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ALESSANDRIA D’EGITTO, DICEMBRE 1941<br />

Celebrati a Trieste i sessant’anni dell’impresa<br />

di Pietro Spirito<br />

Per celebrare i sessant’anni della’impresa di<br />

Alessandria d’Egitto è stato scoperto nel comprensorio<br />

della Capitaneria di Porto di Trieste un<br />

bassorilievo dedicato alla memoria di Antonio<br />

Marceglia e Spartaco Schergat, i due incursori di<br />

origine istriana che parteciparono al forzamento<br />

della base navale britannica assieme a Luigi<br />

Durand de La Penne, Emilio Bianchi, Mario<br />

Marino e Vincenzo Martellotta.<br />

La notte tra il 18 e il 19 dicembre 1941 la squadra<br />

italiana mise da sola in ginocchio la flotta britannica:<br />

Marceglia e Schergat affondarono la<br />

corazzata “Queen Elisabeth”, de la Penne e<br />

Bianchi colarono a picco la “Vailant”, Martellotta<br />

e Marino colpirono la petroliera “Sagona” e il<br />

caccia “Jarvis”. Non ci furono vittime.<br />

L’operazione, denominata “G.A 3”, è passata<br />

alla storia come una delle più audaci e riuscite<br />

della seconda Guerra mondiale, emblema della<br />

capacità operativa raggiunta dalla Regia Marina<br />

nel settore delle incursioni subacquee. E Trieste,<br />

città di mare che al mare sta cercando di tornare,<br />

ha voluto così ricordare il suoi “Arditi del mare”,<br />

per citare il titolo di una monografia dedicata a<br />

Marceglia e Schergat scritta dal giornalista<br />

Ranieri Ponis (Ed. Università di Trieste, pagg.<br />

125n lire 18mila, Trieste 1998).<br />

Spartaco Schergat.<br />

Antonio Marceglia.<br />

L’operazione G.A3 ebbe inizio in occasione del<br />

novilunio del dicembre 1943. L’intenzione era di<br />

tentare per la terza volta di entrare nella base<br />

navale d’Alessandria, dopo che l’anno prima i<br />

sottomarini “Iride” e “Gondar”, con a bordo le<br />

squadre d’assalto, erano stati affondati ancora<br />

prima di riuscire a vedere le luci del porto. La<br />

Marina militare voleva a tutti i costi vendicare la<br />

botta della “notte di Taranto” e infliggere un<br />

duro colpo alla “Mediterranea fleet”.<br />

Perciò fu deciso un terzo tentativo, questa volta<br />

non prima di poter contare su un più attento<br />

lavoro di “intelligence”. Le potenzialità c’erano<br />

tutte: la X.a Flottiglia Mas poteva contare su<br />

uomini bene addestrati e motivati, i mezzi d’assalto<br />

erano in grado di superare le barriere del<br />

porto. Si trattava di affrontare barriere fisse e<br />

mobili, a cominciare da una linea minata a venti<br />

miglia dal porto, superare una fila di gimnoti<br />

(mine azionabili a distanza) disposti lungo un<br />

raggio di sei miglia, intorno all’imboccatura<br />

dello scalo, poi scavalcare una serie di cavi idrofonici<br />

avvistatori, quindi evitare altri gimnoti<br />

sparsi sul fondo, dribblare i motoscafi dai quali<br />

venivano lanciate in continuazione cariche<br />

HDS NOTIZIE N. 22 - Febbraio 2002 - pag. 21

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