I QUADERNI DELLA SPERANZA - Il Convivio
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della divinità (Col. 2, 9-10; Ef. 3, 14-19). È di sedere sul suo stesso trono (Ap. 3, 21); e<br />
ancora di giudicare, insieme a Lui, il mondo (Mt. 19, 28; Ap. 2 0, 4). È di vedere Dio<br />
(Mt. 5, 8). È di vederne la faccia (Ap. 22, 4). È di conoscere Dio e Gesù stesso<br />
completamente per divenire partecipi della natura divina (Col, 2, 1-3; Ef. 3, 18-19; 2 Pt.<br />
1, 1-4 e 2-4).<br />
Alla resurrezione i fedeli discepoli del Cristo saranno uniti pienamente e per sempre<br />
a quel Dio che alfine sarà “tutto in tutti” (1 Cor. 15, 28). Ma in Dio, datore di ogni bene,<br />
essi avranno tutto. Ritroveranno anche tutte le realtà terrene che a Dio avranno sacrificato<br />
per fare quel che in certi momenti era la volontà di Lui e quindi il loro dovere. Ritroveranno<br />
le persone e le cose cui avranno rinunciato per seguire Gesù.<br />
Ma ricolleghiamoci un momento a quanto più sopra si era accennato nel merito di<br />
quell’ascesi ultraterrena, che è pure necessaria per la purificazione dell’anima già<br />
trapassata all’altra dimensione. Potremo dire con sicurezza, a tal proposito, che i santi<br />
risorti ritroveranno gli stessi affetti e le stesse vocazioni terrene che avranno dovuto<br />
sospendere al fine di staccarsi dalla terra e di annientare l’ego per compiere il loro<br />
cammino di santificazione fino in fondo, senza rimanere a metà strada. Ritroveranno<br />
anch’essi tutto quel che hanno lasciato: lo ritroveranno in Dio, ad un livello decisamente<br />
superiore, ritroveranno tutto elevato a potenza assoluta.<br />
Sono convinto che proprio in entrambi questi sensi debba essere interpretato un<br />
brano evangelico di pregnanza estrema, quello che dice: “E chiunque avrà lasciato case o<br />
fratelli o sorelle o padre o madre o figli o campi a causa del mio nome, riceverà il<br />
centuplo e avrà in sorte la vita eterna” (Mt. 19, 29).<br />
Certamente questa promessa è di grande conforto per l’asceta cristiano, per<br />
l’apostolo, per il religioso, il sacerdote, il missionario che a tutto ha rinunciato al fine di<br />
ben seguire Gesù per “la porta stretta e la via angusta che conduce alla vita” (Mt. 7, 14).<br />
Ma è di pari conforto per ognuno che abbia perduto una persona cara e aneli a<br />
ritrovarla per sempre. E ancora per l’anima che nell’altra dimensione intraprenda un<br />
cammino spirituale e si renda conto che, a stretto rigore, ciò esige da lui una sospensione<br />
dei ricordi terreni, degli affetti e dei valori e degli interessi culturali perseguiti in questo<br />
mondo, di ogni relativo impegno di conoscenza e di creatività, di ogni forma di<br />
umanesimo.<br />
In questo senso i fratelli e le sorelle, il padre e la madre sono le persone care con cui<br />
dobbiamo sospendere il rapporto, mentre le case e i campi sono quel patrimonio che si<br />
può intendere anche in senso culturale.<br />
Non ha ciascuno di noi il suo “campo” di lavoro e di studio? Vale la pena coltivare il<br />
proprio campo con tanto impegno, se poi con la morte fisica o con la morte iniziatica (la<br />
rinuncia a tutto, l’annientamento dell’egoità) si deve perdere per sempre, come<br />
un’illusione che all’improvviso venga a dissolversi?<br />
La menzionata promessa di Gesù include i più nobili affetti ed interessi ed impegni<br />
umani – diciamo pure: include l’umanesimo – nello stesso regno di Dio.<br />
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