10.01.2015 Views

I Siciliani - Libera Informazione

I Siciliani - Libera Informazione

I Siciliani - Libera Informazione

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

I <strong>Siciliani</strong><br />

www.isiciliani.it<br />

giovani<br />

A che serve essere vivi,<br />

se non c’è<br />

il coraggio di lottare<br />

ottobre 2012<br />

Sicilia: la gente non vota più.<br />

I poteri reali - spesso mafiosi -<br />

senza opposizione<br />

nel palazzo.<br />

Governo gattopardo<br />

eletto dal 15%<br />

Lontanissimi<br />

i tempi di<br />

Pio La Torre.<br />

Intanto<br />

in Calabria<br />

le donne<br />

fondano<br />

la loro<br />

prima tv.<br />

E’ il primo<br />

segnale vero del<br />

dopo-berlusconi.<br />

ROCCELLA JONICA/<br />

Mentre la politica<br />

“FIMMINA TV”<br />

si recita,<br />

di Michela Mancini<br />

nel mondo reale<br />

accadono<br />

tante piccole cose<br />

L’altra politica<br />

NAPOLI/ LA GUERRA DEI CATTIVI RAGAZZI CIANCIO: ADDIO IMPERO MAZZEO/ IL CASO BOTTARI<br />

INTERVISTE: BASILIO RIZZO CASTANO/'NDRANGHETA CELESTE GIACALONE/ TRAP<br />

MIRONE/ ICASO MANCA RICORDO DI GIOVANNI SPAMPINATO PERIFERIE<br />

UN ALBERO PER LEA CAVALLI/ LA QUALUNQUE AL NORD SPARTA’/ NO MUOS<br />

MAZZEO/ GENERAZIONI DI PACE SATIRA/“MAMMA!” JACK DANIEL<br />

CASELLI/ IL DNA DI TANGENTOPOLI<br />

DALLA CHIESA/ ‘NDRANGHETA COME LOBBY<br />

ROCCUZZO/ SCIDA’, SALVI: A CHI FANNO PAURA<br />

ebook<br />

omaggio


www.isiciliani.it<br />

facciamo<br />

rete<br />

http://www.marsala.it/<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 2


www.isiciliani.it<br />

“Noi<br />

siamo<br />

di più”<br />

Immaginate una sala di un cinema con 161 poltrone dove<br />

siedono ragazzi, giovani, anziani, adulti, bambini e neonati.<br />

Chiudete gli occhi e nel momento in cui li riaprite davanti a voi<br />

su quelle 161 poltrone occupate da ragazzi, giovani, anziani,<br />

adulti, bambini e neonati ci sono solo corpi dilaniati, volti<br />

tumefatti, brandelli fumanti, addomi spappolati, crani sfondati,<br />

materia celebrare diventata un tutt'uno con il piombo sciolto dei<br />

proiettili esplosi.<br />

E' una raffigurazione raccapricciante. E' vero. Dà una stretta<br />

allo stomaco e guasta i bei propositi che avevate prima di<br />

imbattervi in quest'articolo. Mi rendo conto. Scusatemi,<br />

davvero. Non vi sto raccontando la trama di un film dell'orrore<br />

certo che no. Sono i corpi straziati dai killer che ho visto in tanti<br />

anni di cronaca nera. Quei 161 morti accatastati nel cinema,<br />

sono morti veri. Sono le vittime innocenti della camorra in<br />

quarant'anni di mattanza per le strade di Napoli. Sono le vite<br />

umane strappate con immane violenza ai loro affetti dai clan<br />

straccioni. Sono le storie dei giusti colpiti dalla barbarie cieca<br />

dei gruppi di fuoco che nei decenni si sono affrontati per<br />

conquistare per conto dei loro capi, la leadership criminale.<br />

E' “normale” che tutto questo continui ad accadere nella<br />

capitale del Mezzogiorno d'Italia, in un paese occidentale tra i<br />

soci fondatori dell'Unione Europea E' accettabile che per altri<br />

quarant'anni non si fermi questa carneficina Le cifre sono cifre.<br />

Dentro quel numero “161” ci sono nomi e cognomi, sogni,<br />

intelligenze, desideri, amori, speranze, sentimenti, idealità.<br />

Dentro quel numero ci sono altri lutti: un padre, una madre,<br />

una moglie, un figlio, un fratello, una sorella, una fidanzata, un<br />

amico che non abbracceranno più.Dopo la resistenza al<br />

nazifascismo, le vittime innocenti della criminalità in “tempi di<br />

pace” rappresentano il più alto tributo di sangue versato dal<br />

dopo guerra ad oggi.<br />

Dopo Pasquale Romano, il 30enne trucidato sotto casa della<br />

fidanzata - in una desolata strada di Marianella alla periferia<br />

nord di Napoli – a chi toccherà Alla fine si resta spiazzati,<br />

folgorati, commossi di fronte alle parole dei familiari di<br />

Pasquale che in punta di dolore ti suggeriscono la risposta che<br />

cercavi: “Il mondo non può più girare al contrario. Non bisogna<br />

avere paura dei camorristi. Sono loro che devono avere paura di<br />

noi. Noi dobbiamo continuare a uscire per la strada a testa alta.<br />

Sono loro che si devono nascondere. Noi siamo di più”.<br />

(Arnaldo Capezzuto)<br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani<br />

* Sottoscrivi per i <strong>Siciliani</strong> Giovani:<br />

IT 28B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione Culturale <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 3


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

OTTOBRE 2012 numero nove<br />

Questo numero<br />

"Noi siamo di più" I <strong>Siciliani</strong> 3<br />

Il Dna di Tangentopoli di Gian Carlo Caselli 6<br />

La 'ndrangheta lobby fra le lobby di Nando dalla Chiesa 7<br />

Scidà, Salvi: a chi fanno paura di Antonio Roccuzzo 8<br />

Lettera al presidente Napolitano di Giambattista Scidà 9<br />

Comincia ora di Riccardo Orioles 10<br />

Italie<br />

E' nata la tv delle donne di Michela Mancini 12<br />

E intanto, Telejunior... di Nicola Capizzi e Michela Mancini 13<br />

Dal boia chi molla all'arraffa-arraffa di Dario Costantino 16<br />

Rewind-Forward di Francesco Feola 17<br />

Mafie<br />

Messina/ Quando cominciò tutto di Antonio Mazzeo 20<br />

Napoli/ La guerra dei cattivi ragazzi di Antonio DiCostanzo 22<br />

Dell’Utri/ Si stringe il cerchio di Arnaldo Capezzuto 24<br />

Trapani/ Mafia e antimafia di Rino Giacalone 26<br />

Nord e Sud<br />

Catania/ Ciancio addio di Claudia Campese, Salvo Catalano 28<br />

Interviste/ Basilio Rizzo di Paolo Fior 30<br />

Cetto La Qualunque al nord di Giulio Cavalli 32<br />

Sistema<br />

Contrada e la mafia grigia di Pino Finocchiaro 33<br />

Milano e la 'ndrangheta Celeste di Ester Castano 34<br />

Riina Jr fra libri e belle ragazze di Salvo Ognibene 37<br />

Dossier/ Il caso Manca di Luciano Mirone 38<br />

Mafia Spa di Aaron Pettinari 42<br />

I FILI DELLA RETE<br />

Abbiamo qualche difficoltà a coordinare le iniziative che arrivano<br />

dalle varie città, e che tendono a superare le nostre capacità<br />

di risposta. Poco male: non siamo una redazione centralizzata<br />

ma una rete, perciò la maggior parte delle decisioni<br />

possono essere tranquillamente prese dai vari gruppi locali,<br />

che non sono diramazioni di un centro ma testate e soggetti<br />

autonomi. Nodi di rete appunto, il cui coordinamento non è affidato<br />

a una improbabile disciplina ma al senso di responsabilità<br />

e di condivisione di ciascuno.<br />

Finora ha funzionato, e non c'è niente di strano, perché è il<br />

modello (vincente) di internet e non quello (obsoleto) delle<br />

vecchie aziende, imprese e (persino) partiti.<br />

Bisognerà vedere adesso se funzionerà nella fase seconda,<br />

quella più propriamente “industriale”, che si aprirà con l'andata<br />

in edicola del prodotto stampato. Quando Da dicembre, se<br />

vogliamo (le condizioni tecniche ci sono), o da subito dopo (se<br />

i test preliminari dureranno qualche giorno in più).<br />

L'edicola, di per sè, non è importante: la forza di questo<br />

giornale, come di ogni altro giornale vero, è oramai prevalentemente<br />

nella rete; la carta è in più. Ma per noi è importante<br />

sentimentalmente (e dunque “politicamente”): la parola “I <strong>Siciliani</strong>”<br />

è una bandiera, e s'ha da vedere dappertutto.<br />

La settimana scorsa a Napoli (scelta<br />

non casuale) abbiamo aperto la<br />

campagna per l'andata in edicola del<br />

giornale. La riprenderemo a Bologna,<br />

al “festival” (dal 27al 30) di<br />

Diecieventicinque, che festeggia un<br />

anno e che dall'inizio fa parte, molto<br />

brillantemente, della nostra rete. Sospettiamo<br />

che vogliano emulare i<br />

loro amici di Modica (il Clandestino),<br />

col loro Festival del Giornalismo<br />

estivo, ormai nazionale.<br />

Stringe il cuore pensare fra quale<br />

povertà e con che sacrifici tutti questi<br />

ragazzi, al nord e al sud, portino<br />

avanti quest'impresa di tutti, questa<br />

rete. E con quale allegria, e con che<br />

felicità di risultati. Davvero, è un<br />

mondo nuovo.<br />

Un giornale precario, organizzato da precari, scritto da precari,<br />

in una generazione spietatamente condannata al precariato.<br />

Ma che non hanno domato, che ancora ha speranze e ricordi,<br />

e che probabilmente alla fine vincerà. “Voi avete portato<br />

alla rovina l'Italia – disse quel tale – ma noi la ricostruiremo”.<br />

*<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 4


www.isiciliani.it<br />

SOMMARIO<br />

DA' UNA MANO: I <strong>Siciliani</strong> giovani, Banca Etica,<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

