente specificato nel seguito,<br />
sono designate dal Consiglio sanitario regionale.<br />
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REGIONALE<br />
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Negli interventi attuativi di seguito riportati, ove venga prevista l'adozione da parte della Giunta<br />
regionale di specifiche linee guida a carattere tecnico-professionale, i provvedimenti sono<br />
assunti previo parere del Consiglio sanitario regionale.<br />
In pari tempo nel nuovo triennio dovrà espandersi e qualificarsi la capacità di costruire nuovi<br />
progetti di intervento nelle strutture sanitarie e nel territorio, in applicazione delle parti più<br />
innovative delle Convenzioni nazionali o in attuazione degli specifici obiettivi strategici del<br />
PSR<br />
La partecipazione degli operatori all'impostazione ed alla attuazione del PSR si realizza sia in<br />
modo diretto secondo le previsioni del presente <strong>Piano</strong> sia attraverso il Consiglio <strong>Sanitario</strong> <strong>Regionale</strong><br />
nel quale sono rappresentati gli ordini e collegi professionali, secondo le previsioni della<br />
LR 71/98, sia attraverso un coerente sviluppo, a livello regionale e aziendale, delle relazioni<br />
sindacali di categoria.<br />
6.6. Le organizzazioni sindacali<br />
La trasformazione in atto nella sanità regionale può avere pieno successo se riuscirà a mobilitare,<br />
nella direzione della qualificazione e dell'innovazione, tutti i lavoratori del settore e le loro<br />
organizzazioni sindacali.<br />
Il nuovo passaggio prospettato dal PSR richiede, in misura ancora maggiore, che questo dialogo<br />
cresca e si faccia più efficace, ferma restando l'autonomia di tutti i soggetti, essendo chiaro che<br />
esiste un nesso stretto tra gli obiettivi di qualificazione delle politiche sanitarie e dei servizi e<br />
quelli di pervenire ad un uso ottimale e ad una valorizzazione di tutte le risorse, a cominciare<br />
ovviamente da quelle umane.<br />
Un ruolo nuovo è da prevedere anche per il sindacalismo medico, chiamato a contribuire in<br />
modo specifico alla crescita della cultura dell'aziendalizzazione e della qualità, a servizio delle<br />
esigenze di salute dei cittadini.<br />
La legittima tutela delle esigenze di categoria dovrà incontrarsi, in modo sempre più coerente,<br />
con le necessità generali di avvicinamento del servizio al cittadino. Questo processo favorirà<br />
anche il dispiegarsi del confronto permanente con le Istituzioni.<br />
Con il sindacalismo confederale, rappresentativo degli interessi dei lavoratori e dei pensionati, è<br />
stata costruita una vasta ed impegnativa esperienza di confronto, in applicazione di un protocollo<br />
di relazioni che si è ormai saldamente consolidato.<br />
La Giunta regionale è impegnata, in attuazione di detto protocollo, a garantire un preventivo<br />
confronto con le organizzazioni sindacali confederali sui principali atti di indirizzo e programmazione<br />
regionale, aziendale e di concertazione di area vasta.<br />
6.7. Il volontariato e la tutela dei cittadini<br />
Il "modello toscano" di sanità deve molto alla presenza ed all'impegno del volontariato. Ancora<br />
di più dobbiamo attenderci in questo senso dal nuovo PSR, visto che tra i suoi capisaldi vi sono<br />
l'umanizzazione del servizio, il suo radicamento nel territorio e la ricerca di un nuovo rapporto<br />
con le espressioni più sinceramente solidaristiche della nostra regione.<br />
Centrale sarà anche in questo campo lo sforzo di qualificazione e di innovazione, da perseguirsi<br />
ai fini del pieno raggiungimento degli obiettivi di efficacia e di appropriatezza delle prestazioni.<br />
Ciò significa lavorare congiuntamente sui temi strategici della formazione, dell'organizzazione<br />
del servizio, del collegamento organico con le strutture pubbliche.<br />
Quanto agli organismi ed alle associazioni di tutela dei cittadini, è evidente che una strategia<br />
impostata sulla qualità sottolinea il valore di un rapporto di collaborazione e di confronto dialettico<br />
con la Regione.<br />
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REGIONALE<br />
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Ciò consentirà di dare il necessario rilievo agli aspetti della partecipazione dei cittadini, di un<br />
loro impegno consapevole nei processi di valutazione della qualità, della costruzione di un<br />
nuovo e più saldo rapporto di fiducia tra cittadini e SSR.<br />
PARTE II - I RISULTATI PROGRAMMATI PER IL TRIENNIO <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong><br />
CAPITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI DI ATTUAZIONE DELLA LR n. 72/98<br />
I livelli di assistenza (art. 9, lettera a)<br />
1.1. Il <strong>Piano</strong> sanitario nazionale 1998 - 2000 definisce i livelli di assistenza come uniformi,<br />
essenziali, garantiti ed appropriati; ognuna di tali definizioni ha implicazioni sul versante organizzativo<br />
dei servizi, in termini di prestazioni da assicurare, e su quello dei comportamenti dei<br />
soggetti del sistema, in termini di appropriatezza della prestazione richiesta ed offerta. I livelli di<br />
assistenza individuano pertanto le prestazioni alle quali ha diritto il cittadino, in presenza di<br />
accertato bisogno, su tutto il territorio nazionale senza oneri a proprio carico, salvo quanto<br />
previsto dalle norme relative alla compartecipazione alla spesa. Ciò che non è compreso nei<br />
livelli di assistenza è di conseguenza da intendersi di norma a carico dei cittadini, salvo diverse<br />
determinazioni delle singole regioni.<br />
1.2. Il <strong>Piano</strong> sanitario nazionale apporta una modifica ai livelli definiti dal precedente <strong>Piano</strong><br />
nazionale accorpando in tre livelli i sei precedentemente individuati: Assistenza sanitaria collettiva<br />
in ambiente di vita e di lavoro; Assistenza distrettuale; Assistenza ospedaliera.<br />
Questa scelta, derivata da un confronto con le Regioni svoltosi in questi anni, allinea la scelta<br />
nazionale a quelle che risultavano essere le prevalenti scelte regionali.<br />
Anche la decisione di non definire più un livello di "supporto all'organizzazione aziendale" è<br />
derivata da una valutazione comune di far coincidere complessivamente i livelli con i settori<br />
individuabili come macro centri di costo, intendendo a tal fine attribuire alle funzioni operative<br />
sanitarie i costi pieni comprensivi anche dei costi generali ribaltati. In tal modo, se è vero che si<br />
perde la possibilità di evidenziare alcune spese generali aziendali - ma è anche vero che in<br />
questi anni è sempre stato difficile ricondurre ad omogeneità di comportamenti la classificazione<br />
delle spese di "supporto" - si consente però di operare confronti più appropriati tra costi dei<br />
servizi o delle funzioni con la valorizzazione degli stessi sulla base dei regimi tariffari vigenti<br />
che, per definizione, sono omnicomprensivi.<br />
1.3. La riclassificazione e semplificazione dei livelli di assistenza nazionale conferma la scelta<br />
operata dalla Regione nel precedente piano, scelta che viene confermata per il triennio <strong>1999</strong> -<br />
<strong>2001</strong> con l'individuazione di tre livelli regionali di assistenza:<br />
- prevenzione collettiva,<br />
- assistenza territoriale,<br />
- assistenza ospedaliera.<br />
In linea con l'indicazione del <strong>Piano</strong> sanitario nazionale, non viene confermata la funzione di<br />
supporto come livello assistenziale autonomo.<br />
Ai fini della rilevazione dell'incidenza della funzione di supporto all'interno dei livelli di assistenza,<br />
vengono definiti appositi indicatori interni ai livelli medesimi, per il monitoraggio degli<br />
assetti e dei costi relativi.<br />
I livelli di assistenza da assicurare alla popolazione assistibile sul territorio regionale sono<br />
definiti dall'insieme delle prestazioni ed attività di cui all'Allegato 1.<br />
Sono considerati nella popolazione assistibile anche i cittadini extracomunitari comunque<br />
presenti sul territorio regionale.<br />
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Tutte le strutture organizzative aziendali addette all'erogazione delle prestazioni comprese nei<br />
livelli di assistenza sono interessate alla partecipazione ai programmi di educazione alla salute<br />
ed orientano in tal senso la propria attività; le stesse strutture, così come quelle addette alle<br />
funzioni tecnico-amministrative, attivano processi di monitoraggio e valutazione delle attività di<br />
specifica competenza e partecipano a programmi aziendali di valutazione e miglioramento dei<br />
processi di erogazione delle prestazioni.<br />
Nella tabella che segue è indicata l'articolazione dei livelli regionali di assistenza in raffronto a<br />
quella contenuta nel piano sanitario nazionale:<br />
<strong>Piano</strong> <strong>Sanitario</strong> <strong>Regionale</strong><br />
1. Prevenzione collettiva<br />
- profilassi delle malattie infettive e diffusive<br />
- tutela della collettività dai rischi connessi all'inquinamento ambientale<br />
- tutela della collettività e dei singoli dai rischi per la salute connessi agli ambienti di lavoro<br />
- sanità pubblica veterinaria<br />
- tutela igienico sanitaria degli alimenti<br />
- medicina legale<br />
2. Assistenza territoriale<br />
- assistenza sanitaria di base (convenzioni mediche nazionali)<br />
- assistenza farmaceutica<br />
- assistenza distrettuale<br />
- riabilitazione<br />
- assistenza ai non autosufficienti<br />
- specialistica e diagnostica<br />
- salute mentale<br />
- dipendenze<br />
3. Assistenza ospedaliera<br />
- ricovero<br />
- emergenza urgenza<br />
<strong>Piano</strong> <strong>Sanitario</strong> Nazionale<br />
1. Assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro<br />
- profilassi delle malattie infettive e diffusive<br />
- tutela dei rischi connessi con l'inquinamento ambientale<br />
- tutela dei rischi connessi con gli ambienti di vita e di lavoro<br />
- sanità pubblica veterinaria<br />
- tutela igienico sanitaria degli alimenti<br />
2. Assistenza distrettuale<br />
- assistenza sanitaria di base<br />
- assistenza farmaceutica<br />
- assistenza territoriale e semi-residenziale<br />
- assistenza residenziale sanitaria<br />
- assistenza specialistica ambulatoriale<br />
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REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
3. Assistenza ospedaliera<br />
- assistenza per acuti (emergenza, ordinaria e in day hospital)<br />
- assistenza post-acuzie (riabilitazione ordinaria e in day hospital, lungodegenza)<br />
2. L'organizzazione aziendale e il repertorio delle funzioni operative<br />
2.1. Disposizioni generali<br />
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2.1.1. L'Allegato 2 definisce il repertorio delle funzioni operative di cui all'art. 25, comma 1,<br />
della LR 72/98 e la corrispondente dotazione di strutture organizzative professionali costituendo<br />
il riferimento per i regolamenti delle Aziende sanitarie. Fermo restando il carattere vincolante<br />
delle funzioni operative indicate dal repertorio, le Aziende possono prevedere strutture organizzative<br />
professionali denominate diversamente da quanto indicato dal repertorio purchè ricondotte<br />
alle funzioni operative ivi definite.<br />
In ogni zona viene assicurato il mantenimento dei livelli assistenziali raggiunti nelle funzioni<br />
ospedaliere di base e nell'erogazione dei servizi territoriali. Nella predisposizione dei regolamenti<br />
le Aziende USL individuano le relative modalità organizzative.<br />
Fermo restando il mantenimento dei livelli assistenziali raggiunti, ove la definizione di assetti<br />
organizzativi delle Aziende sanitarie determini un incremento delle unità operative previste<br />
dall'Allegato 2, viene utilizzata ai fini della valutazione dell'operato del direttore generale quando<br />
sia associata ad una situazione di disavanzo di esercizio.<br />
2.1.2 Le aziende sanitarie controllano il rispetto delle incompatibilità per l'esercizio della libera<br />
professione ed, in particolare delle incompatibilità relative alle attività di consulenza con le<br />
funzioni proprie di vigilanza e controllo dei servizi territoriali di zona e della prevenzione<br />
collettiva.<br />
L'ambito territoriale entro il quale si applica il divieto di cui all'art. 1, comma 3, del DM Sanità<br />
31.7.97 è quello dell'intero territorio dell'Azienda USL di dipendenza.<br />
Il regolamento generale aziendale delinea inoltre i rapporti che devono intercorrere tra zona ed<br />
area funzionale del Dipartimento di prevenzione, assicurando procedure che garantiscano il<br />
massimo livello di integrazione nella programmazione e nella gestione delle attività, fermo<br />
restando che le risorse attribuite all'area funzionale derivano dal budget assegnato al Dipartimento<br />
di prevenzione in sede di pianificazione aziendale.<br />
2.2. Le strutture organizzative della prevenzione e dei servizi territoriali di zona<br />
2.2.1. LE UNITÀ OPERATIVE<br />
Per ciascuna delle funzioni operative di cui all'allegato 2, punti 2.1 e 2.2, direttamente afferenti<br />
rispettivamente ai servizi territoriali di zona ed alla prevenzione, viene costituita un'unità operativa<br />
a livello aziendale o zonale a seconda della soglia ivi indicata. Ove la funzione operativa,<br />
nell'assorbimento dei compiti, richieda una dimensione organizzativa che non giustifica la<br />
previsione di una struttura autonoma, la funzione medesima può essere attribuita, sotto il profilo<br />
organizzativo, ad altra struttura organizzativa di riferimento.<br />
Per le funzioni operative di cui al punto precedente e per quelle ospedaliere di base, l'Azienda<br />
USL individua, nel regolamento generale, il numero delle unità operative aggiuntive esplicitandone<br />
i criteri di costituzione sulla base dei seguenti principi:<br />
1. grado di complessità organizzativa delle unità funzionali attivate, nelle quali la funzione<br />
operativa assume carattere preminente, desumibile anche dalla dimensione del bacino di utenza,<br />
dalla quantità di prestazioni erogate e dalla loro eterogeneità;<br />
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2. carattere distribuito della funzione operativa, desumibile anche dalla presenza della relativa<br />
professionalità in diverse unità funzionali;<br />
3. variabilità, eterogeneità e specializzazione che la professionalità assume nell'ambito dell'organizzazione.<br />
Per le funzioni operative afferenti ai servizi territoriali di zona ed alla prevenzione non è possibile<br />
attivare sezioni. Le sezioni attive alla data di entrata in vigore del presente <strong>Piano</strong>, sono<br />
disattivate entro il primo anno di vigenza.<br />
Le unità operative in essere alla data di approvazione del <strong>Piano</strong> sanitario che risultano, in esubero<br />
rispetto a quelle previste, a regime, dal regolamento, sono mantenute ad esaurimento.<br />
2.2.2. LE UNITÀ FUNZIONALI<br />
Le strutture definite unità funzionali assumono lo svolgimento di più funzioni operative in<br />
forma integrata; il regolamento generale, in conformità alle prescrizioni contenute negli atti di<br />
programmazione della Regione, disciplina le modalità di attivazione e di cessazione di tali unità,<br />
individuando in particolare:<br />
1. i criteri assunti per la loro costituzione;<br />
2. la durata e le modalità di conferimento degli incarichi, anche in riferimento all'assorbimento<br />
delle figure apicali delle unità operative poste ad esaurimento;<br />
3. le modalità mediante le quali si provvede alla dismissione della struttura ove vengano meno<br />
le condizioni previste dal regolamento o nel caso in cui la struttura sia attivata a tempo determinato.<br />
Nel caso in cui sia prevista l'attivazione a tempo determinato della struttura, la durata non<br />
può comunque essere inferiore ad un anno dalla data di effettiva attivazione.<br />
Nella individuazione dei criteri di cui al precedente punto 1) si deve tenere conto:<br />
a) della necessità di correlare il numero ed il dimensionamento delle unità funzionali al volume<br />
di attività programmata, che deve presentare caratteri di omogeneità a livello aziendale salvo in<br />
presenza di situazioni che giustifichino livelli di attività differenziati;<br />
b) della previsione di verifiche finalizzate a valutare la congruità delle attività erogate mediante<br />
il raffronto tra unità funzionali omologhe presenti a livello aziendale. Nel confronto si deve<br />
anche tener conto dei costi di produzione per unità di prestazione erogata.<br />
La Giunta regionale attiva tutti gli strumenti necessari per consentire la valutazione degli elementi<br />
di cui alle precedenti lettere a) e b) anche a livello interaziendale al fine di omogeneizzare<br />
tali elementi sul territorio regionale.<br />
L'attivazione specifica delle unità funzionali è definita mediante provvedimento deliberativo,<br />
assunto ai sensi di legge, che deve contenere:<br />
1. le risorse attribuite alla struttura;<br />
2. le modalità mediante le quali l'unità funzionale è inclusa nelle procedure di contabilità analitica;<br />
3. le modalità mediante le quali l'unità funzionale provvede a soddisfare il fabbisogno del sistema<br />
informativo aziendale;<br />
4. le modalità attraverso le quali è previsto il raccordo con le strutture organizzative professionali<br />
nella programmazione e nella gestione delle funzioni operative che afferiscono all'unità<br />
funzionale;<br />
5. l'indicazione del termine di costituzione nel caso in cui l'Azienda preveda l'attivazione a<br />
tempo definito.<br />
Le Aziende sanitarie possono costituire unità funzionali anche per la realizzazione e la gestione<br />
di progetti di rilevante importanza e complessità previsti dagli atti di pianificazione attuativa e<br />
da quelli di concertazione. Tali unità funzionali sono finalizzate al conseguimento degli obiettivi<br />
individuati dai progetti e sono attivate per il tempo necessario per la realizzazione delle relative<br />
attività.<br />
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Nella determinazione della graduazione delle funzioni dirigenziali, cui è correlato il trattamento<br />
economico di posizione, le Aziende dovranno tenere conto della particolare rilevanza dell'attività<br />
delle unità funzionali.<br />
2.2.3 LE FUNZIONI DI COORDINAMENTO INFERMIERISTICO E TECNICO SANITARIO<br />
Sono collocati nello staff della direzione sanitaria i coordinatori di cui all'art. 28, comma 6, della<br />
LR 72/98. Per la direzione, organizzazione e valutazione dell'assistenza infermieristica e delle<br />
attività tecnico sanitarie, nonché per la formazione e l'aggiornamento del personale infermieristico<br />
e di quello tecnico sanitario e della riabilitazione, il Direttore sanitario si avvale di detti<br />
collaboratori nelle forme e con le modalità definite nel regolamento aziendale. I coordinatori<br />
infermieristico e tecnico sanitario partecipano ai comitati direttivi dei dipartimenti costituiti<br />
nell'Azienda.<br />
Per l'espletamento delle proprie funzioni, il coordinatore infermieristico e il coordinatore tecnico<br />
sanitario si avvalgono dei direttori delle Unità operative afferenti ai settori di competenza,<br />
dei coordinatori per le attività infermieristiche, tecnico sanitarie e di assistenza riabilitativa di<br />
cui agli artt. 32, comma 3 e 34 comma 8 della LR 72/98, dei dirigenti preposti all'attività di<br />
formazione e di aggiornamento, di una specifica struttura di staff.<br />
Il regolamento aziendale determina le modalità organizzative per l'espletamento delle specifiche<br />
funzioni di coordinamento dell'assistenza infermieristica e delle attività tecnico sanitarie, sulla<br />
base dei seguenti principi:<br />
- responsabilizzazione delle professionalità circa il risultato conseguito;<br />
- autonomia nelle decisioni di natura tecnico professionali di competenza;<br />
- partecipazione alla definizione delle finalità aziendali;<br />
- partecipazione allo sviluppo organizzativo e tecnologico delle attività di riferimento.<br />
Afferiscono al coordinamento infermieristico le seguenti strutture organizzative professionali:<br />
- unità operative di assistenza infermieristica e assistenza diretta alla persona in ambito ospedaliero;<br />
- unità operative di assistenza infermieristica e assistenza diretta alla persona in ambito territoriale;<br />
- unità operative di dietetica professionale;<br />
- unità operative di assistenza ostetrica.<br />
Afferiscono altresì al coordinamento di cui trattasi le strutture per la formazione e l'aggiornamento<br />
del personale infermieristico e di supporto all'assistenza.<br />
Afferiscono al coordinamento tecnico sanitario le seguenti strutture organizzative professionali:<br />
- unità operative di riabilitazione funzionale;<br />
- unità operative di diagnostica professionale di laboratorio;<br />
- unità operative di diagnostica professionale per immagini;<br />
- unità operative tecniche del dipartimento di prevenzione.<br />
Afferiscono altresì al coordinamento di cui trattasi le strutture per la formazione e l'aggiornamento<br />
del personale tecnico sanitario, della riabilitazione e di vigilanza ed ispezione.<br />
2.2.4. LE FUNZIONI OPERATIVE REGIONALI DELLA PREVENZIONE<br />
La sezione A dell'Allegato 2.2, individua le funzioni operative afferenti alla prevenzione che<br />
svolgono attività su tutto il territorio regionale e ne definisce le relative soglie operative. Per tali<br />
funzioni operative, la Giunta regionale promuove specifici interventi di concertazione interaziendale<br />
finalizzati a definire le modalità operative di raccordo per la fruizione integrata e<br />
coordinata di tali funzioni operative sul territorio regionale.<br />
Le funzioni operative di Biotossicologia, Tossicologia occupazionale, Igiene industriale e<br />
Tecnici di laboratorio e le relative strutture costituiscono, all'interno dei Dipartimenti di Prevenzione,<br />
unità funzionali i cui responsabili rispondono direttamente al Responsabile del Diparti-<br />
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mento e sono nominati, su proposta del medesimo, dal direttore generale. Le Aziende USL,<br />
attraverso la procedura di concertazione, condividono tali unità funzionali costituendo almeno<br />
un laboratorio di sanità pubblica per ciascuna area vasta tenuto conto delle attività attualmente<br />
in essere. Con la medesima procedura sono inoltre definite le modalità attraverso le quali le<br />
varie unità funzionali presenti nell'area vasta si raccordano e collaborano tra di loro e con il<br />
laboratorio di sanità pubblica. Tale organizzazione complessiva costituisce sul territorio regionale<br />
il sistema dei laboratori di sanità pubblica dei Dipartimenti della Prevenzione.<br />
Nell'ambito della funzione di promozione il comitato di cui all'articolo 33, comma 13 della LR<br />
72/87 predispone ipotesi e progetti da sottoporre alla valutazione delle Aziende sanitarie in sede<br />
di concertazione.<br />
2.2.5. LE FUNZIONI COMUNI<br />
Le funzioni operative che si caratterizzano in modo strutturato per la loro presenza sia nei<br />
servizi di prevenzione che nei servizi territoriali di zona, sono indicate nell'Allegato 2.3. Per tali<br />
funzioni operative non è consentita l'attivazione di unità operative al di sotto delle soglie indicate<br />
nel medesimo allegato.<br />
2.3. Le funzioni operative ospedaliere<br />
L'Allegato 2.4 prevede distintamente per le funzioni operative ospedaliere, quelle di base e<br />
quelle regionali.<br />
2.3.1. LE FUNZIONI REGIONALI<br />
Le strutture organizzative relative alle funzioni operative regionali di cui alla sezione A dell'allegato<br />
2.4, nonché le funzioni operative definite nell'ambito degli accordi attuativi tra Aziende<br />
ospedaliere ed Università, sono di norma attivate nelle Aziende ospedaliere.<br />
Relativamente alle funzioni regionali, la Giunta regionale promuove accordi di area vasta, ai<br />
sensi dell'art. 27, comma 5, della LR 72/98, in cui sono disposte:<br />
1. le modalità di raccordo ed integrazione per l'erogazione delle prestazioni a tutti gli utenti del<br />
bacino di riferimento dell'Azienda ospedaliera, che possono anche prevedere l'attivazione di<br />
sezioni presso le Aziende USL, la responsabilità delle quali, ferma restando la titolarità professionale<br />
in capo alla unità operativa attivata presso l'Azienda ospedaliera, deve essere assegnata e<br />
verificata con la normativa prevista per i dirigenti dell'Azienda USL nella quale è attivata. In tal<br />
caso un apposito protocollo stipulato tra le due aziende definirà i compiti di materia professionale<br />
affidati al responsabile della unità operativa di riferimento;<br />
2. l'eventuale attivazione di strutture organizzative presso Aziende USL con l'indicazione delle<br />
soglie minime di casistica che la struttura deve comunque garantire per conseguire e mantenere<br />
adeguati livelli qualitativi; tali soglie non possono essere diversificate in ragione della struttura<br />
aziendale in cui vengono attivate le relative strutture organizzative;<br />
3. le forme di integrazione operativa con le Aziende ospedaliere, con particolare riferimento alle<br />
attività di emergenza urgenza, ove gli accordi prevedano l'attivazione di strutture organizzative<br />
presso le Aziende USL.<br />
Per le funzioni operative regionali per le quali, alla data di entrata in vigore del presente <strong>Piano</strong>, è<br />
già attivata una struttura organizzativa presso le Aziende USL, gli accordi determinano i modi e<br />
le forme per la riconduzione ad unitarietà della funzione operativa, anche prevedendo la disattivazione<br />
di quella struttura organizzativa nella quale l'entità della casistica trattata non sia ritenuta<br />
sufficiente a garantire lo sviluppo ed il mantenimento di un'adeguata qualità ed economicità.<br />
Le unità operative in eccesso rispetto ai parametri risultanti dagli accordi di area vasta possono<br />
essere mantenute ad esaurimento.<br />
La Giunta regionale, entro 90 giorni dalla approvazione del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, è impegnata<br />
ad attivare il procedimento di concertazione di area vasta prioritariamente, per quanto<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
attiene l'organizzazione di quelle funzioni regionali per le quali nel precedente <strong>Piano</strong> sanitario<br />
regionale 1996-1998 erano previste specifiche soglie operative e che non risultano interessate<br />
dalla attuazione di specifiche azioni programmate o progetti di carattere regionale di cui al<br />
presente <strong>Piano</strong>.<br />
Agli accordi di area vasta possono partecipare anche Aziende USL esterne al bacino di riferimento<br />
dell'Azienda ospedaliera.<br />
Il comitato per l'intesa di cui all'art. 10 della LR 49/94 definisce i criteri per la determinazione<br />
delle funzioni che operano esclusivamente in alcune delle Aziende ospedaliere. Gli accordi<br />
attuativi tra Aziende ospedaliere ed Università danno concreta attuazione a tali criteri.<br />
La Giunta regionale cura che, nella definizione delle soglie operative nell'ambito degli accordi<br />
di area vasta, non si determinino variazioni significative delle soglie operative definite nei<br />
bacini di riferimento afferenti alle Aziende ospedaliere Careggi, Pisana e Senese. Sono ammesse<br />
deroghe al precedente principio di omogeneità sul territorio regionale per le funzioni operative<br />
non previste nel <strong>Piano</strong> e per le correlate strutture organizzative professionali previste nell'ambito<br />
degli accordi tra Azienda ospedaliera ed Università.<br />
Gli accordi di area vasta, per la parte in cui si riferiscono alla determinazione delle strutture<br />
organizzative professionali afferenti alla funzioni operative regionali, costituiscono vincolo<br />
programmatorio per le Aziende che partecipano agli accordi stessi.<br />
Nell'ambito di programmi assistenziali che richiedono la continuità dell'apporto psicologico, di<br />
norma assicurato dalla struttura dell'Azienda USL del territorio di competenza, è consentita la<br />
costituzione da parte delle Aziende Ospedaliere di strutture di psicologia.<br />
2.3.2. Le funzioni operative di base<br />
La sezione B dell'Allegato 2.4 riporta per ognuna delle funzioni operative di base le soglie<br />
minime al di sotto delle quali non è possibile attivare le corrispondenti strutture organizzative.<br />
Nell'ambito degli accordi di area vasta sono definite le modalità di raccordo tra le Aziende<br />
sanitarie interessate al fine di integrare l'attività erogata afferente alle funzioni operative di base.<br />
In tali accordi possono essere individuati criteri diversificati rispetto a quello delle soglie minime,<br />
ovvero deroghe all'applicazione delle soglie che tengano comunque conto della necessità di<br />
non determinare ingiustificate forme di mobilità sanitaria interaziendale e di garantire livelli di<br />
casistica che consentano un adeguato livello qualitativo.<br />
2.4. Le funzioni operative del centro tecnico aziendale e le funzioni di supporto zonale<br />
2.4.1. Le aree amministrativa e tecnica<br />
La sezione A dell'Allegato 2.5 individua le funzioni operative presenti nelle aree amministrativa<br />
e tecnica. L'allegato definisce altresì i criteri per l'attivazione delle relative unità operative. Tali<br />
criteri hanno carattere puramente indicativo e non vincolano le diverse determinazioni aziendali.<br />
Le Aziende sono comunque tenute ad esplicitare nel regolamento generale i criteri alternativi<br />
assunti che determinano un assetto organizzativo diverso da quello definito nella sezione A<br />
dell'Allegato 2.5. Non possono essere attivate strutture organizzative ulteriori rispetto a quelle<br />
previste nella sezione A dell'Allegato 2.5 prima della formale approvazione del regolamento<br />
generale da parte della Giunta regionale. Le unità operative attivate alla data di entrata in vigore<br />
del presente regolamento, ove risultino in esubero rispetto alle determinazioni assunte nel regolamento<br />
generale, possono essere mantenute ad esaurimento.<br />
Fatta salva la valutazione aziendale relativamente all'assetto organizzativo delle funzioni operative<br />
indicate nella sezione A dell'Allegato 2.5, tali funzioni devono comunque essere garantite.<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
2.4.2. Gli staff della direzione aziendale e della direzione sanitaria<br />
Per le strutture dello staff della direzione aziendale e della direzione sanitaria, la sezione B<br />
dell'Allegato 2.5 individua le funzioni operative che devono essere obbligatoriamente assicurate.<br />
Il regolamento generale può prevedere ulteriori funzioni operative che l'Azienda ritiene<br />
necessarie.<br />
Nel regolamento generale sono indicati i criteri per la costituzione delle strutture organizzative<br />
professionali afferenti sia alle funzioni operative obbligatorie, sia alle altre eventuali funzioni<br />
operative previste dal regolamento.<br />
2.4.3. Supporto tecnico amministrativo di zona<br />
Per le Aziende USL. la sezione C dell'Allegato 2.5 individua le funzioni operative finalizzate a<br />
garantire il supporto tecnico amministrativo a livello zonale e definisce la soglia operativa della<br />
correlata struttura organizzativa. Tale soglia ha carattere puramente indicativo e non vincola le<br />
diverse determinazioni aziendali. Le Aziende sono comunque tenute ad esplicitare nel regolamento<br />
generale i criteri alternativi assunti che determinano un assetto organizzativo diverso da<br />
quello definito nell'allegato.<br />
2.5. L'organizzazione dipartimentale delle Aziende ospedaliere<br />
Ai sensi delle vigenti disposizioni legislative le Aziende ospedaliere organizzano la produzione<br />
e l'erogazione delle prestazioni assistenziali attraverso le aree funzionali di professionalità<br />
omogenea, tenuto conto di quelle individuate all'art. 34, comma 2, della LR 72/98.<br />
Considerata la natura giuridica mista delle Aziende ospedaliere, in relazione alla partecipazione<br />
di due ordinamenti alla loro costituzione, quello del Servizio sanitario regionale e quello universitario,<br />
le aree funzionali possono essere costituite da dipartimenti assistenziali che si integrano<br />
con i dipartimenti universitari. Il direttore del dipartimento assistenziale ha le stesse attribuzioni<br />
gestionali previste dalla LR 72/98 per il responsabile dell'area funzionale omogenea.<br />
Sulla base di tali disposizioni, l'Azienda ospedaliera determina con il regolamento generale la<br />
propria organizzazione dipartimentale.<br />
3. Il percorso assistenziale (art. 2, lettera m)<br />
3.1. La LR 72/98 definisce il percorso assistenziale, come il risultato di una modalità organizzativa<br />
che assicura tempestivamente al cittadino in forme coordinate, integrate e programmate<br />
l'accesso informato e la fruizione appropriata e condivisa dei servizi territoriali di zona e dei<br />
servizi ospedalieri in rete, in relazione agli accertati bisogni di educazione alla salute, di servizi<br />
preventivi, di assistenza sociale, di diagnosi, cura e riabilitazione.<br />
Il piano riconosce al "percorso assistenziale", nei termini definiti dalla legge, e nel quadro di un<br />
rapporto eticamente e culturalmente corretto tra domanda di assistenza e concreta disponibilità<br />
delle risorse umane, finanziarie e scientifiche ed assume valore di principio a cui far riferimento<br />
per misurare la funzionalità dell'organizzazione e l'efficacia del servizio offerto al cittadino.<br />
3.2. Per l'Azienda USL sono responsabili del percorso assistenziale :<br />
a) Il direttore generale, per quanto attiene in particolare:<br />
- la disciplina dell'organizzazione dell'Azienda prevista nel regolamento aziendale;<br />
- gli atti di concertazione definiti con altre Aziende USL, con le Aziende ospedaliere e con gli<br />
altri soggetti pubblici del sistema;<br />
- la contrattazione e la definizione dei rapporti con i produttori privati accreditati;<br />
- la definizione, in attuazione delle convenzioni nazionali, dei rapporti con i medici di medicina<br />
generale, con i pediatri di libera scelta e con gli specialisti ambulatoriali;<br />
b) il direttore sanitario, per quanto attiene in particolare:<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
- l'operatività in rete dei servizi ospedalieri;<br />
- il coordinamento complessivo fra i servizi ospedalieri e i servizi sanitari di zona;<br />
- l'attivazione dei protocolli diagnostico-terapeutici e riabilitativi;<br />
c) il responsabile di zona, per quanto attiene, in particolare, il coordinamento nell'ambito di<br />
competenza fra i servizi ospedalieri e i servizi sanitari di zona e l'integrazione fra i servizi<br />
sanitari di zona e i servizi di assistenza sociale;<br />
d) il responsabile del distretto, per quanto attiene, in particolare:<br />
- l'informazione al cittadino in merito all'organizzazione dei servizi sanitari e di assistenza<br />
sociale, alle modalità di accesso e della loro fruizione, anche avvalendosi dell'ufficio relazioni<br />
con il pubblico;<br />
- l'integrazione tra i servizi sanitari ed i servizi di assistenza sociale;<br />
- l'attivazione del percorso assistenziale per quanto di diretta competenza del distretto.<br />
3.3. Per l'Azienda ospedaliera sono responsabili del percorso assistenziale:<br />
a) il direttore generale per quanto attiene, in particolare:<br />
- la disciplina dell'organizzazione dell'Azienda prevista dal regolamento generale, funzionale<br />
alla promozione ed allo sviluppo dei servizi ospedalieri in rete;<br />
- gli atti di concertazione con le Aziende USL del bacino di riferimento o dell'ambito dell'area<br />
vasta nonché con le altre Aziende ospedaliere della regione o di altre regioni;<br />
b) il direttore sanitario, per quanto attiene, in particolare:<br />
- l'operatività dei servizi ospedalieri in rete;<br />
- la promozione di protocolli diagnostico-terapeutici e riabilitativi;<br />
- la definizione delle modalità attraverso le quali si garantisce la continuità assistenziale tra<br />
Azienda ospedaliera ed Azienda USL.<br />
3.4. Per gli altri soggetti pubblici del sistema sono responsabili del percorso assistenziale:<br />
a) il legale rappresentante, per quanto attiene, in particolare l'osservanza degli atti di concertazione<br />
e degli specifici atti convenzionali definiti con le Aziende sanitarie;<br />
b) il direttore sanitario per quanto attiene, in particolare, l'osservanza delle procedure oggetto<br />
degli specifici atti convenzionali con le Aziende sanitarie.<br />
3.5. Per i produttori privati accreditati sono responsabili del percorso assistenziale:<br />
a) il legale rappresentante, per quanto attiene, in particolare l'osservanza degli atti di contrattazione<br />
e degli specifici rapporti definiti con le Aziende sanitarie;<br />
b) il direttore sanitario per quanto attiene, in particolare, l'osservanza delle procedure oggetto<br />
degli specifici rapporti con le Aziende sanitarie.<br />
3.6. La Giunta regionale, avvalendosi dell'Agenzia regionale di sanità, provvede a definire<br />
indicatori che consentano di verificare, nel quadro delle responsabilità sopra definite, la congruità<br />
dell'organizzazione dei servizi ai risultati attesi.<br />
3.7. I presidi di cui alla LR 72/98, art 2, lett. o, costituiscono la sede fisica dove si avvia, si<br />
sviluppa e si completa il percorso assistenziale. L'organizzazione dei presidi deve rispondere<br />
alle seguenti finalità:<br />
a) assicurare all'utente la continuità assistenziale nel passaggio tra diverse tipologie di prestazioni<br />
erogate nello stesso presidio o in altri presidi;<br />
b) garantire la fruizione di prestazioni adeguate alle effettive necessità del cittadino, ricorrendo<br />
ad altri presidi della stessa Azienda o di altre istituzioni pubbliche o private, ove queste ultime<br />
garantiscano una risposta più adeguata alle necessità del cittadino.<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
In relazione alle finalità di cui alle precedenti lettere a) e b), le Aziende sanitarie regionali:<br />
prevedono forme e modalità per l'integrazione tra presidi, che consentano la fruizione appropriata<br />
e condivisa dei servizi sanitari di zona e dei servizi ospedalieri in rete; sviluppano relazioni<br />
organiche a livello nazionale ed internazionale con altre strutture sanitarie.<br />
I principi sopra indicati vengono resi operativi anche attraverso gli specifici rapporti di cui<br />
all'art. 8 del D.Lgs 502/92 e successive modificazioni e integrazioni.<br />
4. La zona (artt. 2, 5 e 30)<br />
La LR 72/98 all'art 2, definisce la zona come l'articolazione dell'Azienda USL al cui livello:<br />
- vengono assunte le decisioni programmatiche, organizzative ed operative per la gestione dei<br />
servizi sanitari territoriali di zona;<br />
- vengono adottati i provvedimenti necessari per assicurare che i servizi sanitari territoriali di<br />
zona operino e si sviluppino in modo integrato con i servizi di assistenza sociale;<br />
- viene data attuazione alle determinazioni assunte a livello di Azienda, per garantire che i<br />
servizi sanitari territoriali di zona si sviluppino in forma coordinata con i servizi ospedalieri in<br />
rete e con i servizi di prevenzione.<br />
L'art. 30 della stessa legge prevede che a capo di ciascuna zona sia preposto un responsabile che<br />
nell'ambito delle deleghe attribuitigli dal direttore generale, svolga i compiti necessari e opportuni<br />
per perseguire le finalità indicate dal richiamato art. 2.<br />
Nell'impianto della LR 72/98, l'articolazione zonale costituisce un elemento essenziale della<br />
nuova organizzazione e si propone quale riferimento fondamentale nei confronti delle istituzioni<br />
locali per il conseguimento, attraverso gli opportuni strumenti ( progetti-obiettivo; accordi di<br />
programma; convenzioni), degli obiettivi di integrazione socio-sanitaria indicati dalle LL.RR.<br />
72/97 e 72/98.<br />
I Comuni della zona socio-sanitaria, in quanto articolazione zonale della Conferenza dei Sindaci,<br />
e l'Azienda USL nella persona del Direttore generale o del responsabile di zona al quale il<br />
Direttore generale abbia delegato la gestione dell'attività ad integrazione socio-sanitaria, sottoscrivono<br />
l'accordo di programma e stipulano apposita convenzione, sulla base degli indirizzi<br />
programmatici con i contenuti previsti dall'art. 14 della LR 72/97. L'accordo contiene le indicazioni<br />
puntuali in ordine agli obiettivi che si vogliono realizzare per ciascun settore, le risorse<br />
finanziarie, di personale e strutturali di parte sanitaria e di parte sociale, i tempi e i modi per la<br />
verifica dei risultati.<br />
L'accordo di programma, presente nel programma operativo di zona, è coincidente con quello<br />
del piano zonale di assistenza (art. 11 LR 72/97 e art. 30 LR 72/98).<br />
Compito della Regione è di garantire che le Aziende sviluppino coerentemente il progetto<br />
definito dalle leggi, di supportarne e di indirizzarne l'attività con quadri conoscitivi appropriati e<br />
direttive di carattere tecnico e politico.<br />
5. Il distretto (art. 2, lett. h)<br />
5.1. La LR 72/98 definisce il distretto come articolazione della zona al cui livello:<br />
- il servizio sanitario regionale attiva il percorso assistenziale;<br />
- i servizi di assistenza sociale attivano gli interventi di sostegno e di reinserimento sociale;<br />
- si realizza l'integrazione delle attività sanitarie e sociali.<br />
Gli artt. 31 e 32 della medesima legge configurano inoltre il distretto come livello dell'organizzazione<br />
zonale nel quale viene gestito il complesso dei servizi socio-sanitari territoriali.<br />
A livello di distretto devono essere garantite:<br />
a) le attività ad integrazione socio sanitaria che fanno riferimento ai progetti obiettivo;<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
b) l'erogazione di prestazioni anche a carattere monoprofessionale, all'interno di progetti<br />
assistenziali definiti.<br />
Il distretto, riorganizzato secondo una scala più ampia (art. 31, comma 5), diventa, insieme<br />
all'area funzionale della prevenzione ed al presidio ospedaliero, una delle articolazioni del<br />
sistema budgettario zonale.<br />
Attraverso il responsabile del distretto vengono coordinate le unità funzionali o le loro articolazioni<br />
che operano nel distretto, afferenti ai servizi sanitari territoriali e sociali di zona. ll budget<br />
di distretto, di norma, è costituito dall'insieme degli obiettivi e delle risorse relative alle attività<br />
delle unità funzionali e loro articolazioni, ivi compresi i medici di medicina generale e i pediatri<br />
di libera scelta afferenti al distretto, i medici specialisti ambulatoriali e gli specialisti ospedalieri<br />
in proiezione.<br />
Il responsabile del distretto è responsabile del budget come sopra costituito.<br />
Per dirigere l'attività distrettuale viene nominato dal Direttore generale un responsabile coadiuvato<br />
dall'Ufficio di coordinamento distrettuale. Partecipa all'ufficio di coordinamento distrettuale<br />
anche uno specialista ambulatoriale.<br />
Il ruolo del responsabile del distretto dovrà essere valorizzato anche attraverso l'impiego delle<br />
componenti variabili della remunerazione.<br />
L'ufficio di coordinamento distrettuale è costituito dal Direttore generale ed è nominato dal<br />
responsabile del distretto.<br />
L'ufficio medesimo configura anche il livello nel quale si realizza la previsione dell'art. 47 del<br />
DPR del 22.7.1996, n. 484.<br />
L'ufficio di coordinamento del distretto svolge funzioni propositive in ordine agli obiettivi, alle<br />
risorse ed agli indicatori di risultato e coadiuva il responsabile del medesimo nello svolgimento<br />
delle funzioni ad esso attribuite.<br />
Al fine di conseguire l'integrazione socio-sanitaria e socio-assistenziale le Aziende USL, nell'ambito<br />
delle disposizioni degli accordi di programma e delle convenzioni, regolamentano il<br />
funzionamento dei distretti.<br />
5.2. È quindi necessario che i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta partecipino<br />
in modo diretto alla identificazione dei percorsi assistenziali appropriati alle condizioni di<br />
salute e sociali dei propri assistiti e, attraverso le loro rappresentanze nell'ufficio di coordinamento,<br />
alla individuazione degli obiettivi e delle risorse necessarie allo svolgimento delle attività<br />
afferenti al distretto, nell'ambito delle risorse complessivamente attribuite e comunque disponibili.<br />
Anche gli accordi integrativi regionali previsti dal capo VI del DPR 22/07/1996 n. 484 ed, in<br />
particolare, dall'art. 72, consentono già oggi, peraltro, di collegare i livelli di spesa programmati<br />
con l'attività dei medici di medicina generale.<br />
Il distretto, pertanto, si configura come la dimensione ottimale a livello della quale si organizza<br />
in concreto il collegamento tra tutti gli operatori socio-sanitari impegnati sul territorio.<br />
Il distretto, con l'insieme dei suoi presidi e delle sue attività, deve essere organizzato come una<br />
struttura dedicata a cui il cittadino si rivolge, per attivare, a partire dal proprio medico curante,<br />
un percorso assistenziale, integrato orizzontalmente tra i servizi sociali e sanitari e verticalmente<br />
tra i servizi territoriali e la funzione ospedaliera. A questo fine il distretto assicura al cittadino<br />
l'assistenza specialistica di volta in volta richiesta dalla casistica.<br />
Il medico di medicina generale, il pediatra di libera scelta e lo specialista ambulatoriale si avvalgono,<br />
quindi, dell'organizzazione distrettuale come supporto utile per assistere in modo<br />
appropriato il cittadino, così da fornire la migliore risposta in termini di mantenimento o di<br />
produzione di salute attraverso il minor consumo di risorse.<br />
L'assunzione, da parte del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta, della<br />
responsabilità complessiva dell'assistito deve tendere, attraverso gli strumenti di sostegno assi-<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
curati dal presente piano, alla riduzione del ricorso non appropriato alle prestazioni specialistiche,<br />
ivi comprese quelle diagnostiche e di ricovero.<br />
5.3. La Giunta regionale è impegnata a riferire, entro il 31.12.<strong>1999</strong>, al Consiglio regionale in<br />
merito al processo di realizzazione della rete distrettuale al fine di valutare i risultati raggiunti. Il<br />
Consiglio regionale, su proposta della Giunta, assume eventuali determinazioni.<br />
6. Gli strumenti finalizzati allo sviluppo delle Aziende a sistema e della rete dei servizi<br />
(art. 9, lettera p)<br />
La Giunta regionale promuove lo sviluppo della Aziende a sistema e della rete dei servizi attraverso:<br />
- l'istituzione di gruppi tecnici a carattere permanente (gruppi di lavoro per la concertazione di<br />
area vasta) che operano con il compito di individuare linee comuni interaziendali di programmazione,<br />
organizzazione e gestione di servizi;<br />
- l'adozione di provvedimenti di carattere generali finalizzati a regolare gli andamenti del sistema<br />
sul fronte dell'offerta (tetti di attività e di ospedalizzazione, ottimizzazione delle prestazioni<br />
in regime di ricovero, disciplina della continuità assistenziale tra servizi territoriali di zona e<br />
servizi ospedalieri in rete,), con la previsione anche di interventi finanziari premianti e di forme<br />
di penalizzazione;<br />
- l'adozione di provvedimenti specifici finalizzati ad ottimizzare l'organizzazione in rete dei<br />
servizi (azioni programmate e progetti obiettivo);<br />
- lo sviluppo di programmi volti a rafforzare il ruolo d'attrazione delle Aziende ospedaliere<br />
(vedi capitolo III, paragrafo 10);<br />
- l'attivazione di progetti sperimentali per la valorizzazione e la qualificazione della assistenza<br />
sanitaria nelle zone insulari e montane (vedi capitolo III, paragrafo 13);<br />
- l'attivazione di programmi interaziendali di interesse regionale di razionalizzazione e qualificazione<br />
dell'offerta, proposti dalle Aziende sanitarie (vedi capitolo III, paragrafo 11).<br />
7. I criteri per la definizione degli atti della concertazione e per la disciplina della contrattazione<br />
con i soggetti privati accreditati (art. 9, lettera i)<br />
7.1. Le norme di riferimento<br />
L'articolo 2 della LR 72/98 definisce la concertazione, lo strumento di programmazione con il<br />
quale di norma le Aziende sanitarie:<br />
- stabiliscono reciproche intese sia per lo sviluppo in rete dei servizi ospedalieri che per l'erogazione<br />
dei servizi sanitari territoriali di zona e di quelli di prevenzione collettiva;<br />
- definiscono accordi di sistema con gli altri produttori accreditati al fine di disciplinare la<br />
successiva contrattazione degli specifici rapporti.<br />
In particolare, all'articolo 7 (primo e secondo comma) la legge prevede che:<br />
- la Regione promuove iniziative di concertazione di area vasta fra Aziende USL e Aziende<br />
ospedaliere, attinenti la programmazione, l'organizzazione e la gestione dei servizi;<br />
- le Aziende ospedaliere concorrono allo sviluppo dei servizi ospedalieri in rete attraverso la<br />
promozione di atti di concertazione con le Aziende USL, promuovendo, allo stesso fine, anche<br />
la costituzione di dipartimenti interaziendali di coordinamento tecnico.<br />
Lo stesso articolo 7 (comma 3) stabilisce, infine, che Il Consiglio regionale, su proposta della<br />
Giunta, approvi entro trenta giorni, le intese e gli accordi scaturiti dalla concertazione, riconoscendo<br />
a tali atti carattere ed efficacia di atti della programmazione sanitaria, costitutivi delle<br />
disposizioni programmatiche contenute nei piani attuativi (PAL e PAO).<br />
31
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
7.2. La concertazione: finalità e contenuti<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
7.2.1. La concertazione è uno degli strumenti attraverso i quali la Regione <strong>Toscana</strong> si propone di<br />
favorire la crescita a sistema del servizio sanitario regionale per: ottimizzare l'erogazione dei<br />
servizi in una determinata area; assicurare certezza nei rapporti finanziari fra le Aziende; individuare<br />
soluzioni organizzative interaziendali funzionali al contenimento dei costi di produzione;<br />
definire strategie di sviluppo di medio e lungo periodo in grado di implementare la gamma dei<br />
servizi offerti ed accrescere la capacità di attrazione esterna alla regione. Le Aziende sanitarie<br />
nella specificità propria del ruolo e dei compiti di ciascuna, concorrono al perseguimento dell'obiettivo.<br />
La concertazione interaziendale è strumento essenziale per realizzare concretamente la rete<br />
ospedaliera, promuovendo l'uso coordinato e razionale delle risorse per elevare la qualità, l'affidabilità<br />
e l'efficacia delle prestazioni.<br />
La concertazione interaziendale non definisce dunque alcun rapporto gerarchico tra le Aziende<br />
interessate e non ha come obiettivo la concentrazione di strutture e servizi di base in pochi punti<br />
della regione ma, al contrario, l'ottimale organizzazione dell'assistenza su tutto il territorio e la<br />
garanzia dei servizi sanitari propri di ogni bacino di utenza.<br />
Per quanto attiene ai servizi territoriali ed a quelli di prevenzione collettiva, fermo restando che<br />
il livello di direzione operativa sta nella Zona e nell'Azienda, la concertazione interaziendale<br />
mira a favorire il sorgere di iniziative e progetti comuni tra Aziende con problematiche affini.<br />
La LR 72/98 prevede che a questo fine le aziende assumano decisioni comuni di contenuto sia<br />
programmatico - organizzativo che gestionale finanziario.<br />
7.2.2. I rapporti di contenuto programmatico-organizzativo, riguardano l'organizzazione e<br />
l'erogazione dei servizi ed hanno di norma validità triennale, la loro efficacia non supera comunque<br />
l'arco temporale di validità del <strong>Piano</strong> sanitario.<br />
I rapporti di contenuto gestionale - finanziario attengono al valore di scambio delle prestazioni<br />
erogate, possono avere validità inferiore al triennio ed essere aggiornati in relazione agli andamenti<br />
dei costi di produzione.<br />
I rapporti di contenuto gestionale-finanziario non hanno rilevanza significativa sul fronte dell'organizzazione<br />
dei servizi e delle prestazioni erogate non possono quindi, assumere efficacia di<br />
atti di programmazione sanitaria, conseguentemente la loro approvazione non è sottoposta alla<br />
procedura di cui alla LR 72/98, art. 7, terzo comma.<br />
7.2.3. La concertazione può interessare le relazioni tra due o più Aziende sanitarie ai sensi<br />
dell'art. 7, comma 2, della LR 72/98.<br />
La legge prevede che le Aziende ospedaliere assumano il ruolo di soggetti promotori per la<br />
concertazione di decisioni attinenti lo sviluppo dei servizi ospedalieri in rete. Non si tratta di<br />
una competenza esclusiva; sarebbe, peraltro, contrario al disposto normativo, il permanere di<br />
uno stato di inerzia senza giustificato motivo. Analoghe considerazioni valgano per quanto<br />
riguarda la promozione di dipartimenti interaziendali di coordinamento tecnico. Il bacino di<br />
riferimento è, di norma, la dimensione ottimale al cui livello l'Azienda ospedaliera può opportunamente<br />
sviluppare la propria iniziativa .<br />
Ferma restando l'autonoma iniziativa di ciascuna delle aziende, le Aziende USL 10 di Firenze, 5<br />
di Pisa, 7 di Siena (le tre Aziende USL, sul cui territorio sono attive anche Aziende ospedaliere<br />
deputate ad erogare prestazioni di base per una quota dei residenti) sono incaricate di svolgere il<br />
ruolo di soggetti promotori per la concertazione nei confronti delle Aziende USL di più immediato<br />
riferimento (Azienda USL 10 di Firenze: Prato, Pistoia, Empoli; Azienda 5 di Pisa: Massa<br />
Carrara, Viareggio, Lucca, Livorno; Azienda USL 7 di Siena: Arezzo, Grosseto).<br />
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L'Azienda ospedaliera Meyer in relazione al proprio bacino di utenza di livello regionale partecipa<br />
ai procedimenti di concertazione riferiti ad attività pediatriche comunque svolti sul territorio<br />
toscano.<br />
7.2.4. La Giunta regionale promuove la concertazione ed esamina, prima dell'inoltro al Consiglio<br />
regionale, le proposte con i Presidenti delle Conferenze dei sindaci interessate, svolge<br />
verifiche periodiche in merito al lavoro svolto dai soggetti promotori, adotta provvedimenti<br />
sanzionatori di natura finanziaria nei confronti delle aziende che abbiano assunto comportamenti<br />
contrari ai patti: l'oggetto, l'entità della sanzione finanziaria, le modalità e le forme con le<br />
quali sarà reso esecutivo il provvedimento, costituiscono parte integrante dell'atto d'intesa. Della<br />
mancata partecipazione ai procedimenti di concertazione, comunque promossi, la Giunta regionale<br />
tiene conto nella valutazione dell'operato dei direttori generali<br />
7.3. Criteri per la definizione degli atti di concertazione<br />
7.3.1. Le aziende sanitarie nella definizione degli atti di concertazione si attengono ai criteri<br />
indicati ai successivi punti 7.3.2 e 7.3.3 .<br />
7.3.2. Rapporti di contenuto programmatico - organizzativo<br />
a) verifica preliminare circa:<br />
- la coerenza con le previsioni del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, attinenti l'assetto organizzativo dei<br />
servizi, le forme e le modalità di erogazione delle prestazioni;<br />
- la funzionalità al perseguimento degli obiettivi generali e specifici indicati in atti di programmazione<br />
regionale;<br />
- la stabilità dei risultati attesi;<br />
- l'evoluzione della situazione senza intervento;<br />
b) verifica intermedia, con cadenza annuale, circa :<br />
- l'osservanza degli accordi sottoscritti;<br />
- l'evoluzione della situazione con l'intervento;<br />
- le eventuali modifiche da apportare agli atti di concertazione per assicurarne una maggiore<br />
efficacia.<br />
Il soggetto promotore della concertazione trasmette tempestivamente alla Giunta regionale la<br />
documentazione relativa alla verifica preliminare e alla verifica intermedia.<br />
La verifica preliminare, congiuntamente al preliminare d'accordo, viene presa a base dalla<br />
Giunta regionale per l'istruttoria dell'atto ai sensi della LR 72/98,art. 7, comma 3.<br />
L'atto non ha efficacia sino alla sua approvazione da parte del Consiglio regionale. Analoga<br />
procedura è attivata sulla base della verifica intermedia.<br />
7.3.3. Rapporti di contenuto gestionale- finanziario<br />
a) verifica preliminare circa:<br />
- la coerenza con le previsioni del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, attinenti l'assetto organizzativo dei<br />
servizi, le forme e le modalità di erogazione delle prestazioni;<br />
- l'osservanza delle norme generali sulla libera concorrenza;<br />
- l'equità per i contraenti dei contenuti finanziari dell'accordo;<br />
- l'evoluzione della situazione senza intervento;<br />
- la previsione di adeguate modalità di segnalazione nell'ambito dei flussi informativi relativi<br />
alle compensazioni della mobilità sanitaria, dei dati di attività oggetto di pagamento diretto da<br />
parte delle Aziende, nonché degli importi tariffari concordati se diversi da quelli massimi regionali.<br />
La Giunta regionale, tenuto conto dell'assetto dei meccanismi compensativi della mobilità<br />
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sanitaria infraregionale, provvede ad impartire tempestivamente opportune direttive alle Aziende<br />
USL al fine di evitare la duplicazione dei pagamenti;<br />
b) verifica intermedia, con cadenza annuale, circa:<br />
- l'osservanza degli accordi sottoscritti;<br />
- l'evoluzione della situazione con l'intervento;<br />
- le eventuali modifiche da apportare agli atti di concertazione per assicurarne una maggiore<br />
efficacia.<br />
Il soggetto promotore della concertazione trasmette tempestivamente alla Giunta regionale la<br />
documentazione relativa alla verifica preliminare e alla verifica intermedia. La predetta documentazione,<br />
congiuntamente all'accordo sottoscritto, viene presa a base dalla Giunta regionale<br />
per l'istruttoria dell'atto al fine di verificare se sussistano le condizioni che richiedono l'attivazione<br />
della procedura di cui alla LR 72/98, art 7, comma 3. In caso di verifica positiva, permane<br />
l'efficacia degli atti sottoscritti, sino alle determinazioni conclusive assunte in merito da parte<br />
del Consiglio regionale.<br />
7.4. La contrattazione: finalità e contenuti<br />
7.4.1. La contrattazione è lo strumento con il quale le Aziende ospedaliere e le Aziende USL<br />
regolano i loro rapporti con gli altri produttori pubblici e privati accreditati, che operano sul<br />
territorio regionale.<br />
Costituiscono oggetto di contrattazione il numero, il prezzo, le modalità di erogazione di prestazioni<br />
in regime di ricovero ospedaliero e ambulatoriale, comprese quelle riabilitative, di diagnostica<br />
strumentale e di laboratorio. Possono, altresì, costituire oggetto di contrattazione pacchetti<br />
di prestazioni plurime, organizzate con gli altri produttori pubblici e privati, accreditati che<br />
operano sul territorio regionale, in forma di "progetti speciali".<br />
7.4.2. La Regione promuove l'apporto al Servizio sanitario regionale dei produttori privati<br />
accreditati. A questo fine, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del <strong>Piano</strong>, la Giunta regionale<br />
istituisce e coordina un tavolo di contrattazione al quale partecipano gli organismi rappresentativi<br />
della sanità privata e una delegazione di direttori generali delle aziende sanitarie toscane.<br />
Entro i successivi trenta giorni, le parti interessate definiscono i principi guida ai quali conformeranno<br />
i loro rapporti contrattuali per l'arco di validità del piano.<br />
7.5. Criteri per la definizione degli atti di contrattazione<br />
Le aziende sanitarie, nella definizione degli atti di contrattazione con gli altri produttori pubblici<br />
e privati accreditati, che operano sul territorio regionale, si attengono ai seguenti criteri:<br />
- funzionalità al perseguimento degli obiettivi indicati in atti della programmazione sanitaria;<br />
- coerenza con le previsioni del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, attinenti l'assetto organizzativo dei<br />
servizi, le forme e le modalità di erogazione delle prestazioni;<br />
- osservanza delle norme generali sulla libera concorrenza;<br />
- analisi costi - benefici senza e con intervento;<br />
- previsione di adeguate modalità di segnalazione, nell'ambito dei flussi informativi relativi alle<br />
compensazioni della mobilità sanitaria, dei dati di attività oggetto di pagamento diretto da parte<br />
delle Aziende nonché degli importi tariffari concordati, se diversi da quelli massimi regionali .<br />
La Giunta regionale, tenuto conto dell'assetto dei meccanismi compensativi della mobilità<br />
sanitaria infraregionale, provvede ad impartire tempestivamente opportune direttive alle Aziende<br />
sanitarie al fine di evitare la duplicazione dei pagamenti.<br />
Nel rispetto dei principi di appropriatezza, di deospedalizzazione e di ottimizzazione delle<br />
attività di ricovero e nell'ambito del fabbisogno definito dagli atti di programmazione di livello<br />
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regionale e locale, è consentito individuare settori per i quali si instaurano rapporti di collaborazione<br />
per la riduzione delle liste di attesa.<br />
8. I piani attuativi delle Aziende USL e delle Aziende ospedaliere (art. 12)<br />
La LR n. 72/98 modifica la normativa precedente in materia di piani attuativi delle Aziende<br />
USL (PAL) e delle Aziende Ospedaliere (PAO).<br />
Al fine di assicurare la corretta ed omogenea applicazione della norma, la Giunta regionale è<br />
incaricata:<br />
- di predisporre, entro trenta giorni dalla data di approvazione del piano, le linee guida e gli<br />
schemi tipo ai quali le aziende dovranno uniformarsi nella elaborazione dei piani attuativi e dei<br />
programmi annuali di attività per i quali, entro il <strong>1999</strong>, dovranno essere definiti gli strumenti<br />
necessari ad assicurarne la gestione informatizzata;<br />
- di definire, contestualmente, le procedure relative all'adozione dei provvedimenti di competenza<br />
in materia di PAO, PAL e relativi programmi annuali;<br />
- di predisporre, entro sei mesi dalla data di approvazione del <strong>Piano</strong>, le linee guida e gli schemi<br />
tipo ai quali le aziende dovranno uniformarsi nella elaborazione della relazione sanitaria aziendale<br />
di cui all'art 13 della LR 72/98.<br />
9. I criteri e le modalità di determinazione delle tariffe (art. 9, lettera q)<br />
9.1. L'insieme dei rapporti tra i soggetti pubblici e privati del servizio sanitario, nonché tra il<br />
servizio stesso ed il cittadino, si fonda sulla definizione di un compiuto sistema tariffario basato<br />
su tariffe massime regionali.<br />
Allo stato attuale, circa il 60% del volume delle prestazioni erogate dalle aziende sanitarie è<br />
valorizzato attraverso tariffe già determinate dalla Giunta regionale. L'obiettivo nel triennio<br />
<strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> è quello di valorizzare a tariffa un ulteriore 4% delle prestazioni erogate (riabilitazione<br />
e prestazioni di prevenzione effettuate su richiesta di soggetti esterni). Al tempo stesso la<br />
Regione è impegnata a valutare ed aggiornare i tariffari di settore (in particolare per le prestazioni<br />
di ricovero ospedaliero e per quelle specialistiche e diagnostiche) già definiti, in ragione<br />
del variare dei costi rilevati e di specifiche politiche di sviluppo determinate a livello regionale.<br />
9.2. Oltre a regolare i rapporti finanziari tra soggetti, il sistema tariffario risponde ad altre tre<br />
fondamentali esigenze:<br />
a) consentire nelle aziende sanitarie, in sede di gestione dei budget delle strutture organizzative,<br />
una valutazione di funzionalità delle strutture medesime in relazione alla tipologia della casistica<br />
trattata (case mix calcolato sulla base dei pesi tariffari) ed al rapporto costi - ricavi, ancorchè<br />
questi ultimi assumano un ruolo differente tra Aziende ospedaliere (ricavi effettivi) ed Aziende<br />
USL (ricavi "virtuali");<br />
b) favorire la piena assunzione da parte delle Aziende USL della responsabilità della domanda<br />
complessivamente espressa dal proprio territorio e della sua distribuzione tra i diversi soggetti<br />
produttori, consentendone una valutazione qualitativa ed economica e incentivando in tal modo<br />
lo sviluppo di politiche razionali di allocazione delle risorse;<br />
c) indirizzare, attraverso una funzione incentivante o disincentivante, la corretta allocazione<br />
delle attività al livello necessario per garantirne la qualificazione e l'economicità; in particolare<br />
il sistema tariffario dovrà consentire, coerentemente con le scelte di programmazione regionale,<br />
lo sviluppo delle funzioni proprie delle aziende ospedaliere relative alle alte specialità ed alle<br />
attività ad alto contenuto innovativo e tecnologico così come la riconduzione delle attività di<br />
base ad alta diffusione ai presidi ospedalieri della rete in relazione agli effettivi bacini di utenza.<br />
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9.3. In applicazione della normativa generale (Decreto del Ministero della Sanità 15.4.1995) e<br />
settoriale vigente, la definizione e l'aggiornamento delle tariffe avviene avendo a riferimento<br />
l'individuazione del costo medio della prestazione rilevato presso un campione significativo di<br />
strutture pubbliche e private, in rapporto ai rispettivi pesi relativi, attraverso i flussi correnti di<br />
rilevazione dei costi ovvero attraverso specifiche indagini. Nel costo della prestazione è da<br />
intendersi sia il costo diretto delle risorse impiegate per la sua produzione, che i costi indiretti,<br />
che il ribaltamento dei costi generali sostenuti per il funzionamento della struttura erogatrice.<br />
All'interno dei valori rilevati, la tariffa può discostarsi dal costo medio osservato in ragione dei<br />
seguenti elementi:<br />
- valutazione del grado di utilizzo delle risorse produttive da parte dei soggetti erogatori e dell'effetto<br />
sul costo delle prestazioni di interventi di razionalizzazione programmati a livello<br />
aziendale o regionale;<br />
- grado di diffusione della prestazione, che può portare a fissare una tariffa superiore o inferiore<br />
alla media a seconda che la prestazione stessa sia da garantire a livello di base ovvero a livello<br />
di un numero limitato di strutture di riferimento;<br />
- grado di "sostituibilità" della prestazione con altra analoga erogata in regime diverso, a seconda<br />
delle scelte regionali di politica settoriale che inducono ad incentivare o disincentivare le<br />
diverse alternative di intervento;<br />
- scelte di sviluppo o contenimento della prestazione in ragione della minore o maggiore presenza<br />
nella stessa di forme inappropriate di domanda che possono richiedere una maggiore o minore<br />
remunerazione della relativa attività;<br />
- scelte di allocazione delle attività al livello opportuno di concentrazione, da raggiungere<br />
attraverso la remunerazione adeguata delle attività medesime e la disincentivazione di scelte<br />
alternative, non coerenti con le opzioni programmatiche regionali;<br />
- valutazione dei costi alternativi eventualmente da sostenere in caso di mancata erogazione<br />
della prestazione presso le strutture pubbliche o private accreditate dell'ambito regionale.<br />
9.4. Il sistema tariffario può prevedere, in coerenza con il <strong>Piano</strong> sanitario nazionale 1998-2000,<br />
una differenziazione del valore tariffario di una prestazione per classi tipologiche dei presidi di<br />
erogazione in relazione alla presenza di attività, direttamente o indirettamente connesse alla<br />
prestazione tariffata, non remunerate da apposite tariffe e che, pertanto, sono da computarsi<br />
quali costi aggiuntivi specifici da attribuire solo ai presidi in cui tali attività sono presenti.<br />
9.5. Al fine di valutare le caratteristiche tecniche ed economiche delle singole prestazioni, in<br />
relazione alla applicazione dei criteri di cui sopra, la Regione può avvalersi del contributo di<br />
esperti nei settori oggetto di valutazione, presenti nelle aziende sanitarie, ed opera garantendo<br />
un confronto costante con le organizzazioni rappresentative della sanità privata e delle professioni<br />
sanitarie. A tal fine è istituito un tavolo regionale con la partecipazione delle Aziende<br />
sanitarie, delle istituzioni private accreditate e della Federazione regionale degli Ordini dei<br />
medici.<br />
10. I criteri per l'erogazione di prestazioni alle popolazioni delle zone di confine attraverso<br />
la previsione di accordi convenzionali interaziendali con le Aziende sanitarie extraregionali<br />
interessate (art. 9, lett. r)<br />
10.1 Allo scopo di facilitare l'accesso ai servizi alle popolazioni residenti in zone di confine, le<br />
Aziende USL sono autorizzate a stipulare accordi convenzionali con Aziende sanitarie extraregionali<br />
sulla base dei seguenti criteri:<br />
- verifica di fattibilità di rapporti convenzionali alternativi a soluzioni organizzative interne,<br />
corredata da analisi costi-benefici;<br />
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- verifica preventiva sui livelli qualitativi dei servizi da convenzionarsi;<br />
- previsione della stipula degli accordi nei piani attuativi locali o nei programmi annuali di<br />
attività;<br />
- previsione nell'accordo convenzionale di verifiche a cadenze predefinite, in merito al grado di<br />
soddisfacimento da parte dei cittadini toscani dei servizi offerti;<br />
- previsione di adeguate modalità di segnalazione dei dati di attività oggetto di pagamento<br />
diretto da parte delle Aziende, nell'ambito dei flussi informativi relativi alle compensazioni della<br />
mobilità sanitaria interregionale, al fine di escluderne la remunerazione a compensazione.<br />
10.2 La Giunta regionale, tenuto conto dell'assetto dei meccanismi compensativi della mobilità<br />
sanitaria interregionale, provvede ad impartire tempestivamente opportune direttive alle Aziende<br />
USL per evitare la duplicazione dei pagamenti.<br />
11. I criteri per il riconoscimento delle funzioni regionali di riferimento<br />
11.1. Il <strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996-1998 definiva "funzioni regionali di riferimento" le<br />
funzioni "aventi carattere di supporto tecnico-scientifico, metodologico, logistico ed operativo<br />
ad altre attività distribuite nella rete dei servizi sanitari regionali". Lo stesso <strong>Piano</strong> prevedeva<br />
che la Giunta regionale provvedesse con proprio atto, sentiti i direttori generali delle aziende<br />
sanitarie, alla individuazione delle aziende alle quali attribuirle. L'applicazione della procedura<br />
descritta si è rilevata immediatamente problematica, a fronte di un quadro assai variegato di<br />
"centri regionali" istituiti precedentemente con provvedimenti amministrativi di diversa fonte, in<br />
funzione e per scopi diversi. In particolare, in carenza di informazioni adeguate in merito alla<br />
casistica trattata e alla qualità delle prestazioni, è parso, allora, necessario prendere atto della<br />
situazione esistente, rinviando una complessiva rivisitazione delle funzioni regionali di riferimento<br />
qualora esistessero le condizioni, come ora sussistono, per verificarne l'effettiva funzionalità<br />
allo sviluppo in rete dei servizi.<br />
11.2. Restano confermate le funzioni regionali e quelle di riferimento regionale attribuite nel<br />
<strong>Piano</strong> sanitario 1996-98 all'ex CSPO tramite l'Azienda ospedaliera Careggi. Salvo quanto non<br />
diversamente previsto dal presente <strong>Piano</strong> o da altri atti vigenti di programmazione della Regione,<br />
la Giunta regionale, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del <strong>Piano</strong>, provvederà ad<br />
attivare il procedimento di riconoscimento delle funzioni regionali di riferimento, da intendersi<br />
anche come attività di alta specializzazione non necessariamente coincidenti con funzioni operative<br />
di cui al repertorio regionale, attenendosi ai criteri sotto indicati:<br />
- verifica di funzionalità: la funzione regionale dovrà erogare servizi la cui carenza penalizzerebbe<br />
strutturalmente il sistema;<br />
- verifica di qualità, avendo a riferimento: numero e complessità della casistica annualmente<br />
trattata; indice di attrazione infera ed extraregionali; produzione scientifica del personale della<br />
struttura; tempi presenti nelle liste di attesa; qualità delle attrezzature e delle tecnologie; idoneità<br />
dell'organizzazione.<br />
12. I criteri per l'individuazione di prestazioni da erogare in forma indiretta<br />
(art. 9, lettera o)<br />
12.1. La forma indiretta è riconosciuta per prestazioni di ricovero e di specialistica ambulatoriale<br />
compresa la diagnostica strumentale e di laboratorio.<br />
er le prestazioni di ricovero la forma indiretta è disciplinata con legge regionale 22 gennaio<br />
1997, n. 5 e deliberazione del Consiglio <strong>Regionale</strong> n. 148 del 6.5.1997.<br />
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12.2 La Giunta regionale, con proprio atto, in relazione a situazioni sanitarie emergenti:<br />
a) individua le prestazioni specialistiche ambulatoriali per le quali consentire l'accesso in forma<br />
indiretta presso strutture sanitarie private autorizzate ovvero presso strutture pubbliche o private<br />
accreditate, assumendo come criterio:<br />
- il diritto del cittadino a ricevere prestazioni sanitarie tempestive e qualificate;<br />
- l'appropriatezza ed efficacia della prestazione riconosciuta in base ad evidenze scientifiche<br />
anche in relazione a soggetti che maggiormente possono trarne beneficio;<br />
- gli obiettivi di programmazione economica regionale;<br />
- il controllo del settore mediante ispezioni generali o mirate;<br />
b) dispone forme di controllo da parte della Azienda USL con autorizzazione preventiva rilasciata<br />
agli assistiti che chiedono di avvalersi della forma di assistenza di cui trattasi;<br />
c) dispone la misura e la modalità di partecipazione alla spesa sanitaria da parte del cittadino ai<br />
sensi dell'art. 25 della legge regionale n. 1 del 2 gennaio 1995, salvo poter prevedere forme di<br />
rimborso superiori, fino alla concorrenza con la spesa complessiva sostenuta dall'assistito, nel<br />
caso di prestazioni specialistiche (escluso prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio),<br />
essenziali e necessarie per il mantenimento delle condizioni di salute in quanto correlate<br />
alle patologie croniche, invalidanti o rare individuate dal Ministero della Sanità.<br />
12.3. Non sono da considerarsi erogabili in forma indiretta, bensì a totale carico del Servizio<br />
sanitario regionale, quelle attività sanitarie che, pur facenti parte integrante, in quanto necessarie,<br />
di prestazioni complesse comprese nei livelli di assistenza, non risultano comprese nella<br />
valutazione tariffaria delle medesime prestazioni.<br />
È pertanto a totale carico del Servizio <strong>Sanitario</strong> regionale l'onere dovuto per la ricerca di donatore<br />
compatibile per cittadini soggetti a trapianto di midollo osseo ancorchè tale onere, non contemplato<br />
nel corrispondente D.R.G., sia pagato dal cittadino medesimo.<br />
La Giunta regionale con proprio atto deliberativo è impegnata ad individuare procedure e modalità<br />
di rimborso o anticipazione di detti oneri anche in relazione al sistema di remunerazione<br />
tariffario vigente.<br />
13. I criteri e le modalità di controllo dell'attuazione del piano (art. 9, lettera t)<br />
13.1. Il <strong>Piano</strong> sanitario è un atto complesso di programmazione, la cui completa e puntuale<br />
attuazione dipende dalle decisioni di una pluralità di attori.<br />
L'ente regionale ha il compito di controllarne l'attuazione, verificare la coerenza delle decisioni<br />
degli attori pubblici e privati, monitorarne l'attività, valutarne periodicamente i risultati in relazione<br />
agli obiettivi programmati.<br />
La Giunta regionale è incaricata di svolgere l'attività di controllo sulla base dei seguenti criteri:<br />
- trasparenza del controllo: il controllo dovrà svolgersi sulla base di indicatori predeterminati,<br />
certi, resi preventivamente noti alla struttura organizzativa controllata;<br />
- omogeneità di comportamenti: risultati identici devono essere valutati con identici strumenti<br />
ed indicatori.<br />
- confronto sugli esiti della verifica con la struttura controllata: il controllo in merito all'attuazione<br />
del piano, non ha natura di atto di vigilanza, in senso stretto. In linea di principio, si<br />
propone di individuare, d'intesa con la struttura organizzativa controllata, le soluzioni condivise<br />
idonee al superamento dei punti critici.<br />
13.2. La Giunta regionale opera il controllo secondo le modalità sotto indicate:<br />
- adozione di atti procedimentali che prevedano l'attivazione di flussi informativi a cadenza<br />
periodica da parte della Aziende sanitarie in merito all'andamento di specifici fenomeni;<br />
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- direttive alle Aziende sanitarie finalizzate all'adozione di procedure puntuali di autovalutazione,<br />
con obbligo d'informativa alla Giunta regionale;<br />
- controllo a cadenza periodica dello stato di attuazione delle azioni programmate e dei progetto<br />
obiettivo sulla base di indicatori di risultato formalizzati con decreti dirigenziali;<br />
- controllo anche mediante ispezioni generali o mirate.<br />
13.3 Il controllo in merito all'attuazione del piano, non si esaurisce nell'ambito della verifica del<br />
conseguimento dei risultati attesi da parte dei diversi attori responsabili. La Regione deve svolgere<br />
costantemente un ruolo d'iniziativa e d'impulso per controllare che il sistema, complessivamente<br />
inteso, si sviluppi in armonia e in sintonia con gli obiettivi di salute e di qualificazione<br />
dei servizi indicati dal piano.<br />
Avvalendosi anche del supporto tecnico della ARS che dovrà essere prioritariamente impegnata<br />
a definire quadri conoscitivi finalizzati, gli uffici della Giunta regionale rafforzeranno il proprio<br />
ruolo di strutture dedicate al controllo direzionale.<br />
In tale contesto l'attività del Dipartimento del diritto alla salute dovrà a questo scopo espandersi<br />
su due direzioni: la prima relativa al controllo dello sviluppo dei servizi sanitari, la seconda<br />
attinente l'interdipendenza tra obiettivi di salute, sviluppo economico, assetto degli ecosistemi.<br />
Per questo ultimo specifico scopo la Giunta regionale deve prevedere l'attivazione di procedure<br />
che regolino il percorso tecnico di formazione delle decisioni rilevanti o incidenti sulla tutela<br />
della salute delle popolazioni. Al fine di assicurare lo sviluppo dell'attività del dipartimento<br />
secondo un preciso quadro di priorità, entro il mese di giugno del <strong>1999</strong>, l'ARS provvederà a<br />
definire la mappa delle aree territoriali riconosciute particolarmente sensibili dal punto di vista<br />
epidemiologico.<br />
14. Lo sviluppo delle attività di epidemiologia<br />
14.1. L'epidemiologia<br />
La conoscenza epidemiologica è strumento di base per la programmazione del Servizio <strong>Sanitario</strong><br />
regionale, attraverso il <strong>Piano</strong> sanitario regionale e gli altri atti di programmazione. Nelle<br />
strutture sanitarie della Regione esistono competenze, esperienze e strutture che hanno sviluppato<br />
l'attività di ricerca epidemiologica, contribuendo a fornire importanti conoscenze su alcuni<br />
parametri di salute della popolazione toscana. Tale attività epidemiologica si è sviluppata in<br />
ambiti specifici a seconda della collocazione e delle professionalità. In particolare, presso il<br />
CSPO si è sviluppata l'epidemiologia dei tumori (descrittiva, analitica sui rischi ambientali -<br />
occupazionali ed individuali, clinico - valutativa); presso il CREAS di Pisa si svolgono attività<br />
in epidemiologia ambientale e sugli eventi connessi alla riproduzione, in particolare per quanto<br />
riguarda le malformazioni.<br />
Lo sviluppo di un sistema informativo presso il Dipartimento regionale consente oggi una<br />
valorizzazione del dato che può essere utilizzabile ai fini di sorveglianza sanitaria. Alcuni ambiti<br />
tematici sono ancora oggi poco sviluppati e limitata appare l'epidemiologia valutativa delle<br />
attività sanitarie.<br />
L'Osservatorio di Epidemiologia dell'Agenzia regionale di Sanità è stato istituito con compiti di<br />
valutazione dello stato di salute della popolazione toscana, in modo da contribuire a definire le<br />
priorità nelle scelte programmatiche a livello regionale e delle singole aziende sanitarie, al fine<br />
di favorire la realizzazione degli obiettivi del piano sanitario regionale.<br />
14.2 La struttura a rete<br />
Per raggiungere gli obiettivi sopraindicati e sviluppare l'intero sistema epidemiologico, l'Agenzia<br />
svilupperà il proprio programma di lavoro in armonia con i programmi di attività delle<br />
strutture già esistenti, in modo da colmare le attuali carenze conoscitive e fornire elementi utili<br />
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alla programmazione. Si configura la necessità di creare una struttura a rete, costituita dall'Agenzia<br />
regionale e dalle strutture di epidemiologia presenti sul territorio regionale in modo da<br />
valorizzare l'esistente, evitare duplicazioni e favorire lo sviluppo di attività oggi carenti.<br />
14.3 Il ruolo dell'Agenzia regionale di sanità<br />
Compiti dell'Agenzia saranno, pertanto, il coordinamento ai fini della programmazione sanitaria,<br />
delle attività di epidemiologia oggi esistenti nel territorio regionale, per realizzare un sistema<br />
a rete di osservazione epidemiologica, garantendo la valorizzazione delle informazioni e<br />
delle conoscenze che vengono acquisite, la promozione di conoscenza epidemiologica su tematiche<br />
oggi ancora poco approfondite ma di particolare rilievo come le malattie cardiovascolari,<br />
l'assistenza psichiatrica, l'assistenza al malato anziano, le dipendenze, alcune patologie infettive,<br />
l'infortunistica, anche assumendo in proprio aspetti peculiari di ricerca su tali temi.<br />
14.4 Il ruolo delle strutture di epidemiologia<br />
In tale sistema compito delle strutture è quello di approfondire le tematiche sanitarie soprattutto<br />
in relazione alle esigenze di conoscenza a livello regionale, oltrechè agli orientamenti della<br />
comunità scientifica, e di sviluppare sistemi dì sorveglianza sui fattori di rischio per la salute e<br />
sulle patologie, in relazione alle specifiche competenze.<br />
Compito delle strutture di Epidemiologia dello staff delle Aziende unità sanitarie locali è quello<br />
di fornire alla propria Azienda indicatori sanitari (come uso dei servizi, spesa farmaceutica,<br />
interventi di prevenzione realizzati) utilizzabili sia a livello locale, ma anche da parte dell'Agenzia<br />
per una valutazione di livello regionale.<br />
CAPITOLO II - IL FINANZIAMENTO DELLE AZIENDE SANITARIE<br />
1. La disponibilità finanziaria (art. 9, lettera b, LR 72/98)<br />
1.1. Il triennio <strong>1999</strong> - <strong>2001</strong> si apre con due novità di assoluto rilievo nella storia del finanziamento<br />
del servizio sanitario nazionale.<br />
1.1.1. A partire dall'anno 1998 lo Stato ha provveduto ad incrementare il fondo sanitario nazionale,<br />
riducendo lo squilibrio tra risorse erogate e fabbisogno effettivo.<br />
Pur sussistendo ancora una sottostima del fondo sanitario nazionale, si apre adesso la possibilità<br />
di ridurre il peso di due fattori negativi che hanno condizionato la gestione dei servizi sanitari in<br />
questi anni:<br />
- l'inadeguatezza manifesta delle previsioni di finanziamento, che ha costantemente scoraggiato<br />
interventi di contenimento dei costi a fronte di un rinvio a finanziamenti aggiuntivi comunque<br />
attesi;<br />
- la sottostima del fondo, che ha portato ad una lunga contrattazione tra Stato e regioni sui<br />
fabbisogni integrativi, ogni volta parzialmente riconosciuti, ma con ritardi in genere di diverse<br />
annualità, che hanno creato pesanti disagi in termini di competenza e di cassa.<br />
1.1.2. Il <strong>Piano</strong> <strong>Sanitario</strong> Nazionale 1998 - 2000 prevede una progressione del Fondo sanitario<br />
nazionale pari all'aumento del 3% per ciascuno degli anni <strong>1999</strong> e 2000. Per l'anno <strong>1999</strong>, il<br />
trasferimento del 3% è subordinato per una quota pari all'1,5% alla conclusione delle procedure<br />
di cui all'art. 28 della Legge 448/98, collegata alla legge finanziaria dello Stato <strong>1999</strong>.<br />
1.2. Il nuovo quadro, così delineato, pur mantenendo i caratteri della perdurante inadeguatezza<br />
del FSN, assegna alla <strong>Toscana</strong> una disponibilità annua di risorse sufficientemente certa, pari a<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
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6.641 miliardi (di cui 6.537 immediatamente disponibili) per il <strong>1999</strong> ed a 6.847 miliardi per il<br />
2.000<br />
Le suddette previsioni sottendono:<br />
- invarianza dei criteri di riparto del fondo sanitario nazionale tra le Regioni rispetto a quelli<br />
utilizzati per il 1998;<br />
- invarianza del saldo positivo di mobilità interregionale nel biennio. Naturalmente un aumento<br />
od una riduzione di tale saldo avrebbe conseguenze in positivo o in negativo sulla previsione<br />
effettuata;<br />
