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Disegno di Vittorio Pisani.<br />
sin dall’inizio aveva lasciato filtrare acqua, e<br />
l’ufficiale era intirizzito dal freddo al punto da<br />
pensare di non potercela fare. Decise di accorciare<br />
al massimo i tempi e raggiunse la “Valiant”<br />
attraversando con la sola testa fuori dall’acqua<br />
una zona ampiamente illuminata. De la Penne e<br />
Bianchi toccarono la rete che circondava la nave.<br />
Non riuscirono a sollevarla, così decisero di saltarla<br />
letteralmente, mirando un varco tra un galleggiante<br />
e l’altro. Il “maiale” prese la rincorsa e<br />
passò oltre. Ma de La Penne non riuscì a frenarlo<br />
in tempo e il mezzo cozzò contro la fiancata<br />
della corazzata. Subito l’ufficiale si immerse fermandosi<br />
a 17 metri di profondità, a 15 metri di<br />
distanza dalla chiglia della “Valiant”. Bianchi<br />
non c’era più, probabilmente era svenuto e si era<br />
perso da qualche parte là intorno. De la Penne<br />
continuò da solo. Il “maiale” era rimasto impigliato<br />
in un cavo d’acciaio, e l’ufficiale fu<br />
costretto a strattonarlo verso il fondo a forza di<br />
braccia. Alla fine, stremato, seguendo il rumore<br />
di una pompa, riuscì a raggiungere la chiglia<br />
della corazzata. Tra la carena e il fondo c’era<br />
poca distanza, da solo sarebbe stato lungo e difficile<br />
trovare un appiglio dove ancorare la<br />
bomba, e così de la Penne lasciò la carica esplosiva<br />
appoggiata sulla sabbia. Se la nave non si<br />
fosse mossa l’effetto sarebbe stato lo stesso. Fu<br />
questa manovra, probabilmente a salvargli la<br />
vita.<br />
L’ufficiale regolò la spoletta sulle 6, poi salì in<br />
superficie. Si tolse la maschera e cominciò a<br />
nuotare verso la riva. Non liberò le bombette<br />
incendiarie per non richiamare attenzione. Lo<br />
videro quasi subito, lo chiamarono da bordo e gli<br />
spararono addosso con un mitragliatore. Quindi<br />
gli ordinarono di dirigere verso la boa d’ormeggio<br />
e qui, con sua grande sorpresa, de la Penne<br />
vide Bianchi, che in effetti aveva perso i sensi e<br />
poi si era ritrovato a galleggiare in superficie.<br />
Dalla nave gli inglesi gridavano e sfottevano.<br />
Dissero loro di salire a bordo, de la Penne provò<br />
ad arrampicarsi lungo la catena ma una raffica<br />
di mitra lo dissuase. Verso le 3,30 vennero a<br />
prenderli e li portarono a terra per interrogarli.<br />
Li separarono, li minacciarono, gli chiesero dove<br />
era stata sistemata la carica esplosiva. Non risposero.<br />
Allora li riportarono a bordo per ordine del<br />
comandante, il capitano di vascello Morgan,<br />
furono rinchiusi in una piccola cala, nel posto<br />
ritenuto il più vicino alla carica esplosiva. Gli<br />
inglesi speravano che di fronte alla prospettiva di<br />
finire dilaniati i due italiani si sarebbero decisi a<br />
parlare. Bianchi e de la Penne ebbero il conforto<br />
di qualche sigaretta e un po’ di rum offerto dalle<br />
guardie. Passò il tempo, e quando mancavano<br />
dieci minuti all’esplosione de la Penne chiese di<br />
parlare con il comandante. Questi gli domandò<br />
di nuovo dov’era la carica, ma l’ufficiale italiano<br />
rispose solo che avevavo pochi minuti per abbandonare<br />
la nave. De la Penne fu riaccompagnato<br />
nella cala, mentre la nave veniva evacuata.<br />
HDS NOTIZIE N. 22 - Febbraio 2002 - pag. 23