DISEGNI DI MAURO BIANI<br />

Sistema<br />

Contrada e la mafia grigia di Pino Finocchiaro 33<br />

Milano e la 'ndrangheta Celeste di Ester Castano 34<br />

Riina Jr fra libri e belle ragazze di Salvo Ognibene 37<br />

Dossier/ Il caso Manca di Luciano Mirone 38<br />

Mafia Spa di Aaron Pettinari 42<br />

Per Giovanni Spampinato<br />

“Compagno cronista" di Attilio Occhipinti 45<br />

Appunti di viaggio di Giulio Pitroso 46<br />

Satira<br />

"Mamma!" a cura di Gubitosa, Kanjano e Biani 49<br />

Libri<br />

Napoli a piena voce di Napoli Monitor 53<br />

Graphic journalism<br />

Lorenza Lanzino di Celeste Costantino, Marina Comandini 54<br />

Italia<br />

Non tutte le antimafie. portano in paradiso di Salvo Vitale 56<br />

La fine della politica di Pietro Orsatti 58<br />

Storie/ Satripan cadupàn... di Jack Daniel 60<br />

Fotoreportage<br />

Quartieri dall’alto di Mara Trovato 61<br />

Sindacato<br />

Cara Camusso... di Gabriele Centineo 65<br />

Tecnologie<br />

Crowdfunding e bitcoin di Fabio Vita 66<br />

Italia<br />

Quale Provincia di Francesco Appari, Giacomo Di Girolamo 68<br />

Come ti sfrutto il pubblicista di Carmelo Catania 70<br />

Petrolio di Enrica Frasca, Francesco Ruta e Giorgio Ruta 72<br />

Periferie di Domenico Pisciotta e Giovanni Caruso 74<br />

Tre città del Sud di Attilio Occhipinti 76<br />

Musica<br />

Triste, solitario y surreal di Antonello Oliva 78<br />

Storia<br />

Placido Rizzotto di Elio Camilleri 79<br />

Politica<br />

Un'aspirina contro la polmonite di Riccardo De Gennaro 80<br />

Al mercato delle belle idee di Giovanni Abbagnato 81<br />

Società civile<br />

Un albero per Lea 82<br />

Giornalismo di Valentina Sgambetterra e Martina Mazzeo 83<br />

Da Niscemi a Ravenna di Sara Spartà 84<br />

Generazioni di pace di Antonio Mazzeo 86<br />

Immagine<br />

La lettrice di Fabio D'Urso e Luciano Bruno 87<br />

Il filo<br />

Di chi è la colpa di Giuseppe Fava 88<br />

Un ebook<br />

in omaggio<br />

con questo<br />

numero<br />

Il drammatico<br />

“J'accuse”<br />

dell'antimafia<br />

catanese<br />

KINDLE IPAD PDF<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 5


www.isiciliani.it<br />

Corruzione e anticorruzione<br />

Il Dna<br />

di Tangentopoli<br />

di Gian Carlo Caselli<br />

C’è una forte tendenza a collocare la<br />

data di nascita della corruzione, in Italia,<br />

al 1992. Vent’anni fa, quando<br />

l’inchiesta di “Mani pulite” fece esplodere<br />

lo scandalo di una corruzione così<br />

radicata nella politica, nell’amministrazione<br />

e nell’imprenditoria da costringerci<br />

a coniare una nuova parola ( corruzione<br />

“sistemica”) per poterne<br />

delineare l’ampiezza e le implicazioni.<br />

Prima di “Mani Pulite”<br />

Ma anche prima di Tangentopoli ci<br />

sono stati, in Italia, gravissimi scandali<br />

ricollegabili a fenomeni di corruzione<br />

diffusa: Italcasse, fondi neri IRI, Lockheed,<br />

babane e petroli, Teardo, Zampini,<br />

Longo e Nicolazzi.<br />

Dunque, la corruzione è una triste<br />

realtà del nostro Paese, si potrebbe dire<br />

da sempre. Ma ancor più triste è<br />

un’altra realtà: la costante assenza di<br />

robusti e significativi interventi di<br />

contrasto della corruzione dilagante –<br />

sia prima sia dopo Tangentopoli – sul<br />

piano legislativo come su quello dei<br />

controlli (amministrativi e sociali, cioè<br />

dell’informazione). E così, nel terzo<br />

millennio, nell’anno di grazia 2012, siamo<br />

ancora a discutere se dotarci o<br />

meno di una legge contro la corruzione.<br />

Per superare i ricatti e i veti incrociati<br />

delle diverse componenti della<br />

“maggioranza”, il governo Monti è stato<br />

costretto a mettere la fiducia al Senato<br />

su di un progetto che ora andrà<br />

alla Camera per la seconda lettura. Intanto<br />

però risulta evidente che il testo<br />

votato al Senato per alcuni decisivi profili<br />

costituisce - incredibile ma vero ! –<br />

un sostanziale arretramento.<br />

Oggi esiste un solo reato di concussione.<br />

Nella nuova legge la conclusione<br />

si sdoppia, essendo previste la concussione<br />

per “costrizione” e quella per “induzione”.<br />

Per la prima le vecchie pene<br />

sono leggermente aumentate e la prescrizione<br />

rimane di 15 anni. Per la seconda<br />

invece sono previste pene dai 3<br />

agli 8 anni che comportano una prescrizione<br />

ridotta a 10 anni.<br />

Di fatto cancellati molti processi<br />

Ora, statisticamente la concussione<br />

per “induzione” è di gran lunga la più<br />

frequente, per cui c’è il rischio – quasi<br />

la certezza – che in futuro si lavori a<br />

vuoto, mentre per il passato (essendo la<br />

nuova norma retroattiva) potrebbero risultare<br />

di fatto cancellati moltissimi<br />

processi, fra cui alcuni “celebri”, come<br />

quello Penati o quello Ruby-Berlusconi).<br />

La nuova norma è incorrente<br />

Tanto premesso, è evidente che la<br />

nuova norma è incoerente: mentre si<br />

dice di voler combattere la corruzione,<br />

di fatto la si favorisce. Tanto più che<br />

mentre si abbassa la prescrizione, nella<br />

concussione per “induzione” è punita<br />

anche la “vittima”, che perciò sarà portata<br />

a starsene zitta per una inevitabile<br />

solidarietà con il concussore. E dire che<br />

l’Europa da sempre ci rimprovera duramente<br />

per le troppe prescrizioni.<br />

E il falso in bilancio<br />

Che almeno si abbia il pudore di non<br />

dire – in questo caso – che è l’Europa a<br />

chiedercelo. Cosi come avrebbe poco a<br />

che fare col pudore negare che si è persa<br />

una grande occasione per reintrodurre<br />

nel nostro sistema una norma di civiltà,<br />

quella che punisce il falso in bilancio:<br />

posto che esso serve a costituire<br />

quei fondi neri che sono appunto l’anticamera<br />

della corruzione.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag.6


www.isiciliani.it<br />

Società incivile<br />

La 'ndrangheta<br />

lobby fra le lobby<br />

di Nando dalla Chiesa<br />

Domenico Zambetti, assessore<br />

alla Casa della giunta Formigoni, è<br />

stato eletto alla Regione Lombardia<br />

con migliaia di voti della ‘ndrangheta.<br />

Un bel pacchetto: 4000, pare. E’<br />

uno dei rarissimi casi fin qui accertati<br />

di compravendita dei voti, a far data<br />

dal 1992, l’anno in cui venne introdotto<br />

l’articolo 416 ter (il voto di scambio<br />

mafioso). Insomma, un’autentica<br />

mosca bianca nel nostro infinito museo<br />

degli orrori.<br />

I voti comprati<br />

Però se ha comprato i voti, se ha<br />

dovuto scucire cinquanta euro per<br />

ogni crocetta sul suo nome, vuol dire<br />

che l’assessore non era organico alle<br />

cosche.<br />

Quando si è organici, infatti, i voti<br />

si ricevono senza mercanteggiarli. Il<br />

rapporto del candidato con l’organizzazione<br />

è tale che lo si sostiene in virtù<br />

di un’investitura naturale, di un vincolo<br />

associativo o di fiducia, perché si<br />

sa che dalle istituzioni il proprio rappresentante<br />

vittorioso non potrà che<br />

aiutare gli “amici” in tutte le forme<br />

necessarie e possibili.<br />

I candidati “normali”<br />

Dunque Zambetti non è un mafioso.<br />

E questo per un verso alleggerisce<br />

il cuore. Per altro verso però genera<br />

una preoccupazione ancora maggiore.<br />

Perché vuol dire che alla ‘ndrangheta<br />

possono rivolgersi anche i candidati<br />

normali, solo un tantino o tanto<br />

spregiudicati, in cerca di voti comunque.<br />

Che la ‘ndrangheta è diventata un<br />

interlocutore possibile (e interessato)<br />

di molti, che sta sul mercato e lì può<br />

trovare clienti a iosa. Dipende dalla<br />

moralità pubblica. E questo diventa il<br />

tema.<br />

In una regione dove la moralità<br />

pubblica è stata presa a picconate<br />

dall’uomo che guida da vent’anni il<br />

centrodestra dalle sue ville brianzole,<br />

dove il governatore ne ha fatto un orpello<br />

del tutto subalterno alla fame di<br />

potere del pianeta ciellino, dove la sinistra<br />

ha avuto il suo baricentro in Filippo<br />

Penati, il terreno è diventato fertile<br />

per questo tipo di scambi.<br />

La ‘ndrangheta è diventata lobby<br />

tra le lobby, come l’unione dei commercianti,<br />

come l’Azione Cattolica,<br />

come le cooperative.<br />

E anche la mafia ora è “normale”<br />

Dove tutto o quasi è stato ridotto a<br />

scambio tra privati, sanità inclusa, i<br />

clan sono diventati parte normale del<br />

gioco: quello politico o quello degli<br />

affari, che sotto Formigoni sono diventati<br />

praticamente la stessa cosa.<br />

E’ con questa sconvolgente novità,<br />

finalmente diventata fatto evidente,<br />

che la Lombardia è chiamata a fare i<br />

conti. Se almeno una volta vorrà tirare<br />

la testa fuori dalla sabbia.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag.7


www.isiciliani.it<br />

Giustizia/ Nella città dei Cavalieri<br />

Scidà, Salvi:<br />

a chi fanno paura<br />

Catania. “Questa Procura non s'ha da fare|”. Don<br />

Rodrigo, don Abbondio, l'Azzeccagarbugli, l'Innominato,<br />

e - sullo sfondo - i bravi<br />

di Antonio Roccuzzo<br />

La saggezza (e l’eleganza) spesso e<br />

da decenni non abita più nei Palazzi di<br />

giustizia. A Catania, men che meno. Il<br />

giudice Giambattista Scidà saggiamente<br />

sosteneva: “Poiché ho scelto di fare il<br />

magistrato, devo dare ogni giorno<br />

l’esempio di moralità e di coerenza alla<br />

mia comunità”. E citando Piero Calamandrei<br />

ricordava uno dei principi della<br />

legalità costituzionale: “La giustizia<br />

deve essere e apparire un potere separato<br />

dagli altri due, poiché ha il compito<br />

di controllarli entrambi”.<br />

Ecco, cito Titta Scidà, ma penso alla<br />

storia di Giovanni Salvi e della corsa (riaperta)<br />

al vertice della Procura della Repubblica<br />

di Catania. La questione, un po’<br />

grottescamente, è nuovamente nelle mani<br />

del Csm e in quelle del Consiglio di Stato:<br />

Giovanni Tinebra e Giuseppe Gennaro<br />

hanno fatto ricorso, rivendicato il maggiore<br />

diritto di essere procuratori e rimesso in<br />

discussione la scelta di 12 mesi fa.<br />

Vedremo l’esito finale, detto che quel<br />

Palazzo non ha certamente bisogno di corsi<br />

e ricorsi, di liti e pretese dopo decenni<br />

di rimozioni, scandali e teste sotto la sabbia.<br />

Ma secondo me, Scidà aveva ragione<br />

e quando usava quelle parole descriveva e<br />

fustigava, per contrasto, la tradizionale<br />

“non estraneità” del potere giudiziario alla<br />

politica e all’economia deviate a Catania.<br />

Dei tre concorrenti, Salvi è l’unico “estraneo”<br />

a Catania.<br />

E mi piace immaginare che, indiscusso<br />

curriculum a parte, la maggioranza del<br />

Csm un anno esatto fa, poco prima che<br />

Scidà morisse non senza aver invocato<br />

una scelta “estranea” a Catania per quella<br />

poltrona, abbia fatto la scelta di Salvi anche<br />

in ossequio di quello esprit de loi:<br />

mettere al vertice dell’ufficio della pubblica<br />

accusa (di cui Catania ha grande bisogno,<br />

dopo decenni di distrazioni e inazione)<br />

un uomo che è - e appare – del tutto<br />

“estraneo” al contesto.<br />

“Nec prope, nec procul”<br />

Un magistrato vicino alla giustizia e<br />

lontano dalle relazioni localistiche. “Nec<br />

prope, nec procul”, dicevano i latini e si<br />

riferivano alla necessità di stare alla giusta<br />

distanza dal fuoco. Giovanni Salvi, in fondo,<br />

è questo: né vicino a Catania, né lontano<br />

dalla fedeltà alla legge. Ce n’era, ce<br />

n’è e ce ne sarà ancora tanto bisogno.<br />

Per questo, chi pensa – come me - che<br />

un procuratore “forestiero” come Salvi sia<br />

una garanzia in più di indipendenza e autonomia<br />

per il diritto a Catania, spera che<br />

- nonostante i ricorsi - Salvi debba rimanere<br />

al suo posto. Nel suo curriculum, non<br />

troverete mai neanche una traccia di presunte<br />

relazioni pericolose con potenti, faccendieri,<br />

potenti. L’unico – nella rosa – a<br />

poterlo fare.<br />

Ma la scelta era ed è giusta per una ragione<br />

anche professionale. Nel loro ricorso,<br />

accolto, Tinebra e Gennaro esibiscono<br />

i loro curriculum ed eccepiscono a Salvi<br />

una “minore esperienza” in materia di mafia.<br />

Insomma: Salvi è inesperto di indagini<br />

sulla mafia. Ma è così<br />

No, non è così. Basta digitare Wikipedia,<br />

per rendersene conto.<br />

Siccome, da ex-cronista di giudiziaria<br />

anche a Roma, ne sono stato testimone diretto,<br />

ecco un breve riepilogo dei processi<br />

curati da Salvi (certo molto lontano da<br />

Catania). Nel 1987, pm del processo sulla<br />

morte di Roberto Calvi: fu Salvi a far riaprire<br />

il processo dopo un’archiviazione<br />

per suicidio decisa dalla Cassazione.<br />

Fu la mafia e non i suoi debiti a suicidare<br />

il banchiere dell’Ambrosiano sotto il<br />

ponte dei Black Frairs di Londra, fu Salvi<br />

a chiedere e ottenere l’arresto di Pippo<br />

Calò (il banchiere dei corleonesi) e di Flavio<br />

Carboni (faccendiere della P2) per<br />

quel delitto politico-economico-mafioso.<br />

Le indagini sul boss Pippo Calè<br />

Fu Salvi, insieme alla procura di Palermo,<br />

a raccogliere le testimonianze del<br />

boss Francesco Di Carlo che ricostruì la<br />

morte di Calvi e che mise a fuoco il ruolo<br />

di Michele Sindona in quel contesto di<br />

alta mafia. E quella ricostruzione è sopravvissuta<br />

al terzo grado di giudizio. E<br />

fu il pm romano Giovanni Salvi che, indagando<br />

sugli affari di Pippo Calò, scoprì<br />

gli scenari criminali dello scandalo Italcasse,<br />

uno dei primi nel suo genere scoperto<br />

in Italia: Salvi scoprì che c’erano<br />

fondi di Pippo Calò (dunque della mafia)<br />

e del suo socio romano Domenico Balducci<br />

negli affari dell’Italcasse: Calò e<br />

Balducci avrebbero garantito, attraverso<br />

una loro società, le spericolate operazioni<br />

bancarie di imprenditori come il costruttore<br />

Caltagirone e la Sir di Rovelli.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 8


www.isiciliani.it<br />

E fu infine il pm Salvi a scoprire che la<br />

romanissima banda della Magliana aveva<br />

interessi in appalti proprio a due passi da<br />

Catania, nel porto di Siracusa. Salvi è stato<br />

il pm in molti grandi processi sui misteri<br />

d’Italia: il memoriale Moro e il delitto<br />

Pecorelli ma anche tutti i processi sul terrorismo<br />

nero: i Nar, Avanguardia nazionale,<br />

Ordine nuovo. E spesso, in quelle trame<br />

di terrore neofascista, sono affiorate<br />

piccole figure di camorristi, mafiosi, faccendieri<br />

e banchieri.<br />

La banda della Magliana e la Sicilia<br />

Ecco, Salvi è un magistrato competente<br />

in materia di mafia, molto competente. E’<br />

stato anche pm nell’aula del processo sulla<br />

strage di Ustica ed è stato il primo pubblico<br />

accusatore del mondo a ottenere<br />

una condanna sull’operazione Condor. Ricordate<br />

Il regime di Pinochet sopprimeva<br />

i suoi oppositori precipitandoli da aerei,<br />

desaparecidos. Salvi ha ottenuto la condanna<br />

di Manuel Contreras Sepulveda,<br />

capo degli 007 di Pinochet, per quei delitti.<br />

Uno che di Catania non sa nulla potrebbe<br />

obiettare: perché questa difesa di<br />

Salvi Perché “nec prope, nec procul”.<br />

Dunque, al di là di carte bollate e sentenze<br />

amministrative, la domanda va fatta ai catanesi:<br />

ma voi affidereste la pubblica accusa<br />

della vostra città a un magistrato così<br />

gentiluomo e così “incompetente” in materia<br />

di mafia<br />

MEMORIA/ UN ANNO FA<br />

LETTERA APERTA<br />

AL PRESIDENTE<br />

NAPOLITANO<br />

di Giambattista Scidà<br />

Fra pochi giorni il CSM potrebbe nominare<br />

il Procuratore della Repubblica di<br />

Catania. Chiunque vinca la gara, la sconfitta<br />

della legalità sarà certa. Essa si è<br />

consumata presso il Ministero della Giustizia,<br />

allorché il Ministro ha dato consenso<br />

per ciascuno dei tre magistrati proposti<br />

dalla Commissione V, pur essendo a conoscenza<br />

di fatti che non solo imponevano<br />

rifiuto, per uno dei tre, ma davano ragione<br />

di ritenere l'incompatibilità di costui<br />

con l'ambiente catanese e con la stessa<br />

funzione che in atto egli vi esercita.<br />

Riporto in appendice il testo tempestivamente<br />

sottoposto al Ministro, eliminandone<br />

solo il cognome del magistrato.<br />

Com'è chiarissimo, si tratta di fatti ,<br />

ognuno dei quali è legato a tutti i precedenti,<br />

da strettissima relazione: essi sono<br />

un tutto omogeneo, compatto, che nel suo<br />

insieme, rivela tremenda rilevanza.<br />

Chi si limita ad accennare a qualcuno<br />

dei fatti, senza evocarli tutti, si procura<br />

l'apparenza del coraggioso, mentre evita<br />

di condursi davvero secondo coraggio,<br />

come la situazione richiede.<br />

C'è poi chi agisce in malafede. Tra quelli<br />

che hanno dato e danno mano alla rotta<br />

della legalità, sono proprio coloro che si<br />

sbracciano, ostentatamente, per un Procuratore<br />

estraneo a Catania, ma sorvolano<br />

sui comportamenti del magistrato locale.<br />

Lo aiutano con il loro silenzio, mentre si<br />

mascherano da fautori di una nomina diversa.<br />

Sono i suoi amici più preziosi.<br />

La distruzione della legalità avviene, da<br />

questo stesso lato e da altri, in CSM, nelle<br />

Commissioni, e nel plenum.<br />

Si asside a Capo dell'assemblea l'on.<br />

Vietti, che avrebbe ragione di decisamente<br />

astenersene. Componente del consesso<br />

in altra consiliatura egli volle essermi nemico,<br />

con aperta ingiustizia, nell'interesse<br />

di altri: dapprima (anno 2000) per reprimere<br />

le mie istanze di verità, a proposito<br />

dello scandalo giudiziario di viale Africa,<br />

e impedire che il magistrato, gestore di<br />

quel processo, e lui pure eletto al CSM,<br />

per quello stesso quadriennio, ne venisse<br />

pregiudicato; e poi (2001) per riparare l'odierno<br />

aspirante Procuratore dalla mia<br />

giusta accusa davanti alla Commissione<br />

Antimafia (seduta del 7-12-2000: ....ha<br />

acquistato casa da un mafioso....): I fatti<br />

di esso avv. Vietti, in tali circostanze,<br />

sono consacrati del processo verbale di<br />

seduta plenaria del CSM, del giorno 22<br />

marzo 2001. Come può egli assere arbitro,<br />

ora, non fosse altro che dirigendo la<br />

discussione, tra le ragioni fatte valere dai<br />

miei scritti e gli opposti interessi di quel<br />

magistrato<br />

Ella sa tutto, Signor Presidente della<br />

Repubblica, anche da una mia lettera recente.<br />

Non posso credere che voglia consentire,<br />

restando ancora indifferente, allo<br />

scempio in corso.<br />

(“Ucuntu”, 21 ottobre 2011)<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 9


www.isiciliani.it<br />

Politica<br />

Comincia ora<br />

La campagna elettorale per le prossime elezioni.<br />

Con un “partito” da costruire al posto delle vecchie<br />

tribù<br />

di Riccardo Orioles<br />

“Chi è”. “La politica!”. “Mi arrendo!”.<br />

I siciliani non votano. Non votavano sotto<br />

i romani, non sotto gli arabi, poi sono arrivati<br />

i normanni, gli aragonesi, gli spagnoli,<br />

gli austriaci, i borboni, e nessuno di tutti<br />

questi signori ha mai preteso di far votare<br />

i siciliani. Ci hanno provato i piemontesi,<br />

ma per modo di dire (uno ogni dieci),<br />

l'ha levato subito Mussolini, poi sono arrivati<br />

gli americani e finalmente ci hanno<br />

fatto votare tutti quanti (ma meglio per i<br />

mafiosi, e assolutamente non per i communisti),<br />

si può dire per forza.<br />

Per dire che qui in Sicilia (come in Veneto<br />

del resto, o negli Stati nel Papa) non<br />

è che di votare abbiamo tutta 'sta gran voglia.<br />

Ci viene più facile ribellarci, o meglio<br />

ancora (che porta meno rischi) protestare<br />

sotto un balcone e poi tornare a casa<br />

bofonchiando. Unica eccezione, non dappertutto<br />

e per poco tempo, i comunisti (La<br />

Torre, Rizzotto) e, per meno ancora, qualche<br />

cattolico onesto e qualche prete.<br />

Chi comanda davvero<br />

Non c'è da allarmarsi troppo, signori<br />

miei. Tanto, chi comanda davvero, è<br />

un'altra cosa. Si chiama potere mafioso, e<br />

non prevede elezioni. I principali politici,<br />

compresi i più rivoluzionari (ma tutti erano<br />

rivoluzionari, qui, a giudicare dai cartelli:<br />

Che Guevara sarebbe stato preso per<br />

L'altra metà d'Italia<br />

CARMELA E LE ALTRE<br />

“...Carmela Petrucci, 17 anni, uccisa...” (dalle cronache)<br />

Un altro femminicidio, un’altra vita di giovane donna frantumata a<br />

coltellate per l’incapacità di un uomo di accetta la fine di una storia.<br />

E’ cosi che è morta a 17 anni Carmela Petrucci, uccisa dall’ex fidanzato<br />

della sorella Lucia, a sua volta ferita da numerose coltellate.<br />

Dalle dichiarazioni di questi è emerge la volontà di uccidere: è uscito<br />

di casa armato e con l’idea precisa di “far pagare” una scelta cui non<br />

si rassegnava. Poi l’aggressione, Carmela che col proprio corpo fa<br />

schermo alla sorella e, morendo, la salva così.<br />

Carmela è la 101esima donna uccisa da un uomo dall’inizio del<br />

2012. Non è un fenomeno non isolato. Quasi un assassinio ogni due<br />

moderato), si guardano bene dal parlarne<br />

troppo, compresi quelli che erano tanto<br />

incazzati da arrivare a nuoto.<br />

Vince A di destra, o vince B di centrosinistra<br />

Che importa: si accorderanno alla<br />

svelta, tutt'e due sono stati - o sono - amici<br />

di Lombardo. Meglio il programma A o<br />

il programma B Che importa: sono tutt'e<br />

due bellissimi, lavoro ai disoccupati e<br />

prosperità a tutta l'isola; nessun<br />

governante siciliano, in tremila anni, ha<br />

mai promesso meno di questo.<br />

Sempre colpa di Federico secondo<br />

Ma cos'è: siamo noi siciliani che siamo<br />

fessi, sicilitudine storica, colpa di spagnoli<br />

o arabi o di Federico secondo No, no: i<br />

furbissimi milanesi ci hanno messo niente<br />

a farsi fregare da quelli di Lega e cadrega,<br />

peggio che i catanesi con Scapagnini; e<br />

nella capitale, dove pure dovrebbero averne<br />

viste tante, il Marcio su Roma è stato<br />

molto più facile dell'omonima marcia.<br />

Ma allora Siamo diventati fessi tutti<br />

gl'italiani in una volta, così d'un tratto<br />

Ecco, temo di sì. La politica non c'è più,<br />

o almeno non è più dove l'avevano messa<br />

i vecchi nostri, al tempo che si lavorava,<br />

si faceva politica e si votava davvero. La<br />

casta, i politici Mah.<br />

La casta s'è presa le fabbriche e se l'è<br />

portate in Cina, rubandoci molto più di<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 10<br />