- non prevedibilità degli eventuali effetti di manovra economica statale in sede di emanazione<br />
delle leggi finanziarie annuali, che potrebbero incidere sul fondo imponendo tagli e risparmi;<br />
- non prevedibilità degli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali e convenzionali, in scadenza<br />
nel periodo, e quindi della loro ricaduta sul fondo.<br />
1.3. A fronte di disponibilità, non ancora congrue, ma già più vicine al fabbisogno espresso dal<br />
sistema sanitario regionale, le Aziende sanitarie sono chiamate a completare le manovre in<br />
essere per la riorganizzazione ed il contenimento dei costi, in modo da liberare quote crescenti<br />
di risorse da destinare allo sviluppo ed al miglioramento qualitativo delle attività nonché all'ammodernamento<br />
del patrimonio edilizio e strumentale, azioni queste storicamente in sofferenza<br />
dinanzi alle continue emergenze finanziarie di carattere gestionale.<br />
Al tempo stesso con il presente <strong>Piano</strong> la Regione si impegna a finalizzare allo sviluppo ed alla<br />
innovazione quote crescenti del fondo sanitario regionale, attraverso l'utilizzo degli strumenti di<br />
accantonamento e di costituzione dei fondi finalizzati di cui alla L.R 72/98.<br />
1.4. La Regione <strong>Toscana</strong> intende attivare e concludere le procedure relative al "patto di stabilità"<br />
, richiamate dalla manovra finanziaria dello Stato per l'anno <strong>1999</strong> (art. 28 Legge 448/98),<br />
con la massima tempestività, allo scopo di assicurare alle aziende sanitarie l'autorizzazione alla<br />
spesa pari all'intero stanziamento già nel corso del <strong>1999</strong>.<br />
Lo stato dei conti con il quale la <strong>Toscana</strong> si presenta a questo importante appuntamento è, nel<br />
panorama nazionale tra i più positivi per effetto dei risultati significativi raggiunti nel triennio<br />
1996-1998 sul fronte del governo della spesa e dell'ottimizzazione dell'uso delle risorse.<br />
Sono infatti complessivamente coperte, in conseguenza dell'assegnazione integrativa di cui al<br />
DL 450 del 28.12.1998, le esigenze finanziarie del SSR fino a tutto il 31.12.1996.<br />
Esiste invece un'area di sofferenza finanziaria per l'anno 1997 che deve essere affrontata nel<br />
quadro del "patto di stabilità" e che allo stato delle rilevazioni giuridicamente accertate può<br />
essere così schematizzato: il consuntivo delle aziende sanitarie evidenzia un fabbisogno ulteriore<br />
di 416 miliardi che la <strong>Toscana</strong> chiede sia riconosciuto, per la gran parte, come effetto della<br />
sottostima del fondo e degli oneri esterni riversatisi sui bilanci regionali. La finanziaria prevede<br />
al riguardo uno stanziamento di 3.000 miliardi che appare largamente insufficiente a soddisfare<br />
le esigenze soprarichiamate.<br />
2. Le risorse finalizzate<br />
2.1. In attuazione della LR 72/98, annualmente la Regione trattiene sul fondo sanitario regionale,<br />
al netto dei finanziamenti gestiti direttamente dalla Regione stessa, le risorse necessarie ai<br />
finanziamenti finalizzati di cui all'art. 14, lettere b), c), d), e), f), g), h), nonché un fondo di<br />
riserva pari all'1 per mille dell'intero fondo sanitario regionale.<br />
2.2. Programmi di attività per funzioni obbligatorie non valutabili a prestazione (art. 14, lettera<br />
b)<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
2.2.1 Sul fondo sanitario regionale è trattenuto un importo, pari allo 0,5% del fondo medesimo,<br />
finalizzato a finanziare funzioni regionali di riferimento, svolte dalle Aziende ospedaliere o, per<br />
il settore della prevenzione, dalle Aziende USL, che non trovano sufficiente remunerazione nei<br />
sistemi tariffari vigenti o nei finanziamenti ordinari.<br />
A questo fine si considerano funzioni di riferimento regionale quelle definite ai sensi della parte<br />
II, capitolo I, paragrafo 11, del presente piano.<br />
2.2.2 Il finanziamento delle attività è effettuato sulla base dei costi effettivamente sostenuti e<br />
rendicontati nell'anno precedente dalle aziende interessate, incrementati del tasso di inflazione<br />
programmato e decurtati dei ricavi già contabilizzati dalle aziende per le attività medesime. Nel<br />
finanziamento si tiene altresì conto di eventuali programmi regionali che prevedano uno specifico<br />
potenziamento dell'attività nel corso dell'esercizio.<br />
2.2.3. Il fondo accantonato è altresì utilizzato per integrare il finanziamento di attività svolte<br />
dalle Aziende ospedaliere, nell'ambito delle funzioni ad esse attribuite dalla programmazione<br />
regionale, che non trovino sufficiente remunerazione attraverso il sistema tariffario vigente,<br />
perchè costituite da tipologie di prestazioni non classificabili nei flussi informativi correnti<br />
ovvero perchè caratterizzate da particolari fenomeni di concentrazione di prestazioni di costo<br />
superiore alla media, avuto particolare riferimento alla sottostima delle tariffe per prestazioni<br />
pediatriche, soprattutto per quelle erogate in presidi monospecialistici.<br />
2.3. Programmi interaziendali di interesse regionale di razionalizzazione e qualificazione dell'offerta<br />
proposti dalle aziende sanitarie (art. 14, lettera c).<br />
Sul fondo sanitario regionale è annualmente trattenuto un fondo di L. 12 miliardi finalizzato a<br />
finanziare i programmi di sviluppo e innovazione dell'offerta, di cui alla parte II, capitolo III,<br />
paragrafo 11 e paragrafo 12, del presente <strong>Piano</strong>. Il finanziamento alle aziende interessate è<br />
disposto dalla Giunta regionale a seguito dell'espletamento delle procedure di cui ai richiamati<br />
paragrafi.<br />
2.4. Programmi di interesse generale gestiti, anche in modo diretto, dalla Regione (art. 14,<br />
lettera d).<br />
2.4.1. Annualmente la Regione trattiene sul fondo sanitario regionale un importo di L. 22 miliardi<br />
finalizzato allo sviluppo di attività di alta qualificazione di interesse regionale ed alla<br />
sperimentazione e diffusione di tecnologie innovative.<br />
2.4.2. Nell'ambito del fondo di cui al punto precedente, L. 7 miliardi sono utilizzati per lo sviluppo<br />
dell'attività di trapianto di organi, tessuti e cellule.<br />
Detto finanziamento, a seguito dell'aggiornamento delle tariffe<br />
delle prestazioni di trapianto e prelievo già disposto dalla Giunta regionale, è finalizzato a:<br />
- incentivare l'attività di prelievo e finanziare le connesse procedure previste dall'azione programmata<br />
"trapianti d'organi e di tessuti";<br />
- finanziare le funzioni di conservazione e trattamento di tessuti e cellule svolte dalle aziende<br />
sanitarie a valenza regionale e che non trovano valorizzazione nei sistemi di remunerazione a<br />
tariffa;<br />
- finanziare le attività di coordinamento e di gestione delle liste di attesa, svolte a livello regionale<br />
dalle Aziende sanitarie cui le stesse sono attribuite;<br />
- finanziare specifiche azioni di impianto o potenziamento dell'attività di trapianto nelle Aziende<br />
sanitarie;<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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- finanziare iniziative di informazione e formazione programmate dalla Regione sul tema dei<br />
trapianti;<br />
- coprire i costi di funzionamento degli organismi previsti a livello regionale dalla citata azione<br />
programmata.<br />
I criteri e le modalità per l'assegnazione dell'importo, di cui al punto precedente, sono determinati<br />
annualmente dalla Giunta regionale, sentito il Comitato tecnico regionale dei trapianti.<br />
2.4.3. La restante parte del fondo di cui al precedente punto 2.4.1, pari a L. 15 miliardi, è utilizzato<br />
dalla Giunta regionale per gli interventi previsti nella parte II, capitolo III, punti 10.4 e<br />
10.7. del presente <strong>Piano</strong> e secondo le modalità e procedure ivi indicate.<br />
2.5. Fondo per la diffusione dell'innovazione nelle Aziende ospedaliere per attività gestite con<br />
risorse del Servizio sanitario regionale e dell'Università (art. 14, lettera e).<br />
2.5.1. La Regione trattiene annualmente sul Fondo sanitario regionale uno specifico fondo<br />
finalizzato a finanziare progetti di qualificazione delle attività delle Aziende ospedaliere nel<br />
campo dell'assistenza, attraverso la promozione e diffusione dell'innovazione, la sperimentazione<br />
di forme avanzate di organizzazione e gestione dei servizi sanitari, la formazione permanente<br />
degli operatori, con priorità per lo sviluppo dei servizi in rete nell'ambito degli accordi di area<br />
vasta.<br />
Il fondo è costituito per un importo pari rispettivamente per gli anni <strong>1999</strong>, 2000 e <strong>2001</strong> al 2%,<br />
2,5% e 3% della valorizzazione annua dell'attività assistenziale complessiva delle Aziende<br />
ospedaliere, decurtata del risparmio corrispondente alla maggiore spesa di personale che avrebbero<br />
dovuto sostenere le aziende medesime per produrre la stessa attività in carenza dall'apporto<br />
della componente universitaria.<br />
I criteri per l'attribuzione del fondo alle Aziende ospedaliere sono stabiliti annualmente dalla<br />
Giunta regionale secondo le procedure e con le modalità di cui alla parte III, punto 10.3 del<br />
presente piano.<br />
2.5.2. A sostegno della qualificazione delle attività delle Aziende ospedaliere, la Regione provvede<br />
altresì annualmente ad assegnare alle aziende medesime un apposito fondo destinato a<br />
sostenere le attività assistenziali dell'azienda caratterizzate dalla rilevante presenza di funzioni<br />
di didattica e di ricerca svolte dall'Università. Detto fondo è determinato in una quota del Fondo<br />
sanitario regionale pari rispettivamente per gli anni <strong>1999</strong>, 2000 e <strong>2001</strong>, al 4%, 5% e 6% della<br />
valorizzazione annua dell'attività delle Aziende ospedaliere come definita al punto precedente.<br />
2.6. Programmi regionali finalizzati alla valorizzazione e qualificazione dell'assistenza sanitaria<br />
nelle zone insulari e montane (art. 14, lettera f).<br />
La Regione trattiene annualmente sul fondo sanitario regionale l'importo di L. 10 miliardi<br />
finalizzato a finanziare interventi sperimentali di qualificazione dell'assistenza nelle zone insulari<br />
e montane. Detto fondo è impiegato secondo le procedure e con le modalità di cui alla parte<br />
II, capitolo III, paragrafo 13 del presente <strong>Piano</strong>.<br />
2.7. Finanziamento di quota parte dell'attività dell'ARPAT ai sensi dell'art. 25 della LR n. 66 del<br />
18.4.1995 (art. 14, lettera g).<br />
Annualmente la Regione provvede a finanziare quota parte dell'attività svolta dall'ARPAT con<br />
apposito fondo, trattenuto dal Fondo sanitario regionale prima della ripartizione alle aziende<br />
sanitarie, determinato per un importo pari allo 0,75% del Fondo medesimo, al netto del saldo<br />
della compensazione per mobilità sanitaria interregionale.<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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Con detto finanziamento debbono intendersi coperti tutti i costi sostenuti dall'ARPAT per<br />
funzioni trasferite dal Servizio sanitario regionale e per prestazioni effettuate dall'ARPAT<br />
medesima per le Aziende sanitarie.<br />
2.8. Funzionamento degli organi previsti dalla LR 71/98 "Istituzione e disciplina dell'Agenzia<br />
regionale di sanità e del Consiglio sanitario regionale" (art. 14, lettera h).<br />
Annualmente la Regione trattiene sul Fondo sanitario regionale un importo pari a L. 3 miliardi<br />
per coprire i costi di funzionamento dell'Agenzia regionale di sanità e degli organi previsti dalla<br />
LR 71/98<br />
Entro il 31.12.<strong>1999</strong>, in relazione all'avvio dell'attività dell'ARS e del CSR ed alle problematiche<br />
connesse alla loro compiuta strutturazione, la Giunta regionale presenta al Consiglio una valutazione<br />
aggiornata sul fabbisogno finanziario al fine di un'eventuale modifica dello stanziamento<br />
previsto per gli anni 2000 e <strong>2001</strong>.<br />
2.9. Sul fondo sanitario regionale è trattenuto uno specifico fondo di 10 miliardi annui destinato<br />
al sostegno ed alla incentivazione di appositi programmi di sviluppo e qualificazione dei servizi<br />
sanitari territoriali predisposti dalle Aziende USL. Detto fondo è impiegato secondo le procedure<br />
e con le modalità di cui alla parte II, capitolo III, punto 10.11 del presente <strong>Piano</strong>.<br />
Sul fondo sanitario regionale è altresì trattenuto un fondo annuo di 500 milioni finalizzato<br />
all'integrazione delle medicine non convenzionali negli interventi per la salute, da utilizzare<br />
secondo i criteri di cui alla parte II, capitolo IV, lettera H del presente <strong>Piano</strong>.<br />
2.10 Complessivamente le risorse finanziarie trattenute ai sensi dei punti precedenti sul fondo<br />
sanitario regionale ammontano a L. 197 miliardi per l'anno <strong>1999</strong>, L. 214 miliardi per il 2000 e<br />
L. 229 miliardi per il <strong>2001</strong>, così analiticamente distinte:<br />
lettera<br />
art.14<br />
L.R.<br />
72/98 OGGETTO PARAMETRO <strong>1999</strong> 2000 <strong>2001</strong><br />
b funzioni obbligatorie non suff. Remunerate 0,5% F.S.R.<br />
su programmi<br />
33.208 34.324 34.430<br />
d<br />
c<br />
programmi interaziendali proposti dalle<br />
aziende<br />
su programmi<br />
12.000 12.000 12.000<br />
programmi di interesse generale gestiti<br />
anche in modo diretto dalla regione 22.000 22.000 22.000<br />
*trapianti 7.000 7.000 7.000<br />
*alta specialità (cardioch.neuroch.trapianti) 13.000 13.000 13.000<br />
*nuove tecnologie<br />
2.000 2.000 2.000<br />
e qualificazione a.a.o.o. attività osp. e univers. 2-2, 5-3%fatturato a.a.o.o. 19.211 24.014 28.817<br />
didattica e ricerca nelle a.a.o.o. (4-5-6%fatturato a.a.o.o. 38.422 48.028 57.633<br />
f programmi per zone insulari e montane su programmi 10.000 10.000 10.000<br />
g ARPAT 0,75% F.S.R. 49.103 50.643 50.937<br />
h ARS e CSR 3.000 3.000 3.000<br />
incentivazione sviluppo servizi territoriali su programmi 10.000 10.000 10.000<br />
fondo per l'integrazione delle medicine non<br />
convenzionali 500 500 500<br />
TOTALE FONDI FINALIZZATI 197.444 214.419 229.317<br />
44
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REGIONALE<br />
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N.B.<br />
- i valori <strong>1999</strong> a parametro percentualizzato sul Fondo sanitario regionale sono calcolati sul<br />
fondo lordo di cui al piano sanitario nazionale (1998 + 3%);<br />
- i valori <strong>1999</strong>, 2000 e <strong>2001</strong> a parametro percentuale sul fatturato delle aziende ospedaliere sono<br />
calcolati assumendo come invariato nel tempo detto fatturato;<br />
- i valori <strong>2001</strong> sono indicati in termini previsionali su un Fondo sanitario nazionale stimato, pari<br />
al valore 2000 incrementato del 2%.<br />
3. Il finanziamento delle Aziende USL (art. 14, lettera a)<br />
3.1. Sulla base delle considerazioni effettuate nel precedente paragrafo 1, è possibile oggi programmare,<br />
almeno per il biennio <strong>1999</strong>-2000, la quota di Fondo sanitario regionale disponibile<br />
per la gestione delle Aziende USL, finalizzata a coprire i costi dell'attività svolta dalle Aziende<br />
medesime nei confronti dei cittadini in esse residenti, sia attraverso servizi a gestione diretta che<br />
attraverso altri produttori pubblici e privati.<br />
Ferme restando le condizioni sottese alla determinazione del fondo sanitario regionale (vedi<br />
precedente punto 1.2.), una volta trattenute le risorse finanziarie finalizzate di cui al precedente<br />
paragrafo 2, le risorse direttamente gestite dalla Regione (pari a circa 50 miliardi annui), il<br />
fondo di riserva dell'1 per mille di cui all'art. 14, lettera i) della LR n. 72/98 ed il saldo delle<br />
compensazioni interregionali da attribuire finanziariamente alle Aziende ospedaliere (determinato<br />
annualmente sulla base delle risultanze della mobilità sanitaria nazionale), la quota di<br />
fondo disponibile per le Aziende USL è stimabile in misura pari a 6.293 miliardi per il <strong>1999</strong> e<br />
6.476 miliardi per il 2000. Detto Fondo è da valutarsi al lordo di L. 40 miliardi annui da trattenersi<br />
in via preventiva a titolo di eventuale quota partecipativa della Regione per il perfezionamento<br />
del procedimento di cui all'articolo 28 della L. 448/98.<br />
3.2. In relazione ai criteri di assegnazione delle risorse alle Aziende USL, il <strong>Piano</strong> sanitario<br />
regionale 1996 -1998 prescriveva il superamento del finanziamento sulla base della spesa storica,<br />
individuando specifici parametri di riparto basati sui bisogni stimati della popolazione. Ciò<br />
anche perchè con l'istituzione del sistema delle compensazioni interaziendali, era possibile<br />
definire un'assegnazione per bacino territoriale di utenza a prescindere dalla sede fisica di<br />
erogazione della prestazione.<br />
In questo triennio si sono affermate alcune novità in materia:<br />
a) il sistema delle compensazioni si è progressivamente consolidato a livello regionale attraverso<br />
la predisposizione da parte della Giunta regionale di procedure apposite che oggi coprono<br />
quasi per intero l'ambito delle prestazioni effettuate in regime di mobilità interaziendale;<br />
b) si è affermato nelle Aziende sanitarie il principio degli scambi diretti in regime convenzionale<br />
di corrispettivi, sulla base di tariffe concertate avendo a riferimento quelle regionali, per<br />
quelle prestazioni non comprese in flussi compensativi strutturati a livello regionale;<br />
c) in sede di riparto del Fondo sanitario nazionale tra le regioni si è superato il principio della<br />
"quota capitaria secca", individuando criteri fondati sulla "pesatura" delle diverse classi di età in<br />
base alla diversa incidenza della domanda ed al diverso costo delle prestazioni;<br />
d) si è concluso il complesso meccanismo di "riequilibrio" e "sviluppo" delle singole Aziende<br />
USL previsto dal <strong>Piano</strong> sanitario regionale in relazione ai livelli di spesa storica registrati nel<br />
1995 dalle Aziende USL medesime.<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
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3.3. I criteri di riparto delle risorse tra le Aziende USL<br />
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home <br />
3.3.1 Per il triennio <strong>1999</strong>- <strong>2001</strong> si conferma il principio della attribuzione delle risorse alle<br />
Aziende USL sulla base di parametri di riparto fondati sul diverso grado di bisogno stimato,<br />
derivante dalla diversa distribuzione dei fattori determinanti la domanda sanitaria.<br />
I parametri utilizzati al fine di dimensionare il peso economico della domanda prevista sono i<br />
seguenti:<br />
a) situazione geomorfologica del territorio e relativa distribuzione della popolazione residente.<br />
Il parametro è utilizzato a valere sull'intero fondo sanitario disponibile per le Aziende USL per<br />
un importo pari al 10% dello stesso;<br />
b) popolazione residente suddivisa per classi d'età con pesi differenziati per ciascuna classe in<br />
relazione ai differenti e specifici costi per abitante rilevati. Il parametro, riferito al restante 90%<br />
del fondo, è distinto per ciascuno dei livelli e sottolivelli di assistenza di cui alla parte II, capitolo<br />
I, paragrafo 1 del presente <strong>Piano</strong> sulla base della quota di risorse attribuite agli stessi.<br />
Non vengono presi in considerazione ulteriori parametri, utilizzati nel precedente piano sanitario<br />
1996 - 1998, riferiti alla presenza di attività industriali ed al patrimonio zootecnico presente sul<br />
territorio regionale. Ciò in quanto da un lato non è ad oggi definibile il "peso" economico da<br />
attribuire a tali variabili, cioè quanto esse incidono sul costo medio dell'assistenza per le fasce di<br />
popolazione o per le attività interessate, e dall'altro si è verificato un basso grado di sensibilità<br />
dei dati disponibili in merito, difficilmente aggiornabili, poco rappresentativi ed estremamente<br />
variabili in relazione alla fonte utilizzata.<br />
Per popolazione residente si intende quella ufficialmente riconosciuta nei flussi regionali relativi<br />
alle rilevazioni anagrafiche dei comuni toscani, nonché, in quanto aventi diritto all'assistenza, il<br />
dato relativo agli stranieri extracomunitari non residenti, con o senza regolare permesso di<br />
soggiorno, periodicamente rilevati presso le Questure toscane. Sono inoltre state considerate<br />
anche le popolazioni zingare presenti nel territorio regionale.<br />
Sulla base della documentazione trasmessa dai competenti uffici dell'Azienda USL 12 di Viareggio,<br />
sono state infine considerate residenti a tutti gli effetti nel territorio del Comune di<br />
Viareggio 4.143 unità di popolazione, che non risultano dai flussi regionali per errori verificatisi<br />
al momento del censimento generale della popolazione del 1991.<br />
3.3.2. Per quanto riguarda la quota da attribuire in base alla situazione geomorfologica del<br />
territorio delle Aziende sanitarie (10% in totale) una parte (7%) è attribuita sulla base della<br />
popolazione residente, rideterminata attribuendo a ciascun Comune i seguenti pesi differenziati<br />
a seconda della classe territoriale di appartenenza:<br />
- pianura peso 1,00<br />
- collina litoranea peso 1,20<br />
- collina interna peso 2,00<br />
- montagna litoranea peso 3,00<br />
- montagna interna peso 3,00<br />
- isole peso 10,00<br />
46
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Il restante 3% è attribuito a ciascuna Azienda sulla base della popolazione residente, rideterminata<br />
assegnando i seguenti pesi differenziati a seconda della classe di densità relativa dell'Azienda<br />
USL:<br />
- densità >2 peso 0,6<br />
- densità >1,4,1,0,6,
PIANO<br />
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- ripartire per ciascuna Azienda USL il Fondo sanitario regionale di cui all'art. 14, lettera a)<br />
della LR 72/98 sulla base degli indici di accesso generali, di cui all'ultima colonna dell'Allegato<br />
3, tabella 3.3, aggiornati.<br />
In relazione alla applicazione degli indici di riparto così determinati e al fine di garantire una<br />
graduale introduzione del nuovo regime di assegnazione, la Giunta regionale è impegnata ad<br />
assicurare che, in sede di ripartizione annuale del fondo alle Aziende USL, il campo di oscillazione<br />
dell'incremento di risorse assegnate per ciascuna Azienda rispetto all'anno precedente, non<br />
determini situazioni contrastanti con un equilibrato sviluppo sul territorio delle politiche previste<br />
dal <strong>Piano</strong> sanitario regionale <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong>.<br />
Per il <strong>1999</strong>, a fronte di una media di incremento regionale di assegnazione stimata pari al 3,8%<br />
rispetto al 1998, l'assegnazione alle Aziende USL è definita in modo da garantire per ciascuna<br />
un incremento minimo rispetto al 1998 pari al 3% (vedi prima colonna della tabella seguente).<br />
Lo stesso incremento minimo, nella misura però dell'1,5%, è assicurato anche per i trasferimenti<br />
netti effettivi per l'anno <strong>1999</strong>, determinati sulla base di quanto disposto dall'art. 28 L. 448/98<br />
(vedi seconda colonna della tabella).<br />
Aziende Sanitarie<br />
Assegnazione <strong>1999</strong><br />
(a regime ex art.28 L.448)<br />
1 (Massa e Carrara) 362.063 355.902<br />
2 (Lucca) 386.443 380.815<br />
3 (Pistoia) 467.902 459.939<br />
4 (Prato) 379.118 372.666<br />
5 (Pisa) 545.809 536.521<br />
6 ((Livorno) 608.249 599.391<br />
7 (Siena) 469.406 461.417<br />
8 (Arezzo) 564.842 555.229<br />
9 (Grosseto) 381.657 375.162<br />
10(Firenze) 1.457.439 1.432.635<br />
11(Empoli) 364.453 358.251<br />
12(Viareggio) 266.159 261.630<br />
TOT UU.SS.LL. 6.253.540 6.149.556<br />
Assegnazione <strong>1999</strong><br />
(al netto 1,5% ex art.28 L.448)<br />
3.5. La Giunta regionale provvede altresì annualmente ad attribuire la quota finalizzata di risorse<br />
di propria competenza, a valere sulle somme annualmente trattenute dallo Stato sul Fondo<br />
sanitario nazionale ai sensi del <strong>Piano</strong> sanitario nazionale ed assegnate alle Regioni al di fuori<br />
della quota ordinaria. Detta attribuzione, fatto salvo il rispetto degli specifici obiettivi definiti a<br />
livello nazionale, viene effettuata alle Aziende USL in relazione a specifici programmi concordati<br />
tra le Aziende medesime e la Giunta regionale, tesi a rimuovere le condizioni influenti in<br />
termini negativi sull'equilibrio economico di bilancio, avendo a riferimento:<br />
- l'andamento dei costi aziendali, a livello complessivo e per i principali fattori produttivi o<br />
categorie, valutato in riferimento agli andamenti medi rilevati a livello regionale e agli obiettivi<br />
posti dalla programmazione regionale ed aziendale;<br />
- la valutazione dell'andamento gestionale delle aziende, rilevato sulla base degli appositi<br />
indicatori definiti dalla Giunta regionale con propria deliberazione n. 182 del 2.3.1998 di concerto<br />
con le aziende medesime.<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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3.6. Le Aziende USL, nell'ambito del piano attuativo locale, provvedono alla determinazione<br />
del budget delle singole zone.<br />
4. Il finanziamento delle Aziende ospedaliere<br />
4.1. Il finanziamento alle Aziende ospedaliere da parte della Regione avviene sulla base delle<br />
prestazioni di ricovero ed ambulatoriali valorizzate ai sensi dell'art. 17 della LR 72/98, nonché<br />
della quota dei finanziamenti finalizzati, di cui al precedente paragrafo 2, di loro competenza.<br />
A questo fine annualmente la Giunta regionale provvede:<br />
- ad erogare, a titolo di acconto per quote mensili di cassa, l'importo del Fondo sanitario disponibile<br />
in proporzione all'ammontare delle valorizzazioni e delle assegnazioni dell'anno precedente,<br />
in misura non superiore, su base annua, all'80% dei costi complessivi delle prestazioni<br />
che ciascuna azienda è nelle condizioni di erogare ai sensi dell'art. 4, comma 7, lettera a) del<br />
DLgs 502/92 e successive modificazioni e integrazioni;<br />
- a conguagliare, in sede di chiusura dei movimenti di cassa dell'esercizio, l'erogazione alle<br />
Aziende ospedaliere, avendo a riferimento l'importo del Fondo sanitario disponibile in proporzione<br />
alle definitive assegnazioni finalizzate attribuite alle aziende nel corso dell'esercizio ed ai<br />
dati contabili più aggiornati disponibili circa la mobilità sanitaria interaziendale.<br />
4.2. Al fine di facilitare gli scambi diretti convenzionalmente concertati tra Aziende ospedaliere<br />
ed Aziende USL, ed evitare che ritardi negli accrediti da parte delle aziende debitrici si<br />
ripercuotano negativamente sui fabbisogni di cassa delle aziende creditrici, la Regione può<br />
procedere ad effettuare direttamente una ulteriore compensazione di cassa di detti oneri sulla<br />
base: - della rilevanza complessiva per singola azienda di tali importi, di misura almeno pari a 2<br />
miliardi annui;<br />
- dell'apposita dichiarazione congiunta dei direttori generali delle aziende sanitarie interessate,<br />
certificanti gli importi convenzionalmente determinati.<br />
La Giunta regionale disciplina con apposito atto le procedure di erogazione delle suddette<br />
compensazioni, anche in relazione alle norme vigenti di contabilità e di tenuta delle scritture<br />
contabili.<br />
5. Il finanziamento degli investimenti<br />
5.1. Le fonti finanziarie disponibili per la copertura dei programmi di investimento sono: risorse<br />
ex art. 20 L. 67/88; fondo sanitario in conto capitale; fondi regionali; risorse da autofinanziamento<br />
aziendale.<br />
Al di là delle dimensioni complessive dei finanziamenti così disponibili, il problema maggiore<br />
nell'attuazione dei programmi è costituito dai gravi e costanti elementi di indeterminatezza in<br />
relazione ai tempi di effettiva disponibilità delle risorse derivanti dal finanziamento dell'ex art.<br />
20 L. 67/88, ai quali fa riscontro la modesta entità del fondo sanitario in conto capitale.<br />
È fondamentale per questo definire procedure di finanziamento tali da assicurare:<br />
- il prosieguo del programma di investimenti straordinario, secondo le priorità definite dal<br />
Consiglio regionale. La realizzazione delle opere del programma può essere assicurata attraverso<br />
l'anticipazione di risorse regionali a valere sui finanziamenti statali, per gli interventi con<br />
progettazione esecutiva cantierabile ovvero autorizzando le Aziende sanitarie a predisporre<br />
ulteriori progetti cantierabili;<br />
- una quota di risorse proprie regionali per il "mantenimento" del patrimonio strutturale e tecnologico<br />
e per l'adeguamento ai requisiti minimi per l'accreditamento;<br />
49
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
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- l'utilizzo delle apposite risorse del <strong>Piano</strong> sanitario nazionale per le strutture alternative al<br />
ricovero ospedaliero;<br />
- l'autofinanziamento aziendale derivante dalle entrate proprie, anche attraverso il processo di<br />
alienazione del patrimonio da reddito e di quello strumentale dismesso o dismissibile, e dalla<br />
capacità di indebitamento, al fine di sostenere la quota di partecipazione aziendale al programma<br />
ex art. 20 ed a quello ordinario per il "mantenimento" del patrimonio strutturale e tecnologico;<br />
- la concretizzazione di un apposito accordo di programma quadro con il Governo, finalizzato<br />
ad accelerare il processo di finanziamento del programma straordinario.<br />
Le disponibilità finanziarie programmate:<br />
Le fonti di finanziamento<br />
(importi in miliardi)<br />
<strong>1999</strong> 2000 <strong>2001</strong> Totale<br />
-art.20 legge 67/88<br />
333 141 202 676<br />
-fondo sanitario in conto capitale 15 15 15 45<br />
-fondi finalizzati<br />
10 14<br />
24<br />
Totale Stato<br />
358 170 217 745<br />
-fondi di mantenimento<br />
40 40 40 120<br />
Totale Regione<br />
40 40 40 120<br />
-alienazioni patrimoniali<br />
50 70 69 189<br />
-entrate proprie e indebitamento 10 30 59 99<br />
Totale aziende sanitarie<br />
60 100 128 288<br />
TOTALE GENERALE 458 310 385 1.153<br />
5.2. Il finanziamento statale<br />
5.2.1. Articolo 20 legge 67/88<br />
Considerato l'avanzato stato di attuazione del programma straordinario, sono già state assegnate<br />
dal CIPE alla <strong>Toscana</strong> risorse pari ad oltre il 40% della quota relativa al programma medesimo.<br />
Restano invece incertezze rispetto ai tempi di attribuzione delle ulteriori risorse; per consentire<br />
l'avvio e la realizzazione di tutte le opere approvate dal CIPE in data 6 maggio 1998, le risorse<br />
statali devono avere la cadenza teorica evidenziata nella tabella precedente.<br />
5.2.2. Fondo sanitario in conto capitale<br />
Si continua a registrare una costante progressiva diminuzione del fondo. Nell'anno 1998 la<br />
quota prevista per la Regione è di soli 16 miliardi. L'impegno di 15 miliardi, sopra indicato per<br />
gli anni successivi, deriva dal <strong>Piano</strong> sanitario nazionale e costituisce appena il 20% dell'assegnazione<br />
storica della Regione.<br />
5.3. L'impegno della Regione<br />
5.3.1. Il processo di progettazione e realizzazione per gli interventi del programma straordinario<br />
presuppone da parte dello Stato un impegno finanziario progressivo e certo nella scansione<br />
temporale. L'impegno della Regione è quello di assicurare la compatibilità tra l'effettiva assegnazione<br />
finanziaria statale e le esigenze di cantierabilità e di esaurimento del programma,<br />
anticipando risorse per la realizzazione di singoli interventi, sulle quote a carico dei finanziamenti<br />
statali, in modo da permettere l'avanzamento del programma di competenza ed in particolare<br />
la realizzazione di interventi, con ordine di priorità stabilito, caratterizzati da progettazioni<br />
esecutive cantierabili.<br />
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Si rende pertanto necessario utilizzare il modesto stanziamento del fondo sanitario in conto<br />
capitale non più come nel passato a sostegno dei programmi di investimento, ma come fondo di<br />
rotazione da utilizzare per le finalità sopra indicate.<br />
Rimane tuttavia la necessità di autorizzare le Aziende sanitarie a predisporre ulteriori progetti<br />
esecutivi cantierabili, anche correlata alla prevista concretizzazione dell'accordo di programma<br />
quadro con il Governo.<br />
5.3.2. Per il mantenimento del patrimonio sanitario, strutturale e strumentale, ivi incluso l'adeguamento<br />
ai requisiti minimi per l'accreditamento, la Regione prevede sul proprio bilancio uno<br />
stanziamento di 40 miliardi annui per il triennio <strong>1999</strong> - <strong>2001</strong>.<br />
Le assegnazioni finanziarie regionali per il mantenimento del patrimonio strutturale e<br />
strumentale e per l'adeguamento ai requisiti minimi per l'accreditamento vengono così ripartite:<br />
- per il 20% alle Aziende ospedaliere: in base ai tetti di attività di ricovero;<br />
- per l'80% alle Aziende USL, in base alla popolazione residente.<br />
5.4. Risorse proprie aziendali a sostegno del programma straordinario degli investimenti<br />
Tutti gli interventi inseriti nel programma straordinario prevedono una partecipazione diretta<br />
all'investimento delle Aziende sanitarie, sulla base della reale consistenza del patrimonio da<br />
reddito immediatamente disponibile e di quello strumentale dismesso o dismissibile. L'impegno<br />
delle Aziende sanitarie è strettamente correlato alla consistenza del patrimonio medesimo,<br />
nonché al costo complessivo degli interventi proposti, con una soglia minima di compartecipazione.<br />
In aggiunta alle suddette risorse ed a quelle regionali per il mantenimento, le aziende procederanno,<br />
ove necessario, ad individuare ulteriori forme di autofinanziamento utilizzando i margini<br />
operativi del bilancio aziendale (mutui, leasing finanziario) ed esplorando una serie di strumenti<br />
innovativi che fanno però riferimento a tecniche consolidate di mercato.<br />
Strumenti quali il project financing, il consolidato leasing immobiliare, ed il più innovativo<br />
lease back operativo andranno valutati anche in forma di sperimentazione e per sviluppare un<br />
rapporto di collaborazione con soggetti esterni al sistema.<br />
5.5. Finanziamenti statali finalizzati<br />
Le risorse finalizzate, indicate nel <strong>Piano</strong> sanitario nazionale in circa 24 miliardi nel triennio,<br />
consentiranno di incentivare nuove forme di progettualità che possono supportare interventi<br />
innovativi nel campo dell'assistenza ai malati terminali, per il miglioramento del funzionamento<br />
della rete dei servizi sul territorio secondo l'esperienza toscana (ospedale di comunità) e per<br />
l'assistenza al di fuori dell'ambiente ospedaliero.<br />
5.6. Programmi speciali di finanziamento<br />
Esiste un impegno da parte del Ministero della Sanità, che si sta consolidando in sede di finanziaria,<br />
di assicurare, per le aree metropolitane, nel caso specifico l'area fiorentina, risorse<br />
dedicate a programmi di investimento in sanità.<br />
Per la Regione <strong>Toscana</strong> ciò permetterebbe di attivare, in tempi ristretti, quanto già programmato<br />
ed in fase di completa definizione progettuale (progettazione esecutiva), per la riqualificazione e<br />
riorganizzazione dell'Azienda ospedaliera Careggi e dell'Azienda USL 10 Firenze, nonché di<br />
verificare la possibilità di concretizzare nell'arco di validità del presente <strong>Piano</strong> sanitario il progetto<br />
di trasferimento dell'Azienda ospedaliera Meyer, anche attraverso un'anticipazione a<br />
carico dello Stato relativa al piano di finanziamento dell'intervento.<br />
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5.7. Strumenti per un processo di valorizzazione ed alienazione del patrimonio immobiliare<br />
aziendale.<br />
5.7.1. Con la progressiva concretizzazione del programma di investimenti, la gran parte dei beni<br />
dismessi verrà alienata così come previsto dai piani aziendali; altri subiranno riconversioni già<br />
definite; altri ancora, verranno comunque riconvertiti coerentemente alla programmazione<br />
sanitaria regionale.<br />
È importante, pertanto, sottolineare la rilevanza assoluta delle risorse che la Regione intende<br />
mobilizzare attraverso l'autofinanziamento da alienazioni patrimoniali, strettamente correlato<br />
alla consistenza del patrimonio aziendale.<br />
I cespiti più importanti derivano dal patrimonio da reddito e, dato il peso degli interventi innovativi<br />
di edilizia ospedaliera, dal gran numero di presidi ospedalieri a dismissione programmata<br />
che si rendono disponibili per la valorizzazione patrimoniale.<br />
5.7.2. L'impegno della Regione è stato ed è quello di attivare rapporti con i singoli Comuni e<br />
con l'ANCI per quanto concerne la destinazione urbanistica; ciò è indispensabile per gli ospedali<br />
dismessi e da dismettere, per i quali è obbligatorio mutare la destinazione prima di procedere<br />
alla loro alienazione.<br />
Sono stati e saranno attivati gli accordi di pianificazione previsti dall'art. 36 della LR n. 5/95<br />
"Norme per il governo del territorio" per la definizione o variazione degli atti di programmazione<br />
e pianificazione territoriale. Le procedure di vendita e trasformazione patrimoniale potranno<br />
determinare gli stimati apporti finanziari e quindi costituire l'obiettivo privilegiato dell'azione<br />
programmata, al fine di introitare, nel minor tempo possibile, i fondi necessari.<br />
5.7.3. La ridotta ricettività del mercato immobiliare pone un ulteriore punto problematico riguardo<br />
alla possibilità che, superato il problema relativo alla valorizzazione del patrimonio,<br />
l'Azienda sanitaria possa autonomamente procedere all'alienazione dei beni, almeno per quelle<br />
tipologie di beni che necessitano di una specifica conoscenza del mercato immobiliare.<br />
La Regione <strong>Toscana</strong> è orientata ad individuare uno strumento duttile ed idoneo per la valorizzazione<br />
del patrimonio immobiliare delle Aziende sanitarie, trasformandolo in titoli e quindi in<br />
denaro, ricavato attraverso la costituzione di un fondo immobiliare chiuso e la collocazione sul<br />
mercato delle relative quote.<br />
6. Il controllo della spesa<br />
6.1. Nel triennio <strong>1999</strong> - <strong>2001</strong>, sulla base del quadro finanziario delineato nei paragrafi precedenti,<br />
il sistema sanitario regionale deve consolidare i risultati raggiunti sul fronte del contenimento<br />
dei costi, fermi restando i livelli assistenziali assicurati, garantendo una situazione di equilibrio<br />
tra risorse assegnate dallo stato e risorse proprie delle aziende da un lato e costi complessivi<br />
dall'altro.<br />
Si rende cioè necessario un mantenimento dell'attenzione sull'andamento dei costi e sugli interventi<br />
di razionalizzazione dei servizi al fine di recuperare risorse da investire nel miglioramento<br />
e sviluppo dell'attività e per riassorbire in termini programmati le perdite di gestione maturate<br />
nel corso del triennio 1996 -1998, non coperte da eventuali finanziamenti integrativi statali e<br />
dalle risorse messe a disposizione dalla Regione, che vanno ad incidere sul livello di valorizzazione<br />
del patrimonio netto delle aziende.<br />
È evidente infatti che un andamento di perdurante deficit concentrato in singole aziende sarebbe<br />
incompatibile con il mantenimento di autonomia aziendale in termini economico-patrimoniali.<br />
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In termini generali, anche se variabili da azienda ad azienda a seconda del grado di equilibrio<br />
economico raggiunto e delle risorse a ciascuna attribuite, si individuano come prioritari i seguenti<br />
settori di intervento per una politica di razionalizzazione dell'uso delle risorse :<br />
- personale dipendente: attuazione dell'accordo stipulato a livello regionale nel corso del 1998<br />
con le OOSS che prevede una gestione controllata del turn over, in linea con i riequilibri tra<br />
livelli di assistenza fissati dalla programmazione regionale e con i processi di riorganizzazione<br />
aziendale;<br />
- acquisto di beni e servizi: controllo e verifica nelle forniture di beni sulla base degli strumenti<br />
di confronto dei prezzi disponibili a livello nazionale e regionale;<br />
- valorizzazione dell'operatività coordinata delle strutture organizzative Tecnologie sanitarie e<br />
Fisica sanitaria nel campo delle politiche di acquisto e manutenzione delle attrezzature sanitarie;<br />
- sperimentazione di forme innovative interaziendali di gestione di procedure tecnicoamministrative<br />
relative agli acquisti ed alle manutenzioni;<br />
- spesa farmaceutica: prosecuzione degli interventi già in atto o programmati tesi alla riduzione<br />
dei consumi farmaceutici attraverso una attenta politica di controllo ed accordi territoriali con i<br />
medici di base;<br />
- dismissione di presidi ospedalieri con l'entrata in funzione dei nuovi monoblocchi la cui realizzazione<br />
è programmata entro il triennio;<br />
- strategie di accordo interaziendale per lo sviluppo del sistema a rete con razionalizzazione dei<br />
servizi a squilibrato rapporto costo-benefici.<br />
6.2. La Regione è impegnata nel triennio a sviluppare sistemi di monitoraggio degli andamenti<br />
gestionali delle aziende sia per lo svolgimento del proprio ruolo di programmazione e controllo,<br />
sia per fornire supporti conoscitivi e procedurali alle aziende idonei al perseguimento delle loro<br />
strategie aziendali.<br />
In particolare si prevede il consolidamento delle esperienze già avviate in ordine a:<br />
- osservatorio dei prezzi, anche in relazione all'osservatorio nazionale dei prezzi di cui alla<br />
normativa statale;<br />
- procedura di monitoraggio mensile degli andamenti dei conti economici delle aziende sanitarie;<br />
- entrata in funzione dell'osservatorio dei costi delle strutture organizzative delle aziende sanitarie,<br />
già avviato nel corso del 1998, e dei relativi indicatori di valutazione;<br />
- messa a regime del sistema degli indicatori di valutazione degli andamenti gestionali delle<br />
aziende definiti dalla delibera di GR n. 182 del 2.3.1998;<br />
- analisi dei costi di esercizio per voci di bilancio e per livelli di assistenza sulla base dei flussi<br />
ministeriali già in essere;<br />
- analisi degli stati patrimoniali delle aziende e loro valutazione attraverso appositi indici<br />
parametrici.<br />
Le aziende sono peraltro tenute a rendere pubblici negli atti di bilancio consuntivo i costi delle<br />
prestazioni effettuate, ai sensi dell'art. 16, comma 4, della LR 14/96.<br />
6.3. Elemento essenziale, con l'entrata in funzione della contabilità economica nelle aziende<br />
sanitarie, è la capacità delle aziende medesime di gestire nei termini e tempi prescritti i bilanci<br />
di previsione e di esercizio.<br />
In particolare, al fine di valutare tempestivamente gli andamenti economici del sistema, diviene<br />
prioritario che le aziende rispettino le scadenze prescritte dalla normativa regionale e statale in<br />
materia di predisposizione del bilancio di esercizio. A questo scopo la Giunta regionale valuta,<br />
anche in relazione alla assenza di fattori gravi e imprevedibili sopravvenuti, di sospendere<br />
l'erogazione di cassa dal mese di agosto dell'anno corrente alle aziende che non abbiano provveduto<br />
a produrre il bilancio di esercizio dell'anno precedente entro le scadenze di legge.<br />
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7. L'introduzione della moneta unica europea<br />
La Regione è impegnata nell'arco del triennio <strong>1999</strong> - <strong>2001</strong> a dare attuazione alle indicazioni<br />
normative nazionali ed europee connesse all'introduzione della moneta unica (euro); in particolare<br />
la Giunta regionale si impegna a:<br />
- promuovere e coordinare l'adozione nelle aziende sanitarie delle procedure conseguenti all'introduzione<br />
della contabilità in euro;<br />
- adeguare le direttive regionali riguardanti la modulistica e le procedure contabili delle aziende<br />
sanitarie;<br />
- aggiornare i contenuti finanziari del presente piano attraverso la doppia indicazione in lire e in<br />
euro una volta fissati i tassi di conversione delle valute nazionali.<br />
CAPITOLO III - LE POLITICHE DI SISTEMA PER LA QUALITÀ<br />
1. Per una politica della qualità<br />
1.1. I principi<br />
1.1.1 "Un programma qualità di un sistema sanitario ha lo scopo di garantire che ciascun paziente<br />
riceva l'insieme degli interventi diagnostici terapeutici e educativi più indicato ed al costo<br />
minore possibile per lo stesso risultato, con il minimo rischio possibile di complicazioni iatrogene,<br />
con soddisfazione rispetto agli interventi ricevuti, ai contatti umani con il personale, agli<br />
esiti" (OMS)<br />
1.1.2. Il miglioramento della qualità dell'assistenza e della salute dei cittadini comporta scelte<br />
congruenti e correlate al miglioramento della qualità della vita negli altri settori della vita sociale<br />
e istituzionale che interagiscono con il mondo della sanità.<br />
1.1.3. Costituisce impegno della Regione assicurare la qualità nel sistema sanitario, valorizzando<br />
le potenzialità di miglioramento presenti all'interno di ciascuna azienda e che possono scaturire<br />
nel rapporto fra aziende, nell'ottica di soddisfare le necessità presenti e potenziali del cittadino<br />
e di garantire che tutti coloro che necessitano del servizio ne possano disporre.<br />
Le Aziende sanitarie individuano la qualità quale componente delle scelte di pianificazione<br />
strategica e della programmazione locale e operativa.<br />
1.1.4. La comunicazione, l'educazione alla salute, la Carta dei servizi, la formazione del personale,<br />
la bioetica, l'accreditamento, inteso quale strumento per la qualificazione dell'offerta,<br />
costituiscono le fondamentali politiche di sistema per la qualità. Tali politiche, in quanto strumenti<br />
tesi a garantire il miglioramento degli standard di qualità, dal punto di vista della personalizzazione<br />
dell'assistenza e l'innalzamento dei livelli di sicurezza delle strutture e dei processi<br />
per l'erogazione delle prestazioni, comportano il coinvolgimento degli operatori e la piena<br />
valorizzazione del ruolo professionale di ciascuno di loro.<br />
1.1.5. Le politiche di sistema della qualità strategicamente si attuano tramite:<br />
- l'analisi delle caratteristiche del servizio offerto, partendo dai punti critici, nei quali si verifica<br />
un contatto fra cittadino e organizzazione sanitaria in tutte le sue differenti componenti (comunicative,<br />
logistiche, professionali e tecnologiche);<br />
- l'identificazione delle priorità di intervento;<br />
- l'adozione del sistema di valutazione delle prestazioni tramite la formulazione di strumenti ed<br />
unità di misura (standard e/o indicatori) condivisi e concordati;<br />
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- la definizione del programma di miglioramento delle prestazioni carenti, finalizzato al raggiungimento<br />
degli obiettivi di salute individuati quali prioritari a livello aziendale e regionale,<br />
sia nel rapporto fra Azienda e cittadino sia nel rapporto fra operatore e individuo;<br />
- l'utilizzazione del metodo della verifica, anche in rapporto al sistema premiante e incentivante.<br />
1.2. Il ruolo della Regione<br />
La Regione promuove il miglioramento continuo della qualità delle aziende sanitarie e delle<br />
altre istituzioni pubbliche e private. A tal fine:<br />
- fornisce supporto metodologico per lo sviluppo del sistema qualità tramite la sperimentazione<br />
di modelli organizzativi, l'individuazione di strumenti di formazione tesi allo sviluppo delle<br />
risorse umane e alla valorizzazione delle professionalità dei singoli operatori, la diffusione di<br />
esperienze significative, l'istituzione del "Premio qualità", la partecipazione a piani per la qualità<br />
promossi dall'Unione Europea;<br />
- sviluppa strumenti per la valutazione e individua standard di processo e di esito; procede alla<br />
loro validazione sperimentalmente, anche tramite l'apporto degli utenti e delle organizzazioni<br />
che li rappresentano. Tale sperimentazione è finalizzata ad assicurare l'analisi dei processi e<br />
delle procedure a partire dagli standard di prodotto e l'integrazione fra indicatori di qualità e<br />
indicatori per il controllo di gestione;<br />
- individua gli indicatori da utilizzare per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi,<br />
tenuto conto anche del sistema di indicatori, già previsto dal 3 comma art. 10 e 1 comma art. 14<br />
del D. Lgs 502/92.<br />
1.3. Il ruolo delle Aziende sanitarie e degli altri soggetti del servizio sanitario<br />
Le Aziende sanitarie e le altre istituzioni pubbliche e private attuano gli interventi specifici,<br />
finalizzati al miglioramento continuo delle prestazioni e dei servizi erogati (qualità organizzativa<br />
e tecnico-professionale), tesi a perseguire il miglioramento delle condizioni di salute e la<br />
soddisfazione dei cittadini e degli operatori.<br />
A questo scopo finalizzano:<br />
- il sistema informativo e il controllo di gestione;<br />
- il piano per la formazione e l'aggiornamento continuo del personale;<br />
- il sistema premiante e incentivante<br />
Il Direttore Generale è responsabile dei programmi attuativi definiti anche in rapporto al corretto<br />
uso delle risorse aziendali.<br />
I medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta partecipano alle iniziative di qualità<br />
delle Aziende USL, con particolare riferimento alla stesura di linee guida e/o percorsi diagnostico-terapeutici,<br />
al fine di favorire interventi sanitari adeguati e condivisi ed il collegamento tra<br />
ospedale e territorio; partecipano inoltre alla raccolta di dati epidemiologici orientati alla valutazione<br />
dei bisogni di salute della popolazione e delle risposte assistenziali correlati ai bisogni<br />
medesimi.<br />
2. La Comunicazione<br />
2.1. Al fine di qualificare il rapporto fra cittadino e Servizio sanitario e favorire l'autonomia<br />
decisionale degli utenti, la Regione <strong>Toscana</strong> promuove un'attività di comunicazione finalizzata a<br />
migliorare i rapporti, facilitare l'accesso, favorire confronti, verifiche, collaborazione.<br />
L'attività di comunicazione dovrà configurarsi in particolare come strumento per il coinvolgimento<br />
del personale operante all'interno del Servizio sanitario regionale, per acquisire una<br />
maggiore consapevolezza ed adesione all'obiettivo di qualificazione del servizio.<br />
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L'attività di comunicazione, improntata alle esigenze dei destinatari del messaggio, dovrà interessare<br />
il cittadino nell'ambito di vita e di lavoro e quale utente nel momento di contatto con la<br />
struttura sanitaria.<br />
2.2. La Regione, al fine di promuovere l'attività di comunicazione, attua le seguenti iniziative:<br />
- individua le tematiche di interesse generale, i segmenti di popolazione interessati, le modalità<br />
operative;<br />
- promuove iniziative di comunicazione in ambito regionale con tempi e modalità diversi in<br />
funzione dei vari segmenti o fasce di popolazione;<br />
- promuove attività di verifica tese ad accertare l'efficacia dei contenuti del messaggio utilizzando,<br />
fra i vari strumenti, anche le indagini sulla soddisfazione dei cittadini;<br />
- sostiene e facilita l'attività di comunicazione delle aziende, attraverso la promozione di momenti<br />
formativi del personale addetto alla comunicazione e la realizzazione di strumenti di<br />
comunicazione in ambito regionale.<br />
2.3. Le Aziende sanitarie, al fine di assicurare l'attività di comunicazione:<br />
- definiscono annualmente un piano di comunicazione aziendale, con il quale sono individuati<br />
obiettivi, strumenti, tempi e modalità di verifica. In particolare dovranno essere assicurati i<br />
livelli di informazione necessaria all'utente per l'accesso ai servizi, per l'orientamento nelle<br />
strutture e nel percorso assistenziale e per la tutela dei diritti;<br />
- sperimentano forme di collaborazione fra più amministrazioni, tramite l'individuazione di<br />
strumenti operativi e percorsi comuni tra i vari Enti.<br />
2.4. I contenuti del piano di comunicazione aziendale rappresentano un impegno che le aziende<br />
sono chiamate ad assumere con la Carta dei servizi pubblici sanitari.<br />
3. La Promozione della cultura della salute<br />
3.1. Natura e finalità delle attività<br />
3.1.1. È compito del Servizio sanitario regionale promuovere la crescita nei cittadini di una<br />
cultura della salute attraverso lo sviluppo di appropriate conoscenze ed informazioni, così da<br />
costituire i presupposti essenziali per lo stabilirsi di una capacità individuale e collettiva di<br />
autotutela della salute.<br />
La promozione di una cultura della salute si realizza attraverso l'erogazione da parte delle Aziende<br />
sanitarie di prestazioni sanitarie essenzialmente di tipo educativo ed informativo che,<br />
come tali, fanno parte delle modalità erogative dei diversi livelli di assistenza.<br />
Si possono distinguere attività di "educazione alla salute" ed attività di "educazione sanitaria".<br />
3.1.2. Si definiscono attività di educazione alla salute tutte le "opportunità strutturate e sistematiche<br />
di comunicazione per sviluppare le conoscenze e le abilità personali necessarie per la<br />
salute individuale e collettiva" (glossario OMS 1998). Si tratta in pratica di iniziative educative<br />
ed informative volte a fornire alla popolazione conoscenze adeguate, di tipo scientifico e comportamentale<br />
per sostenere e rendere effettivo il diritto all'autodeterminazione del proprio stato<br />
di benessere, concepito come risultante di un complesso di fattori personali, comportamentali,<br />
ambientali, sociali, lavorativi, economici, definibili come determinanti extrasanitari della salute.<br />
3.1.3. Si definiscono invece attività di educazione sanitaria le iniziative educative ed informative<br />
volte a rendere il cittadino parte attiva e consapevole nel rapporto con il servizio sanitario per<br />
la difesa ed il recupero del proprio stato di salute o per la gestione degli stati di malattia invali-<br />
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danti e cronici. Si tratta di iniziative tese ad ottimizzare il livello di interazione fra Servizio<br />
sanitario e cittadino, sviluppando, in quest'ultimo, conoscenze di carattere sanitario, al fine di<br />
migliorare l'efficacia dei servizi e di creare le condizioni per l'effettivo esercizio da parte del<br />
cittadino del principio di autonomia nei trattamenti sanitari<br />
3.2. Direttive di carattere generale<br />
3.2.1. Le attività di educazione alla salute e di educazione sanitaria dovranno essere finalizzate<br />
prioritariamente:<br />
- allo sviluppo e al completamento delle attività iniziate in attuazione del precedente <strong>Piano</strong><br />
sanitario regionale;<br />
- agli obiettivi di salute nonché alle patologie da contrastare, indicati nel <strong>Piano</strong> sanitario nazionale;<br />
- ai quattro progetti educativi prototipali identificati dalla Deliberazione del Consiglio regionale<br />
3 giugno 1997, n. 191 e precisamente: A) farmaci e salute; B) Giovani ed alimentazione; C)<br />
Principio di autonomia e tutela della persona, consenso informato e processi comunicativi in<br />
sanità; D) Fattori culturali e qualità della vita nella terza età.<br />
Si confermano inoltre, per il triennio <strong>1999</strong> - <strong>2001</strong>, le indicazioni per lo sviluppo di una cultura<br />
della salute enunciate al punto 5 della parte III del <strong>Piano</strong> sanitario 96/98, nonché le direttive per<br />
l'organizzazione delle attività di educazione alla salute, impartite con la deliberazione di Consiglio<br />
regionale 3 giugno 1997 n. 191/97.<br />
3.2.2. Nel triennio di riferimento del presente <strong>Piano</strong> dovranno essere sviluppate le seguenti<br />
iniziative di livello regionale:<br />
- campagna per la sicurezza in acqua, per prevenire gli incidenti legati alla balneazione ed<br />
all'attività subacquea;<br />
- campagna di prevenzione degli incidenti stradali, destinata agli allievi della scuola media<br />
inferiore;<br />
- campagna di prevenzione degli incidenti domestici, destinata agli allievi della scuola materna;<br />
- realizzazione di un volume di divulgazione di massa sugli aspetti di vita della terza età;<br />
- campagna educativa contro i fattori di rischio delle malattie cardiovascolari;<br />
- campagna educativa contro i danni del fumo;<br />
- promozione di una rete di centri di documentazione.<br />
3.3. Direttive specifiche per le attività di educazione alla salute<br />
A livello regionale per la promozione e lo sviluppo delle attività di educazione alla salute si<br />
assumono come prioritarie nel triennio le seguenti iniziative.<br />
3.3.1. Costituzione di un "Comitato permanente per l'educazione alla salute" presso il Dipartimento<br />
del diritto alla salute e politiche di solidarietà con le seguenti funzioni:<br />
- rappresentare un momento di confronto e di verifica a livello regionale sulle esperienze in atto;<br />
- rappresentare una sede propositiva per lo sviluppo dell'attività regionale di indirizzo nel<br />
settore;<br />
- rappresentare una sede di informazione reciproca, di concertazione e di coordinamento fra<br />
tutti i soggetti che svolgono politiche educative relative all'obiettivo "cultura e promozione della<br />
salute".<br />
La Giunta regionale, con apposito atto, determinerà le modalità di organizzazione e funzionamento<br />
del "Comitato permanente per l'educazione alla salute" prevedendo, fra l'altro, la costituzione<br />
di una specifica segreteria composta da rappresentanti dell'Amministrazione regionale e<br />
delle Aziende sanitarie. Nel Comitato dovranno essere rappresentati tutti i settori dell'Ammini-<br />
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strazione regionale che promuovono iniziative informative e educative, una rappresentanza delle<br />
Aziende sanitarie, l'Arpat, una rappresentanza delle autonomie locali, tre medici ed uno psicologo<br />
designati dal Consiglio sanitario regionale, due docenti universitari esperti in scienze dell'educazione,<br />
la Sovrintendenza scolastica regionale, un esperto in comunicazione, un rappresentante<br />
degli ordini dei giornalisti, un rappresentante nominato dalla Commissione <strong>Regionale</strong> di<br />
Bioetica.<br />
L'azione di coordinamento del Comitato dovrà, inizialmente, rivolgere particolare attenzione<br />
alla migliore concertazione delle iniziative di educazione alimentare ed alla prevenzione dei<br />
danni da fumo.<br />
3.3.2. Al fine di infondere una maggiore visibilità fra la popolazione alle iniziative connesse con<br />
la cultura della salute, la Giunta regionale è inoltre impegnata ad organizzare annualmente a<br />
partire dal <strong>1999</strong> un evento pubblico di comunicazione informazione e promozione della salute<br />
articolato in più iniziative. Un logo ed un motto specifici dovranno caratterizzare il programma<br />
unitario delle iniziative a livello regionale.<br />
3.3.3. A livello delle singole Aziende USL le attività di educazione alla salute dovranno nel<br />
triennio essere programmate e realizzate secondo i seguenti criteri:<br />
- creare situazioni educative multifattoriali veicolando, contemporaneamente e sinergicamente<br />
su di un'unica tipologia di utenza, pacchetti informativi e educativi omogenei ed integrati attraverso<br />
media culturali diversi .<br />
- sperimentare le migliori metodologie educative per particolari categorie di utenti (giovani,<br />
anziani, immigrati);<br />
- applicare metodiche di valutazione dei risultati sia in termini di obiettivi di salute raggiunti che<br />
di efficacia delle azioni educative;<br />
- sviluppare le forme di collaborazione con i Comuni, stimolando in questi un ruolo di coordinamento<br />
territoriale delle azioni educative nell'ambito della zona;<br />
- sperimentare le forme ed i modi per stabilire un rapporto organico con le attività scolastiche<br />
con particolare riferimento, per il triennio, alle forme di integrazione con il primo ciclo della<br />
scuola media.<br />
3.4. Direttive specifiche per le attività di educazione sanitaria<br />
Le attività di educazione sanitaria dovranno essere improntate ai seguenti criteri:<br />
- dare attuazione ai compiti educativi della medicina generale, definiti nell'ultimo accordo<br />
collettivo nazionale della categoria;<br />
- realizzare esperienze specifiche di educazione sanitaria come componente delle strategie di<br />
assistenza domiciliare per patologie croniche, in collaborazione con i presidi ospedalieri aziendali<br />
e le Aziende ospedaliere;<br />
- valorizzare le funzioni educative insite nel ruolo professionale di ciascuna delle figure<br />
sanitarie, con il conseguente obbligo professionale di svolgere funzioni educative come prestazione<br />
sanitaria ordinaria.<br />
4. Il contenimento degli stati di sofferenza e di dolore<br />
4.1. La lotta al dolore<br />
Nei trattamenti sanitari deve essere assicurato, con particolare attenzione ed impegno, l'impiego<br />
di metodiche e l'applicazione di rimedi terapeutici, diagnostici ed assistenziali, atti ad evitare o<br />
sedare il dolore ed a diminuire gli stati di sofferenza.<br />
Qualsiasi disposizione organizzativa o procedurale tesa ad ottenere risparmi di gestione, che<br />
contemporaneamente diminuisca i livelli possibili di contenimento degli stati di sofferenza e di<br />
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dolore nei trattamenti sanitari, sarà da considerarsi una riduzione impropria dei livelli di assistenza<br />
garantiti ai cittadini.<br />
4.2. L'assistenza alla fine della vita<br />
Il miglioramento della qualità dell'assistenza sanitaria alla fine della vita costituisce uno dei<br />
fattori decisivi per lo sviluppo di una sanità pubblica, maggiormente garante dei diritti e della<br />
dignità della persona malata.<br />
Oltre alla lotta al dolore, che riveste particolare importanza in queste situazioni, gli aspetti<br />
fondamentali dell'assistenza alla fine della vita che dovranno essere oggetto di sviluppo nell'arco<br />
di validità del <strong>Piano</strong> sono i seguenti:<br />
- le cure palliative: nel Servizio sanitario regionale devono essere diffuse e trovare costante<br />
applicazione le metodiche della medicina palliativa, in quanto approccio clinico-terapeutico<br />
elettivo per il trattamento dei malati alla fine della vita;<br />
- l'accompagnamento del morente: nell'assistenza ospedaliera, quando non è possibile ricondurre<br />
il malato morente in ambito famigliare assicurando l'intervento dell'assistenza territoriale,<br />
devono essere attuate soluzioni assistenziali ed organizzative tali da mitigarne le sofferenze<br />
psicologiche, rimuovendo le cause di disagio ambientale ed assicurando una costante presenza<br />
di personale con sensibilità e conoscenze adeguate. Per quest'ultimo scopo deve essere valorizzato<br />
il ruolo dei familiari e del volontariato assistenziale;<br />
- Il rispetto della salma e delle pratiche di lutto: nel periodo di permanenza nella struttura ospedaliera,<br />
le salme devono essere oggetto del necessario rispetto in relazione anche alle forme di<br />
espressione del lutto dei familiari, dettate dalla tradizione e dai credi religiosi.<br />
Obiettivo del <strong>Piano</strong> sanitario nazionale 1998/2000 è quello di migliorare l'assistenza erogata alle<br />
persone che affrontano la fase terminale della vita. A tal fine sono da privilegiare le azioni volte:<br />
- al potenziamento dell'assistenza medica e infermieristica a domicilio;<br />
- all'erogazione di assistenza farmaceutica a domicilio tramite le farmacie;<br />
- al potenziamento degli interventi di terapia palliativa e antalgica;<br />
- al sostegno psicologico e sociale al malato ed ai suoi familiari;<br />
- al coordinamento del volontariato per l'assistenza ai malati terminali;<br />
- all'organizzazione di strutture residenziali (hospice).<br />
4.3. Disposizioni attuative<br />
Elemento essenziale per lo sviluppo dei suddetti aspetti assistenziali è la valorizzazione della<br />
capacità di autodeterminazione del cittadino nel valutare, congiuntamente al personale sanitario,<br />
le diverse opzioni terapeutiche ed assistenziali assumendo le conseguenti scelte.<br />
Al fine di creare le condizioni effettive per l'esercizio di tale capacità, risultano fondamentali gli<br />
interventi di educazione alla salute e di educazione sanitaria della popolazione sulle tematiche<br />
sopra indicate.<br />
Particolare cura ed attenzione riguardo a questi aspetti dovrà essere prestata nel settore pediatrico.<br />
La Giunta regionale è impegnata nell'arco di validità del <strong>Piano</strong> a svolgere le seguenti azioni:<br />
- emanare apposite direttive organizzative e comportamentali corredate, per quanto riguarda i<br />
punti 4.1 e 4.2, anche da specifiche linee guida per gli operatori;<br />
- collocare i suddetti aspetti fra gli obiettivi della formazione di base e permanente del personale<br />
del Servizio sanitario;<br />
- sviluppare idonee azioni di educazione alla salute e di educazione sanitaria;<br />
- promuovere e finanziare specifici progetti sperimentali delle Aziende sanitarie, che valorizzino<br />
anche il patrimonio di esperienze già svolte nel settore e tengano conto della necessità di sperimentare<br />
iniziative si nell'ambito dell'assistenza ospedaliera, che di quella territoriale.<br />
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Per lo svolgimento dei suddetti progetti sperimentali è previsto un finanziamento regionale<br />
nell'arco di validità del <strong>Piano</strong> di 500.000.000 annui.<br />
Per l'esame degli aspetti di natura etica connessi alle suddette azioni la Giunta regionale si<br />
avvarrà dell'apporto della Commissione regionale di Bioetica.<br />
5. La Formazione<br />
5.1. Entro sei mesi dall'approvazione del presente <strong>Piano</strong>, la Giunta regionale è impegnata a<br />
predisporre gli specifici atti di programmazione, previsti dagli artt. 4 e 9 della LR 74/98 "Norme<br />
per la formazione degli operatori del Servizio sanitario". Al fine dell'approvazione del piano<br />
annuale <strong>1999</strong> delle attività di formazione per l'accesso ai profili professionali e di ulteriore<br />
qualificazione nel settore sanitario, di cui al comma 3 dell'articolo 4 della LR 74/98, e del piano<br />
annuale <strong>1999</strong> per le attività di formazione permanente, di cui al comma 4 dell'articolo 10 della<br />
medesima legge, sono impartiti i seguenti indirizzi e direttive.<br />
5.2. Indirizzi per la programmazione e la realizzazione delle attività formative di accesso ai<br />
profili sanitari e di ulteriore qualificazione<br />
La programmazione e la realizzazione delle attività di formazione di accesso ai profili professionali<br />
impiegati dal servizio sanitario regionale dovrà essere improntata alle seguenti finalità:<br />
- rendere il più possibile coerente la programmazione dei fabbisogni quantitativi dei soggetti da<br />
formare con gli andamenti prevedibili di assorbimento di personale nel servizio sanitario per le<br />
varie figure professionali;<br />
- caratterizzare, dal punto di vista didattico e contenutistico i processi formativi verso una stretta<br />
aderenza ai bisogni in termini di capacità/competenze professionali delle strutture sanitarie.<br />
Nella definizione delle ulteriori modalità attuative ed organizzative dei corsi, impartite nel piano<br />
annuale delle attività, ai sensi del 6 comma, dell'articolo 4 della LR 74/98 e nell'erogazione dei<br />
relativi contributi finanziari, la Giunta regionale valuterà l'opportunità di promuovere attività di<br />
informazione ed orientamento professionale per incentivare la frequenza a quei corsi per i quali<br />
risultano domande di iscrizione inferiori ai posti programmati<br />
La programmazione e la realizzazione delle attività di ulteriore qualificazione e specializzazione<br />
professionale dovrà offrire percorsi formativi, tesi a garantire una crescita in termini specialistici<br />
dei profili di ingresso, coerente con le necessità poste dall'evoluzione dei servizi.<br />
Sono confermati gli schemi di protocollo d'intesa Regione/Università, approvati con deliberazione<br />
del Consiglio <strong>Regionale</strong> 17.2.98 n. 23 e 17.3.98 n. 53, che la Regione assume, comunque,<br />
come determinanti l'esercizio delle proprie competenze in materia e l'apporto alle relative attività<br />
formative delle aziende sanitarie.<br />
5.2.1 Corsi per la figura OTA<br />
Considerato che gli orientamenti in atto, sia sul versante sanitario che sociale, sono indicativi di<br />
una chiara tendenza ad una sempre maggiore integrazione delle prestazioni sociali e sanitarie ed<br />
in coerenza con le LL.RR. nn. 72/1997 e 72/1998, i corsi per la figura di Operatore tecnico<br />
addetto all'Assistenza dovranno svolgersi secondo un programma formativo sperimentale che,<br />
tenendo conto dei vincoli posti dal DM 295/1991, ne integri il contenuto sotto il profilo socio-<br />
assistenziale in modo da formare operatori in grado di intervenire sia in ambito sanitario che<br />
sociale.<br />
5.3. Direttive specifiche per i corsi di diploma universitario<br />
Nell'elaborazione del <strong>Piano</strong> annuale di programmazione dei corsi la Giunta regionale dovrà<br />
favorire, nel caso di Diplomi con un numero di allievi complessivo a livello regionale inferiore<br />
a 25, l'accorpamento del corso in un'unica sede universitaria.<br />
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Nei Piani annuali si dovrà ricercare un giusto equilibrio nel decentramento dei corsi presso le<br />
Aziende USL non sedi universitarie. Coerentemente con le soluzioni individuate, la Giunta<br />
regionale erogherà appositi contributi finanziari a parziale rimborso delle spese sostenute dalle<br />
Aziende USL ed ospedaliere per la realizzazione delle attività formative.<br />
Negli accordi attuativi del protocollo d'intesa Università/Regione le Aziende sanitarie dovranno<br />
tendere a mantenere e potenziare il patrimonio, in termini di cultura professionale e formativa,<br />
storicamente posseduto dal Servizio sanitario regionale, valorizzando il ruolo degli insegnamenti<br />
tecnico-pratici.<br />
5.4. Procedure per la programmazione degli interventi di formazione permanente da parte delle<br />
aziende sanitarie<br />
5.4.1. La redazione del Programma annuale degli interventi di formazione permanente dovrà<br />
seguire le seguenti procedure:<br />
- la direzione aziendale stabilisce annualmente criteri, tempi e modi per la presentazione di<br />
richieste di formazione da parte dei dipendenti;<br />
- tutti i dipendenti hanno la possibilità di presentare proposte di formazione riguardanti sia la<br />
sfera della propria azione professionale sia quella della struttura organizzativa in cui sono collocati;<br />
- la direzione aziendale esamina le proposte presentate dai dipendenti e ne valuta l'ammissibilità<br />
stabilendo per ciascuna di esse il tipo di concorso erogabile dall'Azienda o le relative iniziative<br />
formative da attuare;<br />
- la direzione aziendale valuta altresì l'esistenza di lacune o di ulteriori bisogni formativi non<br />
contenuti nelle proposte dei dipendenti, derivanti da interessi generali dell'Azienda stessa o<br />
funzionali a specifiche politiche di sviluppo e di organizzazione dei servizi;<br />
- l'insieme delle proposte del personale dipendente accolte e le iniziative eventualmente promosse<br />
direttamente dalla direzione aziendale, costituiscono il Programma annuale degli interventi<br />
formativi.<br />
5.4.2. Il programma annuale degli interventi di formazione permanente deve trovare finanziamento<br />
nell'ambito delle disponibilità di bilancio aziendali; il costo di ciascun intervento formativo<br />
deve essere imputato al budget di ciascuna articolazione organizzativa in proporzione al<br />
personale di tale struttura interessato all'intervento.<br />
L'ammontare dei fondi destinati alla formazione per ciascun'articolazione organizzativa funzionale<br />
è oggetto di specifica determinazione, nell'ambito della contrattazione del budget annuale<br />
della singola struttura.<br />
5.4.3. Nel programma annuale degli interventi, per ciascuna delle iniziative o loro aggregazione<br />
organica, deve essere indicata la redditività dell'investimento, cioè la diminuzione dei costi in<br />
rapporto al miglioramento dei servizi prevista in esito all'intervento formativo.<br />
La struttura organizzativa "formazione permanente del personale" supporta la direzione aziendale<br />
nelle suddette attività di programmazione e svolge le attività di competenza inerenti la progettazione<br />
formativa, l'attuazione e la verifica degli interventi, in collaborazione con gli animatori<br />
di formazione individuati a livello di ciascuna struttura funzionale.<br />
5.4.4 Per le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche e riabilitative, ferme restando le<br />
previsioni del D. Lgs 502/92 circa la disciplina dell'attività di formazione di base, per garantire<br />
lo svolgimento di tutti gli interventi formativi e per l'aggiornamento permanente del personale<br />
infermieristico, tecnico sanitario e della riabilitazione, per ciascun ambito professionale (infermieristico,<br />
di diagnostica di laboratorio, di diagnostica per immagini, di vigilanza ed ispezione,<br />
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di riabilitazione) sono costituite apposite strutture organizzative professionali. Tali strutture<br />
assistono i coordinatori dei due settori per lo svolgimento della formazione permanente e,<br />
nell'ambito delle previsioni di cui all'art. 6, comma 3, del D.Lgs 502/92, della formazione di<br />
base e complementare.<br />
5.5. Direttive alle aziende sanitarie per la progettazione e realizzazione delle attività di formazione<br />
permanente<br />
Nella progettazione e realizzazione delle attività si dovrà:<br />
- passare dalla progettazione del singolo intervento formativo, prevalentemente monoprofessionale,<br />
ad una progettazione di processi formativi complessi rivolti a spaccati funzionali<br />
omogenei, caratterizzati da forti integrazioni multi-professionali;<br />
- superare l'immagine di una formazione permanente scandita esclusivamente da corsi di tipo<br />
scolastico, creando elettivamente attività di formazione / lavoro e processi formativi durante il<br />
lavoro stesso, in connessione con iniziative reali di innovazione organizzativa e miglioramento<br />
qualitativo;<br />
- rivalutare i percorsi di autoformazione;<br />
- rafforzare e riorganizzare funzionalmente i presidi strumentali della formazione: (biblioteche,<br />
Centri di documentazione, banche dati, formazione con supporti informatici);<br />
- sviluppare metodiche di valutazione, sia dei livelli di apprendimento che del conseguente<br />
impatto formativo sulla qualità dei servizi, garantendo l'accesso in ogni zona ad una banca dati<br />
su Internet.<br />
5.6. Indicazione di tematiche ed ambiti formativi prioritari<br />
5.6.1. Nel triennio le attività di formazione permanente dovranno essere prioritariamente finalizzate<br />
a svolgere:<br />
- attività specificatamente rivolte alla cura degli aspetti di metodologia del lavoro e di organizzazione<br />
dei servizi per l'impiego ottimale delle risorse umane e materiali, per il miglioramento<br />
dei rapporti con gli utenti, nonché allo svolgimento di attività di formazione manageriale;<br />
- attività di orientamento, inserimento lavorativo e di valutazione del potenziale professionale<br />
destinate ai neo - assunti.<br />
5.6.2. Nel triennio dovranno essere prioritariamente trattate le seguenti tematiche: procedure di<br />
assicurazione qualità, procedure di controllo di gestione, tematiche inerenti l'area della prevenzione,<br />
formazione manageriale, sviluppo delle conoscenze in campo bioetico, con particolare<br />
riferimento alla crescita dei livelli di operatività dei Comitati etici.<br />
5.6.3. A livello regionale dovranno essere promosse iniziative soprattutto nel settore della<br />
produzione editoriale e multimediale, strumentale alla formazione, e nella creazione di iniziative<br />
di alta formazione in raccordo con le istituzioni universitarie.<br />
5.6.4 La Giunta regionale e le Aziende sanitarie dovranno altresì sviluppare, nell'ambito delle<br />
attività di formazione permanente, iniziative tese a realizzare scambi di esperienze professionali<br />
fra le strutture del Servizio sanitario regionale ed altre realtà sanitarie italiane e straniere, anche<br />
per i fini della cooperazione internazionale in campo assistenziale.<br />
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6. La Bioetica<br />
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6.1. Finalità<br />
Lo sviluppo di una sensibilità bioetica negli operatori sanitari e nella popolazione si pone come<br />
fattore di carattere generale e fondamentale, per incrementare i livelli di qualità del servizio<br />
sanitario.<br />
Lo specifico dell'analisi bioetica infatti, rispetto alla qualità dell'assistenza sanitaria è la riscoperta<br />
e la valorizzazione dell'interrogazione costante e metodica sui fini dell'agire, sia del singolo<br />
operatore sanitario che dei gruppi e delle strutture operative complesse, nei confronti degli<br />
obiettivi di salute individuali e collettivi e delle scelte assistenziali operate per il loro perseguimento.<br />
L'interrogazione sui fini dell'assistenza, come guida delle scelte sia professionali che di programmazione<br />
e di governo del servizio sanitario, pone al suo centro l'affermazione dei principi<br />
fondamentali di salvaguardia della vita, della salute ed integrità fisica dei cittadini, della loro<br />
uguaglianza e pari dignità, nonché di autonomia del soggetto, che si estrinseca innanzitutto<br />
attraverso il consenso informato.<br />
I Comitati Etici Locali costituiscono a livello di singola Azienda sanitaria lo strumento per<br />
garantire lo sviluppo di una funzione organica e costante di studio e di ricerca, di formazione e<br />
di educazione, di referenza scientifica e di consulenza nel campo della bioetica.<br />
Nel triennio di validità del <strong>Piano</strong> si assume, pertanto, come obiettivo prioritario l'azione di<br />
potenziamento del ruolo e delle funzioni dei Comitati etici locali costituiti nelle singole Aziende<br />
sanitarie ai sensi e per gli effetti del precedente <strong>Piano</strong> sanitario.<br />
La Commissione <strong>Regionale</strong> di Bioetica istituita con LR 37/92 ha il compito di proseguire nelle<br />
seguenti azioni:<br />
- di approfondimento e di sviluppo della diffusione delle tematiche bioetiche presso gli operatori<br />
sanitari e la popolazione;<br />
- di consulenza e di elaborazione di proposte sulle tematiche bioetiche da sottoporre al Consiglio<br />
ed alla Giunta <strong>Regionale</strong>;<br />
- di sviluppo e di coordinamento dell'attività dei Comitati Etici Locali.<br />
6.2. Direttive per il funzionamento e l'organizzazione dei comitati etici locali<br />
Le principali funzioni dei Comitati etici locali possono essere così puntualizzate:<br />
a) funzione di sviluppo di una costante attività di ricerca e documentazione nel settore con una<br />
conseguente azione di formazione ed informazione del personale. Quest'azione deve tendere a<br />
stimolare e sviluppare un attenzione ed una sensibilità degli operatori sanitari rispetto ai profili<br />
bioetici delle pratiche assistenziali e deve essere tale da provocare la formulazione di quesiti<br />
etici specifici (casi), nei confronti dei quali il comitato si pone come una sede di<br />
approfondimento e di dibattito nonché di consulenza;<br />
b) funzione di consulenza articolabile in quattro diversi livelli:<br />
- discussione di casi o problematiche assistenziali specifiche sottoposte all'esame del comitato<br />
da parte di singoli operatori, di articolazioni organizzative, di cittadini, di istituzioni;<br />
- valutazione bioetica di protocolli terapeutici e diagnostici, di pratiche assistenziali e soluzioni<br />
di organizzazione sanitaria;<br />
- parere per l'autorizzazione ed il controllo di sperimentazioni cliniche, con particolare riguardo<br />
a quelle farmacologiche, secondo le normative comunitarie e nazionali in vigore e in conformità<br />
alle disposizioni attuative emanate con deliberazione del Consiglio regionale n. 293/98;<br />
- esame, enucleazione e valutazione degli eventuali aspetti bioetici, dei principali atti di programmazione<br />
e di gestione dell'Azienda sanitaria;<br />
c) supporto per le iniziative educative rivolte alla popolazione sulle tematiche bioetiche.<br />
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Si sottolinea l'importanza della formulazione del regolamento, di cui ciascun comitato si deve<br />
dotare, al fine di rendere organico e funzionale il suo ruolo nell'Azienda sanitaria.<br />
Il regolamento, che è adottato con atto del Direttore generale dell'Azienda, deve in particolare<br />
definire:<br />
a) l'organizzazione dei lavori con la previsione di procedure automatiche e sollecite di sostituzione<br />
dei membri che senza giustificato motivo, non partecipino all'attività del comitato;<br />
b) le procedure di interrogazione del comitato e di presentazione dei casi;<br />
c) le procedure per l'esame, sotto il profilo etico, dei principali atti di programmazione e gestione<br />
dell'Azienda sanitaria.<br />
Sono confermate le disposizioni inerenti la composizione ed il funzionamento dei Comitati etici<br />
impartite con il precedente <strong>Piano</strong> sanitario, nonché le indicazioni, ivi contenute, inerenti i principi<br />
che devono guidare lo sviluppo delle tematiche bioetiche nel Servizio sanitario regionale.<br />
7. La Carta dei servizi<br />
7.1. Finalità e caratteristiche<br />
7.1.2. La Carta dei Servizi pubblici, introdotta nel nostro paese con la Direttiva del Consiglio<br />
dei Ministri del 27 gennaio 1994 e resa vincolante per gli enti erogatori di servizi sanitari dalla<br />
legge 273/95, costituisce uno degli strumenti più efficaci nel riconoscimento del ruolo del<br />
cittadino, quale soggetto attivo sia in termini di partecipazione democratica alle scelte di politica<br />
sanitaria che di controllo della qualità complessiva del servizio.<br />
Il soggetto erogatore, adottando la Carta, stabilisce "un patto" con il cittadino finalizzato al<br />
miglioramento della qualità dei servizi offerti nell'interesse della collettività e dei singoli.<br />
All'interno di tale patto sono definiti gli obiettivi, gli impegni assunti per il raggiungimento<br />
degli stessi, gli standard di riferimento, le modalità per misurare i risultati ed il livello di soddisfazione<br />
dell'utente.<br />
Le Carte dei servizi pur configurandosi come strumento per tutelare i diritti dell'utente risultano<br />
ancora un oggetto largamente sconosciuto proprio agli utenti medesimi.<br />
7.1.3. Costituiscono obiettivi per il triennio <strong>1999</strong>/<strong>2001</strong>:<br />
- lo sviluppo del sistema carta dei servizi pubblici sanitari, da parte dei soggetti pubblici e<br />
privati interessati, quale "patto" con il cittadino, con il quale è delineato un sistema di garanzie,<br />
legato a quegli aspetti più specificatamente connessi alla qualità del servizio percepito dall'utente;<br />
- lo sviluppo di un sistema di comunicazione che porti i contenuti della Carta a conoscenza del<br />
cittadino;<br />
- l'integrazione delle Carte dei Servizi pubblici sanitari fra Aziende USL e Aziende Ospedaliere<br />
a livello di area vasta.<br />
A tale scopo occorre che:<br />
a) gli obiettivi, gli impegni, gli standard e gli strumenti di verifica siano:<br />
- definiti con la partecipazione del personale interessato;<br />
- dichiarati pubblicamente;<br />
- espressi in maniera comprensibile;<br />
- portati a conoscenza dell'utente;<br />
- verificabili dall'utente;<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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b) gli standard specifici di qualità dichiarati nella Carta diventino obiettivo di budget per i<br />
dirigenti, e che la retribuzione di risultato si basi anche sugli obiettivi di qualità individuati nella<br />
Carta;<br />
c) gli utenti siano messi nelle migliori condizioni per sporgere i reclami, e che l'analisi dei<br />
reclami costituisca elemento imprescindibile per verificare il conseguimento degli obiettivi di<br />
qualità. A tal fine le aziende sanitarie, nell'ambito degli Uffici di Relazione con il Pubblico,<br />
individuano il personale che, ai sensi della L. 241/90, è tenuto a rispondere alle osservazioni<br />
presentare entro i termini di cui all'art. 14, comma 5, del D. Lgs 502/92.<br />
7.2. Il ruolo della Regione<br />
Al fine di promuovere il sistema Carta dei Servizi e la comunicazione dei suoi contenuti:<br />
- sovrintende al processo di attuazione delle Carte, impartendo direttive e linee guida al fine<br />
della loro omogeneizzazione, con particolare riferimento agli impegni e agli standard di qualità;<br />
- favorisce lo scambio di esperienze e il trasferimento di soluzioni efficaci;<br />
- promuove Carte dei servizi integrate fra Aziende USL e Aziende Ospedaliere a livello di area<br />
vasta;<br />
- impartisce direttive per la promozione del diritto all'informazione, riconoscendo in quest'ultimo<br />
la condizione fondamentale per assicurare ai cittadini l'esercizio della libera scelta nell'accesso<br />
alle strutture sanitarie e la loro partecipazione alla verifica della qualità dei servizi e delle<br />
prestazioni erogate;<br />
