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hds internet - The Historical Diving Society Italia

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Tu non rischiavi più, avevi capito da tempo che<br />

eri un animale marino, che potevi andare dove<br />

volevi, noi no, almeno io no, ero solo un povero<br />

fotografo con due bombole sulla schiena piene<br />

d’aria compressa, miscela che a quelle pressioni,<br />

infilata a forza nel circuito respiratorio e nei<br />

capillari, distacca il cervello dai centri nervosi e<br />

solo la memoria dei movimenti imparati a forza<br />

riesce a farti fare quelle poche mosse necessarie<br />

per riprendere la scena, poi quota per riattivare<br />

le funzioni vitali. Non m’importa ricordare come<br />

finì. Finì e basta. I tempi erano maturi per cambiare<br />

e la cosa che ti dette più fastidio fu che ti<br />

negai il possesso di tutte le foto che avevo scattato.<br />

Erano centinaia, ancora oggi non so quante<br />

sono, non le ho contate, non m’interessa.<br />

Usavamo di volta in volta quelle poche che le<br />

riviste specializzate ed i rotocalchi richiedevano.<br />

Tu le volevi tutte, per i tuoi libri, per i tuoi ricordi.<br />

Ti dissi di no, erano mie a tutti gli effetti e tu<br />

insistetti solo perché temevi che certe fotografie,<br />

quelle che potevano danneggiare la tua immagine<br />

di campione del mare, uscissero dal mio<br />

“archivio” per prendere la via della stampa.<br />

Sapevi che mi reputo un professionista e così,<br />

Jacques, è stato. Le tue foto sono ancora nelle<br />

scatole e penso che un giorno il tempo cancellerà<br />

definitivamente la patina colorata per lasciare<br />

solo piccoli riquadri di plastica trasparente. Non<br />

temere non userò questo momento per disfarmene.<br />

Questo era un aspetto del tuo carattere che<br />

non condividevo, quel tuo modo di prevaricare<br />

che spesso avevi verso molte persone. Jacques<br />

quelle fotografie te le avrei potute dare, a me non<br />

servivano più. Frotte di fotografi sgomitavano<br />

per salire sulla tua barca. Potevi avere decine di<br />

foto, centinaia, ma tu volevi le mie, perché io ti<br />

ho fotografato anche fuori dal “set” così com’eri<br />

con pregi e difetti.<br />

Jacques, mi spiace che te ne sia andato, in quel<br />

modo che non ti appartiene, perché avresti potuto<br />

affascinare con quel tuo modo da vecchio<br />

avventuriero giramondo schiere di giovani leve a<br />

cui nessuno riesce a raccontare, o insegnare, che<br />

banalità. Si, certo, la responsabilità è anche in<br />

parte della nostra società subacquea, che come<br />

tutte le società mette a tacere i vecchi, coloro che<br />

avrebbero molto da dire e insegnare, che li<br />

dimentica, che vuole dimenticarli perché noiosi<br />

con le loro antiche storie. Un po’è anche colpa<br />

tua perché tu ci hai snobbato, noi poveri sub<br />

della domenica, subacquei che spesso non hanno<br />

voglia di capire di più del mare e di chi lo abita.<br />

Non dovevi lasciarti travolgere e stravolgere da<br />

tutto ciò; avresti dovuto pensare che molte, moltissime<br />

persone ti ammirano e sanno chi sei. Sei<br />

noto in tutto il mondo, il tuo nome, ad ogni latitudine,<br />

evoca il fascino del mare, quando racconti,<br />

a grandi e piccoli, tutti rimangono a bocca<br />

aperta perché, pur infinitamente al di sopra di<br />

noi, sai adeguarti alla nostra ignoranza.<br />

Ciao Jacques. Mi piace pensare che tu possa<br />

essere con Clown, quel delfino femmina che, a<br />

distanza di anni, ogni volta che tornavi al<br />

Seaquarium di Miami ti riconosceva sempre a<br />

dispetto delle decine di istruttori che l’avevano<br />

accudita.<br />

Enrico Cappelletti<br />

RICORDO DI UN AMICO<br />

L’ho conosciuto che era già un campione, ma di<br />

lui mi colpì più il suo modo di essere, il suo<br />

entusiasmo, la maniera di sognare, il suo lato<br />

fanciullesco.<br />

Mi chiese subito di che segno fossi - lui era del<br />

1° aprile io del 10 – “Ho sentito che eravamo<br />

dello stesso segno” mi disse “un feeling immediato,<br />

arieti in terra, ma in mare siamo due delfini”.<br />

Cominciò così a parlarmi di delfini, era irresistibile<br />

nel raccontarmi di loro ed io affascinato<br />

a sentire quanto sapeva di loro e concordavamo<br />

che era un animale perfetto.<br />

Nacque così un’amicizia al di fuori della sua<br />

notorietà. Non l’ho mai seguito nei suoi record,<br />

ma ci cercavamo spesso, parlavamo di mare, di<br />

donne, di delfini.<br />

Era un passionale, metteva entusiasmo in tutto<br />

quello che faceva. Non aveva certo il fisico del<br />

Superman, quei suoi baffetti, il sorriso scanzonato<br />

e sornione, lo facevano assomigliare più ad un<br />

importante dirigente bancario o ad un artista<br />

sognatore.<br />

Credeva nella gente e nell’amicizia e molto spesso<br />

è stato tradito da persone che non hanno<br />

HDS NOTIZIE N. 22 - Febbraio 2002 - pag. 32

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