tutti i politici ladri presenti passati e futuri.<br />

Ma ha avuto l'accortezza di comprarsi,<br />

contestualmente, giornali tv e ogni altro<br />

mezzo di comunicazione, così la gente se<br />

l'è presa coi ladri di serie B e C ignorando<br />

completamente quelli di serie A che le rubavano<br />

figli e futuro.<br />

Un Lombardo-bis con altro nome<br />

Non c'è molto altro da dire, di queste<br />

elezioni. Il trionfo del kitsch (“Sono il<br />

nuovo Giuseppe Fava!” è arrivare a dire<br />

un imbecille), del vecchio “cambiare tutto<br />

per non cambiare niente”.<br />

Tecnicamente, adesso ci sarà un Lombardo-bis<br />

con altro nome, sostenuto dallo<br />

schieramento delle primarie palermitane<br />

(Lumia, Crocetta, Sonia Alfano) e perciò<br />

nominalmente antimafioso: viva Falcone,<br />

onore ai caduti, e accordi con l'Udc del<br />

post-Cuffaro. “Ma hanno giurato di non<br />

rubare più!” obiettano i “rinnovatori”, sorridendo.<br />

D'altronde, a tanti loro elettori,<br />

non è che gliene freghi poi tanto.<br />

Va bene: e noi “di sinistra” (qualunque<br />

cosa voglia dire oggi questa parola, che<br />

originariamente indicava i gentiluomini<br />

seduti alla sinistra dell'onorevole speaker<br />

dei Comuni) La sinistra, nei singoli e nel<br />

complesso, avrebbe potuto fare anche altre<br />

cazzate oltre quelle che ha fatto, ma<br />

sinceramente non saprei dire quali.<br />

giorni. La donna - è il concetto che sta alle spalle di questi casi - è<br />

proprietà privata, e per tutelare la proprietà si può ammazzare. La<br />

società lo tollera, l’educazione collettiva è scarsa. Aspettiamo la<br />

vittima numero centotrentadue<br />

Anna Bucca<br />

* * *<br />

Io uomo condanno gli uomini. La loro stupidità, il loro “esser padroni”,<br />

la loro violenza da deboli che vogliono nascondere la debolezza.<br />

“Le donne non hanno anima - nei secoli i padroni maschi<br />

hanno detto - non devono alzare la testa, guardare avanti”. L’assassino<br />

di Carmela è solo uno dei tanti.<br />

Io, uomo, ora grido agli altri uomini: “Adesso basta! Non lasciamo<br />

questa ribellione solo alle donne, alle nostre compagne. Contro il<br />

femminicidio, facciamo anche noialtri la nostra parte”.<br />

Giovanni Caruso


“Antimafia “politica”<br />

e non emozionale<br />

www.isiciliani.it<br />

La prima, il tribalismo selvaggio: ogni<br />

tribù per sé, ciascuna per i fatti suoi. La<br />

seconda, l'assenza di lotta sociale e cioè –<br />

qui ed ora – di antimafia “politica” e non<br />

emozionale. La terza, la totale e categorica<br />

disattenzione a quella che nobilmente si<br />

chiama la “società civile” e che in realtà<br />

siamo noi poveracci che ogni giorno lottiamo,<br />

senza tante etichette, sulla strada.<br />

Nessuno s'è accorto, ad esempio, dei ragazzi<br />

di Modica o degli universitari di Bologna.<br />

Eppure erano là, una classe dirigente<br />

bell'e formata, il primo interlocutore<br />

di ogni rinnovamento. I movimenti per<br />

l'acqua, o per la pace, o contro il ponte,<br />

non sono “entrati in politica” che assai rudimentalmente,<br />

e nessuno li ha aiutati a<br />

farlo. Le donne si sono viste alla fine<br />

come invitato povero (la Marano), quello<br />

chiamato tanto per non essere tredici a tavola.<br />

Tenori tanti, ma niente orchestra.<br />

Dovremo fare da soli<br />

Grillini e Grillo (brav'uomo, ma turistico:<br />

“Problemi della Sicilia Il traffico...”)<br />

sono un segnale, non la soluzione. Ahimè,<br />

non ci sono salvatori supremi. Nessuno<br />

verrà a tirarci fuori da noi stessi. Dovremo<br />

fare da soli. Senza illusioni e palingenesi,<br />

giorno per giorno e faticosamente.<br />

Essere qui nel duemila quello che fu, nel<br />

dopoguerra, la generazione dell'occupazione<br />

delle terre. Partire dai “movimenti” (acqua,<br />

pace, precariato, antimafia) per formare<br />

a poco a poco un “partito”; o, meglio<br />

ancora, una rete.<br />

Sarà un lavoro lungo, e alla fine non<br />

verrà fuori un partito nel senso tradizionale<br />

(e anche grillino) del termine, ma<br />

un'altra cosa, profondamente diversa come<br />

cent'anni fa differivano, rispetto ai vecchi<br />

circoli radicali, le prime leghe bracciantili<br />

o i primi fasci dei lavoratori.<br />

Non osiamo nemmeno immaginare che<br />

nomi, che strutture, avrà fra cinque anni<br />

tutto questo. Ma qualcosa del genere ci<br />

sarà, oppure noi siciliani saremo sempre<br />

minorenni.<br />

Un volantino<br />

Sosteniamo<br />

i <strong>Siciliani</strong> giovani<br />

"A che serve essere vivi, se non c'è<br />

il coraggio di lottare”<br />

Vi ricordate l’anno scorso, quando Santoro vi chiese i soldi per il suo “servizio<br />

pubblico” Dieci euro per sostenere il progetto. In centomila risposero, una grande<br />

dimostrazione di affetto e di sostegno sicuramente. Lo sapevate che ora Servizio<br />

Pubblico va in onda su La7 E i soldi che avevate dato per creare quel progetto autonomo<br />

Vi sono stati restituiti<br />

Noi adesso vi chiediamo di sostenerci, promettendo di non passare a La7.<br />

E’ passato un anno da quando dal Festival del Clandestino abbiamo annunciato<br />

ai microfoni di Telejato la rinascita de I <strong>Siciliani</strong>. Non abbiamo più rifatto un giornale,<br />

abbiamo fatto I <strong>Siciliani</strong> giovani, che poi, forse, lo eravamo già.<br />

I <strong>Siciliani</strong> sono un gruppo sparso per l'Italia, Diecieventicinque a Bologna,<br />

Stampo antimafioso a Milano, Telejato, Il Clandestino, Napoli Monitor, La Domenica,<br />

e potrei continuare. I <strong>Siciliani</strong> sono un patrimonio comune, sono ragazzi e ragazze<br />

sparsi un po' in tutta Italia, sono anche professionisti e giornalisti come<br />

Mazzeo, Capezzuto, Giacalone, Finocchiaro, Salvo Vitale, Pino Maniaci.<br />

I <strong>Siciliani</strong> siamo noi giovani, che almeno qui non rappresentiamo il futuro, siamo<br />

il presente e lo viviamo da protagonisti con a fianco degli ottimi maestri. Abbiamo<br />

provato a mettere insieme il vecchio e il nuovo, passato e futuro, vivendo<br />

insieme in questo presente.<br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani dallo scorso dicembre hanno faticato e lavorato, e quello che<br />

abbiamo fatto l'avete visto, ci siamo anche beccati le denunce e le intimidazioni.<br />

Siamo nati perché Giambattista Scidà ci ha ridato l'idea, perchè Giancarlo Caselli<br />

e Nando Dalla Chiesa si sono imbarcati con noi, su questa barca che vuole attraversare<br />

e raccontare la Sicilia e l'Italia, insieme, facendo rete, perseverando quella<br />

pubblica verità che ci ha insegnato il Direttore de “I <strong>Siciliani</strong>”, Pippo Fava.<br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani però si fa anche con tutti voi.<br />

Usciremo, probabilmente, in edicola come mensile fra un mese, esattamente<br />

dopo trent'anni dai "vecchi” <strong>Siciliani</strong>. Noi ci stiamo provando a fare tutto ciò ma<br />

abbiamo bisogno di voi. Tanti piccoli aiuti fanno un grande aiuto. Adesso vi chiediamo<br />

un contributo per sostenerci promettendovi che come sempre andremo<br />

avanti, navigando su questo mare in tempesta, rimanendo liberi, senza padroni alle<br />

spalle e di certo non daremo via la baracca come qualcuno, passando a La7.<br />

Salvo Ognibene<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Per dare una mano: IBAN: IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

(Banca Etica/ “Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani”)<br />

Oppure Conto corrente postale n. C/C 001008725614<br />

(“Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani, via Cordai 47, Catania”)<br />

Le leggi-bavaglio<br />

Noi siamo qui, e lavoriamo per questo.<br />

E' un lavoro difficile, perché le leggi-bavaglio<br />

ci renderanno sempre più difficile fare<br />

il nostro mestiere. Aiutateci a farlo.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 11


www.isiciliani.it<br />

<strong>Informazione</strong> e giornalismo/ Altri modelli<br />

Strane antenne crescono<br />

E' nata la tv delle donne<br />

“Fimmina Tv”<br />

Nel posto più abbandonato<br />

d'Italia, nella Locride<br />

in Calabria, un<br />

gruppo di donne ha deciso<br />

di prendere la parola.<br />

Come Facendosi<br />

la sua tv. “Non solo<br />

contro la mafia. Abbiamo<br />

molte altre cose da<br />

dire”<br />

di Michela Mancini<br />

«Sai che nella Locride erano frequenti<br />

i matronimici Insomma qui erano le<br />

donne a dare il nome ai figli». Nominare<br />

le cose non significa anche crearle<br />

Fimmina tv è un’emittente con un solo<br />

mese di vita, è nata in Calabria, nella Locride,<br />

a Roccella Jonica per la precisione.<br />

Ha debuttato il primo settembre su canale<br />

684 del digitale terrestre. Quello che la<br />

rende speciale si intuisce dal nome. No,<br />

non è una televisione destinata ad un pubblico<br />

femminile. Fimmina tv non esclude<br />

nessuno, ma a farla – questa televisione –<br />

sono giornaliste donne. Quasi tutte almeno.<br />

L’idea è stata di Raffaella Rinaldis,<br />

ora direttrice. Ha una voce chiara, sottile.<br />

Nata a Chivasso, vicino Torino, si è trasferita<br />

in Calabria a sei anni, e lì è diventata<br />

giornalista.<br />

«Ho lavorato per quindici anni scrivendo<br />

di nera e giudiziaria. Nella Locride, le<br />

notizie che contano sono queste: i morti<br />

ammazzati. Poi ad un certo punto mi sono<br />

chiesta se questo fosse davvero l’unico<br />

modo per raccontare questo territorio.<br />

Possiamo inventarcelo un modo nuovo ».<br />

E se lo sono inventato davvero questo<br />

modo nuovo di raccontare, partendo dalle<br />

donne. Le donne di questa Calabria ancora<br />

troppo sconosciuta per chi viene da<br />

fuori: luoghi pieni di storie, ma spesso<br />

così silenziosi. E sbaglia chi interpreta<br />

quel silenzio come omertà. E' solo segno<br />

di una strana fierezza. La Calabria è una<br />

terra cocciuta, e i boschi della Locride<br />

sono boschi fitti dove puoi perdere anche<br />

il nome. Per generazioni le donne hanno<br />

scelto quel silenzio. La Calabria è una terra<br />

strana, così quieta in superficie, così<br />

impetuosa dentro.<br />

Raffaella è una donna luminosa, innamorata<br />

di suo marito, una roccia che l’ha<br />

sempre sostenuta. È una giornalista con<br />

un'innata attitudine al viaggio. È andata in<br />

giro per tutta Europa, ma non è solo questo.<br />

L’amore per il viaggio è qualcosa di<br />

più profondo: la scoperta del nuovo,<br />

dell’inesplorato. I viaggi nelle storie degli<br />

altri.<br />

«Nella mia esperienza ho capito che le<br />

donne sono quelle che vogliono raccontare,<br />

che si vogliono identificare in altre<br />

storie. Non si tratta di vivere altre vite, ma<br />

di trovare coraggio in quello che raccontano<br />

gli altri. Se vivi solo il tuo dramma, le<br />

tue esperienze, ti senti sola al mondo.<br />

Condividendo, ascoltando, riesci a trovare<br />

la forza che prima ti mancava».<br />

La squadra è composta da quindici giornaliste<br />

dai ventidue ai quarant'anni, ma<br />

anche gli uomini danno una mano. Ci<br />

sono tecnici, registi, montatori e un cronista,<br />

Antonio Falcone, che si occupa di cinema<br />

e cultura. Ma Fimmina tv non è solo<br />

una televisione, né solo un modo onesto<br />

di fare informazione.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 12<br />