- promuove la partecipazione dei cittadini, delle loro organizzazioni rappresentative, nonché<br />
degli organismi di volontariato e di tutela, alle verifiche sulla funzionalità e sulla qualità dei<br />
servizi. In particolare definisce linee guida per la realizzazione della Conferenza dei Servizi e<br />
sui contenuti obbligatori dei protocolli d'intesa tra aziende sanitarie e le organizzazioni rappresentative<br />
dei cittadini;<br />
- sviluppa l'azione di monitoraggio, tramite il consolidamento dell'Osservatorio <strong>Regionale</strong> Carta<br />
dei Servizi attivato nel corso del 1997.<br />
7.3. Il ruolo delle Aziende sanitari e degli altri soggetti del servizio sanitario<br />
Le Aziende sanitarie e le altre istituzioni pubbliche e private hanno l'obbligo di:<br />
a) predisporre e aggiornare annualmente la Carta dei Servizi, con l'apporto documentato dei<br />
responsabili delle strutture organizzative e il coinvolgimento più ampio possibile del personale<br />
interno;<br />
b) individuare, per ogni settore in cui articolano la Carta, gli impegni, gli standard e gli strumenti<br />
di verifica più appropriati alle proprie realtà aziendali. Fermo restando l'autonomia organizzativa<br />
di ogni Azienda, nel primo anno di attuazione del <strong>Piano</strong>, le Carte dei Servizi dovranno<br />
indicare impegni e standard oltre che sui tempi di attesa delle prestazioni, anche su altre dimensioni<br />
qualitative del servizio, quali:<br />
- l'informazione (chiarezza sui servizi prestati, segnaletica)<br />
- l'accessibilità (semplificazione procedure di accesso, tempo di attesa, puntualità, accessibilità<br />
logistica interna ed esterna);<br />
- il rispetto della persona (privacy, rapporti interpersonali);<br />
- gli aspetti alberghieri e comfort (pulizia ambienti, orari);<br />
- la tutela;<br />
c) portare a conoscenza di tutti i soggetti interni ed esterni i contenuti della Carta e il suo processo<br />
attuativo con particolare riferimento agli impegni, ai risultati conseguiti e alle eventuali<br />
azioni di miglioramento da intraprendere, attraverso il piano di comunicazione aziendale di cui<br />
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REGIONALE<br />
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al precedente punto 2.3. A tal fine le aziende attivano un sistema di informazioni sulle prestazioni<br />
erogate, sulle tariffe, sulle modalità di accesso ai servizi, sui tempi di attesa (compresa<br />
l'attività libero professionale intramuraria) e si impegnano, inoltre, ad offrire un primo orientamento<br />
sull'accesso alle prestazioni erogate nell'ambito della Regione;<br />
d) dotarsi di un efficace sistema di presentazione, raccolta e gestione dei reclami, delle segnalazioni<br />
ed esposti e dei suggerimenti, da parte degli utenti e delle associazioni rappresentative di<br />
tutela e volontariato;<br />
e) predisporre la relazione di autovalutazione a cadenza annuale, che espliciti i risultati conseguiti<br />
in rapporto agli impegni e agli standard stabiliti e i livelli di soddisfazione degli utenti;<br />
f) attivare gli strumenti di verifica più idonei rispetto agli impegni assunti (indagini di<br />
gradimento, indicatori di monitoraggio);<br />
g) convocare con cadenza annuale la Conferenza dei Servizi quale strumento principale di<br />
valutazione e confronto sui risultati conseguiti rispetto agli impegni assunti nella Carta, coinvolgendo,<br />
anche nelle fasi preparatorie, il personale interno, le associazioni di volontariato e<br />
tutela, gli Enti locali, gli altri soggetti pubblici e privati che interagiscono all'interno del Servizio<br />
sanitario regionale (medici di medicina generale, strutture private accreditate).<br />
8. La semplificazione delle procedure amministrative<br />
8.1. La qualificazione dei servizi interessa anche la semplificazione e l'omogeneizzazione delle<br />
procedure amministrative d'accesso e di fruizione, spesso ancora troppo complesse, diversificate<br />
tra Aziende a volte anche all'interno della stessa Azienda, per procedimenti similari o assimilabili.<br />
8.2. L'Agenzia regionale di sanità è incaricata di concludere, entro il mese di giugno del <strong>1999</strong>, la<br />
ricognizione delle procedure e dei procedimenti amministrativi vigenti presso le Aziende che<br />
attengono i rapporti fra il cittadino e il servizio sanitario regionale. Sulla base dei risultati dell'indagine,<br />
la Giunta regionale provvederà ad assumere i provvedimenti opportuni per semplificare<br />
e omogeneizzare le procedure e i procedimenti amministrativi. Allo scopo, la Giunta regionale<br />
istituirà una Commissione tecnica operante presso i propri uffici, cui parteciperà il<br />
Difensore civico, le associazioni di tutela dei consumatori, il Tribunale dei diritti del malato. La<br />
Commissione analizzerà con le Aziende i risultati dell'indagine svolti dall'ARS, provvederà alla<br />
relativa istruttoria, elaborerà soluzioni modificative, prevedendo anche lo sviluppo di progetti<br />
sperimentali da attivarsi d'intesa con i Comuni ed altri enti pubblici.<br />
La Giunta regionale riferirà semestralmente al Consiglio in merito ai provvedimenti adottati.<br />
9. L'Accreditamento<br />
9.1. Finalità e caratteristiche<br />
9.1.1. L'accreditamento consiste nel riconoscimento di poter erogare prestazioni per conto del<br />
SSN all'interno degli atti della programmazione sanitaria regionale, quale elemento di saldatura<br />
fra piani preventivi delle quantità e tipologie delle prestazioni e requisiti di qualità, ai quali<br />
devono rispondere i soggetti pubblici e privati inseriti nel sistema.<br />
9.1.2. L'accreditamento, oltre che strumento di regolazione dei soggetti erogatori pubblici e<br />
privati, rappresenta:<br />
- strumento per la qualificazione dell'offerta (miglioramento continuo), in quanto teso a favorire<br />
meccanismi di razionalizzazione e innovazione di processi;<br />
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- strumento di garanzia per gli utilizzatori/utenti di buona organizzazione e sicurezza delle<br />
strutture e di buona organizzazione e sicurezza dei processi per l'erogazione di prestazioni;<br />
- strumento generatore di meccanismi di emulazione tendenti all'eccellenza.<br />
9.2. Le procedure per l'accreditamento<br />
9.2.1. In attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al DPR 14 gennaio 1997, la<br />
Regione ha riordinato in un testo unico le leggi regionali vigenti in materia di autorizzazioni<br />
sanitarie.<br />
9.2.2 Al fine di consentire l'attività di verifica esterna e favorire l'avvio a regime dell'istituto<br />
dell'accreditamento il Consiglio regionale istituisce, per il triennio di validità del <strong>Piano</strong>, tre<br />
commissioni che interessano rispettivamente i bacini delle Aziende ospedaliere Careggi, Pisana<br />
e Senese.<br />
Il Consiglio regionale nomina i componenti di dette commissioni, garantendo la presenza di uno<br />
o più rappresentanti dei produttori pubblici, dei produttori privati, dell'utenza, delle professioni<br />
mediche ed infermieristiche e di esperti di settore.<br />
Ciascuna commissione:<br />
- esamina la documentazione allegata alla richiesta di accreditamento;<br />
- effettua le visite di verifica;<br />
- stila una relazione motivata in ordine alla accreditabilità della struttura.<br />
Al fine di garantire l'indipendenza nell'ambito delle visite di verifica, la Giunta regionale, su<br />
indicazione del Consiglio sanitario regionale, predispone un elenco di esperti.<br />
9.3. Programma regionale per l'accreditamento<br />
9.3.1. Nell'arco del triennio <strong>1999</strong>/<strong>2001</strong> la Giunta <strong>Regionale</strong> è impegnata ad accreditare:<br />
- tutti i presidi che erogano prestazioni di riabilitazione, sia a livello ambulatoriale che di ricovero<br />
a ciclo continuo e diurno per acuti e non acuti;<br />
- tutti i presidi che erogano prestazioni relativamente ai settori di attività: laboratori analisi,<br />
radiologia, medicina nucleare, radioterapia, dialisi e chirurgia ambulatoriale;<br />
- tutti i presidi di ricovero per acuti a ciclo continuo e diurno con un numero di posti letto inferiore<br />
a 300;<br />
- le attività di alta specialità, di cardiochirurgia, cardiologia invasiva diagnostica e interventistica,<br />
neurochirurgia e unità spinale.<br />
9.3.2. In relazione al fatto che l'accreditamento si caratterizza quale processo dinamico, il Consiglio<br />
regionale, avvalendosi dell'Osservatorio per la Qualità dell'ARS, istituito con la LR 71/98,<br />
è impegnato a:<br />
- completare i requisiti specifici per i settori di attività non normati, con particolare riferimento a<br />
quelli interessati dal programma di accreditamento per cardiochirurgia, cardiologia invasiva<br />
diagnostica e interventistica, neurochirurgia e unità spinale;<br />
- implementare i manuali, con riferimento ai requisiti specifici per i settori di attività di cui<br />
sopra;<br />
- modificare e aggiornare i requisiti in funzione di indicazioni derivanti da normative, evoluzione<br />
scientifiche, pianificazione nazionale e regionale;<br />
- definire livelli soglia.<br />
Al fine di supportare ed uniformare l'attività di valutazione esterna, la Giunta regionale attiva un<br />
piano per la formazione specifica di un numero adeguato di facilitatori/valutatori secondo le<br />
linee guida proposte dal C.S.R. ai sensi dell'art. 31 della LR n. 71/98, finalizzato a:<br />
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- acquisire familiarità col modello di riferimento per l'accreditamento e l'autovalutazione;<br />
- acquisire conoscenze di base per condurre una visita di verifica, sia interna che esterna;<br />
- acquisire la capacità per condurre un piano di verifica (analisi documentazione e strumenti di<br />
supporto);<br />
- individuare iniziative di miglioramento attraverso le visite di verifica;<br />
- apprendere tecniche di conduzione dell'azienda per l'implementazione continua del sistema<br />
qualità.<br />
9.3.3. Al fine di sviluppare l'accreditamento anche quale attività di valutazione professionale<br />
sistematica e periodica orientata a garantire una qualità dell'assistenza adeguata ai bisogni e<br />
tendente al miglioramento continuo, la Giunta <strong>Regionale</strong> promuove:<br />
- l'emanazione di linee guida con particolare riferimento a quelle tecnico-professionali, in alcuni<br />
ambiti assistenziali ritenuti prioritari a livello regionale (per frequenza, gravità dei problemi,<br />
variabilità dei comportamenti clinici esistenti, impatto economico);<br />
- la partecipazione a programmi di revisione tra pari.<br />
9.3.4. Le aziende sanitarie e le altre istituzioni pubbliche e private che operano all'interno del<br />
S.S.R. sono impegnate ad attivare con cadenza annuale il processo di autoverifica interna per<br />
tutti i presidi e le strutture organizzative presenti. I risultati dell'autoverifica e l'identificazione di<br />
azioni correttive individuate costituiscono parte integrante del programma di miglioramento<br />
delle attività sanitarie individuato nell'ambito del piano per la qualità; la relazione di autoverifica<br />
è trasmessa alla commissione competente per territorio istituita per l'accreditamento che, in<br />
maniera riservata, fornisce suggerimenti e supporto per le azioni correttive da intraprendere.<br />
10. Le politiche per l'innovazione<br />
10.1. Nel corso del triennio, la Regione si propone di sviluppare una politica organica per l'innovazione,<br />
finalizzata:<br />
- a favorire l'ingresso programmato nel sistema delle pratiche assistenziali più evolute e delle<br />
relative tecnologie di supporto;<br />
- a facilitare la disponibilità degli strumenti e delle tecniche in grado di adattare tempestivamente<br />
l'organizzazione dell'azienda all'evoluzione dei servizi offerti;<br />
- a sollecitare metodicamente il sistema ad innovarsi, valorizzando il contributo delle componenti<br />
tecniche del servizio e ricercando l'apporto sistematico dei centri di ricerca e dell'apparato<br />
produttivo toscano.<br />
Nei paragrafi successivi sono indicati gli interventi che saranno attivati in funzione degli obiettivi.<br />
10.2. Obiettivo: favorire l'ingresso programmato nel sistema delle pratiche assistenziali più<br />
evolute e delle relative tecnologie di supporto.<br />
Strumenti: fondo per la diffusione dell'innovazione nelle Aziende ospedaliere per attività gestite<br />
con risorse del servizio sanitario regionale e dell'Università; programma per il riordino e la<br />
qualificazione dei servizi di alta specialità.<br />
10.3. Fondo per la diffusione dell'innovazione nelle Aziende ospedaliere per attività gestite con<br />
risorse del Servizio sanitario regionale e dell'Università.<br />
Il fondo è finalizzato a finanziare progetti di qualificazione delle attività delle Aziende ospedaliere<br />
nel campo dell'assistenza, attraverso la promozione e la diffusione dell'innovazione, la<br />
sperimentazione di forme avanzate di organizzazione e gestione dei servizi sanitari, la forma-<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
zione permanente degli operatori, con priorità per lo sviluppo dei servizi in rete nell'ambito<br />
degli accordi di area vasta.<br />
Il fondo è costituito annualmente sul fondo sanitario regionale, per un importo pari rispettivamente<br />
per gli anni <strong>1999</strong>, 2000 e <strong>2001</strong>, al 2%, al 2,5% ed al 3% della valorizzazione annua<br />
dell'attività assistenziale complessiva delle aziende ospedaliere, decurtata del risparmio corrispondente<br />
alla maggiore spesa di personale che avrebbero dovuto sostenere le aziende medesime<br />
per produrre la stessa attività in carenza dall'apporto della componente universitaria.<br />
La Giunta regionale definisce annualmente, avvalendosi dell'Osservatorio di Economia Sanitaria<br />
dell'ARS, istituito con la LR 71/98, le procedure e le modalità di valutazione dei progetti,<br />
attenendosi ai seguenti criteri prioritari di selezione:<br />
- funzionalità allo sviluppo dei servizi in rete nell'ambito degli accordi di area vasta;<br />
- funzionalità a sopperire a carenze in atto sul fronte dell'offerta regionale;<br />
- funzionalità ad uno sviluppo coordinato dei servizi erogati dalle Aziende ospedaliere;<br />
- trasferibilità dell'innovazione alle Aziende USL.<br />
La Giunta riferirà annualmente al Consiglio in merito alle procedure attivate, ai provvedimenti<br />
assunti, alla ripartizione e all'impiego delle risorse finanziarie finalizzate.<br />
10.4. Programma per il riordino e la qualificazione dei servizi di alta specialità<br />
10.4.1. L'obiettivo della crescita a sistema del Servizio sanitario regionale ed in particolare<br />
dell'organizzazione in rete dei servizi ospedalieri, richiede un'analisi circostanziata dell'assetto<br />
in atto dei servizi di alta specialità per valutarne lo stato e programmarne lo sviluppo.<br />
La questione appare nodale sotto due profili: il primo attiene la qualità dei servizi offerti, il<br />
secondo riguarda il pacchetto di risorse finanziarie necessarie per erogarli e per assicurarne il<br />
costante ammodernamento.<br />
10.4.2. Si individuano quali settori prioritari di analisi i seguenti: neurochirurgia, trapianti<br />
d'organo, cardiochirurgia, cardiologia invasiva diagnostica ed interventistica.<br />
La Giunta regionale è impegnata:<br />
a) a svolgere specifiche indagini di settore finalizzate a conoscere, per ogni struttura erogatrice<br />
di servizi, avendo a riferimento il biennio 1996-1997:<br />
- il costo di funzionamento;<br />
- il rapporto costi - ricavi;<br />
- la capacità attrattiva (percentuale dei residenti fuori regione sul totale degli assistiti);<br />
- il rapporto prestazioni d'urgenza - prestazioni programmate;<br />
- i tempi delle liste di attesa;<br />
- la durata media delle degenze;<br />
- la situazione organizzativa ed i livelli tecnologici dei servizi offerti;<br />
b) a valutare conseguentemente su base regionale se gli assetti organizzativi in atto rispondano<br />
alle seguenti condizioni:<br />
- l'offerta, per quantità e qualità, è adeguata alla domanda interna;<br />
- gli introiti tariffari coprono i costi di produzione e i costi delle compensazioni interregionali;<br />
- l'organizzazione dei servizi è funzionale all'obiettivo dello sviluppo in rete dei servizi ospedalieri<br />
ed è conforme al ruolo che la LR 72/98 attribuisce, all'interno del sistema, alle Aziende<br />
USL e alle Aziende ospedaliere;<br />
- la situazione finanziaria e patrimoniale delle Aziende erogatrici garantisce una capacità d'investimento,<br />
in grado di assicurare costantemente l'adeguamento tecnologico ed organizzativo del<br />
servizio.<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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10.4.3. Sulla base degli esiti delle indagini, la Giunta regionale assume gli atti necessari a sanare<br />
le situazioni anomale, eventualmente registrate. Ove per sanare le situazioni suddette e comunque<br />
laddove, anche a seguito delle valutazioni di cui al punto 10.4.2., sia necessario adottare<br />
provvedimenti di generale riordino di carattere programmatico organizzativo, la Giunta regionale<br />
propone al Consiglio l'adozione dei provvedimenti conseguenti. Nella adozione dei provvedimenti<br />
di riordino si attiene, comunque, nell'ordine indicato, ai seguenti criteri:<br />
- adeguamento agli standard riconosciuti ottimali a livello internazionale, per quanto riguarda la<br />
dimensione del bacino d'utenza e l'organizzazione dei servizi;<br />
- apporto equilibrato delle tre Aziende ospedaliere Careggi, Senese e Pisana allo sviluppo dell'alta<br />
specialità;<br />
- sviluppo in rete dei servizi ospedalieri.<br />
10.4.4. Al fine di favorire i progetti di riordino e di valorizzazione dei servizi ospedalieri di alta<br />
specialità, la Giunta regionale per il triennio <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> è autorizzata a trasferire alle Aziende<br />
ospedaliere nella forma di contributo a fondo perduto per spese d'investimento, anche sulla base<br />
degli atti del Consiglio regionale di cui al punto precedente, la somma complessiva di 39 miliardi,<br />
attingendo dal fondo di cui all'art. 14 lett. d) della LR 72/98.<br />
Le risorse finanziarie rese disponibili sono destinate sia al potenziamento e allo sviluppo dei<br />
servizi esistenti che all'impianto di nuovi servizi gestiti direttamente dall'azienda o in forma<br />
partecipativa ai sensi dell'art. 7, comma 5, della legge regionale citata.<br />
Per quanto attiene l'Azienda Meyer, gli investimenti di competenza dovranno essere concentrati<br />
nella nuova sede di Villa Ognissanti.<br />
10.4.5. La Giunta regionale riferisce annualmente al Consiglio in merito alle indagini svolte,<br />
alla ripartizione e all'impiego delle risorse finanziarie finalizzate.<br />
10.5. Obiettivo: facilitare la disponibilità degli strumenti e delle tecniche in grado di adattare<br />
tempestivamente l'organizzazione dell'azienda all'evoluzione dei servizi offerti.<br />
Strumenti: corso-concorso immissione nuovi profili professionali<br />
10.5.1. Le profonde modificazioni introdotte dalla riforma, richiedano l'immissione nel sistema<br />
di nuove figure professionali. È necessario costruire progressivamente una nuova classe dirigente<br />
in grado di sostenere a regime l'ammodernamento delle aziende con le tecniche gestionali e<br />
gli strumenti di programmazione, universalmente impiegate e utilizzati nelle aziende private.<br />
10.5.2. La giunta regionale, previo specifiche intese con le aziende ed utilizzando lo strumento<br />
del corso - concorso, è impegnata ad attivare un programma pluriennale di formazione e di<br />
selezione di nuovi quadri da inserire nell'universo aziendale per le specializzazioni di economia<br />
sanitaria, controllo di gestione, comunicazione.<br />
10.6. Obiettivo: sollecitare metodicamente il sistema ad innovarsi, valorizzando il contributo<br />
delle componenti tecniche del servizio e ricercando l'apporto sistematico delle centri di ricerca e<br />
dell'apparato produttivo toscano.<br />
Strumenti: programma di acquisizione e gestione di nuove tecnologie al servizio della salute;<br />
Commissione per le tecnologie sanitarie.<br />
10.7. Programma di acquisizione e gestione di nuove tecnologie al servizio della salute<br />
10.7.1. Il programma, articolato in annualità, è finalizzato a cofinanziare progetti proposti dalle<br />
aziende sanitarie, aventi ad oggetto:<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
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- lo sviluppo, la sperimentazione e la valutazione di nuove tecnologie biomediche e sanitarie;<br />
- la predisposizione di linee guida per l'installazione, la manutenzione e la gestione sicura di<br />
apparecchiature e degli impianti;<br />
- lo sviluppo e l'ingegnerizzazione di dispositivi, strumentazioni e metodologie trasferibili<br />
all'ambiente medico;<br />
- la raccolta e diffusione di informazioni sulle tecnologie disponibili e sulla loro appropriatezza;<br />
- il monitoraggio dei prezzi, dei costi di gestione e dei guasti gravi e pericolosi di apparecchiature<br />
ed impianti.<br />
10.7.2. La Giunta regionale definisce annualmente le procedure e le modalità di selezione dei<br />
progetti, attenendosi ai seguenti criteri:<br />
- contributo massimo, non superiore al 50% della spesa che sarà oggetto di specifico rendiconto;<br />
- sono da considerarsi prioritari i progetti per la cui realizzazione sia prevista una compartecipazione<br />
finanziaria non inferiore al 25% della spesa programmata da parte di centri di ricerca<br />
pubblici e privati, di imprese private o di loro associazioni.<br />
10.7.3. Presso gli uffici della Giunta regionale è costituita una Commissione per le tecnologie<br />
sanitarie, allo scopo di facilitare le relazioni tra Servizio sanitario regionale, centri pubblici e<br />
privati di ricerca, imprese private e loro associazioni. La Commissione, per l'espletamento dei<br />
propri compiti, si avvale dell'Osservatorio di Economia Sanitaria dell'ARS, istituito con la LR<br />
71/98.<br />
10.7.4. Per la realizzazione del programma la Giunta regionale nel triennio <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> è autorizzata<br />
a impegnare la somma complessiva di lire 6 miliardi.<br />
10.7.5. La Giunta riferirà annualmente al Consiglio in merito alle procedure attivate, ai provvedimenti<br />
assunti, alla ripartizione e all'impiego delle risorse finanziarie finalizzate.<br />
10.8. Protezione dai rischi di radiazioni<br />
10.8.1. La protezione dei pazienti dai rischi di radiazioni, ionizzanti e non, e l'adeguamento<br />
tecnologico delle apparecchiature agli standard di sicurezza e qualità europei, richiedono un'iniziativa<br />
specifica del Servizio sanitario regionale.<br />
A tale scopo, la Giunta regionale, avvalendosi degli organismi di coordinamento già costituiti e<br />
con il supporto delle strutture di fisica sanitaria e l'apporto dei centri di ricerca e dell'Università,<br />
provvede ad emanare specifici indirizzi in merito a:<br />
- informazione mirata verso la popolazione e gli operatori sanitari sulle dosi da radiazioni e sulle<br />
possibilità per una loro riduzione;<br />
- realizzazione di un progetto sperimentale per la definizione di "livelli di riferimento" e per<br />
migliorare il rapporto dose/qualità;<br />
- monitoraggio dello stato di qualità delle apparecchiature radiologiche, censite nell'ambito del<br />
progetto regionale "archivio radiologico toscano" (ART).<br />
10.9. Il potenziamento del sistema informativo del servizio sanitario regionale<br />
10.9.1. La Giunta regionale cura il potenziamento e la razionalizzazione del sistema informativo<br />
sanitario tramite il finanziamento;<br />
- di progetti regionali di innovazione tecnologica;<br />
- di progetti predisposti dalle Aziende sanitarie e parzialmente finanziati dalle medesime per:<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
a) l'integrazione tecnologico - funzionale delle attività regionali con quelle delle Aziende<br />
sanitarie;<br />
b) lo sviluppo dei sistemi informativi aziendali ed interaziendali, su specifiche linee - guida<br />
regionali.<br />
10.9.2. La Giunta regionale tiene conto, in sede di applicazione delle disposizioni del presente<br />
punto, dei progetti regionali già in corso, completi delle corrispondenti previsioni di investimento<br />
ed in particolare di quelli relativi a:<br />
- Sportello unico della prevenzione regionale e aziendale;<br />
- <strong>Piano</strong> sangue regionale;<br />
- Sistema regionale dei trapianti d'organo;<br />
- Sistema di controllo delle prescrizioni farmaceutiche;<br />
Tali progetti dovranno essere integrati, sotto il profilo tecnico e funzionale, con le linee - guida<br />
individuate dalla Giunta regionale per la razionalizzazione e lo sviluppo del Sistema informativo<br />
regionale.<br />
10.9.3. La Giunta regionale è impegnata a provvedere alla realizzazione delle attività di seguito<br />
indicate secondo le previsioni di spesa riportate che corrispondono al complessivo impegno<br />
regionale nel triennio di 16 miliardi articolato in: 5,9 miliardi per il <strong>1999</strong>; 5,650 miliardi per il<br />
2000; 4,450 miliardi per il <strong>2001</strong>.<br />
Gli interventi previsti nel triennio di <strong>Piano</strong> sono:<br />
a) potenziamento e diffusione delle infrastrutture e dei servizi di Rete telematica regionale per la<br />
Sanità, ivi comprese le reti telematiche aziendali a livello locale e geografico;<br />
b) supporto alla razionalizzazione e potenziamento dei sistemi informativi ospedalieri, sulla<br />
base di linee-guida regionali ed in corrispondenza di progetti aziendali che saranno attivati e<br />
valutati dalla Regione tramite provvedimenti recanti priorità, livelli massimi di finanziamento,<br />
modalità di controllo dei risultati;<br />
c) progetti da realizzarsi d'intesa tra Regione e Aziende sanitarie per la sperimentazione e<br />
valutazione degli effetti dell'introduzione delle Carte sanitarie personali (CSP), in stretta integrazione<br />
con i servizi di rete regionale per la Sanità;<br />
d) sviluppo delle tecnologie di integrazione delle basi di dati a livello regionale, con potenziamento<br />
dei sistemi di acquisizione ed elaborazione automatica dei dati, provenienti dai flussi<br />
standardizzati, e diffusione delle informazioni di controllo e governo tramite la Rete telematica<br />
regionale.<br />
10.10. La Regione ha messo sotto osservazione, nell'ultimo biennio, le tecnologie e le possibilità<br />
operative delle carte sanitarie personali (CSP) a microprocessore secondo gli standard europei e<br />
UNI. In particolare è stato valutato l'impatto tra:<br />
- acquisizione e distribuzione delle CSP da parte delle strutture del Servizio sanitario regionale<br />
ai cittadini/utenti;<br />
- possibili livelli di interfacciamento tra gli utenti e il Servizio sanitario regionale tramite le<br />
CSP;<br />
- linee di sovrapposizione e possibile duplicazione di interventi e risorse tra CSP e tecnologie<br />
impiegate nella Regione <strong>Toscana</strong> per l'acquisizione e distribuzione dell'informazione, che fanno<br />
capo strategicamente ed operativamente alla rete telematica regionale per la sanità.<br />
Da tale osservazione emerge la necessità di un impiego mirato delle CSP, coerente con l'attuale<br />
modello organizzativo, operativo, tecnologico in grado di distribuire un effettivo servizio all'utente<br />
e di acquisire un reale vantaggio per il Servizio sanitario regionale senza che ciò implichi<br />
la progettazione e gestione di:<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
- difficoltose procedure di aggiornamento dei contenuti informativi su CSP (a fronte di semplici<br />
aggiornamenti delle basi di dati in rete);<br />
- inutili o fuorvianti duplicazioni di dati e archivi;<br />
- duplicazione di circuiti informativi e tecnologie di supporto.<br />
In tale ottica si prevede, per il triennio di <strong>Piano</strong>, di sviluppare appositi progetti di integrazione<br />
tra le tecnologie ed i contenuti informativi veicolanti tramite le CSP e la struttura tecnico operativa<br />
caratteristica dei sistemi informativi aziendali.<br />
L'obiettivo è di pervenire, in accordo con gli standard sopra richiamati e per repertori di funzioni<br />
integrate con enti e soggetti del territorio, ad un modello unificato di CSP come "chiave di<br />
accesso" ai servizi sanitari ovunque collocati, tra di loro integrati tramite la tecnologia ed i<br />
contenuti informativi della rete telematica regionale.<br />
Tali progetti sono orientati, tra l'altro, a coordinarsi con le iniziative del livello nazionale attualmente<br />
in corso di definizione tramite apposito disegno di legge e ad acquisire, ove<br />
disponibili, risorse nazionali per integrare la disponibilità finanziaria delle singole aziende e<br />
quelle a ciò finalizzate dalla Regione ai sensi del punto precedente.<br />
10.11 Lo sviluppo dei servizi territoriali<br />
La Giunta regionale cura lo sviluppo e il potenziamento di servizi territoriali, alternativi o<br />
integrativi di quelli di assistenza ospedaliera di cui al paragrafo 15 del presente capitolo.<br />
A tal fine è previsto un impegno nel triennio di <strong>Piano</strong> di 30 miliardi a favore delle Aziende USL<br />
per lo svolgimento, anche in collaborazione con le Aziende ospedaliere, di specifici progetti.<br />
Tali somme sono utilizzate quale cofinanziamento dei progetti aziendali nella misura massima<br />
del 50% dell'importo dei medesimi. La selezione dei progetti avviene tenuto conto:<br />
- delle direttive di cui al paragrafo 16;<br />
- della misura delle risorse dirette impegnate dall'Azienda sul progetto;<br />
- delle priorietà indicate dal presente <strong>Piano</strong> e della estendibilità al territorio regionale delle<br />
soluzioni organizzative adottate;<br />
- degli elaborati progettuali idonei a documentare l'evoluzione della situazione senza e con<br />
intervento.<br />
L'erogazione delle somme avviene, nella misura del 50% all'approvazione del progetto, e per la<br />
quota residua a valutazione del raggiungimento degli obiettivi fissati.<br />
11. I programmi interaziendali di interesse regionale proposti dalle aziende sanitarie<br />
11.1. Si riconoscono d'interesse regionale i programmi finalizzati alla realizzazione a dimensione<br />
locale degli obiettivi della programmazione regionale con specifico riferimento allo sviluppo<br />
dei servizi in rete, alla razionalizzazione organizzativa, alla qualificazione e ala appropriatezza<br />
delle prestazioni, al controllo della spesa.<br />
La Giunta regionale agevolerà la realizzazione dei programmi con una compartecipazione<br />
finanziaria non superiore al 50% per le seguenti voci di costo: attrezzature ed impianti, interventi<br />
di ristrutturazione interna e messa a norma, formazione del personale, comunicazione e informazione<br />
ai cittadini.<br />
A questo fine la Giunta regionale è autorizzata ad impegnare, per ciascun anno di validità del<br />
<strong>Piano</strong>, la somma di L. 12 miliardi, di cui 8 finalizzati agli interventi di riordino dei servizi<br />
dell'area fiorentina previsti al successivo paragrafo 12, anche in relazione al trasferimento del<br />
presidio ospedaliero Meyer dalla attuale sede all'area di Careggi.<br />
11.2. Criteri di eleggibilità dei programmi<br />
- i programmi devono essere presentati congiuntamente:<br />
a) da almeno due Aziende USL contermini,<br />
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PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
b) da una Azienda USL e dalla Azienda ospedaliera del bacino di riferimento,<br />
c) da almeno due Aziende ospedaliere;<br />
- i programmi devono avere le caratteristiche del " programma di interesse regionale";<br />
- i programmi devono essere corredati della documentazione idonea a dimostrare l'evoluzione<br />
della situazione senza o con intervento.<br />
11.3. Criteri di selezione<br />
I programmi riconosciuti eleggibili saranno selezionati secondo il seguente ordine di priorità:<br />
a) numero delle aziende coinvolte,<br />
b) valutazione comparata dei risultati raggiunti avendo a riferimento i diversi elementi caratterizzanti<br />
il programma.<br />
12. La specificità dell'area fiorentina<br />
12.1 L'art. 39 della LR 72/98 indica la necessità che nell'area fiorentina, in relazione alla specificità<br />
delle problematiche connesse alla dimensione metropolitana, siano messe in atto particolari<br />
iniziative finalizzate allo sviluppo a sistema dei servizi sanitari.<br />
Questa previsione coincide con le più recenti indicazioni programmatiche e disposizioni normative<br />
varate a livello nazionale:<br />
- l'inserimento, tra i principi ai quali ancorare la revisione del DLgs 502/92 affidata per delega al<br />
governo, della "facoltà per le Regioni di creare organismi di coordinamento delle strutture<br />
sanitarie operanti nelle aree metropolitane";<br />
- il dettato dell'art. 71 della legge 448 del 23.12.1998, collegata alla finanziaria dello Stato per<br />
l'anno <strong>1999</strong>, laddove si definiscono criteri e procedure atte a realizzare un "piano straordinario<br />
di interventi per la riqualificazione dell'assistenza sanitaria nei grandi centri urbani", stanziando<br />
allo scopo la somma di 1.500 miliardi in tre anni.<br />
In armonia con tali indicazioni la Giunta regionale, entro trenta giorni dall'approvazione del<br />
<strong>Piano</strong>, procederà all'istituzione di un Coordinamento metropolitano, costituito in prima istanza<br />
dai tre direttori generali delle aziende sanitarie (Azienda USL 10, AO Careggi, AO Meyer)<br />
finalizzato all'attuazione di quanto disposto all'art. 39, comma 2 della LR 72/98.<br />
Entro tre mesi dall'approvazione del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, la Giunta regionale, avvalendosi<br />
del Coordinamento metropolitano sopra richiamato, provvederà alla predisposizione del progetto,<br />
di cui al comma 2 dell'art. 71 della legge 23.12.1998 n. 44,8 da sottoporre all'approvazione<br />
del Consiglio regionale.<br />
Tale progetto, dovrà corrispondere all'insieme dei criteri qualitativi indicati nel comma 1, lett.<br />
a), b), c), d) ed e) del sopra citato art. 71.<br />
In particolare, tenuto conto dell'incidenza che l'assetto organizzativo dei servizi dell'area fiorentina<br />
ha sull'intero sistema sia sul fronte dell'assorbimento di risorse finanziarie che su quello dei<br />
livelli qualitativi delle prestazioni, il progetto dovrà essere finalizzato ad assicurare entro il<br />
2000:<br />
- la piena funzionalità delle attività di emergenza urgenza del bacino dell'Azienda USL di Firenze,<br />
attraverso la messa in rete e la riorganizzazione, sulla base delle disposizioni del presente<br />
PSR, delle attività di pronto soccorso degli ospedali di S. Maria Nuova, S. Giovanni di Dio, S.<br />
Maria Annunziata, Borgo S. Lorenzo, Careggi e Meyer;<br />
- la piena funzionalità delle rete integrata dei servizi ospedalieri erogati dalla Azienda USL 10 e<br />
dalle Aziende ospedaliere Careggi e Meyer affrontando, prioritariamente, le situazioni di prioritaria<br />
criticità (ortopedia, oculistica, otorino, oncologia) e in modo particolare, la piena funzionalità<br />
del dipartimento operativo materno infantile con spiccate caratteristiche strutturali a direzione<br />
dell'Azienda ospedaliera Meyer;<br />
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SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
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home <br />
- lo sviluppo a regime delle attività di alta specialità pediatrica, in area medica, chirurgica e<br />
diagnostica, dell'Azienda ospedaliera Meyer in coerenza con la sua "missione" di ospedale<br />
pediatrico mono-specialistico con bacino regionale.<br />
La Giunta regionale è autorizzata a adottare specifici provvedimenti di natura regolamentare e<br />
finanziaria funzionali alla predisposizione e alla realizzazione del progetto.<br />
12.2. La Regione considera obiettivo strategicamente rilevante che entro l'anno 2000 siano già<br />
in fase di avanzata realizzazione le opere per la nuova sede dell'Ospedale Meyer nell'area di<br />
Villa Ognissanti a Careggi, preso atto del fatto che nel corso del triennio 1996-98 si sono realizzati<br />
gli atti preliminari, volti alla compiuta e tempestiva realizzazione del progetto, vale a dire:<br />
l'adeguamento degli strumenti urbanistici vigenti interessanti sia l'area da dismettere che quella<br />
di nuova utilizzazione; l'accordo di programma tra il Comune di Firenze, la Provincia di Firenze,<br />
la Regione <strong>Toscana</strong>, le Aziende sanitarie fiorentine, relativo alla valorizzazione del patrimonio<br />
dell'Azienda ospedaliera Meyer.<br />
La realizzazione nei tempi previsti del nuovo Meyer a Villa Ognissanti, obiettivo per il quale la<br />
Regione è impegnata a svolgere attività di impulso e di supporto tecnico-amministrativo, consentirà<br />
di consolidare e qualificare il ruolo del Meyer come punto di riferimento della rete<br />
pediatrica regionale.<br />
Tale funzione sarà esercitata sviluppando e valorizzando le specifiche esperienze oggi presenti<br />
al Meyer, in particolare nell'alta specialità e nelle attività di riferimento regionale e costruendo<br />
in pari tempo una efficace sinergia con le altre realtà pediatriche esistenti in <strong>Toscana</strong>, al fine di<br />
una crescita complessiva della qualità del servizio.<br />
13. La valorizzazione e la qualificazione dell'assistenza sanitaria nelle zone insulari e<br />
montane<br />
13.1. Una quota della popolazione della Regione <strong>Toscana</strong> (più di un milione di cittadini) vive in<br />
aree territoriali montane ed insulari, che possono essere connotate quali aree disagiate. Tale<br />
disagio è riferibile a diverse componenti: difficoltà di collegamento viario, saldi migratori,<br />
natalità, struttura per classi d'età della popolazione, reddito.<br />
Avendo a riferimento l'assistenza sanitaria, l'intensità del disagio è diversa in relazione al peso<br />
dei fattori penalizzanti, alla loro contestualità, alla qualità dei servizi assistenziali già oggi<br />
offerti.<br />
13.2. L'obiettivo che la Regione si propone nel triennio è di attivare interventi, anche in forma<br />
sperimentale, mirati a modificare la situazione in atto nelle zone sanitarie montane dell'Amiata,<br />
del Casentino, della Valle del Serchio, della Lunigiana e nella zona dell'Elba, individuate come<br />
sedi della sperimentazione in relazione alla loro accentuata complessità geografica, sociale e<br />
sanitaria, in specie per quanto attiene alle problematiche dei flussi di mobilità uscenti dall'ambito<br />
regionale, alla riorganizzazione integrata dei presidi ospedalieri, alle particolari esigenze di<br />
collegamento con i servizi sanitari di riferimento provinciale.<br />
La sperimentazione potrà individuare strumenti anche differenziati in relazione alle specificità<br />
proprie delle diverse realtà per valorizzare e qualificare l'assistenza sanitaria.<br />
A questo fine la Giunta regionale si impegna all'accantonamento, a valere sul Fondo sanitario<br />
regionale, di un apposito fondo di 10 miliardi annui da assegnare alle aziende interessate dall'intervento<br />
sulla base di appositi programmi dalle stesse predisposti.<br />
Questa prima fase di sperimentazione sarà progressivamente estesa alle altre zone sanitarie<br />
montane ed alle altre aree montane con presenza di stabilimenti ospedalieri, con gli stessi indirizzi<br />
e criteri ispiratori definiti dal presente piano.<br />
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13.3. I programmi aziendali dovranno contenere:<br />
- l'analisi dell'intensità del disagio delle diverse zone, espressa sulla base di indicatori;<br />
- la situazione epidemiologica dell'area d'intervento;<br />
- le caratteristiche quantitative e qualitative della domanda in relazione ai servizi presenti in<br />
zona ed alla mobilità intra ed extra aziendale;<br />
- la qualità, l'accessibilità e le specificità organizzative dei servizi assistenziali in atto offerti.<br />
13.4. Sulla base del quadro conoscitivo accennato, e nell'ambito degli obiettivi regionali di<br />
deospedalizzazione e di potenziamento dei servizi territoriali, i programmi relative alle zone<br />
sopra menzionate dovranno prevedere proposte di soluzioni organizzative di assistenza, anche<br />
differenziate, tese a:<br />
- garantire una rete territoriale di protezione ed assistenza delle fasce di popolazione più disagiate<br />
per età, condizione abitativa e familiare, attraverso lo sviluppo dell'assistenza domiciliare, una<br />
rete strutturata di telesoccorso, il potenziamento degli interventi alternativi alla ospedalizzazione;<br />
- assicurare la funzionalità dei servizi diagnostici, anche attraverso il collegamento telematico in<br />
rete con i servizi di riferimento aziendali;<br />
- facilitare l'accessibilità ai servizi specialistici ambulatoriali;<br />
- verificare l'efficacia e l'economicità di nuovi modelli organizzativi strutturali alternativi alla<br />
tradizionale assistenza ospedaliera;<br />
- garantire standard accettabili di qualificazione del servizio e del personale;<br />
- sperimentare forme di integrazione tra funzioni territoriali ed ospedaliere sia nell'ambito dei<br />
servizi assistenziali che in quelli di emergenza-urgenza;<br />
- assicurare le risorse necessarie a garantire i livelli di assistenza ottimizzando il rapporto costibenefici.<br />
13.5. La Giunta regionale valuta i programmi e ne dispone il finanziamento in relazione alla<br />
conformità agli indirizzi di programmazione regionale ed in base ad una analisi comparata a<br />
livello di sistema delle attività erogate e programmate, dei costi rilevati su base standardizzata,<br />
delle risorse necessarie.<br />
In riferimento agli esiti della sperimentazione, saranno adottati gli atti conseguenti per attivare a<br />
regime le soluzioni organizzative prescelte.<br />
14. Lo sviluppo della rete dei presidi<br />
14.1 Gli obiettivi generali per gli investimenti<br />
14.1.1. Nel triennio <strong>1999</strong> - <strong>2001</strong>, in materia di investimenti sulla rete di presidi del Servizio<br />
sanitario regionale, si individuano i seguenti obiettivi generali:<br />
- la riqualificazione e la razionalizzazione del sistema, anche attraverso il superamento o l'adeguamento<br />
di strutture vetuste e obsolete;<br />
- il potenziamento sia dei servizi ad alto contenuto tecnologico che di quelli territoriali di modesto<br />
impegno strumentale ma di ampia diffusione;<br />
- l'adeguamento alla costante evoluzione delle tecnologie, anche al fine di assicurare l'allineamento<br />
ai requisiti per l'accreditamento;<br />
- il perseguimento di standard di sicurezza attiva e passiva;<br />
- il raggiungimento di un comfort ambientale correlato al livello di vita della popolazione.<br />
I piani di intervento per l'attuazione degli obiettivi definiti si concretizzano con la predisposizione<br />
e l'aggiornamento dei programmi di investimento, le cui modalità di attuazione sono<br />
strettamente correlate alla disponibilità delle fonti di finanziamento: risorse ex art. 20 L. 67/88 e<br />
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SANITARIO<br />
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L. 135/90; Fondo sanitario in conto capitale; fondi regionali; risorse da autofinanziamento<br />
aziendale.<br />
14.1.2. Le risorse finanziarie già assegnate dal CIPE, quelle derivanti dal Fondo sanitario in<br />
conto capitale e le risorse proprie aziendali - prevalentemente reperite attraverso l'alienazione<br />
del patrimonio - permettono nel triennio di validità del piano sanitario, di raggiungere alcuni<br />
obiettivi attraverso l'attivazione progressiva di numerosi progetti.<br />
In particolare, vanno a compimento: i nuovi ospedali, sostitutivi della parte più obsoleta della<br />
rete ospedaliera; i reparti per la lotta all'AIDS; le strutture per l'assistenza alla nascita già programmate;<br />
la prima fase di un complesso progetto di realizzazione di strutture residenziali quali<br />
residenze per anziani non autosufficienti, residenze per dimessi dagli ospedali psichiatrici,<br />
strutture residenziali e semiresidenziali psichiatriche; una serie importante di strutture territoriali<br />
quali distretti, centri polifunzionali, centri organizzativi amministrativi.<br />
14.1.3. Ulteriori interventi sono contenuti nel programma esennale di investimenti sanitari ex<br />
art. 20 L. 67/88, adottato dal Consiglio regionale con deliberazione n. 328 del 30 settembre<br />
1997; tale programma è già stato approvato dal CIPE in data 6 maggio 1998 e pertanto gli<br />
interventi relativi sono ammessi a successivi finanziamenti. Sono previsti la strutturazione di<br />
un'efficiente rete ospedaliera con interventi di riorganizzazione degli ospedali portanti, ivi<br />
compresi quelli relativi alle Aziende Ospedaliere, ed il completamento della rete di presidi di<br />
assistenza extraospedaliera, in particolare RSA; il programma contiene la realizzazione di nuove<br />
strutture, anche alternative o sostitutive di strutture esistenti, e la riorganizzazione funzionale di<br />
strutture esistenti, intesa come adeguamento a normative in materia di sicurezza e standard<br />
sanitari.<br />
Il programma è parte di un processo più generale ed organico di adeguamento strutturale e<br />
tecnologico, orientato al perseguimento della sicurezza nella sua più ampia accezione e dei<br />
requisiti minimi per l'accreditamento; costituisce pertanto un intervento di pianificazione strategica<br />
che, in relazione alle risorse disponibili, opera su tutti i presidi del Servizio sanitario regionale.<br />
14.1.4. Ulteriori obiettivi perseguiti nel triennio di piano riguardano:<br />
- la progressiva istituzione, in via sperimentale di modelli organizzativi già disciplinati nel corso<br />
del precedente <strong>Piano</strong> sanitario regionale, quali foresteria, albergo sanitario, ospedale di comunità,<br />
diurni per prestazioni specialistiche; la realizzazione di nuove modalità operative all'interno<br />
di strutture già consolidate, come anche un riuso di strutture esistenti;<br />
- la diffusione progressiva di nuove tecnologie sanitarie di grosso impegno finanziario, quali<br />
P.E.T., stereotassi, adroterapia, tenuto conto della necessità di un contestuale rinnovo della base<br />
tecnologica esistente;<br />
- la progressiva messa a norma in termini di sicurezza e di standard sanitari degli impianti e<br />
delle strutture sanitarie, anche al fine di assicurare l'allineamento ai requisiti minimi per l'accreditamento;<br />
- la progressiva informatizzazione dell'intera rete regionale;<br />
- lo sviluppo delle strutture e delle dotazioni per le attività di libera professione intramuraria. A<br />
tal fine la Giunta regionale è incaricata di predisporre, entro 6 mesi dall'approvazione del <strong>Piano</strong>,<br />
un progetto che individui gli strumenti finanziari idonei a supportare progetti di investimento<br />
d'iniziativa delle aziende a sostegno degli operatori interessati e con l'obiettivo primario di<br />
concorrere alla riduzione dei tempi di accesso alle prestazioni.<br />
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14.2. Gli obiettivi specifici del programma di investimenti nel triennio <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> ed il relativo<br />
fabbisogno<br />
14.2.1. Il programma straordinario<br />
Gli interventi più significativi che fanno parte del programma di edilizia sanitaria approvato dal<br />
Consiglio <strong>Regionale</strong> il 30 settembre del 1997 e ammesso a finanziamento dal CIPE, riguardano<br />
in particolare: ulteriori interventi di riorganizzazione funzionale della rete portante ospedaliera<br />
dei presidi di Lucca, Pistoia, Prato, Pontedera, Livorno, S. Giovanni di Dio dell'Azienda USL<br />
10 Firenze; ulteriori interventi di riqualificazione della Azienda ospedaliera Careggi con la<br />
riorganizzazione ed ampliamento del padiglione S. Luca, - che realizza nel triennio la completa<br />
disponibilità di Villa Ognissanti per il trasferimento dell'Azienda Meyer, - la riorganizzazione<br />
delle chirurgie generali con il potenziamento del DEU, la riorganizzazione del C.T.O. con<br />
ampliamento per le aree chirurgiche e per la nuova sede per la rianimazione, altre opere correlate<br />
alla più generale riorganizzazione dell'intero complesso ospedaliero; ulteriori interventi di<br />
riqualificazione dell'Azienda ospedaliera Pisana con il completamento della riorganizzazione<br />
degli stabilimenti di Cisanello e di Santa Chiara, finalizzato a conseguire l'organizzazione<br />
dipartimentali e per aree funzionali coerentemente al modello di organizzazione sanitaria; la<br />
realizzazione di 29 RSA con 1.196 posti residenziali per anziani non autosufficienti, con funzioni<br />
aggiuntive quali centri diurni ed in molti casi distretti e poliambulatori; la realizzazione di<br />
strutture residenziali e semiresidenziali per psichiatria e disabili ed altre strutture territoriali<br />
quali poliambulatori e distretti.<br />
Questi interventi consentono di strutturare una efficiente rete ospedaliera con interventi di<br />
riorganizzazione degli ospedali portanti, di riqualificazione delle Aziende ospedaliere Careggi e<br />
Pisana e di portare a compimento le strutture di assistenza extraospedaliera, in particolare le<br />
RSA. Gli interventi medesimi sono realizzati attraverso la costruzione di nuove strutture, anche<br />
alternative o sostitutive di quelle esistenti, o la riorganizzazione funzionale intesa come adeguamento<br />
a normative in materia di standard sanitari, perseguendo inoltre l'obiettivo di adeguamento<br />
alle norme di sicurezza nella sua più ampia accezione.<br />
Tali interventi ammontano complessivamente a L. 901.232 milioni, di cui L. 675.502 milioni a<br />
carico dello Stato, L. 126.498 milioni con proventi derivanti da alienazioni patrimoniali e<br />
L.99.232 milioni a carico di ulteriori risorse aziendali, come di seguito articolati:<br />
Completamento programma esennale ex art. 20 L. 67/88 Importi (in miliardi)<br />
Presidi ospedalieri<br />
Ospedali portanti delle Aziende USL 318<br />
Ospedali delle Aziende ospedaliere 427<br />
Totale 745<br />
Presidi territoriali extra ospedalieri<br />
Anziani 125<br />
Disabili e Psichiatria 14<br />
Altre strutture territoriali 17<br />
Totale 163<br />
Totale generale 901<br />
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Gli interventi sono suddivisibili in due grosse categorie secondo lo stato di progettazione: interventi<br />
con progettazione esecutiva cantierabile; interventi con progettazione preliminare.<br />
L'impegno dello Stato è quello di reperire risorse dall'anno <strong>1999</strong> e negli anni successivi, quale<br />
quota di competenza per permettere l'avvio e la realizzazione di tutte le opere approvate dal<br />
CIPE in data 6 maggio 1998, mentre quello della Regione è di proseguire il programma, autorizzando<br />
progressivamente le Aziende sanitarie a predisporre un ulteriore pacchetto di progetti<br />
esecutivi cantierabili - ad oggi preliminari - necessari secondo le procedure vigenti per ottenere<br />
il finanziamento statale.<br />
Le risorse indicate dal CIPE per la Regione <strong>Toscana</strong>, relativamente al prosieguo del programma<br />
di investimenti sanitari ex art. 20 L. 67/88, permettono di uscire dalla fase di emergenza e di<br />
portare avanti un quadro coordinato di interventi, destinati ad incidere nel sistema.<br />
14.2.2. Gli interventi di mantenimento<br />
Escludendo la programmazione straordinaria degli investimenti, va sottolineato che un settore<br />
quale quello sanitario, ad alto gradiente tecnologico ed elevata obsolescenza, richiederebbe una<br />
componente ordinaria di investimento pari ad almeno il 5% del valore patrimoniale netto, corrispondente<br />
ad un ammortamento decennale delle tecnologie e degli impianti e trentennale nelle<br />
componenti strutturali, determinando un fabbisogno di almeno 300 miliardi annui.<br />
Esiste una progressiva obsolescenza tecnologica degli impianti e delle attrezzature, che rende<br />
necessaria una concentrazione programmata delle alte tecnologie con un contestuale rinnovo<br />
della base tecnologica esistente.<br />
A tale necessità fa riscontro un'assegnazione statale irrisoria del Fondo sanitario in conto capitale<br />
che rende necessario ed inderogabile confermare, nel triennio di validità del <strong>Piano</strong> sanitario,<br />
l'assegnazione annuale di risorse alle aziende sanitarie per il mantenimento del patrimonio<br />
strutturale e strumentale, ivi incluso l'adeguamento ai requisiti minimi per l'accreditamento. Su<br />
tale base vengono assicurate alle aziende risorse aggiuntive, permettendo di individuare, in<br />
relazione alle effettive disponibilità ed anche attraverso processi di autofinanziamento, un piano<br />
di interventi in materia di sicurezza complementare alla programmazione straordinaria già in<br />
essere.<br />
14.2.3. Sperimentazione di nuovi modelli funzionali di presidi<br />
Ulteriore obiettivo da perseguire nell'ambito del triennio di <strong>Piano</strong> riguarda la progressiva istituzione,<br />
in via sperimentale di modelli organizzativi già disciplinati dalla normativa regionale,<br />
quali foresteria, albergo sanitario, ospedale di comunità, diurni per prestazioni specialistiche, sia<br />
come modo nuovo di operare all'interno di strutture già consolidate che come riuso di strutture<br />
esistenti.<br />
15. L'ottimizzazione delle attività ospedaliere e la deospedalizzazione<br />
15.1. La riduzione del numero dei ricoveri<br />
L'esame dell'attività di ricovero ospedaliero, nel corso del triennio 1996-1998, evidenzia una<br />
sostanziale riduzione del numero dei ricoveri rispetto all'andamento registrato negli anni precedenti.<br />
Tale riduzione dell'attività peraltro non ha determinato un livellamento generalizzato della<br />
distribuzione dei ricoveri, ma ha trovato diversificazioni sostanziali rispetto alle modalità di<br />
fruizione delle strutture ospedaliere. La valutazione delle variazioni percentuali del triennio 96-<br />
98, sebbene i dati relativi al 1998 presentino ancora un grado di approssimazione che non consente<br />
valutazioni analitiche, evidenzia una situazione estremamente diversificata.<br />
Le tipologie di ricovero che presentano una forte contrazione sono i ricoveri ordinari con durata<br />
di degenza inferiore a due giorni e i day hospital di tipo medico; si registra una graduale dimi-<br />
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nuzione dei ricoveri con durata della degenza superiore a due giornate; risultano stazionari, con<br />
tendenza alla diminuzione, i ricoveri in regime di riabilitazione; sono in incremento i day hospital<br />
chirurgici.<br />
Anche il quadro delle dinamiche interne alle tipologie di ricoveri evidenzia sostanziali diversificazioni.<br />
La diminuzione percentuale dei ricoveri tra il 96 ed il 98 è pari al 7,7% per i ricoveri ordinari<br />
con durata di degenza superiore a due giorni, al 46,2% per i day hospital medici, al 29,6% per i<br />
ricoveri ordinari di durata inferiore a due giorni; l'incremento per gli stessi anni per i day hospital<br />
chirurgici è pari al 70,7%.<br />
Le prime considerazioni portano a ritenere che il sistema non solo stia sviluppando un processo<br />
selettivo nella diminuzione dell'attività di ricovero, ma anche un orientamento progressivo ad un<br />
uso diversificato dei processi di erogazione delle prestazioni e quindi dell'utilizzo del contenitore<br />
ospedaliero.<br />
Questa tendenza, naturale del sistema, si è attivata dall'incontro di due esigenze diverse: una di<br />
carattere quantitativo determinata dalla necessità di un contenimento dell'attività di ricovero,<br />
l'altra di carattere qualitativo, stimolata dalla esigenza di garantire attraverso la modificazione<br />
dell'offerta, risposte differenziate conformi ad esigenze sanitarie eterogenee.<br />
15.2. L'ottimizzazione delle attività di ricovero<br />
La capacità valutativa del sistema rispetto all'uso delle risorse e dei processi di erogazione delle<br />
prestazioni, deve trovare, nel corso del triennio di <strong>Piano</strong>, un adeguato sviluppo che consenta<br />
l'avvio di processi di innovazione organizzativa e professionale. Tali innovazioni consentono di<br />
graduare l'offerta di servizi sanitari calibrandola in relazione al bisogno sanitario della popolazione.<br />
In tale senso la Giunta regionale entro 180 giorni dall'entrata in vigore del presente <strong>Piano</strong>, è<br />
impegnata ad assumere un provvedimento organico che tenga conto dei seguenti elementi:<br />
1. la messa a regime del sistema di valutazione dell'attività di ricovero già attivato con il provvedimento<br />
deliberativo n. 932 del 13/8/98 "Valutazione dell'attività di ricovero";<br />
2. lo sviluppo dell'analisi e della valutazione epidemiologica;<br />
3. il mantenimento e lo sviluppo di modalità di rilevazione delle prestazioni di ricovero, adeguati<br />
a fornire strumenti conoscitivi ai fini della valutazione dei processi di deospedalizzazione, di<br />
modificazione degli assetti organizzativi e di variazione delle modalità di utilizzo del contenitore<br />
ospedaliero;<br />
4. l'attivazione di organiche forme di rilevazione delle attività alternative o integrative del<br />
ricovero ospedaliero;<br />
5. l'individuazione di componenti interne all'indice di ospedalizzazione, finalizzata alla determinazione<br />
di volumi e di tetti di attività, fermo restando il valore complessivo di 160 ricoveri<br />
ogni mille abitanti.<br />
Per la determinazione di cui al precedente punto 5) la Giunta regionale, secondo gli obiettivi di<br />
fine triennio e sulla base dei criteri di seguito indicati, definisce per ciascun anno del triennio i<br />
seguenti valori limite di ospedalizzazione:<br />
a) rispetto al contenimento dei ricoveri ordinari di durata superiore a due giorni di degenza,<br />
dovrà essere previsto uno specifico indice di ospedalizzazione, correlato allo sviluppo di forme<br />
alternative nel trattamento delle patologie che richiedono assistenza in strutture ospedaliere o<br />
assimilate. L'obiettivo per tale tipologia di ricovero è un indice di ospedalizzazione atteso a fine<br />
triennio pari a 120 ricoveri per mille abitanti, come valore indice medio regionale di ospedalizzazione;<br />
b) rispetto al contenimento dei ricoveri ordinari con durata della degenza inferiore a due giornate,<br />
dovranno essere previsti adeguati parametri connessi all'incidenza sulla popolazione degli<br />
eventi trattati con tale modalità, che siano in grado di ridurre la frequenza di tali eventi a valori<br />
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fisiologici. L'obiettivo per tale tipologia di ricovero è un indice di ospedalizzazione atteso a fine<br />
triennio pari a 10 ricoveri per mille abitanti, come valore indice medio regionale di ospedalizzazione;<br />
c) rispetto al contenimento dei ricoveri in regime di day hospital medico, dovranno essere<br />
previsti adeguati parametri connessi all'incidenza sulla popolazione degli eventi trattati con tale<br />
modalità, che siano in grado di ridurre la frequenza di tali eventi a valori fisiologici. L'obiettivo<br />
per tale tipologia di ricovero è un indice di ospedalizzazione atteso a fine triennio pari a 10<br />
ricoveri per mille abitanti, come valore indice medio regionale di ospedalizzazione;<br />
d) rispetto allo sviluppo dei ricoveri chirurgici in regime diurno, dovranno essere previste adeguate<br />
forme di incentivazione all'utilizzo di tale modalità di erogazione delle prestazioni, definendo<br />
in particolare la regolamentazione della "one day surgery". L'obiettivo per tale tipologia<br />
di ricovero è un indice di ospedalizzazione atteso a fine triennio pari ad almeno 20 ricoveri per<br />
mille abitanti, come valore indice medio regionale di ospedalizzazione.<br />
La Giunta è impegnata a stimolare i soggetti aziendali a ridefinire il proprio assetto strutturale in<br />
congruenza con le indicazioni sopra riportate.<br />
La Giunta è altresì impegnata a sviluppare la concreta realizzazione, da parte delle aziende<br />
sanitarie e delle strutture private, del sistema della rete ospedaliera, finalizzando l'intervento,<br />
oltre che alla razionalizzazione nell'uso delle risorse, anche alla congruenza tra la patologia da<br />
trattare e la risposta assistenziale. In tal senso, assume carattere prioritario l'attivazione di sistemi<br />
che consentano la concreta attuazione del percorso assistenziale, inteso come quel<br />
processo che si attiva con la presa in carico dell'utente da parte della struttura sanitaria che,<br />
facendosi carico del fabbisogno di prestazioni che devono essere erogate al soggetto, attiva nelle<br />
forme adeguate l'intervento dei settori organizzativi che sono deputati all'erogazione di tali<br />
prestazioni.<br />
Salva ed impregiudicata la libertà di scelta da parte dell'utente stesso, la Giunta regionale dovrà<br />
stimolare l'adozione, da parte delle Aziende, di metodiche e di procedure di integrazione tra il<br />
livello ospedaliero e quello territoriale, che evitino all'utente forme ingiustificate di ricerca delle<br />
strutture e delle professionalità idonee a trattare la propria patologia, sia nella fase acuta che<br />
nelle successive fasi di recupero, riabilitazione e reinserimento.<br />
Nell'ambito degli interventi di cui sopra, la Giunta regionale dovrà prevedere meccanismi che<br />
incentivino forme di collaborazione tra strutture pubbliche e private basati sulla integrazione dei<br />
relativi servizi.<br />
15.3. Le politiche di deospedalizzazione<br />
La diminuzione dei tassi complessivi di ospedalizzazione registrata nel triennio 1996-1998 si è<br />
accompagnata ad una importante riorganizzazione dell'assistenza ospedaliera in regime di<br />
ricovero, che ha determinato:<br />
- la riduzione del numero dei posti letto per patologie acute, indicata nella relazione allegata al<br />
presente <strong>Piano</strong>;<br />
- lo sviluppo di modalità di utilizzo degli spazi ospedalieri per attività specialistiche o per forme<br />
assistenziali di supporto all'erogazione dell'attività di ricovero ospedaliero;<br />
- l'avvio di un processo di semplificazione della rete dei presidi ospedalieri che vedrà la sua<br />
conclusione nel triennio con la messa in esercizio dei nuovi ospedali e la dismissione di una<br />
trentina di vecchie strutture.<br />
Per fornire una dimensione delle variazioni nell'utilizzo dell'ospedale, occorre sottolineare che,<br />
in termini assoluti, il processo di deospedalizzazione ha determinato nel triennio 1996-1998<br />
l'erogazione di circa 90.000 ricoveri in meno, tutti ascrivibili alla popolazione residente, essendo<br />
rimasta pressochè stabile nel medesimo periodo l'attività riferita ad utenti non residenti in <strong>Toscana</strong>,<br />
con valori che oscillano attorno a 60.000 ricoveri.<br />
Alla suddetta riduzione hanno contribuito:<br />
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- i ricoveri ordinari con durata della degenza superiore a due giorni, con un valore di circa<br />
38.000;<br />
- i ricoveri di durata inferiore a due giorni, con un valore di circa 23.000;<br />
- i ricoveri a ciclo diurno, con una diminuzione complessiva attorno a 27.000.<br />
La riduzione dell'attività di ricovero a ciclo diurno è stata determinata da due componenti interne<br />
di direzione opposta: la diminuzione del 50% dei ricoveri di tipo medico e l'aumento del 70%<br />
di quelli di tipo chirurgico.<br />
Come si può osservare alla riduzione del ricovero ospedaliero ha contribuito in maniera determinante,<br />
oltre alla contrazione dei ricoveri ordinari di durata superiore a due giorni, anche la<br />
diminuzione di quelli di durata inferiore a due giorni, per il miglioramento della funzione di<br />
filtro al ricovero legato all'introduzione, in varie realtà, di strutture di accettazione ed osservazione<br />
temporanea, nonché la riduzione della componente medica del ricovero diurno collegata<br />
alla riconduzione del day hospital diagnostico ad attività ambulatoriale.<br />
Si può osservare come alla riduzione del ricovero ordinario di durata superiore a due giorni<br />
faccia riscontro la crescita dell'attività di day surgery, evento che è di portata strategica per<br />
l'ulteriore sviluppo del processo di deospedalizzazione visto, non solo come minore utilizzo del<br />
contenitore "ospedale", ma anche come fattore di qualità dell'assistenza legata all'introduzione<br />
di tecniche interventistiche sempre meno invasive e demolitive, che non richiedono pertanto la<br />
permanenza in ospedale per un certo numero di giornate successive all'intervento.<br />
Occorre inoltre considerare che lo svolgimento di quote crescenti di procedure chirurgiche o di<br />
pratiche di diagnostica invasiva con modalità assistenziale tipica del ricovero ospedaliero a ciclo<br />
diurno, finisce per determinare modificazioni sostanziali degli assetti interni dell'ospedale. Nel<br />
mondo anglosassone si registrano attualmente incidenze del 50 - 60% di interventi eseguiti in<br />
"one day surgery" sul totale degli interventi. In tali condizioni, si osservano parametri affatto<br />
differenziati rispetto a quelli attuali in termini di numero di posti letto chirurgici e di strutturazione<br />
dell'assistenza, con possibilità di prevedere anche una ridistribuzione di risorse a favore di<br />
livelli assistenziali non ospedalieri.<br />
Risulta quindi importante fissare obiettivi di crescita di tale modalità interventistica con riconversione<br />
in day surgery di quote di attività chirurgica attualmente svolte in forma tradizionale.<br />
Per il triennio di piano, l'obiettivo è rappresentato dall'esecuzione di almeno il 30% dei casi<br />
chirurgici in forma di "one day surgery", rispetto all'attuale valore del 15%.<br />
In generale, la riduzione complessiva del 13% del numero dei ricoveri è stata raggiunta nel<br />
triennio 1996 - 1998 con interventi di potenziamento dei livelli assistenziali delle attività specialistiche<br />
non di ricovero ed in virtù della crescita di quelli espressi dai servizi sanitari territoriali.<br />
Lo sviluppo di tali livelli assistenziali è deducibile anche dall'analisi delle percentuali relative di<br />
assorbimento delle risorse all'inizio ed alla fine del triennio di <strong>Piano</strong> in scadenza.<br />
16. Lo sviluppo dei servizi territoriali<br />
16.1 La riduzione complessiva delle attività di ricovero ospedaliero è stata conseguita, nell'ambito<br />
del <strong>Piano</strong> 1996/1998, con azioni prevalentemente rivolte alla modifica dell'organizzazione<br />
interna dell'Ospedale.<br />
L'ulteriore salto di qualità previsto con il presente <strong>Piano</strong> richiede la continuità delle strategie di<br />
riorganizzazione dell'Ospedale, ma anche la contestuale immissione di politiche di sviluppo dei<br />
servizi sanitari territoriali di zona.<br />
La LR 72/98 individua una riorganizzazione complessiva delle attività territoriali caratterizzata<br />
da un forte incremento del bacino del distretto, dalla crescita della potenzialità operativa di<br />
questo ultimo e dal potenziamento della gamma dei servizi erogabili.<br />
Il processo di riorganizzazione sostituisce ai momenti di coordinamento distrettuale delle attività<br />
sanitarie e sociali, previsti dalla precedente normativa, una precisa responsabilità con specifici<br />
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compiti nella integrazione a livello distrettuale delle attività sanitarie con quelle di assistenza<br />
sociale, di programmazione operativa e di gestione del budget.<br />
16.2 La Giunta <strong>Regionale</strong> cura lo sviluppo ed il potenziamento dei servizi territoriali alternativi<br />
ed integrativi rispetto all'assistenza ospedaliera anche attraverso lo sviluppo di strutture e modalità<br />
assistenziali innovative di cui ai punti di seguito indicati.<br />
A tale scopo sono stanziati a favore delle Aziende USL 30 miliardi di lire nel triennio (di cui al<br />
punto 10.11) per lo svolgimento di specifici progetti con le modalità di cui al seguente punto<br />
16.3.<br />
Tali somme sono utilizzate quale cofinanziamento dei progetti aziendali nella misura massima<br />
del 50% dell'importo dei medesimi.<br />
16.3 La Giunta <strong>Regionale</strong> è tenuta ad indirizzare le attività distrettuali ed il potenziamento dei<br />
servizi territoriali, avendo a riferimento i criteri direttivi di cui ai successivi punti.<br />
16.3.1. La Giunta regionale nell'emanare i criteri direttivi di cui al punto precedente persegue i<br />
seguenti obiettivi:<br />
1. L'attivazione di progetti di prevenzione e educazione alla salute. Le attività di prevenzione e<br />
educazione alla salute dovranno essere rivolte alla collettività ed ai singoli utenti, allo scopo di<br />
indurre comportamenti e stili di vita corretti, nonché orientare la domanda di servizi e prestazioni<br />
sanitarie secondo criteri di appropriatezza. Tali attività dovranno essere progettate in coerenza<br />
e a supporto della realizzazione delle azioni programmate e dei progetti obiettivo del presente<br />
<strong>Piano</strong> <strong>Sanitario</strong>.<br />
2. Il potenziamento delle attività di assistenza domiciliare integrata attraverso la programmazione<br />
di incrementi, per ciascun anno del triennio, di almeno il 10% dell'attività svolta. La progettazione<br />
di tale attività dovrà individuare il ruolo dei diversi soggetti istituzionali e professionali<br />
interessati, anche allo scopo di favorire la coerenza, la continuità e l'integrazione degli interventi<br />
in campo sanitario e sociale.<br />
3. Lo sviluppo delle cure domiciliari attraverso progetti assistenziali rivolti a:<br />
- pazienti oncologici;<br />
- pazienti affetti da AIDS;<br />
- pazienti terminali, mediante la somministrazione integrata di cure palliative e di terapia del<br />
dolore;<br />
- pazienti affetti da patologie sociali.<br />
Le Aziende USL sono tenute all'attivazione dei progetti assistenziali sopraindicati entro il<br />
triennio di vigenza del <strong>Piano</strong>, anche avvalendosi delle Aziende ospedaliere.<br />
I rapporti con le Aziende ospedaliere sono instaurati attraverso accordi che dovranno essere<br />
contenuti nei PAL e nei PAO, indicando i tempi di attuazione nell'arco del triennio di vigenza<br />
del PSR<br />
Le cure presso il domicilio del paziente oncologico dovranno essere realizzate in stretto collegamento<br />
fra i medici di medicina generale e le strutture ospedaliere preposte nell'ambito di<br />
progetti assistenziali specifici.<br />
Per i pazienti affetti da AIDS si procederà alla somministrazione delle cure sulla base di progetti<br />
che vedranno coinvolti i medici di medicina generale e le strutture ospedaliere.<br />
Per i pazienti terminali i progetti dovranno soprattutto incentrarsi su una forte umanizzazione<br />
dell'assistenza e sulla predisposizione di cure palliative e di terapia del dolore.<br />
4. La diversificazione dell'offerta assistenziale attraverso lo sviluppo di strutture e modalità<br />
assistenziali innovative. Su tale versante un contributo importante è offerto dalla disciplina<br />
recata dalla deliberazione del Consiglio <strong>Regionale</strong> 25 novembre 1997, n. 384 "Sperimentazione<br />
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nuovi modelli organizzativi. Linee di indirizzo alle Aziende Sanitarie." con la quale sono<br />
regolate le seguenti forme e modalità:<br />
a) foresteria;<br />
b) albergo sanitario;<br />
c) ospedale di comunità;<br />
d) erogazione di prestazioni specialistiche in diurno;<br />
e) ospedalizzazione domiciliare.<br />
Occorre superare la fase sperimentale ed estendere le esperienze maturate a tutto il territorio<br />
regionale.<br />
5. Lo sviluppo delle attività di riabilitazione territoriale di cui alla parte II, capitolo IV, lettera F,<br />
del presente <strong>Piano</strong> e di quelle di assistenza riabilitativa, in particolare nei progetti assistenziali<br />
rivolti a pazienti affetti da esiti di ictus o di fratture di femore.<br />
La Giunta regionale al fine del raggiungimento degli obiettivi sopra descritti deve, altresì,<br />
definire ruoli, responsabilità e attribuzioni degli operatori coinvolti nei progetti assistenziali,<br />
nonché modalità di integrazione e ambiti d'intervento, garantendo gli strumenti operativi, gli<br />
strumenti di valutazione, gli interventi formativi e la semplificazione delle procedure amministrative.<br />
16.3.2. I medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta, gli operatori ospedalieri, gli<br />
operatori professionali e gli operatori sociali devono essere coinvolti dalle Aziende USL per la<br />
predisposizione dei progetti di cui al punto 16.3.1., avendo a riferimento gli obiettivi e gli strumenti<br />
ivi indicati, da realizzare anche attraverso i finanziamenti di cui al punto 10.11.<br />
16.3.3. Le Aziende USL, anche in collaborazione con le Aziende ospedaliere, presentano alla<br />
Giunta regionale specifici progetti da finanziare secondo i criteri e le modalità di cui ai punti<br />
10.11 e 16.3.<br />
Tali progetti sono soggetti, previa valutazione della loro conformità agli indirizzi e obiettivi di<br />
cui al punto 16.3., all'approvazione della Giunta regionale.<br />
La Giunta regionale valuta i progetti con priorità per quelli previsti ai punti 2 e 3 del punto<br />
16.3.1.<br />
16.4 L'obiettivo è quello di realizzare in ogni Azienda, entro la vigenza del <strong>Piano</strong>, almeno una<br />
delle forme strutturate di assistenza residenziale non ospedaliera e di individuare forme per lo<br />
sviluppo dell'erogazione di prestazioni specialistiche in diurno e dell'ospedalizzazione domiciliare.<br />
La Giunta <strong>Regionale</strong> è altresì tenuta ad indirizzare la graduale crescita degli interventi di<br />
cui punti 1, 2, 3, 4 e 5 del precedente punto 16.3.1, anche attraverso lo sviluppo di progettualità<br />
mirate, prevedendo comunque:<br />
a) la specificazione della disciplina delle strutture residenziali e delle modalità assistenziali<br />
anche sulla base delle esperienze fino ad oggi maturate;<br />
b) le modalità di rilevazione delle attività erogate secondo le varie forme assistenziali previste;<br />
c) la definizione di sistemi di valorizzazione delle attività erogate.<br />
La realizzazione e lo sviluppo delle forme assistenziali sopraindicate deve necessariamente<br />
coinvolgere, oltre alla struttura interna delle aziende, anche gli operatori delle convenzioni<br />
nazionali. La Giunta <strong>Regionale</strong> è tenuta a finalizzare agli obiettivi generali della deospedalizzazione<br />
e dello sviluppo dei servizi territoriali la contrattazione di livello regionale e l'indirizzo di<br />
quella di livello locale.<br />
Per le convenzioni nazionali relative agli operatori medici, gli obiettivi generali richiamati sono<br />
perseguiti attraverso: l'assunzione da parte del medico di medicina generale della responsabilità<br />
delle procedure assistenziali; l'individuazione del ruolo rispettivo dei medici di medicina<br />
generale, degli specialisti e dei medici del distretto; la definizione delle modalità di integrazione<br />
in ambito distrettuale; la semplificazione delle procedure amministrative; lo sviluppo di modelli<br />
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ambito distrettuale; la semplificazione delle procedure amministrative; lo sviluppo di modelli<br />
organizzativi, quali l'associazionismo, finalizzati a garantire un impegno programmato dei<br />
medici nelle strutture e nelle forme assistenziali sopra indicate.<br />
17. La riduzione delle liste di attesa<br />
17.1. Ai sensi e per gli effetti dell'art. 3, comma 10 del D. Lgs 124/98, la Giunta regionale con<br />
deliberazione 851 del 27.07.1998 ha dettato i criteri ai quali dovranno attenersi i direttori generali<br />
delle Aziende USL e delle Aziende ospedaliere nella individuazione dei tempi massimi di<br />
attesa per le prestazioni indicate nello stesso articolo.<br />
Più specificatamente la deliberazione della Giunta regionale stabilisce che:<br />
a) il tempo massimo di attesa per l'esecuzione delle prestazioni specialistiche e di day hospital<br />
diagnostico non può di norma superare i 60 giorni e quello per la messa a disposizione del<br />
referto i 10 giorni;<br />
b) la previsione di termini superiori deve essere adeguatamente motivata anche in rapporto ai<br />
tetti di attività determinati, dalla deliberazione di Giunta regionale n. 152 del 23.2.1998, per<br />
l'attività specialistica sulla base di 12 prestazioni per abitante e per l'attività di ricovero ospedaliero<br />
sulla base di 160 ricoveri per 1000 abitanti.<br />
La stessa delibera 851 citata impegna i direttori generali in azioni di miglioramento generale dei<br />
tempi di attesa per l'erogazione delle prestazioni fino al conseguimento nel triennio dei seguenti<br />
obiettivi: 30 giorni per l'esecuzione delle prestazioni e 5 giorni per la messa a disposizione del<br />
referto.<br />
17.2 L'obiettivo indicato dalla Giunta regionale per il triennio in corso è di 30 giorni per l'esecuzione<br />
delle prestazioni e 5 giorni per la messa a disposizione del referto, corrispondenti a standard<br />
qualitativi medi da cui partire per individuare un percorso teso a raggiungere obiettivi di<br />
ulteriore riduzione nel triennio.<br />
Allo scopo di facilitarne il perseguimento, così come al fine di migliorare l'accesso alle prestazioni<br />
programmate fruibili in regime di ricovero ospedaliero, la Giunta regionale è impegnata:<br />
- a monitorare trimestralmente l'andamento delle liste di attesa;<br />
- a valutare, contestualmente all'andamento delle liste di attesa, gli esiti dei provvedimenti<br />
assunti dalle aziende per il miglioramento dell'appropriatezza delle prestazioni;<br />
- a sviluppare le strutture e le dotazioni per le attività di libera professione intramuraria con<br />
l'obiettivo primario di concorrere alla riduzione dei tempi di accesso alle prestazioni;<br />
- a disaggregare per gruppi di prestazioni valutate in base all'urgenza per le quali è necessario<br />
stabilire tempi massimi inferiori ai trenta giorni;<br />
- a individuare il perseguimento dell'obiettivo della riduzione dei tempi di attesa quale criterio<br />
prioritario ai fini della valutazione dei programmi aziendali disposti ai sensi dei precedenti<br />
paragrafi 10 e 11.<br />
Le Aziende sanitarie sono impegnate a pubblicizzare, anche per via telematica e mediante i<br />
CUP, i tempi di attesa per le prestazioni specialistiche.<br />
CAPITOLO IV - LE POLITICHE DI SETTORE<br />
Premessa generale<br />
1. La Regione <strong>Toscana</strong> intende dare nuovo e organico impulso alle politiche più propriamente<br />
sanitarie del PSR, attraverso azioni generali di piano per mezzo delle quali qualificare e rendere<br />
efficaci i percorsi assistenziali e ottimizzare i modelli organizzativi esistenti.<br />
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Le politiche di settore di seguito delineate caratterizzano uno degli assi strategici essenziali del<br />
presente <strong>Piano</strong>: quello di mettere al centro del sistema sanitario il cittadino e le sue aspettative di<br />
salute e di assistenza, dando priorità effettiva a questo aspetto dell'impegno per la qualificazione<br />
del servizio.<br />
Lo sviluppo delle politiche sanitarie è altresì finalizzato a superare i limiti di una visione eccessivamente<br />
economicistica della sanità e mira a rispondere positivamente alle sollecitazioni dei<br />
cittadini e delle associazioni dei pazienti ed a valorizzare l'apporto delle professioni al piano<br />
medesimo.<br />
2. Le azioni presenti nel <strong>Piano</strong> non esauriscono il quadro delle iniziative possibili e necessarie,<br />
ma rappresentano la proposizione di quelle più consolidate - sulle quali sono già stati espressi<br />
indirizzi programmatici da parte del Consiglio regionale - e di quelle nuove, più mature ed<br />
urgenti, sulle quali si è evidenziata una forte richiesta da parte della cittadinanza.<br />
La Giunta regionale, avvalendosi della consulenza tecnico-professionale del Consiglio sanitario<br />
regionale, è impegnata a proporre al Consiglio regionale un ulteriore sviluppo delle politiche di<br />
settore, sotto forma di azioni programmate o di direttive e linee guida, in coerenza con gli<br />
indirizzi generali del piano sanitario regionale e con gli obiettivi di salute indicati dal <strong>Piano</strong><br />
sanitario nazionale, più particolarmente quelli riferiti al controllo delle principali patologie, così<br />
come richiamati al punto 4.1 della parte I del presente <strong>Piano</strong>, con riferimento a quelle di seguito<br />
indicate:<br />
- malattie allergiche e del sistema immunitario;<br />
- malattie reumatiche croniche;<br />
- malattie dell'apparato respiratorio;<br />
- malattie dell'apparato digerente;<br />
- malattie del sistema nervoso centrale.<br />
3. Le Commissioni regionali, chiamate dal <strong>Piano</strong> a sostenere l'attuazione delle azioni programmate,<br />
verranno istituite dalla Giunta regionale con successivi appositi atti deliberativi, secondo<br />
una composizione che risponda ai seguenti criteri:<br />
- una parte politica, che esprime la Presidenza della Commissione (l'Assessore o suo delegato);<br />
- una parte rappresentativa delle strutture organizzative delle Aziende sanitarie interessate agli<br />
obiettivi dell'azione programmata;<br />
- una parte professionale, la cui designazione è competenza del Consiglio <strong>Sanitario</strong> <strong>Regionale</strong>;<br />
- una parte di esperti di nomina regionale, ove ritenuto necessario;<br />
- una parte di soggetti esterni da individuare in relazione alla specificità dell'azione programmata<br />
proposta (Associazioni di pazienti, organismi di tutela, volontariato, privati).<br />
4. Gli strumenti di rilevazione dei dati epidemiologici proposti nei progetti obiettivo costituiscono<br />
lo sviluppo, su tematiche specifiche, del sistema a rete di osservazione epidemiologica<br />
che il piano intende contribuire a sviluppare e che è affidato dalla LR 71/98 al coordinamento<br />
dell'osservatorio epidemiologico regionale istituito all'interno dell'Agenzia <strong>Regionale</strong> di Sanità.<br />
I nuovi centri di raccolta dati stabiliranno con l'osservatorio epidemiologico regionale un rapporto<br />
organico che consenta di colmare le attuali carenze conoscitive e di fornire nuovi elementi<br />
utili alla programmazione sanitaria.<br />
A) LA PREVENZIONE COLLETTIVA<br />
1. Il contesto<br />
I cambiamenti intervenuti nel paese negli ultimi anni determinano la ricerca di un approccio più<br />
adeguato e qualificato, da parte dei servizi sanitari ai problemi della salute e della prevenzione.<br />
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In questo senso è necessario tenere conto di alcune determinanti sociali, ambientali e individuali<br />
che si correlano con la tutela e la prevenzione della salute, e pur nei limiti di compatibilità<br />
assunti, continuare a garantire per tutti i cittadini gli stessi livelli uniformi di assistenza e le<br />
stesse opportunità di salute.<br />
Si tratta di rendere fattibili e concrete le dichiarazioni di intenti assunte con le leggi e gli atti di<br />
programmazione e di intervenire più incisivamente sui fattori di rischio e sulle situazioni di<br />
danno.<br />
L'emergere di nuove e complesse patologie che possono essere più efficacemente affrontate al<br />
loro insorgere, intervenendo con azioni mirate sui comportamenti e sugli stili di vita, sulle<br />
condizioni di lavoro e sugli aspetti produttivi, richiama un ruolo sempre più strategico della<br />
prevenzione, sia come anello di congiunzione nei confronti di una tendenza sempre più specialistica<br />
e parcellizzata della medicina (fra cura e prevenzione e fra salute e ambiente), sia come<br />
momento di promozione e risposta ad istanze diffuse e diversificate.<br />
In tal senso l'implementazione nel triennio delle attività di prevenzione collettiva, integrate a<br />
tutti i livelli possibili con quelle di protezione ambientale di competenza dell'ARPAT, rappresenta<br />
una componente strategica di rilievo per il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità<br />
indicati dal <strong>Piano</strong> <strong>Regionale</strong> di Sviluppo.<br />
2. Dalle attività di prevenzione al sistema di prevenzione<br />
2.1. I rapporti salute umana - ambiente - sanità animale<br />
La prevenzione si deve trasformare e qualificare da un insieme più o meno strutturato ed articolato<br />
di interventi, delegati essenzialmente al servizio pubblico, a un sistema integrato di soggetti<br />
e risorse, con ruolo e competenze definite. Tale sistema è fondato su un'organizzazione a rete<br />
dei servizi pubblici (comprendenti i dipartimenti di prevenzione, le agenzie ambientali, gli<br />
istituti zooprofilattici, le strutture regionali di supporto e quelle nazionali) e sulla piena responsabilizzazione<br />
dei diversi soggetti, individuali o collettivi, che devono assumere la prevenzione<br />
e la sicurezza non come una variabile dell'attività produttiva, ma un dato organico e stabile del<br />
proprio essere, impresa, azienda, cantiere. La norma non deve più apparire come un atto d'obbligo,<br />
un ennesimo adempimento di carattere burocratico-formale, ma deve essere condivisa e<br />
attuata per l'efficacia del fine che si propone; in tal senso è necessario sviluppare e richiedere la<br />
convergenza delle azioni di tutti i soggetti coinvolti ed esercitare la massima informazione e<br />
sensibilizzazione sui vari aspetti degli interventi preventivi. Questo implica, come esplicitato dal<br />
<strong>Piano</strong> sanitario nazionale, una forte integrazione tra progetti e attività dei Dipartimenti di Prevenzione<br />
collettiva, e progetti ed attività degli altri soggetti del costituendo "sistema di prevenzione"<br />
ed in primo luogo dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale, per gli stretti<br />
legami che esistono tra la salute dell'uomo e l'ecosistema ambientale nel suo complesso, e<br />
