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OUROBOROS_n.1-2012

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10<br />

luce che presuppone il sole.<br />

Manca solo l’immagine della Vergine<br />

nera, ma nella parete ovest c’è ancora<br />

il riquadro dov’era incastonato il bassorilievo<br />

di “una donna vestita alla greca<br />

che riceve l’omaggio di alcuni cavalieri<br />

vestiti alla normanna”, come riporta<br />

Cesare Orlandi, che lo visitò verso la<br />

metà del ‘700.<br />

Levando gli occhi verso l’alto, un<br />

ottagono di cielo definisce il “pozzo”,<br />

a metà strada fra la materia e<br />

il divino: il cielo in alto e la terra in<br />

basso, e dall’alto penetra la luce, che<br />

può esistere anche qui, in interiora<br />

terrae. Bisogna raggiungerla, questo è<br />

lo scopo del viaggio.<br />

Per procedere ho a disposizione due<br />

portali: quello di sinistra è imponente<br />

e severo; scelgo quello di destra,<br />

che sembra più accogliente. Entro.<br />

L’oscurità è a tratti interrotta da un<br />

fievole lucore che penetra dagli oblò<br />

in alto e che lascia intravedere le pareti,<br />

un tempo fiammeggianti di breccia<br />

rossa. L’esterno non è percepibile, ma<br />

anche i pavimenti, i muri, i passaggi<br />

si distinguono appena; è un procedere<br />

quasi a tentoni, cercando di avvertire<br />

lo spazio ad ogni passo, calcando il<br />

piede con l’insicurezza di chi non<br />

conosce il percorso ma che ad ogni<br />

passo lo scopre un po’ di<br />

più.<br />

Mi addentro verso sinistra,<br />

nelle sale che si<br />

susseguono buie una<br />

dopo l’altra. Le porte che<br />

da una sala immettono<br />

nella successiva sono<br />

asimmetriche, una a<br />

destra, l’altra a sinistra;<br />

una sorta di labirinto che<br />

inizialmente mi disorienta,<br />

tuttavia ad ogni passo<br />

il piede si fa più sicuro<br />

mentre gli occhi si vanno<br />

abituando alla penombra.<br />

Comincio lentamente<br />

a capire, ma già so che<br />

dovrò percorrere a lungo quelle sale<br />

prima di comprenderne la logica.<br />

Ogni tanto negli angoli piccole aperture<br />

immettono nelle torri; talvolta<br />

una scala a chiocciola porta verso<br />

l’alto, ma io non sono ancora pronto<br />

a salire, ho ancora tanto da scorgere<br />

in questa penombra che tutto contiene<br />

e nasconde.<br />

Il fascino che questo luogo esercita<br />

è palpabile e va oltre la suggestione.<br />

Ogni elemento architettonico ha una<br />

sua ragion d’essere: la sua forma, il<br />

decoro, la posizione. Sorgono domande<br />

che chiedono risposte, e queste<br />

ultime a loro volta sollecitano nuove<br />

domande. Col procedere dei passi il<br />

fuori di me e il dentro di me si confondono;<br />

segni e simboli sollecitano<br />

rapporti e consequenzialità: causa ed<br />

effetto, effetto e causa, passo su passo.<br />

Questa non è una visita ad un monumento<br />

ma un viaggio all’interno<br />

dell’anima. C’è sempre qualcosa che<br />

è causa di qualcosa, ed io, uomo fra<br />

vizi e virtù che percorro queste sale,<br />

ne sono causa prima ed effetto ultimo.<br />

Ma quali sono i vizi e quali le<br />

virtù? Nosce te ipsum, appunto. Solo<br />

allora potrò elevare templi alla virtù e<br />

scavare oscure e profonde prigioni al<br />

vizio.

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