«Non volevo creare solo una televisione<br />

ma un nucleo di persone che stanno insieme.<br />

Donne che ho incontrato nell’arco<br />

della mia vita e che ho portato con me. Mi<br />

danno tanto sia da un punto di vista umano<br />

che professionale. Certo i problemi<br />

sono tanti, ma stiamo cercando di superarli.<br />

È meraviglioso: quando una di noi è<br />

depressa, l’altra la tira su e viceversa. È<br />

un continuo reciproco. Ma stare insieme è<br />

così bello, che se ne sono accorti anche i<br />

nostri mariti, e i padri delle più giovani».<br />

Donna racconta donna<br />

«Credo che alla fine - continua a vulcaneggiare<br />

Raffaella - quando fai qualcosa<br />

di buono la maggior parte delle persone<br />

finisce per emularti. Certo, non puoi sperare<br />

che lo facciano tutti. Ma se facendo<br />

questo lavoro avremo spinto anche una<br />

sola ragazza a sviluppare il suo senso critico,<br />

beh, allora potremo dire di aver fatto<br />

qualcosa».<br />

Nel mondo del giornalismo italiano i<br />

vertici della piramide sono garantiti al<br />

sesso maschile. Un esempio: le donne dirigenti<br />

in Rai sono solo il 4%. Molti periodici<br />

destinati ad un pubblico femminile<br />

sono gestiti da uomini. Raffaella non ci<br />

sta, non perché sia femminista, ma perché<br />

le sembra sciocco.<br />

«Una donna sa raccontare una donna. È<br />

una verità inattaccabile. E poi quel giornalismo<br />

lì è marketing. Non siamo un oggetto<br />

commerciale, non veniteci a dire<br />

quello che ci deve piacere. Noi non combattiamo<br />

una battaglia femminista. Loro<br />

hanno un percorso storico molto importante<br />

alle spalle, ma noi non combattiamo<br />

in nome di un ideale. La nostra unica denuncia<br />

è quella contro le discriminazioni,<br />

quella femminile è solo un simbolo, ma<br />

noi le combattiamo tutte».<br />

E se discriminare significa lasciare che<br />

il pregiudizio annulli l’incontro con la diversità,<br />

allora, il primo pregiudizio che


www.isiciliani.it<br />

“Donne<br />

emancipate<br />

nel cuore<br />

della<br />

Locride:<br />

e che c'è<br />

di strano<br />

queste donne vogliono combattere è quello<br />

sulla propria terra<br />

«Locride sinonimo di ndrangheta. Vero<br />

No. Non va bene. Vogliamo trasformarla,<br />

questa parola. Locride significa Magna<br />

Graecia, culturauna natura meravigliosa.<br />

Il nostro territorio storicamente è stato caratterizzato<br />

dal matriarcato. Qui non<br />

c’erano i patronimici, ma i matronimici:<br />

era la donna a dare il nome».<br />

“La verità è che ci piace ascoltare”<br />

Ernesto De Martino, in Mondo Magico,<br />

racconta che quando nasceva una donna<br />

l’acqua del parto veniva buttata nel camino.<br />

Quando veniva partorito un uomo,<br />

l’acqua veniva buttata fuori casa. È affidato<br />

all’uomo “il fuori”, alla donna viene<br />

consegnata la cura dell’interiorità. Questo<br />

a noi donne ha consegnato un bel fardello:<br />

proiettate all’interno, sensibili, emotive.<br />

La modernità ha preso l’acqua del nostro<br />

parto e l’ha buttata fuori casa insieme a<br />

quella degli uomini. Eppure ancora ci<br />

rimproverano di essere troppo inclini<br />

all’introspezione.<br />

La verità è che ci piace ascoltare, ci piace<br />

creare calore. Raffaella ha creato un<br />

luogo, ha chiamato le sue colleghe più<br />

giovani ad esercitare il mestiere. «C’è anche<br />

una signora di cinquant’anni nella<br />

squadra. Ha cominciato ora, a fare la giornalista».<br />

A Milano forse, ci sarebbe stata meno<br />

sorpresa davanti a una faccenda come<br />

questa. Chi viene dal nord si stupisce di<br />

trovare donne emancipate nel cuore della<br />

Locride, come se davvero questa terra<br />

fosse rimasta al medioevo. Raffaella vuol<br />

raccontare questo territorio, anche per sfatare<br />

certi miti. Non sarà un tv solo antimafia.<br />

«Parleremo di tutto, perché è tutto un<br />

territorio che dobbiamo raccontare. Il fatto<br />

che in Calabria ci siamo moltissimi comuni<br />

sciolti per mafia è un fatto gravissimo<br />

che non esitiamo a denunciare. Ma<br />

non è l’unico fatto grave. Nella Locride<br />

c’è un forte fenomeno di prostituzione,<br />

molte ragazze sono sparite. Nessuno ne sa<br />

più nulla. Ecco, queste sono notizie su cui<br />

non si può tacere».<br />

Raffaella parla spedita, non si ferma<br />

mai. Racconta sorridendo: «Ho registrato<br />

la testata della tv l’otto marzo. È stata<br />

una pura combinazione: i documenti del<br />

consiglio dell’Ordine non arrivavano mai,<br />

e poi sono arrivati proprio quella mattina.<br />

Ho chiamato la cancelleria per sapere se il<br />

tribunale quel pomeriggio fosse aperto:<br />

“Si, vieni” mi hanno risposto le impiegate.<br />

Hanno tenuto aperti gli uffici apposta<br />

per farmi registrare. Chiamala sorellanza:<br />

una strana energia che permette che ogni<br />

donna condivida la gioia dell’altra».<br />

E INTANTO<br />

IN SICILIA<br />

E' IL MOMENTO<br />

DI TELEJUNIOR<br />

di Michela Mancini <strong>Siciliani</strong>G.<br />

e Nicola Capizzi Telejunior<br />

«Pronto, Franci Siete atterrati Non<br />

passate da Trapani, venite direttamente<br />

qui a Partinico. È successo un macello,<br />

stanno bruciando le antenne. Non ce la<br />

facciamo da soli».<br />

«Va bene, passiamo da casa a Trapani a<br />

prendere la macchina e le lenzuola e arriviamo.<br />

Un’ora al massimo e siamo lì».<br />

Quando è suonato il citofono, un’ora<br />

dopo, nella redazione di Telejato non si<br />

capiva niente. Era il 29 settembre, quella<br />

mattina un incendio a Monte Bonifato<br />

aveva bruciato le apparecchiature che trasmettevano<br />

il segnale della televisione.<br />

Appena ci siamo accorti di non poter andare<br />

in onda, Gianni, il figlio di Pino, è<br />

salito in macchina per raggiungere la postazione<br />

in fiamme. Caricandosi una parte<br />

delle attrezzature sulle spalle è riuscito a<br />

sottrarle al rogo. Le ha portate in redazione<br />

in tarda serata, il danno era enorme;<br />

abbiamo scrostato plastica abbrustolita<br />

per ore.<br />

Scheda<br />

GIORNALISMO E SERVIZIO PUBBLICO<br />

Secondo un sondaggio realizzato per la prima volta nella storia della<br />

Rai sui propri giornalisti - i cui risultati sono stati presentati al convegno<br />

“Immagine femminile e ruolo del servizio pubblico” organizzato dalla<br />

Commissione Pari Opportunità dell’Usigrai l’8 marzo scorso – la situazione<br />

del nostro Paese è tutt’altro che rassicurante.<br />

Il dato che emerge di più è quello sull’età: la Rai infatti risulta essere<br />

un’azienda vecchia, la somma dei giornalisti tra i 40 e i 65 anni corrisponde<br />

all’82,99% dell’intero campione mentre quelli tra meno di 30 anni fino<br />

ai 40 rappresentano solo il 16,99%. Altro dato sensibile è l’alta percentuale<br />

di giornalisti che non hanno figli (il 43,77%), quasi esclusivamente i<br />

colleghi maschi hanno dichiarato di avere più di un figlio, a testimonianza<br />

che riuscire a conciliare lavoro e famiglia per una donna giornalista risulta<br />

ancora molto difficile. In totale il personale giornalistico della Rai è di<br />

1.656 unità di cui 1.097 uomini e solo 559 donne.<br />

Tra i dirigenti (direttori, capiredattori, capiservizio e rispettivi vice) solo il<br />

4% sono donne e nel ruolo di direttore sono solamente due, Bianca Berlinguer<br />

al Tg3 e Barbara Scaramucci a Rai Teche. Il massimo livello raggiungibile<br />

per le giornaliste sembra essere quello di caposervizio.<br />

I numeri delle donne:<br />

http://giulia.globalist.it/Detail_News_DisplayID=9062<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 13


www.isiciliani.it<br />

La redazione di Telejato e quella di Fimmina Tv .<br />

Scheda<br />

CHI FA NOTIZIE<br />

IN EUROPA<br />

La ricerca dell’Osservatorio europeo sulle rappresentazioni di genere<br />

(OERG), nato all’interno dell’Osservatorio di Pavia, dal titolo: “Chi fa<br />

notizia in Europa”, ha considerato i dati relativi ai telegiornali in prima<br />

serata delle due principali tv, una pubblica e una privata, di cinque paesi<br />

europei: Italia (Tg1 e Tg5), Francia (France 2 e Tf1), Germania (Ard e<br />

Rtl), Inghilterra (Bbc1 e Itv1) e Spagna (Tve e Telecinco).<br />

La ricerca ha indagato tre ambiti in particolare: chi fa notizia nei tg,<br />

cioè le persone di cui si parla e quelle intervistate, chi dà e fa le notizie,<br />

quindi conduttori, giornalisti e corrispondenti, infine ha studiato come<br />

sono confezionate le notizie in una prospettiva di genere. Fra i tg che<br />

danno maggiore visibilità all’universo femminile ci sono Francia e<br />

Spagna, il nostro Paese si attesta invece all’ultimo posto con la quota di<br />

presenza femminile più bassa di tutti i tg, inoltre le donne sono presenti<br />

come rappresentanti della gente comune e raramente ricoprono ruoli<br />

autorevoli, come per esempio quello dell’esperto. Mediamente le donne<br />

fanno notizia come vittime due volte più degli uomini (12% contro il 7%).<br />

Sul fronte del chi da o fa le notizie risulta che nel 54% dei casi i<br />

telegiornali sono condotti da donne e l’Italia presenta un dato curioso<br />

con il suo 58% si colloca infatti ben 4 punti sopra la media. Per quanto<br />

riguarda poi la centralità femminile nelle notizie le donne sono raramente<br />

messe al centro, solo l’8% delle notizie è focalizzato su di loro. A fare<br />

notizia sono soprattutto gli uomini, tranne nella cronaca nera, ma a dare<br />

le notizie come conduttrici e giornaliste sono le donne. Le donne sono<br />

poco presenti nell’informazione politica, soprattutto in Italia e Inghilterra<br />

(11% in entrambi i casi). Si distingue invece la Francia dove le notizie di<br />

politica nei tg includono maggiormente le donne. Si nota poi una forte dicotomia<br />

fra i ruoli “comuni” più rappresentati dalle donne e i ruoli<br />

“autorevoli” rappresentati dagli uomini, l’Italia sotto questo punto vista<br />

registra la maggiore segmentazione, tra gli esperti intervistati nei tg<br />

italiani solo il 10% è di sesso femminile (contro il 90% del sesso<br />

opposto), mentre ben il 66% delle opinioni popolari è dato da donne.<br />

La presenza femminile nell'informazione secondo l’ultimo rapporto<br />

Who Makes the News del Global Media Monitoring Report:<br />

http://www.whomakesthenews.org/images/stories/website/gmmp_reports/2010/gmmp_2010_preliminary.pdf<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 14


“Niente retorica e buoni sentimenti.Il<br />

nostro è<br />

Scheda<br />

TELEJUNIOR, TELEJATO<br />

Telejato è una televisione comunitaria a<br />

conduzione familiare, attiva sul territorio di<br />

Partinico da oltre dieci anni. Con il passaggio<br />

al digitale la piccola emittente di Pino Maniaci<br />

rischiava di chiudere i battenti. Una legge<br />

contenuta nella finanziaria 2011, firmata dal<br />

governo Berlusconi, impone regole molto restrittive<br />

per le televisioni comunitarie e a Telejato<br />

non potevano essere assegnate le frequenze.<br />

Grazie a un lavoro di squadra e alla creazione<br />

di un consorzio, la tv antimafia vince la<br />

sua battaglia: al momento dello switch off<br />

può continuare a trasmettere e i canali a sua<br />

disposizione sono diventati sei.<br />

Tra questi c'è Telejunior, il canale dei giovani,<br />

una scuola di giornalismo e un posto<br />

dove s'impara a fare informazione vera. Nonostante<br />

un incendio abbia distrutto il ripetitore<br />

di Monte Bonifato, Telejato non si ferma:<br />

la nuova sede viene inaugurata e, grazie alla<br />

bravura dei tecnici, il segnale ora raggiungerà<br />

anche Agrigento, Messina, Trapani e Palermo.<br />

Giulia Paltrinieri, Telejunior<br />

Quando sono arrivati Francesca e<br />

Nicola abbiamo tirato un sospiro di<br />

sollievo. Quelle facce – diciamo semifresche<br />

– comunicavano ottimismo;<br />

non rimaneva che dividersi il lavoro.<br />

In tarda serata, nonostante la febbre<br />

alta, è arrivato Salvo Intravaglia, il nostro<br />

tecnico. Salvo è innamorato di Telejato.<br />

Quella sera è riuscito a fare miracoli, recuperando<br />

pezzi che credevamo inutilizzabili.<br />

Le attrezzature salvate sono state<br />

montate sul terrazzo della redazione stessa.<br />

C’era un vento bollente, l’unico odore<br />

che sentivamo era quello della puzza di<br />

bruciato. Il segnale su Partinico è tornato<br />

all’una di notte. Ci siamo messi a fare il<br />

telegiornale. La mattina non era potuto<br />

andare in onda, dovevamo dare un segnale<br />

preciso: non ci riuscite a fermare.<br />

Quella notte, seduti per terra su uno dei<br />

balconi della redazione, non riuscivano a<br />

dire molto. Francesca era venuta una sola<br />

volta, eppure sembrava fosse lì da sempre.<br />

Sofia osservava silenziosa. Nicola, instancabile<br />

come sempre, ha cercato di estorcere<br />

sorrisi, e come sempre c’è riuscito.<br />

Puzza di bruciato, sapore di caffè, mozziconi<br />

di sigarette, occhi semichiusi: siamo<br />

andati a dormire come zombi. La nostra<br />

resistenza non sarà mai come quella iPino<br />

e famiglia, è inutile, questione di dna.<br />

www.isiciliani.it<br />

il giornalismo<br />

del lavorare”<br />

I giorni seguenti sono trascorsi tra paura<br />

di non farcela a sistemare tutto entro il 4<br />

(inaugurazione della nuova sede e di<br />

Telejunior), costanti incursioni di<br />

Carabinieri e Polizia, e corse in aeroporto<br />

di Gianni. Ogni giorno arrivavano in<br />

media tre, quattro persone da tutta Italia.<br />

Tutti lasciavamo le nostre città per andare<br />

a Partinico, per esserci all’inaugurazione.<br />

Dopo l'incendio tutto è cambiato<br />

Ma dopo l’incendio tutto è cambiato.<br />

Adesso eravamo davvero una squadra,<br />

perché sentivamo la responsabilità di<br />

quella redazione. Non era più partecipazione<br />

esterna, ma fatica e resistenza. Non<br />

nelle parole, ma negli occhi stanchi di Fabio,<br />

che non si erano mai visti. Nei sorrisi<br />

spezzati di Letizia, nella forza di Giulia,<br />

negli abbracci di Francesca, negli occhi<br />

lucidi di Eleonora. Eravamo lì non perché<br />

facessimo parte di qualcosa: noi eravamo<br />

qualcosa.<br />

Nel viaggio da Bologna, Eleonora –<br />

piccola, ossuta, con due occhi enormi spalancati<br />

sul mondo – aveva perso il cellulare.<br />

Arrivata a Partinico se n’era praticamente<br />

dimenticata. Il mondo esterno era<br />

lontano, c’era una battaglia da combattere<br />

e un’urgenza che ti faceva scordare la<br />

fame. Il sonno no, quello mai.<br />

“Il futuro è sempre così incerto...”<br />

A Borgetto, nella casa in cui la Protezione<br />

Civile ci ospitava, non riuscivamo a<br />

chiacchierare molto. La sigaretta notturna<br />

sulla panchina c’era sempre, per non<br />

smentire le tradizioni: «Ho fatto un paio<br />

d’esami all’università, sono andati bene»,<br />

«Col mio ragazzo.. Crisi nera. Il futuro è<br />

sempre così incerto che....». Sbadigli, tentativi<br />

di discorsi. «Forse è meglio andare a<br />

dormire, domani...». Eleonora ci provava,<br />

ma si addormentava parlando. Le ho sorriso,<br />

le ho fatto una carezza, ma già<br />

russava.<br />

I ragazzi arrivati da Quarrata, in provincia<br />

di Pistoia, non hanno esitato un momento<br />

a mettersi al lavoro: Valentina,<br />

Arianna e Assunta armate di santa<br />

pazienza hanno rimesso a nuovo la redazione,<br />

appendendo quadri, ordinando cassetti<br />

e archivi. Rossano, l’unico uomo toscano,<br />

a cui è toccato sopportare un esercito<br />

di donne a Borgetto, ha provato a tenerci<br />

svegli durante la notte, ma ha saputo<br />

farsi perdonare. «Ti prendo un bicchiere<br />

di spumante, lo vuoi E un pezzo di<br />

torta» ripeteva alle nostre facce stanche<br />

il giorno dell’inaugurazione.<br />

Lo spirito del mestiere<br />

Una giornata di festa che rimarrà nella<br />

storia, anche se la nostra storia – quella di<br />

Telejunior – l’hanno costruita i giorni di<br />

lavoro e di preparazione. Giorni densi,<br />

giorni pieni di entusiasmo, ma anche di<br />

rabbia, di impotenza. Dietro la nuova sede<br />

di Telejato ci sono anni di sacrifici della<br />

famiglia Maniaci. Dietro quel 4 ottobre,<br />

una festa ineccepibile per gli ospiti, c’erano<br />

le mani di Gianni e la dedizione di Nicola,<br />

la passione che nessuno di noi ha lesinato.<br />

Ce ne siamo resi conto tutti, anche se<br />

non ce lo siamo detti per pudore, che il<br />

giornalismo è un’altra cosa. Non è sufficiente<br />

scrivere i pezzi, fare i servizi, cercare<br />

le notizie. Il giornalismo per noi di<br />

Telejunior ha poco a che fare con la retorica<br />

dei buoni sentimenti che la stanchezza<br />

spazza via con facilità. Il giornalismo<br />

era scrostare le attrezzature e sperare in<br />

silenzio che l’ennesimo tentativo di zittirci<br />

non andasse a buon fine. Così è stato:<br />

adesso il segnale raggiungerà Trapani, Palermo,<br />

Messina ed Agrigento. Nel frattempo<br />

quello che è accaduto ci ha insegnato<br />

una cosa: lo spirito del mestiere.<br />

Speriamo di tenerlo a mente.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 15