dell'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Regioni Lazio e <strong>Toscana</strong>, per la rilevanza dello<br />
sviluppo del patrimonio zootecnico e per lo stretto legame fra salute umana e salubrità dei<br />
prodotti di origine animale. Devono essere, inoltre, ricercati e sviluppati rapporti di collaborazione<br />
e di cooperazione con gli altri organismi ed agenzie di carattere nazionale, quali l'Istituto<br />
Superiore di Sanità e l'ISPESL.<br />
2.2. La salute e l'ambiente<br />
È sempre più evidente che la promozione della salute non dipende solo dall'efficienza del sistema<br />
sanitario e dall'efficacia delle prestazioni erogate, ma anche da altri fattori fra i quali si<br />
evidenziano quelli di origine ambientale. Ciò comporta la ricerca e la realizzazione di una<br />
pratica integrata degli aspetti di prevenzione collettiva e di protezione ambientale, sviluppando<br />
azioni ed interventi per migliorare le conoscenze, per intensificare e quindi qualificare l'attività<br />
delle diverse strutture, nell'ottica di definire strategie comuni, e realizzare piani di intervento<br />
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sugli ambiti che hanno maggiore rilevanza per la salute e cioè: aria, acqua, alimenti, radiazioni<br />
ionizzanti e non, rifiuti rumore, pianificazione territoriale, formazione ed educazione per la<br />
promozione della salute e la protezione dell'ambiente.<br />
La Regione <strong>Toscana</strong> ha ormai completato la fase di impianto e di consolidamento organizzativo<br />
dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale e deve governare il processo di collaborazione<br />
e di integrazione fra le entità istituzionali ed organizzative che si sono nel frattempo<br />
costituite, sulla base del rispetto delle specifiche competenze e della diversificazione dei ruoli.<br />
A tale scopo la Regione, a norma del comma 1, lettera d) e del comma 3 dell'art. 2 della LR<br />
66/95, dovrà stabilire le forme e le modalità di collegamento fra i dipartimenti del centro direzionale<br />
e l'ARPAT, ed ugualmente dovrà stabilire il coordinamento e l'integrazione fra i diversi<br />
livelli istituzionali che operano nell'ambito della prevenzione collettiva e della protezione ambientale.<br />
In attesa della stipula degli accordi di programma di cui all'art. 5 della stessa legge, dovranno,<br />
inoltre, definirsi intese e protocolli operativi per promuovere e realizzare programmi integrati<br />
con priorità ai temi sottoindicati e che dovranno essere recepiti nel programma di attività dell'ARPAT,<br />
di cui all'art. 10 della LR 66/95.<br />
In merito alla matrice "aria" gli interventi prioritari riguardano la riduzione dell'inquinamento<br />
atmosferico negli agglomerati urbani, la verifica per quanto attiene i rischi sanitari degli impianti<br />
per il trattamento dei rifiuti e delle centrali termiche nonché delle industrie insalubri e la<br />
riduzione dell'inquinamento degli ambienti confinati, in particolare per i fattori di rischio derivanti<br />
dalle caratteristiche costruttive e dal radon.<br />
L'uso pianificato e razionale della risorsa idrica, il miglioramento qualitativo delle acque potabili<br />
a partire dal monitoraggio delle fonti di approvvigionamento, la gestione ed il controllo degli<br />
scarichi fognari e delle acque reflue costituiscono altrettanti obiettivi di azioni comuni, nell'ambito<br />
della matrice "acqua", fra ambiente e sanità.<br />
Un altro ambito di particolare rilevanza è quello delle radiazioni ionizzanti con interventi per la<br />
riduzione dell'esposizione a radon e per la riduzione del rischio "sanitario", riferito agli esami<br />
non necessari e alla qualità delle apparecchiature e quello delle radiazioni non ionizzanti sull'approfondimento<br />
delle possibili correlazioni fra la diffusione delle onde e delle apparecchiature<br />
elettromagnetiche e a microonde ed eventuali rischi per la salute.<br />
Costituiscono obiettivi da perseguire per la matrice "suolo": la sorveglianza ed il monitoraggio<br />
degli impianti di smaltimento dei rifiuti, la sensibilizzazione sulla raccolta differenziata e sullo<br />
smaltimento controllato di rifiuti pericolosi, la vigilanza e l'adozione di specifiche iniziative<br />
finalizzate alla riduzione dell'inquinamento da fitofarmaci.<br />
Considerato l'inquinamento acustico che si registra nelle aree urbane ed extraurbane della nostra<br />
regione, un obiettivo da perseguire è quello di valutare il clima acustico e di fornire un supporto<br />
tecnico alla zonizzazione del territorio che i comuni devono operare, con lo scopo di ridurre<br />
l'impatto dell'inquinamento acustico, e di emanare misure preventive.<br />
Inoltre si segnalano le seguenti iniziative di carattere complessivo:<br />
- verifica e valutazione dei rapporti in essere (convenzioni, protocolli d'intesa, procedure integrate)<br />
fra ARPAT e Aziende USL, ed evidenziazione dei "punti critici";<br />
- attuazione e sviluppo di procedure integrate fra prevenzione collettiva e protezione ambientale<br />
nell'ambito del progetto Sistema Informativo Nazionale e <strong>Regionale</strong> per l'Ambiente (S.I.N.A. -<br />
SI.R.A.), in particolare per la quota riferita alle attività dei Dipartimenti di Prevenzione che<br />
provengono dagli ex Servizi multizonali. L'attuazione delle procedure consentirà di realizzare i<br />
programmi integrati tra prevenzione collettiva e protezione ambientale, finalizzati ad una gestione<br />
dei dati e delle informazioni per una conoscenza sempre più precisa delle interconnessioni<br />
fra stato dell'ambiente e stato di salute della popolazione nella nostra regione;<br />
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- definizione, in accordo con l'ARPAT, di programmi e di obiettivi di proficuo utilizzo, a fini<br />
documentativi, informativi, formativi ed educativi, del CEDIF, in attuazione dell'art. 29 della<br />
LR66/95;<br />
- prosecuzione e attuazione di progetti comuni definiti dal Comitato tecnico regionale dei Dipartimenti<br />
di prevenzione, di cui al comma 13 dell'art. 33 della LR 72/98 e dall'ARPAT, in occasione<br />
di una specifica conferenza organizzativa.<br />
2.3. L'Istituto Zooprofilattico Sperimentale<br />
L'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e <strong>Toscana</strong> rappresenta un supporto<br />
tecnico-scientifico essenziale per l'attività dei servizi veterinari delle Aziende USL e diventa<br />
quindi indispensabile, anche ai sensi del punto 1, comma 1 dell'art. 9 della LR 72/98 definire<br />
modalità di raccordo funzionale, tecnico ed operativo fra le diverse strutture organizzative.<br />
Ugualmente rilevante è il ruolo dell'I.Z.S. nello sviluppo del sistema produttivo agro-alimentare<br />
e nella tutela dei consumatori.<br />
La legge regionale di riordino dell'I.Z.S., in attuazione di quanto stabilito dal DLgs 270/93,<br />
sottolinea il ruolo strategico dell'Istituto nell'ambito della programmazione regionale e nazionale<br />
del settore. In particolare, anche alla luce dell'esperienza maturata, si individuano le seguenti<br />
iniziative:<br />
- conferenza organizzativa annuale fra I.Z.S. e Dipartimenti di prevenzione delle Aziende USL,<br />
al fine di verificare i risultati delle attività e di orientare i progetti integrati. In tale iniziativa è<br />
previsto il coinvolgimento della Facoltà di Veterinaria di Pisa e la partecipazione delle rappresentanze<br />
imprenditoriali e sindacali;<br />
- definizione di programmi comuni fra I.Z.S. e Dipartimenti di prevenzione delle Aziende USL,<br />
per la qualificazione degli interventi e per migliorare l'offerta delle prestazioni.<br />
2.4. La centralità e la responsabilità dell'utente<br />
Nel delineare il nuovo sistema di prevenzione un elemento determinante da considerare è la<br />
centralità dell'utente sia come soggetto di diritto che come parte attiva e responsabile delle varie<br />
fasi del progetto che si intende realizzare.<br />
L'obiettivo della maggiore responsabilizzazione dell'utente a partecipare al sistema è perseguito<br />
attraverso l'attuazione delle azioni programmatiche "Lavoro e Salute" e "Alimenti e Nutrizione"<br />
e delle direttive di seguito riportate.<br />
3. L'organizzazione<br />
3.1. Il Dipartimento di prevenzione<br />
Il Dipartimento di Prevenzione, istituito ai sensi dell'art. 7 Decreto Legislativo 517/93, è titolare<br />
delle competenze di cui agli artt. 16, 20 e 21 della Legge 833/78 e assolve alle funzioni di<br />
promozione e tutela della salute della popolazione attraverso la conoscenza dei fattori di nocività<br />
di origine ambientale, umana, alimentare e animale presenti negli ambienti di vita e di lavoro<br />
e mediante la loro prevenzione.<br />
Tali funzioni sono assicurate tramite le articolazioni organizzative di cui all'art. 33 comma 2<br />
della LR 72/98:<br />
- igiene e sanità pubblica;<br />
- prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro;<br />
- igiene degli alimenti e della nutrizione;<br />
- sanità pubblica veterinaria;<br />
- medicina legale.<br />
In ordine ai riferimenti legislativi prima richiamati ed ai conseguenti obiettivi da perseguire, il<br />
Dipartimento di Prevenzione viene ad assumere una forte ed autonoma connotazione organizza-<br />
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tiva che ha come componenti strutturali le professionalità, che vanno a costituire le unità operative<br />
facenti riferimento ai "servizi" indicati dal Decreto Legislativo 517/93, e come componenti<br />
funzionali tipologie organizzative flessibili ed interdisciplinari, in grado di modellarsi ed aderire<br />
alle specificità di ogni territorio. Sono riconducibili a queste tipologie le unità funzionali, i<br />
gruppi di progetto, i moduli tematici o per problema.<br />
Ad ogni componente organizzativa, sia essa strutturale o funzionale, è preposto un responsabile<br />
da individuarsi in base al carattere prevalentemente tecnico-operativo o organizzativo della<br />
funzione da svolgere.<br />
Obiettivo del Dipartimento è l'erogazione dei livelli essenziali e appropriati di prestazioni su<br />
tutto il territorio della unità sanitaria locale.<br />
Nel triennio il Dipartimento di Prevenzione dovrà migliorare la qualità e l'efficacia degli interventi<br />
attraverso l'adozione di un programma triennale di attività articolato per progetti, anche<br />
integrati, con riferimento alle specifiche situazioni di rischio e di danno, sviluppando un ruolo<br />
propulsivo ed attivo nei confronti di tutti i soggetti, pubblici e privati, della prevenzione.<br />
In particolare il programma dovrà prevedere:<br />
- strumenti di razionale utilizzo delle risorse al fine di assicurare il loro impiego ottimale;<br />
- sistemi di verifica di efficienza ed efficacia delle funzioni assicurate, attraverso l'individuazione<br />
di indicatori di risultato sulla base di specifici indirizzi della Giunta regionale;<br />
- valutazione analitica dell'evoluzione senza e con intervento;<br />
- valorizzazione dell'apporto di lavoro interdisciplinare, prevedendo procedure che assicurino<br />
integrazione programmatica ed operativa delle attività afferenti al Dipartimento;<br />
- la collaborazione con la Direzione aziendale per la valutazione epidemiologica e la conseguente<br />
programmazione degli interventi per prevenire i rischi e ridurre le situazioni di danno;<br />
- il coordinamento dei programmi sviluppati dal Dipartimento di Prevenzione con quelli realizzati<br />
dall'ARPAT, tramite opportuni protocolli d'intesa, e dall'Istituto zooprofilattico.<br />
La Giunta regionale, entro il primo anno di attuazione del presente <strong>Piano</strong>, in coerenza con gli<br />
indirizzi nazionali in materia, emana specifiche linee guida per l'organizzazione ed il funzionamento<br />
dei Dipartimenti di prevenzione.<br />
Le Aziende USL possono stipulare accordi per facilitare, su temi di interesse comune, interventi<br />
coordinati ed integrati tra i rispettivi Dipartimenti di Prevenzione.<br />
La Giunta <strong>Regionale</strong>, entro 120 giorni dall'esecutività del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, impartirà<br />
specifiche direttive finalizzate ad individuare gli strumenti di verifica e gli indicatori di risultato<br />
relativi alle attività di prevenzione collettiva svolte dalle Aziende USL.<br />
3.2. Il Comitato tecnico regionale<br />
In attuazione a quanto disposto dall'art. 33, comma 13 della LR 72/98 è costituito il Comitato<br />
tecnico dei Dipartimenti di prevenzione delle Aziende USL presieduto dal Responsabile della<br />
struttura operativa competente del Centro Direzionale della Giunta regionale.<br />
Sono compiti del Comitato tecnico elaborare proposte per:<br />
- piani e programmi integrati interaziendali;<br />
- l'omogeneizzazione delle risposte e delle prestazioni, anche in riferimento alla determinazione<br />
delle tariffe;<br />
- l'organizzazione delle funzioni regionali;<br />
- la formulazione di indirizzi per la realizzazione di una rete informativa integrata;<br />
- la promozione di iniziative nei confronti di INAIL e ISPESL per l'acquisizione delle informazioni,<br />
utili per la prevenzione, di cui al comma 3, art. 7 del decreto legislativo 502/92;<br />
- la predisposizione di metodi e strumenti per il controllo di gestione e per la valutazione dei<br />
risultati.<br />
Fanno parte del Comitato tecnico i responsabili dei Dipartimenti di prevenzione.<br />
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Il Comitato tecnico si articola in sezioni permanenti o a termine e determina le modalità attraverso<br />
le quali garantire la partecipazione alle sedute delle professionalità non presenti all'interno<br />
del Comitato medesimo.<br />
4. Azione programmata: Lavoro e salute<br />
4.1. Il quadro di riferimento<br />
La situazione dei rischi e delle malattie professionali derivanti dal lavoro in <strong>Toscana</strong> è correlata<br />
con la realtà economico produttiva complessa ed articolata della Regione: accanto ai dati che<br />
denotano l'alta frequenza di infortuni nei settori dell'agricoltura, delle cave, dell'edilizia e della<br />
metallurgia emergono patologie multifattoriali, in prevalenza di tipo cronico - degenerativo la<br />
cui causa è imputabile a fattori genetici, stili di vita e comportamenti, rapporti sociali e condizioni<br />
ambientali.<br />
Un problema assolutamente prioritario è rappresentato dalla recrudescenza degli infortuni<br />
mortali, avvenuti negli anni 1997 e 1998.<br />
I costi della mancata prevenzione sono estremamente alti, sia in termini sociali che in termini<br />
economici: secondo il rapporto della Commissione d'indagine parlamentare, questi ultimi sono<br />
pari a 55000 miliardi per anno, con una stima per la <strong>Toscana</strong> di circa 4.000 miliardi, cioè 2/3 del<br />
bilancio regionale per la sanità.<br />
4.2. I principi guida<br />
I principi guida dell'azione scaturiscono dal Programma <strong>Regionale</strong> di Sviluppo 98-2000 (titolo<br />
1, capitolo 2, paragrafo 5) e dalla Risoluzione del Consiglio <strong>Regionale</strong> n. 44 del 16 giugno 1998<br />
in materia di sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro e in sintesi sono:<br />
- ordinamento tecnico fra tutti gli Enti, gli organismi e gli Uffici della PA che hanno competenze<br />
in tema di prevenzione nei luoghi di lavoro (Regione, Azienda USL, Ispettorato del Lavoro,<br />
INAIL, ISPESL, Corpo dei Vigili del fuoco, U.P.I., A.N.C.I.) anche attraverso il funzionamento<br />
del Comitato <strong>Regionale</strong> di cui all'art.27 del Decreto Legislativo 626/94;<br />
- costruzione di rapporti stabili con le componenti tecniche aziendali, costituite ai sensi del<br />
Decreto Legislativo 626/94 (servizi di protezione, medici competenti, esperti qualificati);<br />
- sviluppo di politiche integrate fra i diversi settori istituzionali (sanità, formazione, ambiente,<br />
sviluppo economico) per un'assunzione sistematica e piena del principio della tutela della salute<br />
nelle scelte generali di sviluppo economico e sociale. Un'attenzione particolare deve essere<br />
posta sulle iniziative di informazione e formazione, con particolare riferimento ai nuovi soggetti<br />
della prevenzione di cui al D. Lgs 626/94 e, tra questi, soprattutto ai rappresentanti dei lavoratori<br />
per la sicurezza;<br />
- sviluppo della concertazione fra le parti sociali e le istituzioni, proseguendo nell'esperienza in<br />
corso del "tavolo per l'occupazione e la sicurezza", per favorire e incentivare la piena applicazione<br />
del modello di prevenzione sancito dal Decreto Legislativo 626/94, che si fonda sul ruolo<br />
primario esercitato dai datori di lavoro e dai lavoratori e sulle funzioni di informazione, assistenza,<br />
vigilanza e controllo svolte dai dipartimenti di prevenzione delle Aziende USL.<br />
4.3. Le finalità dell'azione<br />
- diminuire la frequenza e la gravità degli infortuni, assumendo iniziative specifiche per ridurre<br />
gli infortuni mortali e/o di grave entità;<br />
- assicurare la finalizzazione coordinata degli interventi attuati, per migliorare la sicurezza e la<br />
salute dei lavoratori.<br />
- valorizzare tutte le componenti del sistema di prevenzione (soggetti pubblici e privati), qualificando<br />
il ruolo dei dipartimenti di prevenzione delle Aziende Sanitarie e ottimizzando l'uso delle<br />
risorse attraverso forme di coordinamento funzionale;<br />
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- analizzare e interpretare i rischi ed i danni connessi alle condizioni di lavoro, con particolare<br />
attenzione all'evoluzione produttiva e del mercato del lavoro, al fine di programmare l'attività di<br />
prevenzione, definire le priorità e ridurre l'incidenza dei danni;<br />
- favorire un rapporto più agevole e diretto fra gli utenti e le strutture della prevenzione collettiva,<br />
completando la rete degli sportelli unici anche alla luce della recente normativa sul decentramento<br />
e sullo sportello unico del Comune;<br />
- rendere disponibili strumenti di analisi per la sicurezza e l'igiene nei luoghi di lavoro e banche<br />
dati per le relative soluzioni, atte al risanamento degli ambienti e all'eliminazione dei rischi. In<br />
tale ambito si inserisce l'attività dell'osservatorio TAV finalizzata a monitorare le situazioni di<br />
rischio connesse con la realizzazione della TAV, lo stato di salute dei lavoratori impiegati, gli<br />
infortuni, l'attività dei servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro, i provvedimenti adottati. Alla<br />
realizzazione di tale osservatorio concorre, con il Dipartimento di Prevenzione dell'Azienda<br />
USL 10 di Firenze, la sezione di epidemiologia occupazionale della UO di epidemiologia del<br />
CSPO;<br />
- promuovere la prevenzione e la sicurezza negli ambienti della pubblica amministrazione ed, in<br />
via prioritaria, in quelli delle strutture sanitarie, secondo quanto indicato dal <strong>Piano</strong> sanitario<br />
nazionale;<br />
- approfondire la conoscenza dell'impatto ambientale complessivo delle attività produttive<br />
toscane, in relazione sia alle ricadute sulla sicurezza e la salute dei lavoratori, che a quelle sugli<br />
equilibri ecologici del territorio e sulla salute della popolazione, sviluppando la collaborazione<br />
tra dipartimenti di prevenzione delle Aziende USL e ARPAT.<br />
4.4. I soggetti e i ruoli<br />
4.4.1. Regione<br />
La Regione, nel corso del triennio , tramite gli uffici della Giunta assicura:<br />
- la continuità del confronto con le forze sociali sulla base dello specifico protocollo di intesa<br />
siglato nel 1998;<br />
- l'avvio ed il funzionamento del Comitato di Coordinamento tecnico, così come stabilito dall'art.<br />
27 del Decreto Legislativo 626/94 e recepito con deliberazione della Giunta regionale n.<br />
474/98;<br />
- il monitoraggio dell'attuazione del Decreto Legislativo 626/94, secondo quanto stabilito dalla<br />
Conferenza dei Presidenti delle Regioni, su un campione rappresentativo delle imprese presenti<br />
nel territorio regionale;<br />
- il sostegno per le iniziative di informazione, formazione ed assistenza per lo sviluppo del<br />
sistema di prevenzione nel suo complesso, tramite il potenziamento della specifica struttura<br />
regionale e la costituzione di una task-force che operi in diretto rapporto con la competente<br />
struttura della Giunta <strong>Regionale</strong> e con il Coordinamento dei Dipartimenti di Prevenzione;<br />
- l'indirizzo ed il coordinamento dei piani mirati nei settori dell'agricoltura, dell'edilizia, delle<br />
cave, dei porti e in materia di radioprotezione e di rischi derivanti dall'amianto. La prosecuzione<br />
delle azioni "alta velocità" e "sportello unico per la prevenzione";<br />
- l'indirizzo ed il coordinamento per lo sviluppo del sistema informativo e delle rilevazioni<br />
inerenti la sicurezza nei luoghi di lavoro, con riferimento alla qualità e all'accreditamento;<br />
- lo svolgimento di iniziative specifiche nei temi dell'ergonomia, anche attraverso la realizzazione<br />
di un progetto sperimentale che si avvalga del contributo del Centro Ricerche di Ergonomia<br />
istituito presso l'Azienda USL 10 di Firenze;<br />
- lo svolgimento di iniziative specifiche nel campo della tutela della salute riproduttiva delle<br />
donne lavoratrici, con particolare attenzione alla informazione sui rischi, ai diritti assicurativi ed<br />
ai raccordi operativi tra i diversi enti che hanno competenze in materia. Specifiche iniziative<br />
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verranno attivate per promuovere l'applicazione della normativa sulla tutela della lavoratrici<br />
madri, con particolare riferimento al DLgs 645/96 che recepisce la direttiva comunitaria 92/85<br />
concernente "L'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della<br />
salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento";<br />
- la valutazione, anche attraverso i Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende USL, dei requisiti<br />
di igiene e sicurezza dei progetti delle aziende agricole, finanziati dalla Regione <strong>Toscana</strong> per<br />
favorire la promozione e lo sviluppo del settore;<br />
- l'assunzione di iniziative specifiche per migliorare le attuali conoscenze sulle condizioni di<br />
lavoro e di salute, sugli infortuni e sulle malattie professionali, con scopi preventivi, assicurativi<br />
e medico legali.<br />
In particolare per quanto attiene le malattie professionali, la Regione e i Dipartimenti di Prevenzione<br />
svilupperanno le seguenti azioni mirate:<br />
- di controllo ed elaborazione dei dati provenienti da fonti routinarie di informazione, con il<br />
coinvolgimento dei centri diagnostici, dei medici competenti, dei medici di base e dell'INAIL,<br />
anche al fine di ampliare l'osservazione degli eventi attualmente non registrati nelle rilevazioni<br />
ufficiali;<br />
- di ricerca attiva di malattie correlate al lavoro, particolarmente rilevanti sotto il profilo della<br />
gravità, diffusione e prevenibilità;<br />
- di collaborazione con l'ISPELS al fine di instaurare e migliorare i flussi informativi ed operativi<br />
intercorrenti, per la registrazione e sorveglianza epidemiologica delle popolazioni lavorative<br />
esposte a rischio.<br />
Per quanto attiene invece il problema degli infortuni sul lavoro, si dovrà prevedere l'ottimizzazione<br />
dell'utilizzo di tutte le fonti informative esistenti al fine di favorire una prima analisi del<br />
fenomeno infortunistico a livello delle singole zone, analisi che dovrà essere integrata a livello<br />
di Dipartimento aziendale e regionale. La conoscenza dell'andamento degli infortuni dovrà<br />
essere immediatamente utilizzata per la programmazione delle attività.<br />
4.4.2 Dipartimenti di prevenzione delle Aziende USL<br />
In conformità quanto disposto dalla nuova legge regionale sull'organizzazione delle Aziende<br />
sanitarie, i Dipartimenti di Prevenzione devono tendere ad organizzare le proprie attività al fine<br />
di assicurare un'effettiva integrazione di tutte le componenti tecnico - professionali, sviluppando<br />
le soluzioni organizzative più idonee a fornire risposte unitarie, tempestive e semplificate agli<br />
utenti.<br />
Nell'ambito della pianificazione aziendale dovranno essere sviluppati metodi e strumenti di<br />
controllo per la verifica dell'utilizzo delle risorse e per la valutazione dei risultati raggiunti.<br />
È comunque indispensabile, al fine del conseguimento delle finalità di cui al punto 4.3, che i<br />
Dipartimenti formulino per il triennio un <strong>Piano</strong> straordinario di iniziative e di interventi da<br />
avviare a realizzazione fin dal primo anno di validità del PSR, con il quale si persegua l'obiettivo<br />
di intensificare le attività di vigilanza e controllo e si individuino e si attivino strumenti,<br />
anche eccezionali, di rapporto e di comunicazione continua e sistematica tra i luoghi di lavoro e<br />
gli stessi Dipartimenti.<br />
Sono funzioni dei Dipartimenti:<br />
- l'analisi delle misure di prevenzione adottate dalle imprese ai sensi del Decreto Legislativo<br />
626/94 (documento di valutazione dei rischi, organizzazione servizi, procedure, formazione ed<br />
informazione.);<br />
- la valutazione delle condizioni di rischio presenti negli ambienti di lavoro e l'aggiornamento<br />
delle mappe di rischio e sorveglianza epidemiologica sui danni da lavoro;<br />
- la programmazione dell'attività di vigilanza e controllo con specifico impegno nella realizzazione<br />
del progetto di monitoraggio deciso dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni;<br />
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- la prosecuzione delle azioni programmate del <strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996/98 e dei piani<br />
mirati edilizia, cave, agricoltura, grandi opere, rischio amianto, radioprotezione;<br />
- la tutela sanitaria dei lavoratori, degli apprendisti e delle lavoratrici madri;<br />
- la collaborazione, l'assistenza, l'informazione, la vigilanza e il controllo nei confronti dei<br />
servizi di prevenzione e protezione e dei medici competenti;<br />
- lo sviluppo delle iniziative di informazione, formazione e assistenza e attuazione della LR<br />
37/96;<br />
- l'integrazione dello sportello unico della prevenzione con lo sportello unico "Comune" di cui al<br />
Decreto Legislativo 112/88;<br />
- l'espressione di pareri, autorizzazioni, idoneità;<br />
- il controllo della sicurezza e delle caratteristiche ergonomiche e di igiene di ambienti, macchine,<br />
impianti e postazioni di lavoro;<br />
- le inchieste sugli infortuni e sulle malattie professionali;<br />
- la ricerca applicata di soluzioni nel campo dell'igiene e sicurezza del lavoro e dell'ergonomia<br />
degli ambienti e delle organizzazioni del lavoro e la partecipazione alla costruzione di banche<br />
dati nel settore.<br />
4.4.3 Lavoratori e datori di lavoro<br />
La normativa individua puntuali ruoli e specifiche competenze sia dei datori di lavoro che dei<br />
lavoratori e delle loro rappresentanze.<br />
È indispensabile che questi soggetti esercitino in maniera ottimale le loro prerogative, sostenuti<br />
da un'assidua azione di informazione ed assistenza dei servizi pubblici. Condizioni determinanti<br />
sono l'assunzione della tutela della salute come valore intrinseco dell'impresa e della qualità del<br />
prodotto e la formazione dei lavoratori sulle misure di protezione e prevenzione.<br />
La Regione, tramite il tavolo di concertazione, mantiene un rapporto ed un confronto costante<br />
con le parti sociali.<br />
Le Aziende USL dovranno potenziare le iniziative di formazione, assistenza ed informazione<br />
rivolte ai lavoratori e ai rappresentanti per la sicurezza, precisando che tali iniziative sono<br />
integrative e non sostitutive degli obblighi del datore di lavoro. Un'attenzione particolare va<br />
posta al settore agricolo.<br />
4.4.4. I Servizi di prevenzione e protezione delle imprese<br />
Le risorse tecnico - professionali che le Aziende impegnano (servizi di prevenzione e protezione<br />
aziendali, medici competenti, esperti qualificati) costituiscono un'importante riferimento nel<br />
nuovo sistema di prevenzione, fondato sulla responsabilità e sull'attività di una pluralità di<br />
soggetti. Favorire la qualificazione di queste componenti, il loro coordinamento tecnico, la<br />
continuità di rapporti e confronti con i Dipartimenti di Prevenzione, rappresenta un'opportunità<br />
da cogliere e sviluppare. Dato il ritardo che si registra nell'attuazione della normativa sulla<br />
sicurezza negli Enti pubblici, iniziative particolari dovranno essere assunte per un'evoluzione<br />
più rapida e adeguata di tali situazioni.<br />
4.4.5. Università<br />
Nell'ambito dei protocolli d'intesa con le Università la Regione assumerà opportune iniziative<br />
per il perseguimento dei seguenti risultati:<br />
- la finalizzazione del percorso formativo alle nuove esigenze della prevenzione e sicurezza nei<br />
luoghi di lavoro, anche in termini qualitativi;<br />
- la programmazione degli accessi al diploma Universitario dei "tecnici della prevenzione nell'ambiente<br />
e nei luoghi di lavoro", prevedendo stages formativi anche presso i dipartimenti di<br />
prevenzione delle Aziende;<br />
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home <br />
- la collaborazione alle attività di formazione permanente degli operatori e di ricerca applicata<br />
dei Dipartimenti di Prevenzione, in particolare per le "banche soluzioni".<br />
4.4.6. ARPAT<br />
L'ARPAT, ed in particolare il suo settore tecnico CEDIF, è chiamata, in base all'art. 29 della LR<br />
66/95, a collaborare con i Dipartimenti di prevenzione delle Aziende USL, specificamente in<br />
materia di documentazione, informazione, formazione sui rischi dei principali comparti produttivi<br />
presenti sul territorio regionale.<br />
4.5. Le azioni<br />
Costituiscono azioni da sviluppare nel corso del triennio di validità del <strong>Piano</strong>:<br />
- la riorganizzazione e la qualificazione dei Dipartimenti e delle strutture organizzative definite<br />
dalla LR n. 72/98 ai fini di un effettiva integrazione e ottimizzazione delle risorse e delle attività.<br />
La Giunta regionale emanerà entro sei mesi dalla approvazione del <strong>Piano</strong> specifiche direttive<br />
in merito;<br />
- la costruzione di un sistema permanente di rapporti e di sinergie operative tra i diversi soggetti<br />
della pubblica amministrazione di cui all'art. 27 del Decreto Legislativo 626/94;<br />
- il sostegno alle iniziative per l'adeguamento alle norme di prevenzione e sicurezza di tutti i<br />
settori della pubblica amministrazione, con priorità, in coerenza con il <strong>Piano</strong> sanitario nazionale,<br />
alla sicurezza delle strutture e degli apparecchi sanitari;<br />
- il rafforzamento delle funzioni e del ruolo di indirizzo e coordinamento della Regione per far<br />
fronte ai nuovi compiti assegnati dalla Legislazione nazionale ed europea, tramite la destinazione<br />
di specifiche risorse di personale;<br />
- il potenziamento delle attività di vigilanza e controllo nei settori a maggiore rischio, con la<br />
ricerca delle soluzioni preventive più appropriate;<br />
- la riorganizzazione e lo sviluppo delle conoscenze in temi di rischi, infortuni e malattie professionali;<br />
- l'assunzione di iniziative specifiche per migliorare le attuali conoscenze sugli infortuni e sulle<br />
malattie professionali, ampliando l'osservazione agli eventi e alle situazioni lavorative non<br />
registrate dalle attuali rilevazioni ufficiali, promuovendo iniziative mirate sugli aspetti più<br />
rilevanti inerenti il lavoro e la tutela della salute, con particolare attenzione ai problemi delle<br />
donne lavoratrici e dell'ergonomia;<br />
- la realizzazione del piano di monitoraggio sull'applicazione del Decreto Legislativo 626/94,<br />
secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni;<br />
- il proseguimento e il completamento delle azioni programmate previste dal <strong>Piano</strong> sanitario<br />
regionale 1996-98, con riferimento alla realizzazione di grandi opere, allo sportello unico della<br />
prevenzione e ai piani mirati, come agricoltura, edilizia, radioprotezione e amianto.<br />
4.6. L'organizzazione<br />
4.6.1. Tavolo per l'occupazione e la sicurezza.<br />
Presso il Dipartimento del diritto alla salute e politiche di solidarietà della Giunta <strong>Regionale</strong>, è<br />
costituita, quale articolazione del "tavolo per l'occupazione" la sede permanente del confronto<br />
con le parti sociali (datori di lavoro e organizzazioni sindacali) sui temi della prevenzione e<br />
sicurezza dei luoghi di lavoro.<br />
Il protocollo di intesa definisce i seguenti obiettivi:<br />
- l'instaurazione di rapporti permanenti fra le parti firmatarie;<br />
- lo scambio di informazioni e la ricerca di semplificazione delle procedure;<br />
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- la promozione di interventi e progetti a sostegno dell'applicazione del Decreto Legislativo<br />
626/94;<br />
- la promozione di condizioni per l'accesso ad agevolazioni premianti;<br />
- l'applicazione omogenea della normativa su tutto il territorio regionale.<br />
4.6.2. Comitato regionale di coordinamento in materia di sicurezza e salute sui luoghi di<br />
lavoro deliberazione della Giunta regionale n. 474/98<br />
Sono compiti del Comitato:<br />
- analizzare i problemi applicativi della normativa nel settore;<br />
- proporre linee guida e adottare criteri e modalità omogenei fra i diversi organismi ed uffici<br />
della pubblica amministrazione per la loro applicazione;<br />
- fornire indirizzi per qualificare e omogeneizzare l'attività di vigilanza;<br />
- promuovere iniziative per la realizzazione di piani mirati, ricercando soluzioni sinergiche fra le<br />
varie amministrazioni;<br />
- predisporre annualmente un rapporto sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali;<br />
- stabilire collegamenti con la Commissione consultiva nazionale di cui all'art. 26 del Decreto<br />
Legislativo 626/94;<br />
- realizzare modalità omogenee per l'accesso alle informazioni e la semplificazione degli atti e<br />
delle procedure.<br />
Il Comitato è presieduto dal Presidente della Giunta regionale, o suo delegato, ed è composto<br />
da:<br />
- il responsabile dell'Area Servizi di Prevenzione del Dipartimento del diritto alla salute e<br />
delle politiche di solidarietà, con funzioni di coordinamento tecnico - organizzativo delle attività<br />
del Comitato,<br />
- un rappresentante per ognuno dei seguenti Dipartimenti della Giunta regionale: Dipartimento<br />
del Diritto alla Salute e delle Politiche di Solidarietà, Dipartimento dello Sviluppo Economico,<br />
Dipartimento Politiche Formative e Beni Culturali, Dipartimento Politiche Territoriali e Ambientali,<br />
- rappresentanti dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende USL, avendo cura di assicurare<br />
la presenza di tutte le competenze professionali,<br />
- il Direttore della sede regionale dell'ISPESL,<br />
- il Capo della Direzione regionale dell'Ispettorato del Lavoro,<br />
- il Direttore regionale dell'INAIL,<br />
- il Capo dell'Ispettorato regionale dei VV.FF..<br />
4.6.3 Task-force<br />
La già citata Risoluzione del Consiglio <strong>Regionale</strong> del 16.06.98<br />
al punto 1.3.13 impegna a "completare gli strumenti di sostegno per le iniziative di informazione,<br />
formazione ed assistenza, tramite il potenziamento della specifica struttura regionale e la<br />
costituzione di una task-force, che potrà avvalersi di personale dipendente dal Servizio sanitario<br />
nazionale e dalle altre Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 27 del Decreto Legislativo<br />
626/94".<br />
I temi prioritari di intervento riguardano:<br />
- la predisposizione di linee guida;<br />
- la progettazione di attività formative;<br />
- la ricerca e la produzione materiali di documentazione e di riferimento per i servizi;<br />
- il supporto e la collaborazione per il progetto di monitoraggio sull'applicazione del Decreto<br />
Legislativo 626/94;<br />
- la proposta di standard e di criteri qualitativi per l'attività dei servizi;<br />
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- il sistema informativo e il sistema degli indicatori.<br />
In prima istanza la task-force sarà costituita da: 2 operatori medici, 2 ingegneri e 2 operatori<br />
tecnico - professionali.<br />
5. Azione programmata: Alimenti e nutrizione<br />
5.1. Il quadro di riferimento<br />
5.1.1 L'alimentazione è uno dei più importanti tra i diversi fattori che concorrono ad assicurare<br />
la tutela della salute e la qualità della vita.<br />
Negli ultimi quaranta anni, in <strong>Toscana</strong> come nel resto del paese, si è registrata una profonda<br />
evoluzione dei consumi alimentari, la dieta si è arricchita sul piano dei nutrienti ma si è modificata<br />
in maniera sostanziale, variando il consumo di singoli alimenti o gruppi di alimenti. Il<br />
regime alimentare è associato a malattie metaboliche e degenerative. Per tali patologie, che<br />
risultano dalla complessa interazione tra genetica, ambiente e stili di vita, l'alimentazione costituisce<br />
un importante fattore di rischio. Esiste un collegamento fra alimentazione e malattie<br />
cardiovascolari, diabete non insulino dipendente, alcuni tumori, anemia, gozzo, calcolosi renale.<br />
Da considerare inoltre che la salubrità degli alimenti e delle bevande dipende essenzialmente<br />
dall'assenza di microrganismi patogeni e da livelli non significativi di sostanze tossiche capaci<br />
di indurre tossinfezioni ed intossicazioni nei consumatori. Le caratteristiche di salubrità debbono<br />
essere tutelate durante i percorsi che portano gli alimenti dalla produzione al consumo.<br />
È quindi essenziale arrivare ad un approccio organico ed interdisciplinare della questione alimenti,<br />
la quale è connotata da una forte trasversalità che coinvolge vari fattori (coltivazione e<br />
allevamento, sistema produttivo e di trasformazione, rete distributiva, stili di vita), complessivamente<br />
interagenti sullo stato di salute. È necessario indirizzare gli interventi in senso preventivo<br />
piuttosto che dover poi agire a danno instaurato.<br />
5.1.2. I riferimenti normativi e programmatici che fanno da guida alla presenta azione programmata<br />
sono:<br />
- <strong>Piano</strong> sanitario nazionale 1998 - 2000<br />
Il nuovo <strong>Piano</strong> sanitario nazionale, valevole per il triennio 1998 - 2000, prevede un forte impegno<br />
sul tema alimentazione con priorità sui seguenti obiettivi:<br />
- promuovere comportamenti e stili di vita per la salute;<br />
- contrastare le principali patologie;<br />
- migliorare il contesto ambientale.<br />
- Deliberazione del Consiglio regionale n. 191 del 3.6.1997<br />
Nell'ambito delle "Direttive per l'organizzazione delle attività di educazione alla salute per gli<br />
anni 1997/98" viene individuato il progetto "Giovani ed alimentazione", riconoscendo il ruolo<br />
sempre più rilevante che gli adolescenti attribuiscono all'alimentazione. Un rapporto corretto<br />
costituisce, infatti, un'importante occasione di promozione della salute.<br />
- DLgs 17.5.1997, n. 155<br />
Con il Decreto legislativo 155/97, in materia di igiene dei prodotti alimentari, il titolare dell'industria<br />
alimentare diviene soggetto garante della rispondenza di tutta la filiera ai requisiti di<br />
igienicità. Le modalità con le quali operare sono una scelta effettuata esclusivamente dal responsabile<br />
dell'industria che opera con il sistema di "autocontrollo" della produzione.<br />
Nel nuovo contesto delineato dal DLgs 155/97 cambia totalmente anche il ruolo delle Aziende<br />
USL che, in sede di vigilanza, dovranno effettuare principalmente e prioritariamente il "controllo<br />
dell'autocontrollo". I servizi di prevenzione dovranno assumere un ruolo centrale per quanto<br />
riguarda l'assistenza e la formazione da assicurare all'utenza in modo da sostenere e favorire il<br />
processo di cambiamento.<br />
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- Deliberazione del Consiglio regionale n. 55 del 17.3.1998<br />
Con la deliberazione del Consiglio regionale n. 55/98 "<strong>Piano</strong> regionale di programmazione e<br />
coordinamento degli interventi in materia di vigilanza degli alimenti e delle bevande", ed i<br />
successivi atti di indirizzo della Giunta, sono state fornite le linee guida per razionalizzare ed<br />
omogeneizzare l'attività di controllo sui prodotti alimentari nel territorio toscano.<br />
- Progetto obiettivo nazionale sull'alimentazione e la nutrizione<br />
Il Ministero della Sanità ha predisposto, nell'ambito del <strong>Piano</strong> sanitario nazionale, uno specifico<br />
progetto obiettivo, mirato al miglioramento dello stato di nutrizione della popolazione e dell'igiene<br />
degli alimenti, con le seguenti finalità:<br />
- controllo delle malattie croniche non trasmissibili con fattore di rischio dietetico<br />
- assicurare la qualità e la sicurezza d'uso degli alimenti<br />
5.2. I principi guida<br />
5.2.1. Tutelare il consumatore attraverso:<br />
- la sicurezza d'uso degli alimenti;<br />
- il controllo della salubrità dei prodotti alimentari, dalla produzione al consumo;<br />
- la sorveglianza per ridurre i rischi di contaminazione biologica e chimica;<br />
- la promozione di tecnologie di trasformazione e conservazione degli alimenti che mantengono<br />
integre le qualità organolettiche e nutrizionali.<br />
5.2.2. Orientare ad una corretta alimentazione attraverso lo studio dei comportamenti alimentari<br />
della popolazione individuando gruppi mirati sui quali effettuare degli interventi informazione e<br />
di educazione.<br />
5.3. Le finalità dell'azione<br />
5.3.1 Igiene degli alimenti<br />
- verifica della qualità igienico sanitaria del prodotto e dei sistemi di autocontrollo, con la finalità<br />
di arrivare ad una supervisione dell'intera filiera alimentare, attraverso la collaborazione e la<br />
trasparenza offerta dal produttore, secondo quanto previsto dalle linee programmatiche e di<br />
verifica della deliberazione del Consiglio regionale n. 55/98;<br />
- sorveglianza delle tossinfezioni alimentari con adeguate indagini epidemiologiche, secondo<br />
quanto previsto dal sistema di sorveglianza delle malattie infettive regionale (SIMI) e con<br />
apposite ulteriori e specifiche direttive, da emanarsi con atto di Giunta, per l'effettuazione delle<br />
indagini epidemiologiche e per l'impianto del sistema di allerta regionale;<br />
- formazione ed educazione degli operatori che provvedono alla preparazione di alimenti.<br />
5.3.2 Igiene della nutrizione<br />
- raccolta integrata e sistematica di dati relativi al comportamento alimentare;<br />
- monitoraggio della ristorazione collettiva, in particolare di tipo scolastico e di comunità;<br />
- educazione alimentare su target individuati a livello regionale;<br />
- diffusione di proposte alimentari corrette ed indirizzate anche al consumo di prodotti tipici<br />
locali, che offrano garanzia di qualità;<br />
- verifica dei risultati degli interventi di educazione alimentare.<br />
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5.4. I soggetti e i ruoli<br />
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5.4.1. La Regione<br />
- compiti di programmazione, coordinamento e vigilanza delle attività in materia di igiene degli<br />
alimenti;<br />
- iniziativa per lo sviluppo di programmi di igiene della nutrizione.<br />
5.4.2. Il Servizio sanitario regionale<br />
A livello territoriale le strutture del Dipartimento di Prevenzione, in particolare quelle del settore<br />
veterinario e di igiene degli alimenti, eserciteranno in modo integrato e programmato l'attività<br />
di controllo sugli alimenti.<br />
L'organizzazione aziendale dovrà prevedere altresì strumenti per una stretta collaborazione fra<br />
le strutture del Dipartimento di Prevenzione e quelle preposte all'educazione sanitaria, per la<br />
programmazione di iniziative informative ed educative in materia.<br />
All'interno del programma di attività del Dipartimenti di Prevenzione, nell'ambito del nuovo<br />
quadro delineato dalla normativa vigente, dovranno essere potenziate le iniziative di formazione,<br />
informazione ed assistenza nei confronti delle associazioni di categoria, delle imprese alimentari<br />
e della cittadinanza.<br />
5.4.3. L'ARPAT e l'Istituto zooprofilattico sperimentale<br />
In attuazione degli indirizzi stabiliti dalla deliberazione di Consiglio <strong>Regionale</strong> n. 55/98, secondo<br />
cui le attività analitiche devono essere svolte da laboratori accreditati, l'ARPAT e l'Istituto<br />
zooprofilattico collaborano ad assicurare il supporto per le attività di controllo analitico degli<br />
alimenti.<br />
5.4.4. I produttori<br />
Sono impegnati ad un'applicazione rapida e capillare delle disposizioni sull'autocontrollo previste<br />
dal DLgs155/97, attraverso una pianificazione dinamica della loro attività produttiva.<br />
I servizi di prevenzione opereranno a sostegno dei produttori attraverso programmi di formazione,<br />
informazione ed assistenza.<br />
Una nuova forma di collaborazione tra amministrazione pubblica e imprenditoria privata può<br />
inoltre essere prevista per la promozione di iniziative in campo nutrizionale. Tipicità ed elevata<br />
diversificazione dei prodotti, legati all'artigianato e alla produzione locale, sono un patrimonio<br />
da salvaguardare e da promuovere a sostegno della qualità e della tutela del consumatore.<br />
5.4.5. Le associazioni di tutela dei consumatori<br />
La LR 48/85 "Norme per la tutela del consumatore - utente" intende qualificare e orientare i<br />
consumi, perseguendo in particolare l'obiettivo di proteggere l'utenza dai rischi per la salute.<br />
Viene assicurata la partecipazione alle iniziative previste dall'azione programmata tramite il<br />
raccordo con il Comitato regionale dei consumatori utenti, di cui all'art.3 della richiamata LR<br />
48/85.<br />
5.5. Le azioni<br />
5.5.1. Programmazione<br />
Entro il corso del primo anno di validità del <strong>Piano</strong>, la Giunta regionale è impegnata ad attuare i<br />
seguenti interventi:<br />
- Programma regionale triennale di vigilanza e controllo sugli alimenti e sulle bevande;<br />
- Programma regionale triennale di vigilanza su vendita ed impiego di prodotti fitosanitari;<br />
- Direttive per il rilascio del libretto di idoneità sanitaria agli alimentaristi;<br />
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- Programmi specifici per:<br />
- raccolta integrata e sistematica di dati relativi al comportamento alimentare della popolazione<br />
toscana;<br />
- monitoraggio della ristorazione collettiva, con priorità per quella scolastica;<br />
- educazione alimentare su target individuati a livello regionale;<br />
- promozione di iniziative mirate a diffondere corrette abitudini ed indirizzate al consumo di<br />
prodotti tipici locali che offrano garanzia di qualità.<br />
- Protocollo per l'allertamento regionale in caso di individuazione di prodotti alimentari<br />
pericolosi per la salute pubblica, tenendo conto della responsabilizzazione dei produttori. Il<br />
protocollo è fondato quindi sulla vigilanza da parte delle Aziende USL e sul recupero dal<br />
mercato dei prodotti alimentari non conformi da parte degli stessi produttori ed operatori<br />
economici; - Programma per le iniziative di formazione e di aggiornamento del personale delle Aziende<br />
USL.<br />
5.5.2. Coordinamento<br />
- attraverso il coordinamento dei Direttori dei Dipartimenti e la costituzione del Gruppo interdisciplinare<br />
di lavoro previsto dalla deliberazione del Consiglio regionale 55/98, sarà assicurato il<br />
coordinamento tra le iniziative centrali e quelle delle Aziende USL e l'uniformità di procedure e<br />
interventi sul territorio;<br />
- istituzione di un tavolo di concertazione regionale con i produttori, rappresentati dalla associazioni<br />
di categoria del settore, allo scopo di sostenere le iniziative finalizzate a migliorare la<br />
qualità igienico sanitaria delle produzioni. È da prevedersi che al tavolo di concertazione partecipino<br />
rappresentanti dell'Università, per supportarne i lavori sul piano tecnico e scientifico.<br />
5.5.3. Monitoraggio<br />
Implementazione dei sistemi di sorveglianza per la raccolta sistematica ed organica di dati<br />
relativi al comportamento alimentare della popolazione, per monitorare la presenza e la distribuzione<br />
di stati morbosi associati o mediati dalla dieta, allo scopo di stabilirne le cause, individuarne<br />
le tendenze, predirne le modifiche e consentire un preciso orientamento delle misure<br />
correttive e preventive.<br />
5.5.4. Ricerca<br />
Sviluppo, d'intesa con le strutture e le istituzioni competenti e, per l'area pediatrica, con l'Azienda<br />
Meyer, delle ricerche attivate nel campo dell'alimentazione e della nutrizione, prevedendone<br />
le opportune implementazioni, anche sulla base di programmi annuali, allo scopo di incentivare<br />
e diffondere, in particolare, il consumo dei prodotti tipici toscani.<br />
5.6. L'organizzazione<br />
5.6.1. Gruppo interdisciplinare alimenti<br />
È confermata l'istituzione del gruppo interdisciplinare sugli alimenti, nominato ai sensi della<br />
deliberazione di Consiglio regionale 55/98, costituito dai rappresentanti delle Aziende USL,<br />
dell'Istituto zooprofilattico e dell'ARPAT. Si confermano altresì i compiti ad esso attribuiti:<br />
proposta per l'attuazione dei programmi di controllo ufficiale sugli alimenti, valutazione delle<br />
attività svolte e dei risultati ottenuti. È compito del gruppo mantenere ed assicurare un raccordo<br />
qualificato e costante con le associazioni di categoria.<br />
5.6.2. Unità funzionali multiprofessionali di Igiene degli alimenti e della nutrizione<br />
Ai sensi della LR 72/98 sono costituite le unità funzionali di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione<br />
nelle Aziende USL Tali strutture partecipano ai gruppi interdisciplinari alimenti previsti<br />
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dalla deliberazione n. 55/98 del Consiglio <strong>Regionale</strong>. Le unità funzionali si avvalgono della<br />
collaborazione dell'Istituto zooprofilattico e dell'ARPAT.<br />
Competenze di queste strutture sono:<br />
- controllo ufficiale dei prodotti alimentari e dei sistemi di autocontrollo che la normativa nazionale<br />
non assegni direttamente ed in via esclusiva ai servizi veterinari;<br />
- sistema di allertamento sui prodotti alimentari;<br />
- censimento delle industrie alimentari;<br />
- sorveglianza nutrizionale ed interventi sulla ristorazione collettiva;<br />
- informazione, formazione ed educazione sull'igiene degli alimenti e della nutrizione.<br />
5.6.3 Le indagini analitiche su alimenti e acque vengono effettuate anche presso le strutture di<br />
cui alla parte II, capitolo I, punto 2.2.4.<br />
5.7. Dietetica e nutrizione assistita<br />
5.7.1 Quadro di riferimento<br />
A completamento dell'azione programmata "Alimenti e nutrizione" in attuazione degli obiettivi<br />
contenuti nel PSN vengono fornite le seguenti disposizioni per la dietoterapia ed il supporto<br />
nutrizionale, enterale e parenterale.<br />
Altri riferimenti programmatici sono inoltre forniti dalle deliberazioni della Giunta <strong>Regionale</strong> n.<br />
1020 del 5.8.1996, e n. 1534 del 30.12.1997 "Direttive per l'attuazione di programmi di assistenza<br />
nutrizionale, artificiale a domicilio".<br />
Vi è infatti da considerare che se la nutrizione svolge un ruolo fondamentale a livello preventivo<br />
per mantenere condizioni ottimali di salute, una dietoterapia razionale nelle principali patologie<br />
permette di migliorare e recuperare lo stato di salute in soggetti affetti da varie malattie o che<br />
presentano squilibri del peso corporeo. I vari settori che concorrono nel mantenere o recuperare<br />
uno stato nutrizionale appropriato e comportamenti alimentari equilibrati, dalla prevenzione<br />
collettiva con programmi di educazione alla salute, alla dietetica con il ricorso anche alla nutrizione<br />
enterale e parenterale, dovranno svilupparsi armonicamente con il supporto delle varie<br />
competenze specialistiche.<br />
5.7.2. Principi guida<br />
- promuovere la salute per mezzo di modificazioni culturali e strategiche dei comportamenti<br />
alimentari di soggetti malnutriti;<br />
- migliorare le prestazioni terapeutiche e di assistenza, supportando lo stato nutrizionale della<br />
persona malata, al fine di prevenire la malnutrizione e, con essa, imponenti costi economici,<br />
umani e sociali.<br />
5.7.3. Finalità<br />
a) promuovere o rafforzare tendenze e comportamenti alimentari appropriati alla salute, al fine<br />
di conseguire:<br />
- livelli corretti di assunzione di: energia, grassi, carboidrati, sale, bevande alcoliche;<br />
- peso corporeo desiderabile: indice di massa corporea, IMC, inferiore a 30 ed attività fisica<br />
abituale, tali da determinare importanti riduzioni nell'incidenza e nella mortalità per patologie<br />
cardio e cerebro vascolari, tumori del colon-retto, diabete mellito non insulino dipendente,<br />
ipertensione arteriosa, obesità, osteoporosi;<br />
b) promuovere e sostenere l'attività di controllo e di riduzione dei fattori di rischio, sia comportamentali<br />
che ambientali, al fine di controllare e ridurre le principali patologie;<br />
c) indicare ed eseguire dietoterapie appropriate per le principali patologie in corso di degenza,<br />
in fase di guarigione e per prevenire recidive;<br />
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d) erogare, a livello domiciliare (N.A.D.), il supporto nutrizionale, orale ed artificiale, per<br />
soggetti malnutriti, anche senza prospettiva di recupero dello stato di salute, ma comunque con<br />
atteso miglioramento della qualità della vita residua, al fine di:<br />
- agevolare il mantenimento della persona malnutrita nel suo ambiente di vita, con conseguenti<br />
vantaggi umani e sociali<br />
- consentire la riduzione del ricorso o della prosecuzione impropria del ricovero ospedaliero.<br />
5.7.4. Strategie ed interventi<br />
- produzione, adozione e diffusione di linee guida;<br />
- realizzazione di campagne di prevenzione su settori di popolazione predefiniti, per mezzo<br />
dello svolgimento di programmi di educazione alimentare o di informazione, miranti a sviluppare<br />
un orientamento critico e responsabile nei riguardi dei comportamenti alimentari e a favorire<br />
l'adozione di standard nutrizionali sani;<br />
- prestazione di cure ed assistenza nutrizionali di elevata specializzazione, sia in ambiente<br />
protetto che a domicilio della persona che ne ha bisogno;<br />
- raccolta preliminare di dati sullo stato nutrizionale e sulle abitudini alimentari dei soggetti<br />
coinvolti negli interventi educazionali e verifica conclusiva dei risultati ottenuti, raccolta dei<br />
dati del decorso clinico e degli esiti ottenuti per le implementazioni dietoterapiche e di nutrizione<br />
artificiale;<br />
- formazione, qualificazione ed aggiornamento delle figure professionali, mediche e non, delle<br />
persone malate e dei familiari coinvolti nelle procedure e nei processi tendenti a risolvere problemi<br />
nutrizionali in corso di malattia ed a prevenirli nei soggetti a rischio.<br />
Questi programmi vanno rivolti a ben definiti settori professionali e a particolari fasce di popolazione:<br />
a) medici ed altri operatori sanitari, con finalizzazione a:<br />
- prevenzione nella popolazione generale:<br />
- orientamento ad una sana alimentazione, per il conseguimento di un peso corporeo accettabile<br />
e di livelli desiderabili di colesterolemia e di pressione arteriosa;<br />
- uso appropriato delle bevande alcoliche: educazione per le diverse fasce di popolazione sull'uso<br />
appropriato delle bevande alcoliche nell'alimentazione;<br />
- informazione sul contenuto alcolico delle bevande e sugli effetti, fisiopatologici e sul comportamento,<br />
dell'alcol;<br />
- prevenzione negli individui ad elevato rischio o già affetti da patologia cardio e cerebrovascolare<br />
o tumorale, da turbe dell'equilibrio lipidemico, glicemico e/o da stato di malnutrizione:<br />
- identificazione, assistenza dietoterapica ed educazione alimentare differenziate dei soggetti ad<br />
alto rischio o già malati;<br />
- produzione, adozione e diffusione di linee guida per l'assistenza ai soggetti ipertesi, ipercolesterolemici,<br />
obesi, con ridotta tolleranza glucidica, malnutriti;<br />
- attivazione di programmi di riabilitazione, diffusione di forme di assistenza domiciliare che<br />
consentano, quando necessario, anche il supporto nutrizionale artificiale al fine di conseguire, se<br />
non la guarigione, comunque un miglioramento della qualità della vita;<br />
b) particolari fasce della popolazione (prime fasi della vita, gravidanza; gruppi a rischio ponderale,<br />
ipertensivo, dislipidemico, di depauperazione calcica, di ridotta tolleranza glicidica), con<br />
ricerca di possibili correlazioni, positive e/o negative, con abitudini e tradizioni al consumo di<br />
prodotti tipici di alcune aree geografiche o gruppi sociali, differenze di incidenza e di mortalità<br />
per alcune patologie.<br />
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5.7.5. Soggetti e ruoli<br />
- Regione: direttive e coordinamento delle attività;<br />
- Strutture specializzate delle Aziende Ospedaliere: Sezioni di Dietetica e Nutrizione Clinica,<br />
Unità Operative di Dietetica e Nutrizione Clinica, Unità Operative di Farmacia, Unità Operative<br />
infermieristica e di Dietetica professionale. Tali strutture collaborano con l'Ufficio di coordinamento<br />
dei distretti all'informazione e alla sensibilizzazione sui fattori di rischio nutrizionale per<br />
la salute, all'attuazione dei progetti educativi, informativi terapeutici e riabilitativi attivati per il<br />
raggiungimento di un buono stato nutrizionale e di salute.<br />
La Giunta regionale è impegnata ad individuare gli strumenti per coordinare le iniziative di cui<br />
al presente punto con quelle derivanti da altri paragrafi del PSR, in particolare con le Azioni per<br />
la lotta all'alcol, al diabete e per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.<br />
6. Le direttive alle Aziende USL<br />
6.1. Igiene e sanità pubblica<br />
I Servizi di Igiene Pubblica si trovano ad affrontare un profondo mutamento di struttura e di<br />
ruolo dovuto, da un lato alle modificazioni dell'organizzazione e dei metodi di lavoro a seguito<br />
della costituzione dei Dipartimenti, con la necessità di operare in termini integrati e pluridisciplinari,<br />
e dall'altro lato all'emergere sempre più frequente di domande complesse e rilevanti che<br />
comportano una sempre maggiore qualificazione e specializzazione degli operatori.<br />
Alcuni fattori socio economici hanno assunto preminenza, quali la forte spinta immigratoria da<br />
Paesi extracomunitari, l'appartenenza alla Comunità Europea, il miglioramento della qualità<br />
della vita e dello stato di salute della popolazione ed hanno portato ad una nuova visione della<br />
Sanità Pubblica, che sempre più dovrà accentuare il suo ruolo formativo, informativo e di assistenza<br />
rispetto a quello puramente repressivo ed autorizzativo.<br />
È quindi indispensabile attuare una precisa sorveglianza della situazione epidemiologica, attenti<br />
all'emergere di nuove patologie o situazioni di rischio con la finalità di effettuare più prevenzione<br />
"primaria", allo scopo di promuovere la salute dei soggetti sani, intervenendo contemporaneamente<br />
per ridurre e annullare il rischio di malattia.<br />
Gli obiettivi di rilevanza regionale individuati per il settore di igiene e sanità pubblica sono di<br />
seguito indicati.<br />
6.1.1 Malattie infettive<br />
Nell'ambito del controllo delle patologie infettive la sorveglianza dovrà essere esercitata in<br />
particolare su:<br />
- malattie infettive per le quali è raccomandata la vaccinazione dal Calendario regionale (morbillo,<br />
parotite, rosolia e tetano);<br />
- prevenzione delle malattie infettive nelle collettività, con particolare riguardo alle collettività<br />
residenziali (RSA, Centri di accoglienza) e scolastiche (asili nido, scuole materne);<br />
- tubercolosi, secondo quanto previsto dal protocollo regionale, con l'obiettivo della riduzione<br />
della sottonotifica e del monitoraggio degli esiti del trattamento terapeutico;<br />
- malaria ed altre malattie di importazione;<br />
- patologie da Haemophilus influentiae;<br />
- paralisi flaccide.<br />
6.1.2 Vaccinazioni<br />
- applicazione del calendario regionale delle vaccinazioni, con aggiornamento periodico in linea<br />
con le indicazioni della letteratura scientifica internazionale e verifica degli obiettivi raggiunti.<br />
L'obiettivo da raggiungere nel triennio è la copertura vaccinale secondo i tassi previsti dal <strong>Piano</strong><br />
sanitario nazionale;<br />
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- implementazione di sistemi informatizzati di anagrafe vaccinale, per un puntuale e veloce<br />
rilievo dei tassi di copertura vaccinale del territorio, nell'ambito del progetto sullo sportello<br />
unico.<br />
6.1.3 Medicina del viaggiatore<br />
- sviluppo di una rete di centri di riferimento alle quali possano rivolgersi i soggetti che si recano<br />
all'estero per ottenere informazioni e che provveda a interventi di profilassi, anche su soggetti<br />
extracomunitari;<br />
- costituzione di un coordinamento regionale, con il compito di elaborare linee guida sulla<br />
profilassi e protocolli procedurali al fine di operare in modo omogeneo sul territorio.<br />
6.1.4 Vigilanza igienica sugli insediamenti urbani<br />
- miglioramento qualitativo dell'espressione di pareri di competenza, anche in fase preventiva,<br />
in materia di urbanistica ed organizzazione del territorio;<br />
- sviluppo di procedure mirate allo snellimento del rilascio di autorizzazioni sanitarie, anche in<br />
riferimento alle recenti disposizioni sulla semplificazione e trasparenza degli atti.<br />
6.1.5 Igiene ambientale<br />
- valutazione dei rischi per la salute legati all'inquinamento atmosferico ed acustico e promozione<br />
delle iniziative volte a ridurre il rischio sanitario;<br />
- verifica degli approvvigionamenti idropotabili e della gestione degli acquedotti, al fine di<br />
garantire la qualità sanitaria delle acque destinate al consumo umano e delle acque di balneazione;<br />
- valutazione degli effetti sulla salute degli impianti di smaltimento rifiuti.<br />
6.1.6 Controllo delle zooinfestazioni<br />
- coordinamento delle attività svolte, in materia di controllo e profilassi delle zooinfestazioni,<br />
dalle Aziende USL, da attuarsi attraverso la struttura a valenza regionale di Zoologia ambientale<br />
di Grosseto. Particolare rilievo debbono assumono i progetti di lotta alle zanzare, con specifico<br />
riguardo ad Aedes Albopictus (zanzara tigre);<br />
- le Aziende USL devono assicurare sorveglianza sulle attività di disinfestazione, disinfezione e<br />
derattizzazione e, ove siano fornite delle strutture apposite, possono effettuare in proprio tali<br />
prestazioni a favore di enti pubblici e privati, applicando l'apposito tariffario regionale;<br />
- in considerazione del recente caso autoctono di malaria, verificatosi a Grosseto, deve essere<br />
intensificata la sorveglianza sull'anofelismo residuo. L'Azienda USL 9 dovrà completare il<br />
progetto d'intervento triennale per la prevenzione del rischio di insorgenza di casi di malaria in<br />
provincia di Grosseto, di cui alla deliberazione di Giunta regionale n. 1188/97.<br />
6.2. Sanità pubblica veterinaria<br />
L'obiettivo di costruire progressivamente un sistema di soggetti che operi in maniera coordinata<br />
nella prevenzione divenuta irrinunciabile per la Sanità pubblica veterinaria chiamata, come per<br />
gli altri ambiti, ad affrontare problemi nuovi e complessi come l'internazionalizzazione dell'economia<br />
e delle merci, la concorrenza tra i diversi Stati produttori, la ricerca di una sempre migliore<br />
qualità del prodotto e della valorizzazione delle produzioni tipiche.<br />
La realtà <strong>Toscana</strong> si caratterizza per i numerosi e diversi aspetti di interesse veterinario.<br />
Impianti produttivi, di trasformazione e distribuzione di alimenti di origine animale, pienamente<br />
inseriti nel mercato unico europeo e nella rete della grande distribuzione, ma anche produzione<br />
di nicchia di pregiati alimenti tipici: una realtà zootecnica moderna si affianca ad un allevamen-<br />
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to in aree marginali, di cui non può essere trascurata l'importanza sociale ed ambientale. La<br />
cospicua presenza di animali d'affezione e di animali sinantropi costituiscono ulteriori elementi<br />
di rilevante interesse ed impegno veterinario, teso alla eliminazione dei fattori di rischio, ma<br />
anche a creare i presupposti di un equilibrio tra uomo, animali ed ambiente, attraverso azioni di<br />
sorveglianza sanitaria ma anche di educazione e formazione.<br />
Il controllo di filiera si pone come aspetto originale e caratterizzante l'azione veterinaria, attraverso<br />
l'integrazione tra le tre strutture organizzative professionali della Sanità pubblica veterinaria,<br />
nei diversi ambiti produttivi degli alimenti di origine animale. Attraverso l'attivazione del<br />
sistema ANIMO, i servizi di sanità pubblica sono integrati nella rete europea di sorveglianza<br />
sugli spostamenti di animali e prodotti di origine animale.<br />
Una tutela dei consumatori, dei cittadini, ma anche delle popolazioni animali efficace ed efficiente<br />
richiede una capacità nuova di integrazione funzionale delle azioni di prevenzione e<br />
controllo tra livelli territoriali locali, nazionali e comunitari.<br />
Tale integrazione è oggi resa possibile dall'elevato livello di organizzazione della Sanità pubblica<br />
veterinaria, dal supporto e dalla collaborazione di strutture di alta qualificazione, dalla concertazione<br />
con gli allevatori ed i produttori.<br />
L'organizzazione delle attività veterinarie dell'Azienda USL dovrà conformarsi alle linee generali<br />
dettate per i Dipartimenti di Prevenzione, articolando e strutturando i servizi secondo le aree<br />
della sanità animale, dell'igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione<br />
e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati, e dell'igiene degli allevamenti<br />
e delle produzioni zootecniche, indicate dall'art. 7 del Decreto Legislativo n. 502/92,<br />
correlando le Unità funzionali ai bisogni delle specifiche realtà territoriali.<br />
6.2.1 Profilassi delle malattie infettive e diffusive degli animali<br />
- esecuzione dei piani nazionali e regionali di bonifica sanitaria degli allevamenti;<br />
- attività di sorveglianza epidemiologica sulle malattie denunciabili e non, compreso lo studio,<br />
il controllo e la prevenzione sulle malattie diffusive degli animali domestici, sinantropi e selvatici,<br />
con riferimento alle zoonosi ed in particolare alla leishmaniosi;<br />
- assunzione di quota parte delle competenze già esercitate dagli ex uffici veterinari di confine<br />
(porto ed aeroporto), a seguito della globalizzazione del mercato comunitario e dell'abbattimento<br />
dei controlli frontalieri;<br />
- vigilanza sugli allevamenti, concentrazioni e spostamenti di animali, ivi compresa l'importazione<br />
e l'esportazione, nonché la movimentazione in ambito comunitario, e sulle relative strutture<br />
ed attrezzature;<br />
- attività di vigilanza sugli allevamenti, sui concentramenti animali, sul loro trasporto.<br />
6.2.2 Vigilanza sui mangimi<br />
- controllo sulla produzione, commercializzazione e impiego degli alimenti e degli integratori<br />
destinati agli animali.<br />
6.2.3 Farmacovigilanza veterinaria<br />
- controllo e vigilanza sulla distribuzione e sull'impiego del farmaco veterinario e programmi<br />
per la ricerca dei residui di trattamenti illeciti od impropri, attraverso gli specifici nuclei operativi<br />
regionali di vigilanza (NORV), ai fini della tutela del consumatore.<br />
6.2.4 Igiene urbana veterinaria<br />
- controllo delle popolazioni canine e feline, lotta al randagismo, igiene urbana veterinaria.<br />
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6.2.5 Igiene ambientale<br />
- monitoraggio dell'equilibrio fra uomo, animale ed ambiente, con particolare riguardo alle<br />
attività di apicoltura ed all'azione pronuba di tali insetti.<br />
6.2.6 Vigilanza sui rifiuti di origine animale<br />
- vigilanza sulla produzione, deposito, trasporto, risanamento e trasformazione dei sottoprodotti<br />
di origine animale, anche in funzione della profilassi delle encefalopatie trasmissibili, in considerazione<br />
della peculiarità di tale fase che è da intendersi come un anello di congiunzione che<br />
chiude la filiera circolare: mangime - animale da produzione zootecnica - prodotto alimentare -<br />
sottoprodotto - mangime;<br />
- vigilanza sulla raccolta e commercializzazione degli organi e altri prodotti di derivazione<br />
animale destinati all'industria farmaceutica.<br />
6.2.7 Vigilanza sulla riproduzione animale<br />
- studio, sorveglianza e prevenzione delle malattie della sfera sessuale.<br />
6.2.8 Tutela del benessere animale<br />
- vigilanza sulla protezione animale;<br />
- vigilanza sull'assistenza zooiatrica;<br />
- vigilanza e supervisione sull'applicazione e sulle strutture di cui alla Legge 281/91 e alla LR<br />
43/95;<br />
- vigilanza sulla sperimentazione animale.<br />
6.2.9 Alimenti di origine animale<br />
- ispezioni e controllo degli alimenti di origine animale.<br />
6.3. Medicina legale<br />
Alle strutture organizzative di Medicina legale sono attribuiti compiti di consulenza medicolegale,<br />
accertamenti e certificazioni medico-legali, le commissioni sanitarie e la medicina necroscopica.<br />
Le competenze operative, in forma individuale o in sede di commissione, della medicina legale<br />
possono essere suddivise in:<br />
1. Attività di organizzazione, informazione, accertamento e controllo in ambito di:<br />
- medicina necroscopica<br />
- certificazioni medico-legali in materia di idoneità rilasciate per finalità di sicurezza sociale;<br />
2. Attività di organizzazione, informazione, accertamento, controllo e certificazione in ambito<br />
di diritto al lavoro, in materia di stato di salute, incapacità lavorativa temporanea e permanente<br />
per i dipendenti pubblici e privati;<br />
3. Attività di consulenza, per finalità pubbliche inerenti ai compiti del SSN, con espressione di<br />
pareri medico legali da parte dello specialista. Le funzioni di consulenza vengono effettuate in<br />
favore del Direttore Generale, dei Direttori <strong>Sanitario</strong> ed Amministrativo, del Consiglio dei<br />
Sanitari, dei Responsabili delle varie strutture, nonché a richiesta dell'Autorità Giudiziaria, Enti<br />
pubblici e privati e privati cittadini, relativamente a tematiche attinenti al comparto territoriale<br />
ed ospedaliero;<br />
4. Attività di organizzazione, informazione, accertamento, valutazione e certificazione in ambito<br />
di tutela dei portatori di menomazioni, sia attraverso l'accertamento dello stato di invalidità<br />
che di quello di portatore di handicap;<br />
5. Collaborazione in ambito epidemiologico, di educazione sanitaria e di bioetica, partecipazione<br />
a gruppi di lavoro integrati.<br />
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Sono obiettivi specifici del <strong>Piano</strong> per la medicina legale:<br />
- contenimento dei tempi per il rilascio delle certificazioni di competenza, in particolare, riduzione<br />
dei tempi di attesa per le visite medico collegiali per l'accertamento dell'invalidità civile<br />
entro i 90 giorni dalla presentazione della domanda;<br />
- adozione di procedure uniformi per il rilascio di tutte le certificazioni di competenza, attraverso<br />
l'adozione di apposita modulistica. Entro 6 mesi la Giunta regionale darà indicazioni per l'uso<br />
di modelli uniformi per tutto il territorio regionale;<br />
- rilascio entro 7 giorni dalla richiesta delle certificazioni di competenza per accertamenti individuali;<br />
- partecipazione ai collegi per l'accertamento e la certificazione della realtà della morte;<br />
- partecipazione ai Comitati Etici Locali.<br />
7. Le risorse finanziarie<br />
Il <strong>Piano</strong> destina almeno il 5% dello stanziamento del Fondo <strong>Sanitario</strong> alla prevenzione collettiva,<br />
recuperando le lacune ed i ritardi registrati nel <strong>Piano</strong> 1996-98 ed impegnando le Aziende<br />
USL ad un'effettiva finalizzazione delle risorse programmate.<br />
La Regione assumerà specifiche iniziative per indirizzare le aziende a sviluppare le attività di<br />
prevenzione, anche attraverso progetti definiti d'intesa con altri soggetti istituzionali o del<br />
sistema produttivo, e per verificare, in sede di analisi dei bilanci di previsione e di esercizio<br />
delle Aziende USL, la destinazione e l'utilizzo dei finanziamenti, anche attraverso specifiche<br />
iniziative di controllo gestionale.<br />
In merito alla realizzazione delle azioni programmate e delle direttive di settore si definiscono i<br />
seguenti impegni di spesa:<br />
Azione programmata "Alimenti e nutrizione": L. 500 milioni<br />
Le risorse saranno finalizzate a: monitoraggio sul comportamento alimentare; rapporto dietasalute;<br />
aggiornamento e formazione operatori - diffusione risultati<br />
Azione programmata "Lavoro e Salute"<br />
Le risorse saranno finalizzata a:<br />
prevenzione e sicurezza "Alta Velocità" L. 2.500 mi<br />
Sportello Unico L. 1.500 mi<br />
Sicurezza nelle cave e piani mirati L. 1.000 mi<br />
Task force con finalizzazione all'adeguamento della struttura di coordinamento regionale L. 1.800 mi<br />
B) PROGETTI OBIETTIVO E INTEGRAZIONE SOCIO SANITARIA<br />
Le attività sociali ad alta integrazione sanitaria, previste dalla LR 72/97 e presenti nei progetti<br />
obiettivo di seguito riportati, devono essere articolate ai vari livelli dell'Azienda USL per gli<br />
aspetti della programmazione, dell'organizzazione, del coordinamento, dell'attuazione e della<br />
verifica. In particolare:<br />
- a livello aziendale, tramite il Coordinatore dei servizi sociali, è assicurato il coordinamento<br />
delle attività di integrazione tra i servizi sanitari ed i servizi sociali nella predisposizione del<br />
PAL e il coordinamento dei coordinatori zonali del settore di assistenza sociale;<br />
- a livello di zona, in relazione alle competenze attribuite ai sensi dell'art. 19 della LR 72/97, il<br />
Coordinatore zonale del settore per l'assistenza sociale assicura il coordinamento delle unità<br />
operative professionali, ove costituite, e concorre alla predisposizione degli strumenti e delle<br />
procedure per l'attuazione e la elaborazione del <strong>Piano</strong> zonale di assistenza sociale e del programma<br />
operativo di zona ed alla verifica della loro applicazione. Il coordinatore per l'assistenza<br />
sociale di zona è inoltre il referente tecnico per le attività socio-assistenziali delegate dai<br />
Comuni;<br />
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- a livello di distretto socio-sanitario, tramite il Coordinatore sociale di distretto, individuato nel<br />
rispetto di quanto stabilito dall'art. 20 della LR 72/97, è assicurata l'integrazione operativa tra le<br />
attività sociali e quelle sanitarie nei piani d'intervento e nella loro traduzione in percorsi assistenziali<br />
secondo processi di continuità e di verifica costante.<br />
Il responsabile di zona individua all'interno del budget zonale le risorse per gli interventi sociali<br />
avvalendosi del Coordinatore sociale di zona nel procedimento di negoziazione del budget delle<br />
strutture funzionali zonali.<br />
I Coordinatori del settore per l'assistenza sociale di zona, insieme ai responsabili delle Unità<br />
operative di assistenza sociale costituiscono lo staff del Coordinatore dei servizi sociali dell'Azienda<br />
USL.<br />
La figura del coordinatore sociale di zona coincide di norma con la figura del responsabile di<br />
unità operativa di assistenza sociale.<br />
Il regolamento aziendale definisce le interazioni tra i Coordinatori sociali di zona e le strutture<br />
organizzative professionali e funzionali.<br />
I coordinatori sociali di distretto ed i responsabili di unità funzionali costituite a livello distrettuale<br />
formano lo staff del Coordinatore del settore sociale di zona.<br />
Per l'attribuzione delle responsabilità delle strutture organizzative funzionali territoriali, in<br />
quanto afferenti ai settori dei progetti obiettivo, le Aziende USL, per quanto riguarda i profili<br />
sociali, applicano le disposizioni dell'art. 65, comma 1, della LR 72/97.<br />
Gruppo di lavoro per l'integrazione delle politiche sanitarie e di quelle sociali<br />
Al fine di supportare la Conferenza sanitaria integrata di cui all'art. 5 legge regionale 49/94 e<br />
all'art. 13 legge regionale 72/97 e la Commissione regionale per le politiche sociali di cui all'art.<br />
63 della medesima legge, nonché di assicurare livelli uniformi delle prestazioni sociosanitarie<br />
ed i necessari raccordi con le attività del settore sociale dei Comuni, è costituito un gruppo<br />
tecnico con il compito di formulare proposte per l'adozione di protocolli, atti d'indirizzo ed<br />
interpretazioni applicative e di correlazione con le normative nazionali e regionali.<br />
Il gruppo di lavoro è nominato dalla Giunta <strong>Regionale</strong> ed è costituito da:<br />
- 3 esperti delle politiche sociali dei Comuni designati dall'Anci;<br />
- 3 esperti delle politiche sanitarie e sociali designati dal Dipartimento regionale del Diritto alla<br />
salute e delle Politiche di solidarietà.<br />
Linee guida per le strutture residenziali e semiresidenziali<br />
La Giunta regionale, entro 180 giorni dall'entrata in vigore del PSR, è impegnata ad emanare<br />
linee guida per determinare un'armonizzazione della definizione dei modelli organizzativi delle<br />
strutture residenziali e semiresidenziali territoriali, riguardanti tutte le tipologie di utenza dei<br />
settori afferenti ai progetti obiettivo.<br />
Tali modelli organizzativi, con i relativi standard strutturali professionali ed assistenziali, dovranno<br />
concorrere alla esatta determinazione della spesa di competenza di parte sanitaria e di<br />
parte sociale.<br />
Gli accordi di programma<br />
Gli Enti Locali e l'Azienda USL, mediante lo strumento degli accordi di programma e/o delle<br />
convenzioni ai sensi dell'art. 14 della LR 72/97, definiscono specifici progetti che riguardino<br />
almeno le seguenti aree:<br />
- prevenzione del disagio psichico e delle dipendenze, con iniziative rivolte alla popolazione in<br />
generale, ovvero a specifiche fasce di popolazione ad elevato rischio;<br />
- occupazione e lavoro. In ogni zona devono essere attivati programmi di inserimento, sostegno<br />
o reinserimento lavorativo, anche tramite idonee iniziative di preformazione e formazione<br />
professionale, da attuarsi a livello zonale o aziendale, finalizzate a ridurre la quota di disoccupati<br />
fra i portatori di disagio;<br />
- alloggio e residenzialità. In ogni zona devono essere attivati programmi di sostegno domestico<br />
e abitativo, anche tramite la utilizzazione delle quote riservate di cui al comma 1 e le forme di<br />
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integrazione di cui al comma 3 dell'art. 29 della LR 72/1997, ovvero tramite progetti di ospitalità<br />
residenziale per le persone affette da disturbo psichico e/o in condizioni di limitata autonomia,<br />
che non consentano la permanenza al proprio domicilio;<br />
- socializzazione e tempo libero. In ogni zona devono essere attivati progetti di socializzazione e<br />
di uso del tempo libero, anche in collaborazione con l'associazionismo ed il volontariato, rivolti<br />
alla generalità dei cittadini e fruibili dagli utenti dei servizi socio assistenziali dei Comuni e<br />
delle Aziende.<br />
Gli Accordi di programma e/o le convenzioni devono definire per ogni progetto:<br />
- il soggetto gestore dell'attività<br />
- le risorse che ciascun ente mette a disposizione<br />
- i servizi e le professionalità che concorrono all'attuazione dei progetti<br />
- i protocolli operativi attraverso i quali garantire l'erogazione integrata degli interventi<br />
socio-sanitari e socio-assistenziali;<br />
- gli strumenti di verifica dei risultati attesi.<br />
Gli accordi di programma e/o convenzioni devono favorire l'esplicazione dei contenuti del<br />
Titolo III - Le reti di protezione sociale della Legge <strong>Regionale</strong> 72/97 per valorizzare tutte le<br />
componenti della società che operano nel settore della promozione sociale.<br />
1. Tutela della salute mentale<br />
Nell'arco temporale di validità del <strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996-98 si è registrata una richiesta<br />
crescente e diversificata di interventi per la salute mentale, che esige un rafforzamento e una<br />
qualificazione dei servizi. Ne scaturisce l'opportunità di una riconsiderazione globale del<br />
Progetto obiettivo in coerenza con il nuovo impianto organizzativo previsto dalla LR 72/98 e<br />
dalla LR 72/97.<br />
Gli obiettivi<br />
- Prevenire le situazioni di disturbo psichico;<br />
- assicurare il diritto di accesso ai servizi e la risposta a tutte le situazioni di disagio psichico e di<br />
disturbo mentale, con specifica attenzione alla tutela della salute mentale nell'infanzia e nell'adolescenza;<br />
- garantire con particolare impegno la presa in carico, la continuità di assistenza e la risposta ai<br />
bisogni delle persone affette da disturbi mentali gravi, ad alto rischio di emarginazione sociale e<br />
di cronicizzazione;<br />
- assicurare il sostegno ai nuclei familiari degli utenti, collaborando per un graduale reinserimento<br />
del paziente nella famiglia e nella comunità sociale;<br />
- concludere il processo di superamento degli ospedali psichiatrici.<br />
2. Le strategie<br />
Per il perseguimento degli obiettivi, le Aziende sanitarie orientano i loro interventi secondo i<br />
seguenti indirizzi strategici:<br />
- sviluppo delle attività di "promozione" della salute quale strumento di prevenzione del disturbo<br />
mentale;<br />
- presa in carico del soggetto in funzione della globalità ed unitarietà dell'intervento nelle situazioni<br />
di disagio e di disturbo psichico;<br />
- attuazione di interventi mirati per particolari aree problematiche, con specifica attenzione<br />
all'età evolutiva;<br />
- potenziamento dell'organizzazione della rete dei servizi su tutto il territorio, con riferimento ai<br />
parametri indicati al successivo punto 6.6;<br />
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- orientamento degli interventi assistenziali al recupero della qualità della vita dell'assistito e<br />
all'attivazione/promozione delle sue risorse, anche attraverso progetti sperimentali;<br />
- sviluppo dell'integrazione degli interventi sanitari e sociali, con l'assunzione congiunta di<br />
responsabilità da parte di ciascuno dei soggetti istituzionali che concorrono alla tutela della<br />
salute mentale;<br />
- ampliamento dell'operatività dei servizi per la salute mentale in relazione all'area del lavoro,<br />
con sviluppo dei rapporti di collaborazione con Enti locali, cooperative sociali e imprese sociali,<br />
per promuovere opportunità lavorative per gli utenti;<br />
- definizioni di criteri di verifica e di valutazione del grado di raggiungimento dei risultati e<br />
della qualità degli interventi e della soddisfazione degli utenti, anche in collaborazione con le<br />
associazioni degli utenti e dei familiari.<br />
3. Gli strumenti<br />
3.1. L'organizzazione della rete integrata dei servizi<br />
Il complesso degli interventi per la tutela della salute mentale è assicurato presso ogni Azienda<br />
USL da una rete integrata di servizi, organizzata secondo gli strumenti indicati dalla LR 72/98 e<br />
nella LR 72/97.<br />
3.1.1 Le Unità funzionali per la salute mentale<br />
A livello zonale la produzione e l'erogazione delle prestazioni avviene attraverso le Unità funzionali<br />
multiprofessionali per la salute mentale.<br />
L'Unità funzionale è la struttura organizzativa che assicura, per lo specifico settore dell'utenza,<br />
la globalità degli interventi e la continuità dei percorsi assistenziali attraverso l'apporto integrato<br />
di più professionalità e dei vari servizi necessari.<br />
Il regolamento aziendale stabilisce le caratteristiche e il numero delle Unità funzionali, in base<br />
all'ampiezza e alla tipologia del territorio, con riferimento ai seguenti criteri:<br />
- in ogni zona sono di norma costituite due distinte Unità funzionali per gli interventi a tutela<br />
della salute mentale, l'una rivolta agli adulti e una per l'infanzia e l'adolescenza;<br />
- ogni Unità funzionale deve essere dotata di tutti i presidi necessari per assicurare la globalità<br />
degli interventi in relazione alla fascia di utenza in carico;<br />
- nelle zone con ampio bacino di utenza, il regolamento aziendale definisce l'eventuale articolazione<br />
delle Unità funzionali in moduli operativi multiprofessionali. Per l'Unità funzionale adulti<br />
deve essere assicurata l'articolazione in moduli operativi multiprofessionali con riferimento al<br />
parametro nazionale di un modulo per non più di 150.000 abitanti.<br />
Il modulo operativo eroga le prestazioni per gli utenti del bacino territoriale di riferimento con<br />
le risorse e il personale assegnato dal Responsabile dell'Unità funzionale zonale.<br />
Il regolamento aziendale definisce il raccordo tra le Unità funzionali per la salute mentale e i<br />
distretti e la proiezione nei presidi distrettuali di servizi gestiti dalle unità funzionali per la salute<br />
mentale per agevolare l'accesso dell'utenza. Al fine di assicurare l'effettiva operatività dei servizi<br />
