I luoghi <strong>della</strong> <strong>Grande</strong> <strong>Guerra</strong> a Valstagna tra storia, memoria e abbandono 59 (…) Man mano che non si trovava più ferro, le famiglie, quelle che potevano, andavano in Francia [BC]. Ah, sì! Reticolati e schegge di bomba. Prendevano su le schegge di bomba e dopo le vendevano al ferro vecchio… era miseria! Quanta miseria! (…). Bisognava stare attenti perché credevano che non fosse carica, e dicevano: «Guarda, guarda! Una bomba, ma non è carica», e saltava per aria (…). Io ho avuto due cugini che giocando così, uno è rimasto senza braccio e uno senza mano [GS]. Ho fatto il recupero fino a 20 anni, ho vissuto con il recupero… E mi ricordo ancora, nel ’22-’23, ho trovato qualche morto e aveva su ancora la baionetta! Si tirava via la carne, perché dopo venivano a portarli all’Ossario. (…) Ne sono morti con le bombe andando al recupero… a un mio amico di Carpanè gli mancano tutte e due le mani (…). A Cismon ci sono stati più morti dopo la guerra che durante la guerra del ’18. Tanti di più! Anche i miei cugini… anche in quattro su un colpo morti [AV]. Il recupero dei metalli presenti nei proiettili di vario calibro è stato causa di un numero imprecisato di morti e mutilazioni, con il ripetersi di tragici episodi almeno fino agli anni Settanta, come testimonia la lapide sul Col d’Astiago a ricordo di un giovane morto nel corso del brillamento di un grosso calibro. Le testimonianze <strong>della</strong> popolazione locale concordano con l’indicazione dei prezzi vigenti negli anni Trenta sull’Altopiano di Asiago fornita da Mario Rigoni Stern 27 : in ordine crescente, il ferro veniva pagato 15 centesimi/kg, qualcosa di più la ghisa, il piombo 20 centesimi, l’ottone 80 centesimi, il rame 1 lira e 50 centesimi. Anche il tritolo veniva recuperato e venduto, ma veniva contrattato in segreto con i proprietari di cave e quasi sempre barattato con farina, vino o grappa. Il materiale così raccolto, veniva poi o riutilizzato dai «recuperanti» stessi (utensili) o venduto e trasportato alle fonderie per essere riciclato. Un recupero, dunque, inteso come riutilizzo. Per alcuni, quello del «recuperante» fu un vero e proprio mestiere e rappresentò l’unica fonte di reddito 28 , per altri, «andare a recupero» era un’occasione per integrare le magre entrate familiari. Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta il recupero subisce un notevole rallentamento, dovuto alla diminuzione <strong>della</strong> domanda e alla conseguente caduta dei prezzi. È in questo momento che si assiste al cambiamento nelle motivazioni che spingono il «recuperante» a setacciare a tap- 27 Cfr. M. RIGONI STERN, Le stagioni di Giacomo, cit. 28 Come nel caso di Albino Celi, detto “El Vu”, di cui si traccia un breve profilo nella Scheda 1.
60 Mauro Varotto La sommità del Col d’Astiago (m. 1241) con il serbatoio dell’acquedotto sullo sfondo e il serpeggiare di una linea di trincea: molti dei manufatti bellici furono ricoperti per consentire la ripresa dell’attività d’alpeggio. Il recupero di residuati bellici tenne aperta per decenni la lista dei morti causati dal conflitto. Nei pressi di Casara Col d’Astiago una lapide ricorda la morte da scoppio di ordigno bellico nel 1973.