www.isiciliani.it<br />

Reggio Calabria<br />

Dal boia chi molla<br />

all'arraffa-arraffa<br />

Storia della nuova destra<br />

reggina<br />

di Dario Costantini<br />

14 luglio 1970: i moti di Reggio Calabria.<br />

Da lì ricomincia la storia della destra<br />

eversiva reggina, che ha portato i<br />

fascisti nei palazzi di governo, ripuliti<br />

dall’immagine giovane del leader Giuseppe<br />

Scopelliti.Quella vicenda ha lasciato<br />

un segno tangibile, con cui la città<br />

non ha ancora fatto i conti.<br />

La scelta del capoluogo a Catanzaro, le<br />

promesse politico-industriali, l’università<br />

a Cosenza, mettevano in un angolo Reggio.<br />

I boia chi molla hanno guidato l’onda<br />

del dissenso, giocando un ruolo che è<br />

sconfinato oltre la protesta.<br />

“Questa è la nostra rivolta – dicevva<br />

Ciccio Franco - il primo passo per la rivoluzione<br />

nazionale”. Si capisce cosa balenava<br />

fra le capocce nere, che assaltavano<br />

la prefettura, inneggiavano alla violenza,<br />

tentavano invano di isolare la regione, a<br />

furia di bombe sui treni, dalle mobilitazioni<br />

degli operai del sindacato.<br />

La deleggitimazione dello Stato<br />

La rivolta antisistema missina coincideba,<br />

in tutto o in parte, con la delegittimazione<br />

dello Stato voluta dalla ‘ndrangheta.<br />

Da lì nasce il legame stretto fra la destra<br />

eversiva e le cosche reggine.<br />

E' questo il retroterra su in cui cresce la<br />

figura di Scopelliti: militante del Fronte<br />

della gioventù (di cui diventa segretario<br />

nazionale), idolatra di Almirante, presidente<br />

del consiglio regionale e assessore al<br />

lavoro.<br />

Un uomo di potere, convinto erede di<br />

quella storia, che esaurita la rivolta, si è<br />

invaghita del contropotere mafioso. E ha<br />

rinunciato alla “rivoluzione”, preferendo<br />

gli appalti.<br />

Scopelliti diventa sindaco di Reggio<br />

dopo l’esperienza che aveva regalato più<br />

speranze alla città: l’amministrazione di<br />

Italo Falcomatà, primo e ultimo sindaco<br />

dalla sinistra reggina. La città ricorda ancora<br />

quegli anni: il riscatto delle periferie,<br />

la lotta contro l’arroganza mafiosa, la cura<br />

del territorio.<br />

Morto Falcomatà, Reggio ha pianto. Ma<br />

la sinistra non ha retto il colpo, e il Comune<br />

è finito in mano ai Boia chi molla.<br />

E intanto la Reggio perbene...<br />

La Reggio perbene ha continuato a fare i<br />

soldi schierandosi al fianco del giovane<br />

rampante abituato al potere. È stata confinata<br />

al suo lungomare, ai concerti di Mtv,<br />

Rtl 102.5, ale modelle sul corso. Il palcoscenico<br />

migliore per nascondere una città<br />

che non ce la fa ad arrivare a fine mese. Le<br />

aziende partecipate che non pagano gli stipendi,<br />

le casse integrazioni, i buchi milionari,<br />

la sanità ridotta in frantumi.<br />

Quest’anno nelle vetrine delle librerie<br />

un volantino comunicava alle famiglie che<br />

i cedolini per i libri di testo non sarebbero<br />

stati ammessi perché mai rimborsati.<br />

Intanto il Comune comprava al doppio<br />

del prezzo di mercato Italcitrus, promuoveva<br />

Massimo Pascale segretario del sindaco<br />

e Luigi Tuccio assessore, entrambi<br />

parenti di Pasquale Condello, cugino<br />

dell’altro Pasquale: il Supremo. E apriva<br />

una join venture legata alla cosca Tegano,<br />

stilava una corsia preferenziale per gli appalti<br />

a favore delle aziende amiche.<br />

L’elenco continua con l’arresto di importanti<br />

sostenitors di Scopelliti Governatore,<br />

in primis Santi Zappalà, già condannato a<br />

quattro anni per corruzione elettorale<br />

aggravata dal metodo mafioso. Si sgretola<br />

così l’integrità pubblica del modello<br />

Reggio, morto nella solitudine del suicidio<br />

di Orsola Fallara, lasciata sola al suo<br />

destino, vittima sacrificale di un sistema<br />

che per reggere ha abbandonato la sua<br />

commercialista.<br />

Come attraverseremo il caos<br />

Del modello Reggio restano la disoccupazione<br />

giovanile sopra il 30 per cento, i<br />

servizi inesistenti, l’industrializzazione<br />

realizzata a singhiozzo nel consumo padronale<br />

della forza lavoro, sospesa fra indeterminatezza<br />

ed oppressione, oggetto<br />

della speculazione mafiosa.<br />

La marginalità politica ha portato ad un<br />

senso profondo di abbandono. Da qui nasce<br />

la sfida più alta che deve cogliere la sinistra:<br />

riprendere in mano la missione di<br />

cambiamento reale, perché quel sentimento<br />

non trascenda nell’ostilità della disperazione.Al<br />

capolinea dei poteri egemonici si<br />

ingenera incredulità, seguita dal caos e da<br />

un nuovo ordine che si ricrea. Lo spirito<br />

col quale si attraversa la fase caotica, il<br />

senso di rivolta che attraversa le fasce sociali<br />

più colpite, sarà la premessa sulla<br />

quale si costruirà il futuro.<br />

Una storia da far valere<br />

Reggio Calabria ha una storia che può<br />

far valere. La storia di Italo Falcomatà, dei<br />

sindaci che hanno riscattato le periferie, rivalutato<br />

il lavoro, la bellezza di una terra<br />

affranta. È la reazione dei metalmeccanici<br />

di Trentin alle rivolte fasciste, di quella<br />

strofa di Giovanna Marini, la più bella,<br />

che dà alla gente di Reggio la dignità di<br />

esserci, di contare: “E alla sera Reggio era<br />

trasformata, pareva una giornata di mercato,<br />

quanti abbracci e quanta commozione:<br />

gli operai hanno dato una dimostrazione”.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 16


www.isiciliani.it<br />

accadrà ieri REWIND FORWARD accadde domani<br />

a cura di Francesco Feola<br />

Dodicimila<br />

MINATORI LICENZIATI<br />

Il 5 ottobre il primo produttore mondiale<br />

di platino, Amplats, annuncia il<br />

licenziamento di 12.000 dei 28.000 minatori<br />

che da giorni hanno proclamato<br />

uno sciopero selvaggio a Rustenburg,<br />

nel nord del Sudafrica. Nei giorni seguenti<br />

gli scontri fuori alle miniere<br />

continueranno, facendo alcuni morti<br />

tra i minatori.<br />

I giudici<br />

SCIOPERANO PER LA GIUSTIZIA<br />

Il 6 ottobre 800 magistrati marocchini<br />

partecipano ad un sit-in davanti alla<br />

Corte di cassazione di Rabat chiedendo<br />

maggiore autonomia, la fine della corruzione<br />

nel sistema giudiziario, e migliori<br />

condizioni, sia salariali che lavorative<br />

Dopo Gheddafi<br />

(E BERLUSCONI) UNO NUOVO<br />

Il 15 ottobre in Libia Ali Zeidan viene<br />

eletto primo ministro. Oppositore di<br />

Gheddafi fin dal 1980, quando disertò<br />

abbandonando l’ambasciata libica in<br />

India, Ali Zeidan dovrà riuscire a formare<br />

un nuovo governo, impresa non<br />

riuscita al suo predecessore, Mustafa<br />

Abu Chagour.<br />

Bombe, soldati<br />

E RELIGIONI: MIX SBAGLIATO<br />

Il 16 ottobre l’esercito nigeriano annuncia<br />

di aver ucciso a Maiduguri 24<br />

membri del gruppo islamista Boko Haram<br />

colpevoli di aver fatto esplodere<br />

alcune bombe. L’obiettivo dell’organizzazione<br />

è quello di imporre la sharia,<br />

ovvero la legge islamica, nel paese.<br />

I pratesi faranno<br />

LA PACE CON LA CINA<br />

Mercoledì 9 novembre a Prato, nella<br />

Sala del Consiglio provinciale, in via<br />

Ricasoli 25, verrà presentato il VII<br />

Rapporto Immigrazione Oltre la “pratesità”.<br />

Identità e appartenenze nella<br />

città multiculturale.<br />

www.pratomigranti.it<br />

La Sapienza<br />

PROVA A MEDIARE<br />

Scade il 26 novembre il termine per<br />

partecipare al master di primo livello<br />

in “Mediazione interculturale per la salute”,<br />

organizzato dal dipartimento di<br />

Scienze medico chirurgiche dell’Università<br />

la Sapienza di Roma. Lo scopo<br />

è formare persone che operino<br />

nell’assistenza a persone e comunità<br />

migranti, rom e sinta.<br />

www.romamultietnica.it/it/news/master/item/9287-master-in-mediazioneinterculturale-per-la-salute.html<br />

In senso inverso<br />

ROMA E IL TEATRO STRANO<br />

Domenica 4 novembre comincia a<br />

Roma, in via Vaiano 7-15, il Laboratorio<br />

teatrale multietnico promosso<br />

dall’associazione Aniwe/Per tutti con<br />

Insensinverso. Il laboratorio si svolgerà<br />

da novembre fino ad aprile 2013.<br />

www.romamultietnica.it/it/news/teatro/<br />

item/9223-laboratorio-teatrale-multietnico.html<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 17


www.isiciliani.it<br />

Messina/ Il caso Bottari<br />

L'omicidio eccellente<br />

da cui cominciò tutto<br />

Fanno presto a passare,<br />

quindici anni. E<br />

chi se lo ricorda più<br />

com'era, Messina, prima<br />

del secondo terremoto<br />

- quello mafioso<br />

di Antonio Mazzeo<br />

Il prossimo 15 gennaio saranno trascorsi<br />

già quindici anni da quella maledetta<br />

sera in cui fu assassinato a<br />

Messina il professore Matteo Bottari,<br />

stimato gastroenterologo del policlinico<br />

universitario. Tre lustri, un tempo<br />

immenso. Un delitto efferato che stordì<br />

una città permeata di silenzi, omertà,<br />

luoghi comuni. A partire da quello di<br />

essere esente da qualsivoglia condizionamento<br />

della criminalità organizzata.<br />

I silenzi, le omertà e i luoghi comuni<br />

persistono come allora. E al povero professore<br />

Bottari continua ad essere negata<br />

memoria e giustizia. Perché Messina ha<br />

metabolizzato il sangue e ha scelto di<br />

continuare a vivere sotto il dominio della<br />

borghesia mafiosa. E perché gli inquirenti<br />

è come se avessero gettato la spugna,<br />

sconfitti, dopo aver brancolato quindici<br />

anni nel buio senza riuscire ad individuare<br />

i moventi, i mandanti, neanche<br />

l’ombra dei prezzolati angeli della morte<br />

del professionista.<br />

Poco dopo le 21 del 15 gennaio 1998,<br />

il professore Bottari si era messo alla<br />

guida della propria auto, un’Audi 100 di<br />

colore nero a trazione integrale.<br />

Giunto all’incrocio tra il viale Regina<br />

Elena e il torrente Annunziata, nella zona<br />

residenziale a nord della città, l’auto<br />

rallentò, forse per il rosso del semaforo,<br />

forse per lo squillo del cellulare. Bottari<br />

era tallonato da un pezzo ma non si<br />

accorse di nulla. Superato il semaforo, la<br />

sua Audi venne raggiunta e affiancata da<br />

una moto. Scattò l’agguato.<br />

Pallettoni calibro 45<br />

Uno dei killer imbracciava una lupara<br />

con pallettoni calibro 45, quelli usati per<br />

la caccia al cinghiale. Erano rivestiti di<br />

rame. Rinforzati, indeformabili, per non<br />

dare scampo alla vittima. Poggiata<br />

l’arma sul finestrino della fiancata destra,<br />

fu fatto esplodere il caricatore. I proiettili<br />

devastarono la testa del professionista,<br />

che si accasciò agonizzante sul volante.<br />

L’auto finì contro un marciapiede del<br />

lungo stradone della Panoramica.<br />

Titolare della cattedra di diagnostica e<br />

chirurgia endoscopica dell’Università e<br />

docente di numerose scuole di specializzazione<br />

della facoltà di Medicina, Matteo<br />

Bottari svolgeva l’attività chirurgica anche<br />

presso cliniche private della città di<br />

Messina e della Calabria. La sua non era<br />

però una vita confinata tra le aule universitarie<br />

e le sale operatorie.<br />

Genero dell’ex rettore dell’Ateneo Guglielmo<br />

Stagno d’Alcontres, antiche radici<br />

nobiliari nella penisola iberica, Bottari<br />

frequentava i circoli esclusivi della borghesia<br />

peloritana. Vantava pure un’affiliazione<br />

dal 1990 alla prestigiosa loggia<br />

“Giordano Bruno” del Grande Oriente<br />

d’Italia, quella frequentata dai docenti di<br />

punta dell’ateneo, compreso il futuro rettore<br />

Diego Cuzzocrea. Ed era membro<br />

del Rotary Club di Taormina insieme<br />

all’imprenditore Dino Cuzzocrea, il fratello<br />

di Diego, anch’egli massone e contitolare<br />

della clinica privata “Cappellani”<br />

presso cui il Bottari stesso operava da<br />

quattro mesi, due pomeriggi la settimana.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 18<br />

Da quella clinica il gastroenterologo si<br />

era allontanato per raggiungere la propria<br />

abitazione la sera che venne assassinato.<br />

Per trovare una spiegazione o un indizio,<br />

la polizia indagò a 360 gradi sulla<br />

vita e le relazioni umane e professionali<br />

della vittima. Scartata la pista dell’omicidio<br />

d’onore che avrebbe potuto fare le<br />

fortune dei rotocalchi rosa, si puntò il<br />

dito sugli inevitabili contrasti nel mondo<br />

accademico e sulle gelosie di qualche<br />

collega in competizione per una cattedra.<br />

Era scoppiata da poco l’inchiesta sulle<br />

megaforniture di farmaci e apparecchiature<br />

in campo sanitario, amici e colleghi<br />

del Bottari c’erano implicati fino al collo,<br />

ma anche questa pista si arenò per<br />

l’assenza di plausibili riscontri.<br />

Poi ci s’indirizzò inutilmente sugli<br />

appalti per la ristrutturazione e l’ampliamento<br />

del policlinico che avevano fomentato<br />

appetiti di avvoltoi e sciacalli.<br />

Le ipotesi di depistaggio<br />

S’ipotizzò persino che il gastroenterologo<br />

fosse stato vittima di una vendetta<br />

trasversale, magari per uno sgarbo commesso<br />

dal potente congiunto.<br />

O che si fosse trattato di un tragico e<br />

imperdonabile “errore di persona”: lo<br />

suggeriva qualche cronista locale e<br />

l’allora direttore amministrativo del<br />

policlinico Salvatore Leonardi, ex<br />

presidente della provincia ed ex sindaco<br />

di Messina. “Un delitto di mafia, ma<br />

anche di soldi, tanti soldi e di affari”,<br />

spiegò l’allora superprocuratore<br />

antimafia Pierluigi Vigna, consentendo<br />

così che si accendessero finalmente i riflettori<br />

dei media nazionali sulla città<br />

babba, quella che in tanti credevano essere<br />

l’isola felice risparmiata dall’occupazione<br />

mafiosa. Dopo una lunga indagine<br />

della Commissione parlamentare antimafia,<br />

il suo vicepresidente, l’on. Nichi<br />

Vendola l’etichettò invece come la “città<br />

verminaio”.<br />

Oggi a quel delitto la stramaggioranza<br />

dei messinesi non ci pensa più e l’impunità<br />

non turba i sogni di amministratori e<br />

pubblici funzionari.