per la salute mentale a livello distrettuale, l'unità funzionale è tenuta ad articolare la propria<br />
organizzazione a livello distrettuale, ferma restando la derivazione zonale del budget attribuito. I<br />
responsabili delle Unità funzionali sono nominati dal Direttore generale o dal Responsabile di<br />
zona se delegato, sentito il Direttore sanitario, tra i dirigenti del ruolo sanitario presenti nella<br />
Unità funzionale.<br />
La responsabilità del modulo multiprofessionale, è attribuita dal responsabile dell'Unità funzionale.<br />
Il Responsabile della Unità funzionale:<br />
- definisce la programmazione operativa dei servizi e le modalità di integrazione degli interventi<br />
sanitari e sociali;<br />
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- dirige il personale delle strutture organizzative afferenti assegnato all'Unità funzionale, anche<br />
attraverso i responsabili dei moduli operativi multiprofessionali, laddove costituiti;<br />
- è responsabile del budget assegnato alla Unità funzionale dal responsabile di zona;<br />
- collabora, per garantire la necessaria integrazione con il distretto, con il Responsabile del/dei<br />
distretto/i dell'ambito territoriale di riferimento;<br />
- si rapporta con il responsabile del presidio ospedaliero per la gestione dell'SPDC;<br />
- assicura lo svolgimento di programmi di miglioramento continuo di qualità all'interno dell'unità<br />
funzionale sulla base di protocolli individuati con le unità operative.<br />
3.1.2 Il coordinamento zonale<br />
Ad uno dei responsabili delle Unità funzionali per la salute mentale adulti e infanzia adolescenza,<br />
è affidato, dal Direttore generale, su proposta del Responsabile di zona, il compito di assicurare<br />
il coordinamento tecnico delle Unità funzionali che operano nella zona. Il coordinatore<br />
tecnico per la salute mentale assicura il rapporto tra l'UF adulti e l'UF infanzia e adolescenza, in<br />
modo che sia improntato alla continuità dell'intervento, laddove necessario, per l'età di confine e<br />
alla collaborazione per la prevenzione e la presa in carico di situazioni di disagio in presenza di<br />
psicopatologia familiare grave. È compito del coordinatore tecnico definire linee guida, protocolli<br />
e indirizzi finalizzati a garantire l'omogeneità dei percorsi assistenziali e dei trattamenti,<br />
con particolare riferimento alla continuità terapeutica e all'integrazione dei servizi sociali e<br />
sanitari.<br />
3.1.3 Il dipartimento aziendale<br />
A livello aziendale presso ogni Azienda USL è costituito un dipartimento di coordinamento<br />
tecnico della salute mentale con il compito di garantire:<br />
- l'omogeneità delle procedure e dei livelli di assistenza;<br />
- la messa a punto di modalità di rilevazione e di integrazione dei dati;<br />
- la valutazione complessiva dei risultati raggiunti, dei bisogni rilevati e dei prevedibili andamenti<br />
epidemiologici, ai fini della programmazione dei servizi;<br />
- la valutazione dei costi/benefici, anche in relazione alle attività di ricovero ospedaliero e<br />
residenziale nelle strutture pubbliche e private;<br />
- la promozione di programmi di miglioramento continuo della qualità;<br />
- il supporto tecnico necessario alla programmazione aziendale, anche ai fini della qualificazione<br />
e del potenziamento della rete dei servizi su tutto il territorio aziendale.<br />
Il regolamento aziendale definisce gli organismi del dipartimento e la loro composizione, assicurando<br />
la partecipazione delle professionalità presenti nel dipartimento medesimo nonché le<br />
modalità di nomina del suo coordinatore tra i responsabili delle unità funzionali.<br />
Il regolamento aziendale definisce altresì le modalità di partecipazione del coordinatore del<br />
dipartimento ai processi decisionali della direzione aziendale.<br />
Nelle Aziende USL monozonali il coordinamento di cui al punto 3.1.2 è assicurato dal<br />
coordinatore del dipartimento.<br />
3.1.4 L'integrazione degli interventi sociali e sanitari<br />
Gli atti di programmazione coordinata (<strong>Piano</strong> di zona e PAL)<br />
A livello di zona socio-sanitaria viene garantita l'integrazione delle azioni sociali e sanitarie per<br />
la tutela della salute mentale mediante l'adozione coordinata degli atti di programmazione. Il<br />
piano zonale di assistenza sociale, approvato dall'articolazione zonale della Conferenza dei<br />
Sindaci e il <strong>Piano</strong> attuativo locale dell'Azienda USL devono contenere gli Accordi di programma<br />
riferiti all'integrazione delle rispettive competenze in ordine alle attività nel campo della<br />
salute mentale con riferimento all'art. 40 della LR 72/97.<br />
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3.2. La rete dei servizi per gli adulti<br />
L'unità funzionale per la salute mentale per gli adulti assicura la globalità degli interventi per la<br />
popolazione in età adulta dell'ambito territoriale di riferimento. Sono assegnate all'Unità funzionale,<br />
in base alla programmazione zonale e all'apporto fornito dalle Unità operative, le seguenti<br />
figure professionali: medici psichiatri, psicologi, assistenti sociali, infermieri, ausiliari e/o OTA,<br />
educatori professionali, personale amministrativo.<br />
L'Unità funzionale adulti assicura la fruizione dei servizi in rete attraverso:<br />
- i centri di salute mentale;<br />
- il servizio psichiatrico di diagnosi e cura presso l'ospedale;<br />
- le strutture semiresidenziali (attività di day hospital e centri diurni);<br />
- le strutture residenziali (terapeutico-riabilitative e socio-riabilitative)<br />
3.2.1 Il centro di salute mentale - Compiti<br />
Il Centro di Salute Mentale è la sede in cui l'Unità funzionale multiprofessionale, o la sua eventuale<br />
articolazione in modulo operativo multiprofessionale, assicura la progettazione, l'attuazione<br />
e la verifica degli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale per il<br />
territorio di competenza, garantendo la libera scelta del cittadino nell'accesso alle prestazioni<br />
professionali.<br />
L'unità funzionale in tale sede:<br />
- svolge attività di accoglienza e analisi della domanda degli utenti e dei loro familiari;<br />
- assicura la "presa in carico" dei pazienti;<br />
- definisce e attua i programmi terapeutico-riabilitativi e socio-riabilitativi, in stretta integrazione<br />
operativa tra le diverse professionalità nelle diverse situazioni, tramite interventi<br />
ambulatoriali, domiciliari e di "rete";<br />
- assicura il collegamento con i medici di base, con i reparti ospedalieri e con gli altri servizi<br />
territoriali tra cui, in particolare, con il GOIF;<br />
- svolge azione di filtro sui ricoveri al fine di limitarli ai casi di comprovata necessità;<br />
- verifica e valuta la qualità degli interventi e delle procedure ai fini del miglioramento continuo<br />
del servizio;<br />
- garantisce un servizio di informazione e di assistenza per gli utenti e le loro famiglie;<br />
- assicura la tenuta dei dati di attività, le cartelle cliniche e i progetti terapeutici degli assistiti del<br />
territorio di competenza.<br />
Modalità di funzionamento<br />
Il centro di salute mentale è aperto almeno 12 ore al giorno per 6 giorni la settimana, e assicura<br />
l'assistenza e gli interventi, programmati e urgenti, nella sede propria, negli ambulatori, nei<br />
presidi distrettuali, presso il domicilio privato e presso il domicilio sociale dei pazienti.<br />
3.2.2 Il servizio psichiatrico di diagnosi e cura - Compiti<br />
L'Unità funzionale assicura il trattamento in condizioni di degenza ospedaliera per pazienti del<br />
territorio di competenza mediante il Servizio psichiatrico di diagnosi cura. Il SPDC svolge le<br />
funzioni di ricovero in trattamento sanitario volontario (TSV) e trattamento sanitario obbligatorio<br />
(TSO).<br />
Modalità di funzionamento<br />
Il SPDC è ubicato presso il presidio ospedaliero di zona o comunque presso il presidio che<br />
assicura per la zona le prestazioni di ricovero per l'area medica. Dispone di letti e di spazi dedicati<br />
e adeguati alle esigenze specifiche dei pazienti e vi opera il personale dell'unità funzionale.<br />
L'utilizzazione e la gestione da parte delle Unità funzionali di spazi di ricovero delle Aziende<br />
Ospedaliere per il SPDC è disciplinata da specifici accordi convenzionali tra le Aziende coinvolte.<br />
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La responsabilità della conduzione terapeutica è dell'Unità funzionale della salute mentale, che<br />
articola la presenza del proprio personale secondo i programmi terapeutici riferiti ai singoli<br />
ricoverati in accordo con il direttore del reparto di medicina. Il reparto di medicina assicura<br />
anche ai pazienti psichiatrici l'assistenza medica e infermieristica generale in collaborazione e<br />
integrazione con l'Unità funzionale.<br />
Le modalità di conduzione del SPDC sono definite dal responsabile dell'Unità Funzionale nel<br />
rispetto del principio della continuità terapeutica.<br />
Qualora ad un unico SPDC facciano riferimento più unità funzionali, la continuità terapeutica<br />
durante la degenza ospedaliera viene garantita dell'Unità funzionale del territorio di appartenenza<br />
del paziente, attraverso le necessarie modalità di collaborazione con la struttura di ricovero.<br />
Nelle zone in cui, per l'ampiezza del bacino di utenza od altri problemi connessi all'attività di<br />
ricovero ospedaliero, si siano strutturati SPDC autonomi rispetto ai reparti di degenza medica,<br />
l'Unità funzionale responsabile della funzione di ricovero gestisce con proprio personale medico<br />
e infermieristico i posti letto attivati.<br />
3.2.3 Le strutture semiresidenziali<br />
L'assistenza agli utenti che necessitano di interventi di cura e/o di riabilitazione nell'arco delle<br />
ore diurne, sulla base di programmi individuali di breve, medio o lungo periodo, è assicurata<br />
dalle strutture semiresidenziali (attività di day-hospital psichiatrico e centro diurno).<br />
L'attività di Day Hospital<br />
Le attività di day hospital sono destinate a pazienti in fase acuta e subacuta che necessitano di<br />
interventi prevalentemente sanitari intensivi di breve periodo e per i quali sia possibile ed utile<br />
evitare il trattamento in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuo, o a pazienti per i quali<br />
sia opportuno limitare la durata di ricoveri che si siano comunque resi indispensabili.<br />
Oltre ai compiti strettamente terapeutici l'attività di day hospital prevede anche funzioni di<br />
osservazione psicopatologica e di diagnosi psicologico-clinica nell'ambito della formulazione<br />
dei progetti di trattamento individuale da parte dell'Unità funzionale di competenza.<br />
Modalità di erogazione del servizio<br />
Le funzioni di day hospital psichiatrico possono essere svolte all'interno di presidi ospedalieri o<br />
nei presidi extraospedalieri (preferibilmente presso i centri di salute mentale). Nel caso in cui<br />
siano effettuate in presidi territoriali, non si configurano come attività di ricovero ospedaliero. I<br />
posti di D.H. collocati a livello ospedaliero sono equivalenti a posti letto in SPDC ai fini del<br />
computo del parametro di cui al paragrafo 6.6.<br />
La sede dove si svolgono tali attività deve disporre di idonei locali in grado di garantire l'accoglienza,<br />
l'assistenza personalizzata e la somministrazione delle terapie.<br />
Il Centro Diurno - Compiti<br />
Il Centro diurno svolge funzioni terapeutico-riabilitative sulla base di programmi individuali tesi<br />
a promuovere l'acquisizione di maggiori livelli di autonomia e di competenze sociali.<br />
Il progetto terapeutico individuale, predisposto dall'Unità funzionale multiprofessionale che ha<br />
in carico il paziente, definisce gli obiettivi e la durata dell'inserimento dei singoli utenti nelle<br />
attività del centro.<br />
Le attività devono essere tali da offrire opportunità di sperimentare e apprendere valide modalità<br />
di relazioni interpersonali e di gruppi e idonei rapporti sociali.<br />
I programmi devono prevedere l'interscambio del Centro Diurno con il contesto ambientale e<br />
l'utilizzo delle risorse presenti nel territorio per le attività di risocializzazione.<br />
Modalità di funzionamento<br />
Il Centro Diurno è aperto nelle ore diurne, in locali idonei e adeguatamente attrezzati per il<br />
numero di utenti e per le attività previste. Le funzioni di Centro diurno possono essere svolte, se<br />
la struttura e l'assetto organizzativo lo consentono, anche all'interno dei centri di salute mentale.<br />
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3.2.4 Le strutture residenziali - Compiti<br />
Si intendono per strutture residenziali le strutture extra-ospedaliere che hanno il compito di<br />
realizzare programmi terapeutico-riabilitativi e socio-riabilitativi personalizzati, di esclusiva<br />
competenza psichiatrica, per pazienti che necessitano di residenzialità per tempi definibili nel<br />
corso dei programmi terapeutico-riabilitativi ovvero per il trattamento di situazioni di acuzie per<br />
le quali non risulti utile il ricovero ospedaliero.<br />
L'accesso e la dimissione dei pazienti avvengono sulla base di uno specifico programma definito<br />
dall'Unità funzionale in accordo con il paziente, con i familiari, tenendo conto della presenza,<br />
anche concomitante, delle seguenti situazioni: rilevanti problemi di salute mentale, assenza o<br />
difficoltà della rete familiare o sociale di supporto, disabilità tali da non consentire autonomia<br />
nell'abitare e nelle attività della vita quotidiana.<br />
Caratteristiche<br />
Le residenze si caratterizzano in distinte tipologie, in relazione all'impegno assistenziale presente:<br />
- residenze terapeutico - riabilitative: con assistenza continuativa nelle 24 ore;<br />
- residenze socio-riabilitative: con assistenza limitata nell'arco delle 12 ore diurne.<br />
- gruppi appartamento, con assistenza limitata a fasce orarie.<br />
Le strutture devono essere organizzate per un numero limitato di utenti, con un numero di posti<br />
letto comunque non superiore a 20 e collocate in contesto urbano e con livelli di protezione<br />
medico-psico-sociale adeguati.<br />
I principi a cui deve ispirarsi la gestione di tali strutture sono quelli di una dimensione "familiare"<br />
con permeabilità agli scambi sociali.<br />
I gruppi appartamento si rivolgono ad un utenza in fase avanzata di reinserimento sociale e<br />
dotata di maggiore autonomia.<br />
La responsabilità tecnica organizzativa delle strutture è del responsabile dell'UF che provvederà<br />
a designare un referente gestionale.<br />
Il personale previsto per le residenze a gestione dei servizi di salute mentale è composto da<br />
infermieri, educatori professionali, OTA e/o ausiliari socio-sanitari e/o assistenti domiciliari,<br />
secondo le indicazioni della normativa vigente. L'Unità funzionale assicura l'apporto delle<br />
ulteriori professionalità necessarie.<br />
Le strutture residenziali possono eccezionalmente accogliere ospiti da altre zone dell'Azienda<br />
nel caso di particolari bisogni che trovano soddisfazione in quella particolare struttura. Ciascuna<br />
unità funzionale dovrà comunque dotarsi, nel triennio di validità del presente piano, di tutta la<br />
gamma di residenze necessarie a rispondere ai bisogni espressi dalla popolazione di riferimento.<br />
Il progetto terapeutico, concordato con il responsabile della residenza rimane comunque in<br />
carico all'Unità funzionale inviante.<br />
I presidi residenziali e semiresidenziali devono essere garantiti prioritariamente dal servizio<br />
pubblico, anche con la partecipazione del privato sociale o avvalendosi dell'imprenditorialità<br />
privata e di associazioni di volontariato, attraverso rapporti di convenzione. In questi casi saranno<br />
sottoposti alla programmazione, al controllo e alla verifica da parte dell'Unità funzionale<br />
competente per territorio e l'inserimento dei pazienti potrà avvenire solo su indicazione dell'UF<br />
stessa.<br />
3.3. La rete dei servizi per l'infanzia e l'adolescenza<br />
I dati epidemiologici evidenziano la presenza nella popolazione di età 0 - 18 anni, di una<br />
percentuale significativa di situazioni caratterizzate da disturbi psicopatologici, disturbi<br />
neurologici, di sofferenza e/o disagio psicologico, sociale e relazionale di notevole complessità.<br />
Il dato regionale, paragonabile a quello nazionale, segnala l'esigenza di specifici interventi di<br />
varia intensità. Dalla tempestività e dalla qualità della risposta terapeutica e assistenziale dell'in-<br />
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tervento dipende la soluzione del problema o il suo perdurare nell'età adulta, con un carico<br />
gravoso per il soggetto, per i suoi familiari e per la società stessa.<br />
Occuparsi dell'area dello sviluppo e dei suoi problemi è quindi obiettivo prioritario a cui tendere,<br />
individuando i percorsi assistenziali necessari per la specificità delle situazioni e garantendo<br />
il concorso delle diverse professionalità, in un rapporto di integrazione di funzioni e di competenze<br />
tra le varie strutture educative e assistenziali coinvolte.<br />
3.3.1 L'Unità funzionale per l'infanzia e l'adolescenza<br />
Le Aziende USL costituiscono in ogni zona un'apposita Unità funzionale multiprofessionale per<br />
l'infanzia e l'adolescenza.<br />
L'Unità funzionale ha competenze di prevenzione, diagnosi, cura, presa in carico, riabilitazione<br />
ed integrazione sociale nei confronti di soggetti dell'età infantile e adolescenziale, in relazione a<br />
sindromi e disturbi psichici, malattie neurologiche e psichiatriche, disturbi dell'area psicologica<br />
e relazionale, familiare e sociale, situazioni di disagio psico-sociale nell'età evolutiva.<br />
Sono assegnate all'unità funzionale multiprofessionale le seguenti figure professionali, che<br />
intervengono in base alla specificità dei problemi in rapporto coordinato e integrato:<br />
- neuropsichiatri infantili;<br />
- psicologi;<br />
- personale della unità operativa di riabilitazione professionale;<br />
- assistenti sociali;<br />
- personale infermieristico;<br />
- personale amministrativo.<br />
Il Responsabile della Unità funzionale:<br />
- definisce la programmazione operativa dei servizi e le modalità di integrazione degli interventi<br />
sanitari e sociali e dei progetti educativi;<br />
- assicura la direzione del personale assegnato all'Unità funzionale;<br />
- è responsabile del budget assegnato alla unità funzionale dal responsabile di zona;<br />
- opera al fine di garantire la necessaria integrazione con gli altri servizi territoriali di zona a<br />
livello distrettuale e in particolare collabora con il responsabile dell'unità funzionale Attività<br />
consultoriali;<br />
- collabora con il Responsabile dell'area funzionale ospedaliera "materno infantile" per la gestione<br />
diagnostica e terapeutica dei ricoveri specifici effettuati nei reparti ospedalieri;<br />
- collabora con il responsabile dell'unità funzionale salute mentale adulti per l'integrazione degli<br />
interventi.<br />
3.3.2 Le sedi operative<br />
Nell'ambito del programma di zona sono individuate, in raccordo tra i servizi per la salute<br />
mentale e i servizi distrettuali, le sedi territoriali idonee per lo svolgimento delle attività dell'Unità<br />
funzionale, avendo riguardo a garantire l'accessibilità e la fruibilità dei servizi in modo<br />
adeguato rispetto alla particolare specificità dell'utenza.<br />
L'UF opera nella propria sede, nei presidi distrettuali individuati, presso il domicilio privato e<br />
presso il domicilio sociale del paziente, nelle sedi ospedaliere dell'area materno-infantile e<br />
presso le strutture semiresidenziali destinate a pazienti portatori di peculiari patologie che<br />
necessitano di interventi sanitari intensivi di breve-medio periodo.<br />
La sede dell'UF è aperta nelle ore diurne dei giorni feriali. Dispone di spazi per l'attività di cura<br />
e di osservazione diagnostica, che deve comunque essere svolta in via privilegiata negli abituali<br />
ambienti di vita del minore.<br />
Per le situazioni che necessitano di accoglienza diurna e residenziale la UF utilizza i presidi<br />
sociali di cui all'art. 52 della LR 72/97 e svolge gli interventi di cui all'art. 53 della medesima<br />
legge, garantendo l'apporto delle necessarie competenze professionali.<br />
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3.3.3. Gli interventi<br />
L'Unità funzionale per l'età evolutiva costituisce strumento organizzativo per favorire la massima<br />
integrazione e continuità degli interventi.<br />
L'operatività dell'Unità funzionale deve pertanto essere improntata alla definizione di progetti<br />
per specificità di problemi in un rapporto di coordinamento funzionale con:<br />
- i pediatri di libera scelta;<br />
- il GOIF per la gestione dell'handicap;<br />
- l'Unità funzionale "Attività consultoriali";<br />
- l'Area funzionale ospedaliera "Materno infantile";<br />
- la struttura organizzativa di educazione alla salute;<br />
- i "consultori giovani";<br />
- le istituzioni scolastiche, educative, assistenziali e del tempo libero presenti nelle comunità;<br />
- le agenzie del tempo libero e dell'avviamento lavorativo;<br />
- i servizi sociali comunali per le attività di tutela minorile, nonché con il Tribunale dei Minori.<br />
L'UF assicura:<br />
- l'accoglienza della domanda degli utenti e dei loro familiari, la definizione dei problemi e dei<br />
bisogno correlati;<br />
- la valutazione diagnostica;<br />
- la definizione e l'attuazione dei progetti terapeutico-riabilitativi e dei progetti educativi individuali,<br />
nell'ottica dell'integrazione delle componenti sanitarie e sociali;<br />
- la presa in carico dei pazienti con monitoraggio del percorso assistenziale, in collegamento con<br />
i medici di base, i reparti ospedalieri, altri servizi territoriali ed agenzie educative sociali;<br />
- la verifica e la valutazione della qualità degli interventi e delle procedure ai fini di un miglioramento<br />
continuo del servizio;<br />
- la tenuta dei dati di attività, delle cartelle cliniche e dei progetti terapeutici degli assistiti del<br />
territorio di competenza.<br />
Il rapporto, nella zona, tra l'UF per l'età evolutiva e l'UF adulti deve essere improntato alla<br />
continuità dell'intervento, laddove necessario, per l'età di confine e alla collaborazione per la<br />
prevenzione e la presa in carico di situazioni di disagio in presenza di psicopatologia familiare<br />
grave.<br />
Le attività di ricovero ospedaliero, sono effettuate nei reparti di neuropsichiatria infantile (degenza<br />
ordinaria e day hospital) delle Aziende ospedaliere e, nelle Aziende USL, nei reparti di<br />
pediatria anche in spazi di ricovero diurno dedicati ad interventi di neuropsichiatria infantile.<br />
Mediante apposite convenzioni tra le Aziende USL e le Aziende Ospedaliere sono agevolati i<br />
rapporti tra i servizi zonali e i Centri di maggiore specializzazione per le patologie più complesse.<br />
È comunque assicurata, mediante appositi protocolli, la continuità assistenziale con l'Unità<br />
funzionale che ha assunto la presa in carico dell'utente.<br />
Per le situazioni di grave disagio psico-sociale e di crisi adolescenziali che necessitano di accoglienza<br />
residenziale, l'Unità funzionale attiva i necessari collegamenti con le strutture sociali a<br />
ciò preposte, di cui al punto 4.4.6 del PO Materno infantile.<br />
3.3.4 I Progetti integrati<br />
L'Unità funzionale per l'infanzia e l'adolescenza individua, nella definizione dei progetti, l'apporto<br />
e le soluzioni assistenziali che possono essere offerte dalle disponibilità di interventi<br />
sociali presenti sul territorio.<br />
A livello zonale, nei piani di zona e negli atti di programmazione dell'Azienda USL, sono<br />
definiti i progetti integrati per la prevenzione e la tutela della salute mentale nell'età evolutiva,<br />
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da attuarsi mediante appositi accordi di programma, con particolare attenzione all'età adolescenziale<br />
ed alla prevenzione del disagio giovanile.<br />
3.4. I progetti sperimentali<br />
La Regione promuove la realizzazione da parte delle Aziende USL di modalità assistenziali<br />
innovative, orientate a sperimentare interventi fortemente riabilitativi mirati per specifiche<br />
tipologie di utenti.<br />
Per il periodo di validità del presente <strong>Piano</strong> sanitario regionale, viene destinato a livello regionale<br />
la somma di L. 1.000.000.000 annuale per il finanziamento di progetti delle Aziende USL<br />
orientati a:<br />
- favorire l'attivazione di servizi residenziali organizzati con le modalità operative della comunità<br />
terapeutica per utenti psicotici giovani. L'organizzazione in "Comunità terapeutica", volta ad<br />
un numero ristretto di utenti (8/10 al massimo) deve prevedere l'uso della convivenza quale<br />
strumento terapeutico-riabilitativo e programmi di trattamento aperti ad attività esterne alla<br />
Comunità, sia nell'area della formazione/lavoro che del tempo libero. Particolare attenzione<br />
deve essere inoltre dedicata al rapporto con le famiglie di origine per avviare percorsi di verifica,<br />
sostegno, informazione e formazione;<br />
- favorire l'attivazione di programmi per soggetti che uniscono a situazioni psicopatologiche<br />
problemi di tossicodipendenza, per i quali la "doppia diagnosi" rende necessaria una specificità<br />
di intervento. L'organizzazione di strutture "miste" deve prevedere la collaborazione tra i servizi<br />
per la salute mentale e i servizi per le dipendenze. I servizi dovranno operare sulla base di<br />
progetti personalizzati, finalizzati a favorire l'inserimento sociale attraverso attività esterne, sia<br />
nell'area della formazione/lavoro che del tempo libero;<br />
- attivare interventi complessi, a gestione integrata tra i servizi per la salute mentale per gli<br />
adulti e quelli per l'infanzia e l'adolescenza, per situazioni gravi delle aree di confine, con particolare<br />
riferimento alle nuove patologie emergenti quali i disturbi delle condotte alimentari;<br />
- realizzare interventi per patologie di particolare rilevanza in età evolutiva quali ritardo mentale,<br />
psicosi precoci;<br />
- promuovere iniziative di partecipazione degli utenti e dei loro familiari alle attività di tutela<br />
della salute mentale, alla elaborazione dei programmi assistenziali ed alla gestione e verifica<br />
dell'operatività, anche attraverso la valorizzazione di forme di associazionismo e gruppi di<br />
auto/aiuto. Le iniziative dovranno essere volte ad agevolare il contributo di associazioni ed<br />
esperienze di auto/aiuto per il sostegno, accanto ai gruppi psicoterapeutici, nei confronti di<br />
pazienti che, pur superato il momento dell'acuzie, non sono ancora pronti alla dimissione dal<br />
servizio e per ridurre i rischi di abbandono e/o emarginazione, nonché di quelli di eccessivo<br />
controllo sociale operato dai servizi;<br />
- elaborare progetti per particolari tipologie di utenti, per la tutela della salute mentale negli<br />
Istituti penitenziari e nell'OPG, con particolare riferimento al coordinamento degli interventi<br />
delle UF e dell'Amministrazione Penitenziaria ed al coinvolgimento dell'associazionismo;<br />
- promuovere forme di imprenditorialità sociale e di imprese cooperative di tipo "B", anche in<br />
riferimento all'accesso a programmi di finanziamento del fondo sociale europeo;<br />
- realizzare interventi formativi mirati all'attivazione di progetti assistenziali sperimentali<br />
secondo gli indirizzi del progetto obiettivo.<br />
La Giunta regionale definisce la modalità e i tempi per la presentazione dei progetti da parte<br />
delle Aziende USL e per la loro selezione ai fini dell'assegnazione dei finanziamenti; definisce<br />
inoltre strumenti e modalità di verifica sull'attuazione dei progetti finanziati, nonché di valutazione<br />
dei risultati conseguiti.<br />
Annualmente la Giunta regionale relaziona al Consiglio sui progetti finanziati e sui risultati<br />
delle esperienze realizzate.<br />
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La Regione inoltre utilizza gli strumenti di incentivazione economica previsti dall'art. 16 della<br />
LR 72/97 per stimolare, all'interno degli indirizzi definiti con il <strong>Piano</strong> Integrato Sociale <strong>Regionale</strong>,<br />
la realizzazione di progetti integrati di intervento sulla salute mentale definiti con specifici<br />
Accordi di programma tra Comuni e Aziende USL.<br />
Per progetti integrati relativi all'età evolutiva, con particolare attenzione alla prevenzione del<br />
disagio nell'età adolescenziale, sono assegnate specifiche risorse nell'ambito degli interventi<br />
attuativi della L. 285/97.<br />
3.5. L'apporto dell'Università per la tutela della salute mentale.<br />
Le Università toscane svolgono, attraverso le cliniche psichiatriche, funzioni di didattica e<br />
ricerca che, in relazione alla loro partecipazione alle Aziende ospedaliere miste, si correlano ad<br />
attività assistenziali nel settore della tutela della salute mentale. Per tali attività, oltre alle funzioni<br />
ospedaliere proprie svolte in costanza di ricovero, le cliniche psichiatriche universitarie<br />
sono chiamate a partecipare alle attività territoriali dei servizi per la salute mentale, nel rispetto<br />
delle finalità espresse dal presente progetto obiettivo.<br />
A tal fine, mediante apposite intese nell'ambito degli accordi aziendali attuativi dei protocolli di<br />
intesa tra Università e Regione, può essere affidata ai dipartimenti universitari, sul modello della<br />
sperimentazione già attuata con l'Università di Firenze, la responsabilità della gestione della<br />
globalità dei servizi di un determinato ambito territoriale.<br />
Tale affidamento è finalizzato a garantire una formazione coerente con l'assetto territoriale dei<br />
servizi per la salute mentale, mediante esperienze di tirocinio per la Facoltà di medicina, di<br />
psicologia, per le scuole di specializzazione in psichiatria, psicologia clinica e diplomi universitari<br />
correlati, con particolare rilievo per il diploma in scienze infermieristiche e di servizio<br />
sociale.<br />
L'apporto dell'Università dovrà inoltre essere finalizzato a sviluppare sinergie con le Aziende<br />
USL nella ricerca applicata ai servizi e nella formazione permanente del personale del Servizio<br />
sanitario.<br />
3.6. La commissione regionale dei servizi per la salute mentale<br />
A livello regionale è istituita apposita commissione per la salute mentale con il compito di:<br />
- verificare l'attuazione del presente progetto obiettivo e formulare proposte su iniziative da<br />
assumere da parte della Giunta regionale;<br />
- promuovere iniziative di conoscenza e/o di ricerca su fenomeni e problemi di interesse regionale<br />
relativi al campo della salute mentale.<br />
La Giunta regionale provvede a nominare la suddetta commissione definendone la composizione<br />
in modo che al suo interno sia assicurata la presenza di:<br />
- rappresentanti delle associazioni delle Associazioni di familiari di malati e di Associazioni<br />
di utenti o ex utenti;<br />
- rappresentanti degli operatori dei servizi per la salute mentale delle Aziende USL, nelle componenti<br />
sanitarie e sociali;<br />
- rappresentanti dei comuni e delle province;<br />
- esperti nominati dal Consiglio sanitario regionale.<br />
La Commissione nell'espletamento dei propri compiti opera in modo interrelato con l'Agenzia<br />
regionale di sanità e con il Consiglio sanitario regionale. Per compiti definiti la commissione<br />
può articolarsi in gruppi di lavoro orientati in particolare, alla specificità dei problemi relativi<br />
alla salute mentale degli adulti e per l'infanzia e l'adolescenza.<br />
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REGIONALE<br />
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3.7. L'osservazione epidemiologica regionale<br />
La Giunta regionale è impegnata a valutare opportunamente iniziative assunte congiuntamente<br />
da Enti locali e Aziende USL che, operando con il coordinamento della Agenzia regionale di<br />
sanità, svolga una funzione:<br />
- di raccolta e di elaborazione di dati conoscitivi sui bisogni assistenziali di salute mentale<br />
presenti nel territorio, sulle capacità di risposta dei servizi delle Aziende sanitarie e del privato<br />
accreditato, sulle risorse destinate all'interno delle Aziende sanitarie alla tutela della salute<br />
mentale;<br />
- di promozione di iniziative sul piano culturale, scientifico e organizzativo per un crescita<br />
complessiva di servizi per la salute mentale sul territorio toscano.<br />
Correlatamente la Regione promuove il potenziamento all'interno della Aziende USL di sistemi<br />
omogenei di rilevazione di dati, finalizzati alla conoscenza del problema e alla programmazione<br />
dei servizi.<br />
4. Il percorso assistenziale<br />
4.1. L'accesso ai servizi<br />
La "presa in carico" degli utenti e delle situazioni di disagio e di disturbo psichico avviene nelle<br />
sedi e nei presidi dove opera l'Unità funzionale competente per territorio (o del modulo operativo<br />
laddove costituito). L'accesso alle prestazioni specialistiche di tutela della salute mentale può<br />
essere diretto ovvero avviene su richiesta del medico di base o del pediatra di libera scelta. Il<br />
coinvolgimento dei medici di base e dei pediatri di libera scelta dovrà essere ricercato dai servizi<br />
di salute mentale, sia rispetto a singoli utenti sia per problematiche più ampie riferite al contesto<br />
di vita ed alla comunità.<br />
L'accesso ai servizi è garantito nelle sedi e nei presidi in cui opera la UF, nel rispetto delle scelte<br />
dell'utente.<br />
A seguito di segnalazione di persone con supposto grave disturbo mentale non collaboranti, la<br />
UF si attiva per l'accertamento e la valutazione della situazione e in caso di necessità, adotta i<br />
provvedimenti ritenuti più idonei.<br />
4.2. Il progetto terapeutico<br />
È responsabilità della struttura funzionale competente definire, realizzare e verificare i progetti<br />
terapeutici e riabilitativi individuali.<br />
L'Unità funzionale per l'attuazione dei progetti terapeutici assicura gli interventi previsti dallo<br />
specifico livello di assistenza "Salute mentale" ed in particolare:<br />
- interventi ambulatoriali e/o domiciliari a carattere medico, infermieristico, farmacologico,<br />
psicologico, psicoterapeutico, educativo e socio-assistenziale effettuabili con l'utente, con<br />
familiari, con terzi interessati;<br />
- attività ospedaliera per il ricovero a ciclo continuo, volontario o obbligatorio, in condizioni di<br />
gravità e acuzie per le quali il ricovero stesso costituisca l'unico intervento utile e appropriato;<br />
- attività semiresidenziali e residenziali a carattere terapeutico-riabilitativo e socioriabilitativo,<br />
per il trattamento di situazione acute e sub-acute per le quali non risulti utile il<br />
ricovero ospedaliero, per fasi di assistenza protratta successive alla dimissione dal SPDC, per<br />
l'attuazione di programmi terapeutici e riabilitativi di medio e lungo periodo;<br />
- interventi sociali:<br />
Le attività di assistenza sociale sono presenti con personale assegnato nell'Unità funzionale e<br />
garantiscono, attraverso specifici protocolli e in attuazione degli accordi di programma, il collegamento<br />
con i servizi sociali dei Comuni per fornire gli interventi necessari in relazione a:<br />
forme di assistenza economica; inserimenti lavorativi socio-terapeutici presso Enti e Aziende<br />
pubbliche e private; sostegno all'utente o alla famiglia nelle attività quotidiane e per il tempo<br />
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libero; collaborazione nei centri diurni e nelle strutture residenziali; ricovero in residenze sociali<br />
assistite, e in RSA pubbliche o private convenzionate.<br />
L'Unità funzionale deve assicurare il coinvolgimento delle famiglie nella formulazione e nell'attuazione<br />
del piano terapeutico riabilitativo, ferma restando la responsabilità dell'Unità funzionale<br />
nella definizione e nella conduzione del progetto assistenziale.<br />
Particolare attenzione e cura dovrà essere riservata ai pazienti "non collaboranti", per assicurare<br />
anche in tal caso una adeguata presa in carico da parte del servizio.<br />
4.3. L'emergenza urgenza<br />
In ciascuna zona deve essere assicurato l'intervento programmato, ambulatoriale e domiciliare,<br />
nelle 12 ore diurne dei giorni feriali e la risposta all'emergenza-urgenza per tutto l'arco delle 24<br />
ore. La risposta all'emergenza-urgenza per gli adulti è garantita dalla presenza di operatori<br />
medici e infermieri presso la sede del CSM nelle 12 ore diurne e dalla reperibilità medica e<br />
infermieristica, attivata dal dipartimento di emergenza urgenza o dal pronto soccorso, nelle ore<br />
notturne e festive.<br />
Con apposito protocollo viene definito, all'interno delle Aziende USL, il raccordo e la collaborazione<br />
tra i servizi di salute mentale e i servizi preposti all'emergenza e urgenza e alla guardia<br />
medica. In ogni caso la convalida delle proposte di trattamento in TSO deve essere redatta da un<br />
medico psichiatra dell'Unità funzionale.<br />
L'organizzazione dei servizi di salute mentale garantisce a livello aziendale il ricorso a strutture<br />
residenziali o ospedaliere per le situazioni di emergenza urgenza riguardanti soggetti in età<br />
evolutiva.<br />
5. Il superamento degli ospedali psichiatrici e dell'OPG<br />
5.1. I progetti di superamento degli OP<br />
In attuazione delle linee guida per il superamento degli Ospedali psichiatrici emanate dalla<br />
Giunta regionale con deliberazione n. 1323 del 14.10.96 e delle disposizioni nazionali, le Aziende<br />
USL sono tenute a portare a termine nei tempi previsti i rispettivi programmi, approvati<br />
dalla Giunta regionale, per la gestione della fase transitoria.<br />
A tal fine, ove necessario in relazione alla complessità dei problemi da superare, il Direttore<br />
generale affida a un medico psichiatra la responsabilità di conduzione dello specifico progetto.<br />
Le Aziende USL, che hanno ancora degenti del loro territorio in<br />
ex OP di altre aziende, sono impegnate a accogliere i propri pazienti nelle residenze delle rispettive<br />
zone secondo gli accordi programmati, con attenzione a non ricreare condizioni di istituzionalizzazione.<br />
La Giunta regionale cura l'attuazione delle disposizioni per il superamento degli OO.PP. e ne<br />
verifica il processo, monitorando la gestione della fase transitoria con il contributo della Commissione<br />
mista a tale scopo costituita.<br />
Per l'utilizzo dei beni mobili e immobili degli OO.PP, dismessi valgono le disposizioni della<br />
citata deliberazione della Giunta regionale n. 1323/94 e delle leggi finanziarie.<br />
5.2. L'Ospedale psichiatrico giudiziario<br />
In attesa che a livello nazionale vengano emanate dal Parlamento apposite disposizioni per il<br />
superamento dell'OPG, sulla base anche della proposta di legge presentata dalla Regione <strong>Toscana</strong>,<br />
si ribadisce che ciascuna Unità funzionale deve assicurare ai cittadini ristretti in OPG tutti<br />
gli interventi di propria competenza.<br />
Le Unità funzionali del territorio di provenienza dei singoli soggetti ristretti nell'OPG di Montelupo<br />
Fiorentino dovranno perciò stabilire un rapporto costante con l'OPG e definire e realizzare<br />
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in collaborazione i programmi per la dimissione e il reinserimento degli utenti nel loro territorio<br />
di origine, garantendo in particolare l'accoglienza residenziale ed assistenza adeguata, anche<br />
attraverso specifici programmi finanziati a livello regionale.<br />
È compito dei servizi di salute mentale elaborare opportune strategie per prevenire ed evitare<br />
l'invio in OPG, anche attraverso l'intervento precoce nel carcere.<br />
5.3. La tutela della salute mentale negli istituti penitenziari<br />
L'apposito protocollo di intesa con il Ministero di Grazia e Giustizia definisce le modalità di<br />
collaborazione tra il Servizio <strong>Sanitario</strong> Penitenziario e il Servizio sanitario nazionale al fine di<br />
garantire gli interventi per la salute mentale all'interno degli istituti penitenziari.<br />
Il considerevole aumento di reclusi con presenza di psicopatologia nella popolazione carceraria,<br />
causato da vari fattori tra cui la presenza di numerosi tossicodipendenti multiproblematici, rende<br />
necessaria una maggiore presenza e continuità da parte dei servizi di salute mentale nel farsi<br />
carico delle situazioni di disturbo psichico presenti in tali istituti.<br />
Le Unità funzionali nel cui territorio sono ubicati gli istituti penitenziari collaborano con gli<br />
Istituti stessi per assicurare tutte le prestazioni e gli interventi necessari alla tutela della salute<br />
mentale dei reclusi, attraverso appositi programmi concordati con la direzione dei singoli istituti<br />
e con coinvolgimento dei servizi delle zone di provenienza dei detenuti.<br />
6. Direttive alle Aziende sanitarie per l'attuazione del progetto obiettivo<br />
Nell'arco di validità del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, le Aziende sanitarie dovranno conformare la<br />
propria iniziativa alle seguenti direttive:<br />
6.1. La promozione della salute mentale<br />
Annualmente nell'ambito dei programmi zonali di prevenzione e di educazione sanitaria devono<br />
essere elaborati e realizzati dalle Unità funzionali per la salute mentale, con il supporto della<br />
struttura organizzativa di educazione alla salute, programmi di informazione e di educazione<br />
rivolti alla popolazione su temi concernenti la salute mentale, anche per gruppi omogenei e<br />
fasce di età ed in collaborazione con altre strutture dell'Azienda e istituzioni (Scuola, Servizi di<br />
assistenza ai tossicodipendenti ed alcolisti, Servizi Sociali comunali, organismi di volontariato).<br />
Particolare cura dovrà essere posta alla prevenzione del disagio psichico in età infantile e adolescenziale<br />
e al superamento dello stigma della malattia mentale e del malato di mente attraverso<br />
interventi di sensibilizzazione della popolazione, dei genitori, degli insegnanti e dei tecnici ai<br />
temi del disagio, del disturbo e dell'handicap psichico o psicofisico.<br />
Gli interventi di prevenzione e di educazione sanitaria dovranno prevedere il coinvolgimento dei<br />
medici di medicina generale, per una più stretta collaborazione con i servizi per la salute mentale<br />
ai fini di una precoce individuazione e un tempestivo intervento sul disagio psichico.<br />
6.2. La formazione degli operatori<br />
Ogni Azienda USL provvede a definire, nell'ambito degli indirizzi generali del piano regionale,<br />
interventi formativi specifici per il personale operante nel settore della salute mentale, orientati<br />
sia sul fronte dello sviluppo delle capacità cliniche e terapeutico riabilitative con riferimento alle<br />
specifiche professionalità, sia per lo sviluppo delle capacità di operare in gruppo con una<br />
progettualità comune e obiettivi valutabili predefiniti.<br />
Particolare attenzione andrà posta alla riqualificazione del personale operante negli ex OO.PP.<br />
al fine del suo utilizzo nelle attività e nei presidi territoriali.<br />
È inoltre da considerarsi valida esperienza formativa l'adozione di attività di supervisione.<br />
Specifiche iniziative formative dovranno essere adottate nei confronti degli organismi del volontariato<br />
e del privato sociale che operano in collaborazione con i servizi per la salute mentale.<br />
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6.3. Il miglioramento continuo della qualità (M.C.Q.)<br />
Ogni Unità funzionale deve essere impegnata al suo interno in progetti di Miglioramento Continuo<br />
della Qualità con lo scopo di elevare la qualità professionale degli operatori, di migliorare<br />
l'efficienza e l'efficacia delle prestazioni, di promuovere le competenze manageriali dei responsabili.<br />
Per gli aspetti da monitorare con i progetti di M.C.Q. si rinvia alle indicazioni fornite dagli atti<br />
di programmazione nazionali e regionali.<br />
6.4. Il sistema informativo<br />
La realizzazione di un sistema informativo per la salute mentale, con sottosistemi specifici ed<br />
integrabili tra le unità funzionali adulti e infanzia e adolescenza, deve essere garantita in ogni<br />
Azienda quale strumento indispensabile per la programmazione, il governo e la verifica dei<br />
servizi e delle attività del settore.<br />
Il sistema informativo delle Aziende USL deve essere in grado di monitorare l'attività sia a<br />
livello aziendale che zonale, di rilevare dati epidemiologici sull'utenza e di trasmettere a livello<br />
regionale i dati conoscitivi necessari all'espletamento delle funzioni di programmazione, coordinamento<br />
e verifica, con indicatori specifici per l'età evolutiva sull'accesso, l'attività ed il risultato.<br />
È compito delle Aziende USL realizzare la raccolta sistematica dei dati secondo le indicazioni<br />
regionali, prevedendo l'utilizzo di strumenti informatici omogenei e compatibili.<br />
Obiettivo generale nel triennio è di arrivare inoltre ad un monitoraggio della spesa attraverso<br />
l'attivazione e generalizzazione dei centri di costo.<br />
6.5. L'informazione agli utenti<br />
Le Aziende sanitarie devono assicurare, attraverso la carta dei servizi e altre forme di pubblicizzazione,<br />
un'ampia informazione sui servizi disponibili per la salute mentale, per migliorarne la<br />
fruibilità da parte dei cittadini.<br />
Le Aziende USL agevolano inoltre l'accesso ai servizi per la salute mentale anche attraverso<br />
l'attivazione di linee telefoniche dedicate, per dare informazioni e indirizzare in modo rapido le<br />
richieste di intervento.<br />
6.6. L'adeguamento ai parametri<br />
Le Aziende sanitarie, nell'arco di validità del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, adottano le iniziative<br />
necessarie per garantire una dotazione di servizi per la salute mentale adulti con riferimento ai<br />
seguenti parametri:<br />
- personale: 1 operatore ogni 1.500 abitanti<br />
- strutture residenziali: 1 p.l. ogni 10.000 abitanti<br />
- strutture semiresidenziali: 1,5 posti ogni 10.000 abitanti<br />
- SPDC: 0,6 p.l. ogni 10.000 abitanti. La dotazione complessiva di posti letto per acuti in<br />
SPDC e D.H. non può comunque superare il parametro di 1 posto ogni 10.000 abitanti. Il numero<br />
complessivo di p.l. in ogni SPDC non può essere superiore a 16.<br />
I posti residenziali presso le strutture di temporanea accoglienza, realizzate nell'ambito dei<br />
processi non conclusi di superamento degli OP, sono da considerarsi extraparametro.<br />
Nel corso del primo anno, la Giunta regionale è impegnata a definire standard di riferimento per<br />
i servizi per la salute mentale per l'infanzia e l'adolescenza sulla base di criteri acquisibili dalle<br />
esperienze realizzate.<br />
Risorse finanziarie: in relazione alle risorse finanziarie complessivamente dedicate alla tutela<br />
della salute mentale le Aziende USL assicurano nel triennio una crescita progressiva delle<br />
risorse destinate al settore fino al 4,5% della quota del Fondo sanitario regionale assegnato.<br />
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Le Aziende USL sono impegnate a destinare al potenziamento dei servizi per la salute mentale<br />
le risorse recuperabili dal processo di chiusura degli OP ai sensi delle disposizioni nazionali.<br />
2. Salute della donna, procreazione responsabile, infanzia e adolescenza<br />
Con riferimento agli obiettivi di salute posti dal <strong>Piano</strong> <strong>Sanitario</strong> Nazionale, il presente progetto<br />
obiettivo affronta la tutela della persona nel suo percorso di crescita, soprattutto in quelle fasi di<br />
vita che, per l'intensità dei cambiamenti psicofisici e la rilevanza delle esperienze relazionali,<br />
richiedono, da parte dei servizi, un forte impegno sul piano preventivo e di educazione alla<br />
salute e una capacità di offrire risposte socio-sanitarie qualificate, in modo strettamente congiunto<br />
con una valutazione della persona nel suo complesso e nella sua dimensione umana.<br />
La LR 72/98 e la LR 72/97 forniscono il quadro organizzativo di riferimento.<br />
1. Gli obiettivi<br />
- assicurare la tutela della salute della donna in relazione all'esperienza della maternità e alla<br />
specificità del vissuto femminile ad ogni età;<br />
- garantire la tutela della salute e della qualità della vita nell'infanzia e nell'adolescenza;<br />
- favorire lo sviluppo della capacità di fare scelte responsabili di procreazione e di svolgere il<br />
ruolo genitoriale.<br />
2. Le strategie<br />
- agire attraverso l'educazione alla salute e la prevenzione delle situazioni di rischio, di disagio e<br />
di emarginazione;<br />
- adeguare i servizi a svolgere un ruolo interattivo rispetto ai bisogni e alla domanda che l'individuo<br />
esprime nelle varie situazioni di vita;<br />
- superare la frammentarietà degli interventi con un approccio orientato alla persona e al suo<br />
contesto di relazioni;<br />
- coniugare sempre la risposta sanitaria all'attenzione agli aspetti umani e relazionali;<br />
- mirare gli interventi per fasce d'età e per specificità di situazioni, avendo presente l'evolversi<br />
del percorso di vita della persona e delle sue peculiari esigenze.<br />
3. Gli strumenti: la rete integrata dei servizi<br />
Il complesso degli interventi sociali e sanitari di vario livello, volti al perseguimento degli<br />
obiettivi posti dal presente Progetto obiettivo, è assicurato dalle Aziende sanitarie attraverso una<br />
rete integrata di servizi, sia territoriali che ospedalieri.<br />
3.1. I servizi consultoriali distrettuali<br />
3.1.1 L'unità funzionale "Attività consultoriali"<br />
All'interno del distretto è istituita l'unità funzionale "Attività consultoriali".<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" è una equipe multiprofessionale a cui è affidato il<br />
compito di assicurare il complesso degli interventi territoriali previsti dal presente progetto<br />
obiettivo.<br />
Il regolamento aziendale definisce la composizione in ogni distretto dell'unità funzionale, in<br />
modo che sia garantita la presenza delle professionalità necessarie per lo svolgimento delle<br />
diverse funzioni.<br />
In particolare deve essere assicurata la presenza di:<br />
- ostetrica;<br />
- ginecologo;<br />
- psicologo;<br />
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- assistente sociale;<br />
- pediatra;<br />
- infermiere professionale o assistente sanitario;<br />
- altre figure professionali, quali neuropsichiatra infantile, dietista, educatore professionale, in<br />
base alla specificità dei compiti che deve svolgere l'unità funzionale.<br />
Il supporto amministrativo all'unità funzionale è fornito dagli uffici distrettuali.<br />
La responsabilità dell'unità funzionale è attribuita dal Responsabile di zona, sentito il Direttore<br />
sanitario, ad un operatore dirigente tra gli operatori dell'equipe.<br />
Il Responsabile dell'unità funzionale:<br />
- dirige il personale che opera nell'unità funzionale, sia dipendente che convenzionato, per le ore<br />
di attività assegnate all'unità funzionale;<br />
- è responsabile del budget assegnato;<br />
- definisce, mediante l'apporto delle diverse professionalità che operano nell'equipe, il piano di<br />
attività e i progetti integrati della programmazione zonale;<br />
- definisce le modalità operative per assicurare l'integrazione operativa all'interno dell'unità<br />
funzionale;<br />
- partecipa ai momenti collegiali di programmazione del distretto.<br />
Caratteristiche del servizio<br />
Il servizio assicurato dall'unità funzionale si caratterizza per:<br />
- essere fortemente orientato alla prevenzione e all'educazione alla salute, con progettualità di<br />
interventi definiti sulla base di una conoscenza epidemiologica e sociale del territorio di riferimento;<br />
- essere radicato nella comunità locale, con una capacità di sollecitare, attivare e interagire con<br />
le molteplici componenti sociali presenti (gruppi, associazioni, istituzioni educative, organizzazioni<br />
del volontariato e del privato sociale);<br />
- agire in un rapporto di costante interazione con gli altri servizi che intervengono su aree omogenee<br />
o sui medesimi soggetti per garantire l'integrazione degli interventi e la continuità del<br />
percorso assistenziale, in particolare con i servizi territoriali di aree contigue (Sert, unità funzionale<br />
per la salute mentale, infanzia e adolescenza, attività sanitarie di comunità) e i servizi<br />
sanitari della rete ospedaliera;<br />
- avere la capacità di "presa in carico" di situazioni multiproblematiche, con una assunzione<br />
complessiva di diversi bisogni - problemi - domande, più o meno esplicitamente espressi.<br />
Compiti dell'equipe<br />
È compito degli operatori dell'unità funzionale "Attività consultoriali" assicurare:<br />
- lo svolgimento delle attività programmate lavorando in modo interdisciplinare per progetti su<br />
aree tematiche o situazioni<br />
- l'erogazione delle prestazioni ambulatoriali di competenza<br />
- la partecipazione ai momenti di programmazione delle attività, all'acquisizione di dati epidemiologici,<br />
alle attività di verifica sui servizi, ai momenti collegiali e di operatività comune.<br />
L'unità funzionale opera presso il Consultorio.<br />
Proiezioni del consultorio possono essere previste in presidi distrettuali periferici in base alle<br />
caratteristiche del territorio per agevolare la fruibilità dei servizi da parte dell'utenza. L'operatività<br />
dell'unità funzionale si esplica inoltre nelle sedi e nei luoghi individuati dalla programmazione<br />
degli interventi.<br />
Il consultorio<br />
Le Aziende USL verificano l'adeguatezza delle sedi e la dislocazione dei consultori e provvedono<br />
in modo da renderli idonei ad assicurare :<br />
- la funzione di accoglienza;<br />
- l'attuazione degli interventi previsti dai progetti di prevenzione e di educazione alla salute<br />
programmati;<br />
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- l'erogazione delle prestazioni ambulatoriali connesse ai percorsi assistenziali.<br />
La funzione di accoglienza<br />
Particolare attenzione deve essere posta dalla Azienda USL a qualificare la funzione di accoglienza,<br />
mediante la dotazione, all'interno dell'unità funzionale "Attività consultoriali" di personale<br />
adeguatamente formato per operare sul fronte della comunicazione e dell'orientamento.<br />
Tale funzione deve essere assicurata, in particolare, per quelle attività consultoriali che richiedono<br />
un approccio informativo e un orientamento per l'utente.<br />
Le attività consultoriali svolgono, in particolare, un'azione di informazione verso la lavoratrice<br />
sui rischi per la gravidanza e sui percorsi previsti dalla normativa, curandone l'attivazione dove<br />
necessario o segnalando il caso alle strutture operative della prevenzione nei luoghi di lavoro<br />
per gli accertamenti di loro competenza.<br />
Attraverso la funzione di accoglienza il Consultorio assolve al compito di:<br />
- porsi in relazione interattiva con l'utenza;<br />
- assicurare un interfaccia unico rispetto alla globalità dei servizi esistenti, sia sociali che sanitari;<br />
- svolgere, soprattutto nei confronti dei soggetti in età adolescenziale, un ruolo propositivo e di<br />
offerta di "strumenti per la crescita" dell'individuo;<br />
- avere una capacità di ascolto e di individuazione precoce di situazioni a rischio.<br />
La funzione di accoglienza si esplica nel:<br />
- promuovere adeguate conoscenze sui servizi disponibili, realizzando idonei strumenti informativi;<br />
- indirizzare l'utenza verso i percorsi assistenziali;<br />
- facilitare l'accesso ai servizi;<br />
- attivare i collegamenti in rete con i servizi territoriali delle altre agenzie operanti nella zona e<br />
con il volontariato;<br />
- operare in raccordo con servizi di mediazione culturale, per rappresentare anche un ruolo di<br />
accoglienza e di informazione nei confronti delle popolazioni immigrate.<br />
Le Aziende USL dotano la funzione di accoglienza di un numero telefonico verde.<br />
Specializzazione dei consultori<br />
In relazione alle attività consultoriali connesse all'attuazione dei progetti di prevenzione e ai<br />
percorsi assistenziali, al fine di garantire l'adeguatezza delle sedi e la dotazione di tutte le risorse<br />
necessarie per lo svolgimento delle funzioni assegnate, nell'ambito della programmazione<br />
complessive delle attività a livello di zona, le Aziende USL possono individuare per gli interventi<br />
rivolti a uno specifico target di utenza una articolazione operativa delle sedi consultoriali,<br />
con "specializzazione" dei consultori per fasce d'età (consultorio giovani), per tipologia di<br />
interventi (consultorio per il "percorso nascita", controllo della fertilità, IVG), per utenza particolare<br />
(consultorio per immigrati).<br />
Resta fermo che le attività di base e le funzioni caratterizzanti l'attività consultoriale (funzione<br />
di accoglienza e attività di informazione e di educazione sanitaria) devono essere comuni a tutte<br />
le sedi consultoriali.<br />
I consultori per immigrati<br />
Considerata la rilevanza del fenomeno migratorio nella realtà toscana, l'unità funzionale "Attività<br />
consultoriali" acquisisce informazioni e dati sulle popolazioni immigrate presenti nel territorio,<br />
per rispondere adeguatamente ai bisogni di una utenza multietnica in continua espansione.<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" promuove tutti gli interventi necessari per superare le<br />
difficoltà di accesso alle strutture consultoriali degli immigrati attraverso:<br />
- il sostegno delle attività dei consultori per immigrati;<br />
- la costruzione di percorsi di accoglienza e di informazione per facilitare la comunicazione<br />
linguistica, l'accesso a informazioni corrette, la pari opportunità all'accesso ai servizi sanitari;<br />
- la formazione degli operatori per garantire un'adeguata comunicazione interculturale;<br />
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- la collaborazione e l'integrazione con gli enti locali, le associazioni di immigrati e il volontariato;<br />
- l'offerta di iniziative di educazione sanitaria in tema di pianificazione familiare, prevenzione<br />
delle malattie a trasmissione sessuale e prevenzione oncologica.<br />
I consultori per immigrati:<br />
- elaborano progetti mirati a specifiche problematiche di questa popolazione con particolare<br />
attenzione alla gravidanza, all'interruzione volontaria di gravidanza, alla copertura vaccinale e<br />
alla sorveglianza delle malattie infettive della popolazione infantile;<br />
- assicurano un'adeguata accoglienza linguistico culturale, le prestazioni necessarie alla tutela<br />
della salute della donna e del bambino immigrato, orientando l'eventuale successivo percorso<br />
assistenziale.<br />
3.1.2 I pediatri di libera scelta e i medici di medicina generale<br />
I pediatri di libera scelta e i medici di medicina generale assicurano, all'interno del distretto, una<br />
rete capillare di assistenza, che rappresenta il primo fondamentale momento di prevenzione,<br />
diagnosi e cura nei confronti della persona.<br />
In particolare ai pediatri di libera scelta spettano compiti globali di prevenzione e cura dei<br />
soggetti da loro assistibili ai sensi delle norme nazionali vigenti. Le disposizioni contenute<br />
nell'A.C.N. e negli accordi regionali attuativi ne definiscono il ruolo specifico e forniscono gli<br />
strumenti contrattuali per incentivare una loro attiva partecipazione ai progetti di prevenzione e<br />
alle iniziative programmate dalle Aziende USL.<br />
Ai medici di medicina generale è in particolare affidato il compito di tutela della salute della<br />
donna, ai fini preventivi e di raccordo con le componenti specialistiche, e di assistenza al percorso<br />
della gravidanza.<br />
I pediatri di libera scelta e i medici di medicina generale assicurano la loro funzione, nelle<br />
rispettive competenze, nei percorsi assistenziali delineati dal presente progetto obiettivo.<br />
Le Aziende USL definiscono le modalità per assicurare la collaborazione dei pediatri di libera<br />
scelta e dei medici di medicina generale alle attività di valutazione epidemiologica del territorio<br />
e di pianificazione degli interventi da parte dell'unità funzionale "Attività consultoriali", attraverso<br />
la loro partecipazione all'ufficio di coordinamento del distretto e secondo le modalità<br />
previste dagli accordi regionali.<br />
3.1.3 Gli interventi sociali e sanitari integrati<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" assicura la suo interno, attraverso la presenza degli<br />
operatori sociali, l'integrazione gestionale e professionale negli interventi sanitari e sociali<br />
mediante la progettualità e l'operatività comune volta sia alla realizzazione dei programmi di<br />
prevenzione che alla presa in carico individualizzata nei percorsi assistenziali.<br />
Nel distretto l'Ufficio di coordinamento assicura il collegamento tra gli interventi sociali erogabili<br />
direttamente dall'unità funzionale "Attività consultoriali" e le risorse offerte dai servizi<br />
sociali del Comune, nonché il rapporto con i soggetti sociali e le istituzioni che interagiscono<br />
nei campi di intervento dei servizi consultoriali, ed in particolare nel settore giovanile.<br />
A livello di zona la programmazione complessiva dei servizi sociali espressa nei Piani di zona<br />
definisce gli specifici appositi accordi di programma tra Azienda USL e Comuni per i progetti<br />
d'intervento comuni.<br />
3.2. I servizi ospedalieri<br />
3.2.1 L'area funzionale materno infantile<br />
Al fine di organizzare e integrare le funzioni ospedaliere relative al settore materno-infantile, le<br />
Aziende USL in base alla rilevanza e complessità dei singoli presidi ospedalieri istituiscono le<br />
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Aree funzionali materno-infantili, che coordinano le attività del settore presenti nel presidio<br />
ospedaliero di zona o nell'ospedale sovrazonale di riferimento.<br />
Analogamente l'area funzionale materno infantile è istituita presso le Aziende ospedaliere.<br />
Il regolamento aziendale definisce il numero e la composizione delle Aree funzionali e le strutture<br />
organizzative professionali che ne fanno parte.<br />
Nell'area metropolitana fiorentina, l'area funzionale materno - infantile è sostituita dal Dipartimento<br />
operativo interaziendale materno-infantile.<br />
La responsabilità dell'area funzionale Materno infantile è attribuita dal Direttore Generale ad<br />
uno dei direttori delle unità operative afferenti all'area.<br />
Il responsabile dell'area funzionale:<br />
- è responsabile del budget e della programmazione operativa dell'area;<br />
- assicura la gestione delle risorse attribuite, garantendo l'utilizzo integrato delle stesse e la<br />
fruizione degli spazi e delle attrezzature comuni;<br />
- promuove l'integrazione tra le attività complementari ai fini dell'erogazione delle prestazioni,<br />
anche attraverso lo sviluppo di gruppi di lavoro orientati a progetti specifici;<br />
- assicura l'accessibilità ai servizi e la corretta conduzione del percorso assistenziale;<br />
- promuove l'applicazione di metodologie e di protocolli comuni; collabora con il direttore del<br />
presidio mediante la forma prevista dal regolamento aziendale.<br />
A livello aziendale ad uno dei responsabili delle aree funzionali "Materno Infantili" è attribuito<br />
il coordinamento delle stesse al fine di assicurare il funzionamento in rete dei presidi ospedalieri<br />
per i settori di competenza.<br />
Il coordinatore delle aree funzionali Materno Infantile partecipa al Comitato direttivo dei presidi<br />
ospedalieri dell'Azienda USL.<br />
3.2.2. La rete dei punti nascita<br />
Le Aziende sanitarie ridefiniscono l'assetto complessivo dei punti nascita al fine di potenziare e<br />
qualificare l'assistenza al parto, in linea con le raccomandazioni dell'OMS e delle società scientifiche<br />
e con attenzione ai criteri di umanizzazione degli interventi e all'attuazione di modelli<br />
assistenziali personalizzati.<br />
Nella riorganizzazione dei servizi per l'assistenza al parto le Aziende sanitarie articolano i<br />
servizi su più livelli in relazione alla complessità delle prestazioni erogabili, con riferimento agli<br />
standard organizzativi e assistenziali indicati nell'Allegato A, assicurando attraverso il collegamento<br />
in rete dei servizi l'adeguatezza della risposta assistenziale.<br />
In fase transitoria sono individuati tre livelli di assistenza, con l'obiettivo di tendere ad una<br />
articolazione su due livelli tali da consentire un'ulteriore crescita qualitativa dei servizi ospedalieri,<br />
unitamente al potenziamento della rete di assistenza territoriale.<br />
Le Aziende sanitarie provvedono, nell'arco temporale del presente <strong>Piano</strong>, a razionalizzare la<br />
collocazione logistica dei punti nascita, con dismissione delle strutture non adeguate rispetto<br />
agli standards qualitativi definiti e a riqualificare e modernizzare le strutture operanti, con<br />
l'attuazione degli interventi strutturali previsti dal programma regionale di investimenti per il<br />
settore materno infantile di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 328/97.<br />
La Giunta regionale è impegnata ad emanare specifiche direttive, anche di ordine tecnico operative,<br />
idonee ad assicurare la piena funzionalità della rete dei punti nascita.<br />
3.2.3. La rete pediatrica<br />
Le Aziende sanitarie assicurano la presenza sul territorio regionale di una rete pediatrica che<br />
colleghi funzionalmente tutti i presidi ospedalieri che operano nel campo dell'assistenza pediatrica<br />
e interagisca con i pediatri di libera scelta, ponendo al centro del sistema il soggetto in età<br />
evolutiva dalla nascita fino al raggiungimento dell'età adulta e le sue esigenze di assistenza.<br />
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La rete pediatrica assicura, inoltre, l'assistenza oltre l'età pediatrica per quelle situazioni già<br />
prese in carico, correlate a patologie dismetaboliche croniche o a stati di handicap, che necessitano<br />
di continuità assistenziale.<br />
Finalità della rete pediatrica<br />
La costituzione della rete è finalizzata a:<br />
- assicurare su tutto il territorio la disponibilità di punti ospedalieri qualificati per le patologie<br />
pediatriche;<br />
- indirizzare i flussi della domanda, con identificazione di diversi livelli di assistenza e di prestazioni<br />
erogabili e dei centri di riferimento per le alte specialità;<br />
- ridurre il numero di ricoveri impropri;<br />
- realizzare un sistema informativo finalizzato a fornire strumenti di conoscenza per i medici e<br />
per gli utenti sui servizi disponibili a livello toscano e a livello extra regionale;<br />
- trasmettere i dati conoscitivi necessari per i registri di patologia istituiti a livello regionale per<br />
una costante valutazione epidemiologica dei fenomeni e una conseguente programmazione dei<br />
servizi.<br />
Caratteristiche della rete<br />
L'organizzazione della rete deve essere ispirata ai seguenti criteri:<br />
- favorire il più possibile la deospedalizzazione del bambino - adolescente. L'attività di ricovero<br />
deve essere concentrata sull'emergenza-urgenza, sulle alte specialità e sulle patologie croniche. I<br />
ricoveri in ambiente ospedaliero devono essere riservati ai casi di assoluta necessità, a giudizio<br />
del pediatra che ha in carico l'utente, fatti salvi i casi con carattere di urgenza. Particolare impulso<br />
deve essere dato al potenziamento dell'attività di day-hospital e, ove possibile, di daysurgery,<br />
a forme sperimentali di servizi di diagnosi e cura a ciclo diurno (osservazione breve) e<br />
all'attività ambulatoriale specialistica quale strumento di diagnosi e controllo per patologie<br />
pediatriche con particolare riferimento a quelle croniche, evitando duplicazioni degli interventi<br />
assicurati dai pediatri di libera scelta;<br />
- assicurare la possibilità di ricovero in ambienti adeguati per la specifica tipologia di utenza,<br />
anche individuando spazi dedicati per il ricovero degli adolescenti. Il ricovero ospedaliero sia di<br />
tipo medico che chirurgico del bambino - adolescente deve essere assicurato non in reparti di<br />
degenza per adulti, ma nella struttura di pediatria più prossima con eventuale coinvolgimento<br />
degli operatori delle altre branche specialistiche necessarie. A livello ospedaliero deve essere<br />
ribadito il concetto di "area pediatrica" dedicata alla degenza, in cui il bambino - adolescente<br />
possa trovare ambienti idonei non solo alle necessità sanitarie, ma a seconda dell'età, anche<br />
ambienti adatti al gioco, allo studio ed al proseguimento delle relazioni sociali per i casi di<br />
lunghe degenze;<br />
- garantire modalità di gestione dell'assistenza con attenzione agli aspetti relazionali, alle forme<br />
di accoglienza, di comunicazione, di informazione all'utente e alla famiglia;<br />
- assicurare il costante raccordo con il pediatra di libera scelta, sia durante il ricovero sia al<br />
momento della dimissione, anche con forme di "dimissioni protette";<br />
- assicurare la collaborazione e il raccordo con i servizi territoriali ed in particolare con i servizi<br />
di neuropsichiatria infantile, per garantire la continuità e la presa in carico dell'utente in occasione<br />
di ricoveri specifici;<br />
- valorizzare, unitamente alla crescita dell'alta specialità, le potenzialità tecnico scientifiche<br />
dell'Azienda ospedaliera Meyer nei processi di valutazione, formazione ed informazione ai fini<br />
dello sviluppo e dell'effettiva funzionalità dell'intera rete.<br />
Le Aziende sanitarie, attraverso appositi rapporti convenzionali, definiscono l'utilizzazione dei<br />
servizi pediatrici dei rispettivi presidi, avvalendosi dell'organizzazione in rete regionale per<br />
l'ottimizzazione dell'uso delle risorse.<br />
La Commissione pediatrica regionale<br />
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Per favorire la costituzione della rete pediatrica e la sua funzionalità, la Giunta regionale, entro<br />
60 giorni dall'emanazione del <strong>Piano</strong> sanitario regionale, istituisce un'apposita Commissione<br />
pediatrica regionale, definendone la composizione, sentito il CSR, e le modalità di funzionamento<br />
in modo che sia assicurata la rappresentatività delle Aziende ospedaliere, delle Aziende<br />
USL, dei pediatri di libera scelta e delle associazioni dei genitori.<br />
Alla Commissione è affidato il compito di:<br />
- definire una mappa delle potenzialità assistenziali presenti nella rete ospedaliera pediatrica<br />
delle Aziende Sanitarie, valutandone la congruità e l'eventuale esigenza di razionalizzazione;<br />
- stabilire standards per la verifica;<br />
- fornire indicazioni sulle modalità di conduzione dei percorsi assistenziali per assicurare la<br />
continuità di intervento e il collegamento tra i soggetti che prendono in carico l'utente, mantenendo<br />
in capo al pediatra di libera scelta il ruolo di coordinamento tra i diversi momenti assistenziali;<br />
- definire linee guida per la gestione di problematiche complesse correlate a patologie croniche<br />
o di particolare gravità, con la definizione di modalità assistenziali idonee a garantire il raccordo<br />
fra l'assistenza ospedaliera nella fase acuta e l'assistenza domiciliare, il trattamento psicologico e<br />
riabilitativo, il sostegno psicosociale alle famiglie;<br />
- predisporre protocolli diagnostico-terapeutici di riferimento, quale strumento di omogeneizzazione<br />
tra i vari presidi;<br />
- promuovere la sperimentazione di tecniche di valutazione del dolore e della paura;<br />
- elaborare materiale informativo, idoneo per la specificità dell'utenza infantile e adolescenziale.<br />
La Giunta adotta gli atti di indirizzo che si rendono necessari in base alle proposte elaborate<br />
dalla Commissione pediatrica.<br />
3.3. Il raccordo ospedale territorio<br />
Il Responsabile di zona assicura il coordinamento tra i servizi territoriali presenti nella zona e le<br />
attività ospedaliere per garantire la continuità dei percorsi assistenziali.<br />
A tal fine:<br />
- attiva opportune forme di collegamento tra i Responsabili delle unità funzionali "Attività<br />
consultoriali" e il Responsabile dell'area funzionale "Materno infantile" di riferimento, anche<br />
mediante appositi momenti collegiali;<br />
- promuove l'elaborazione di protocolli operativi e la sperimentazione di equipe integrate per<br />
progetti e specifici percorsi assistenziali, quali l'assistenza alla gravidanza e al parto.<br />
Il regolamento aziendale definisce le modalità e gli strumenti attraverso i quali sono garantite le<br />
forme di collaborazione e di programmazione congiunta necessarie per assicurare l'integrazione<br />
tra i servizi territoriali ed ospedalieri, anche mediante la costituzione di un apposito Dipartimento<br />
di coordinamento tecnico.<br />
4. Il percorso assistenziale per la tutela della persona<br />
La rete dei servizi assicura la tutela della persona, considerando ogni individuo (adulto o bambino)<br />
nella sua globalità e nel suo contesto di relazioni, superando la frammentarietà dei vari tipi<br />
di intervento. Il criterio fondamentale è quello di offrire risposte non segmentate e parcellizzate,<br />
ma ricondotte ad unità a partire dalla considerazione della vita come un unicum, scandito dalle<br />
varie fasi evolutive di crescita e di formazione personale. Per questo è fondamentale che l'individuo<br />
sia preso in considerazione con un'adeguata conoscenza delle sue condizioni di vita, delle<br />
sue specificità e dei suoi problemi.<br />
Gli interventi assicurati dalla rete dei servizi sono di seguito indicati con riferimento alle varie<br />
situazioni del percorso di crescita della persona.<br />
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4.1. Prima del concepimento<br />
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4.1.1. Educazione alla sessualità e all'affettività<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" in accordo con la struttura organizzativa di educazione<br />
alla salute realizza, in collaborazione con i Comuni, il Provveditorato agli Studi, le Istituzioni,<br />
programmi educativi per i giovani orientati a:<br />
- favorire la cultura positiva della sessualità rispettosa della dignità umana ed in grado di valorizzare<br />
le relazioni emotive ed affettive;<br />
- promuovere una procreazione responsabile;<br />
- prevenire le malattie sessualmente trasmissibili.<br />
Presso il consultorio è assicurata l'attività ambulatoriale di consulenza individuale e di coppia e<br />
di assistenza per la contraccezione.<br />
4.1.2 Assistenza per le malattie sessualmente trasmissibili<br />
Il medico di medicina generale assicura la presa in carico dell'utente e dispone accertamenti e<br />
terapie e l'eventuale invio per la consulenza ostetrico - ginecologica al consultorio o all'ospedale<br />
di riferimento per la consulenza diagnostica in malattie infettive e dermosifilopatiche.<br />
L'ambulatorio specialistico invia informazioni e indicazioni per l'utente al medico di medicina<br />
generale, anche nel caso di accesso diretto dell'utente al consultorio o al centro ospedaliero.<br />
4.1.3 Interventi per la sterilità, infertilità e fecondazione assistita<br />
L'organizzazione in rete dei servizi ospedalieri assicura presso ogni Azienda USL, avvalendosi<br />
delle Aziende ospedaliere per le attività specialistiche non attribuite all'Azienda USL, le prestazioni<br />
di diagnosi e cura della sterilità di coppia. A tal fine sono garantiti l'apporto delle necessarie<br />
figure professionali e adeguati percorsi di accesso diretto al servizio.<br />
A livello regionale viene individuato, attraverso le modalità di cui al capitolo 1, punto 11.2 un<br />
centro che assuma la funzione regionale di riferimento per la fecondazione assistita.<br />
Il Centro regionale da indirizzi sulle modalità di effettuazione delle indagini a livello Aziendale,<br />
per evitare la duplicazione degli accertamenti.<br />
Entro 60 giorni dall'approvazione del presente <strong>Piano</strong>, la Giunta regionale definisce, sentito il<br />
Consiglio sanitario regionale, i requisiti dei centri che attuano fecondazione assistita.<br />
La Giunta regionale promuove studi sulle cause maschili e femminili della sterilità di coppia e<br />
sulla abortività ripetuta (2 aborti consecutivi).<br />
4.1.4 Identificazione precoce di rischi genetici<br />
Il percorso assistenziale è attivato dal medico di medicina generale che, partendo dalla conoscenza<br />
anamnestica familiare, può svolgere una funzione di filtro per le situazioni di probabile<br />
rischio da inviare a consulenza genetica.<br />
La Giunta <strong>Regionale</strong>, sulla base delle linee guida per test genetici, approntate dal Comitato<br />
nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie - Istituto Superiore di Sanità, definisce:<br />
* specifici protocolli assistenziali a partire dalla fase preconcezionale, tesi ad individuare<br />
precocemente i rischi genetici;<br />
* una rete integrata di servizi di genetica clinica, di laboratorio di genetica medica e di consulenza<br />
genetica, razionalizzando la situazione esistente anche con eventuali proiezioni di attività<br />
sulle aree carenti.<br />
4.2. Durante la gravidanza<br />
Le Aziende sanitarie riorganizzano e potenziano i servizi territoriali per l'assistenza alla gravidanza<br />
e alla nascita al fine di garantire, nell'ambito della programmazione complessiva delle<br />
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attività consultoriali a livello zonale, la disponibilità in ogni zona di almeno un consultorio<br />
specificatamente dedicato al "percorso nascita", che assicuri gli interventi necessari ed operi<br />
come nodo di raccordo con l'assistenza ospedaliera.<br />
4.2.1 L'assistenza durante la gravidanza<br />
Il medico di medicina generale della donna svolge un ruolo di "tutore" della gravidanza e assicura:<br />
- il controllo sull'evoluzione fisiologica della gravidanza;<br />
- la prescrizione degli esami di routine e le indagini strumentali;<br />
- l'individuazione dei rischi materno-fetali in riferimento all'anamnesi familiare, patologica<br />
remota e patologica prossima.<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" deve garantire nella sede consultoriale dedicata, in<br />
raccordo con il medico di medicina generale, la presa in carico della donna in gravidanza e la<br />
continuità del percorso assistenziale fino al momento del parto e all'assistenza puerperale.<br />
All'interno dell'unità funzionale "Attività consultoriali" l'ostetrica costituisce il principale riferimento<br />
assistenziale e relazionale a carattere di continuità.<br />
Ogni donna ha diritto all'ostetrica come mediatrice con le altre figure e luoghi del suo percorso.<br />
A tal fine le Aziende USL assicurano nei consultori dedicati al "percorso nascita" la disponibilità<br />
e la collaborazione del personale ospedaliero necessario.<br />
Nel consultorio l'assistenza alla gravidanza fisiologica viene fornita secondo le indicazioni sugli<br />
accertamenti diagnostici e sulle visite stabilite dall'apposito protocollo regionale approvato dalla<br />
Giunta regionale (deliberazione della Giunta regionale n. 3867 del 24.7.95), con possibilità di<br />
eseguire tutti gli accertamenti di base e le visite ostetrico ginecologiche.<br />
L'attivazione del servizio consultoriale avviene per diretto accesso della donna o per invio del<br />
medico di medicina generale.<br />
Per l'effettuazione degli accertamenti ecografici e cardiotocografici in gravidanza, nel caso di<br />
non disponibilità nel consultorio della dotazione strumentale e dell'apporto specialistico necessario,<br />
l'Azienda USL individua il presidio territoriale o l'ambulatorio ospedaliero del punto<br />
nascita di riferimento e definisce modalità agevolate di accesso mediante forme di prenotazione<br />
diretta degli interventi da parte dei consultori distrettuali.<br />
Il percorso assistenziale della gravidanza fisiologica viene attuato dal consultorio nel rispetto dei<br />
seguenti principi:<br />
- ridurre l'eccessiva medicalizzazione;<br />
- incrementare un approccio globale da parte degli specialisti alle problematiche della donna;<br />
- garantire il rapporto fra il servizio pubblico e il privato.<br />
In caso di gravidanza a rischio il consultorio attiva il raccordo con l'ambulatorio ospedaliero del<br />
punto nascita di riferimento o, se necessario, con i Punti Nascita della rete integrata, secondo le<br />
rispettive competenze, per:<br />
- la visita e la consulenza specialistica;<br />
- la diagnostica prenatale invasiva o di alto contenuto specialistico;<br />
- il monitoraggio delle fasi critiche e delle ultime settimane di gravidanza.<br />
La Giunta <strong>Regionale</strong> è impegnata a emanare apposite linee guida per:<br />
- l'assistenza alla gravidanza a rischio per fornire, con riferimento alle indicazioni ministeriali<br />
in materia, criteri di individuazione del rischio e indicazioni in merito alla fase di approfondimento<br />
diagnostico e terapeutico;<br />
- la predisposizione a livello locale di protocolli di intervento riferiti, in particolare, all'assistenza<br />
al travaglio e al parto fisiologico.<br />
Il corso di preparazione alla nascita<br />
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In ogni zona l'unità funzionale "Attività consultoriali" programma e attua i corsi di preparazione<br />
alla nascita, anche avvalendosi delle Aziende ospedaliere, sulla base di una valutazione delle<br />
esigenze presenti nel territorio.<br />
I corsi sono realizzati, in stretto collegamento con il punto nascita di riferimento.<br />
I corsi di preparazione devono:<br />
- essere indirizzati alla preparazione al parto, alla maternità ed alla paternità con la sperimentazione<br />
di momenti di incontro con l'equipe consultoriale nella fase iniziale della gravidanza;<br />
- garantire una effettiva interdisciplinarietà di apporti;<br />
- garantire una capacità di individuazione precoce del disagio e della emarginazione.<br />
L'assistenza ostetrica territoriale<br />
All'interno dell'unità funzionale "Attività consultoriali", le Aziende USL assicurano il servizio<br />
ostetrico territoriale, potenziandone la dotazione di personale soprattutto nelle zone in cui sono<br />
attuati processi di razionalizzazione della rete dei punti nascita con chiusura o riconversione di<br />
reparti ospedalieri.<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" deve garantire l'assistenza ostetrica domiciliare, in<br />
particolare in caso di dimissioni precoci dopo il parto, per consentire il rapido rientro a casa<br />
della donna soprattutto nelle situazioni di considerevole distanza del punto nascita.<br />
Le Aziende USL dettano le opportune norme organizzative perchè l'attivazione immediata<br />
dell'assistenza domiciliare durante il puerperio avvenga attraverso una programmazione dell'intervento<br />
concordata con il punto nascita, sulla base della valutazione del singolo caso.<br />
Il reparto ospedaliero del punto nascita fornisce tutte le indicazioni necessarie perchè l'ostetrica<br />
possa monitorare adeguatamente il puerperio a domicilio.<br />
Nei casi in cui le Aziende USL attivino iniziative sperimentali con la costituzione dell'equipe<br />
integrata ospedale - territorio, il servizio ostetrico domiciliare può essere utilizzato per ridurre il<br />
ricorso all'ospedalizzazione per gravidanze a rischio (ipertensione, diabete, diabete gestazionale)<br />
mediante uno stretto raccordo dell'ostetrica con il punto nascita di riferimento e la presa in<br />
carico da parte del medico di medicina generale.<br />
L'Azienda USL definisce le modalità organizzative che consentono il raccordo tra il servizio<br />
ostetrico domiciliare e il punto nascita, anche attraverso forme di collegamento telefonico o via<br />
modem e assicura la necessaria strumentazione all'ostetrica che svolge assistenza domiciliare.<br />
I servizi di trasporto di emergenza<br />
Gli interventi di emergenza ostetrica nel corso della gravidanza devono essere assicurati su tutto<br />
il territorio delle Aziende USL, con l'attivazione immediata dell'apposita rete dei servizi di<br />
emergenza territoriali, coordinata dalle centrali di ascolto rispondenti al numero telefonico 118.<br />
Le Aziende USL nell'organizzazione dei Dipartimenti Emergenza e Urgenza, provvedono a<br />
potenziare la capacità di risposta dei servizi di trasporto di emergenza nelle zone territorialmente<br />
più disagiate e più lontane dai presidi ospedalieri sedi di punti nascita.<br />
Il trasporto di emergenza neonatale viene assicurato secondo le modalità previste dalla deliberazione<br />
del Consiglio regionale n. 178 del 10 maggio 1994 "Linee guida operative per il servizio<br />
di trasporto protetto neonatale".<br />
Le Aziende Sanitarie sono impegnate a dare piena attuazione alle disposizioni contenute nella<br />
soprarichiamata deliberazione.<br />
Per l'emergenza pediatrica si richiamano le direttive date dalla Giunta regionale con deliberazione<br />
n. 950 del 29.7.96 per la qualificazione dei servizi dei Dipartimenti di Emergenza Urgenza,<br />
in modo da garantire una adeguata capacità di risposta agli specifici problemi presenti negli<br />
interventi di emergenza nei confronti di soggetti in età pediatrica.<br />
4.2.2 Le iniziative sperimentali<br />
Le Aziende sanitarie promuovono la realizzazione di modalità di conduzione dell'assistenza al<br />
"percorso nascita" particolarmente attente a valorizzare la dimensione naturale e umana dell'e-<br />
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vento e garantire concrete forme di unitarietà del percorso assistenziale tra la gravidanza e il<br />
momento del parto.<br />
La costituzione di equipe integrata ospedale/territorio<br />
Nell'ambito dei processi di riorganizzazione dei servizi per la tutela materno infantile possono<br />
essere costituite equipe dedicate all'assistenza gravidanza - parto - puerperio composte da operatori<br />
appartenenti a unità operative ospedaliere e ai servizi territoriali.<br />
Nell'equipe integrata "gravidanza/nascita" devono essere garantiti gli apporti professionali di:<br />
- ostetriche;<br />
- ostetrico - ginecologo;<br />
- pediatra neonatologo.<br />
Concorrono alle attività dell'equipe consultoriale ulteriori professionalità in relazione a specifiche<br />
esigenze.<br />
L'equipe opera per un sostegno personalizzato della gestante, definisce il piano di assistenza<br />
adeguato al singolo caso, garantisce alla donna continuità dell'intervento assistenziale da parte<br />
degli stessi operatori per tutto il percorso nascita, dal monitoraggio della gravidanza, al momento<br />
del parto e al puerperio.<br />
L'equipe opera in stretto collegamento tra il consultorio e il presidio ospedaliero sede di punto<br />
nascita di riferimento.<br />
L'Azienda USL definisce, mediante apposito protocollo organizzativo, le modalità di costituzione<br />
dell'equipe e del suo funzionamento, in particolare per quanto riguarda la responsabilità<br />
direzionale, la sede che costituisce il punto base operativo del gruppo, le modalità di accesso al<br />
servizio da parte della donna.<br />
In realtà in cui il punto nascita di attrazione è collocato in un presidio dell'Azienda ospedaliera,<br />
la costituzione del servizio integrato ospedale/territorio è definito mediante apposito rapporto<br />
convenzionale tra le due Aziende interessate.<br />
L'equipe integrata cura la tenuta di apposite cartelle sanitarie sui singoli casi presi in carico e<br />
attua forme di verifica di qualità dell'assistenza, con indicatori definiti nel progetto dell'Azienda<br />
USL in riferimento ai seguenti elementi:<br />
- tendenziale riduzione del numero degli operatori che ruotano attorno alla donna gravida;<br />
- miglioramento della trasmissione delle informazioni e dell'integrazione fra gruppo ospedaliero<br />
e territoriale;<br />
- gradimento della puerpera;<br />
- soddisfazione degli operatori dell'equipe;<br />
- complicanze materne e perinatali.<br />
Il parto a domicilio<br />
Le Aziende sanitarie promuovono iniziative di assistenza domiciliare al parto, definendo le<br />
modalità del servizio mediante apposito protocollo nell'ambito della progettualità complessiva<br />
dell'Azienda per la riorganizzazione dei servizi per la gravidanza e il parto fisiologico, secondo<br />
criteri di "umanizzazione" e di personalizzazione dell'assistenza. Per l'attuazione del servizio<br />
l'Azienda può avvalersi di specifiche convenzioni.<br />
L'attivazione del progetto presuppone da parte dell'Azienda una attenta individuazione del<br />
contesto operativo che fa fronte all'intervento (modalità organizzative di forte integrazione tra il<br />
servizio consultoriale e il punto nascita ospedaliero, adeguata professionalità e motivazione<br />
degli operatori) ed una rigorosa valutazione e selezione dei casi da far accedere al servizio.<br />
Il servizio è rivolto a donne con gravidanza fisiologica e può essere attivato in presenza dei<br />
seguenti requisiti:<br />
- assenza di anomalie, di patologie o di fattori di rischio anamnestici, che possano far presumere<br />
una gravidanza a rischio e valutazione di compatibilità del parto domiciliare con lo stato di<br />
salute generale materno/fetale;<br />
- libera scelta e convinzione della donna di voler partorire a casa;<br />
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home <br />
- espressa adesione della donna al progetto di assistenza domiciliare, su apposita modulistica<br />
per l'acquisizione del consenso informato predisposta dal comitato di bioetica;<br />
- presenza di idonee situazioni ambientali, igieniche e logistiche al domicilio della donna e<br />
adeguata distanza dal punto nascita;<br />
- accurata e continuativa vigilanza di tutta la gravidanza;<br />
- accessibilità ai servizi di emergenza ospedaliera e disponibilità di un efficace ed efficiente<br />
servizio di trasporto in utero durante il travaglio e materno e/o neonatale.<br />
Su richiesta dell'interessata l'accesso all'assistenza al parto domiciliare avviene, secondo le<br />
specifiche modalità definite dal protocollo dell'Azienda, attraverso i servizi consultoriali preposti<br />
all'assistenza alla gravidanza e alla nascita, a cui la donna deve rivolgersi non oltre la 16a<br />
settimana di gravidanza, al fine di consentire l'adeguata organizzazione del percorso assistenziale<br />
e la necessaria conoscenza del caso da parte dell'equipe.<br />
Il medico che segue la gravidanza, prescrivendone i controlli previsti dal protocollo regionale di<br />
assistenza alla gravidanza fisiologica, deve fornire le informazioni necessarie per una valutazione<br />
sull'assenza di condizioni ostative all'effettuazione del parto a domicilio. L'equipe consultoriale<br />
attesta l'ammissibilità al parto domiciliare.<br />
La gestione del servizio è affidata dall'Azienda USL all'equipe consultoriale integrata ospedale -<br />
territorio che attua uno stretto raccordo dei servizi consultoriali con l'ospedale e che, nella presa<br />
in carico personalizzata della donna, garantisce il monitoraggio di tutta la gravidanza e la possibilità<br />
di una conoscenza e valutazione complessiva del caso.<br />
L'affidamento dell'assistenza domiciliare ad una equipe integrata assicura, a vantaggio della<br />
donna, il corretto apporto delle<br />
varie professionalità necessarie e la collaborazione degli operatori del reparto ospedaliero del<br />
punto di nascita di riferimento, in caso di sopraggiunte complicanze per la gestante o per il<br />
neonato.<br />
All'interno dell'equipe, l'ostetrica svolge un ruolo centrale nell'assistenza domiciliare al parto. A<br />
questa figura professionale è affidato il compito di guidare la donna nel percorso fisiologico del<br />
parto, intervenendo con competenza professionale e con rispetto delle esigenze e dei desideri<br />
della donna.<br />
L'ostetrica opera nei limiti delle sue competenze professionali ai sensi del DM 15.9.75 e successivo<br />
DM 15.6.81 e del profilo professionale definito dal Ministero della Sanità con decreto del<br />
14.9.94.<br />
È compito dell'ostetrica mantenere una stretta collaborazione con i medici specialisti e le strutture<br />
ospedaliere per la gestione dei casi in cui si renda necessaria una valutazione o un intervento<br />
di livello medico specialistico per il presentarsi di situazioni patologiche che esulano dai suoi<br />
ambiti professionali.<br />
L'assistenza domiciliare alla donna prosegue, durante il puerperio, da parte della stessa ostetrica<br />
che ha seguito la gravidanza e il parto.<br />
Per l'assistenza al neonato, l'ostetrica valuta l'eventuale esigenza di un intervento specialistico e<br />
attiva la consulenza necessaria. In caso di decorso fisiologico attiva la presa in carico da parte<br />
del pediatra di libera scelta.<br />
Su ogni singolo caso di parto a domicilio, l'Azienda USL acquisisce da parte dell'equipe che ha<br />
gestito l'assistenza, i dati conoscitivi necessari per una valutazione di risultato del progetto di<br />
assistenza domiciliare al parto.<br />
Forme di verifica di qualità dell'assistenza sono attuate attraverso modalità di confronto tra gli<br />
operatori territoriali e gli operatori ospedalieri del punto nascita.<br />
La Giunta regionale istituisce, presso la struttura competente del dipartimento del Diritto alla<br />
salute e delle politiche di solidarietà, un apposito registro dei parti a domicilio, finalizzato<br />
all'acquisizione di dati conoscitivi per una valutazione sugli aspetti sociali, sanitari ed economici<br />
delle esperienze di assistenza al parto domiciliare, realizzate sul territorio toscano.<br />
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home <br />
4.2.3 L'assistenza per le gravidanze che si interrompono<br />
Aborto spontaneo<br />
In caso di aborto spontaneo, a livello ambulatoriale ospedaliero viene assicurata l'assistenza<br />
necessaria, con controllo ecografico della cavità uterina. I servizi ospedalieri assicurano i controlli<br />
e gli accertamenti specifici per aborti avvenuti a gravidanza inoltrata (ecografia e isteroscopia<br />
per la valutazione della morfologia del corpo e della cavità uterina in caso di aborti dopo<br />
la 12 settimana; se possibile, valutazione morfologica ed anatomopatologica del prodotto abortivo<br />
in caso di aborti dopo la 18ma settimana).<br />
Presso il punto nascita viene garantita l'assistenza in caso di minaccia di aborto, attivando<br />
metodi per la riduzione della durata della degenza.<br />
A livello di zona, le Aziende USL attivano, in raccordo tra l'unità funzionale "Attività consultoriali"<br />
e i servizi ostetrico ginecologici dell'area funzionale "Materno Infantile", un sistema di<br />
sorveglianza sugli aborti spontanei e indagini sulle cause di abortività in presenza di un superamento<br />
della soglia del 10% su tutte le gravidanze.<br />
Interruzione volontaria della gravidanza<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" assicura presso il Consultorio una fattiva gestione<br />
della L. 194/1978, con particolare riferimento agli aspetti di prevenzione e di sostegno della<br />
donna.<br />
Il percorso assistenziale per l'interruzione volontaria della gravidanza deve assicurare adeguati<br />
strumenti di informazione alla donna, per una valutazione del suo problema e per l'individuazione<br />
degli interventi sociali di sostegno a cui poter eventualmente far ricorso.<br />
Il responsabile dell'unità funzionale provvede a indirizzare l'attività consultoriale in modo che al<br />
momento della certificazione dell'IVG alla donna (e al padre del concepito ove la donna lo<br />
consenta) siano state fornite le informazioni previste dall'art. 5 della L. 194/78.<br />
Nel Consultorio devono essere disponibili operatori dedicati a cui la donna può accedere anche<br />
direttamente e che devono garantire tempestività di intervento, nei sette giorni successivi alla<br />
certificazione.<br />
L'intervento dell'equipe consultoriale comporta l'analisi degli aspetti socio/economici e psicologici<br />
(art. 5, comma 1 L. 194/1978), l'attivazione, su richiesta della donna, di strumenti integrati<br />
socio/sanitari di sostegno psicologico e sanitario alla donna che decide di interrompere la gravidanza.<br />
Il rispetto dei diritti della donna deve essere garantito con adeguate modalità organizzative che<br />
assicurino corretti atteggiamenti da parte del personale di assistenza e la tutela della privacy.<br />
Il Consultorio, su richiesta della donna, provvede a prenotare l'accesso per l'intervento presso il<br />
presidio ospedaliero.<br />
Le Aziende sanitarie promuovono per l'espletamento dell'IVG un maggior utilizzo del day<br />
hospital e dei poliambulatori.<br />
Le Aziende sanitarie sono tenute ad accertare l'eventuale sussistenza di problemi organizzativi<br />
delle strutture, in modo da rispondere tempestivamente alla domanda così da ridurre il ricorso<br />
alla certificazione d'urgenza.<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" attiva interventi di informazione e mediazione<br />
culturale per le donne immigrate che ricorrono alla IVG.<br />
Presso il presidio ospedaliero dove viene effettuata l'IVG e presso il consultorio è assicurato il<br />
controllo successivo, la consulenza contraccettiva e il supporto psicologico necessario.<br />
4.2.4 Gli interventi di prevenzione e di sostegno per le situazioni di disagio sociale e psicologico<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali", in raccordo con gli Enti Locali, in attuazione degli<br />
accordi di programma e/o convenzioni, definisce e attua:<br />
- progetti individualizzati di assistenza sociale e psicologica per soggetti fragili;<br />
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- interventi economici;<br />
- programmi di accoglienza per gestanti sole;<br />
- programmi di informazione e consulenza specificatamente orientati alle esigenze delle donne<br />
immigrate (interpretariato - mediazione culturale);<br />
- programmi di informazione sui diritti della madre e del neonato e sui servizi disponibili (soprattutto<br />
in relazione alla prevenzione dell'abbandono).<br />
Presso i consultori sono attivati progetti sperimentali per assicurare, nell'ambito delle funzioni di<br />
accoglienza, un servizio di ascolto telefonico per l'individuazione di problematiche di tipo socio<br />
- economico e psicologico e per l'attivazione immediata dei servizi e degli operatori di riferimento.<br />
Presso l'Azienda ospedaliera di Careggi è da potenziare il Centro di consulenza di tossicologia<br />
prenatale, attivato con funzione regionale.<br />
4.3. Il parto e la fase neonatale<br />
4.3.1 L'assistenza al parto<br />
L'assistenza al parto è assicurata dalle Aziende sanitarie tramite la rete dei punti nascita e le<br />
equipe di assistenza al parto domiciliare, secondo le indicazioni di cui al precedente punto.<br />
La continuità del percorso assistenziale, con attenzione agli aspetti umani e relazionali<br />
dell'evento, viene garantita mediante il raccordo tra l'unità funzionale "Attività consultoriali" e il<br />
punto nascita, sia per quanto riguarda l'assistenza dal periodo della gravidanza al parto sia per la<br />
gestione delle dimissioni ospedaliere e l'assistenza ostetrica domiciliare nella fase puerperale,<br />
con riferimento a quanto indicato nei precedenti punti.<br />
In relazione alla dimissione precoce del neonato sano, la Giunta <strong>Regionale</strong> è impegnata ad<br />
emanare apposite linee guida per le procedure di presa in carico del neonato da parte del pediatra<br />
di libera scelta.<br />
Per quanto riguarda l'utilizzo del taglio cesareo, la Giunta regionale è impegnata ad adottare<br />
iniziative di sorveglianza del fenomeno (sia per valutare l'entità a livello toscano del ricorso al<br />
taglio cesareo come metodica di parto, sia per rilevarne la distribuzione temporale nell'arco<br />
della settimana e delle ore della giornata) e a promuovere iniziative che favoriscano nelle Aziende<br />
sanitarie la riduzione dell'uso di tale tecnica, anche attraverso interventi di medicine non<br />
convenzionali di cui alla lettera H.<br />
4.3.2 La riduzione della natimortalità e della morbosità<br />
L'impegno dei servizi di assistenza al parto deve essere volto al mantenimento costante dei tassi<br />
di natimortalità e di mortalità neonatale conseguiti in <strong>Toscana</strong>.<br />
A livello regionale sono adottate iniziative per monitorare l'eventuale verificarsi di un aumento<br />
della morbosità in connessione con la riduzione della natimortalità e della mortalità perinatale.<br />
A tal fine la Giunta <strong>Regionale</strong> è impegnata a:<br />
- attivare la Commissione regionale di Bioetica per lo studio delle problematiche etiche connesse<br />
al trattamento dei neonati prematuri;<br />
- predisporre un registro regionale di morbosità;<br />
- fornire indicazioni per garantire la collaborazione fra Punto Nascita e pediatra di base che,<br />
tramite specifici strumenti informativi, tenga sotto controllo gli esiti a distanza delle problematiche<br />
emerse al momento della nascita.<br />
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La valutazione della morbosità deve riferirsi in particolare a:<br />
- sottopeso ( gr.);<br />
- pretermine (età gestazionale 37 settimane);<br />
- ricoverati in terapia intensiva;<br />
- ricoverati per interventi chirurgici neonatali;<br />
- numero dei ricoveri nel primo anno di vita.<br />
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4.3.3 Gli screening neonatali<br />
Le Aziende sanitarie assicurano l'effettuazione degli accertamenti per l'individuazione ed il<br />
tempestivo trattamento dell'ipotiroidismo congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica,<br />
come previsto dall'art. 6, comma 2 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 "Legge quadro per<br />
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate."<br />
Per la Fibrosi cistica si richiama la specifica Azione programmata.<br />
La Giunta <strong>Regionale</strong> è impegnata a predisporre, avvalendosi della Commissione Pediatrica,<br />
specifici protocolli per la fenilchetonuria e l'ipotiroidismo e per l'attuazione di eventuali interventi<br />
sperimentali di screening per ulteriori patologie.<br />
4.3.4 La prevenzione e la presa in carico dell'handicap<br />
La prevenzione dell'handicap viene assicurata dalle Aziende Sanitarie attraverso gli interventi di<br />
monitoraggio della gravidanza.<br />
La Giunta <strong>Regionale</strong> è impegnata ad emanare specifiche linee guida per l'individuazione precoce<br />
dell'handicap, con definizione del protocollo di accesso alla diagnosi prenatale invasiva e per<br />
la prevenzione dell'handicap acquisito ex parto.<br />
La presa in carico dell'handicap è assicurata dai servizi territoriali delle Aziende USL con i<br />
percorsi assistenziali definiti dallo specifico progetto obiettivo.<br />
Il Registro Toscano dei Difetti Congeniti si qualifica come strumento di coordinamento delle<br />
Aziende Sanitarie per la sorveglianza del fenomeno, la definizione di programmi di follow-up,<br />
la promozione di protocolli di intervento.<br />
4.3.5 Gli interventi sociali di sostegno<br />
L'Unità funzionale "Attività consultoriali" assicura, in collaborazione con i Comuni e le Associazioni<br />
del volontariato, interventi di sostegno a situazioni critiche con:<br />
- programmi individualizzati di pronta accoglienza per madri sole con neonati e di neonati non<br />
riconosciuti;<br />
- iniziative di promozione dell'adozione.<br />
4.4. Dall'infanzia all'adolescenza<br />
4.4.1 L'assistenza del pediatra di libera scelta<br />
L'assistenza sanitaria di base per i soggetti in età pediatrica è assicurata dai pediatri di libera<br />
scelta.<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" promuove, anche attraverso iniziative adottate all'interno<br />
dei corsi di preparazione al parto, la scelta immediata del pediatra da parte dei genitori per<br />
la presa in carico del bambino fin dalla nascita.<br />
Presso i punti nascita e presso le sedi consultoriali è effettuata la consegna ai genitori del libretto<br />
pediatrico, quale strumento da utilizzarsi, da parte del pediatra di libera scelta, per seguire le<br />
fasi di crescita del bambino e per assicurare gli adempimenti vaccinali in raccordo con il<br />
Distretto.<br />
Il pediatra di libera scelta assicura, per tutta la durata di assistenza:<br />
- il monitoraggio della crescita ("bilanci di salute");<br />
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- il coordinamento delle iniziative di prevenzione;<br />
- il filtro nei confronti dei momenti specialistici;<br />
- il raccordo nei confronti degli operatori impegnati in problematiche psicosociali, relazionali,<br />
scolastiche, di devianza.<br />
Il pediatra svolge un ruolo di tutore di tutti i percorsi assistenziali, in particolare di quelli attinenti<br />
le patologie gravi, croniche e le disabilità.<br />
Assicura inoltre, al superamento dell'età pediatrica dell'assistito, il raccordo con il medico di<br />
medicina generale scelto tramite il passaggio di documentazione informativa sull'assistito.<br />
4.4.2 L'assistenza pediatrica consultoriale<br />
All'interno dell'unità funzionale "Attività consultoriali" è svolta una funzione di "pediatria di<br />
comunità" in una visione di sanità pubblica e in rapporto di collaborazione con i pediatri di<br />
libera scelta da parte dei pediatri che operano nei consultori.<br />
Ai pediatri consultoriali compete:<br />
- l'effettuazione delle vaccinazioni raccomandate dalla Regione <strong>Toscana</strong> e degli screening<br />
(quando non effettuati dal pediatra di libera scelta);<br />
- la partecipazione ai gruppi operativi distrettuali;<br />
- la consulenza in ambito scolastico per situazioni di particolare impegno sanitario e sociale;<br />
- la collaborazione con il coordinatore sanitario di distretto per l'effettuazione di attività di<br />
verifica della qualità delle attività pediatriche in ambito distrettuale;<br />
- la partecipazione al controllo della diffusione delle malattie infettive nelle comunità;<br />
- l'educazione sanitaria in collaborazione con i Pediatri di libera scelta (nelle scuole e nei corsi<br />
di preparazione alla nascita);<br />
- la presenza nei centri consulenza giovani;<br />
- l'assistenza sanitaria per i bambini non assistibili dai pediatri di libera scelta, compresi extracomunitari<br />
e nomadi;<br />
- l'attivazione di interventi integrati con gli altri servizi territoriali che operano su utenti in età<br />
pediatrica (unità funzionale per la salute mentale infanzia e adolescenza, servizi sociali).<br />
4.4.3 L'assistenza pediatrica ospedaliera<br />
Per le situazioni che necessitano di ricovero ospedaliero, l'assistenza al bambino è assicurata<br />
dalla Azienda USL presso i presidi ospedalieri della rete pediatrica nel rispetto dei criteri e dei<br />
requisiti indicati nello specifico paragrafo di cui al precedente punto .<br />
4.4.4 L'assistenza per le problematiche neurologiche e dell'area psico - relazionale è assicurata<br />
mediante la rete dei servizi per l'infanzia e l'adolescenza, definita all'interno del progetto obiettivo<br />
per la salute mentale, i GOM ed i presidi residenziali e semiresidenziali di riabilitazione.<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" promuove il raccordo tra i servizi interessati assicurando<br />
la presa in carico precoce delle problematiche che si manifestano nella primissima infanzia.<br />
4.4.5 Gli interventi sociali per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali", attraverso la presenza al proprio interno di operatori<br />
sociali secondo quanto definito dagli accordi di programma e con modalità operative attuative<br />
delle reti di protezione sociale, a livello di distretto, assicura:<br />
- azioni di sensibilizzazione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;<br />
- sviluppo di forme di auto - aiuto fra famiglie, comprese quelle adottive e affidatarie;<br />
- promozione, consulenza e sostegno per l'adozione e l'affidamento familiare, con sviluppo<br />
dei centri affidi (ai sensi della deliberazione del Consiglio <strong>Regionale</strong> n. 384/1994);<br />
- individuazione precoce delle situazioni di rischio sociale per minori e famiglie;<br />
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- progetti individualizzati di sostegno per il singolo e la famiglia: interventi economici, consulenza<br />
psicologica e sociale e educativa, accoglienza temporanea extra - familiare;<br />
- azioni di sensibilizzazione contro le violenze, l'abuso e lo sfruttamento di minori;<br />
- interventi integrati e personalizzati nei casi di maltrattamento e abuso;<br />
- interventi di tutela del diritto del minori ad essere educato nella propria famiglia e nel proprio<br />
ambiente;<br />
- accoglienza residenziale nelle situazioni di crisi temporanee della famiglia e per condizioni<br />
pregiudizievoli del benessere del minore;<br />
- qualificazione del percorso socio - educativo delle strutture di accoglienza;<br />
- interventi sociali e socio - educativi a contrasto dei rischi di devianza ed emarginazione.<br />
4.4.6 I Consultori giovani<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" attua a livello zonale, interventi mirati per l'età adolescenziale,<br />
attraverso:<br />
- specifiche iniziative di promozione della salute, definite nell'ambito della programmazione<br />
aziendale delle attività di educazione alla salute, e di prevenzione di forme di disagio, di devianza<br />
e di emarginazione nella scuola e nei centri di aggregazione giovanile;<br />
- corsi di formazione per insegnati e operatori dei servizi socio-sanitari;<br />
- offerta di un servizio di consulenza e di assistenza sociale e sanitaria, individuato presso sedi<br />
consultoriali appositamente dedicate.<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" assicura nei "Consultori giovani" la presenza di<br />
operatori capaci di relazione interattiva e di comunicazione con gli adolescenti, in grado di<br />
stimolare e favorire i processi di crescita, autonomia e consapevolezza sui temi delle scelte e del<br />
cambiamento e di saper individuare i potenziali rischi sociali e sanitari, con attivazione immediata<br />
di interventi di sostegno, anche di tipo interdisciplinare.<br />
I consultori giovani elaborano progetti mirati a specifiche problematiche dell'età adolescenziale,<br />
con particolare attenzione ai disturbi del comportamento alimentare spesso legati alla percezione<br />
distorta del proprio corpo e alla prevenzione delle dipendenze.<br />
I consultori giovani assicurano il collegamento con i servizi sociali presenti sul territorio, per<br />
interventi di sostegno anche con forme di accoglienza temporanea extra familiare e per progetti<br />
socio - educativi di reinserimento sociale per adolescenti con problemi comportamentali.<br />
A livello zonale viene definito il coordinamento delle iniziative e dei progetti sull'area giovanile<br />
tra le diverse Agenzie con i piani territoriali di intervento ex L. 285/97 e ai sensi della LR 72/97<br />
per gli interventi integrati.<br />
4.4.7 La Conferenza <strong>Regionale</strong> sull'Adolescenza<br />
La Giunta regionale istituisce la Conferenza regionale sull'Adolescenza con compiti di studio<br />
sulle varie tematiche che caratterizzando questa fase della vita, di indirizzo per la formazione<br />
del personale, di verifica dei risultati raggiunti nei vari progetti locali.<br />
4.5. La salute della donna nell'età adulta<br />
4.5.1 La prevenzione oncologica<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" assicura gli interventi finalizzati alla prevenzione dei<br />
tumori femminili secondo le indicazioni della specifica azione programmata "La lotta contro i<br />
tumori e l'assistenza oncologica" di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 18 del<br />
3.2.1998.<br />
139
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4.5.2 Le azioni di prevenzione e di sostegno per l'età post - fertile<br />
L'unità funzionale "Attività consultoriali" attiva iniziative di educazione sanitaria per la conoscenza<br />
dei fenomeni di cambiamento fisiologico nel periodo menopausale e per la prevenzione<br />
della osteoporosi, delle malattie cardiovascolari, dei disturbi neurologici nella donna in età post<br />
- fertile.<br />
Gli interventi devono essere impostati in modo integrato.<br />
Il medico di medicina generale è il "tutore" del percorso assistenziale della donna nelle problematiche<br />
della menopausa.<br />
5. Le direttive alle Aziende sanitarie<br />
Le Aziende sanitarie sono impegnate a:<br />
- attivare programmi di formazione degli operatori addetti alle attività di cui al presente progetto<br />
obiettivo, mirati a sviluppare la capacità di interrelazione e di ascolto nei confronti dell'utente e<br />
di lavoro integrato fra varie professionalità su una progettualità condivisa. Specifici progetti<br />
formativi devono essere realizzati per qualificare gli operatori a svolgere la "funzione di accoglienza"<br />
dei consultori;<br />
- riorganizzare le sedi consultoriali, le sedi ospedaliere dei punti nascita e la rete pediatrica, in<br />
conformità degli obiettivi di riqualificazione degli interventi indicati nel progetto obiettivo;<br />
- attivare forme di verifica sulla qualità dei servizi e sulla loro rispondenza alle caratteristiche<br />
epidemiologiche del territorio;<br />
- utilizzare strumenti di informazione per promuovere ed agevolare l'accesso ai servizi da parte<br />
dell'utenza nell'ambito del piano di comunicazione aziendale.<br />
ALLEGATO A – Standard organizzativi e tecnologici di riferimento per la costituzione<br />
della rete integrata di punti nascita<br />
1. Punto nascita di 1 livello<br />
1.1. Definizione<br />
Unità di assistenza per gravidanze e neonati fisiologici, nelle quali avvengono non meno di 500<br />
parti per anno, organicamente collegate con unità di 2 e 3 livello.<br />
In deroga al requisito minimo di 500 parti per l'organizzazione di un Punto Nascita, possono<br />
essere mantenute in esercizio le seguenti strutture:<br />
- Punto Nascita ubicato in un'isola;<br />
- Punto Nascita ove ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni:<br />
a) almeno 200 parti/anno;<br />
b) localizzazione in comune di montagna;<br />
c) distanza superiore a 40' dal Punto Nascita alternativo;<br />
- realizzazione e/o completamento dei plessi ospedalieri sostitutivi finalizzati al superamento<br />
delle strutture inidonee e/o inferiori al tetto dei 120 p.l.<br />
I Punti Nascita previsti in deroga dovranno assicurare tutti i livelli assistenziali previsti per il 1<br />
livello.<br />
L'eventuale deroga non comporta attribuzione di risorse finanziarie aggiuntive alle Aziende<br />
USL sul Fondo <strong>Sanitario</strong> <strong>Regionale</strong>.<br />
1.2. Prestazioni erogate<br />
1. Controllo della gravidanza fisiologica e individuazione precoce del rischio, trasferimento in<br />
utero, assistenza al parto;<br />
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2. Assistenza al neonato;<br />
3. Rianimazione primaria e stabilizzazione neonatale;<br />
4. Assistenza dei neonati in attesa di trasporto assistito neonatale al Centro di riferimento di<br />
Terapia Intensiva.<br />
Sono da prevedere collegamenti funzionali tra il punto nascita e le strutture assistenziali organizzate<br />
per il parto naturale.<br />
Esperienze di assistenza al parto fisiologico a domicilio e nelle case maternità devono raccordarsi<br />
sotto il profilo dell'organizzazione perinatale territoriale con il punto nascita.<br />
2. Punto nascita di 2 livello<br />
2.1. Definizione<br />
Unità funzionale perinatale con un numero di parti superiore a 1.000/anno, in grado di assistere<br />
gravidanze e parti a rischio, nonché tutti i nati con patologia, che non richiedono ricovero presso<br />
il 3livello di cura. Si auspica la presenza di un Punto Nascita di 2 livello per ogni Azienda USL.<br />
Nel 2 livello si configurano le cosiddette cure intermedie o subintensive. Vi si svolgono contemporaneamente<br />
attività di 1 livello e sono garantiti i necessari collegamenti con le strutture di<br />
3 livello per arrivare ad una corretta definizione diagnostica e inquadramento terapeutico, in<br />
presenza di patologie rilevanti della madre e/o del feto e del neonato.<br />
2.2. Prestazioni erogate<br />
a) Ostetrico - ginecologiche<br />
- Assistenza alla gravidanza anche patologica, ma che non necessiti di terapie integrate o di<br />
competenze non presenti nel punto nascita;<br />
- Assistenza al parto e al puerperio, anche patologici purchè l'epoca gestazionale non sia alla 31<br />
settimana;<br />
- Attività di pronto soccorso ostetrico e ambulatoriale di ostetricia per le gravidanze a rischio,<br />
con possibilità di monitoraggio bio - fisico del feto, ivi inclusa la diagnostica ecografica;<br />
- Monitoraggio cardio-tocografico ed emogasanalitico, in sala travaglio-parto;<br />
- Trasferimento a una struttura di 3 livello delle pazienti per le quali si prevede che il nascituro<br />
richieda cure neonatali intensive, salvo le situazioni di emergenza nelle quali ciò non sia possibile.<br />
b) Neonatologiche<br />
- Assistenza ai neonati sani e patologici compresi i trasferiti da strutture di 1livello, ad eccezione<br />
di quelli al di sotto delle 31 settimane e di peso ( a 1.250 g. e di quelli di qualsiasi età<br />
gestazionale e peso, che, a discrezione del Responsabile della UO, necessitino di ricovero presso<br />
il 3livello di cure;<br />
- Assistenza ai neonati dimessi dalla Terapia Intensiva Neonatale (3 livello);<br />
- Assistenza ai neonati che richiedano interventi diagnostici o terapeutici invasivi;<br />
- Ossigenoterapia controllata con misurazione della FiO2 e monitoraggio incruento dell'ossigenazione<br />
(SatO2, PtcO2 e PtcCO2);<br />
- Misurazione incruenta della pressione arteriosa (minima, media, massima);<br />
- Alimentazione mediante sondino oro o naso-gastrico;<br />
- Infusione parenterale con pompa;<br />
- Cateterismo vescicale e puntura sovrapubica;<br />
- Incannulamento dei vasi ombelicali ed exsanguinotrasfusione di emergenza;<br />
- Esecuzione di prelievi arteriosi e determinazione immediata con micrometodiche di gasanalisi,<br />
24/24 ore.<br />
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3. Punto nascita di 3 livello<br />
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3.1. Definizione<br />
Centri che espletano, oltre ad attività di 1 e di 2 livello, funzioni regionali di cure intensive per<br />
un bacino di utenza di circa 6.000 parti/anno. Sono presidi accreditati secondo criteri di disponibilità<br />
di alta tecnologia, elevata specialità organizzativa e professionale medicoinfermieristica,<br />
dove dovranno essere previste unità di terapia intensiva (TIO) e subintensiva<br />
ostetrico-ginecologica (sub-TIO) ed unità di terapia intensiva (TIN) e sub-intensiva neonatale<br />
(sub-TIN) in numero razionalmente individuato tenendo conto degli standard italiani ed europei,<br />
pubblicati da varie agenzie ministeriali e società scientifiche ufficialmente riconosciute.<br />
Le attività di terapia intensiva ostetrica e neonatologica sono esercitate dall'Azienda ospedaliera<br />
Senese e dall'Azienda ospedaliera Pisana. Nel bacino dell'Azienda 10 di Firenze, tali attività<br />
vengono svolte dal costituendo dipartimento materno-infantile interaziendale (Azienda ospedaliera<br />
Meyer, Azienda ospedaliera Careggi, Azienda USL 10 Firenze), secondo le forme previste<br />
dall'atto organizzativo del dipartimento.<br />
Nei Centri di 3 livello dovrà essere effettuata, oltre che attività diagnostica ed assistenziale per<br />
gravidanze e neonati ad alto rischio, anche attività di formazione professionale (medica ed<br />
ostetrico-infermieristica) e di ricerca. Ciò sarà reso possibile dalla notevole concentrazione di<br />
patologie trattate e sarebbe seriamente ostacolato da logiche organizzative che prevedano la<br />
polverizzazione dei centri di 3 livello.<br />
I Punti nascita di 3 livello devono essere strettamente collegati tra di loro e con i Punti Nascita<br />
di 1 e 2 livello dei relativi bacini di utenza. Nell'ambito del bacino di utenza coordineranno le<br />
attività di questi ultimi, promuovendo protocolli per l'effettuazione del trasporto neonatale<br />
assistito e il coordinamento delle attività sub-intensive dei Punti Nascita di 2livello con le<br />
Terapia Intensive di 3 Livello. Nell'ambito di tali protocolli potranno essere previste, in presenza<br />
di particolari condizioni organizzative, caratteristiche di trasferimento dei pazienti dal 2 al 3<br />
livello diverse da quelle previste nel punto 2.5.<br />
3.2. Prestazioni erogate<br />
a) Ostetrico - ginecologiche<br />
I Punti Nascita di 3 livello trattano gravidanze e neonati sani e pazienti con ogni tipo di patologia;<br />
devono perciò disporre di una grande varietà di risorse e competenze.<br />
1. Ambulatorio multizonale di Medicina Prenatale articolato in:<br />
- Diagnostica laboratoristica per malattie dismetaboliche materne (es. diabete);<br />
- Diagnostica biofisica ecografica e doppler flussimetria;<br />
- Diagnostica cardiotocografica;<br />
- Diagnosi prenatale malattie congenite;<br />
- Servizio ambulatoriale articolato per competenze: tossicologiche, internistiche, gastrointestinali,<br />
infettivologiche;<br />
Il servizio di Medicina Prenatale deve effettuare consulenze e consigliare, in raccordo con i<br />
Punti Nascita di 1 e 2 livello, le cure necessarie al caso.<br />
2. Disponibilità di letti di Terapia Subintensiva ostetrica per gestanti patologiche;<br />
3. Disponibilità di letti di Terapia Intensiva materna.<br />
b) Neonatologiche<br />
1. Cure intensive<br />
- 1 posto letto ogni 1.000 nati/anno<br />
2. Cure sub-intensive<br />
- 2 posti letto per ogni letto intensivo<br />
3. Attività di Trasporto Assistito Neonatale<br />
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3. Prevenzione e cura delle condotte di abuso e delle dipendenze<br />
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1. Gli obiettivi<br />
Il problema dell'abuso e della dipendenza da sostanze ha avuto un significativo incremento negli<br />
anni recenti, investendo fasce di utenza che appaiono modificate per composizione, entità e<br />
varietà dei prodotti di consumo.<br />
Il progetto obiettivo propone una riconsiderazione attenta del fenomeno delle dipendenze, per<br />
un orientamento e un adeguamento degli interventi in modo mirato all'attualità della situazione.<br />
Il progetto si propone i seguenti obiettivi:<br />
- acquisire una conoscenza dinamica della diffusione e delle caratteristiche del fenomeno del<br />
consumo di droghe, per un adeguamento rapido delle strategie di intervento;<br />
- prevenire le situazioni di dipendenza stimolando nei giovani l'acquisizione di stili di vita sani;<br />
- contrastare la diffusione delle molteplici condotte di abuso e di dipendenza nel mondo<br />
giovanile, nella scuola, negli ambienti di lavoro;<br />
- prevenire le complicanze di condotte di abuso e di dipendenza in situazioni già conosciute di<br />
rischio sociale;<br />
- assicurare adeguati interventi di cura e di riabilitazione dello stato di dipendenza da sostanze<br />
legali e illegali;<br />
- superare il concetto di "irrecuperabilità", assicurando l'attivazione di progetti ed interventi<br />
finalizzati alla riduzione del danno.<br />
2. Le strategie<br />
- allestire un sistema informativo capace di fornire una mappatura complessiva del problema<br />
delle dipendenze e un monitoraggio costante sul modificarsi del fenomeno;<br />
- adottare interventi mirati di promozione della salute per l'età adolescenziale, in sinergia con le<br />
varie istituzioni che operano su questa fascia di età;<br />
- intervenire su tutte le sostanze di abuso, comprese quelle legali (alcol, tabacco, farmaci);<br />
- porre al centro l'interesse dei servizi la persona nella sua globalità, intervenendo con una<br />
strategia di "aiuto globale" e trattamenti multidisciplinari sui problemi specifici del singolo;<br />
- agire sul fenomeno delle dipendenze in una dimensione di "rete" di servizi e di coordinamento,<br />
co-progettazione e integrazione degli interventi tra soggetti pubblici, Enti locali, Enti ausiliari,<br />
Volontariato, Cooperative sociali;<br />
- ampliare la qualità dei trattamenti e delle offerte assistenziali, per una più articolata disponibilità<br />
di strumenti ai fini del progetto terapeutico-riabilitativo individuale, anche attraverso un<br />
fattivo rapporto tra il Servizio pubblico e il privato sociale.<br />
3. Gli strumenti<br />
3.1. La rete integrata dei servizi<br />
Gli interventi di prevenzione e cura delle condotte di abuso e delle dipendenze patologiche sono<br />
assicurati da un complesso di servizi in "rete", a cui concorrono le strutture organizzative funzionali<br />
delle Aziende USL, gli Enti ausiliari, i Servizi sociali dei Comuni, le Cooperative sociali<br />
e il Volontariato.<br />
3.1.1. Le Unità funzionali "Sert"<br />
In ogni zona le Aziende USL istituiscono una o più unità funzionali Sert, che, in conformità alle<br />
competenze riconosciute dall'art. 28 della Legge 162/90 e dal DM 444/90, svolgono funzioni di<br />
coordinamento degli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione forniti, nel settore delle<br />
dipendenze, dai vari Soggetti pubblici e privati coinvolti.<br />
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Sono presenti nei Sert le figure professionali previste dalle norme nazionali di riferimento. La<br />
responsabilità dell'Unità Funzionale Sert è attribuita dal Direttore generale o dal Responsabile di<br />
zona, se delegato, ad un dirigente sanitario tra gli operatori dell'equipe.<br />
Compiti<br />
I Sert assicurano ai soggetti tossicodipendenti ed alle loro famiglie, nel rispetto dell'anonimato e<br />
della riservatezza la predisposizione di progetti terapeutici socio- riabilitativi e la disponibilità<br />
dei necessari interventi di carattere medico-farmacologico, psicologico, sociale e riabilitativo.<br />
Nello specifico:<br />
- eseguono l'accertamento dello stato di dipendenza, elaborano, attuano e verificano i piani<br />
terapeutici individuali in collegamento con le istituzioni coinvolte;<br />
- assicurano la continuità degli interventi programmati, assumendo la titolarità del progetto<br />
terapeutico individuale;<br />
- garantiscono l'attuazione di misure specifiche per ridurre la mortalità e la morbosità legate alle<br />
dipendenze e all'abuso di sostanze, con particolare riferimento alla mortalità per episodi acuti e<br />
per patologie correlate;<br />
- progettano ed attuano in forma diretta o indiretta iniziative ed interventi in sintonia con i<br />
programmi di educazione sanitaria predisposti dai servizi della Azienda USL;<br />
- in collaborazione con i Servizi Sociali degli Enti Locali predispongono protocolli operativi per<br />
interventi di prevenzione sociale e di assistenza sociale;<br />
- svolgono, in ordine alla problematica AIDS, all'interno del piano individuale, attività di sostegno<br />
psicologico, socio-assistenziale e sanitario per i soggetti tossicodipendenti in trattamento;<br />
- collaborano con i Provveditorati agli studi ad istituire centri di informazione e consulenza<br />
(CIC) rivolti agli studenti all'interno delle scuole secondarie superiori;<br />
- collaborano con il Prefetto ai sensi dell'art. 75 e 121 del Testo Unico 309/90;<br />
- garantiscono l'applicazione delle convenzioni con gli Enti ausiliari attraverso il controllo di<br />
progetti ed interventi;<br />
- provvedono alla presa in carico dei soggetti tossicodipendenti detenuti d'intesa con gli istituti<br />
di prevenzione e pena, in collaborazione con i servizi sanitari e sociali interni per la predisposizione<br />
dei progetti e degli interventi relativi;<br />
- provvedono alla predisposizione e attuazione di progetti terapeutici e socio riabilitativi di<br />
soggetti tossicodipendenti in carico al Centro Servizio Sociale Adulti - Ministero Grazia e<br />
Giustizia - in misura alternativa alla detenzione (arresti domiciliari, affidamenti con art. 47/bis);<br />
- su richiesta dell'Ufficio Servizio Sociale Minorile del Tribunale per i minorenni collaborano<br />
alla realizzazione dei progetti individuali per minorenni in "messa alla prova";<br />
- attuano ricerca finalizzata e raccolta dei dati statistici ai fini di una valutazione epidemiologica<br />
nell'ambito del sistema informativo per le dipendenze;<br />
- garantiscono gli adempimenti di legge previsti dalla normativa vigente.<br />
Sedi operative<br />
I Sert esplicano le funzioni di competenza a livello distrettuale nei presidi delle Aziende USL<br />
appositamente dedicati.<br />
Intervengono con progetti ed attività di riabilitazione e reinserimento anche mediante i centri<br />
diurni, comunità terapeutiche pubbliche e servizi di accoglienza residenziali.<br />
Sono presenti nelle sedi in cui si esplicano i programmi di prevenzione previsti.<br />
L'attività dei Sert si svolge di norma nei giorni feriali della settimana per 12 ore diurne e nei<br />
giorni festivi per 6 ore antimeridiane.<br />
In conformità con quanto contenuto nel DM 444/90 art. 5, comma 3, per differenti modalità<br />
operative e durante la chiusura dei Servizi, l'emergenza è assicurata dal Dipartimento Emergenza<br />
Urgenza.<br />
Integrazione con altri servizi<br />
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Per l'espletamento delle proprie funzioni, i Sert operano in stretta collaborazione con:<br />
- il Dipartimento di Emergenza Urgenza per gli interventi di Pronto soccorso;<br />
- il Presidio ospedaliero per i ricoveri diagnostici programmati e per i ricoveri finalizzati alla<br />
disintossicazione, o per trattamento delle patologie connesse alla dipendenza;<br />
- le strutture di Analisi chimico-cliniche per la determinazione qualitativa e quantitativa delle<br />
sostanze che determinano la dipendenza e per le indagini relative alle patologie associate;<br />
- il Dipartimento della Prevenzione e le attività distrettuali per le prestazioni legate ai programmi<br />
terapeutici individuali per screening e monitoraggio della sieropositività da HIV e da altre<br />
patologie infettive;<br />
- le Unità Funzionali per la Salute mentale per la predisposizione dei progetti rivolti a soggetti<br />
con complicanze psichiatriche;<br />
- la struttura organizzativa di educazione alla salute;<br />
- i Medici di Medicina Generale e i Servizi Farmaceutici per il concorso all'attuazione del <strong>Piano</strong><br />
terapeutico anche finalizzato al massimo decentramento degli interventi;<br />
- il privato sociale ed imprenditoriale per le funzioni convenzionate e accreditate, le Associazioni<br />
di Volontariato;<br />
- i servizi di Assistenza Sociale dell'Azienda USL per le funzioni operative di servizio sociale<br />
professionale;<br />
- il servizio sociale dell'Ente locale per la predisposizione di programmi assistenziali, nonché<br />
per il coordinamento e la collaborazione su progetti per minorenni tossicodipendenti e figli<br />
minorenni di tossicodipendenti;<br />
- gli Enti Locali per la prevenzione primaria e secondaria e per supporti alle attività riabilitative<br />
e di inserimento sociale.<br />
I servizi alcologici<br />
Le aziende assicurano i servizi alcologici nelle forme stabilite dalla specifica azione programmata<br />
di cui alla deliberazione di CR n. 281 del 15.9.1998.<br />
3.1.2. Il Dipartimento aziendale per le dipendenze<br />
A livello aziendale le Aziende USL costituiscono un Dipartimento di coordinamento tecnico per<br />
le dipendenze, con il compito di garantire:<br />
- l'omogeneità delle procedure e dei servizi assistenziali per una strategia complessiva di intervento<br />
a livello aziendale;<br />
- la messa a punto di modalità di rilevazione e di integrazione dei dati previsti dai flussi informativi<br />
regionali e nazionali;<br />
- la valutazione complessiva dei bisogni assistenziali rilevati sulla base dei dati epidemiologici<br />
acquisiti a livello zonale ai fini della programmazione aziendale dei servizi;<br />
- la definizione di standards di funzionamento e di indicatori di qualità per i servizi assicurati<br />
negli ambiti zonali e la verifica sul raggiungimento degli obiettivi;<br />
- la definizione di protocolli di collaborazione con altri soggetti istituzionali (Prefetture, Istituzioni<br />
scolastiche, Amministrazione penitenziaria, Comuni).<br />
Il regolamento aziendale definisce le modalità di funzionamento del Dipartimento e di nomina<br />
del suo Coordinatore.<br />
3.1.3. Gli enti ausiliari, le Cooperative sociali e il Volontariato<br />
Le Aziende USL promuovono la collaborazione e il concorso del privato sociale negli interventi<br />
e nelle risposte riabilitative nei confronti delle dipendenze.<br />
In attesa della revisione dell'atto di intesa Stato/Regione sui requisiti per l'accreditamento degli<br />
Enti ausiliari, le Aziende USL orientano i rapporti tra Servizio pubblico e privato, fermo restando<br />
le competenze derivanti dalla L. 162/90 e dal DM 444/90, secondo modalità diverse e più<br />
avanzate tese a:<br />
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- ampliare le tipologie dei "pacchetti di prestazioni" convenzionabili con i servizi, quali Centri<br />
crisi, Unità strada, programmi brevi, case alloggio, pronta accoglienza;<br />
- costituire percorsi formativi integrati tra operatori del settore pubblico e privato;<br />
- incrementare le esperienze di integrazione finalizzate alla adozione di strumenti e metodologie<br />
comuni per la valutazione diagnostica e la definizione dei percorsi terapeutici, la rilevazione dati<br />
e la valutazione degli interventi;<br />
- sperimentare rapporti convenzionali tra Aziende USL e privato a doppia direzione, con fornitura<br />
di prestazioni a titolo oneroso da parte dei servizi USL all'interno delle offerte terapeutiche<br />
fornite dagli Enti ausiliari per programmi speciali, quali situazioni di "doppia diagnosi", patologie<br />
virali, trattamenti farmacologici, devianza sociale e complicazioni socio-familiari e di contesto.<br />
3.1.4. I servizi sociali dei Comuni e degli Enti Locali<br />
Un ruolo di rilievo assumono i Comuni e gli Enti Locali nelle azioni per la lotta alla droga e alle<br />
condotte di dipendenza, sia sul fronte preventivo che su quello degli interventi assistenziali e<br />
socio-riabilitativi.<br />
L'approccio alle tematiche giovanili da parte dei Sert, per attuare soprattutto percorsi preventivi<br />
che agiscano sul tessuto sociale e sugli stili di vita, esige la fattiva integrazione tra i servizi delle<br />
Aziende USL e degli Enti locali per:<br />
- la lettura dei bisogni del territorio;<br />
- l'identificazione delle risorse disponibili;<br />
- la progettazione operativa e integrata degli interventi;<br />
- la verifica delle evoluzioni del fenomeno e delle ricadute delle risposte preventive riabilitative<br />
e assistenziali.<br />
A livello di zona socio-sanitaria sono definite, attraverso i Piani zonali dei servizi sociali e i<br />
Piani attuativi locali delle Aziende USL, le strategie e gli interventi da attuarsi mediante specifici<br />
Accordi di Programma tra Azienda USL e Comuni, ai sensi della LR 72/97 nonché le scelte<br />
prioritarie nella presentazione dei progetti per l'accesso ai finanziamenti del Fondo nazionale<br />
per la lotta alla droga.<br />
3.2. La rete informativa e l'osservazione epidemiologica regionale<br />
L'acquisizione degli elementi informativi sulle attività svolte dai servizi e sulle caratteristiche<br />
dell'utenza costituisce elemento fondamentale per la programmazione degli interventi sia a<br />
livello aziendale che regionale, con il coordinamento dell'Agenzia <strong>Regionale</strong> Sanitaria.<br />
A tal fine presso ogni Azienda USL viene assicurata, attraverso le Unità funzionali Sert., la<br />
rilevazione dei dati previsti dalle specifiche disposizioni nazionali sui flussi informativi per le<br />
dipendenze e la loro trasmissione al livello regionale, nel rispetto delle cadenze temporali stabilite.<br />
La Regione promuove e indirizza:<br />
- la definizione di strumenti informatici uniformi a uso delle Aziende USL per assicurare una<br />
rilevazione omogenea dei dati e una loro compatibilità e leggibilità a livello regionale;<br />
- la sperimentazione di "pacchetti" informativi volti ad assicurare non solo l'assolvimento dei<br />
debiti informativi nazionali, ma anche la possibilità di indagini epidemiologiche mirate;<br />
- l'inserimento in rete a livello regionale di tutte le unità funzionali Sert attraverso gli sportelli di<br />
accesso alla rete regionale delle Aziende USL e delle Comunità terapeutiche degli Enti ausiliari,<br />
per favorire la circolarità delle informazioni e la loro disponibilità per tutti i soggetti che operano<br />
nel settore delle dipendenze.<br />
A livello regionale la Giunta provvede a costituire uno specifico punto di raccolta e di valutazione<br />
di dati epidemiologici sulle dipendenze che, in rapporto interrelato con l'osservatorio<br />
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epidemiologico dell'Agenzia regionale di sanità, fornisca i necessari elementi di conoscenza del<br />
fenomeno ai fini della programmazione degli interventi sul territorio toscano.<br />
3.3. Gli organismi di consultazione<br />
3.3.1 Le Commissioni territoriali<br />
Le Commissioni istruttorie territoriali, costituite presso le Aziende USL ai sensi della deliberazione<br />
del Consiglio regionale n. 299/97, proseguono la loro attività di sorveglianza sull'attuazione<br />
dei progetti territoriali finanziati con il Fondo per la lotta alla droga.<br />
In considerazione della rappresentatività in esse contenuta dei vari soggetti pubblici e privati<br />
che a livello locale operano nel settore delle dipendenze, è affidato alle Commissioni territoriali<br />
il compito di rappresentare un "osservatorio di area", con funzioni di rilevazione dei bisogni,<br />
verifica sull'adeguatezza degli interventi e supporto tecnico per i soggetti deputati alla programmazione.<br />
3.3.2. Il Comitato tecnico-scientifico regionale<br />
A livello regionale è istituito un comitato tecnico scientifico quale organismo misto consultivo,<br />
rappresentativo delle varie componenti sociali ed istituzionali operanti sul fronte delle dipendenze,<br />
per l'indirizzo, il coordinamento e la verifica sull'attuazione del progetto obiettivo.<br />
La Giunta regionale provvede a nominare il comitato suddetto definendone la composizione in<br />
modo che sia assicurata la presenza di:<br />
- rappresentanti del servizio pubblico, sanitario e sociale;<br />
- rappresentanti del privato sociale (CEAR, cooperative sociali);<br />
- esperti sanitari delle discipline correlate agli interventi per le dipendenze designati dal Consiglio<br />
sanitario;<br />
- rappresentanti di: Prefettura, Ministero di Grazia e Giustizia (Procura della Repubblica e<br />
dipartimento di amministrazione penitenziaria), Provveditorato agli studi;<br />
- rappresentante ANCI;<br />
- rappresentante volontariato.<br />
Al Comitato sono affidati i seguenti compiti:<br />
- analisi dei fenomeni e formulazione di proposte sulle strategie di riabilitazione e reinserimento<br />
sociale dei tossicodipendenti e sulla prevenzione delle tossicodipendenze, con particolare riguardo<br />
alle situazioni complesse di disagio;<br />
- definizione di protocolli comportamentali e di linee guida;<br />
- monitoraggio del fenomeno droga e promozione di studi epidemiologici retrospettivi e prospettici<br />
in collaborazione con l'Agenzia <strong>Regionale</strong> di Sanità;<br />
- definizione dei criteri di valutazione dei trattamenti di recupero e promozione di indagini<br />
follow-up.<br />
3.4. Il finanziamento dei progetti col Fondo per la lotta alla droga<br />
La Regione sostiene la realizzazione di progetti volti al perseguimento degli obiettivi indicati<br />
dal presente P.O. da parte delle Aziende USL e dei soggetti pubblici e privati che a livello<br />
territoriale operano sulle dipendenze, attraverso i finanziamenti del Fondo nazionale per la lotta<br />
alla droga con riferimento alle disposizioni nazionali.<br />
Annualmente la Giunta regionale definisce, nell'ambito delle indicazioni del progetto obiettivo, i<br />
campi prioritari di intervento e le tematiche di interesse regionale per la realizzazione di progetti<br />
sperimentali, avvalendosi del Comitato tecnico scientifico regionale e delle indicazioni scaturite<br />
dall'Osservatorio epidemiologico regionale.<br />
Per gli atti istruttori di competenza la Regione si avvale delle disposizioni contenute nella<br />
deliberazione consiliare n. 299 del 24.7.1997.<br />
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Le Commissioni istruttorie territoriali provvedono alla verifica sulla realizzazione dei progetti e<br />
sull'utilizzo dei finanziamenti erogati e forniscono annualmente alla Giunta regionale una relazione<br />
sui risultati conseguiti per la conseguente valutazione a livello regionale del perseguimento<br />
degli obiettivi posti.<br />
4. Le azioni specifiche per aree di attenzione<br />
4.1. Il fumo<br />
Le Aziende USL assicurano, attraverso i SERT e la struttura organizzativa di educazione alla<br />
salute e con la partecipazione delle istituzioni interessate, interventi nelle scuole e nei luoghi di<br />
lavoro per la prevenzione della diffusione delle dipendenze. Le aziende realizzano altresì, entro<br />
il triennio, i centri antifumo di cui alla LR 65/96 finalizzati a:<br />
- diminuire la prevalenza dei fumatori;<br />
- ridurre la quantità quotidiana e modificare la qualità di sigarette fumate;<br />
- intervenire su alcune categorie ad alto rischio quali le donne in gravidanza e gli adolescenti.<br />
Le Aziende USL individuano le modalità organizzative di detti centri, garantendo l'integrazione<br />
tra le strutture organizzative specialistiche coinvolte, ivi comprese quelle delle Aziende ospedaliere,<br />
i SERT e coinvolgendo i medici di medicina generale.<br />
4.2. L'alcool<br />
In coerenza con la specifica azione programmata le equipes alcologiche dei Sert in accordo con<br />
la struttura organizzativa di educazione alla salute definiscono e attuano, con la partecipazione<br />
di associazioni del privato sociale, del volontariato, dei medici di medicina generale e degli<br />
specialisti, programmi di intervento per:<br />
- accrescere la consapevolezza dei rischi connessi ad uso - abuso di alcolici tra la popolazione<br />
generale e contribuire alla realizzazione del piano di azione alcologico europeo e dei principi<br />
previsti dalla Carta di Parigi;<br />
- operare in funzione preventiva e favorire l'emergere della fascia di popolazione che non si<br />
rivolge ai servizi;<br />
- intervenire specificamente su fasce a rischio quali adolescenti, lavoratori stagionali o<br />
sradicati dal loro contesto, popolazione detenuta, nomadi ed extracomunitari;<br />
- favorire il superamento dello stato di dipendenza alcolica.<br />
A livello regionale sono assicurati gli interventi di cui alla soprarichiamata azione programmata.<br />
4.3. Le farmaco tossicodipendenze<br />
Le Unità Funzionali Sert in accordo con la struttura organizzativa di educazione alla salute<br />
definiscono programmi di intervento di tipo preventivo, terapeutico ed assistenziale capaci di<br />
confrontarsi con il modificarsi dell'utenza e con il consumo di nuove sostanze di sintesi (ecstasy<br />
e amfetamine) assumendo la politica di riduzione del danno come modalità di lettura clinica del<br />
fenomeno delle tossicodipendenze e di organizzazione dei servizi.<br />
Le UF Sert favoriscono, in collaborazione con gli Enti ausiliari e il volontariato, l'adozione di<br />
modelli assistenziali articolati e l'allestimento di strutture intermedie tra l'ambulatorio e la<br />
comunità terapeutica, per rendere più duttile il servizio e più agevole l'accesso (Unità di strada,<br />
centri diurni, servizi a bassa soglia, case alloggio, centri di accoglienza).<br />
I campi su cui deve essere concentrata l'azione da parte delle UF Sert sono:<br />
- la promozione della salute negli adolescenti. Un'attenzione particolare deve essere rivolta a<br />
realizzare specifiche iniziative di promozione della salute e di prevenzione per gli adolescenti,<br />
in luoghi fisici diversi dai presidi Sert, dove affluiscono eroinomani e utenti più gravi, in collegamento<br />
con i "consultori giovani", con i CIC (Centro informazione e consulenza) nelle scuole<br />
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secondarie, con le sedi sociali di aggregazione giovanile. Gli interventi del settore adolescenziale<br />
devono essere mirati a:<br />
- informare sulle vecchie e nuove droghe in termini scientifici e in modo aggiornato alla comparsa<br />
di nuovi prodotti e ai cambiamenti nelle modalità di assunzione;<br />
- insegnare a fronteggiare situazioni difficili e ad assumere decisioni in contesti in cui vengono<br />
esercitate forti pressioni negative;<br />
- promuovere un miglioramento dei livelli di comunicazione tra gli adolescenti e i loro genitori,<br />
gli insegnanti e gli adulti in genere;<br />
- proporre alternative concrete, piacevoli ed accettabili per i giovani, rispetto all'uso di sostanze<br />
e a modalità di divertimento connesse a comportamenti a rischio;<br />
- individuare situazioni di disagio più o meno strutturate e di precoce uso/abuso di sostanze<br />
psicoattive;<br />
- intervenire sulle situazioni maggiormente problematiche con invio ai servizi specializzati;<br />
- l'intervento nell'area penale, volto a assicurare le forme di assistenza necessarie all'intervento<br />
degli istituti penitenziari in un rapporto di integrazione col servizio sanitario penitenziario e<br />
favorire l'utilizzo di misure alternative alla detenzione;<br />
- il sostegno a nuclei familiari di soggetti tossicodipendenti con minori;<br />
- la promozione di iniziative e progetti per l'inserimento lavorativo di soggetti tossicodipendenti<br />
a rischio di cronicità;<br />
- gli interventi per gruppi di popolazione a rischio, quali nomadi, extracomunitari, lavoratori dei<br />
cantieri dell'alta velocità;<br />
- l'adeguamento delle risposte cliniche per fronteggiare la diffusa grave psicopatologia della<br />
nuova utenza;<br />
- le iniziative di sensibilizzazione e di coinvolgimento dei medici di famiglia e di raccordo con il<br />
servizio specializzato Sert.<br />
4. Handicap<br />
1. Gli obiettivi<br />
Favorire l'autonomia e l'integrazione della persona con handicap nel contesto familiare e nei vari<br />
stadi della vita sociale.<br />
2. Le strategie di intervento<br />
- Presa in carico del soggetto in funzione della globalità ed unitarietà dell'intervento;<br />
- continuità del percorso assistenziale attraverso l'individuazione di specifica responsabilità<br />
degli operatori;<br />
- coordinamento tra i servizi socio-sanitari e gli altri servizi ai quali la persona con handicap<br />
intenda accedere, con lo scopo di garantire l'integrazione funzionale alla realizzazione del piano<br />
individuale di recupero e di inserimento;<br />
- adeguamento dell'organizzazione dei servizi, allo scopo di ottimizzare la realizzazione dei<br />
piani individuali, anche definendo standard assistenziali di prestazioni;<br />
- definizione di criteri di verifica e di valutazione del grado di raggiungimento dei risultati e<br />
della qualità degli interventi.<br />
3. L'organizzazione<br />
In ogni zona è costituito il Gruppo Operativo Interdisciplinare Funzionale (GOIF) ed in ogni<br />
distretto il Gruppo Operativo Multidisciplinare (GOM). L'Azienda USL nel proprio regolamento<br />
definisce il ruolo del GOIF, le modalità con le quali si realizza il rapporto tra il proprio responsabile<br />
ed il responsabile di zona, nonché il coordinamento tecnico operativo in ambito<br />
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zonale. Il regolamento disciplina altresì il ruolo distrettuale del GOM, la sua strutturazione<br />
stabile ed il rapporto con altre unità funzionali distrettuali.<br />
3.1. Gruppo Operativo Interdisciplinare Funzionale (GOIF)<br />
Nel gruppo devono essere assicurate le competenze professionali di Neuropsichiatria infantile,<br />
Neurologia, Psichiatria, Medicina e pediatria di base, Psicologia, Riabilitazione funzionale,<br />
Assistenza sociale.<br />
Fanno parte del GOIF i responsabili della attività dei GOM<br />
I componenti del GOIF sono individuati tra gli operatori del ruolo sanitario e sociale che abbiano<br />
sviluppato la loro competenza e professionalità nel settore handicap.<br />
Il GOIF deve essere dotato di personale amministrativo con preparazione adeguata per la gestione<br />
dei dati epidemiologici e di idonee attrezzature.<br />
3.1.1 Il responsabile del GOIF è nominato dal Direttore generale o dal responsabile di zona, se<br />
delegato, sentito il parere del Direttore sanitario e del Coordinatore sociale.<br />
3.1.2 Il GOIF ha il compito di:<br />
- programmare ed elaborare complessivamente l'impostazione degli interventi abilitativi/riabilitativi<br />
sull'handicap;<br />
- predisporre progetti di aggiornamento del personale, in collaborazione con la struttura organizzativa<br />
preposta all'attività di formazione;<br />
- predisporre strumenti per la rilevazione del fenomeno e coordinare la raccolta dati;<br />
- collaborare alla predisposizione di accordi e protocolli con la Scuola, i Comuni, Le Province,<br />
nonché con ogni altro soggetto coinvolto per competenza;<br />
- curare i rapporti con le commissioni per l'accertamento dell'handicap di cui all'art. 4 della L.<br />
104/92;<br />
- coordinare le attività di settore del livello zonale e distrettuale;<br />
- promuovere e curare i rapporti con le associazioni di volontariato e con le associazioni di<br />
categoria degli handicappati;<br />
- verificare, mediante l'analisi e la valutazione dei dati rilevati, il rispetto delle procedure e<br />
l'efficacia e l'efficienza degli interventi attuati.<br />
3.2. Gruppo Operativo multidisciplinare (GOM)<br />
Nel GOM operano le stesse professionalità già definite per il GOIF<br />
Il responsabile dell'attività del GOM potrà richiedere al responsabile del distretto la messa a<br />
disposizione, per le necessarie consulenze, di altre professionalità a seconda della patologia<br />
specifica da trattare in alcuni casi.<br />
Il GOM va dotato di personale amministrativo di supporto necessario all'attività.<br />
3.2.1 Il responsabile del GOM viene nominato dal responsabile di zona su proposta del responsabile<br />
del GOIF, sentito il responsabile di distretto.<br />
Il responsabile del GOM risponde dell'operatività del Gruppo e del rispetto delle procedure.<br />
Sulla base della valutazione interdisciplinare individua la struttura organizzativa alla quale è<br />
affidato il compito di seguire il caso, secondo il criterio della stretta attinenza alle problematiche<br />
prevalenti.<br />
3.2.2 Il GOM ha compito di:<br />
- curare, entro 30 giorni dalla segnalazione la presa in carico della situazione di handicap;<br />
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- attivare il Progetto Abilitativo Riabilitativo Globale (PAR.G.), la diagnosi funzionale ed i<br />
relativi piani individuali di intervento curandone altresì l'evoluzione e la verifica;<br />
- trasmettere al GOIF i dati relativi ai PAR.G. attivati per il monitoraggio sui fenomeni dell'handicap;<br />
- redigere con cadenze programmate una scheda di valutazione dell'intervento che il responsabile<br />
del GOM deve provvedere a comunicare all'interessato o a chi lo rappresenta, ai sensi della L.<br />
241/90.<br />
La struttura organizzativa funzionale incaricata di seguire il caso nell'attuazione dei piani individuali<br />
risponde della tempestività e della continuità assistenziale e ne riferisce al GOM per la<br />
verifica dei risultati raggiunti e delle modifiche da apportare rispetto alla evoluzione del caso.<br />
4. Gli strumenti operativi<br />
- La commissione sanitaria per l'accertamento della situazione di handicap a norma dell'art. 4<br />
della L. 104/92;<br />
- gli accordi di programma sottoscritti da Comuni, Aziende USL e Provincie per l'attuazione di<br />
progetti a norma degli articoli 14 e 19 c. 5 LR 72/97;<br />
- gli accordi di programma Comuni, Aziende USL, Province e Provveditorato agli Studi a<br />
norma dell'art. 13 della L. 104/92;<br />
- l'osservatorio regionale delle politiche sociali. Presso l'osservatorio regionale delle politiche<br />
sociali viene attivato un apposito programma di rilevazione dei risultati del Progetto obiettivo<br />
che coinvolga tutti i soggetti istituzionali competenti e l'insieme della rete informale di protezione<br />
sociale;<br />
- la Commissione regionale per le politiche sociali che esprime parere sugli atti programmatici e<br />
di indirizzo, oltre che sui provvedimenti legislativi, e formula sulle stesse materie proposte di<br />
modifica e di integrazione.<br />
5. Il percorso assistenziale<br />
5.1. Accesso al servizio e accertamento<br />
- La famiglia dell'interessato, i servizi sociali e sanitari, scolastici, gli organismi della rete di<br />
protezione sociale segnalano al distretto di riferimento l'esistenza di una situazione nella quale si<br />
evidenzia una minorazione fisica, psichica o sensoriale stabilizzata o progressiva che è causa di<br />
difficoltà di apprendimento, di relazione o integrazione lavorativa e tale da determinare un<br />
processo di svantaggio sociale o di emarginazione;<br />
- la Commissione per l'accertamento secondo la procedura indicata dall'art. 4 della L. 104/92,<br />
certifica la situazione di handicap entro i termini di cui al DPR 21.9.1994 n. 698.<br />
Negli stessi termini si deve concludere l'accertamento specifico ai fini dell'inserimento scolastico<br />
ai sensi dell'art. 2 del DPR 24.3.1994, svolto da specialista o psicologo esperto in età evolutiva.<br />
5.2. Definizione del progetto<br />
- il GOM prende in carico il soggetto in situazione di handicap;<br />
- il GOM formula la diagnosi funzionale ed elabora il progetto abilitativo riabilitativo globale<br />
(PARG). Nel PARG trovano la definizione e lo sviluppo i piani individuali di intervento mirati<br />
e specifici in ordine agli obiettivi che si vogliono raggiungere; nel PARG vengono espressamente<br />
definiti l'attribuzione del caso ad una unità funzionale o sua articolazione, nonché i tempi e i<br />
modi per la verifica, da parte del GOM, dell'evoluzione del caso medesimo;<br />
- la fase progettuale deve essere attivata entro trenta giorni dalla definizione della procedura<br />
dell'accertamento dell'handicap e comunque dalla segnalazione del caso al GOM.<br />
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6. Le procedure di formazione e i contenuti del progetto<br />
Il progetto è definito con la partecipazione del soggetto interessato, della famiglia e di quanti<br />
hanno di lui tutela con riferimento alla situazione specifica e deve prevedere, a seconda delle<br />
esigenze, le seguenti tipologie di intervento afferenti a livello sociale e sanitario alle competenze<br />
di Enti diversi (Aziende USL, Comuni, Provincie, Scuola).<br />
- Sostegno alla persona ed alla famiglia, che assicuri il mantenimento nel proprio contesto<br />
familiare e sociale;<br />
- azioni di recupero e riabilitazione, definite e determinate nei tempi di attuazione;<br />
- protesi ed ausili per l'autonomia, la scuola, il lavoro, attraverso il supporto fornito dal Centro<br />
di consulenza e documentazione degli ausili di cui alla lettera EG punto 3.3;<br />
- prestazioni specialistiche;<br />
- servizi di assistenza domiciliare, domiciliare integrata, aiuto della persona;<br />
- servizi per garantire una qualificata integrazione nelle strutture educative e scolastiche;<br />
- percorsi di orientamento pre - formazione, formazione professionale, finalizzati ad un proficuo<br />
inserimento al lavoro;<br />
- azione di sostegno alla persona ed alle imprese per l'inserimento lavorativo;<br />
- servizi di trasporto per favorire i processi di riabilitazione e integrazione;<br />
- servizi residenziali e semiresidenziali sulla base di ben definiti, vagliati e verificati piani<br />
individuali d'intervento, secondo il criterio di risposte aperte ed integrate con la rete complessiva<br />
dei servizi esistenti nel territorio.<br />
Per apporti specifici nell'attuazione dei progetti vanno individuati e valorizzati i contributi del<br />
volontariato, in un sistema di rete, al fine di favorire occasioni di maggiore integrazione (attività<br />
integrative, scolastiche, aggregazioni educative, culturali, sportive).<br />
7. Le priorità di tutela e di sostegno<br />
- Soggetti con handicap in situazione di gravità;<br />
- Soggetti con handicap in età evolutiva.<br />
Interventi da assicurare:<br />
- Sostegno alla persona e alla famiglia per il mantenimento nel proprio contesto familiare e<br />
sociale;<br />
- Azioni finalizzate all'autonomia, all'integrazione sociale, alla vita indipendente, all'inserimento<br />
scolastico, formativo e lavorativo.<br />
8. La competenza delle funzioni<br />
Competenze delle funzioni della sfera del servizio sanitario e della sfera dei servizi sociali,<br />
formativi ed educativi del lavoro.<br />
Sono a carico del servizio sanitario:<br />
- quota dell'assistenza diretta alla persona negli interventi domiciliari, residenziali e semiresidenziali;<br />
- assistenza riabilitativa di recupero e di mantenimento svolta negli interventi domiciliari, residenziali,<br />
semiresidenziali;<br />
- assistenza infermieristica negli interventi domiciliari, residenziali, semiresidenziali;<br />
- interventi di riabilitazione svolti nei centri accreditati secondo le modalità ed i protocolli<br />
stabiliti dalla normativa sanitaria, compreso il contributo per spese di trasporto specifico;<br />
- ausili e protesi.<br />
Sono a carico degli Enti Locali<br />
- quota dell'assistenza diretta alla persona, negli interventi domiciliari, residenziali, semiresidenziali,<br />
negli ambiti di integrazione della persona in situazione di handicap;<br />
- spesa dei servizi alberghieri e generali delle prestazioni residenziali e semiresidenziali;<br />
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- misure per le barriere architettoniche per l'accessibilità e la mobilità;<br />
- azioni e interventi di sostegno per promuovere e agevolare inserimenti scolastici, educativi,<br />
formativi, lavorativi, di socializzazione ed attività occupazionali;<br />
- misure di sostegno economico alla persona ed alla famiglia di integrazione del reddito o per<br />
particolari oneri che gli interessati debbono sopportare per l'autonomia, la vita indipendente,<br />
l'integrazione sociale.<br />
I servizi residenziali e semiresidenziali debbono avere il carattere di temporaneità, di apertura e<br />
di integrazione. In ogni caso devono determinare condizioni di aiuto nei carichi assistenziali<br />
sostenuti dalla famiglia, o sostituirla in sua assenza o impossibilità ad intervenire.<br />
9. Disposizioni finali<br />
La Giunta regionale, entro sessanta giorni dall'approvazione del presente <strong>Piano</strong>, definisce:<br />
- la quota di spesa sanitaria per sostenere i costi degli interventi domiciliari e nei presidi residenziali<br />
e semiresidenziali;<br />
- i requisiti organizzativi e dimensionali per il funzionamento delle strutture residenziali e<br />
semiresidenziali ed il loro collegamento con altre forme di intervento in particolare della riabilitazione.<br />
10. Gli indicatori<br />
Numero di soggetti/anno 0-18 anni accertati L.104/92 o certificati ai sensi DPR 24.3.94;<br />
Numero di soggetti/anno 18 - 64 anni accertati L. 104/92;<br />
Numero di soggetti/anno accertati in situazione di gravità L. 104/92;<br />
Numero di Progetti Abilitativi Riabilitativi Globali / anno predisposti.<br />
Soggetti in situazioni gravità<br />
- Assistenza domiciliare: rapporto domanda/risposta<br />
- Aiuto personale: rapporto domanda/risposta<br />
- Centro diurno: rapporto domanda/risposta<br />
- Trasporto per inserimento sociale: rapporto domanda/risposta<br />
Soggetti 0 - 18 anni<br />
- Assistenza alla persona in ambito scolastico: rapporto domanda/risposta<br />
- Sostegno extra - scolastico: rapporto domanda/risposta<br />
5. Tutela della salute degli anziani<br />
1. Gli obiettivi<br />
Promuovere la organizzazione in "rete" di servizi verso la persona anziana che attivino percorsi<br />
assistenziali diversificati.<br />
2. Le strategie<br />
2.1. Organizzare i servizi socio-sanitari in modo da garantire la continuità e la specificità delle<br />
risposte assistenziali, attraverso l'elaborazione dei piani individuali di assistenza con la presa in<br />
carico dei soggetti e la definizione del percorso, collocando il sistema dei servizi nel complesso<br />
delle politiche sociali della casa, del lavoro, dei trasporti, della cultura, del tempo libero.<br />
2.2. Rendere effettivo e continuo il percorso assistenziale, adottando protocolli operativi per il<br />
collegamento tra:<br />
- le equipe medico ospedaliere, al momento della deospedalizzazione;<br />
- gli organi distrettuali, al momento della elaborazione del progetto individuale di assistenza;<br />
- i servizi sociali, al momento della elaborazione della risposta assistenziale prevista.<br />
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2.3. Ridurre il ricorso al ricovero ospedaliero e prevenire il ricovero in strutture residenziali di<br />
persone parzialmente o totalmente non autosufficienti, attraverso prestazioni domiciliari di<br />
carattere socio sanitario e socio-assistenziale che assicurino all'anziano di poter vivere nel<br />
proprio ambiente familiare e sociale.<br />
2.4. Utilizzare in modo flessibile e coordinato gli strumenti del day-hospital, dell'assistenza<br />
domiciliare integrata (A.D.I), del Centro Diurno, dell'Ospedale di comunità e dei ricoveri temporanei<br />
in RSA<br />
2.5. Pervenire entro i termini previsti, e con le modalità di cui alla delibera del CR n. 311 del<br />
13.10.98, all'adeguamento delle residenze e dei servizi semiresidenziali ai requisiti organizzativi<br />
e tecnico - strutturali disciplinate dalle normative regionali e dal DPCM del 22.12.89.<br />
2.6. Coordinare e diffondere, attraverso flussi di informazione regolati dall'amministrazione<br />
regionale, le esperienze di aggregazione, socializzazione, di crescita culturale, con particolare<br />
riguardo ai Centri Sociali, i Centri Anziani, gli Orti sociali, le Banche del tempo, le Università<br />
del tempo libero.<br />
2.7. Monitorare tutte le iniziative che promuovano l'educazione all'invecchiamento.<br />
2.8. Aderire e partecipare in modo attivo al "Centro per la formazione e l'educazione all'invecchiamento"<br />
costituito con sede a San Gimignano per iniziativa della Regione <strong>Toscana</strong>, della<br />
Provincia di Siena, del Comune di San Gimignano, dell'Azienda USL 7, dell'Università degli<br />
Studi di Siena e della Comunità Europea. Il Centro si inserisce all'interno dei progetti di studio e<br />
di sperimentazione che l'O.M.S. cura e realizza con Enti governativi e non governativi attinenti<br />
alle tematiche dell'invecchiamento e all'educazione alla salute.<br />
3. L'organizzazione<br />
3.1. Il Distretto socio-sanitario è la sede di organizzazione, integrazione ed erogazione dei<br />
servizi socio-sanitari e socio-assistenziali dei Comuni e delle Aziende USL ai quali concorrono<br />
con apporti progettuali ed operativi anche i soggetti della rete di protezione sociale definita al<br />
titolo III della LR 72/97.<br />
3.1.1 Al Distretto, attraverso le proprie articolazioni organizzative, compete:<br />
- la presa in carico degli utenti;<br />
- la definizione di piani individuali integrati di intervento;<br />
- l'attuazione dei piani, l'erogazione delle prestazioni di competenza e la verifica dei risultati;<br />
- il coinvolgimento della rete di protezione sociale;<br />
- il coordinamento degli interventi socio-sanitari, socio-assistenziali e delle prestazioni sanitarie<br />
erogate dai medici di medicina generale con le prestazioni di natura specialistica ed ospedaliera.<br />
3.1.2 Il responsabile del piano individuale di assistenza<br />
Ferma restando la responsabilità assistenziale del medico di<br />
medicina generale nell'attivazione dei processi di diagnosi, cura e riabilitazione, il responsabile<br />
del Distretto nomina il responsabile dell'attuazione del piano individuale di assistenza. Egli è<br />
chiamato a concorrere alla definizione del piano individuale di assistenza, a coordinare l'attività<br />
tecnico - amministrativa, che investe l'operatività del caso, a redigere e conservare la scheda di<br />
valutazione dell'intervento controllando il rispetto di scadenze, obiettivi e verifiche. A tal fine il<br />
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responsabile opera, comunque, in stretto raccordo con il medico curante e con i servizi sociali<br />
competenti.<br />
3.1.3 In ogni Distretto opera la U.V.G. (Unità di valutazione geriatrica) che risponde ai criteri<br />
della multidisciplinarietà e della collegialità. Essa svolge i seguenti compiti:<br />
- valuta le condizioni di non autosufficienza della persona anziana, secondo la metodologia<br />
disciplinata dalla deliberazione del Consiglio regionale 214/91 e successive integrazioni;<br />
- identifica i bisogni socio-sanitari e definisce i piani individuali di assistenza in relazione ai<br />
bisogni specifici della persona anziana, coinvolgendo i soggetti interessati della rete di protezione<br />
sociale;<br />
- individua gli apporti professionali necessari per assicurare la continuità del percorso assistenziale.<br />
3.1.4 La composizione della U.V.G. è quella descritta nella scheda allegato "B" al P.I.S.R.<br />
1998/2000. Il coordinatore è nominato dal responsabile del distretto.<br />
3.2. La geriatria<br />
3.2.1 In ogni zona deve essere assicurata nel presidio ospedaliero per gli interventi clinici geriatrici<br />
intensivi, una organizzazione dell'attività specialistica di geriatria, integrata con i regimi di<br />
ricovero in day-hospital, e che partecipa alle unità di valutazione geriatrica operanti a livello di<br />
distretto, anche in riferimento alle dimissioni programmate.<br />
Il responsabile di zona garantisce l'integrazione dell'attività specialistica di geriatria con le altre<br />
attività di assistenza socio-sanitaria necessarie per la operatività delle Unità di valutazione<br />
geriatrica.<br />
3.2.2 Il responsabile di Zona assicura l'apporto professionale di specialisti geriatri che esercitano<br />
funzioni di consulenza e specialistica, così finalizzate:<br />
- funzioni di specifica consulenza nei confronti della medicina di base, nei programmi e nella<br />
fruizione dei servizi di assistenza domiciliare integrata, nei confronti delle RSA, dell'Ospedale<br />
di comunità e dei Centri Diurni;<br />
- attività di valutazione e di concorso progettuale nelle apposite U.V.G. per la definizione dei<br />
piani individuali in un'ottica di integrazione dei servizi socio-assistenziali e sanitari;<br />
- attività di ricerca e di monitoraggio finalizzate alla uniformità dei modelli e alla formazione<br />
del personale di assistenza alla persona anziana sia sul territorio che nelle strutture.<br />
3.2.3 La Giunta regionale costituisce un nucleo di coordinamento incaricato di verificare l'assetto<br />
operativo delle attività contenute nel punto 3.2.1. e di definire un protocollo di comportamenti<br />
e di modalità di intervento verso la persona anziana che viene ricoverata nei presidi ospedalieri.<br />
3.2.4 Le strutture di Geriatria partecipano alla rilevazione, coordinata dal distretto, dei bisogni<br />
della popolazione anziana della propria zona di intervento e concorrono alla formazione delle<br />
politiche di assistenza con la fissazione degli obiettivi generali.<br />
3.3. Medicina di base<br />
Il medico di medicina generale svolge nei confronti degli anziani non autosufficienti l'attività di<br />
assistenza sanitaria programmata prevista dal DPR 484/1996 recepito con deliberazione della<br />
Giunta regionale del 29.4.97 n. 483, e quella prevista nell'Ospedale di comunità e nei centri<br />
diurni.<br />
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Partecipa alla valutazione della condizione di non autosufficienza e al lavoro delle unità di<br />
valutazione geriatrica - di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 214 del 2.7.91 - a<br />
livello distrettuale e concorre alla definizione, all'aggiornamento e alla verifica del piano individuale<br />
di assistenza.<br />
Partecipa nell'ambito del distretto, in forma individuale o associata, alla rilevazione dei bisogni<br />
della popolazione anziana e dei dati epidemiologici, concorre alla formazione delle politiche<br />
assistenziali e alla definizione degli obiettivi generali di salute della popolazione anziana.<br />
3.4. La rete di protezione sociale<br />
La famiglia, le cooperative sociali, le associazioni del volontariato, altri soggetti del privato<br />
sociale, fanno parte del modello organizzativo del processo assistenziale verso la persona anziana<br />
e concorrono all'analisi dei bisogni, alla definizione dei piani individuali di assistenza, alla<br />
definizione delle risposte, alla gestione degli interventi.<br />
Essi operano sulla base delle indicazioni delle leggi e dei regolamenti comunali che ne disciplinano<br />
le funzioni, svolgendo compiti sussidiari ed integrativi rispetto ai soggetti istituzionali, in<br />
una ottica di collaborazione e di unità di intenti.<br />
4. Il percorso assistenziale<br />
4.1. Modalità di accesso<br />
4.1.1 Richiesta di intervento: il medico di medicina generale rivolge al distretto la richiesta di<br />
intervento. Detta richiesta può essere presentata al distretto anche dalla persona con bisogno di<br />
assistenza, o da suo familiare, accompagnata da certificazione e segnalazione di diagnosi del<br />
medico di medicina generale.<br />
4.1.2 Degenza ospedaliera: nel caso in cui, durante la degenza, emergano problemi di limitazione<br />
dell'autonomia, anche se temporanea, e si renda quindi necessaria una continuità delle cure, il<br />
medico ospedaliero attiva una consulenza geriatrica il cui scopo è di definire, al momento della<br />
dimissione programmata, uno specifico piano di intervento, sul quale è chiamato a partecipare il<br />
medico di medicina generale.<br />
4.1.3 Dimissione ospedaliera: il medico ospedaliero al momento della dimissione della persona<br />
anziana dal presidio di riferimento trasmette al medico di medicina generale dell'assistito, ed in<br />
copia al distretto, la scheda progettuale per la continuità del percorso assistenziale, di cui al<br />
punto precedente.<br />
4.2. Preselezione delle richieste<br />
Il servizio sociale compie un esame preliminare sulle richieste di accesso alle prestazioni assistenziali<br />
per determinare quali casi possono essere trattati con risposte soltanto sociali e quali<br />
invece hanno bisogno della integrazione socio-sanitaria.<br />
4.3. Valutazione delle condizioni di non autosufficienza e di particolari carichi assistenziali.<br />
Nell'ambito della U.V.G. vengono analizzati i bisogni specifici dell'utente e vengono valutate le<br />
condizioni di non autosufficienza secondo le modalità definite al punto 3.1.3.<br />
4.4. Predisposizione <strong>Piano</strong> individuale di intervento<br />
Con la partecipazione dell'interessato, della sua famiglia e degli eventuali conoscenti, vengono<br />
individuate, con i criteri della modularità e della flessibilità, le possibili risposte assistenziali più<br />
funzionali. La scelta tra l'assistenza ambulatoriale, l'A.D.I., il ricovero in residenza sanitaria<br />
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assistita e l'inserimento in servizi semi-residenziali (Centro diurno) deve comunque seguire un<br />