www.isiciliani.it<br />

Tutti, tranne il comandante del Corpo<br />

di polizia municipale, Calogero Ferlisi,<br />

che alla sera del 15 gennaio di quindici<br />

anni fa ci pensa spesso e con<br />

inquietudine. “Forse ero io, quel giorno,<br />

la vittima designata dalla criminalità<br />

mafiosa”, afferma Ferlisi. Pure lui teme<br />

che Matteo Bottari sia scomparso per un<br />

errore di persona. La sua persona.<br />

La battaglia di Calogero Ferlisi<br />

Nell’ottobre 2010, Calogero Ferlisi ha<br />

deciso di presentare un esposto al procuratore<br />

della Repubblica e al prefetto di<br />

Messina per esporre i propri dubbi e timori,<br />

quelle oggettive “coincidenze” che<br />

lo legherebbero all’efferato delitto in cui<br />

Messina perse la sua equivoca innocenza.<br />

C’era innanzitutto la sua sorprendente<br />

somiglianza fisica con il professore Bottari<br />

e il possesso, al tempo, di un’autovettura<br />

Audi 100 di colore scuro, lo stesso<br />

modello cioè di quella in cui viaggiava<br />

il professionista quando fu raggiunto<br />

dai killer. E nel gennaio 1998 erano appena<br />

cinque le Audi 100 circolanti in tutta<br />

la città.<br />

Il comandante del corpo di polizia municipale<br />

ha raccontato agli inquirenti che<br />

in quei mesi era solito percorrere quotidianamente<br />

il tragitto compreso tra la<br />

propria abitazione e quella della madre<br />

ubicata sulla Panoramica. Qualche tempo<br />

prima del delitto, inoltre, la sua autovettura<br />

era stata danneggiata ad opera di<br />

ignoti dopo essere stata parcheggiata sotto<br />

casa. “Il possibile scambio di persona<br />

da parte degli assassini potrebbe essere<br />

stato facilitato dal fatto che il luogo del<br />

delitto era poco illuminato e la visibilità<br />

era ulteriormente ridotta a causa di un<br />

acquazzone”, ha ricordato Ferlisi. “La<br />

vittima stava inoltre utilizzando un cellulare<br />

che potrebbe avergli coperto parzialmente<br />

il volto”.<br />

Come pubblico ufficiale, la criminalità<br />

organizzata aveva più di un buon motivo<br />

per decidere di liberarsi di lui con la violenza.<br />

Nel gennaio 1998, Ferlisi aveva 39<br />

anni (10 in più di Bottari), era capitano<br />

di corvetta della Marina militare e<br />

prestava servizio presso l’Ufficio demanio<br />

della Capitaneria di porto di Messina<br />

con l’incarico di responsabile della sezione<br />

demanio-contenzioso.<br />

Il reparto di Ferlisi si caratterizzò allora<br />

per l’instancabile e rilevantissima attività<br />

repressiva, concretizzatasi in particolare<br />

con la demolizione e il sequestro<br />

di casupole, piscine, esercizi commerciali,<br />

ristoranti, alberghi, ecc., insistenti sul<br />

demanio marittimo.<br />

Nella sua relazione sull’attività di polizia<br />

giudiziaria svolta dall’1 luglio 1998<br />

al 30 giugno 2009, la Capitaneria di porto<br />

di Messina segnalava di aver comunicato<br />

192 notizie di reato per “violazione<br />

di norme in materia di demanio marittimo,<br />

polizia dei porti, sicurezza della navigazione,<br />

pesca e inquinamento<br />

marino”.<br />

704 verbali per violazioni<br />

Erano stati sottoscritti 704 verbali di<br />

accertamento per violazioni amministrative<br />

e ordinato il sequestro di 129 aree<br />

con relativi manufatti abusivi, 11 automezzi<br />

impiegati per discariche abusive,<br />

56 reti ed attrezzature di pesca e<br />

un’imbarcazione da diporto. Nonostante<br />

l’esito favorevole delle operazioni, la Capitaneria<br />

lamentava tuttavia “la non tempestiva<br />

collaborazione” degli organi tecnici<br />

preposti all’elaborazione della documentazione<br />

tecnica necessaria per<br />

l’appalto dei lavori di demolizione ordinati.<br />

Il reparto diretto da Calogero Ferlisi,<br />

nello specifico, si era messo in luce per<br />

l’azione di monitoraggio degli scarichi<br />

abusivi, per la mappatura di alcune chiusure<br />

abusive sull’accesso al mare e per le<br />

indagini sulle occupazioni abusive nelle<br />

spiagge della zona di Mortelle-Tono, tra<br />

le più belle dal punto di vista paesaggistico.<br />

Per occupazione abusiva di suolo demaniale<br />

era stata denunciata perfino<br />

l’Enel ed erano state aperte indagini<br />

sull’utilizzo dei padiglioni della Fiera di<br />

Messina per le feste private di facoltosi<br />

cittadini e sulle violazioni alle norme sulla<br />

sicurezza della navigazione nello<br />

Stretto, corridoio marittimo superaffollato<br />

e ad alto rischio di collisione. Erano<br />

stati avviati controlli a tappeto sulle attività<br />

degli stabilimenti balneari e sulla localizzazione<br />

dell’inceneritore di san Ranieri<br />

(oggi dismesso) all’interno delle<br />

strutture superstiti della cittadella-fortezza<br />

del seicento, nella centralissima zona<br />

falcata di Messina.<br />

A riprova della serietà dell’impegno<br />

nel contrasto alle illegalità, la Capitaneria<br />

di porto aveva pure istituito una sezione<br />

“ambiente” con compiti di tutela e<br />

valorizzazione della fascia costiera e aveva<br />

firmato un protocollo d’intesa con<br />

l’associazione Legambiente per una collaborazione<br />

nel controllo ambientale.<br />

I provvedimenti emessi della Capitaneria<br />

generarono un introito record, per gli<br />

indennizzi, di circa 5 miliardi di vecchie<br />

lire, prelevati in parte dalle tasche della<br />

Messina bene, professionisti, imprenditori<br />

e persino elementi di spicco della criminalità<br />

mafiosa.<br />

Tra i manufatti attenzionati ci fu pure,<br />

in contrada Marmora-Rodia, la megavilla<br />

di 2.085 metri quadri con tanto di parco,<br />

piscina olimpionica e campi da tennis di<br />

proprietà di Michelangelo Alfano, ritenuto<br />

sino al suo misterioso “suicidio”, nel<br />

2005, come l’“anello di congiunzione tra<br />

Cosa Nostra e la mafia messinese”.<br />

Ferlisi contro Riina<br />

Nell’immobile si sarebbe nascosto per<br />

qualche tempo il superboss Totò Riina e<br />

dopo la recente confisca è entrato a far<br />

parte del patrimonio comunale. Fu lo<br />

stesso Calogero Ferlisi a guidare, nel<br />

1998, i militari che effettuarono il sopralluogo<br />

alla villa che ricadeva in parte sul<br />

demanio marittimo.<br />

“Ci fece entrare il buttafuori dalla<br />

spiaggia e ci accolsero quasi gentilmente”,<br />

ricorda il comandante dei vigili. “Alfano<br />

era con alcuni suoi familiari e amici<br />

nella sauna. Ci ricevette lì, nella sauna<br />

stessa, ma noi eravamo in divisa. Andammo<br />

via madidi di sudore ma sequestrammo<br />

la parte della villa abusiva”.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 19