percorso unitario di assistenza, monitorato e validato periodicamente dalla U.V.G. e dal Servizio<br />
Sociale sotto il controllo del responsabile del piano individuale di assistenza.<br />
4.5. Partecipazione dell'utente alla spesa di parte sociale<br />
I regolamenti delle prestazioni assistenziali disciplinano i criteri di partecipazione alla spesa.<br />
4.6. Scadenza della procedura<br />
L'intero procedimento deve concludersi entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta.<br />
4.7. Verifica<br />
La Giunta regionale definisce un sistema di monitoraggio costante sul funzionamento del percorso<br />
assistenziale, dettandone modalità, caratteristiche di operatività e scadenze temporali.<br />
La diffusione dei risultati di tali rilevazioni permetterà alle articolazioni zonali delle Conferenze<br />
dei Sindaci di inserire obiettivi di sviluppo e correzioni delle politiche assistenziali nei piani di<br />
zona, in modo da pervenire ad una successiva verifica regionale sulla quantità e qualità dei<br />
servizi.<br />
5. Gli strumenti<br />
5.1. L'osservatorio regionale delle politiche sociali<br />
Presso l'osservatorio regionale delle politiche sociali viene attivato un apposito programma di<br />
rilevazione dei risultati del progetto obiettivo che coinvolga tutti i soggetti istituzionali competenti<br />
e l'insieme della rete informale di protezione sociale.<br />
5.2. Monitoraggio del percorso assistenziale<br />
È lo strumento di verifica del funzionamento del percorso assistenziale così come definito al<br />
punto 4.<br />
5.3. La Commissione regionale per le politiche sociali<br />
Esprime parere sugli atti programmatici e di indirizzo oltre che sui provvedimenti legislativi, e<br />
formula sulle stesse materie proposte di modifica e di integrazione.<br />
5.4. Gli accordi di programma<br />
Vengono sottoscritti da Comuni, Aziende USL e Province per l'attuazione di progetti a norma<br />
degli artt. 14 e 19 della LR 72/97 nel campo dell'integrazione socio-sanitaria.<br />
5.5. Politiche sociali integrate<br />
Il quadro di riferimento per la programmazione degli interventi assistenziali nei confronti della<br />
persona anziana deve allargarsi all'insieme delle politiche sociali, aumentando il ventaglio delle<br />
opportunità e coinvolgendo la famiglia ed il volontariato nella fase operativa.<br />
5.5.1 La Giunta regionale è impegnata a definire all'interno delle politiche della casa, dei trasporti,<br />
del tempo libero e della cultura, interventi tali da assicurare la definizione di norme ed<br />
obiettivi specifici a favore della popolazione anziana e la conseguente destinazione delle risorse.<br />
5.6. Servizi socio-sanitari integrati<br />
5.6.1 Ricovero in ospedale di comunità e accesso al centro per l'erogazione di prestazioni specialistiche<br />
in diurno<br />
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home <br />
Si rendono necessari per intervenire nella fase post-acuta e per valutazioni complesse volte a<br />
definire un piano di intervento in relazione ai momenti più critici della salute della persona<br />
anziana fragile.<br />
5.6.2 Assistenza domiciliare integrata: l'A.D.I. viene erogata nella forma diretta e/o indiretta<br />
(assegno economico) sulla base delle indicazioni e degli obiettivi contenuti nei piani individuali<br />
di assistenza.<br />
Si avvale dei servizi di telesoccorso e teleassistenza programmati e articolati dal piano di zona.<br />
È concepita in una dimensione di modularità e di sviluppo in modo da integrarsi con i servizi<br />
residenziali temporanei e semi-residenziali.<br />
Assicura prestazioni esclusivamente sociali e integrate, tali da raggiungere nel territorio regionale<br />
la copertura di almeno il 3% degli ultrasessantacinquenni.<br />
5.6.3 Residenze sanitarie assistenziali: (RSA)<br />
Sono presidi che assicurano prestazioni socio sanitarie ad anziani prevalentemente non autosufficienti,<br />
con gli apporti dei familiari e delle associazioni del volontariato.<br />
L'organizzazione delle residenze sanitarie assistenziali deve rispondere ai criteri ed agli standards<br />
contenuti nella scheda "Modello organizzativo presidi residenziali per adulti e anziani",<br />
facente parte dell'allegato "B" del <strong>Piano</strong> Sociale Integrato <strong>Regionale</strong> ed alle altre direttive regionali<br />
che accompagnano periodicamente la revisione della quota sanitaria.<br />
5.6.4 Ricovero temporaneo<br />
La RSA deve avere anche il carattere di ricovero temporaneo attraverso una specifica regolamentazione<br />
da parte dei servizi distrettuali e sulla base di una permanente azione di verifica in<br />
relazione alle dimissioni ospedaliere programmate e ai programmi di reinserimento dell'utente<br />
nel proprio domicilio.<br />
Le direzioni delle RSA devono garantire dal 5 al 10% dei posti residenziali per ricoveri temporanei,<br />
dandone atto nella rilevazione annua compiuta dalla Regione <strong>Toscana</strong>.<br />
5.6.5 Assistenza medico - generica nella RSA<br />
È assicurata dai medici di libera scelta secondo le norme dell'accordo nazionale per la medicina<br />
di base, ivi compresa l'assistenza sanitaria programmata secondo i contenuti del DPR 484/96,<br />
recepito con deliberazione della Giunta regionale n. 483 del 29.4.97.<br />
5.6.6 Inserimenti di soggetti anziani con patologie psichiatriche<br />
Per favorire l'inserimento di soggetti anziani portatori di patologie psichiatriche nelle RSA e per<br />
affrontare adeguatamente le problematiche emergenti, tanto nelle fasi iniziali dell'inserimento<br />
come nel prosieguo delle attività, le Aziende USL devono predisporre protocolli operativi e<br />
proiezioni programmate di prestazioni specifiche delle strutture di psichiatria e di psicologia<br />
sulla base dei piani individuali di intervento e relative verifiche.<br />
Analoghi servizi devono essere assicurati anche presso i Centri Diurni e i day hospital, su richiesta<br />
del medico di medicina generale, dei responsabili delle strutture e dei responsabili dei<br />
distretti.<br />
5.6.7 Centri Semiresidenziali (Centri Diurni di assistenza a persone anziane prevalentemente<br />
non autosufficienti)<br />
Garantiscono l'integrazione tra l'assistenza sanitaria e quella sociale qualificandosi come componente<br />
rilevante nel percorso di assistenza alla persona anziana secondo le caratteristiche<br />
organizzative, gestionali e strutturali contenute nella scheda "Modello organizzativo Centro<br />
Diurno" dell'allegato "B" del PIRS<br />
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Svolgono un ruolo di aiuto e sostegno alla famiglia e assicurano il coinvolgimento del volontariato<br />
e dell'associazionismo, avvalendosi del loro contributo per l'organizzazione di momenti di<br />
socializzazione e svago.<br />
Sono strettamente collegati con i servizi di assistenza domiciliare di cui rappresentano sostegno<br />
e supporto.<br />
È prevista la presenza di 1 Centro Diurno in ogni ambito distrettuale.<br />
5.6.8 I servizi residenziali, semiresidenziali, e di assistenza domiciliare devono contenere "moduli"<br />
e "nuclei" strutturati per offrire risposte integrate, ma al tempo stesso differenziate, di<br />
assistenza.<br />
6. Il progetto Alzheimer<br />
La Regione <strong>Toscana</strong> ritiene opportuno coinvolgere i soggetti istituzionali e la rete di protezione<br />
sociale in un impegno eccezionale durante il triennio che permetta la destinazione di risorse<br />
adeguate a sostenere un progetto di intervento di fronte all'emergenza "Alzheimer".<br />
6.1. Percorso sperimentale<br />
L'adozione di modelli organizzativi di assistenza verso persone anziane con gravi stati comportamentali<br />
associati alla malattia di Alzheimer e con gravi demenze senili richiede una fase di<br />
sperimentazione guidata e coordinata a livello regionale.<br />
6.1.1 Il percorso progettuale della sperimentazione è finalizzato al raggiungimento degli obiettivi<br />
di:<br />
- sviluppo di un modello sperimentale per la formazione di operatori di assistenza e di medici di<br />
medicina generale e per la consulenza ai familiari e a quanti si prendono cura delle persone;<br />
- avvio della realizzazione di progetti sperimentali nel territorio: Centri Diurni di assistenza<br />
Alzheimer; Nuclei "Alzheimer" presso RSA; Modulo A.D.I. per "gravi" in aree metropolitane di<br />
intensa urbanizzazione.<br />
6.2. Nuclei Alzheimer presso RSA<br />
In riferimento alle politiche assistenziali differenziate in ordine alla patologia dell'assistito ed al<br />
suo carico assistenziale, le RSA devono costituire nuclei per tali tipologie di assistiti, secondo le<br />
seguenti caratteristiche:<br />
- il nucleo deve essere costituito da almeno il 20% dei posti residenziali della RSA;<br />
- devono essere adottate modalità operative specifiche, con personale formato allo scopo, con la<br />
predisposizione di protocolli da parte del settore sanitario, sia per la consulenza specialistica sia<br />
per garantire la continuità terapeutica.<br />
6.3. Centro Diurno Alzheimer<br />
6.3.1 I percorsi assistenziali a favore persone anziane - o adulti - con gravi disturbi del comportamento<br />
associati a demenze senili gravi e al morbo di Alzheimer, devono prevedere, oltre<br />
l'assistenza a domicilio e il ricovero temporaneo in RSA, una risposta di assistenza diurna che<br />
contenga requisiti, caratteristiche e prestazioni coerenti con il modello sperimentale.<br />
La sperimentazione si svolgerà sia nei Centri Diurni realizzati presso residenze, sia in strutture<br />
autonome.<br />
6.3.2 Alla fine del triennio di sperimentazione sarà presentato su tutto il territorio toscano il<br />
modello di Centro Diurno validato per assistenza a persone anziane - o adulti - con le caratteri-<br />
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stiche sopra descritte, in modo da portare a regime gli standards strutturali e gestionali relativi ai<br />
servizi residenziali e semiresidenziali ipotizzati nell'allegato "B" del <strong>Piano</strong> Integrato Sociale<br />
regionale.<br />
6.4. Gruppo di coordinamento<br />
È costituito a livello regionale con il compito di verificare l'attuazione del Progetto "Alzheimer"<br />
nelle varie Aziende, un gruppo interdisciplinare di cui fanno parte operatori degli Enti locali,<br />
delle Aziende USL., delle Aziende ospedaliere.<br />
6.5. Le risorse del Progetto Alzheimer<br />
La Giunta regionale assicurerà, a carico del fondo sanitario, per il periodo di validità del piano,<br />
la destinazione annuale di L. 1.500.000.000 sotto la voce "Progetto obiettivo Anziani: sperimentazione<br />
Alzheimer", e darà continuità all'azione sperimentale di sostegno ai nuclei familiari,<br />
prevista nel P.I.R. "Promozione delle reti di protezione sociale" approvato, all'interno del<br />
P.I.S.R. (<strong>Piano</strong> integrato sociale regionale), con Deliberazione n. 228 del Consiglio regionale<br />
del 15.07.1998.<br />
7. La qualità della vita nella terza età<br />
7.1. Il Fenomeno dell'invecchiamento della popolazione amplia la domanda proveniente dal<br />
sociale e richiede l'assunzione di politiche che assicurino il miglioramento complessivo della<br />
qualità della vita nella terza età.<br />
Le risposte sociali devono rendere meno pesante la condizione oggettiva di disagio, individuale<br />
e della famiglia, da cui derivano l'esclusione e l'emarginazione sociale.<br />
Devono essere offerte concretamente tutte quelle opportunità sociali che consentano di vivere<br />
un'esistenza gratificante e dignitosa in una dimensione d'inserimento e di partecipazione, che<br />
preveda anche processi di educazione alla salute.<br />
Occorre attribuire carattere di organicità e diffusione capillare alle esperienze già avviate delle<br />
Università della terza età, dei Centri sociali, delle varie forme di solidarietà espresse dagli<br />
anziani, e di tutte quelle iniziative che rispondano alla domanda di inserimento sociale avanzata<br />
dagli anziani.<br />
7.2 Ricerca e diffusione di conoscenze nell'ambito delle attività di prevenzione<br />
7.2.1 All'interno dell'Osservatorio delle politiche sociali sarà attivata una rilevazione costante<br />
sulle esperienze avviate nella Regione <strong>Toscana</strong> nel campo dell'aggregazione, della socializzazione,<br />
del tempo libero e dell'educazione permanente della popolazione anziana, con particolare<br />
riferimento agli aspetti di coordinamento, di sviluppo di forme di organizzazione di volontariato,<br />
di attivazione di rapporti convenzionali con i Comuni e le Aziende USL.<br />
7.2.2 Il Centro di formazione e di educazione all'invecchiamento di S. Gimignano, di cui al<br />
punto 2.8, avrà il compito di fornire apporti professionali e scientifici tali da diffondere e<br />
assimilare modelli di intervento nel campo dei rapporti intergenerazionali, della crescita delle<br />
capacità di comunicazione con l'insieme dei soggetti sociali.<br />
7.3. Programmi regionali di sviluppo delle opportunità di inserimento sociale<br />
La Commissione regionale per le politiche sociali, svolgendo la sua funzione di formulare<br />
proposte e di promuovere iniziative di conoscenza dei fenomeni sociali di interesse regionale,<br />
con le modalità di lavoro previste dall'art. 63, commi 7 e 8 della LR 72/97, è chiamata a svilup-<br />
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pare una propria iniziativa nell'ambito delle politiche che prevengono l'emarginazione e la<br />
decadenza della persona anziana.<br />
Con particolare riferimento alle iniziative che si svilupperanno durante il <strong>1999</strong>, dichiarato anno<br />
dell'anziano dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, la Commissione avrà il compito di<br />
presentare alla Giunta regionale un programma finalizzato ai seguenti obiettivi:<br />
a) raccolta, da parte degli assessori provinciali alle politiche sociali, di tutti gli elementi di<br />
conoscenza relativi alle esperienze in atto di aggregazione sociale degli anziani;<br />
b) definizione dei criteri e degli strumenti per il coordinamento di tali iniziative e dei soggetti<br />
promotori;<br />
c) definizione di un programma di sviluppo di tali iniziative con il concorso di risorse degli Enti<br />
locali.<br />
8. Le risorse<br />
Le risorse da impiegare nel progetto obiettivo hanno la seguente derivazione:<br />
- quelle a carico del fondo sanitario, sia di parte corrente sia in conto capitale;<br />
- quelle del Fondo sociale statale e regionale e dei Comuni associati, sia di parte corrente sia in<br />
conto capitale;<br />
- quelle provenienti dal cofinanziamento di progetti comunitari;<br />
- quelle proprie del terzo settore.<br />
Le IPAB concorrono per parte loro sia attraverso la gestione diretta dei servizi regolati da rapporti<br />
convenzionali con gli Enti locali, sia attraverso risorse in conto capitale finalizzate alla<br />
riconversione del patrimonio per lo sviluppo e la riqualificazione dei servizi sociali.<br />
C) AZIONI PROGRAMMATE<br />
1 - Assistenza ai nefropatici cronici<br />
2 - Lotta contro i tumori, assistenza oncologica e direttive alle Aziende sanitarie per l'attuazione<br />
dei programmi di screening<br />
3 - Donazione e trapianto di organi, tessuti e cellule<br />
4 - Lotta alle malattie metaboliche<br />
5 - Prevenzione delle malattie cardiovascolari<br />
6 - Organizzazione dei servizi alcologici<br />
1. Assistenza ai nefropatici cronici<br />
1. Il quadro di riferimento<br />
Nella regione <strong>Toscana</strong> l'assistenza ai soggetti nefropatici cronici in trattamento sostitutivo è<br />
caratterizzata da una diffusione capillare delle strutture: 23 centri dialisi, di cui 1 presso l'Azienda<br />
ospedaliera Meyer. Da tali centri dipendono 14 centri di assistenza limitata e 8 sedi di dialisi<br />
ospedaliera decentrata, che riducono al minimo l'impegno temporale per il trasferimento casa -<br />
centro a carico del paziente. Complessivamente nell'anno 1997 su un totale di circa 2.120 dializzati,<br />
il 72% sono stati trattati in sedi ospedaliere, il 16% in C.A.L., il 12% ha eseguito la<br />
dialisi al proprio domicilio (1% dialisi extracorporea, 11% analisi peritoneale).<br />
L'organizzazione in atto, se pure soddisfacente, richiede un'iniziativa coordinata a livello regionale<br />
per assicurare uno sviluppo qualitativo omogeneo su tutto il territorio.<br />
2. I principi guida<br />
- centralità del paziente nell'organizzazione dei servizi rivolti ai soggetti nefropatici cronici;<br />
- coordinamento ed integrazione tra i diversi livelli in cui si articola l'assistenza ai pazienti.<br />
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3. Le finalità<br />
- La prevenzione delle nefropatie;<br />
- il monitoraggio sul territorio regionale dell'evoluzione della patologia;<br />
- lo studio dei fattori di rischio;<br />
- la realizzazione di attività mirate di educazione sanitaria;<br />
- il miglioramento delle condizioni di vita dei nefropatici cronici, assicurando loro una vita<br />
personale, familiare e di relazione sociale per quanto possibile normale;<br />
- la realizzazione di interventi sanitari che forniscano risposte adeguate alle condizioni cliniche<br />
e alle esigenze individuali;<br />
- il potenziamento dell'attività di dialisi in sedi non ospedaliere, incentivando la dialisi peritoneale;<br />
- l'incremento della capacità di accoglienza dei centri nei confronti di utenti occasionali, anche<br />
sperimentando progetti ad hoc;<br />
- il miglioramento del livello assistenziale anche per quanto attiene agli aspetti umani legati<br />
all'assistenza : relazione con l'utente, maggiore attenzione alla gradevolezza dell'ambiente;<br />
- lo sviluppo dell'attività di trapianto renale.<br />
4. Gli attori<br />
- Medico di medicina generale e pediatra di libera scelta;<br />
- Aziende sanitarie attraverso i propri servizi deputati a livello territoriale e ospedaliero:<br />
Distretto<br />
Strutture di Nefrologia - Dialisi<br />
Strutture di Nefrologia - Dialisi Pediatrica<br />
Strutture di Nefrologia - Dialisi e trapianto<br />
- Associazione nazionale emodializzati<br />
4.1. Medico di medicina generale - pediatra<br />
Competenze:<br />
Partecipa allo sviluppo dell'azione programmata e, avendo a riferimento la centralità del paziente,<br />
applica le modalità e le procedure di assistenza stabilite dai protocolli elaborati in modo<br />
concordato dagli attori di cui al punto 4, secondo linee guida della commissione regionale.<br />
4.2. Aziende Sanitarie<br />
4.2.1 Distretto<br />
Competenze:<br />
- attua interventi di prevenzione primaria e secondaria sulla base delle linee guida elaborate<br />
dalla commissione regionale. In particolare svolge attività di educazione sanitaria nei confronti<br />
della popolazione;<br />
- assicura altresì l'assistenza infermieristica domiciliare per i soggetti in terapia sostitutiva, in<br />
collaborazione con la struttura di nefrologia e dialisi.<br />
4.2.2 Strutture di Nefrologia - Dialisi (anche Pediatrica)<br />
Competenze:<br />
a) ricovero per diagnosi e terapia in degenza ospedaliera;<br />
b) attività di day-hospital nefrologico e ambulatorio nefrologico;<br />
c) attività di dialisi ospedaliera ed extraospedaliera;<br />
d) attività di assistenza domiciliare in collaborazione con i servizi territoriali di base;<br />
e) attività di plasma treatment;<br />
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f) selezione pazienti per l'inserimento e permanenza nelle liste di attesa per trapianto renale e<br />
trapianto di rene - pancreas;<br />
g) attività ambulatoriale per trapianti renali stabilizzati;<br />
h) diagnosi e terapia dell'ipertensione arteriosa;<br />
i) consulenza nefrologica;<br />
j) educazione igienico - dietetica, studio metabolico della nefrolitiasi;<br />
k) interventi di prevenzione delle nefropatie individuali e collettivi;<br />
l) applicazione di protocolli per la prevenzione primaria e secondaria elaborati sulla base di<br />
linee guida della commissione regionale;<br />
m) elaborazione di proposte in ordine all'aggiornamento e riqualificazione professionale;<br />
n) attivazione di corsi di addestramento del personale e dei pazienti alle varie tecniche dialitiche;<br />
o) invio dati per il registro regionale dialisi e trapianto, con referente ufficiale per ogni centro;<br />
p) servizio di guardia medica telefonica nel centro di riferimento durante gli orari di effettuazione<br />
della dialisi presso i centri periferici;<br />
q) attività di collaborazione con il paziente per organizzare spostamenti di lungo periodo per<br />
soggiorni estivi ai sensi delle direttive regionali.<br />
4.2.3 Strutture di Nefrologia e Trapianto<br />
Competenze:<br />
attività di cui ai precedenti punti da a) a q)<br />
r) selezione dei pazienti per l'autorizzazione all'inserimento in lista di attesa per il trapianto<br />
renale<br />
s) assistenza nefrologica dialitica durante il trapianto renale e nel post - operatorio immediato<br />
t) assistenza e terapia medica al paziente trapiantato durante la degenza iniziale e durante i<br />
necessari successivi ricoveri<br />
u) collaborazione, ove necessario, nel trapianto di altri organi<br />
4.3. Associazione Nazionale Emodializzati<br />
Assicura alla commissione la conoscenza specifica dei bisogni degli associati. Formula proposte<br />
per il miglioramento qualitativo dei servizi. Si adopera per sensibilizzare l'utenza all'uso di<br />
tecniche dialitiche diverse.<br />
5. L'organizzazione<br />
Commissione <strong>Regionale</strong><br />
Struttura:<br />
Presso il Dipartimento del diritto alla salute e politiche di solidarietà della Giunta <strong>Regionale</strong> è<br />
costituita la commissione regionale per l'assistenza ai soggetti nefropatici cronici. La Commissione<br />
è istituita dalla Giunta regionale secondo quanto previsto nella premessa al presente<br />
capitolo.<br />
Competenze:<br />
- coordina l'attuazione e lo sviluppo dell'azione programmata;<br />
- elabora linee guida finalizzate ad assicurare l'omogeneo sviluppo dell'azione su tutto il territorio<br />
regionale;<br />
- valuta la situazione organizzativa sulla base dei dati forniti dal responsabile del registro regionale<br />
toscano dialisi e trapianto e propone gli eventuali interventi correttivi;<br />
- definisce il percorso assistenziale finalizzato ad assicurare il coordinamento tra i diversi livelli<br />
in cui si articola l'assistenza ai pazienti;<br />
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- svolge attività di indirizzo e di supporto agli operatori in materia di organizzazione e gestione;<br />
- elabora procedure per il controllo di qualità dell'azione e per la verifica dei risultati;<br />
- assicura un adeguamento costante della pratica clinica e assistenziale agli indirizzi proposti dal<br />
Ministero della Sanità che riconosce nel <strong>Piano</strong> sanitario nazionale 1998/2000 le nefropatie,<br />
soprattutto nelle forme che esitano in insufficienza renale con conseguente necessità di emodialisi<br />
o di dialisi peritoneale, tra le patologie cui va riconosciuto carattere di particolare rilievo<br />
sociale.<br />
6. Gli strumenti<br />
Registro <strong>Regionale</strong> Toscano Dialisi e Trapianto<br />
All'Azienda ospedaliera di Careggi è affidata la gestione tecnica del registro.<br />
L'Azienda ospedaliera opera attraverso il comitato di cui alla deliberazione di Giunta regionale<br />
n. 857 del 27/7/1998 che garantisce:<br />
- la completezza e uniformità di rilevazione dei dati;<br />
- il rispetto delle procedure per l'accesso ai dati ai sensi della normativa vigente.<br />
7. Le disposizioni attuative<br />
La Giunta regionale è impegnata a:<br />
- istituire, entro 60 giorni dall'esecutività del presente provvedimento, la commissione regionale;<br />
- impartire, entro 90 giorni dall'esecutività del presente provvedimento, direttive alle Aziende<br />
Sanitarie per lo sviluppo dell'azione programmata;<br />
- riferire annualmente al Consiglio <strong>Regionale</strong> i risultati raggiunti attraverso l'attuazione di<br />
quanto disposto dal presente atto.<br />
2. Lotta contro i tumori, assistenza oncologica e direttive alle aziende sanitarie per l'attuazione<br />
dei programmi di screening<br />
L'azione programmata di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 18/98 e successivi atti<br />
esecutivi, è confermata per il triennio <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> con le seguenti modificazioni e integrazioni:<br />
3.2. Composizione della Commissione oncologica regionale<br />
- inserire al termine della frase "L'Assessore al Diritto alla salute della Giunta regionale, con<br />
funzioni di presidente" la dicitura "o suo delegato";<br />
- inserire prima dell'ultima alinea la dicitura "- i componenti della Commissione oncologica<br />
nazionale operanti nelle Aziende sanitarie toscane";<br />
- eliminare dal testo la dicitura "le funzioni di vice Presidente sono svolte da un medico esperto<br />
presente all'interno della Commissione, nominato dalla stessa all'atto dell'insediamento".<br />
5.7. Il Centro oncologico di riferimento dipartimentale (CORD)<br />
Al secondo capoverso dopo "indirizzo terapeutico, " aggiungere "assistenza psicologica, "<br />
5.8. Il Centro oncologico di riferimento per l'assistenza territoriale (CORAT)<br />
Al secondo capoverso prima alinea dopo "oncologia medica" aggiungere ", assistenza psicologica"<br />
7. Oncologia pediatrica<br />
7.1. Nell'ambito della Commissione oncologica regionale è istituito uno specifico gruppo di<br />
lavoro oncologico pediatrico con il compito di provvedere alla messa a punto di programmi<br />
finalizzati a:<br />
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1. migliorare la qualità di vita in ospedale e a domicilio;<br />
2. assicurare il supporto psicologico non solo per il paziente ma anche per la famiglia;<br />
3. intensificare i rapporti con la scuola;<br />
4. mettere a punto specifiche iniziative di educazione sanitaria.<br />
Lo stesso gruppo di lavoro dovrà provvedere alla predisposizione di una carta dei servizi oncoematologici<br />
pediatrici in <strong>Toscana</strong> da rendere disponibili alle pediatrie delle Aziende sanitarie e<br />
dei pediatri di base.<br />
7.2. È istituito nell'ambito del Registro regionale dei tumori una specifica sezione relativa ai<br />
tumori pediatrici prevedendo, se necessario, l'osservazione di casistiche relative anche ad eventuali<br />
anomalie e/o a sindromi genetiche associate, allo scopo di facilitare l'identificazione di<br />
eventuali fattori di rischio.<br />
8. Il Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (C.S.P.O.)<br />
Il PSN dedica particolare attenzione alle tematiche della prevenzione oncologica, in stretta<br />
connessione con un miglioramento qualitativo delle attività assistenziali e pone obiettivi specifici<br />
di riduzione della mortalità nelle classi di età 0-64 anni.<br />
La Regione <strong>Toscana</strong> intende contribuire attivamente al raggiungimento degli obiettivi indicati<br />
dal PSN sia sul fronte della cura sia su quello della prevenzione.<br />
Sulla base delle suesposte valutazioni la Giunta regionale è impegnata a studiare e predisporre<br />
proposte per il Consiglio regionale in rapporto anche all'evoluzione legislativa nazionale, onde<br />
qualificare ulteriormente l'attività del CSPO per proporlo<br />
come istituto a carattere scientifico al servizio dell'intera comunità nazionale, quale punto di<br />
riferimento e di innovazione nel campo della prevenzione oncologica.<br />
3. Donazione e trapianto di organi, tessuti e cellule<br />
L'azione programmata di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 369/97 e successivi<br />
atti esecutivi, è confermata per il triennio <strong>1999</strong> - <strong>2001</strong> con una previsione di spesa annua di lire<br />
7 miliardi e con le seguenti integrazioni:<br />
VI Disposizioni attuative<br />
Dopo l'ultima linea aggiungere:<br />
- attivare le opportune iniziative per realizzare entro la fine del triennio di vigenza del presente<br />
<strong>Piano</strong> un'unica banca regionale dei tessuti e cellule con le seguenti caratteristiche:<br />
1. articolazione per tipologia di tessuti e cellule;<br />
2. organizzazione per progetti con la individuazione di un responsabile di progetto e la costituzione<br />
di specifici comitati scientifici;<br />
3. centralizzazione di tutte le funzioni comuni allo scopo anche di garantire standard generali e<br />
specifici che consentano l'accreditamento della banca a livello internazionale.<br />
4. Lotta alle malattie metaboliche<br />
Di seguito sono riportate le azioni programmate inerenti alla lotta alle malattie metaboliche<br />
ricomprendendo in tale contesto:<br />
- il complesso degli interventi previsti per il settore diabetologico in termini di prevenzione, di<br />
diagnosi precoce e di adeguata terapia del diabete e delle sue complicanze (4.1);<br />
- la prevenzione primaria, la diagnosi e la cura della fibrosi cistica (4.2);<br />
- il complesso delle iniziative per la strutturazione di efficaci interventi per la lotta ai dismetabolismi<br />
congeniti (4.3).<br />
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REGIONALE<br />
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4.1. Diabetologia<br />
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1. Il quadro di riferimento<br />
Il diabete mellito costituisce una delle malattie a più ampia rilevanza socio-sanitaria sia per le<br />
implicazioni dirette in termine di assistenza sanitaria che per le problematiche sociali ad esso<br />
connesse.<br />
In <strong>Toscana</strong> i servizi assicurano interventi specifici, standards diagnostici ed assistenziali corrispondenti<br />
alle esigenze.<br />
Al fine di ottimizzare quanto già realizzato, l'azione programmata si propone il raggiungimento<br />
di obiettivi più avanzati in un quadro di aggiornamento tecnico - organizzativo in ossequio<br />
anche alle previsioni del <strong>Piano</strong> sanitario nazionale 1998/2000 che individua il diabete mellito<br />
come patologia di particolare rilievo sociale.<br />
2. I principi guida<br />
- Centralità del paziente nell'organizzazione dei servizi rivolti ai soggetti diabetici;<br />
- coordinamento ed integrazione tra i diversi livelli in cui si articola l'assistenza ai diabetici.<br />
3. Le finalità<br />
L'azione è finalizzata al miglioramento delle condizioni di vita del diabetico attraverso:<br />
- la prevenzione, la diagnosi precoce e l'adeguata terapia del diabete e delle sue complicanze;<br />
- la realizzazione di attività mirate di educazione sanitaria;<br />
- la definizione di una organizzazione idonea ad assicurare all'utente un percorso assistenziale<br />
certo e coordinato su tutto il territorio regionale;<br />
- lo sviluppo di azioni sinergiche tra i centri specialistici, la medicina e la pediatria di base e le<br />
associazioni di volontariato;<br />
- il monitoraggio epidemiologico.<br />
4. Gli attori<br />
- Medico di medicina generale e pediatra di libera scelta (1 Livello)<br />
- Aziende sanitarie attraverso:<br />
- strutture specialistiche di diabetologia e malattie metaboliche (2Livello)<br />
- centri di riferimento ( 3 Livello )<br />
- Associazioni di volontariato.<br />
4.1. Medico di Medicina Generale e Pediatra di libera scelta<br />
Competenze:<br />
Partecipa allo sviluppo dell'azione programmata e, avendo riferimento la centralità del paziente,<br />
applica le modalità e le procedure di assistenza stabilite dai protocolli elaborati in modo concordato<br />
dagli attori di cui al punto 4, secondo indirizzi della Commissione regionale per le attività<br />
diabetologiche.<br />
Ha in particolare compiti di:<br />
a) prevenire la malattia diabetica, collaborare per le attività di prevenzione ed, in particolare,<br />
individuare i soggetti a rischio nell'ambito della propria popolazione assistita;<br />
b) intraprendere l'iter per la diagnosi di diabete mellito, anche tramite l'ausilio di opportuni<br />
supporti diagnostici di laboratorio;<br />
c) programmare per il proprio paziente affetto da diabete una periodica valutazione clinica;<br />
d) prescrivere l'adeguata terapia e trasmettere al paziente le conoscenze utili per l'autocontrollo e<br />
l'autogestione della malattia;<br />
e) indicare al paziente gli opportuni correttivi dei comportamenti alimentari errati;<br />
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REGIONALE<br />
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home <br />
f) sorvegliare gli effetti collaterali della terapia ipoglicemizzante e le interferenze con altre<br />
eventuali terapie in corso;<br />
g) inviare il proprio paziente al servizio di diabetologia per consulenze su specifici problemi che<br />
necessitino di adeguata tecnologia e competenza specialistica, sia in caso di interventi programmati,<br />
sia per particolari situazioni morbose sia impongano adeguato supporto clinico<br />
diagnostico, sia per un'educazione comportamentale e gestionale della malattia operata da<br />
personale sanitario qualificato. Il paziente inviato dovrà essere fornito di adeguata documentazione<br />
da far pervenire al servizio diabetologico;<br />
h) assicurare adeguata assistenza domiciliare al paziente diabetico non deambulante anche<br />
attivando, quando necessario, l'istituto dell'assistenza domiciliare integrata.<br />
4.2. Aziende sanitarie<br />
4.2.1. Strutture specialistiche ospedaliere di diabetologia e malattie metaboliche per l'età adulta<br />
e per l'età evolutiva<br />
I Servizi specialistici ospedalieri di diabetologia e malattie metaboliche, nell'organizzazione in<br />
atto presso ciascuna Azienda USL, sono deputati al coordinamento dell'assistenza diabetologica.<br />
Il direttore generale dell'Azienda USL individua con proprio atto, fra gli specialisti di diabetologia<br />
operanti nell'Azienda, un responsabile preposto all'organizzazione dei servizi, come di<br />
seguito specificati, con piena autonomia organizzativa e professionale.<br />
Competenze per adulti:<br />
- consulenza al medico di medicina generale e riferimento specialistico per la zona di competenza;<br />
- prevenzione, diagnosi e trattamento sia della malattia diabetica sia delle altre malattie del<br />
metabolismo;<br />
- monitoraggio del diabetico insulino- trattato;<br />
- diagnosi, monitoraggio e terapia delle complicanze acute e croniche del diabete;<br />
- screening e trattamento del diabete gestazionale (GDM) e della gravida diabetica;<br />
- prevenzione e trattamento del piede diabetico;<br />
- consulenza nelle strutture ospedaliere e distretti;<br />
- certificazione delle condizioni di idoneità fisica dei diabetici per attività sportive, lavorative e<br />
per patente di guida;<br />
- formazione del team diabetologico;<br />
- ricerca clinica e sperimentale;<br />
- monitoraggio epidemiologico del diabete mellito e delle sue complicanze.<br />
Competenze per età evolutiva<br />
- consulenza al medico pediatra di libera scelta e riferimento specialistico per il diabete in età<br />
evolutiva;<br />
- applicazione dei protocolli diagnostici e terapeutici finalizzati alla prevenzione delle complicanze<br />
del diabete mellito;<br />
- certificazione del tipo di diabete di cui il paziente è affetto;<br />
- applicazione dei programmi di educazione sanitaria;<br />
- organizzazione ed effettuazione dei Campi Scuola per giovani. Le Aziende USL che non<br />
effettuano il Campo Scuola debbono convenzionarsi con quelle abilitate.<br />
4.3. Centri di riferimento<br />
Centro di riferimento per il Diabete nell'età adulta<br />
Ha sede presso l'Azienda Ospedaliera Pisana - Malattie del Ricambio e Diabetologia. Il centro<br />
<strong>Regionale</strong> di riferimento svolge anche funzioni di struttura specialistica ospedaliera di diabetologia<br />
e malattie metaboliche per il bacino d'utenza.<br />
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Competenze:<br />
oltre alle competenze di cui al punto 4.2.1:<br />
- terapia intensiva metabolica;<br />
- coordinamento delle varie attività specialistiche;<br />
- consulenza per le strutture diabetologiche territoriali;<br />
- formazione e aggiornamento degli operatori sanitari;<br />
- ricerca scientifica clinica e sperimentale;<br />
- coordinamento del monitoraggio epidemiologico del diabete mellito e delle sue complicanze<br />
sul territorio regionale, mediante la messa a punto di protocolli di studio e la gestione del registro<br />
regionale, con particolare riferimento all'incidenza e alla prevalenza della malattia, ai costi<br />
diretti e indiretti, al diabete in gravidanza, alle complicanze acute e croniche;<br />
- messa a punto con gli attori di cui al punto 4 e applicazione di protocolli di screening e di<br />
diagnostica e di tecniche avanzate per la prevenzione, la diagnosi precoce, la cura e la riabilitazione<br />
del diabete mellito e delle sue complicanze, con particolare riferimento alle metodiche<br />
genetiche e immunologiche per la predizione del diabete e delle sue complicanze, all'automonitoraggio<br />
mediante sistemi classici o impiantabili, all'uso di microinfusori portatili, al trapianto<br />
innesto di cellule pancreatiche.<br />
Centro di riferimento per il Diabete in età evolutiva<br />
Ha sede presso l'Azienda Ospedaliera Meyer - Diabetologia Pediatrica.<br />
Competenze:<br />
Oltre alle competenze di cui al punto 4.2.1.:<br />
- coordinamento e partecipazione ai programmi di ricerca ed a indagini epidemiologiche;<br />
- supporto tecnologico per attuare i programmi di prevenzione, diagnosi e cura delle complicanze<br />
acute e croniche;<br />
- formazione ed aggiornamento continuo degli operatori sanitari pediatrici nonché l'istruzione<br />
agli utenti anche con iniziative residenziali;<br />
- coordinamento del monitoraggio epidemiologico del diabete mellito e delle sue complicanze<br />
sul territorio regionale, mediante la messa a punto di protocolli di studio e la gestione del registro<br />
regionale, con particolare riferimento all'incidenza della malattia, ai costi diretti e indiretti,<br />
alle complicanze acute e croniche;<br />
- messa a punto, con gli attori di cui al punto 4 ed applicazione di protocolli, screening diagnostici<br />
e tecniche avanzate per la prevenzione, la diagnosi precoce, la cura del diabete mellito e<br />
delle sue complicanze, con particolare riferimento alle metodiche genetiche e immunologiche<br />
per la predizione del diabete e delle sue complicanze, all'automonitoraggio mediante sistemi<br />
classici o impiantabili, allo sviluppo e all'utilizzo di sistemi informativi computerizzati, alla<br />
ricerca clinica sull'uso di nuovi farmaci.<br />
4.4. Associazioni di volontariato<br />
Competenze<br />
Le Associazioni di Volontariato contribuiscono allo sviluppo dell'azione programmata assicurando<br />
alla Commissione regionale il proprio contributo in ordine alle conoscenze e all'informazione<br />
circa le esigenze dei pazienti diabetici, anche attraverso la formulazione di proposte di<br />
miglioramento qualitativo dei servizi. Partecipano in collaborazione con i Servizi di Diabetologia<br />
all'educazione dell'autocontrollo ed autogestione giornaliera del paziente diabetico ed alla<br />
divulgazione della corretta conoscenza della patologia a livello sociale.<br />
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5. L'organizzazione<br />
5.1. Commissione regionale per le attività diabetologiche<br />
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Struttura<br />
Presso il Dipartimento del Diritto alla Salute e politiche di Solidarietà della Giunta <strong>Regionale</strong> è<br />
costituita la Commissione regionale per le attività diabetologiche.<br />
La Commissione è istituita dalla Giunta regionale secondo quanto previsto nella premessa del<br />
presente capitolo. La Commissione può articolarsi operativamente in gruppi di lavoro, avvalendosi<br />
a questo fine anche di appositi tecnici diversi da quelli presenti all'interno della Commissione<br />
stessa.<br />
Competenze<br />
- promuove l'azione programmata, coordinandone l'attuazione e lo sviluppo;<br />
- elabora gli indirizzi generali per definire il percorso assistenziale del paziente diabetico;<br />
- acquisisce e valuta i dati del Registro regionale e predispone gli interventi correlati;<br />
- assume le opportune iniziative per assicurare l'assistenza ai pazienti diabetici e renderla omogenea<br />
su tutto il territorio regionale;<br />
- elabora procedure per il controllo di qualità dell'azione e per la verifica dei risultati.<br />
6. Gli strumenti<br />
Registro regionale toscano<br />
È istituito il Registro regionale toscano quale strumento per il monitoraggio epidemiologico del<br />
diabete mellito e delle sue complicanze. Il Registro è attivato, per le rispettive fasce d'età, presso<br />
i Centri di riferimento, i quali dovranno coordinare, in particolare, la ricerca epidemiologica<br />
riguardo all'incidenza e alla prevalenza del diabete e delle sue complicanze croniche, i costi<br />
diretti e indiretti, il diabete in gravidanza, la presenza di altri fattori di rischio per le malattie<br />
cardiovascolari.<br />
7. Le disposizioni attuative<br />
La Giunta regionale è impegnata a:<br />
- istituire entro 60 giorni dall'esecutività del presente <strong>Piano</strong>, la Commissione regionale;<br />
- impartire entro 90 giorni dall'esecutività del presente <strong>Piano</strong>, direttive alle Aziende sanitarie per<br />
lo sviluppo dell'azione programmata;<br />
- riferire annualmente al Consiglio <strong>Regionale</strong> sui risultati raggiunti attraverso l'attuazione di<br />
quanto disposto dal presente atto;<br />
- verificare alla fine del triennio i risultati in modo da consentire l'individuazione delle finalità<br />
da perseguire con la successiva azione programmata.<br />
La Giunta regionale è a autorizzata a predisporre annualmente un programma di attività educative<br />
su base residenziale per i giovani affetti da diabete dell'età evolutiva.<br />
4.2. Fibrosi cistica<br />
1. Il quadro di riferimento<br />
La fibrosi cistica rappresenta la più frequente malattia ereditaria della razza bianca, costituisce<br />
una delle malattie a più ampia rilevanza sociale sia per implicazioni dirette in termini di assistenza<br />
sanitaria che per le problematiche sociali ad essa connesse.<br />
In <strong>Toscana</strong>, i servizi preposti, assicurano interventi specifici, standard diagnostici ed assistenziali<br />
corrispondenti alle esigenze di cura e riabilitazione indispensabili a ciascun soggetto assistito,<br />
al fine di agevolarne l'inserimento scolastico, sportivo, lavorativo e sociale.<br />
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Obiettivo generale dell'azione programmata è l'ottimizzazione di quanto già realizzato per<br />
proporsi il raggiungimento di obiettivi più avanzati, in coerenza con le disposizioni della legge n<br />
548 del 23/12/1993.<br />
2. Principi guida<br />
- Centralità del paziente nell'organizzazione dei servizi rivolti ai soggetti affetti da fibrosi<br />
cistica;<br />
- coordinamento ed integrazione tra i diversi livelli in cui si articola l'assistenza ai pazienti con<br />
fibrosi cistica;<br />
- stretta interazione per quanto sopra con l'associazione del volontariato (Associazione toscana<br />
fibrosi cistica).<br />
3. Le finalità<br />
L'azione è finalizzata al miglioramento delle condizioni di vita del paziente affetto da fibrosi<br />
cistica attraverso:<br />
- la prevenzione primaria, la diagnosi precoce e prenatale;<br />
- la presa in carico del paziente per l'attuazione di un programma di terapia e di riabilitazione<br />
ottimale;<br />
- l'educazione e l'informazione sanitaria del malato e dei suoi familiari;<br />
- l'informazione diffusa alla popolazione sulla malattia e il suo trattamento;<br />
- la preparazione e l'aggiornamento degli operatori socio-sanitari;<br />
- la promozione di programmi di prevenzione primaria e secondaria;<br />
- la promozione di programmi di ricerca;<br />
- l'attuazione di eventuali protocolli di terapia genica.<br />
4. Gli attori<br />
- pediatra di libera scelta e medico di medicina generale;<br />
- Aziende sanitarie attraverso il Centro regionale di riferimento;<br />
- Associazioni del volontariato.<br />
4.1. Pediatra di libera scelta e medico di medicina generale<br />
Competenze<br />
Collaborano allo sviluppo dell'azione programmata, avendo a riferimento la centralità del paziente.<br />
Applicano le procedure di assistenza stabilite dal Centro regionale di riferimento.<br />
4.2. Il Centro regionale di riferimento<br />
Il Centro regionale di riferimento per la prevenzione, la diagnosi, la cura e la riabilitazione (art.<br />
3 comma 2 legge 548/93) svolge attività di diagnosi, di assistenza, di orientamento e coordinamento<br />
delle attività sanitarie, sociali, formative ed informative e di ricerca.<br />
Il Centro è articolato in funzioni:<br />
- presso l'Azienda ospedaliera Meyer hanno sede la funzione regionale di coordinamento del<br />
Centro, la funzione regionale di screening della malattia, le funzioni regionali assistenziali<br />
(come definite dal punto 5), il Registro toscano per la fibrosi cistica;<br />
- per le competenze acquisite, presso l'UO di Pediatria dell'ospedale di Livorno e dell'ospedale<br />
di Grosseto hanno sede funzioni regionali assistenziali (come definite dal punto 5).<br />
- al fine di conseguire un riequilibrio territoriale, nel corso del triennio, sulla base di specifiche<br />
tecniche e organizzative indicate dall'Azienda ospedaliera Meyer, sono attivate funzioni regionali<br />
assistenziali presso le UO di Pediatria dell'ospedale di Massa e l'UO di Pediatria dell'ospedale<br />
di Arezzo. Per assicurare le funzioni regionali assistenziali tali UO devono essere dotate di<br />
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personale che, opportunamente qualificato, sia messo in grado di far fronte alle esigenze dei<br />
pazienti minori e adulti. Tali UO devono essere inoltre dotate di attrezzature idonee;<br />
- Presso le UO di Pediatria (diverse da quelle individuate come articolazioni funzionali del<br />
Centro di riferimento) è attivata una funzione assistenziale di base secondo quanto specificato<br />
nel punto 5.<br />
4.3. Le Associazioni del volontariato<br />
Le Associazioni del volontariato contribuiscono allo sviluppo dell'azione programmata assicurando<br />
alla "Commissione fibrosi cistica" il proprio apporto in ordine alle conoscenze e all'informazione<br />
circa le esigenze dei pazienti affetti da fibrosi cistica, anche attraverso la formulazione<br />
di proposte di miglioramento qualitativo dei servizi.<br />
5. L'organizzazione<br />
5.1. Per la prevenzione e la diagnosi precoce sono eseguiti:<br />
- screening neonatale su tutti i nati della regione <strong>Toscana</strong>;<br />
- studio genetico sulla popolazione a "rischio particolare" di essere portatore.<br />
5.2. I punti nascita pubblici e privati operanti nella regione devono essere collegati con l'Azienda<br />
ospedaliera Meyer (per la funzione regionale di screening) alla quale inviano, per ciascun<br />
nato, il cartoncino per lo screening. In caso di positività del test è contattato il responsabile della<br />
UO di provenienza per un secondo prelievo di controllo (retesting). Se anche questo risulta<br />
positivo è nuovamente informato il responsabile della UO di provenienza affinchè invii il bambino<br />
all'Azienda ospedaliera Meyer per l'esecuzione del test del sudore.<br />
5.3. Il riscontro dei risultati dello screening è inviato ogni tre mesi ai responsabili dei punti<br />
nascita, con l'indicazione dei soggetti risultati positivi e negativi.<br />
5.4. Presso l'Azienda ospedaliera Meyer è costituito l'archivio informatizzato di tutti i soggetti<br />
residenti in <strong>Toscana</strong> affetti da fibrosi cistica, contenente i dati anagrafici e l'Azienda USL di<br />
residenza. Eventuali variazioni dei dati archiviati devono essere comunicati all'Azienda ospedaliera<br />
Meyer con cadenza almeno annuale.<br />
5.5. Presso l'Azienda ospedaliera Meyer sono esaminati e sottoposti a test del sudore tutti i<br />
soggetti residenti nella regione <strong>Toscana</strong> con nuova diagnosi di fibrosi cistica, avvenuta per<br />
screening o sintomi.<br />
5.6. Al fine di individuare la popolazione a "rischio particolare" di essere eterozigote per il gene<br />
della fibrosi cistica, la Commissione regionale per la fibrosi cistica predispone un protocollo che<br />
individua la popolazione da sottoporre ai test genetici, le modalità esecutive e di accesso per i<br />
soggetti interessati.<br />
5.7. Accertata l'esistenza della malattia, come previsto al punto 5.4, il paziente è assistito dalle<br />
diverse funzioni assistenziali del Centro regionale che erogano prestazioni in regime di assistenza<br />
domiciliare, ambulatoriale, di day-hospital o di ricovero.<br />
Per l'attuazione del programma di terapia e riabilitazione è garantita la possibilità di prescrizione<br />
di terapie, farmaci e presidi terapeutici da parte del Centro regionale, in base all'art. 3 comma 5<br />
della legge 548/93.<br />
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5.8. La terapia domiciliare si svolge in forma gratuita attraverso l'erogazione diretta da parte<br />
dell'Azienda USL di residenza, su indicazione del Centro regionale, e consta di:<br />
a) farmaci: è consentita la prescrizione multipla per coprire un periodo di terapia fino a 3 mesi<br />
(art. 1 c. 9 legge n. 37 del 1/2/89; art. 1 c.6 DL n. 79 del 1/2/94).<br />
b) presidi sanitari e apparecchi di terapia e riabilitazione;<br />
c) ossigeno;<br />
d) supplementi nutrizionali.<br />
L'ospedalizzazione domiciliare o l'assistenza domiciliare integrata sono attuate in rapporto alle<br />
esigenze dei singoli pazienti e alla potenzialità operativa delle diverse strutture sanitarie.<br />
L'attività ambulatoriale e di day-hospital sono garantite senza pagamento di ticket e sono<br />
eseguite in accordo con i protocolli diagnostico terapeutici, indicati dalla Commissione<br />
regionale fibrosi cistica.<br />
L'attività di ricovero è riservata ai casi ed alle situazioni specifiche individuate come necessarie.<br />
Per eventuali trapianti di organi si rinvia a quanto previsto dall'art. 3 comma 8 della Legge<br />
548/93.<br />
5.9. Per un più efficace intervento sanitario è rilasciata dal Centro regionale una tessera personale<br />
in conformità con l'art. 4 Legge 548/93. Fino al rilascio della tessera è utilizzata la certificazione<br />
sostitutiva rilasciata dal Centro regionale.<br />
5.10. Commissione regionale per la Fibrosi Cistica<br />
Struttura<br />
La commissione è istituita dalla Giunta regionale secondo quanto previsto nella premessa del<br />
presente capitolo.<br />
La Commissione può articolarsi operativamente in gruppi di lavoro, avvalendosi a questo fine<br />
anche di appositi tecnici diversi da quelli presenti all'interno della Commissione stessa.<br />
Competenze<br />
- promuovere l'Azione programmata, coordinandone l'attuazione e lo sviluppo;<br />
- elaborare gli indirizzi generali per definire il percorso assistenziale del paziente;<br />
- acquisire ed elaborare i dati del Registro regionale fibrosi cistica e predisporre gli interventi<br />
correlati;<br />
- assumere le opportune iniziative per assicurare l'assistenza ai pazienti affetti da fibrosi cistica e<br />
renderla omogenea su tutto il territorio regionale;<br />
- attivare iniziative di confronto con altri Centri regionali di riferimento;<br />
- elaborare procedure per il controllo di qualità dell'azione e per la verifica dei risultati;<br />
- promuovere l'attività di ricerca e di formazione del Centro regionale di riferimento.<br />
6. Gli strumenti<br />
Il Registro toscano fibrosi cistica<br />
È istituito presso l'Azienda ospedaliera Meyer il Registro toscano fibrosi cistica quale strumento<br />
di monitoraggio epidemiologico, clinico e delle complicanze della fibrosi cistica.<br />
La Commissione regionale per la fibrosi cistica definisce le modalità di organizzazione del<br />
Registro ed il raccordo dello stesso con l'archivio informatizzato di cui al punto 5.4.<br />
7. Le disposizioni attuative<br />
La Giunta <strong>Regionale</strong>:<br />
- nomina il responsabile del Centro regionale di riferimento;<br />
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home <br />
- istituisce, entro 60 giorni dall'esecutività del presente <strong>Piano</strong>, la Commissione <strong>Regionale</strong> per la<br />
Fibrosi Cistica;<br />
- impartisce, entro 90 giorni dall'insediamento della Commissione e di intesa con la stessa,<br />
direttive alle Aziende sanitarie interessate, per lo sviluppo dell'azione programmata;<br />
- riferisce annualmente al Consiglio <strong>Regionale</strong> i risultati raggiunti attraverso l'attuazione di<br />
quanto disposto dal presente atto;<br />
- verifica, alla fine del triennio, i risultati in modo da consentire l'individuazione delle finalità da<br />
perseguire con la successiva azione programmata;<br />
8. I finanziamenti<br />
L'Azione programmata è finanziata con una somma di 700.000.000 annui, a valere sul fondo<br />
sanitario nazionale, per le funzioni regionali di coordinamento, per le funzioni regionali assistenziali<br />
e per l'attività del Registro<br />
Necessità assistenziali per la fibrosi cistica nella Regione <strong>Toscana</strong>.<br />
Tabella 1<br />
Servizi n. pazienti assistiti<br />
Centro <strong>Regionale</strong> - Firenze 150<br />
Centro di Supporto - Livorno 25<br />
Centro di Supporto - Grosseto 25<br />
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4.3 Dismetabolismi congeniti<br />
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home <br />
1. Il quadro di riferimento<br />
I dismetabolismi congeniti costituiscono un gruppo molto vasto di patologie. Le forme attualmente<br />
conosciute sono, infatti, oltre 400, moltissime delle quali di recente individuazione. Si<br />
tratta di un gruppo di patologie in continua evoluzione, attraverso l'identificazione di nuovi<br />
difetti enzimatici e l'introduzione di nuove metodologie diagnostiche sia biochimiche sia molecolari.<br />
Dette malattie sono dovute ad un difetto, geneticamente determinato, di uno degli enzimi che<br />
controllano le vie metaboliche dell'organismo e generano in ogni caso condizioni cliniche gravi<br />
e spesso anche mortali.<br />
Pur essendo singolarmente rare, l'elevato numero delle forme possibili, determina un'incidenza<br />
rilevante: si stima, infatti, che circa lo 0,3-0,4% dei neonati sia affetto da queste patologie.<br />
L'esordio e la gravità dei sintomi sono in relazione alla tossicità del metabolita accumulato e<br />
all'entità del difetto enzimatico. Nella maggioranza dei casi la malattia si manifesta nei primi<br />
mesi o anni di vita; nel neonato si osservano talora quadri clinici a rapida evoluzione, con ipotonia,<br />
convulsioni, coma e morte. Nelle forme a lenta progressione la sintomatologia insorge in<br />
età successive, con ritardo della deambulazione e del linguaggio, deterioramento progressivo<br />
neurologico e psichico, difficoltà nell'alimentazione, episodi di vomito ricorrente, insufficienza<br />
epatica, alterazioni scheletriche, crisi convulsive e coma.<br />
Va inoltre segnalato che, se si eccettua la fenilchetonuria, soggetta a screening neonatale secondo<br />
quanto disposto dall'articolo 6, comma 2, lettera g) della legge 104/92, la diagnosi degli altri<br />
dismetabolismi congeniti è piuttosto difficoltosa, in quanto i pazienti presentano quadri clinici<br />
molto complessi, che possono essere specificamente riconosciuti solo da medici altamente<br />
qualificati, che operano in centri specializzati, forniti di tutte le apparecchiature diagnostiche<br />
necessarie.<br />
Per tale motivo molte forme non sono diagnosticate; in fase neonatale la mancata individuazione<br />
può condurre rapidamente alla morte del neonato. In tali casi rientrano probabilmente anche<br />
alcuni eventi legati al fenomeno della SIDS, in quanto spesso l'indagine post mortem difficilmente<br />
riesce ad individuare la causa metabolica del decesso. In età successiva invece, il dismetabolismo<br />
congenito non diagnosticato determina disturbi neurologici di varia natura e gravità,<br />
spesso purtroppo irreversibili.<br />
Per quanto detto quindi, i difetti congeniti del metabolismo continuano a rappresentare un<br />
mondo sommerso e purtroppo ancora scarsamente conosciuto, la cui reale consistenza potrà<br />
essere pienamente valutata solo quando si riuscirà ad aumentare il numero delle diagnosi. Una<br />
conferma indiretta di tale affermazione deriva dal fatto che nei paesi in cui le procedure diagnostiche<br />
sono più avanzate e le conoscenze mediche in materia più diffuse, l'incidenza di queste<br />
patologie risulta maggiore.<br />
2. Finalità ed obiettivi<br />
Per migliorare la prognosi delle malattie e la qualità della vita in tali pazienti, anche al fine di<br />
evitare gli alti costi sociali conseguenti ad una ritardata e mancata diagnosi, si rende necessario<br />
che tali patologie siano precocemente riconosciute e, quando la terapia è disponibile, trattate in<br />
modo adeguato e tempestivo e in un ambiente altamente specializzato.<br />
Una diagnosi precoce e precisa è di fondamentale importanza per una adeguata prevenzione<br />
primaria nell'ambito familiare, data la possibile ricorrenza della stessa malattia in più soggetti<br />
dello stesso nucleo familiare.<br />
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3. La specificità del settore<br />
Poichè i dismetabolismi congeniti come già detto, sono diagnosticati nei primi mesi o anni di<br />
vita, i pazienti sono presi in carico da pediatri appositamente specializzati, che sono in possesso<br />
delle conoscenze relative al trattamento di tali patologie. Nella sostanza detti pediatri finiscono,<br />
anche dopo l'età pediatrica, per rappresentare il riferimento per i pazienti dismetabolici, che<br />
continuano a necessitare di cure e di trattamenti qualificati e specifici. Infatti, anche un paziente<br />
non pediatrico può andare incontro a forme di scompenso metabolico grave, che necessitano di<br />
immediato ricovero e trattamento in centri qualificati ed esperti, onde evitare gravissime conseguenze.<br />
Va segnalato che attualmente i dismetabolismi congeniti non hanno ancora ottenuto il riconoscimento<br />
che meritano, non solo in ambito normativo, ma anche in quello medico, come risulta<br />
dal fatto che non esistono ancora in Italia cattedre specifiche per l'insegnamento universitario.<br />
L'attività dei vari gruppi che nel nostro Paese si occupano di queste patologie è quindi quasi<br />
sempre imperniata sulla figura di uno o più ricercatori impegnati nell'attività clinica con esperienze<br />
formative che spesso di sviluppano nell'ambito di equipe composte da un numero limitato<br />
di operatori. Costituisce finalità dell'azione il miglioramento della capacità diagnostica in termini<br />
di tempestività, semplicità ed efficacia della diagnosi. Purtroppo però, in taluni casi, queste<br />
vere e proprie scuole di ricerca e di trattamento non ottengono l'adeguato riconoscimento in<br />
campo istituzionale e possono arrivare ad esaurirsi quando i ricercatori e/o i medici più attivi,<br />
per vari motivi, cessano la loro attività. L'esaurirsi di un gruppo di terapia e di ricerca, oltre alla<br />
perdita di un grosso patrimonio di conoscenze, obbliga sempre i pazienti a rivolgersi altrove,<br />
spesso fuori regione, per trovare chi continui a seguirli in modo adeguato, con i riflessi che si<br />
possono immaginare.<br />
4. Livelli operativi ed attori<br />
Come per l'azione programmata sulla fibrosi cistica gli attori sono:<br />
- il medico di medicina generale e pediatra di libera scelta;<br />
- le Aziende sanitarie anche attraverso il Centro regionale di riferimento;<br />
- le Associazioni di volontariato.<br />
Anche i ruoli dei soggetti attuatori sono i medesimi di quelli indicati nella precedente azione<br />
programmata e pertanto, nel seguito, sarà esaminato in modo specifico solamente il livello<br />
operativo del Centro regionale di riferimento.<br />
4.1 Il Centro regionale di riferimento<br />
Il Centro regionale di riferimento svolge attività finalizzate alla prevenzione, alla diagnosi<br />
precoce ed allo sviluppo del trattamento ottimale dei dismetabolismi congeniti, assolvendo<br />
compiti di supporto nell'attuazione dell'azione programmata di orientamento e coordinamento<br />
delle attività sanitarie, sociali, formative, informative e di ricerca.<br />
Il Centro è articolato in funzioni. Presso l'Azienda ospedaliera Meyer di Firenze ha sede la<br />
funzione regionale di coordinamento del Centro.<br />
Nell'ambito della concertazione regionale delle attività del settore sono individuate ed attivate<br />
presso le Aziende sanitarie della Regione funzioni assistenziali specifiche che costituiscono<br />
articolazioni funzionali del Centro di riferimento.<br />
È attuato attraverso la funzione regionale costituita presso l'Azienda ospedaliera Meyer un<br />
coordinamento sul territorio regionale delle attività di genetica medica per le patologie specifiche.<br />
Il Centro regionale di riferimento svolge i seguenti compiti:<br />
a) provvede alla prevenzione, promuovendo la diffusione della consulenza genetica;<br />
b) provvede alla diagnosi, anche prenatale, nonché alla cura ed alla riabilitazione di tutti i pazienti<br />
dismetabolici, pediatrici e non, assicurando un trattamento specifico preventivo e<br />
sintomatico, ivi compresa la fase di scompenso acuto e di imminente pericolo di vita. Il Centro<br />
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matico, ivi compresa la fase di scompenso acuto e di imminente pericolo di vita. Il Centro<br />
favorirà inoltre, ove possibile, trattamenti di tipo domiciliare;<br />
c) garantisce il follow-up dei pazienti, sia di età pediatrica che adulta, anche attraverso accordi<br />
fra strutture pediatriche ed internistiche;<br />
d) promuove attività di ricerca, atte al miglioramento delle conoscenze cliniche e di base delle<br />
malattie metaboliche ereditarie, nonché l'applicazione di tecniche avanzate riguardanti la diagnosi<br />
precoce e la terapia;<br />
e) collabora attivamente con il medico curante di ogni singolo paziente e cura l'aggiornamento<br />
professionale del medesimo e degli altri medici indicati per l'individuazione di pazienti con<br />
sospette malattie metaboliche congenite;<br />
f) informa la famiglia del paziente sulle caratteristiche generali della malattia e sugli interventi<br />
di ordine assistenziale, promuovendo e, ove necessario, eseguendo il programma assistenziale<br />
individualizzato in sede diagnostica;<br />
g) promuove l'erogazione dell'assistenza sociale e psicologica di cui il paziente ed i familiari<br />
abbisognano, attraverso le Aziende USL competenti per territorio.<br />
5. Prevenzione delle malattie cardiovascolari<br />
1. Il contesto epidemiologico<br />
Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di invalidità e di morte nelle società<br />
evolute. In Europa e nell'America del Nord esse sono responsabili di circa il 50% della mortalità.<br />
In Italia, nel 1990, su un totale di 500.000 decessi, circa 260.000 sono stati causati da malattie<br />
cardiovascolari, di cui un terzo dalla malattia coronarica ed un altro terzo dalle malattie cerebrovascolari.<br />
Nel quadro internazionale, il nostro paese si colloca su valori intermedi tra quelli della Francia e<br />
di altri paesi del Mediterraneo, dove morbilità e mortalità sono minori, e quelli del Nord America<br />
e dei paesi nord - europei (in Scozia la mortalità annuale per queste patologie è più che<br />
doppia rispetto a quella osservata in Italia).<br />
Per quanto riguarda la realtà <strong>Toscana</strong>, su una popolazione di circa 3.500.000 abitanti i decessi<br />
riconducibili alla cardiopatia ischemica sono stati 4.600 per anno nel quinquennio 1987 - 1992;<br />
di questi, circa la metà è stato causato da infarto miocardico acuto. Il sesso più colpito è quello<br />
maschile, con un rapporto maschi / femmine di circa 1, 3.<br />
Il tasso regionale di mortalità per cardiopatia ischemica è risultato di 109 decessi ogni 100.000<br />
soggetti nel sesso maschile e di 72 decessi ogni 100.000 soggetti nel sesso femminile. Nei<br />
soggetti con età inferiore a 75 anni il tasso è risultato rispettivamente di 67 e 23 decessi ogni<br />
100.000 soggetti.<br />
La distribuzione geografica dei tassi di mortalità per il sesso maschile evidenzia come l'area<br />
pistoiese presenti valori significativamente superiori alla media regionale, sia per il tasso globale<br />
che per il tasso riferito ai soggetti di età inferiore a 75 anni. I tassi più bassi sono stati invece<br />
registrati nell'area del Valdarno inferiore per il tasso globale e nell'area dell'Alta Val d'Elsa per i<br />
soggetti di età inferiore a 75 anni.<br />
Per quanto riguarda il sesso femminile, le aree della <strong>Toscana</strong> con mortalità cardiovascolare<br />
superiore alla media regionale sono quella pistoiese per il tasso globale e quella della Garfagnana<br />
per il tasso riferito alle donne di età inferiore a 75 anni. Il tasso globale più basso è stato<br />
registrato nell'Area fiorentina.<br />
2. Il problema della prevenzione primaria<br />
Nelle ultime due decadi la mortalità per infarto miocardico si è significativamente ridotta nella<br />
maggior parte dei paesi industrializzati. Questo risultato è attribuibile, oltre che al miglioramen-<br />
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to delle strategie terapeutiche e alla introduzione di nuove procedure interventistiche, alla attenzione<br />
crescente dedicata alla misure preventive primarie.<br />
La prevenzione primaria nel settore cardiovascolare consiste nella riduzione e nel controllo dei<br />
fattori di rischio sia nella popolazione generale che nei soggetti che, pur clinicamente indenni,<br />
siano portatori di livelli elevati di fattori di rischio.<br />
L'impatto clinico degli eventi cardiovascolari, sia come mortalità (morte improvvisa) che inabilità<br />
e invalidità residua (scompenso cardiaco, deficit gravi successivi a ictus ischemico) e la<br />
dimostrata efficacia della riduzione dei fattori di rischio giustifica pienamente un impegno nella<br />
prevenzione primaria.<br />
Conseguire l'obiettivo della riduzione della morbilità e mortalità cardiovascolare a livello di<br />
popolazione generale attraverso misure di prevenzione primaria comporta un impegno, non solo<br />
del personale medico e del personale sanitario, ma anche delle strutture politico amministrative<br />
e dei mass media, al fine di suggerire e diffondere stili di vita che possano determinare una<br />
riduzione del livello medio dei principali fattori di rischio nella popolazione generale.<br />
2.1. Linee di sviluppo di un programma di prevenzione primaria<br />
A livello di popolazione gli sforzi preventivi devono essere essenzialmente rivolti a modificare i<br />
maggiori determinanti del rischio cardiovascolare: fumo di sigaretta, ipercolesterolemia, ipertensione<br />
arteriosa, iperuricemia, inattività fisica; attenzione deve essere rivolta anche ad altri<br />
fattori di rischio riconosciuti, quali obesità e diabete, ed agli effetti favorevoli di talune terapie,<br />
come quelli della terapia ormonale sostitutiva nelle donne in menopausa, di recente evidenziati.<br />
Un programma di prevenzione primaria dovrà quindi essere improntato a migliorare qualitativamente<br />
e quantitativamente le abitudini alimentari<br />
della popolazione, a disincentivare con forza l'abitudine al fumo di sigaretta, ad aumentare la<br />
propensione all'attività fisica.<br />
Questi suggerimenti non implicano una valutazione diretta del livello di rischio nel singolo<br />
soggetto: la strategia nella popolazione generale mira a diffondere informazioni, utili a ridurre la<br />
probabilità di un evento coronarico nella globalità della popolazione, e che non presentano<br />
alcuna controindicazione.<br />
Accanto alla strategia nella popolazione generale, quella nei soggetti ad alto rischio implica una<br />
misurazione attiva dei livelli dei fattori di rischio, attraverso campagne strutturate di valutazione<br />
mirata a determinati gruppi (quali familiari di pazienti affetti da malattie cardiovascolari ischemiche)<br />
o a determinate classi di età.<br />
3. Il problema della prevenzione secondaria<br />
La comparsa di un evento clinico cardiovascolare su base ischemica rappresenta un elemento<br />
prognosticamente rilevante per il rischio di successivi eventi e di morte.<br />
Un primo evento clinico su base ischemica (sindrome anginosa, infarto miocardico, ictus ischemico)<br />
o la presenza di elementi clinici riferibili ad una arteriopatia periferica, determinano<br />
un aumento rilevante del rischio di eventi ischemici, di recidive (infarto miocardico, ictus ischemico)<br />
e di morte cardiovascolare.<br />
3.1. potenziale impatto della prevenzione secondaria sulla prognosi dei pazienti<br />
La corretta applicazione delle misure di prevenzione secondaria è in grado di determinare una<br />
riduzione del rischio di eventi coronarici variabile tra il 35 e il 70% a seconda dei fattori di<br />
rischio presi in considerazione e dell'intensità della riduzione ottenuta.<br />
Per quanto riguarda i valori di colesterolemia è stato stimato che una riduzione dell'1% della<br />
colesterolemia totale è in grado di determinare una riduzione del rischio del 3% circa.<br />
Nello Scandinavian Simvastatin Survival Study (4S) una riduzione del 25% della colesterolemia<br />
totale e del 35% della colesterolemia LDL sono risultate associate ad una riduzione della morta-<br />
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lità e degli eventi coronarici del 30-35%, che significa salvare 37 vite ogni 1.000 pazienti trattati.<br />
Altri trattamenti farmacologici hanno dimostrato la loro efficacia nella prevenzione secondaria<br />
dopo infarto miocardico: il trattamento a lungo termine con aspirina permette di salvare 12<br />
vite ogni 1.000 pazienti trattati, mentre 20 vite ogni 1.000 pazienti vengono salvate dal trattamento<br />
con beta - bloccanti.<br />
Negli Stati Uniti è stato stimato che una corretta applicazione delle misure preventive è in grado<br />
di risparmiare oltre 100.000 morti ogni anno.<br />
In base alle esperienze e ai dati rilevati in altri paesi si può stimare che in <strong>Toscana</strong> una corretta<br />
applicazione delle misure preventive potrebbe evitare complessivamente fra 1.000 e 1.500 morti<br />
ogni anno.<br />
4. Le finalità<br />
La strategia di prevenzione secondaria si attua attraverso interventi finalizzati a:<br />
- modificare lo stile di vita: abolizione del fumo, correzione delle abitudini alimentari, esercizio<br />
fisico regolare;<br />
- ridurre il profilo di rischio cardiovascolare globale: controllo dei valori pressori, del tasso di<br />
colesterolo, del peso corporeo;<br />
- ridurre il profilo di rischio cardiovascolare specifico: controllo metabolico del diabete;<br />
- impiegare trattamenti che hanno dimostrato la loro efficacia profilattica nei grandi studi clinici<br />
randomizzati: aspirina, beta bloccanti (nel post infarto), ACE inibitori, statine (nei pazienti con<br />
ipercolesterolemia), anticoagulanti orali (in casi selezionati: infarto miocardico anteriore esteso,<br />
aneurisma ventricolare, scompenso cardiaco grave, anamnesi positiva per episodi tromboembolici,<br />
aritmie a rischio embolico).<br />
Le strategie di prevenzione secondaria divengono operative attraverso l'azione programmata<br />
che:<br />
- individua i protocolli diagnostico terapeutici, di prevenzione e di follow-up;<br />
- individua l'architettura della rete;<br />
- determina le modalità di partecipazione dei diversi soggetti di cui al punto 5 alla elaborazione<br />
e all'applicazione dei protocolli sui pazienti nei diversi elementi strutturali della rete;<br />
- definisce la struttura operativa generale e gli strumenti attraverso cui si realizza<br />
5. Gli attori<br />
5.1. I medici di medicina generale<br />
I medici di medicina generale sono impegnati a svolgere i seguenti compiti nell'ambito dei<br />
programmi:<br />
- sensibilizzazione della popolazione a rischio sui contenuti dei protocolli personalizzati di<br />
prevenzione e della popolazione generale sui contenuti dei programmi di prevenzione;<br />
- collaborazione con il distretto per la realizzazione dei programmi;<br />
- elaborazione e applicazione dei protocolli diagnostico terapeutici nei confronti della popolazione<br />
generale.<br />
5.2. I medici specialisti ambulatoriali convenzionati e le strutture esterne<br />
I medici specialisti ambulatoriali convenzionati svolgono nei confronti del livello locale e<br />
secondo le loro competenze i medesimi compiti dei medici di medicina generale nei confronti<br />
del livello di base.<br />
Gli specialisti e i soggetti comunque accreditati partecipano all'Azione programmata secondo<br />
quanto definito nei protocolli di prevenzione, assicurando l'adesione ai protocolli diagnostico<br />
terapeutici definiti nelle forme di cui al precedente punto 4.<br />
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5.3. Il livello aziendale<br />
Le strutture operative interessate sono:<br />
- per le Aziende USL: il distretto, che assicura il coordinamento delle attività dei livelli di base;<br />
- per le Aziende USL e le Aziende ospedaliere: il Presidio ospedaliero, che assicura la partecipazione<br />
delle equipe cardiologiche, neurologiche ed internistiche dei vari presidi ospedalieri<br />
nonché, per i soggetti in età pediatrica, dell'area materno infantile. Ove presente partecipa alle<br />
attività l'equipe diabetologica;<br />
- per le Aziende USL e le Aziende ospedaliere: il centro direzionale che assicura il supporto per<br />
la formazione dei registri e l'informazione della popolazione generale ed a rischio.<br />
6. L'organizzazione<br />
6.1. Le caratteristiche generali<br />
Il modello prevede la partecipazione sistematica ai programmi di attività: dei medici di medicina<br />
generale, dei pediatri di libera scelta, delle equipe internistiche e cardiologiche ospedaliere,<br />
degli specialisti cardiologi extraospedalieri, del personale infermieristico e tecnico nonché dei<br />
sistemi informativi.<br />
Il modello ha come scopo precipuo quello di attuare un intervento specifico ed innovativo nel<br />
campo della prevenzione delle malattie cardiovascolari; a tal fine sono previsti protocolli validati<br />
e condivisi dai vari livelli operativi attraverso la cui applicazione ottenere la partecipazione<br />
attiva della popolazione ai programmi di attività.<br />
Il modello è finalizzato a favorire la necessaria continuità di intervento attraverso l'integrazione<br />
operativa tra i servizi sanitari di zona e quelli ospedalieri.<br />
6.2. La rete ospedaliera<br />
Avendo a riferimento i servizi ospedalieri, il modello è finalizzato a favorire lo sviluppo della<br />
rete ospedaliera, intesa quale insieme di relazioni tra le equipe specialistiche operanti nei diversi<br />
stabilimenti dell'area vasta, allo scopo di assicurare al cittadino la fruizione programmata dei<br />
servizi offerti e l'accesso ai medesimi da qualsiasi punto della rete.<br />
6.3. I protocolli<br />
I medici di medicina generale ed i medici specialisti convenzionati sono tenuti al rispetto dei<br />
protocolli di prevenzione e diagnostico terapeutici elaborati e concordati ai sensi del punto 4. I<br />
soggetti comunque accreditati che intrattengono rapporti con il Servizio sanitario regionale sono<br />
tenuti a partecipare all'Azione programmata assicurando l'adesione ed il rispetto dei medesimi<br />
protocolli.<br />
Le Aziende Sanitarie regionali, secondo le rispettive competenze, sono tenute al controllo ed<br />
alla vigilanza.<br />
7. Gli strumenti<br />
Il Comitato regionale<br />
Entro 90 giorni dall'esecutività del presente atto, la Giunta regionale provvede, secondo quanto<br />
previsto nella premessa al presente capitolo, alla costituzione di un Comitato regionale per il<br />
coordinamento dell'Azione programmata.<br />
Il Comitato ha i seguenti compiti:<br />
- promuovere l'azione programmata:<br />
- elaborare indirizzi finalizzati ad assicurare l'omogeneo sviluppo dei programmi in tutto il<br />
territorio regionale;<br />
- assistere gli attori dell'azione:<br />
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a) nell'elaborazione e attuazione dei protocolli di prevenzione;<br />
b) nella formazione dei registri di rilevazione della popolazione a rischio;<br />
c) nella redazione dei progetti di follow-up dei soggetti assistiti;<br />
d) nella messa a punto e attuazione dei programmi di formazione degli operatori, di educazione<br />
sanitaria e di educazione alla salute.<br />
Il comitato dura in carica tre anni.<br />
8 - Le disposizioni attuative<br />
La Giunta regionale è impegnata ad emanare direttive nei confronti delle Aziende sanitarie per<br />
la realizzazione dell'azione programmata nell'ambito dei Piani attuativi locali (PAL) e dei Piani<br />
aziendali ospedalieri (PAO).<br />
6. Organizzazione dei servizi alcologici<br />
L'azione programmata di cui alla deliberazione del Consiglio <strong>Regionale</strong> n. 281 del 15.9.1998 è<br />
confermata senza modifiche per il triennio <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong>.<br />
D - IL PIANO SANGUE E PLASMA<br />
In attesa delle determinazioni in corso a livello nazionale per il settore emotrasfusionale, è<br />
confermato il <strong>Piano</strong> sangue regionale per il triennio 1996-98 approvato con deliberazione del<br />
Consiglio <strong>Regionale</strong> 2 aprile 1996, n. 109, con le seguenti modificazioni ed integrazioni.<br />
- Gli obiettivi del piano sangue e plasma indicati al punto 2 della richiamata deliberazione del<br />
Consiglio regionale sono così modificati:<br />
Premesso che il fabbisogno trasfusionale teorico della Regione <strong>Toscana</strong> viene definito in base ai<br />
parametri internazionali indicati nella proposta di <strong>Piano</strong> sangue nazionale:<br />
Emazie 40 unità/1000 ab.<br />
Plasma 12 l./1000 ab.<br />
Fattore VIII 1.9 UI/ ab.<br />
Albumina 250 g./1000 ab.<br />
Immunoglobuline 25 g./1000 ab.<br />
gli obiettivi del <strong>Piano</strong> Sangue per il triennio <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> sono:<br />
a) consolidamento dell'autosufficienza regionale di sangue ed emocomponenti e partecipazione<br />
al raggiungimento dell'autosufficienza nazionale;<br />
b) raggiungimento dell'autosufficienza regionale di plasma e plasmaderivati e partecipazione al<br />
raggiungimento dell'autosufficienza nazionale;<br />
c) innalzamento dei livelli di sicurezza del sangue, dei suoi componenti e dei plasmaderivati<br />
anche attraverso la messa a punto di condizioni operative improntate a sistemi di qualità per le<br />
strutture trasfusionali della Regione;<br />
d) ottimizzazione del sistema trasfusionale toscano;<br />
gli interventi finalizzati sono:<br />
a) promozione della donazione e rafforzamento del ruolo del volontariato;<br />
b) valorizzazione e centralità del donatore periodico associato;<br />
c) riduzione delle donazioni occasionali che comportano un più elevato rischio di trasmissione<br />
trasfusionale di malattie infettive a favore delle donazioni da donatori periodici associati;<br />
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d) definizione del percorso assistenziale ed alla tutela della salute del donatore e del ricevente;<br />
e) programmazione delle raccolte;<br />
f) valorizzazione dell'operato dei Comitati per il buon uso del sangue, degli emocomponenti e<br />
dei plasmaderivati;<br />
g) ridefinizione delle strutture trasfusionali, con particolare riferimento alle unità di raccolta;<br />
h) potenziamento tecnologico delle strutture trasfusionali, in particolare per quanto concerne la<br />
raccolta del plasma;<br />
i) verifica dell'efficacia e dell'efficienza delle strutture trasfusionali;<br />
l) valorizzazione dell'attività di medicina trasfusionale al fine di garantire un livello di assistenza<br />
uniforme;<br />
m) coordinamento tra gli organismi preposti alle attività trasfusionali;<br />
n) promozione delle attività di formazione del personale addetto, di sperimentazione clinica e<br />
ricerca.<br />
- Il punto 2.1 della DCR 109/96 è sostituito con il seguente:<br />
Le Aziende sanitarie svolgono la funzione operativa di Immunoematologia e Medicina trasfusionale<br />
attraverso le strutture organizzative professionali:<br />
- UO di Immunoematologia e Medicina trasfusionale (SIMT),<br />
- Sezioni trasfusionali (ST)<br />
ed inoltre attraverso:<br />
- Frigoemoteche<br />
- Unità di raccolta<br />
Le UU.OO. di Immunoematologia e Medicina trasfusionale (SIMT) sono individuate, di norma,<br />
una per ogni Azienda sanitaria e svolgono le funzioni previste dall'art. 5, comma 2, della legge<br />
107/90; svolgono altresì funzioni di consulenza in medicina trasfusionale.<br />
Le Sezioni trasfusionali (ST) sono le articolazioni organizzative del SIMT nei presidi dell'Azienda<br />
sanitaria.<br />
Le Frigoemoteche rappresentano le proiezioni del SIMT in quei presidi ospedalieri o nelle case<br />
di cura private del territorio di competenza dell'Azienda sanitaria prive di strutture trasfusionali<br />
ai sensi dell'art. 6, comma 3, della L. 107/90 e del DM 1 settembre 1995.<br />
Le Unità di raccolta svolgono le funzioni previste dall'art. 7 della L. 107/90.<br />
I SIMT e le loro articolazioni sono chiamati inoltre a svolgere le funzioni previste dalla delibera<br />
del Consiglio <strong>Regionale</strong> n. 109/96 (<strong>Piano</strong> Sangue regionale 1996/98).<br />
Le strutture di Farmaceutica ospedaliera delle Aziende sanitarie ricevono i plasmaderivati di<br />
ritorno dall'industria convenzionata per la lavorazione del plasma da donatori toscani e provvedono<br />
alla distribuzione dei prodotti ai reparti ospedalieri che ne facciano richiesta.<br />
Nell'ambito della concertazione di Area vasta, i Direttori generali delle Aziende sanitarie prevedono<br />
modalità di raccordo fra le strutture trasfusionali al fine di coordinare le funzioni di programmazione<br />
della produzione di emocomponenti e plasma ed il primo livello di compensazio-<br />
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ne, in collaborazione con i Comitati di coordinamento di cui alla delibera del Consiglio <strong>Regionale</strong><br />
n. 11342/91.<br />
La Commissione regionale per le attività di immunoematologia e medicina trasfusionale<br />
Presso il Dipartimento del diritto alla salute e politiche di solidarietà della Giunta <strong>Regionale</strong> è<br />
costituita la Commissione regionale per le attività di immunoematologia e medicina trasfusionale.<br />
I membri della Commissione sono nominati dalla Giunta regionale.<br />
La Commissione è così composta:<br />
- l'assessore o suo delegato con funzioni di presidente;<br />
- 4 membri designati dalle Associazioni regionali del volontariato della donazione del sangue;<br />
- 1 membro designato dalle Associazioni dei politrasfusi;<br />
- 4 membri designati dalla Conferenza dei primari dei Servizi di Immunoematologia e Medicina<br />
Trasfusionale ed il Direttore del CRCC;<br />
- 5 esperti, di cui 4 non appartenenti al settore emotrasfusionale individuati dalla Giunta <strong>Regionale</strong>;<br />
- 1 rappresentante della sanità militare.<br />
Le funzioni di segreteria sono svolte da un funzionario del Dipartimento diritto alla salute e<br />
politiche di solidarietà, Area servizi sanitari ed ospedalieri.<br />
La commissione resta in carica per la durata del <strong>Piano</strong>.<br />
La Commissione regionale per il settore emotrasfusionale svolge funzioni propositive e consultive<br />
per le attività emotrasfusionali di raccolta e produzione, per la medicina trasfusionale e per i<br />
contenuti della convenzione per la lavorazione del plasma. In particolare la Commissione:<br />
- verifica i risultati dell'azione del CRCC in base alle relazioni del Direttore;<br />
- stabilisce i criteri - guida per la stipula della convenzione con il Centro di produzione degli<br />
emoderivati;<br />
- esamina i contenuti della convenzione per la lavorazione del plasma.<br />
La Commissione si riunisce di norma ogni 2 mesi o a richiesta di un terzo dei componenti, con<br />
l'indicazione degli argomenti da iscrivere all'ordine del giorno.<br />
Il Centro regionale di riferimento per le coagulopatie congenite<br />
È operante presso l'Azienda ospedaliera Careggi il Centro regionale di riferimento per le coagulopatie<br />
congenite che esplica funzioni di diagnosi, terapia e riabilitazione dei pazienti emofilici<br />
della Regione <strong>Toscana</strong>. A tale scopo determina il percorso assistenziale del paziente emofilico<br />
attraverso la messa a punto di protocolli diagnostici e terapeutici. Esercita inoltre funzioni di<br />
riferimento per i laboratori analisi delle Aziende sanitarie regionali relativamente alla tipizzazione<br />
delle coagulopatie congenite, al dosaggio dei fattori della coagulazione e degli inibitori<br />
dei fattori della coagulazione. L'Azienda ospedaliera Careggi esercita dette funzioni nell'ambito<br />
della razionalizzazione e riaggregazione delle attività di laboratorio.<br />
Il Centro regionale di riferimento per le coagulopatie congenite collabora con il CRCC e con il<br />
Dipartimento del diritto alla salute e delle politiche di solidarietà per la programmazione della<br />
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produzione e distribuzione dei fattori della coagulazione ottenuti dalla lavorazione del plasma<br />
toscano e dal commercio, necessari per la terapia dell'emofilico.<br />
Nel seguito del <strong>Piano</strong> sangue e plasma il servizio di immunoematologia e trasfusione (SIT) è<br />
sostituito da "Servizio di Immunoematologia e medicina trasfusionale" (SIMT).<br />
- Il punto 2.1.4. della DCR 109/96 è sostituito dal seguente:<br />
2.1.4 Il Centro regionale di Coordinamento e Compensazione per l'attività emotrasfusionale<br />
(CRCC)<br />
Il CRCC ha sede pro-tempore presso l'Azienda Ospedaliera Careggi. È diretto da un dirigente,<br />
individuato ai sensi dell'art. 4 del Decreto 17-7-97, n. 308, dalla Giunta <strong>Regionale</strong>, sentita la<br />
Commissione regionale per il settore emotrasfusionale. È dotato di proprio personale, propria<br />