www.isiciliani.it<br />

Durante la campagna anti-abusivismo,<br />

Calogero Ferlisi ricorda pure di aver monitorato<br />

gli immobili di proprietà del presidente<br />

di sezione del Tribunale civile di<br />

Messina, Giuseppe Savoca, del costruttore<br />

Salvatore Siracusano e dell’ex sottosegretario<br />

al Tesoro, on. Santino Pagano. I<br />

tre vennero successivamente indagati (e<br />

prosciolti) nell’ambito dell’inchiesta<br />

Gioco d’azzardo su una presunta associazione<br />

mafiosa internazionale dedita al<br />

traffico di armi e riciclaggio di denaro<br />

sporco.<br />

Fra Savoca e Siracusano<br />

“Trovandomi a leggere sulla stampa alcuni<br />

passi dell’ordinanza di custodia cautelare<br />

emessa dai magistrati - racconta<br />

Ferlisi - mi sono imbattuto su un’intercettazione<br />

ambientale, avvenuta in un bar<br />

del centro di Messina nell’estate del<br />

2001, in cui il dottore Savoca e il costruttore<br />

Siracusano si soffermavano<br />

sull’omicidio Bottari. Per gli interlocutori<br />

si sarebbe potuto trattare di un errore<br />

nell’individuazione della vittima. Proprio<br />

ciò che penso e temo di più”.<br />

Ma, dopo che gli ha sparato gli ha detto:<br />

ma non credete che avete sbagliato<br />

vittima, direbbe il Siracusano nell’intercettazione.<br />

Loro erano andati ad ammazzarlo<br />

a domicilio - onestamente visto che<br />

non c’era nessuna possibilità di scelta,<br />

loro non sono andati, la replica di Savoca.<br />

Ci sono i figli di Bottari. Gli feriscono<br />

un figlio. Si sono accorti di una macchina<br />

della Polizia. Poi le voci si accavallano.<br />

No, se ne è accorto lui, spiega<br />

un “altro soggetto non individuabile”,<br />

come scrivono gli inquirenti. Poi è ancora<br />

Siracusano: Lui gli ha detto c’è ne andiamo<br />

sul sicuro. Allora hanno deciso<br />

che gli conveniva di farlo quando stava<br />

fuori, in mezzo alla strada. Ora è Lui che<br />

comanda.<br />

Per la cronaca, il magistrato e il costruttore<br />

hanno contestato la veridicità<br />

delle trascrizioni, accusando gli uomini<br />

della Direzione investigativa antimafia di<br />

averne manipolato il contenuto. Dopo<br />

una serie di perizie e controperizie, nel<br />

luglio 2011 il Giudice per le indagini<br />

preliminari di Lecco aveva messo un<br />

punto alla querelle emettendo la sentenza<br />

di proscioglimento nei confronti degli investigatori,<br />

ma la Cassazione l’ha annullata<br />

rinviando il fascicolo al Gip.<br />

A rendere ancora più complessa la vicenda<br />

è quanto avvenuto un anno e mezzo<br />

dopo il delitto Bottari. Il 30 settembre<br />

1999, Calogero Ferlisi fu improvvisamente<br />

trasferito da parte del comando<br />

generale delle Capitanerie di porto alla<br />

Capitaneria di Crotone. Dopo essersi inutilmente<br />

opposto all’anomalo provvedimento,<br />

il successivo 2 ottobre Ferlisi decise<br />

di rassegnare le proprie dimissioni<br />

dal corpo militare. Lo scalpore fu enorme<br />

e ci furono attestati di solidarietà da<br />

parte di associazioni e forze politiche peloritane.<br />

Il 7 ottobre 1999 fu presentata<br />

un’interrogazione da parte del sen. Giovanni<br />

Russo Spena (Prc).<br />

Il trasferimento di Ferlisi<br />

“Lo spostamento senza preavviso (di<br />

norma trascorrono quattro mesi) desta<br />

sconcerto per i tempi e i modi con i quali<br />

si è mosso il comando generale delle capitanerie<br />

di porto”, scrisse il parlamentare.<br />

“Si coglie il capo sezione nel pieno di<br />

un attacco senza precedenti contro l’illegalità<br />

che da decenni ha invaso e deturpato<br />

il patrimonio demaniale del Messinese.<br />

Chiediamo pertanto di sapere quali<br />

reali motivi abbiano spinto ad agire il<br />

Ministero della difesa, su cui gravano legittimi<br />

sospetti di aver voluto bloccare<br />

l’opera moralizzatrice, altamente meritoria,<br />

del Ferlisi”.<br />

L’11 ottobre del 2001 fu il deputato leghista<br />

Dario Galli a presentare<br />

un’interrogazione al ministro delle infrastrutture<br />

e dei trasporti. La risposta, scritta,<br />

arrivò il 4 marzo successivo con la<br />

firma del sottosegretario Nino Sospiri.<br />

“Le motivazioni che hanno indotto il<br />

comando generale delle capitanerie di<br />

porto ad adottare il provvedimento di<br />

trasferimento sono state dettate dalla<br />

necessità di tutelare l’ufficiale, atteso che<br />

la presenza dello stesso nella sede di<br />

Messina, per sua stessa ammissione,<br />

aveva fatto emergere ipotesi di<br />

incompatibilità ambientale”. Tutelare. Da<br />

cosa e da chi Questo il governo non lo<br />

ha spiegato, come non ha spiegato le<br />

ragioni di una supposta incompatibilità<br />

ambientale del Ferlisi. Che però a<br />

Messina c’è rimasto sino ad oggi in<br />

qualità di comandante del Corpo di<br />

polizia municipale.<br />

“Ci siamo incrociati con il Ferlisi in<br />

occasione della campagna di Legambiente<br />

Messina contro le chiusure abusive degli<br />

accessi in spiaggia nella zona di Torre<br />

Faro-Mortelle”, ricorda Daniele Ialacqua,<br />

animatore della Rete No Ponte ed ex presidente<br />

del circolo ambientalista. “La Capitaneria<br />

era già intervenuta in passato,<br />

nel quadro di una serie d’interventi contro<br />

l’abusivismo costiero, ma grazie a<br />

Ferlisi l’azione questa volta fu più incisiva,<br />

arrivando a mettere in discussione anche<br />

la legittimità di una serie di ville di<br />

vip.<br />

La notizia del suo inopportuno e sospetto<br />

trasferimento d’ufficio in Calabria,<br />

in piena ed efficace azione repressiva<br />

delle varie illegalità perpetrate a danno<br />

del demanio marittimo, ci spinse ad una<br />

dura presa di posizione nei confronti dei<br />

vertici marittimi e a dar vita ad una campagna<br />

di solidarietà con sit-in, comunicati<br />

stampa e l’invio di lettere di protesta al<br />

Ministero. A tal riguardo ricordo che inaspettatamente<br />

quest’ultimo ci rispose respingendo<br />

le nostre accuse e adducendo<br />

motivazioni al trasferimento che sorpresero<br />

lo stesso Ferlisi quando lo<br />

mettemmo al corrente della risposta”.<br />

Perché l'hanno allontanato<br />

Le vere ragioni di quell’allontanamento<br />

restano ancora ignote. E altrettanto<br />

ignote e inspiegabili, restano le ragioni<br />

che hanno spinto Cosa nostra ad uccidere,<br />

selvaggiamente, uno dei più quotati<br />

docenti dell’ateneo peloritano.<br />

Ha collaborato all’inchiesta<br />

Enrico Di Giacomo.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 20


www.isiciliani.it<br />

S C A F F A L E<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 21


Scampia/ La mattanza<br />

La guerra dei<br />

“cattivi ragazzi”<br />

Già 44 omicidi: periferia<br />

nord come il Far<br />

West. Per le strade a<br />

caccia di “nemici” da<br />

uccidere. Chi sono i<br />

“girati”. Chi ha organizzato<br />

le stragi<br />

di Antonio Di Costanzo<br />

ladomenicasettimanale.it<br />

Vecchi boss spodestati. Mire espansionistiche<br />

e “cattivi ragazzi” che vogliono<br />

più potere, più soldi. Ecco la<br />

nuova guerra di Scampia. Una guerra<br />

che parte all’inizio del 2011 quando<br />

comincia la nuova scissione. O meglio,<br />

quando avviene la scissione negli scissionisti.<br />

La scissione<br />

Nel cartello criminale che si era ribellato<br />

ai Di Lauro si apre una frattura. Il<br />

clan guidato dalle famiglie Amato-Pagano,<br />

capaci di aggregare i vari gruppi<br />

scontenti dei Di Lauro e scatenare la faida<br />

del 2004, inizia a scricchiolare.<br />

Nasce un nuovo consorzio del sangue,<br />

formato dagli Abete-Abbinante con gli<br />

alleati Notturno e Aprea. Famiglie legate<br />

anche da solidi legami di parentela che<br />

decidono di ribellarsi alla dittatura degli<br />

Amato-Pagano. Nascono così i cosiddetti<br />

“Girati”.<br />

La nuova strategia<br />

L’obiettivo è quello di ricacciare il clan<br />

che ha guidato la rivolta contro Paolo di<br />

Lauro, alias Ciruzzo ‘o milionario, nei<br />

comuni di Melito, Mugnano e Casavatore.<br />

In pratica i Girati vogliono strappare<br />

Scampia e Secondigliano a quelli che<br />

fino al 2011 sono stati i leader degli scissionisti,<br />

ovvero, vogliono prendersi il più<br />

grande market della droga d’Europa.<br />

Ad accelerare l’inizio della nuova<br />

guerra, sostengono gli inquirenti, sono le<br />

scarcerazioni di Arcangelo Abete e Giovanni<br />

Esposito detto ’O Muort che tornano<br />

su “piazza” proprio quando il gruppo<br />

Amato-Pagano è colpito dall’arresto del<br />

boss Carmine Amato, nipote di Raffaele<br />

detto a Vicchiariella, con le redini delle<br />

famiglie finite nelle mani del solo Mario<br />

Riccio.<br />

I rapporti di forza<br />

Arcangelo Abete, 43 anni, per una serie<br />

di “congiunture favorevoli”, come sostiene<br />

la Procura, gode impropriamente<br />

di una situazione di libertà proprio in una<br />

fase di riassestamento dei rapporti di forza<br />

all’interno della compagine scissionista,<br />

finalizzata a ridurre il potere criminale<br />

degli Amato-Pagano, durante la quale<br />

emergono i gruppi Abete-Abbinante,<br />

capaci di saldare in alleanza anche i Notturmo<br />

e gli Aprea di Barra e lanciare così<br />

la sfida a chi è rimasto fedele a Riccio.<br />

All’inizio di gennaio 2012 la faida in<br />

sedici giorni conta cinque morti: il 5 a<br />

Giugliano, via San Vito, viene ucciso<br />

Rosario Tripicchio; l’11 a Melito tocca a<br />

Patrizio Serrao e il 16 dello stesso mese,<br />

di nuovo a Melito, i killer ammazzano<br />

Fortunato Scognamiglio.<br />

Agguati eccellenti<br />

Il 9 in un’auto bruciata erano stati trovati<br />

i corpi carbonizzati di Raffaele Stanchi,<br />

“Lello bastone” e del suo autista<br />

Luigi Mondò.<br />

Si tratta di un duplice omicidio eccellente<br />

che determinerà altre tragiche conseguenze.<br />

Il conflitto si chiude con un altro<br />

caduto importante: Biagio Biancolella,<br />

figlio di Francesco, detto Ciccio ’o<br />

Manaco, esattore degli Amato-Pagano<br />

per le estorsioni nel settore degli appalti<br />

pubblici e privati nei comuni di Melito e<br />

Mugnano, di cui il figlio aveva preso il<br />

posto. Biancolella cade sotto i colpi dei<br />

sicari il 9 maggio in via Cesare Pavese a<br />

Mugnano.<br />

Dopo questo colpo gli Amato-Pagano<br />

sono costretti a lasciare Napoli e rifugiarsi<br />

nei soli comuni a Nord. Per gli Abete-<br />

Abbinante è la svolta. Ormai hanno in<br />

mano il mercato della cocaina (con un<br />

volume di affari che va dagli otto ai dodici<br />

milioni di euro ogni due mesi) e<br />

sono sicuri di poter conquistare tutte le<br />

vecchie piazze un tempo controllate dai<br />

Di Lauro, accaparrandosi anche i proventi<br />

che derivano dalla vendita di eroina,<br />

hashish e marijuana.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag.22


Nella loro avanzata gli Abete-Abbinante<br />

non hanno fatto i conti, però, con i<br />

“cattivi ragazzi” della cosiddetta “Vianella<br />

Grassi”, il complesso di case simile<br />

a un fortino che sorge in via Vanella<br />

Grassi, alle spalle di corso Secondigliano.<br />

Tra i vecchi boss di Scampia e i giovani<br />

armati di Secondigliano iniziano le<br />

prime frizioni. Un’escalation continua<br />

con episodi eclatanti come quando due<br />

giovani vengono salvati dalla polizia<br />

mentre sono stati sequestrati e legati<br />

all’interno di un’auto.<br />

L’offensiva di quelli della Vianella secondo<br />

gli inquirenti, inoltre, nasconderebbe<br />

la regia occulta del clan Di Lauro<br />

ridimensionato dalla prima faida eppure,<br />

a giudizio degli inquirenti, ancora pienamente<br />

operativo intorno alla leadership<br />

di Marco Di Lauro, 31 anni, latitante da<br />

quando ne aveva 24, figlio del padrino<br />

“Ciruzzo ' o milionario” che è detenuto<br />

dal 16 settembre del 2005.<br />

Il gruppo Vanella Grassi<br />

Il gruppo della Vanella Grassi, rileva la<br />

Procura negli atti dell’inchiesta che alla<br />

fine di luglio ha ricostruito le più recenti<br />

dinamiche criminali di Scampia, “appare<br />

il migliore alleato possibile del clan Di<br />

Lauro”, con l’obiettivo di richiamare alla<br />

base e ricompattare anche “transfughi dal<br />

cartello scissionista, ma già in passato affiliati<br />

al clan Di Lauro e comunque pronti<br />

a ridisegnare e rinegoziare gli assetti<br />

criminali del territorio”.<br />

Un’alleanza quasi naturale considerando<br />

anche i rapporti di alcuni personaggi<br />

di primo piano della Vanella Grassi con i<br />

Di Lauro, come Antonio Mennetta.<br />

Nel marzo del 2007, con il duplice<br />

omicidio Giuseppe Pica e Francesco Cardillo,<br />

all’epoca referenti sul territorio del<br />

clan Di Lauro, il gruppo della Vianella<br />

capeggiato da Salvatore Petriccione (coadiuvato<br />

dai nipoti Fabio Magnetti, Rosario<br />

Guarinio e Antonio Mennetta e da numerosi<br />

killer come Salvatore Frate), che<br />

durante la faida del 2004-2005 costituivano<br />

l’originario gruppo di fuoco di<br />

Marco Di Lauro, passa con gli scissionisti.<br />

La decisione non viene condivisa<br />

subito da Antonio Mennetta, che in<br />

quel periodo era detenuto.<br />

Durante il periodo di detenzione, comunque,<br />

Mennetta non interrompe i<br />

suoi rapporti con il gruppo di appartenenza,<br />

pur manifestando grandi perplessità<br />

per la scelta operata dallo zio e<br />

dagli altri affiliati di aderire al cartello<br />

scissionista.<br />

Il tessitore Marco Di Lauro<br />

Con la sua scarcerazione, nel dicembre<br />

del 2010, torna sul territorio un personaggio<br />

ritenuto dagli inquirenti di primo<br />

piano, in passato fortemente legato a<br />

Cosimo e Marco Di Lauro, che riprende<br />

il proprio ruolo all’interno del clan, soprattutto<br />

nel settore del mercato degli<br />

stupefacenti, con chiare aspirazioni<br />

espansionistiche, cercando di trarre vantaggio<br />

dalla situazione di indebolimento<br />

della cosca Amato-Pagano. Considerato<br />

questo scenario lo scontro con gli Abete-<br />

Abbinante e i loro alleati è conseguenziale<br />

anche perché quelli della Vianella<br />

possono contare su un commando di<br />

fuoco di giovanissimi pronti a tutto.<br />

Il punto di non ritorno<br />

L'episodio eclatante che dà vita alla<br />

terza faida, uno scontro che per la ferocia<br />

ricorda quello iniziato nel 2004, è proprio<br />

l’omicidio di Raffaele Stanchi, alias<br />

Lello ‘o bastone, contabile e gestore della<br />

Piazza di spaccio del Lotto P (le cosiddette<br />

case dei puffi), per conto degli<br />

Amato-Pagano. Questo agguato, eccellente,<br />

assesta un colpo al cuore del clan<br />

segnando il momento di maggiore contrapposizione<br />

nel cartello scissionista,<br />

ma allo stesso tempo determina l’allontanamento<br />

definitivo della compagine della<br />

Vianella Grassi, aprendo un terzo fronte.<br />

“Lello ’o bastone” viene ucciso in quanto<br />

non vuole pagare una partita di droga acquistata<br />

proprio da quelli della Vanella<br />

Grassi.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 23


stare alla dittatura dei nuovi padroni,<br />

quelli Abete-Abbinante, che con gli<br />

alleati Notturno-Aprea hanno strappato<br />

Scampia ai potenti Amato-Pagano.<br />

Esplode uno scontro durissimo che è ancora<br />

in corso con agguati, sparatorie,<br />

conflitti a fuoco con le forze dell’ordine.<br />

Gruppi armati girano a caccia di nemici<br />

da colpire. Due gli episodi più eclatanti:<br />

il 23 agosto sulla spiaggia di Terracina<br />

viene ammazzato Gaetano Marino, detto<br />

“moncherino”, fratello di Gennaro “Mc<br />

Key”.<br />

Per le strade a caccia di “nemici”<br />

Gli hanno tagliato la mano destra<br />

Il 9 gennaio del 2012 in un’auto carbonizzata<br />

vengono trovati due cadaveri.<br />

Uccisi a colpi di arma da fuoco. A una<br />

delle due vittime i killer hanno tagliato la<br />

mano destra.<br />

L’uomo torturato, mutilato e ucciso insieme<br />

con il suo autista non è un personaggio<br />

qualunque ma rispondeva al<br />

nome di Raffaele Stanchi, “contabile e<br />

gestore della piazza di spaccio del Lotto<br />

P per conto degli Amato-Pagano”, lo definiscono<br />

i pm del pool anticamorra Stefania<br />

Castaldi, Maurizio De Marco e<br />

Vincenza Marra. Amante della bella vita,<br />

Stanchi aveva gestito per anni il fiume di<br />

denaro garantito dalle “Case dei Puffi,<br />

una delle piazze di spaccio più redditizi<br />

di Scampia.<br />

Il “contabile” è un camorrista esperto,<br />

uno di quelli che ne ha viste tante e ha<br />

superato indenne le altre faide. Forse si<br />

sente intoccabile e commette un grave<br />

errore: sottovalutare i “cattivi ragazzi”<br />

della Vanella Grassi, ai quali decide di<br />

non pagare una partita di droga ritenendo,<br />

scrive la Procura, che un’azione del<br />

genere non avrebbe avuto alcuna conseguenza<br />

per il loro “scarso rilievo criminale”.<br />

Stanchi viene sequestrato insieme al<br />

suo autista, Luigi Mondò, e ucciso con<br />

lui dopo il macabro taglio della mano destra:<br />

quella con cui avrebbe dovuto versare<br />

il denaro per la partita di droga.<br />

L’omicidio di Stanchi ha due conseguenze:<br />

rappresenta “il momento di maggiore<br />

contrapposizione tra i gruppi del<br />

cartello scissionista” e segna, a giudizio<br />

della Procura, “l’allontanamento definitivo<br />

della compagine della cosiddetta Vanella<br />

Grassi”.<br />

I cattivi ragazzi non intendono sotto-<br />

Pochi giorni dopo in un bar di via<br />

Roma verso Scampia, di fronte al carcere<br />

di Secondigliano, con tre colpi alla nuca<br />

viene freddato Raffaele Abete, fratello<br />

del capoclan Arcangelo, detenuto, e zio<br />

del ventenne Mariano Abete, latitante.<br />

I cattivi ragazzi della Vianella a suon<br />

di piombo riescono a conquistare parte<br />

della piazza di spaccio del Lotto P e la<br />

Vela Celeste.<br />

A Scampia è guerra. Come nel 2004.<br />

Lo Stato reagisce la periferia Nord viene<br />

blindata da polizia e carabinieri, ma la<br />

guerra non si ferma. Commando armati<br />

girano per le strade a caccia di nemici.<br />

Basta solo essere identificato come individuo<br />

vicino al gruppo avversario per diventare<br />

un obiettivo. Per vedersi disegnare<br />

sulla schiena un mirino.<br />

http://www.centoautori.it/index.php/centonews/949-scampia-la-guerra-deigirati-e-dei-cattivi-ragazzi-della-vinella<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 24


www.isiciliani.it<br />

Saccheggio della Biblioteca dei Girolamini<br />

Libri a Dell'Utri<br />

si stringe il cerchio<br />

Da Firenze spuntano<br />

nuove intercettazioni<br />

di Arnaldo Capezzuto<br />

www.ladomenicasettimanale.it<br />

Si allarga lo scandalo dei libri antichi<br />

trafugati dalla biblioteca di Girolamini<br />

a Napoli. Dalla Procura di Firenze<br />

giungono una serie di intercettazioni<br />

telefoniche dove emergono contatti<br />

tra De Caro e Dell'Utri. I due si telefonano<br />

di continuo e parlano principalmente<br />

di affari e testi antichi. L'inchiesta<br />

continua...<br />

“Dottore le ho trovato il 'De rebus gestis'<br />

di Carafa che è uno dei più rari” dice<br />

Massimo De Caro, direttore della Biblioteca<br />

dei Girolamini di Napoli, parlando<br />

con il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri<br />

che gli risponde “Del Carafa, si, non ce<br />

lo abbiamo”. La telefonata è intercettata<br />

il 22 febbraio scorso dalla procura di Firenze<br />

in un altro filone d'indagine.<br />

Libri antichi trafugati<br />

De Caro agli arresti dal 23 maggio per<br />

lo scandalo dei libri antichi trafugati dalla<br />

Biblioteca dei Girolamini interrogato<br />

dai pm ha confermato di aver consegnato<br />

a Dell'Utri, appassionato bibliofilo, tre<br />

testi di Girolamini. Per non mettere nei<br />

guai il senatore del Pdl De Caro però ai<br />

magistrati sottolinea che “Escludo categoricamente<br />

che il parlamentare fosse a<br />

conoscenza della loro provenienza illecita.<br />

Il 'De rebus gestis' l'ho dato personalmente<br />

a Dell'Utri. E' stato un regalo, un<br />

gesto d'affetto”. Secondo De Caro in un<br />

solo caso il parlamentare avrebbe saputo<br />

della provenienza di un testo dalla Biblioteca<br />

dei Girolamini e riguarda la rilegatura<br />

Carnevari. Ma De Caro sostiene<br />

che il libro fu consegnato al fondatore di<br />

Forza Italia e del Pdl solo per “far<br />

verificare da un esperto di fiducia<br />

l'originalità della rilegatura”. I magistrati<br />

non sembrano credere ai racconti dell'ex<br />

Amicizia di interessi<br />

A NAPOLI OLTRE ALLE DOSI<br />

SI SPACCIANO LIBRI RARI<br />

De Caro, l'esecutore<br />

A Napoli oltre alla droga adesso si<br />

spacciano testi rari. All'appello mancano<br />

precisamente duemila e duecento<br />

volumi molti dati all'estero: Germania,<br />

Spagna, Usa, Australia presso case<br />

d'asta o collezioni private. Marino<br />

Massimo De Caro, direttore della<br />

biblioteca dei Girolamini- in carcere dal<br />

23 maggio - è considerato uomo di<br />

Dell'Utri. La sponda del senatore gli ha<br />

consentito – attraverso l'intercessione<br />

anche dell'ex capogabinetto del Mibac<br />

Salvo Nastasi – ad esempio di diventare<br />

consulente prima del ministro Galan e<br />

poi del tecnico Ornaghi e tanto altro.<br />

Tra le mani dell'amico dell'ex premier<br />

Silvio Berlusconi è spuntata<br />

“stranamente” una rara edizione di un<br />

libro di Gian Battista Vico made in<br />

Naples. Ma ci sono altri punti di contatto<br />

tra De Caro e Dell'Utri entrambi sono<br />

indagati dalla Procura di Firenze per<br />

corruzione. “Sfruttando il suo ruolo<br />

istituzionale - si legge negli atti - il senatore<br />

avrebbe favorito alcuni<br />

imprenditori del settore energetico<br />

ricevendo da tali soggetti - per il tramite<br />

di De Caro - somme consistenti di<br />

denaro apparentemente giustificate<br />

dall'acquisto di un documento antico”.<br />

direttore della Biblioteca e hanno calato i<br />

loro assi: un'altra conversazione. E' del<br />

29 marzo. “Massimo fai il prezzo” dice<br />

Dell'Utri. E De Caro: “La prossima<br />

settimana sono solo nel convento, tutto il<br />

convento per me. Se vuole dottore...da<br />

solo...sono solo, ho le chiavi perché i<br />

padri vanno via”.<br />

La domanda sorge spontanea ma perché<br />

invitare Dell'Utri senza la presenza<br />

di altre persone Il mistero resta. Dubbi e<br />

perplessità che sono rimaste tali anche<br />

dopo l'interrogatorio dello stesso senatore<br />

Marcello Dell'Utri che in gran segreto<br />

ascoltato dai magistrati della Procura di<br />

Napoli (Michele Fini, Antonella Serio<br />

coordinati dal procuratore aggiunto Giovanni<br />

Melillo) ha fatto scena muta ed è<br />

andato via. Le indagini proseguono.<br />

Nel mirino degli investigatori<br />

Dell'Utri, condannato per mafia e<br />

sott'inchiesta dalle procure di mezza Italia<br />

è nel mirino degli investigatori. La<br />

sua passione senza freno per i testi rari e<br />

preziosi è sospetta. Forse è un bibiofilo<br />

per necessità.<br />

Un mercato quello dei testi antichi che<br />

si può trasformare in una buona copertura<br />

per chi vuole imbastire operazioni e<br />

movimenti finanziari.<br />

Questa dei libri è una strana storia,<br />

l'ennesima quando c'è di mezzo<br />

Dell'Utri, il grande burattinaio. Silvio<br />

Berlusconi in cui compare come vittima<br />

di una ipotetica estorsione operata dallo<br />

stesso Dell'Utri alla domanda del procuratore<br />

aggiunto di Palermo Antonio Ingroia<br />

di perché ha versato in dodici anni<br />

la somma di 40 milioni di euro al senatore,<br />

l'ex premier ha affermato: “Marcello è<br />

un mio amico e un collaboratore prezioso<br />

ho dato quei soldi perché lui ha solo due<br />

filoni di spesa: famiglia e libri antichi”.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 25