dotazione strumentale e tecnologica adeguata ai compiti assegnati. Per assicurare la funzionalità<br />
del CRCC la Regione <strong>Toscana</strong> provvede annualmente a trasferire a rendicontazione all'Azienda<br />
Ospedaliera Careggi risorse finalizzate pari a L. 530 milioni per ogni anno di validità del<br />
presente <strong>Piano</strong>.<br />
Il CRCC assicura lo svolgimento dei compiti di cui all'articolo 8 della legge 107/90 ed in particolare:<br />
a) verifica che al plasma inviato al Centro di produzione convenzionato corrisponda un ritorno<br />
di plasmaderivati così come previsto dal capitolato della convenzione;<br />
b) verifica che la quantità delle singole frazioni prodotte sia corrispondente al fabbisogno regionale<br />
predisponendo, in caso contrario, le necessarie soluzioni correttive in accordo con il Centro<br />
di produzione;<br />
c) segnala alle farmacie ospedaliere la cadenza e la quantità delle consegne di plasmaderivati in<br />
modo da assicurare continuità nella disponibilità dei prodotti;<br />
d) cura i rapporti con il centro di produzione di emoderivati;<br />
e) rende disponibile alle sedi regionali delle Associazioni di volontariato le informazioni relative<br />
all'andamento delle donazioni nei SIMT e nelle sezioni trasfusionali;<br />
f) garantisce la raccolta dei dati attività delle strutture trasfusionali della Regione <strong>Toscana</strong> e ne<br />
assicura la trasmissione al Ministero e all'Istituto Superiore di Sanità per l'aggiornamento del<br />
Registro Nazionale Sangue.<br />
Il Direttore del CRCC è tenuto a relazionare semestralmente alla Commissione regionale per il<br />
settore emotrasfusionale sulle attività del Centro e sulle iniziative portate avanti dal Comitato<br />
tecnico-scientifico. È tenuto a trasmettere inoltre i dati di attività delle strutture trasfusionali<br />
della regione al Dipartimento del diritto alla salute e delle politiche di solidarietà.<br />
Nello svolgimento delle proprie funzioni, il Direttore del CRCC si avvale della collaborazione<br />
del Comitato tecnico-scientifico.<br />
Il Comitato tecnico-scientifico del CRCC è nominato dalla Giunta regionale su designazione<br />
della Commissione regionale per il settore emotrasfusionale.<br />
È composto da 4 medici trasfusionisti di comprovata esperienza (non coincidenti con quelli<br />
facenti parte della Commissione regionale per il settore emotrasfusionale), operanti nelle strutture<br />
trasfusionali della Regione.<br />
L'attività del comitato è coordinata dal direttore del CRCC<br />
Il Comitato tecnico-scientifico collabora con il direttore del CRCC alla direzione del centro<br />
stesso e può avvalersi dell'apporto di altre figure professionali.<br />
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home <br />
Ogni membro del Comitato tecnico-scientifico è referente per una delle seguenti funzioni:<br />
a) rapporti con le Associazioni del volontariato e programmazione della raccolta di sangue e<br />
plasma;<br />
b) garanzia di qualità delle attività produttive con particolare riferimento alla raccolta e lavorazione<br />
del plasma, alla raccolta degli emocomponenti e alla produzione degli emoderivati;<br />
c) linee guida per uniformare le principali attività e prestazioni dei servizi e sezioni<br />
trasfusionali (criteri di selezione del donatore, controlli sierologici sulle unità di<br />
emocomponenti, criteri per la terapia con emocomponenti / emoderivati, definizione del<br />
programma d) promozione di emovigilanza);<br />
della donazione e formazione professionale degli operatori.<br />
I membri del Comitato tecnico-scientifico collaborano con la Commissione regionale per il<br />
settore emotrasfusionale e con il Dipartimento del diritto alla salute e delle politiche di solidarietà.<br />
Il Comitato tecnico-scientifico si riunisce con cadenza almeno trimestrale e, in ogni caso, per<br />
questioni di particolare urgenza presso il Dipartimento del diritto alla salute e politiche di solidarietà<br />
che provvede alle convocazioni.<br />
Le funzioni di segreteria sono svolte da un funzionario del Dipartimento diritto alla salute e<br />
politiche di solidarietà, Area servizi sanitari territoriali ed ospedalieri.<br />
Sono confermate le disposizioni della deliberazione del Consiglio regionale 109/96 al punto<br />
2.1.4. da "Costituisce obiettivo prioritario" ad "Associazioni di appartenenza".<br />
- Il punto 3 della DCR 109/96 è così integrato:<br />
Associazioni dei donatori volontari di sangue<br />
Le Associazioni dei donatori volontari di sangue rivestono un ruolo fondamentale per il raggiungimento<br />
degli obiettivi del presente piano.<br />
Le Associazioni dei donatori volontari di sangue contribuiscono al sistema trasfusionale toscano<br />
anche con la gestione di unità di raccolta di sangue e plasma.<br />
Le Associazioni dei donatori si impegnano a promuovere e sostenere d'intesa con la Giunta<br />
regionale e le Aziende sanitarie:<br />
- la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui valori umani e di solidarietà espressi dalla<br />
donazione di sangue volontaria, periodica, anonima e gratuita;<br />
- la promozione dell'informazione sul significato e sul valore della donazione di sangue, emocomponenti<br />
e plasma;<br />
- la promozione di campagne per l'adesione di nuovi donatori periodici e l'incremento dell'indice<br />
di donazione;<br />
- il completamento del collegamento informatico con le strutture trasfusionali che faciliterà la<br />
chiamata dei donatori e la conversione, laddove necessario, della donazione tradizionale di<br />
sangue alla donazione di plasma o di emocomponenti;<br />
- l'attivazione di ogni iniziativa utile per la tutela della salute dei donatori;<br />
- il raggiungimento dell'autosufficienza regionale di sangue, plasma ed emoderivati attraverso la<br />
donazione di soli donatori periodici.<br />
Associazioni dei malati<br />
184
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
Le Associazioni dei malati contribuiscono al conseguimento degli obiettivi sia con la partecipazione<br />
diretta alla Commissione regionale per il settore emotrasfusionale ed ai Comitati ospedalieri<br />
per il buon uso del sangue, sia attraverso la formulazione di proposte migliorative per la<br />
gestione e l'accesso alle prestazioni di Medicina trasfusionale ed all'utilizzo degli emoderivati.<br />
Il <strong>Piano</strong> sangue è così integrato:<br />
6. Il rapporto con le istituzioni militari<br />
La Regione <strong>Toscana</strong> promuove la collaborazione con le istituzioni militari territorialmente<br />
competenti per la sensibilizzazione dei militari di leva alle problematiche collegate alla donazione<br />
di sangue e plasma.<br />
La Regione promuove il coordinamento e la collaborazione con le istituzioni militari così come<br />
previsto dall'art. 20 della legge 107/90.<br />
7. Le disposizioni attuative<br />
La Giunta regionale è impegnata a:<br />
1. nominare, entro 60 giorni dall'approvazione del presente <strong>Piano</strong>, la Commissione regionale per<br />
le attività di immunoematologia e di medicina trasfusionale, garantendo alla medesima l'adeguato<br />
supporto;<br />
2. nominare, entro 90 giorni dall'approvazione del presente <strong>Piano</strong> il Direttore del CRCC;<br />
3. nominare entro 90 giorni dall'approvazione del presente <strong>Piano</strong> il Comitato tecnico-scientifico;<br />
4. rendere disponibili a favore dell'Azienda ospedaliera Careggi i fondi per il finanziamento<br />
della funzione regionale di riferimento per il settore emotrasfusionale (CRCC) ed i fondi necessari<br />
al pagamento degli oneri derivanti dalla convenzione per la lavorazione del plasma;<br />
5. porre in essere tutti gli interventi atti ad assicurare che le Aziende USL e le Aziende ospedaliere<br />
completino entro l'anno <strong>1999</strong> i progetti di informatizzazione delle strutture trasfusionali<br />
avviati, con particolare riferimento al collegamento con le Associazioni del volontariato e con il<br />
CRCC;<br />
6. provvedere alle compensazioni infraregionali, in sede di assegnazione delle risorse del fondo<br />
sanitario regionale, sulla base di tariffe definite per la valorizzazione:<br />
- delle cessioni di sangue ed emocomponenti fra le Aziende sanitarie regionali;<br />
- del plasma inviato all'industria per la produzione di plasmaderivati;<br />
- dei plasma derivati prodotti in convenzione;<br />
7. effettuare, entro un anno dalla pubblicazione del presente <strong>Piano</strong>, la verifica di cui al punto 10<br />
del dispositivo della DCR 109/96.<br />
E - IL DIPARTIMENTO DI EMERGENZA E URGENZA<br />
1. In relazione agli adempimenti di cui all'art. 37 della LR 72/98 si confermano i contenuti<br />
dell'azione programmata di rilievo regionale "Attivazione del dipartimento di emergenzaurgenza"<br />
prevista dal <strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996-1998, con le seguenti integrazioni relative<br />
al funzionamento della centrale operativa:<br />
- sono attribuibili alle centrali operative la gestione dei trasporti secondari, assistiti e non, e<br />
quella della guardia medica;<br />
185
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
- le Aziende sanitarie sono tenute, nel triennio di vigenza del presente <strong>Piano</strong>, a dotare le centrali<br />
operative di un adeguato sistema di informatizzazione e a garantire, per i responsabili delle<br />
centrali operative, l'attività svolta con impegno esclusivo;<br />
- è costituito presso il Dipartimento del diritto alla salute, il coordinamento delle centrali operative,<br />
costituito dai responsabili delle Centrali, dal dirigente dell'Area Servizi sanitari e ospedalieri<br />
e da un funzionario delle stessa Area con funzioni di segretario.<br />
Sono inoltre apportate le seguenti modifiche relative alla rete di trasporti:<br />
- autoambulanza di trasporto (tipo B) ex DM 553/87;<br />
- autoambulanza di soccorso (tipo A) ex DM 553/87<br />
- autoambulanza di soccorso per emergenze speciali (tipo A1) ex DM 487/97;<br />
soggette ad autorizzazione, che devono possedere le caratteristiche tecniche e le dotazioni di<br />
personale ed attrezzature previste dalle disposizioni nazionali e regionali in materia;<br />
- automedicalizzati e/o altri mezzi individuati dalle Aziende sanitarie in relazione a specifiche<br />
esigenze territoriali;<br />
- eliambulanza.<br />
2. Entro il <strong>1999</strong> sarà attivato l'elisoccorso e saranno conseguentemente individuate le opportune<br />
integrazioni con il sistema di emergenza-urgenza.<br />
3. Le Aziende sanitarie prevedono la riorganizzazione del pronto soccorso attraverso la creazione<br />
dell'apposita struttura organizzativa professionale, dedicata in forma stabile alle attività ivi<br />
svolte; la struttura potrà essere organizzata in forma autonoma ovvero in forma di sezione<br />
secondo la rilevanza del pronto soccorso.<br />
4. La Giunta regionale, entro 120 giorni dall'approvazione del presente <strong>Piano</strong>, emana apposite<br />
direttive per l'omogenea realizzazione sul territorio regionale delle disposizioni di cui ai punti<br />
precedenti.<br />
A tal fine la Giunta regionale si avvale di un'apposita commissione presieduta dall'Assessore<br />
regionale al Diritto alla Salute o suo delegato e composta da:<br />
- responsabili di DEU designati dalle Aziende sanitarie;<br />
- esperti designati dal Consiglio <strong>Sanitario</strong> <strong>Regionale</strong>, di cui un infermiere professionale;<br />
- esperti designati dalle Associazioni di volontariato e dalla Croce Rossa Italiana.<br />
F - LA RETE INTEGRATA DEI SERVIZI DI ASSISTENZA RIABILITATIVA<br />
1. I principi di riorganizzazione del settore assistenziale della riabilitazione<br />
1.1. I servizi di assistenza riabilitativa si sono sviluppati nel tempo in modo disorganico con<br />
interventi differenziati per tipologie di utenza, per tipologia di strutture, per normative settoriali.<br />
Il risultato è che attualmente, da un lato si registrano trattamenti diversificati di medesime<br />
prestazioni a seconda del soggetto erogatore o della categoria interessata, dall'altro sono trattate<br />
in modo analogo prestazioni diverse per intensità o per costo.<br />
La riorganizzazione del servizio intende ricondurre ad unitarietà di intervento il complesso delle<br />
prestazioni ed assume come principio il percorso assistenziale socio-sanitario di riabilitazione.<br />
186
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
1.2. L'intervento riabilitativo è finalizzato ai seguenti risultati nei confronti dell'individuo:<br />
- recuperare una competenza funzionale che, per ragioni patologiche, è venuta meno;<br />
- evocare una competenza funzionale che non è comparsa nel corso dello sviluppo;<br />
- contrastare la regressione funzionale operando per modificare l'evoluzione delle malattie<br />
cronico degenerative, riducendone i fattori di rischio e dominandone la progressione;<br />
- rendere disponibili supporti organizzativi ed ambientali a sostegno del disabile;<br />
- recuperare la potenzialità residua con particolare riferimento all'autonomia personale e alla<br />
comunicazione per le menomazioni sensoriali, prevedendo interventi specifici finalizzati allo<br />
sviluppo e alla piena utilizzazione dei sensi vicarianti le carenze sensoriali del soggetto.<br />
1.3. L'intervento riabilitativo ha inizio al momento stesso in cui il danno si instaura. Il termine è<br />
definito da un accurato bilancio tra la stabilizzazione degli esiti e la presenza di potenzialità di<br />
recupero.<br />
Si tratta pertanto di collocare le diverse prestazioni riabilitative riconducendo ad una logica<br />
unitaria le diverse fasi di trattamento sulla base di criteri di appropriatezza, di qualificazione e di<br />
economicità.<br />
I suddetti criteri valgono, in linea generale, per ogni età e per ogni patologia invalidante o<br />
potenzialmente tale, anche se per i soggetti affetti da gravi disabilità neuropsichiche, in particolare<br />
in età evolutiva, il percorso assistenziale presenta, nella sua evoluzione, alcuni aspetti<br />
peculiari.<br />
1.4. Le attività sanitarie di riabilitazione sono finalizzate a consentire il massimo recupero<br />
possibile delle funzioni lese in seguito ad eventi patogeni o lesionali, prevedendo le menomazioni<br />
secondarie e curando la disabilità, per contenere o evitare l'handicap e consentire alla<br />
persona disabile la migliore qualità di vita. Per ogni livello di attività e/o per ogni singolo paziente<br />
deve essere redatto un progetto riabilitativo comprendente uno o più programmi terapeutici.<br />
Il progetto ed il programma riabilitativo risultano dalla integrazione delle diverse competenze<br />
coinvolte nella loro formulazione e attuazione. In particolare per gli aspetti sanitari compete: al<br />
personale medico la valutazione clinica e l'indicazione all'intervento riabilitativo; al personale<br />
professionale della riabilitazione la valutazione funzionale per la definizione congiunta degli<br />
obiettivi terapeutici individuali e di struttura.<br />
Il personale professionale di riabilitazione è responsabile dell'attuazione delle procedure terapeutiche<br />
derivanti dal progetto e della verifica della rispondenza della metodologia riabilitativa<br />
applicata.<br />
La struttura organizzativa del personale di riabilitazione concorre alla definizione e gestione dei<br />
processi operativi in cui è inserita.<br />
Omissis<br />
GLI ACCESSI DEL PERCORSO ASSISTENZIALE RIABILITATIVO<br />
2. Il regime di erogazione delle prestazioni<br />
Il regime di erogazione delle prestazioni di riabilitazione si distingue in ospedaliero ed extraospedaliero.<br />
La differenziazione tra i due regimi non è conseguente alla caratteristica dell'intervento riabilitativo<br />
in senso stretto, che è erogato in entrambi con pari intensità, ma è collegato alle condizioni<br />
cliniche del paziente o a fattori di rischio rilevanti che rendono necessario il ricovero ospedaliero.<br />
L'elemento che qualifica tale differenziazione è l'intensità di fabbisogno di assistenza "clinica"<br />
che vede nel primo caso una presenza consistente, ancorchè decrescente nel tempo, di interventi<br />
187
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
diagnostico-terapeutici e di protezione sanitaria assicurabili solo in regime di ricovero presso<br />
una struttura ospedaliera, e nel secondo caso una loro presenza meno elevata.<br />
I due regimi assistenziali prevedono entrambi l'erogazione delle prestazioni riabilitative in<br />
forma:<br />
a) residenziale (permanenza notturna in regime di ricovero ospedaliero o residenziale extraospedaliero);<br />
b) diurna (semi-residenziale in forma di seminternato extraospedaliero o di day hospital<br />
ospedaliero);<br />
c) ambulatoriale e domiciliare (la prima per entrambi i regimi, la seconda per il regime extraospedaliero).<br />
3. Il percorso assistenziale riabilitativo<br />
Il percorso assistenziale trova origine da due situazioni di bisogno:<br />
a) caso proveniente da ricovero presso struttura ospedaliera per evento sanitario patologico di<br />
natura acuta, congenita o degenerativa;<br />
b) caso proveniente direttamente dall'ambiente di vita, o per esito di eventi acuti pregressi di cui<br />
alla precedente lettera a), o per nuovi bisogni di natura riabilitativa che non richiedono ricovero<br />
clinico.<br />
Il percorso assistenziale riabilitativo si sviluppa nella rete di assistenza riabilitativa in maniera<br />
integrata avendo a riferimento i servizi organizzati a livello distrettuale e zonale e privilegiando<br />
le risposte che favoriscono lo svolgimento del programma nell'ambiente di vita del soggetto<br />
interessato.<br />
Dal punto di vista dell'intensità dell'intervento riabilitativo, nel percorso si individuano tre fasi.<br />
Omissis<br />
GLI ACCESSI DEL PERCORSO ASSISTENZIALE RIABILITATIVO<br />
3.1. Fase del ricovero ospedaliero per intervento di tipo clinico<br />
La fase si caratterizza per un intervento riabilitativo precoce che si affianca all'intervento di<br />
ricovero ordinario con durata minima di 10 giorni.<br />
3.2. Fase della riabilitazione intensiva<br />
La fase ha inizio nell'immediata post-acuzie della malattia, quando l'intervento riabilitativo può<br />
positivamente influenzare i processi biologici che sottendono il recupero, contenendo e riducendo<br />
l'entità della menomazione, e quando la disabilità è maggiormente modificabile. L'attività di<br />
riabilitazione intensiva in questa fase è diretta al recupero di disabilità gravi, modificabili, che<br />
richiedono un elevato impegno specifico del soggetto assistito indicativamente quantificabile in<br />
tre ore giornaliere.<br />
L'attività può essere esercitata sia in regime ospedaliero che extraospedaliero. Alla prestazione<br />
così definita, ma solo in regime extraospedaliero, si accede anche in caso del riemergere di<br />
bisogni riabilitativi connessi ad esiti di ricoveri pregressi o per bisogni riabilitativi di nuova<br />
insorgenza.<br />
3.2.1. Il trattamento del caso in regime ospedaliero si caratterizza come trasferimento in reparto<br />
o letti riabilitativi (codice 56) dal momento in cui all'intervento clinico, seppure ancora presente<br />
e quindi connesso ad un alto livello di tutela medico-infermieristica, si affianca la necessità in<br />
misura sempre più rilevante di un intervento propriamente riabilitativo di tipo intensivo.<br />
188
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
La prestazione è eminentemente di ricovero ospedaliero riabilitativo intensivo ordinario (classificato<br />
per MDC), ma può prevedersi l'erogazione di prestazioni di ricovero ospedaliero riabilitativo<br />
in day hospital in ragione delle esigenze di tutela sanitaria diurna e di continuità assistenziale<br />
ospedaliera. È da prevedersi altresì la possibilità di interventi ambulatoriali effettuati presso la<br />
struttura ospedaliera.<br />
La durata massima della fase è determinabile in 40 giorni per i casi di tipo neurologico (MDC 1)<br />
e 30 giorni per gli altri casi.<br />
3.2.2. Dal ricovero ospedaliero, sia di tipo acuto (fase 3.1.) che riabilitativo (fase 3.2.1.), si può<br />
accedere ad un trattamento in regime extraospedaliero ove l'assistito non presenti significative<br />
necessità di assistenza diagnostico - terapeutica o di protezione sanitaria.<br />
Allo stesso modo a questa fase si può accedere direttamente dall'ambiente di vita sia per interventi<br />
- anche ripetuti - connessi ad esiti di ricoveri pregressi, sia per bisogni riabilitativi di<br />
nuova insorgenza non necessitanti di ricovero ospedaliero.<br />
La durata massima della fase è di 40 giorni.<br />
L'accesso alle prestazioni avviene previa predisposizione di un piano di trattamento individualizzato<br />
alla cui definizione partecipano anche gli operatori della riabilitazione. Nel caso in cui il<br />
piano sia predisposto direttamente dalla struttura privata erogatrice l'Azienda USL dovrà procedere<br />
alla sua validazione.<br />
Le prestazioni riabilitative, in questa fase, sono erogate nella forma:<br />
- residenziale (cui ricondurre anche l'internato delle strutture ex art. 26 L. 833/78 nonché il ciclo<br />
intensivo diurno pieno di cui alla DCR 53/94), nei casi in cui il piano di trattamento preveda la<br />
permanenza notturna del soggetto per esigenze connesse alle necessità diagnostico - terapeutiche<br />
o di protezione sanitaria, ovvero laddove la permanenza stessa faciliti il raggiungimento<br />
degli obiettivi riabilitativi;<br />
- diurno (cui ricondurre anche il seminternato delle strutture ex art. 26 L. 833/78, nonché il ciclo<br />
intensivo di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 53/94), nei casi in cui il piano di<br />
trattamento preveda la permanenza giornaliera dell'assistito presso la struttura per cicli orari<br />
definiti dalla normativa vigente;<br />
- ambulatoriale per prestazioni di durata non inferiore ad un'ora (cui ricondurre anche l'ambulatoriale<br />
delle strutture ex art. 26 L. 833/78 nonché il ciclo standard di cui alla deliberazione del<br />
Consiglio regionale citata);<br />
- domiciliare in tutti i casi ove le condizioni di salute del soggetto e le condizioni logistiche<br />
specifiche del territorio consentano il completo reinserimento del cittadino nel proprio ambiente<br />
di vita come finalità qualificante dell'intervento.<br />
Per le prestazioni residenziali, nei casi in cui la permanenza notturna non sia connessa ad esigenze<br />
diagnostico - terapeutiche o di protezione notturna, ovvero al raggiungimento degli obiettivi<br />
riabilitativi, e quindi non contemplata dal piano di trattamento, l'onere della stessa è a carico<br />
del cittadino, salvo i casi di accertata invalidità del 100% nei quali l'onere è a carico del servizio<br />
pubblico con eventuale rivalsa sulla indennità di accompagnamento, ove presente.<br />
3.3. Fase della riabilitazione estensiva<br />
Il ciclo descritto si completa con interventi, non necessariamente consecutivi, di assistenza<br />
riabilitativa di tipo estensivo. Essa è caratterizzata da un moderato impegno terapeutico a fronte<br />
di gradi diversi di supporti assistenziali; l'impegno clinico terapeutico è comunque tale da<br />
richiedere un progetto riabilitativo.<br />
La prestazione riabilitativa in questa fase è erogata in regime extraospedaliero anche in forma<br />
domiciliare o ambulatoriale, in rapporto diretto con il medico di medicina generale ed i servizi<br />
189
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
di distretto, ma elettivamente nella forma residenziale e semiresidenziale in strutture denominate<br />
"residenze sanitarie assistenziali per disabili" (RSA per disabili o RSD), in cui all'assistenza<br />
riabilitativa, ridotta per intensità e finalizzata prevalentemente al mantenimento delle condizioni<br />
del soggetto, si affianca in modo rilevante una risposta "assistenziale" ai bisogni dell'utente.<br />
Il ciclo ha contenuti propri di intervento socio-sanitario integrato, con la previsione di una<br />
partecipazione finanziaria dell'assistito in caso di prestazioni residenziali. Per il triennio <strong>1999</strong>-<br />
<strong>2001</strong> la partecipazione finanziaria dell'assistito coincide con l'ammontare dell'assegno di accompagnamento<br />
ricondotto a quota giornaliera.<br />
Alla fase della riabilitazione estensiva possono accedere anche i casi che, per le caratteristiche<br />
del bisogno espresso, non richiedono l'assistenza prevista dalle precedenti fasi.<br />
3.3.1. Le residenze sanitarie assistenziali per disabili si caratterizzano per:<br />
- presenza di un progetto riabilitativo di struttura, finalizzato alla protezione ed alla stimolazione<br />
delle capacità funzionali e relazionali di tutti i soggetti assistiti;<br />
- un livello di presenza medica, sia per l'aspetto riabilitativo che per quello internistico, inferiore<br />
a quello della precedente fase 3.2.2.;<br />
- un impegno riabilitativo coerente con il progetto di struttura espresso in un piano di trattamento<br />
variabile per singolo caso ma non superiore alle tre ore giornaliere;<br />
- copertura infermieristica;<br />
- copertura assistenziale.<br />
La durata dell'intervento è definito dal progetto assistenziale riabilitativo individuale validato<br />
dal servizio pubblico competente.<br />
La Giunta regionale è impegnata a presentare al Consiglio regionale, entro 90 giorni dall'entrata<br />
in vigore del <strong>Piano</strong>, una proposta di assetto organizzativo e di funzionamento delle residenze<br />
sanitarie assistenziali per disabili.<br />
3.3.2. In alternativa alla permanenza in residenze sanitarie assistenziali per disabili, e in relazione<br />
alle condizioni dell'assistito, è da prevedersi che le prestazioni residenziali siano erogate in<br />
strutture diverse (case famiglia, comunità alloggio). Tali strutture sono finalizzate ad assicurare<br />
la non istituzionalizzazione e la deistituzionalizzazione per quegli assistiti che, al completamento<br />
del percorso assistenziale intensivo, non possano rientrare al domicilio e che presentino una<br />
sufficiente capacità di autogestione ed autonomia.<br />
Le strutture alternative alle residenze sanitarie assistenziali per disabili si caratterizzano per:<br />
- presenza di un progetto riabilitativo di struttura finalizzato alla protezione ed alla stimolazione<br />
delle capacità funzionali e relazionali di tutti i soggetti assistiti;<br />
- presenza medico psicologica limitata, finalizzata alla supervisione e verifica periodica dei<br />
progetti individuali e di struttura;<br />
- impegno riabilitativo non superiore ad un'ora e coerente con il progetto di struttura;<br />
- presenza infermieristica per fasce orarie;<br />
- copertura assistenziale.<br />
Anche in questo caso il ciclo ha contenuti propri di intervento socio-sanitario integrato, con la<br />
previsione di una partecipazione finanziaria dell'assistito in caso di prestazioni residenziali. Per<br />
il triennio <strong>1999</strong>-<strong>2001</strong> la partecipazione finanziaria dell'assistito coincide con l'ammontare dell'assegno<br />
di accompagnamento ricondotto a quota giornaliera.<br />
La Giunta regionale è impegnata a presentare al Consiglio regionale, entro 90 giorni dall'entrata<br />
in vigore del <strong>Piano</strong>, una proposta di assetto organizzativo e di funzionamento delle strutture<br />
alternative alle residenze sanitarie assistenziali per disabili.<br />
190
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
3.4. Dotazione di posti letto ospedalieri di riabilitazione<br />
In relazione alle modificazioni organizzative dei servizi riabilitativi indicate ai punti precedenti,<br />
la dotazione complessiva di posti letto ospedalieri prevista dal <strong>Piano</strong> sanitario regionale 1996-<br />
1998 è ridefinita in 0,177 posti letto per 1000 abitanti, di cui 0,037 destinati ad attività di alta<br />
specialità e 0,14 per attività ordinaria (reparti o p.l. COD 56).<br />
3.4.1. Dotazione posti letto ospedalieri di alta specialità<br />
Area vasta FI PI SI Totale<br />
Unità spinale<br />
Riabilitazione cardiorespiratoria<br />
50 50<br />
10<br />
10<br />
Riabilitazione gravi cerebrolesioni acquisite<br />
0<br />
Riabilitazione patologie neurologiche degenerative<br />
(sclerosi,distrofia), cerebropatia infantile<br />
10 10 10<br />
30<br />
Totale 75 25 35 135<br />
indice per mille abitanti<br />
0,037<br />
Per la specificità delle patologie e dei corrispondenti reparti (vedi le unità spinali), l'accesso alla<br />
prestazione non è vincolato al precedente ricovero in reparti per acuti. La localizzazione dell'attività<br />
e dei conseguenti posti letto è propria, per le caratteristiche di alta specialità, delle Aziende<br />
ospedaliere e delle seguenti strutture ospedaliere pubbliche di adeguata qualificazione a<br />
valenza regionale:<br />
- unità spinale, presso l'Azienda ospedaliera di Careggi. È da confermarsi la previsione dell'istituzione<br />
di posti letto di unità spinale presso l'ospedale di Livorno che saranno attivati previa<br />
circostanziata verifica in merito alla funzionalità dell'unità spinale di Careggi e in relazione alla<br />
tempestività di un incremento dell'offerta;<br />
- riabilitazione cardiorespiratoria, presso l'Azienda ospedaliera Senese;<br />
- riabilitazione gravi cerebrolesioni acquisite, in presidi di ciascuna area vasta anche tenuto<br />
conto delle esperienze maturate;<br />
- riabilitazione patologie neurologiche degenerative, in presidi di ciascuna area vasta anche<br />
tenuto conto delle esperienze maturate.<br />
15<br />
15<br />
45<br />
191
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
3.4.2. Dotazione posti letto ospedalieri ordinari di riabilitazione<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
Aziende sanitarie Posti letto attivati<br />
Posti letto<br />
obiettivo (*)<br />
Pubblici Privati Totale<br />
3<br />
0<br />
0<br />
0<br />
38<br />
4<br />
20<br />
0<br />
20<br />
32<br />
10<br />
40<br />
327<br />
367<br />
117<br />
11<br />
20<br />
0<br />
20<br />
31<br />
Area FI 80 327 407 218<br />
1<br />
25<br />
0<br />
25<br />
29<br />
2<br />
20<br />
0<br />
20<br />
31<br />
5<br />
120<br />
0<br />
120<br />
46<br />
6<br />
17<br />
0<br />
17<br />
49<br />
12<br />
40<br />
65<br />
105<br />
23<br />
Area PI 222 65 287 178<br />
7<br />
25<br />
0<br />
25<br />
36<br />
8<br />
56<br />
0<br />
56<br />
45<br />
9<br />
0<br />
0<br />
0<br />
31<br />
Area SI<br />
Tot.Regione<br />
81 0 81 112<br />
383<br />
392<br />
775<br />
508<br />
La distribuzione di tale dotazione secondo le tre aree vaste regionali evidenzia un esubero<br />
rilevante di posti nell'area fiorentina, concentrato nella dotazione in eccesso di posti letto presso<br />
case di cura private che, anche a seguito dei vincoli di durata e di accesso posti alla fase di cui al<br />
punto 3.2.1., devono ridursi di almeno il 50% dell'esistente.<br />
Problema analogo si pone nell'area Pisana dove alla sovradotazione privata dell'Azienda USL<br />
12 si aggiunge l'eccesso di letti pubblici nell'Azienda USL 5.<br />
La riduzione dei letti in eccesso, anche nelle strutture di ricovero private, può avvenire con una<br />
riconversione di quote di dette strutture in presidi extraospedaleri di riabilitazione di cui alla<br />
fase 3.2.2, prima definita.<br />
3.5. Dotazione di posti per attività di riabilitazione residenziale e diurna intensiva extraospedaliera<br />
La dotazione attuale di posti residenziali e diurni in strutture extraospedaliere è di circa 532<br />
unità, corrispondenti ad uno standard di 0,15 per mille abitanti. Essa appare squilibrata tra le tre<br />
aree vaste, con l'area pisana che si attesta sullo 0,20 a fronte dello 0,12 delle restanti due.<br />
Nell'arco del triennio, anche a fronte della contrazione dei posti letto ospedalieri, si prevede un<br />
riequilibrio ed un allineamento delle tre aree al parametro 0,20 già previsto dal <strong>Piano</strong> sanitario<br />
regionale 1996-1998, con un incremento conseguente di 194 posti fino alla concorrenza di 731<br />
posti complessivi.<br />
Alla concorrenza dei 194 posti si perviene attraverso:<br />
a) riconversione di posti già esistenti in strutture ospedaliere pubbliche e private riconducibili<br />
alla precedente fase 3.2.1 del percorso assistenziale;<br />
b) creazione presso le attuali strutture di nuovi posti in corrispondenza del presentarsi di nuovi<br />
casi, in relazione al raggiungimento dei parametri previsti per le singole unità sanitarie locali o<br />
aree vaste.<br />
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Omissis<br />
DOTAZIONE POSTI IN STRUTTURE EXTRAOSPEDALIERE PER ATTIVITÀ DI RIABILITAZIONE<br />
INTENSIVA<br />
3.6. Dotazione di posti per attività di riabilitazione residenziale e diurna estensiva extraospedaliera<br />
Attualmente all'attività di riabilitazione estensiva sono destinati complessivamente 980 posti di<br />
cui 410 per assistenza residenziale e 570 per assistenza diurna.<br />
Ferma restando la dotazione complessiva di posti esistenti, nel triennio di validità del <strong>Piano</strong>,<br />
coerentemente con i più generali obiettivi di deistituzionalizzazione dei soggetti trattati, si<br />
prevede di incrementare i posti di assistenza diurna fino al 75% del totale (da 570 a 735 posti)<br />
sia riconvertendo i posti residenziali che attivando strutture alternative.<br />
4. Il percorso assistenziale riabilitativo nell'età evolutiva e per le disabilità neuropsichiche<br />
L'età evolutiva e le disabilità di ordine neuropsichico richiedono considerazioni specifiche. Il<br />
concetto stesso di riabilitazione per soggetti di portatori di disabilità intellettive e relazionali<br />
appare improprio; più propriamente va affermato il più moderno e pertinente concetto di "abilitazione"<br />
che individui per ciascuno dei soggetti trattati precisi percorsi terapeutici e formativi.<br />
Essenziale appare quindi la partecipazione attiva delle famiglie, integrata e sostenuta da servizi<br />
ad alta integrazione socio sanitaria che costituiscono gli strumenti più agili anche ai fini di un<br />
inserimento socio - educativo degli assistiti. Le diverse prestazioni riabilitative - abilitative<br />
costituiranno oggetto di specifico progetto individuale che vedrà apporti professionali sanitari<br />
propri, diversi anche da quelli previsti nel percorso assistenziale riabilitativo in precedenza<br />
definito.<br />
L'intervento riabilitativo per le patologie in oggetto si caratterizza anch'esso per due diverse<br />
intensità assistenziali, riconducibili per analogia alle caratteristiche "intensive" ed "estensive"<br />
trattate in precedenza. In questo caso, peraltro, il confine tra le due diverse intensità è meno<br />
netto e soprattutto variabile nel tempo anche per singolo caso: le due tipologie d'intervento,<br />
cioè, possono interessare in momenti diversi lo stesso soggetto.<br />
Le prestazioni sono erogate, per entrambi i livelli di intensità, in ambito ambulatoriale, domiciliare,<br />
diurno semiresidenziale o residenziale, in relazione alle specifiche esigenze espresse dal<br />
progetto riabilitativo.<br />
La durata dell'intervento è strettamente legata alle condizioni di presa in carico dei soggetti,<br />
all'efficacia degli interventi diagnostico-terapeutici messi in essere in fase precoce da competenze<br />
specialistiche di medio e alto livello, alle condizioni di contesto e di vita dei soggetti.<br />
4.1. Per la riabilitazione intensiva, svolta in regime semiresidenziale o residenziale, in relazione<br />
alla specifica articolazione degli interventi prevista nei programmi riabilitativi - abilitativi, è da<br />
prevedersi una durata dell'intervento riabilitativo per moduli di sei mesi fino ad un massimo di<br />
tre anni.<br />
Ad oggi a questa attività sono destinati circa 280 posti di cui 120 per assistenza residenziale e<br />
160 per assistenza diurna.<br />
Ferma restando la dotazione complessiva di posti esistenti, nel triennio di validità del <strong>Piano</strong>,<br />
coerentemente con i più generali obiettivi di deistituzionalizzazione dei soggetti trattati, si<br />
prevede di incrementare i posti di assistenza diurna fino al 75% del totale (da 160 a 210 posti)<br />
sia riconvertendo i posti residenziali che qualificando i programmi terapeutici d'accesso alle<br />
prestazioni.<br />
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4.2. L'attività di riabilitazione estensiva per l'età evolutiva e le disabilità di ordine neuropsichico<br />
non ha caratteristiche che la differenzino sostanzialmente, sia per standard qualitativi che per<br />
risorse impiegate, da quelle generali proprie della fase di riabilitazione estensiva (vedi punto<br />
3.3). La previsione per il triennio di validità del <strong>Piano</strong> è che alle necessità di posti residenziali e<br />
diurni si provveda all'interno delle dotazioni di posti per attività di riabilitazione residenziale e<br />
diurna estensiva extraospedaliera già definite (vedi punto 3.5).<br />
5. L'assistenza domiciliare per le cerebrolesioni acquisite<br />
5.1. Un'attenzione specifica va posta all'ambito di intervento relativo all'assistenza dei soggetti<br />
colpiti da cerebrolesioni acquisite ed in stato di coma; ambito che, seppure interessato da una<br />
casistica limitata, tuttavia presenta implicazioni organizzative, operative e sociali di particolare<br />
rilievo.<br />
L'assistenza in tale caso presenta caratteristiche tipiche del terzo livello ospedaliero ed è da<br />
prevederne l'attivazione nell'ambito dei 45 letti ivi programmati (vedi paragrafo 3.4.1.); occorre<br />
altresì prevedere che alla fase di ricovero suddetta facciano seguito, al momento della stabilizzazione<br />
della patologia in atto, soluzioni assistenziali alternative.<br />
5.2. Per i soggetti per i quali permane la necessità di sorveglianza medica continua, è da prevedersi<br />
la prosecuzione dell'attività di ricovero presso reparti di riabilitazione ospedalieri.<br />
I soggetti che non necessitano di sorveglianza medica continua in regime di ricovero presso una<br />
struttura ospedaliera possono essere assistiti presso il proprio domicilio o in residenze sanitarie<br />
assistenziali purchè sia assicurato un turno infermieristico continuativo.<br />
In entrambi i casi l'intervento viene effettuato sulla base di un progetto assistenziale individualizzato,<br />
soggetto a verifica periodica almeno semestrale, che individui gli apporti delle strutture<br />
organizzative di riferimento, ospedaliere e non, interessate alla gestione del caso (reparto ospedaliero,<br />
riabilitazione, medico di base, servizi distrettuali) e, nei casi di assistenza domiciliare, le<br />
modalità con cui gli stessi si colleghino all'intervento diretto della famiglia.<br />
La Giunta regionale provvede a disciplinare le modalità di erogazione del servizio avendo in<br />
particolare a riferimento:<br />
- il regime di assistenza nella forma residenziale, di ospedalizzazione domiciliare ovvero di<br />
assistenza domiciliare;<br />
- la responsabilità assistenziale dei progetti terapeutici;<br />
- i rapporti con i medici di medicina generale;<br />
- gli apporti delle competenze specialistiche;<br />
- la partecipazione delle strutture del volontariato;<br />
- l'integrazione, anche temporanea e programmata, tra tipologie assistenziali diversificate;<br />
- le modalità di rilevazione degli interventi;<br />
- la valorizzazione tariffaria delle prestazioni.<br />
6. L'Assistenza riabilitativa del paziente stomizzato<br />
Nell'arco di vigenza del presente <strong>Piano</strong> vanno previsti interventi per la definizione del percorso<br />
assistenziale a favore dei soggetti stomizzati, anche al fine di realizzare la riabilitazione ed il<br />
reinserimento sociale. La Giunta regionale provvede ad emanare apposite direttive per favorire<br />
lo sviluppo di comportamento omogenei sul territorio regionale, anche avvalendosi delle esperienze<br />
positive maturate da alcune aziende sanitarie e della collaborazione con le associazioni<br />
rappresentative dell'utenza.<br />
A tal fine viene costituito a livello regionale un gruppo stabile con compiti di supporto nella<br />
elaborazione delle direttive e nel monitoraggio dei percorsi assistenziali e di coordinamento<br />
delle iniziative in ambito regionale.<br />
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Partecipano al gruppo le direzioni sanitarie aziendali, medici specialisti dell'area chirurgica,<br />
psicologi, personale infermieristico e tecnico, personale di assistenza sociale, nonché le associazioni<br />
rappresentative dell'utenza.<br />
In ogni azienda viene organizzato apposito centro di assistenza del paziente stomizzato con il<br />
compito di seguire la fase operatoria e quella post chirurgica, con particolare riferimento alla:<br />
- preparazione psicologica,<br />
- scelta, accettazione addestramento e gestione della protesi, con interventi diretti sia al paziente<br />
sia a chi presta assistenza al medesimo.<br />
Tale centro viene di norma organizzato presso le strutture ospedaliere e svolge attività di tipo<br />
ambulatoriale prestando la propria assistenza anche in fase domiciliare e residenziale.<br />
G - L'ASSISTENZA PROTESICA E L'ASSISTENZA TERMALE<br />
Nel settore della riabilitazione riveste particolare interesse l'assistenza protesica che viene<br />
garantita con i limiti e le modalità previsti dal DM Sanità relativo a "Prestazioni di assistenza<br />
protesica erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe",<br />
ai sensi dell'art. 8, comma 5, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449.<br />
1. Gli obiettivi<br />
- Ridurre i tempi di attesa tra prescrizione sanitaria, autorizzazione e fornitura dell'ausilio al fine<br />
di garantire, attraverso la tempestività dell'erogazione, la maggior efficacia possibile della<br />
prestazione;<br />
- razionalizzare il governo della spesa.<br />
2. Le strategie<br />
- Ridefinizione, in armonia con le direttive generali, della normativa relativa alle modalità di<br />
accesso alle prestazioni relativamente alla prescrizione, alla fornitura ed al collaudo dell'ausilio,<br />
con particolare riferimento ai tempi intercorrenti tra prescrizione, autorizzazione e successiva<br />
fornitura;<br />
- individuazione dei soggetti competenti alla prescrizione ed al collaudo di protesi e ausili e loro<br />
inserimento in uno specifico elenco;<br />
- indizione di gare di appalto per l'acquisizione degli ausili prodotti in serie, anche sulla base di<br />
indicatori di qualità del prodotto.<br />
3. Le direttive alle Aziende USL<br />
3.1. Assegnazione in uso degli ausili, conformemente a quanto previsto dalla deliberazione della<br />
Giunta regionale n. 1038 del 5.8.96, con conseguente attivazione del "parco ausili".<br />
Le Aziende USL regolamentano:<br />
a) le modalità di accesso alle prestazioni;<br />
b) l'organizzazione e la gestione del "parco ausili";<br />
c) le modalità di revisione degli ausili al fine di dare garanzia che la revisione e la manutenzione<br />
siano avvenute a regola d'arte e che gli ausili siano idonei all'uso.<br />
3.2. Produzione, personalizzazione e riciclaggio degli ausili a livello di Azienda USL<br />
A tal fine le Aziende attivano convenzioni con laboratori artigiani e/o aziende fornitrici che<br />
provvedono alla piccola produzione di ausili personalizzati, alla personalizzazione di ausili<br />
prodotti in serie, alla manutenzione e al riciclaggio degli stessi.<br />
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Nell'ambito delle attività di riabilitazione erogate direttamente dalle Aziende sanitarie le stesse<br />
prevedono interventi per la produzione di piccoli ausili che facilitano il movimento ed il mantenimento<br />
della postura.<br />
3.3. Costituzione di centri di consulenza e documentazione ausili a livello aziendale<br />
Ai fini dell'attività di documentazione sugli ausili presenti sul mercato nazionale e internazionale<br />
e dell'attività di consulenza sia nei confronti dell'utenza, dei familiari, delle strutture che<br />
operano nel settore dell'assistenza ai soggetti disabili e handicappati, nonché dei servizi aziendali,<br />
le Aziende USL costituiscono centri di consulenza e documentazione sugli ausili. Agli stessi<br />
compete la gestione degli ausili restituiti, la collaborazione con le aziende artigiane per la personalizzazione<br />
e la progettazione di nuovi ausili e l'aggiornamento degli operatori. All'interno<br />
del centro ausili sono presenti, oltre al personale medico e tecnico della riabilitazione, anche<br />
professionalità che concorrono alla progettazione e realizzazione di idonee soluzioni ai bisogni<br />
dell'utenza.<br />
4. Aziende abilitate alla fornitura di protesi e ausili<br />
La Regione <strong>Toscana</strong>, ai fini della individuazione delle aziende abilitate alla fornitura di protesi e<br />
ausili agli aventi diritto, adegua l'attuale normativa regionale a quanto previsto per lo specifico<br />
settore dalla normativa comunitaria recepita con decreto del Ministero della Sanità<br />
5. Assistenza termale<br />
Le Aziende USL erogano le prestazioni di assistenza termale, nell'ambito delle determinazioni<br />
proprie della programmazione regionale attinenti al fabbisogno assistenziale ed alle modalità di<br />
erogazione delle prestazioni. L'assistenza attiene a prestazioni con esclusivo contenuto terapeutico<br />
che saranno comunque erogate, con i livelli, le modalità, le strutture termali e le tariffe di<br />
cui agli accordi nazionali e agli atti di recepimento regionali per quanto attiene i soggetti assistiti<br />
in ambito regionale.<br />
Il Consiglio regionale promuove una specifica azione ricognitiva in merito ai contenuti dell'assistenza<br />
alla luce dei nuovi assetti societari conseguenti al trasferimento alle Regioni della proprietà<br />
delle aziende termali. In tale contesto l'assistenza termale è oggetto di concertazione tra le<br />
aziende termali ed il servizio sanitario regionale.<br />
H - INTEGRAZIONE DELLE MEDICINE NON CONVENZIONALI NEGLI INTERVENTI<br />
PER LA SALUTE<br />
La <strong>Toscana</strong> si sta distinguendo in ambito nazionale per la ricchezza delle esperienze realizzate<br />
nel settore delle medicine non convenzionali. In particolare:<br />
- sul territorio hanno sede scuole attinenti le discipline più diffuse;<br />
- sono presenti operatori che applicano e sviluppano tali discipline;<br />
- all'interno del sistema sanitario regionale sono attivi servizi di medicine non convenzionali<br />
(agopuntura, medicina cinese, omeopatia, fitoterapia), che rispondono ad una domanda crescente<br />
da parte dell'utenza esterna ed interna.<br />
La risoluzione del Parlamento Europeo del 29 maggio 1997 ha invitato gli stati membri ad<br />
affrontare i problemi connessi all'utilizzo di medicine non convenzionali in modo da garantire ai<br />
cittadini la più ampia libertà di scelta terapeutica ed insieme assicurare loro il più alto livello di<br />
sicurezza e di informazione corretta.<br />
In conseguenza di ciò il Programma regionale di sviluppo toscano 1998-2000 ha previsto la<br />
messa a punto e lo sviluppo di forme di integrazione tra sistema sanitario e realtà delle medicine<br />
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non convenzionali e la LR 72/98, all'art. 92, lett. m), ha demandato al <strong>Piano</strong> sanitario regionale<br />
la definizione di strumenti per l'integrazione delle medicine non convenzionali negli interventi<br />
per la salute. La Regione toscana è pertanto impegnata ad adottare gli interventi necessari,<br />
assicurando un corretto approccio alla problematica.<br />
A tal fine si costituisce la Commissione <strong>Regionale</strong> per le medicine non convenzionali nominata<br />
dalla Giunta regionale con durata in carica per il periodo di validità del piano.<br />
La Commissione è presieduta dall'Assessore regionale al diritto alla salute o suo delegato ed è<br />
costituita da esperti nella materia designati:<br />
- dalla Giunta regionale, per quanto attiene la rappresentanza delle realtà più significative di<br />
medicine non convenzionali in ambito pubblico e privato;<br />
- dal CSR per le professioni mediche e non mediche interessate.<br />
Alla Commissione è affidato il compito di:<br />
- individuare le strategie necessarie a raggiungere l'integrazione delle medicine non convenzionali,<br />
anche in campo veterinario;<br />
- definire gli strumenti per stimare la domanda di medicine non convenzionali espressa nel<br />
territorio regionale e per effettuare il censimento delle realtà significative operanti in <strong>Toscana</strong>;<br />
- valutare le proposte di studi e ricerche nel settore delle medicine non convenzionali tenendo<br />
conto delle indicazioni metodologiche contenute nel punto 4 della Risoluzione 29.5.1997 del<br />
Parlamento Europeo e valutare le proposte di sperimentazione in ambito pubblico nel rispetto<br />
delle regole comunitarie sulla sperimentazione sull'uomo;<br />
- definire con l'Ordine dei Medici, con l'Ordine dei Veterinari e con l'Università, per quanto di<br />
loro competenza, criteri di accreditamento degli iter formativi per l'esercizio di medicine non<br />
convenzionali a garanzia per l'utente di una corretta professionalità;<br />
- promuovere iniziative con i soggetti istituzionalmente competenti per proporre la costituzione<br />
di albi o registri delle professioni di medicine non convenzionali e definire, nell'immediato, le<br />
procedure per l'approntamento di elenchi di professionisti impegnati nelle medicine non convenzionali,<br />
a tutela della professionalità e della trasparenza nei confronti dell'utenza;<br />
- proporre le modalità di rilevazione dei costi relativi alle attività di medicine non convenzionali<br />
per giungere alla definizione di un elenco tariffario delle prestazioni;<br />
- definire le strategie di informazione rivolte alla popolazione sulle indicazioni e sulle disponibilità<br />
di prestazioni di medicine non convenzionali;<br />
- istituire una banca dati sulla legislazione, sugli studi in corso e sulle esperienze di integrazione<br />
delle medicine non convenzionali realizzate in ambito nazionale ed internazionale.<br />
Al fine di valorizzare e favorire le forme di integrazione tra il Servizio sanitario regionale e le<br />
medicine non convenzionali, le Aziende sanitarie al cui interno sono realizzati, anche in forma<br />
sperimentale, interventi di medicine non convenzionali, provvedono a definirne i contenuti negli<br />
atti di programmazione aziendale (PAL e PAO), con indicazione:<br />
- delle prestazioni erogate;<br />
- delle modalità di accesso e di svolgimento delle attività;<br />
- della collocazione organizzativa individuata;<br />
- delle risorse destinate a tali progetti.<br />
La Giunta regionale è impegnata a promuovere studi, ricerche e sperimentazioni, sentita la<br />
Commissione regionale, sull'efficacia delle medicine non convenzionali. Per gli interventi<br />
previsti nel presente capitolo, è istituito un apposito fondo denominato "Fondo per l'integrazione<br />
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delle medicine non convenzionali negli interventi per la salute". Per ciascun anno di vigenza del<br />
<strong>Piano</strong>, la Giunta regionale è autorizzata a finanziare il predetto fondo per 500 milioni di lire.<br />
Entro il 31.12.<strong>1999</strong>, anche in relazione allo sviluppo delle attività finanziate con il fondo medesimo,<br />
la Giunta regionale presenta al Consiglio una valutazione aggiornata e propone, se necessario,<br />
eventuali variazioni delle risorse stanziate per gli anni 2000 e <strong>2001</strong>.<br />
Per la realizzazione delle sperimentazioni, è consentita alle Aziende USL anche la costituzione<br />
di strutture di cui all'art. 32 della LR 72/98.<br />
I - LA POLITICA DEL FARMACO<br />
I risultati soddisfacenti scaturiti nel triennio 1996 - 1998 dal complesso di interventi adottati<br />
dalla Regione e dalle Aziende sanitarie in materia farmaceutica hanno permesso il riallineamento<br />
della spesa pro - capite ai valori medi nazionali.<br />
Il trend positivo, in forte antitesi con la pregressa curva ascendente della spesa farmaceutica,<br />
deve essere letto in relazione alla percentuale rappresentata nel Fondo <strong>Sanitario</strong> nazionale dalla<br />
spesa sostenuta per i farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale pari al 10,5%.<br />
La considerazione che un ulteriore 4% è destinato in pari quota a farmaci utilizzati nei presidi e<br />
servizi delle Aziende USL e a dispositivi medici e assistenza integrativa (ausili sanitari per<br />
incontinenti, cateteri, siringhe, diagnostici per diabetici), impegna fortemente la Regione toscana<br />
ad operare, nel triennio di riferimento, sui seguenti obiettivi:<br />
- mantenimento del trend positivo, con riallineamento di quelle Aziende sanitarie che hanno una<br />
spesa farmaceutica pro - capite superiore alla media regionale;<br />
- contenimento e razionalizzazione della spesa sostenuta per dispositivi medici e assistenza<br />
integrativa;<br />
- mantenimento dei livelli assistenziali essenziali ed appropriati.<br />
Tali obiettivi saranno realizzati attraverso:<br />
- interventi sugli acquisti e sulla distribuzione, anche attraverso forme innovative (strumenti<br />
consortili);<br />
- intese con le farmacie pubbliche e private;<br />
- coinvolgimento del Medico di Medicina generale e del pediatra attraverso le politiche di<br />
responsabilizzazione del budget e l'integrazione distrettuale;<br />
- integrazione e coordinamento fra livello ospedaliero e territoriale in relazione alle problematiche<br />
del farmaco;<br />
- percorsi integrati fra la farmaceutica ospedaliera e la farmaceutica territoriale e fra queste e le<br />
altre attività aziendali connesse;<br />
- educazione all'uso del farmaco.<br />
A questo fine la Giunta regionale è impegnata a:<br />
- fornire alle Aziende Sanitarie adeguate direttive in proposito;<br />
- promuovere intese e protocolli con i soggetti interessati del sistema sanitario.<br />
L - ASSISTENZA RELIGIOSA<br />
La legge 23 dicembre 1978 n. 833 all'articolo 38 prevede che presso le strutture di ricovero del<br />
SSN sia assicurata l'assistenza religiosa nel rispetto della volontà e della libertà di coscienza del<br />
cittadino.<br />
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La Regione <strong>Toscana</strong> considera diritto fondamentale il rispetto delle diverse fedi religiose e<br />
intende assicurare il servizio di assistenza religiosa presso tutte le strutture di ricovero in conformità<br />
delle norme concordatarie e statali vigenti in materia.<br />
A tal fine le Aziende sanitarie sono tenute a disciplinare l'ordinamento del servizio di assistenza<br />
religiosa cattolica d'intesa con gli ordinari diocesani competenti per territorio e, per gli altri<br />
culti, d'intesa con le rispettive autorità religiose competenti per territorio.<br />
In ogni zona dovranno essere garantite, attraverso apposite convenzioni con le autorità ecclesiastiche<br />
locali, le modalità organizzative atte ad assicurare l'assistenza religiosa all'interno dei<br />
servizi socio-sanitari.<br />
La Giunta regionale predispone, entro 60 giorni dall'approvazione del PSR, d'intesa con la<br />
Conferenza Episcopale <strong>Toscana</strong>, apposito schema tipo di convenzione.<br />
ALLEGATO 1<br />
LIVELLI DI ASSISTENZA<br />
1. Prevenzione collettiva<br />
1.1. Profilassi delle malattie infettive e diffusive<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Attuazione e vigilanza sulle vaccinazioni raccomandate e facoltative effettuate nell'ambito dei<br />
programmi definiti dalla Regione<br />
Applicazione del calendario regionale delle vaccinazioni<br />
Controllo malattie infettive e bonifica focolai<br />
Interventi di profilassi e di educazione per prevenire il diffondersi delle malattie infettive<br />
Medicina del viaggiatore<br />
Vigilanza igienica sulle attività di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione<br />
1.2. Tutela della collettività dai rischi sanitari connessi all'inquinamento ambientale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Verifica degli effetti sulla salute da inquinamento atmosferico e acustico<br />
Verifica degli effetti sulla salute da impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani<br />
Verifica degli effetti sulla salute da detenzione e smaltimento dei rifiuti speciali, tossici e nocivi<br />
Sorveglianza sulla qualità delle acque destinate al consumo umano<br />
Sorveglianza sulle piscine pubbliche o di uso pubblico<br />
Sorveglianza sulle acque di balneazione<br />
Verifica degli effetti sulla salute da scarichi civili, produttivi e sanitari<br />
1.3. Tutela della collettività e dei singoli dai rischi sanitari connessi agli ambienti di vita e di<br />
lavoro<br />
1.3.1. Ambienti di vita<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Valutazione dell'impatto sulla salute umana dei fattori di nocività, pericolosità e di deterioramento<br />
negli ambienti di vita di cui all'articolo 4, comma 1 della LR 66/95.<br />
Determinazione qualitativa e quantitativa dei fattori di rischio di tipo biologico presenti negli<br />
ambienti di vita di cui all'art. 4 comma 1 della LR66/95<br />
Controllo e sicurezza di impianti negli ambienti di vita di cui all'articolo 4, comma 1 della LR<br />
66/95<br />
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Indicazione delle misure idonee alla tutela della salute umana nei confronti dei fattori di rischio<br />
negli ambienti di vita di cui all'articolo 4, comma 1 della LR 66/95<br />
Formulazione di mappe di rischio territoriale<br />
Verifica delle compatibilità dei piani urbanistici e dei progetti di insediamento industriali e di<br />
attività lavorative in genere con le esigenze di tutela della salute della popolazione<br />
Tutela delle condizioni igieniche e di sicurezza degli edifici in relazione alle diverse utilizzazioni<br />
con particolare riferimento agli edifici ad uso pubblico<br />
Tutela igienico sanitaria degli stabilimenti termali<br />
Vigilanza e controllo sui cosmetici<br />
Controllo sui farmaci, stupefacenti, sostanze psicotrope, presidi medico chirurgici.<br />
Controllo sulla produzione, detenzione, commercio e impiego dei gas tossici.<br />
Controllo sull'uso delle radiazioni ionizzanti e non negli ambienti confinati con l'esclusione<br />
delle attività svolte nell'ambito della fisica sanitaria<br />
Accertamenti sanitari di medicina legale ai fini di prevenzione e di tutela della salute pubblica e<br />
per l'espletamento dei compiti di polizia mortuaria.<br />
Vigilanza e controllo delle sostanze e dei preparati pericolosi e sulla loro etichettatura<br />
1.3.2. Ambienti di lavoro<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Individuazione, accertamento e controllo dei fattori di nocività, pericolosità e deterioramento<br />
negli ambienti di lavoro anche attraverso la formulazione di mappe di rischio.<br />
Determinazione qualitativa e quantitativa e controllo dei fattori di rischio di tipo chimico, fisico,<br />
biologico ed organizzativo presenti negli ambienti di lavoro.<br />
Controllo della sicurezza e delle caratteristiche ergonomiche e di igiene di ambienti, macchine,<br />
impianti e postazioni di lavoro.<br />
Sorveglianza epidemiologica e costruzione del sistema informativo su rischi e danni da lavoro.<br />
Indicazione delle misure idonee all'eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento degli<br />
ambienti di lavoro.<br />
Verifica della compatibilità dei progetti di insediamento industriale e di attività lavorative e in<br />
genere con le esigenze di tutela della salute dei lavoratori.<br />
Attuazione dei compiti di vigilanza relativi alle aziende con rischi di incidenti rilevanti.<br />
Controllo della salute dei minori e adolescenti e informazione in relazione alla loro collocazione<br />
al lavoro.<br />
Valutazione della idoneità al lavoro specifico nei casi previsti dalla legge.<br />
Elaborazione e conduzione di programmi di ricerca per il miglioramento delle condizioni di<br />
salute e di igiene e sicurezza del lavoro.<br />
Indagini per infortuni e malattie professionali.<br />
Controllo sull'utilizzo delle radiazione ionizzanti in ambiente di lavoro finalizzato alla tutela<br />
della salute dei lavoratori<br />
Informazione e formazione dell'utenza in materia di igiene, sicurezza e salute nei luoghi di<br />
lavoro.<br />
Tutela della salute delle lavoratrici madri.<br />
1.4. Sanità pubblica veterinaria<br />
1.4.1 Sanità animale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Sorveglianza epidemiologica e profilassi ai fini della eradicazione delle malattie infettive e<br />
diffusive degli animali<br />
Prevenzione e controllo delle zoonosi<br />
200
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
Interventi di polizia veterinaria<br />
Vigilanza sui concentramenti e spostamenti animali, compresa l'importazione e l'esportazione, e<br />
sulle relative strutture ed attrezzature<br />
Igiene urbana veterinaria<br />
Lotta al randagismo e controllo della popolazione canina<br />
Controllo delle popolazioni sinantrope e selvatiche ai fini della tutela della salute umana e<br />
dell'equilibrio fra uomo, animale e ambiente<br />
1.4.2 Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Controllo e vigilanza sulla distribuzione ed impiego del farmaco veterinario in coordinamento<br />
con il servizio farmaceutico e programmi per la ricerca dei residui di trattamenti illeciti o impropri<br />
Controllo e vigilanza sull'alimentazione animale e sulla produzione e distribuzione dei mangimi<br />
Controllo e vigilanza sulla riproduzione animale<br />
Controllo sul latte e sulle produzioni lattiero-casearie<br />
Sorveglianza sul benessere degli animali da reddito e da affezione<br />
Protezione dell'ambiente da rischi biologici, chimici e fisici con documentazione epidemiologica<br />
Vigilanza e controllo sull'impiego di animali nella sperimentazione<br />
1.4.3 Tutela igienico-sanitaria degli alimenti di origine animale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Ispezione negli impianti di macellazione<br />
Controllo igienico sanitario nei settori della produzione, trasformazione, conservazione, commercializzazione,<br />
trasporto, deposito, distribuzione e somministrazione degli alimenti di origine<br />
animale<br />
Vigilanza ed ispezione nelle strutture in cui la normativa vigente preveda il veterinario ufficiale<br />
Disposizione di indagini microbiologiche in tutte le fasi della produzione e sui prodotti.<br />
Valutazione degli esiti analitici ed informazione dei conduttori degli stabilimenti, dei risultati<br />
degli esami e degli eventuali accorgimenti da adottare.<br />
Certificazioni sanitarie sui prodotti destinati all'esportazione o ad usi particolari.<br />
Monitoraggio della presenza di residui di farmaci e contaminanti ambientali negli alimenti di<br />
origine animale<br />
1.5. Igiene degli alimenti e nutrizione<br />
1.5.1 Tutela igienico sanitaria degli alimenti e nutrizione<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Controllo igienico-sanitario nei settori della produzione, trasformazione, conservazione, commercializzazione,<br />
trasporto, deposito, distribuzione e somministrazione degli alimenti e bevande,<br />
comprese le acque minerali<br />
Campionamento ed esecuzione dei controlli analitici secondo la tipologia degli alimenti e delle<br />
bevande<br />
Controllo sul deposito, commercio, vendita e impiego di fitofarmaci, additivi, coloranti ed altro.<br />
Controllo sulla produzione e sul commercio dei prodotti dietetici e degli alimenti per la prima<br />
infanzia.<br />
Controllo della contaminazione ambientale sugli alimenti e bevande<br />
Autorizzazioni e certificazioni sanitarie su fitofarmaci, additivi alimentari e sulla produzione,<br />
commercio, trasporto, vendita e somministrazione di alimenti e bevande<br />
201
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
Prevenzione e controllo delle tossinfezioni alimentari e delle patologie collettive di origine<br />
alimentare<br />
Informazione di prevenzione nei confronti degli addetti alla produzione, manipolazione, trasporto,<br />
somministrazione, deposito e vendita delle sostanze alimentari e delle bevande<br />
Prevenzione nella collettività degli squilibri nutrizionali qualitativi e quantitativi<br />
1.6. Medicina legale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Attività di consulenza specialistica per finalità pubbliche inerente ai compiti del SSN.<br />
Attività di accertamento e certificazione in materia di idoneità per finalità di sicurezza sociale.<br />
Attività di informazione, accertamento, valutazione, controllo e certificazione in ambito di<br />
idoneità nel campo del diritto al lavoro in materia di stato di salute, incapacità lavorativa temporanea<br />
e permanente per i dipendenti pubblici e privati.<br />
Attività di informazione, accertamento, valutazione e certificazione in ambito di tutela di portatori<br />
di menomazioni relativamente agli stati di invalidità e di portatore di handicap<br />
Medicina necroscopica<br />
2. Assistenza territoriale<br />
2.1. Assistenza sanitaria di base<br />
2.1.1 Medicina generale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Visita medica, ambulatoriale e domiciliare, anche con carattere di urgenza, con il rilascio,<br />
quando richiesto, di certificazioni mediche obbligatorie ai sensi della vigente legislazione<br />
Eventuali prescrizioni di farmaci, di prestazioni di assistenza integrativa, di diagnostica strumentale<br />
e di laboratorio e di altre prestazioni specialistiche in regime ambulatoriale; proposta di<br />
cure termali<br />
Richiesta di visite specialistiche, anche per eventuale consulto<br />
Proposta di ricovero in strutture di degenza, anche a ciclo diurno<br />
Accesso presso gli ambienti di ricovero<br />
Partecipazione alla definizione e gestione del piano di trattamento individuale domiciliare in<br />
pazienti non deambulanti ed anziani<br />
Visita occasionale ai non domiciliati sanitariamente<br />
Assistenza programmata di medicina generale in favore di assistiti non ambulabili, che non<br />
siano in grado di frequentare lo studio del medico, al loro domicilio privato familiare o individuale<br />
o nelle residenze sanitarie assistenziali, in collegamento con i servizi specialisti o sociali<br />
Assistenza programmata di medicina generale erogata a tutti i soggetti non autosufficienti ospiti<br />
in strutture<br />
pubbliche e private classificate residenze sanitarie assistenziali ai sensi del DPCM 22.12.89, e<br />
nelle collettività<br />
Assistenza integrata di medicina generale al domicilio dei soggetti ai quali si possa evitare un<br />
ricovero determinabile da ragioni sociali o da motivi di organizzazione sanitaria<br />
Prestazioni di particolare impegno professionale a domicilio dell'assistito o nello studio professionale<br />
del medico<br />
Altre prestazioni previste dalle disposizioni nazionali e regionali<br />
202
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
2.1.2 Pediatria di libera scelta<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Visite domiciliari ed ambulatoriali, a scopo diagnostico e terapeutico e preventivo individuale,<br />
nonché le prestazioni di natura incentivante (all. "B" DPR 613/96)<br />
Controllo dello sviluppo fisico, psichico e sensoriale e ricerca di fattori di rischio con particolare<br />
riguardo alla individuazione precoce di handicap neurosensoriali e psichici (bilanci di salute),<br />
secondo i metodi e i tempi previsti dagli Accordi regionali.<br />
Profilassi generica e specifica (vaccinazioni obbligatorie e facoltative tecnicamente realizzabili)<br />
delle malattie infettive<br />
Controlli profilattici e relative certificazioni per le ammissioni e riammissioni di legge alle<br />
collettività infantili e scolastiche<br />
Certificazione di malattia richiesta dai familiari per gli usi consentiti dalla legge<br />
Valutazione e certificazione sanitaria della idoneità generica sportiva e dell'attitudine alle pratiche<br />
sportive<br />
Compilazione libretto pediatrico<br />
Accesso presso gli ambienti di ricovero.<br />
Consulto con lo specialista<br />
Prescrizioni di specialità farmaceutiche e galenici, richieste di indagini specialistiche, proposta<br />
di ricovero o di cure termali<br />
Assistenza programmata ad assistiti non deambulabili<br />
Altre prestazioni previste dalle disposizioni nazionali e regionali<br />
2.1.3 Attività di continuità assistenziale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Prestazioni domiciliari e territoriali aventi carattere di urgenza nelle ore notturne, nei giorni<br />
festivi e negli orari pomeridiani dei giorni prefestivi. In particolare il medico deve assicurare:<br />
- gli interventi richiesti direttamente dall'utente oppure dalla centrale operativa<br />
- la prescrizione dei farmaci che trovano indicazione per una terapia d'urgenza e limitatamente<br />
al numero di confezioni necessarie per coprire un ciclo di terapia non superiore a 48/72 ore<br />
- proposte di ricovero<br />
- certificazioni di malattia per i lavoratori, esclusivamente nei casi di assoluta necessità limitatamente<br />
ai turni di guardia festivi e prefestivi e per un massimo di 3 giorni<br />
Assistenza stagionale ai turisti<br />
2.2. Farmaceutica<br />
2.2.1 Farmaceutica territoriale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Garantisce l'assistenza farmaceutica sul territorio in programmi di vaccinazione, assistenza<br />
domiciliare, cure palliative, nutrizione domiciliare, ossigenoterapia domiciliare e quanto altro<br />
necessario affinchè prevenzione, medicina sul territorio e riabilitazione siano al centro del<br />
nuovo sistema assistenziale.<br />
2.2.2 Farmaceutica convenzionata e integrativa<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Erogazione dell'assistenza farmaceutica attraverso le farmacie private e pubbliche che dispensano,<br />
su presentazione della ricetta medica, specialità medicinali, preparati galenici, prodotti<br />
dietetici, dispositivi medici, presidi medico-chirurgici ed altri prodotti sanitari nei limiti delle<br />
prestazioni erogabili a carico del SSN<br />
203
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
Erogazione, programmazione e controllo dell'assistenza farmaceutica tramite la dispensazione,<br />
su richiesta medica, di farmaci, dispositivi medici ed altri prodotti sanitari, attraverso le strutture<br />
aziendali o le farmacie convenzionate private e pubbliche a condizioni adeguate e concordate<br />
con le loro organizzazioni sulla base di un accordo quadro regionale, per garantire i livelli di<br />
assistenza previsti da disposizioni nazionali e/o regionali e dai Piani Attuativi Locali.<br />
Interventi in programmi di razionalizzazione dell'uso dei dispositivi medici, con predisposizione<br />
di adeguate linee guida, volte al miglioramento della qualità delle prestazioni erogate, limitando<br />
razionalmente l'uso delle risorse.<br />
2.2.3. Vigilanza e controllo<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Controllo sulle sostanze stupefacenti e psicotrope, secondo quanto previsto dalla Legge 309/90,<br />
compreso il controllo sui buoni acquisto stupefacenti e gli atti relativi alla distruzione<br />
Prelievo di farmaci e materiale sanitario anche su disposizione del Ministero della Sanità.<br />
Vigilanza sulle farmacie sia ai fini tecnico-amministrativi che igienico-sanitari, non riservata ad<br />
apposite commissioni<br />
Vigilanza e controllo, su RSA, istituti di riabilitazione, ambulanze, magazzini all'ingrosso, case<br />
di cura, farmaci veterinari<br />
Verifiche sulle esenzioni per patologia e reddito (in collaborazione con altri servizi)<br />
Controllo tecnico e contabile delle ricette spedite dalle farmacie convenzionate e predisposizione<br />
degli atti relativi al pagamento<br />
Adempimenti in applicazione e a supporto delle competenze dei sindaci, in materia di turni,<br />
orari, ferie, trasferimenti locali e di titolarità di farmacie<br />
Adempimenti a supporto delle competenze della Regione in materia di farmacie<br />
Adempimenti in materia di vigilanza sulle prescrizioni mediche (L 425/96)<br />
Distribuzione ricettari ai medici e relativi adempimenti.<br />
2.2.4 Farmacoepidemiologia ed informazione<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Monitoraggio della prescrizione farmaceutica, anche ai fini epidemiologici, con predisposizione<br />
di informazioni per i medici, con particolare riferimento ai consumi in ambito zonale e distrettuale<br />
Collaborazione al sistema regionale di monitoraggio della spesa farmaceutica<br />
Controllo della regolare attivazione e tenuta dei registri USL e gestione delle relative informazioni<br />
Farmacovigilanza<br />
Formulazione di analisi farmacoeconomiche<br />
2.3. Distrettuale<br />
2.3.1 Attività distrettuali<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Educazione alla salute e educazione sanitaria mediante interventi rivolti al singolo o alle comunità.<br />
Assistenza infermieristica ambulatoriali e domiciliari, anche su prescrizione del medico di<br />
medicina generale<br />
Assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) per l'erogazione coordinata e continuativa di prestazioni<br />
sanitarie e socio-assistenziali<br />
Medicina legale per la persona relativamente agli accertamenti preventivi di idoneità o inidoneità<br />
previsti da leggi e regolamenti.<br />
204
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
Profilassi delle malattie infettive e diffusive mediante vaccino - profilassi e relative certificazioni<br />
Polizia mortuaria relativamente all'attività necroscopica ed alle altre prestazioni medico legali<br />
,previste dal DPR 10.9.90, n. 285.<br />
Prelievo per le analisi chimico-cliniche e microbiologiche<br />
Raccolta del sangue<br />
Assistenza odontoiatrica a livello territoriale<br />
Prestazioni di riabilitazione funzionale ambulatoriali e domiciliari<br />
Certificazione di idoneità allo sport agonistico rilasciate dalle strutture di cui alla LR 94/94 ai<br />
minori di anni 18<br />
Prestazioni dietetiche ambulatoriali e domiciliari su richiesta medica<br />
Interventi socio-assistenziali di rilievo sanitario di cui al DPCM 8.8.1985 ed alla Deliberazione<br />
CR n. 361/86 di cui alla LR n.72/97, attivati a sostegno delle prestazioni sanitarie del presente<br />
livello.<br />
Attività di prevenzione e di assistenza nell'ambito dei servizi consultoriali:<br />
- educazione sessuale<br />
- assistenza sociale<br />
- assistenza psicologica<br />
- consulenza e visite specialistiche ostetrico-ginecologiche<br />
- assistenza pediatrica in carenza di pediatra di libera scelta<br />
- attività in ambito pediatrico (vaccinazioni, screenings, etc.) non affidate ai pediatri di libera<br />
scelta<br />
- interventi di prevenzione per l'individuazione precoce dei tumori femminili.<br />
Interventi a favore dei titolari di patenti A, B e C speciali, con incapacità motorie permanenti di<br />
cui all'art. 27 della L. 104/92<br />
2.3.2 Emergenza sanitaria terrritoriale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Interventi di primo soccorso e di assistenza esterni al Presidio Ospedaliero, con mezzo attrezzato,<br />
trasferimento assistiti, attività presso le Centrali Operative del 118.<br />
Elisoccorso<br />
2.4. Riabilitazione<br />
2.4.1 Riabilitazione funzionale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Predisposizione del piano di trattamento individuale.<br />
Trattamenti di riabilitazione intensiva ed estensiva, a seconda delle necessità conseguenti alla<br />
patologia anche consolidata, erogati in regime domiciliare, ambulatoriale semiresidenziale e<br />
residenziale.<br />
Escluse le attività riabilitative e terapeutico riabilitative comprese in altri livelli del macro<br />
livello "assistenza territoriale"<br />
2.4.2 Handicap<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Accertamento di persona handicappata ai sensi dell'articolo 3, legge 104/92, secondo le modalità<br />
di cui all'articolo 4 della medesima legge ed accertamento di invalidità ai sensi della legge<br />
295/90;<br />
Formulazione dei progetti abilitativi riabilitativi globali e dei relativi piani di intervento;<br />
205
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
Erogazione, in forma coordinata ed integrata, di prestazioni di assistenza diretta alla persona,<br />
assistenza infermieristica, riabilitazione funzionale, di consulenze specialistiche, in ambito<br />
domiciliare (individuale e collettivo), ambulatoriale, semiresidenziale e residenziale, ed in altri<br />
spazi di vita;<br />
Interventi socio-assistenziali di rilievo sanitario di cui al DPCM 8.8.1985 ed alla Deliberazione<br />
CR n. 361/86 di cui alla LR n.72/97, attivati a sostegno delle prestazioni sanitarie del presente<br />
livello.<br />
2.4.3 Assistenza protesica<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Fornitura delle protesi e degli ausili tecnici inclusi nel Nomenclatore-tariffario, di cui all'ultimo<br />
comma dell'art. 26, legge 833/78 e art.8, comma 5 della legge 27/12/1997 n.449<br />
2.4.4 Assistenza termale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Prestazioni idrotermali, relative al solo aspetto terapeutico, erogate nei limiti, con le modalità e<br />
nelle strutture di cui agli accordi nazionali ed agli atti di recepimento regionali.<br />
2.5. Assistenza ai non autosufficienti<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Valutazione della condizione di non autosufficienza<br />
Formulazione del piano terapeutico-assistenziale<br />
Erogazione, in forma coordinata ed integrata, di prestazioni di:<br />
- assistenza sanitaria programmata (Medicina generale)<br />
- assistenza diretta alla persona<br />
- assistenza infermieristica, anche in forma indiretta<br />
- riabilitazione funzionale<br />
- consulenza geriatrica<br />
- altre consulenze specialistiche rese al domicilio, individuale o collettivo, in ambito ambulatoriale,<br />
semiresidenziale e residenziale<br />
Interventi socio-assistenziali di rilievo sanitario di cui al DPCM 8.8.1985 ed alla Deliberazione<br />
CR n. 361/86 di cui alla LR n.72/97, attivati a sostegno delle prestazioni sanitarie del presente<br />
livello.<br />
2.6. Specialistica ambulatoriale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Visite, prestazioni specialistiche ed indagini di diagnostica strumentale e di laboratorio previste<br />
nel nomenclatore regionale delle prestazioni ambulatoriali, erogate con le modalità e le indicazioni<br />
ivi stabilite, su richiesta del medico curante, di specialisti pubblici o nell'ambito di programmi<br />
di intervento delle strutture pubbliche, presso:<br />
- il domicilio, individuale o collettivo, dell'assistito<br />
- le sedi ambulatoriali territoriali ed ospedaliere<br />
Le prestazioni sono erogate nelle diverse sedi in relazione all'attrezzatura strumentale, alla<br />
qualificazione del personale, alla compresenza di specialisti di varie branche richieste per la<br />
prestazione stessa ed alle indicazioni previste dal nomenclatore regionale delle prestazioni<br />
ambulatoriali<br />
206
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
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home <br />
2.6.1 Specialistica<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Tutti gli interventi di natura diagnostica e terapeutica non compresi in altri livelli del macrolivello<br />
"assistenza distrettuale" rientranti nell'area medica o chirurgica effettuabili a livello<br />
ambulatoriale anche attraverso cicli di cura, sotto forma di consulenze, consulti, visite di controllo<br />
o per presa in carico diretta del paziente. Sono compresi nell'intervento specialistico:<br />
- l'eventuale richiesta su ricettario regionale di approfondimenti diagnostici<br />
- la formulazione della diagnosi<br />
- la refertazione, che deve essere circostanziata e riportare gli esami effettuati e le conclusioni<br />
diagnostiche<br />
- la eventuale prescrizione terapeutica su ricettario regionale<br />
- l'indirizzo terapeutico per il medico curante, espresso preferibilmente come categoria chimica<br />
del farmaco, in caso di consulenza o consulto<br />
- il rilascio della eventuale certificazione prognostica<br />
- la relazione al medico curante sulle terapie praticate e sui risultati conseguiti e l'eventuale<br />
suggerimento sull'indirizzo terapeutico farmacologico preferibilmente come categoria chimica<br />
del farmaco<br />
2.6.2 Diagnostica strumentale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Diagnostica per immagini<br />
- esecuzione, anche con l'uso di mezzi di contrasto, degli accertamenti diagnostici<br />
- refertazione circostanziata con le conclusioni diagnostiche, sottoscritta dallo specialista che ha<br />
eseguito l'accertamento, per quelle indagini che prevedono il suo esclusivo intervento, o chelegge<br />
i radiogrammi, per le indagini effettuate da personale tecnico<br />
Attività di laboratorio:<br />
- prelievo e raccolta campioni<br />
- esecuzione di accertamenti analitici e relativa refertazione<br />
2.7. Salute mentale<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei disturbi psichici, in tutte le fasce d'età.<br />
Prevenzione:<br />
- interventi di primo sostegno e di orientamento per l'utente e per la famiglia;<br />
- attività di informazione e sensibilizzazione rivolta alla popolazione, anche per gruppi omogenei<br />
o per fasce di età.<br />
Accoglienza e valutazione della domanda<br />
Definizione, realizzazione e verifica di progetti terapeutici e riabilitativi individuali da attuarsi<br />
mediante:<br />
- interventi ambulatoriali e/o domiciliari (domicilio individuale o collettivo, altri luoghi di vita o<br />
di lavoro), a carattere medico, infermieristico, farmacologico, psicologico, psicoterapeutico,<br />
educativo e socio-assistenziale effettuabili con l'utente, con i familiari, con terzi interessati;<br />
- attività semiresidenziali e residenziali a carattere terapeutico-riabilitativo e socioriabilitativo.<br />
Per i minori, l'attività è garantita tramite l'appoggio presso strutture socioassistenziali<br />
o educative;<br />
- attività ospedaliera per il ricovero a ciclo continuo, volontario e obbligatorio. Per gli adulti, il<br />
ricovero è effettuato presso il SPDC; per i minori l'attività è garantita presso le strutture organizzative<br />
di pediatria;<br />
207
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
- interventi per l'integrazione sociale e per l'inserimento lavorativo degli utenti;<br />
- intervento in situazioni di emergenza e urgenza<br />
- completamento dei programmi di superamento degli ex Ospedali Psichiatrici.<br />
2.8. Dipendenze<br />
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home <br />
2.8.1 Tossicodipendenze<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione della tossicodipendenza.<br />
Prevenzione:<br />
- intervento di primo sostegno e di orientamento all'utente ed alle famiglie<br />
- attività di informazione e sensibilizzazione rivolta alla popolazione, anche per gruppi omogenei<br />
e nella fascia di età adolescenziale in particolare<br />
Accoglienza della domanda e organizzazione degli interventi<br />
Interventi in situazioni di emergenza ed urgenza garantiti nell'arco delle 24 ore, sulla base di<br />
protocolli operativi definiti con il DEU.<br />
Interventi diagnostici<br />
Certificazione dello stato di tossicodipendenza, anche su richiesta dell'autorità giudiziaria e<br />
degli organi dello Stato<br />
Interventi terapeutici e socio riabilitativi<br />
Interventi di cura e riabilitazione a favore di tossicodipendenti detenuti, in collaborazione con il<br />
servizio sanitario penitenziario in base ad apposita convenzione (art.96 DPR 309/90)<br />
Attività residenziale e semiresidenziale a carattere socio riabilitativo e pedagogico educativo<br />
Attività di sostegno psicologico, sociale e sanitario per i soggetti tossicodipendenti in trattamento,<br />
in ordine alle problematiche AIDS;<br />
Interventi socio-assistenziali di rilievo sanitario di cui al DPCM 8.8.1985 ed alla Deliberazione<br />
CR n. 361/86 di cui alla LR n.72/97, attivati a sostegno delle prestazioni sanitarie del presente<br />
livello.<br />
2.8.2. Alcolismo<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Interventi di prevenzione, cura e riabilitazione sociale in materia di alcooldipendenza e problematiche<br />
alcoolcorrelate.<br />
Informazione, sensibilizzazione al riconoscimento dei problemi, rivolte alla popolazione, anche<br />
per gruppi omogenei e per fasce di età.<br />
Prevenzione dell'uso improprio e dell'abuso delle sostanze alcoliche<br />
Accoglienza, osservazione e diagnosi<br />
Definizione, attuazione e verifica di progetti terapeutici e riabilitativi individualizzati,di trattamento<br />
e cura<br />
Interventi socio-assistenziali di rilievo sanitario di cui al DPCM 8.8.1985 ed alla Deliberazione<br />
CR n. 361/86 di cui alla LR n. 72/97 e n. 281/98, attivati a sostegno delle prestazioni sanitarie<br />
del presente livello.<br />
3. Assistenza ospedaliera<br />
3.1. Ricovero<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Trattamento di patologie acute non gestibili in ambito ambulatoriale e/o domiciliare, nonché di<br />
condizioni patologiche di lunga durata che richiedano un trattamento diagnostico-terapeutico<br />
208
PIANO<br />
SANITARIO<br />
REGIONALE<br />
TOSCANA<br />
PROMETEO – ATLANTE DELLA SANITÀ ITALIANA 2000<br />
home <br />
non erogabile in forma extraospedaliera, presenti nella classificazione in R.O.D. ai fini tariffari,<br />
tramite:<br />
- visite mediche<br />
- assistenza infermieristica<br />
- ogni atto e procedura diagnostica, terapeutica, riabilitativa e di supporto necessari per risolvere<br />
i problemi di salute del paziente degente e compatibili con il livello di dotazione tecnologica<br />
delle singole strutture<br />
I trattamenti sono erogati secondo le seguenti modalità di accesso:<br />
- in forma di ricovero ordinario programmato anche a ciclo diurno<br />
- in forma di ospedalizzazione domiciliare<br />
3.2. Emergenza e urgenza<br />
Prestazioni o classi di prestazioni<br />
Trattamento in sede ospedaliera di condizioni patologiche che necessitino di interventi diagnostico-terapeutici<br />
in condizioni di emergenza o di urgenza, anche non seguiti da ricovero.<br />
ALLEGATI 2-3-B-C omissis<br />
209