www.isiciliani.it<br />

Trapani<br />

Mafia e antimafia<br />

I volti della mia città<br />

Conosciamo i mafiosi<br />

trapanesi, vecchi e<br />

nuovi. E chi li ha combattuti<br />

e li combatte...<br />

di Rino Giacalone<br />

Nel tempo a Trapani i visi dei boss<br />

sono stati quelli di Totò Minore, Francesco<br />

Messina Denaro, i campieri diventati<br />

latifondisti, Vincenzo Virga e<br />

Francesco Pace, i boss diventati imprenditori,<br />

Mariano Agate e Francesco<br />

Messina, l’imprenditore ed il muratore<br />

diventati mammasantissima da quando<br />

furono ammessi a sedere alla tavola del<br />

corleonese Totò Riina, Vito ed Andrea<br />

Mangiaracina, anche loro mazaresi, che<br />

potevano permettersi (Andrea) di incontrare<br />

a quattr’occhi il ministro degli<br />

Esteri Giulio Andreotti, il senatore a<br />

vita le cui accuse di mafiosità sono state<br />

prescritte (ciòè non più perseguibili<br />

perché il tempo a disposizione dato ai<br />

giudici per pronunciare la condanna è<br />

risultato scaduto quando Andreotti finì<br />

davanti ai giudici di Palermo).<br />

Oggi la mafia è quella di Matteo Messina<br />

Denaro erede di Francesco, il “patriarca”<br />

del Belice, capo di una Cosa nostra<br />

che dalla mafia delle armi e delle bombe è<br />

ora diventata “sommersa” ma per questo<br />

non meno percepibile. Ma è anche la mafia<br />

di imprenditori mai punciuti e che usano<br />

le imprese come un mafioso potrebbe<br />

bene usare un’arma. Ci sono gli imprenditori<br />

che pagano la “quota associativa a<br />

Cosa nostra”, che si informano come debbono<br />

comportarsi se prendono un appalto<br />

fuori da Trapani, come avrebbe fatto Vito<br />

Tarantolo al quale sono stati appena sequestrai<br />

beni oltre 30 milioni di euro, o è<br />

la mafia degli imprenditori che scontati la<br />

pena sono tornati liberi e ricevono ogni<br />

giorno l’omaggio della gente.<br />

Come succede a Ciccio Genna che giorno<br />

per giorno abita al Borgo, una volta<br />

cuore della mafia delle campagne, e dove<br />

riceve saluti e distribuisce consigli.<br />

Oggi la mafia di Matteo Messina Denaro<br />

è fatta anche da insospettabili, persone<br />

apparentemente al di sopra di ogni sospetto,<br />

che si muovono tra la politica e l’economia,<br />

e fanno tanta campagna elettorale<br />

in questi giorni.<br />

La mafia a Trapani non ha colore politico,<br />

te la ritrovi distribuita in modo trasversale,<br />

da sinistra a destra, anche perché<br />

qui non c’è poi una sinistra, tranne rare<br />

eccezioni, così “chiacchierona” contro i<br />

mafiosi e i corrotti, spesso guarda e non<br />

parla.<br />

Montalto, Cassarà, Rostagno...<br />

Conosciamo i volti dell’antimafia che<br />

ha avuto e ha il volto di Gian Giacomo<br />

Ciaccio Montalto, magistrato, ucciso nel<br />

1983, di Ninni Cassarà, capo della Mobile,<br />

ucciso nel 1985, di Mauro Rostagno,<br />

giornalista, ucciso nel 1988, di Giuseppe<br />

Montalto, agente penitenziario, ucciso nel<br />

1995, di Alberto Giacomelli, giudice, ucciso<br />

nel 1988, di Rino Germanà, poliziotto,<br />

commissario a Mazara, sfuggito ai sicari<br />

di mafia nel 1992, di Carlo Palermo,<br />

magistrato, scampato all’autobomba di<br />

Pizzolungo nel 1985, di Margherita Asta,<br />

attivista di <strong>Libera</strong>, figlia e sorella delle<br />

vittime della strage di Pizzolungo, di Giuseppe<br />

Linares, ex capo della squadra Mobile<br />

e oggi dirigente della divisione Anticrimine<br />

della Questura di Trapani da dove<br />

dà la “caccia” ai tesori e alle casseforti<br />

della nuova mafia, di Andrea Tarondo,<br />

magistrato della Procura di Trapani, che<br />

ha alzato tanto il livello di contrasto contro<br />

i mafiosi e i colletti bianchi, andando<br />

anche a riaprire armadi che si pensavano<br />

fossero stati chiusi per sempre come quelli<br />

sulla Gladio trapanese, da meritare una<br />

cimice collocata dentro la sua auto da<br />

qualche manina di un qualche 007, non è<br />

stato lavoro di qualche mafiosetto ma da<br />

specialiasti.<br />

L’antimafia ha il volto sofferente di un<br />

ex prefetto, Fulvio Sodano, inchiodato su<br />

una poltrona e legato ai respiratori per potere<br />

continuare a vivere, cacciato da Trapani<br />

nel 2003, ha ancora il volto di tanti<br />

ragazzi, studentesse e studenti, che hanno<br />

capito quanto grave sia la situazione che<br />

hanno deciso di dedicare ore di studio alla<br />

legalità, smentendo il neo sindaco di Trapani,<br />

un generale dei carabinieri, Vito Damiano,<br />

che aveva detto di non gradire motlo<br />

che di mafia si parlasse a scuola, e invece<br />

questi studenti hanno detto di volere<br />

capire il male che la mafia ha seminato in<br />

questa terra, e conoscere così quali strade<br />

non dovranno mai percorrere.<br />

Vorremmo conoscere adesso i volti di<br />

chi, a sentire qualcuno, ha fatto antimafia<br />

per fare carriera, che così ha ottenuto lavoro,<br />

guadagni, spesso ce li hanno indicati<br />

come “professionisti dell’antimafia” che<br />

era la stessa cosa che tanti anni addietro<br />

veniva pronunciata nei confronti di due<br />

giudici dilaniati dal tritolo mafioso.<br />

Anche Falcone e Borsellino venivano<br />

chiamati professionisti dell’antimafia, additati,<br />

indicati, così alla fine sono finiti<br />

ben posti al centro del mirino che i mafiosi<br />

tenevano acceso attendendo il momento<br />

buono per premere i loto timer: lo hanno<br />

fatto, a Capaci, il 23 maggio del 1992, in<br />

via D’Amelio a Palermo il 19 luglio dello<br />

stesso anno.<br />

Anni prima lo avevano fatto a Pizzolungo,<br />

il 2 aprile 1985, quando cercarono di<br />

uccidere il pm Carlo Palermo e fecero a<br />

pezzetti una mamma ed i suoi due figlioletti.<br />

Nel 1983 stessa cosa, autobomba imbottita<br />

di tritolo, per Rocco Chinnici, il<br />

capo dell’ufficio istruzione di Palermo.<br />

Anche loro venivano guardati come professionisti<br />

dell’antimafia.<br />

Benvenuti a Trapani<br />

Una lunga premessa per dire “benvenuti<br />

a Trapani”. La città della vela e del sale, si<br />

legge all’ingresso della città sui cartelli<br />

turistici, dove nel 2005 si è sperimentato,<br />

prima di attuarlo altrove, il sistema “protezione<br />

civile” e “grandi eventi” per fare<br />

svolgere le gare internazionali della Coppa<br />

America, dove il denaro scorreva a fiumi<br />

e la mafia si ingrassava.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 26


www.isiciliani.it<br />

“...Non solo non si è dimesso, ma ha firmato<br />

un protocollo col ministro dell'Interno Cancellieri...”<br />

La città che in 20 giorni ha messo una<br />

targa su una strada dedicandola ai “grandi<br />

eventi” per celebrare i fasti della vela<br />

mondiale e che invece ha impiegato<br />

decenni, vent’anni, per dedicare una via,<br />

una piazza, alle vittime di Cosa nostra.<br />

D’altra parte Trapani è la città dove i<br />

sindaci andavano dicendo che la mafia<br />

non esisteva mentre Cosa nostra piazzava<br />

autobombe e ammazzava magistrati, e<br />

oggi ci sono sindaci che dicono che di<br />

mafia non bisogna parlarne o che l’antimafia<br />

è peggio della mafia, o ancora ci dicono<br />

che la mafia è sconfitta mentre loro<br />

stessi vengono condannati per favoreggiamento<br />

a imprenditori mafiosi, come è successo<br />

al primo cittadino di Valderice Camillo<br />

Iovino, che condannato non si è dimesso,<br />

ma nemmeno c’è stato chi ha molto<br />

insistito perché lo facesse, e con la faccia<br />

tosta giorni addietro è salito in prefettura<br />

per firmare assieme al ministro<br />

dell’Interno Cancellieri un protocollo di<br />

legalità contro la mafia e la corruzione.<br />

La città di Cosa Nostra e massoneria<br />

Benvenuti a Trapani quindi, la città<br />

dove Cosa nostra e massoneria hanno animato<br />

le stanze del potere segreto ma quello<br />

era, ed è, il vero potere, pubblicamente<br />

riconosciuto; la città cassaforte di Cosa<br />

nostra, dove si è annidato, è cresciuto, il<br />

potere economico dei boss che non portano<br />

più coppole e lupare ma indossano le<br />

grisaglie proprie dei manager; la città<br />

dove sono cresciute a dismisura banche e<br />

finanziarie dinanzi ad una povertà incredibile,<br />

alla disoccupazione crescente.<br />

Qui la mafia si è sommersa da tempo<br />

secondo una precisa strategia, perché così<br />

è diventata impresa, ha fatto diventare<br />

legale il proprio sistema illegale, qui la<br />

mafia “vive” mentre la gente è costretta a<br />

“sopravvivere” e spesso di questo i<br />

cittadini non si rendono conto. Per<br />

disattenzione, per complicità, per quieto<br />

vivere. Benvenuti a Trapani.<br />

Trapani è tante cose, rappresenta lo zoccolo<br />

duro della mafia e non solo perché<br />

qui si nasconde l’ultimo dei grandi latitanti<br />

di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro,<br />

50 anni e dal 1993 ricercato per delitti<br />

e stragi, cresciuto seguendo l’esempio del<br />

padre, il patriarca della mafia belicina,<br />

Francesco Messina Denaro, campiere di<br />

grandi latifondisti, come la famiglia D’Alì<br />

di Trapani, Tonino è senatore dal 1994, e<br />

oggi è sotto processo per concorso esterno<br />

in associazione mafiosa; ma Matteo ha<br />

anche impersonato i due volti della mafia,<br />

quella violenta, militare, di Totò Riina e<br />

quella di Bernardo Provenzano che ha<br />

saputo infiltrarsi dentro i gangli<br />

istituzionali, ritenendo migliore “scendere<br />

a patti con lo Stato”.<br />

La stessa mafia raccontata da Rostagno<br />

A Trapani la mafia resta quella che nel<br />

1988 veniva raccontata da Mauro<br />

Rostagno, forte e inviolabile, protetta da<br />

insospettabili alleati, e così quando invece<br />

del solito boss le indagini colpiscono il<br />

colletto bianco, il professionista, il<br />

politico, spesso arrivano gli attacchi, “il<br />

terzo livello qui non deve toccarsi. E così<br />

succede che a Trapani c’è chi dice che è<br />

l’antimafia che produce la mafia o ancora<br />

c’è chi volendo per forza smentire<br />

sostiene che ci sono notizie gonfiate<br />

messe apposta in giro.<br />

Poi le stesse persone le ritrovi a<br />

celebrare Paolo Borsellino dimenticando<br />

che Borsellino ci ha detto che una<br />

sentenza di assoluzione non significa per<br />

forza non colpevolezza e se il reato penale<br />

non è stato possibile provare tra le pagine<br />

di queste sentenze spesso ci sono elementi<br />

che dovrebbero provocare le condanne<br />

morali, l’espulsione dall’impegno politico<br />

per esempio.<br />

Nelle aule del Tribunale di Trapani si è<br />

spesso ascoltata la storia di una mafia che<br />

è stato tanto sfrontata, che ha avuto, ed<br />

ha, tanti di quegli appoggi e di quelle<br />

complicità, da potere autonegare la sua<br />

esistenza. Il capo mandamento Francesco<br />

Pace, condannato a 20 anni, in un processo<br />

dove nessuno ha pensato di costituirsi<br />

parte civile, intercettato è stato sentito<br />

dire che la mafia lo ha rovinato, poi però<br />

ha continuato quel discorso quel giorno e<br />

negli altri ancora, parlando di appalti da<br />

pilotare, di cemento da vendere, di prefetti<br />

e poliziotti da far mandare via da Trapani.<br />

E quello che il boss andava dicendo trovava<br />

negli stessi momenti riscontro nei salotti<br />

e nei bar, era la prova che la mafia<br />

era capace, e lo è ancora, di fare tam tam<br />

di ciò che pensa e pretende che a pensarlo<br />

siano tutti in questa città. Un giorno<br />

l’allora capo della Mobile, Giuseppe Linares,<br />

si sentì dire da un noto avvocato<br />

che questi aveva saputo il suo trasferimento<br />

da Trapani era questioni di giorni.<br />

Si era creato un tam tam e le parole della<br />

mafia erano così circolate. Il sistema<br />

funziona da tempo: nel 1988 quando ammazzarono<br />

Mauro Rostagno, il capo mafia<br />

di Mazara Mariano Agate interpellato<br />

da altri “picciotti” disse che Rostagno<br />

“era stato ucciso per questione di corna”,<br />

mentre invece l’ordine di morte era partito<br />

da un giardino di agrumi nelle campagne<br />

di Castelvetrano dove Francesco Messina<br />

Denaro aveva convocato chi doveva occuparsi<br />

di “fare stare per sempre zitto quella<br />

camurria di giornalista”. A oltre 20 anni<br />

da quel delitto oggi in Corte di Assise a<br />

Trapani si stanno processando i mafiosi<br />

che uccisero Rostagno, e quella voce che<br />

questi era stato ucciso “per questione di<br />

corna” sfacciatamente è entrata anche in<br />

questa aula di giustizia, e il boss Mariano<br />

Agate, che Rostagno in tv sbeffeggiava,<br />

sarà certamente contento.<br />

Non viviamo in una terra normale purtroppo<br />

e ce ne accorgiamo ogni giorno di<br />

più. In una terra dove ogni giorno dovremmo<br />

ricordare che la mafia è merda,<br />

come diceva fino a 30 anni addietro a Cinisi<br />

Peppino Impastato contando i 100<br />

passi che dividevano la sua casa da quella<br />

di don Tano Badalamenti, prima che una<br />

bomba lo facesse saltare in aria. Anche<br />

Peppino era un professionista dell’antimafia,<br />

e anche lui ha avuto il suo bel tritolo.<br />

Magari lo fanno a Trapani, lo facciamo,<br />

ma spesso tanti lo fanno per fare scena,<br />

spettacolo, spente le luci si torna al solito<br />

andazzo.<br />

Angileri che sta con Crocetta<br />

E così nessuno si stupisce se Doriana<br />

Licata, medico di Campobello di Mazara,<br />

la nipote di un grande imprenditore, Carmelo<br />

Patti, al quale lo Stato vuole confiscare<br />

5 miliardi di euro di beni, perché si<br />

ritiene che quel denaro serva al super latitante<br />

Matteo Messina Denaro, oggi candidata<br />

alle elezioni regionali, ogni giorno<br />

spenda fior di denaro per conquistare il<br />

sostegno della gente, o ancora ti ritrovi<br />

con Crocetta che sostiene il rinnovamento<br />

antimafia della Sicilia soggetti come un<br />

consigliere provinciale, Matteo Angileri,<br />

che fino a qualche giorno addietro andava<br />

sostenendo che quasi era tutto inventato<br />

quello che si diceva su Trapani e se la<br />

prendeva con Michele Santoro per via di<br />

quel reportage dove si raccontava la storia<br />

di quel prefetto che aveva sfidato il potere<br />

mafioso e politico della città. Benvenuti a<br />

Trapani.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 27


www.isiciliani.it<br />

Poteri<br />

Mario Ciancio<br />

fine di un impero<br />

Il giudice di Catania<br />

non ha accolto la richiesta<br />

di archiviazione<br />

avanzata dalla Procura<br />

etnea<br />

di Claudia Campese<br />

e Salvo Catalano<br />

www.Ctzen.it<br />

Adesso l’uomo più potente di Catania<br />

potrebbe affrontare per la prima volta<br />

un vero processo con l’accusa di concorso<br />

esterno in associazione mafiosa.<br />

Nel frattempo ha annunciato un piano<br />

di tagli nelle sue due emittenti televisive<br />

del 50 per cento dei lavoratori, che hanno<br />

bloccato per una settimana tutte le<br />

trasmissioni.<br />

Non è un periodo fortunato per l’uomo<br />

più potente di Catania. Mario Ciancio<br />

Sanfilippo, editore del quotidiano monopolista<br />

cittadino La Sicilia e imprenditore<br />

nel settore dell’edilizia, negli ultimi mesi<br />

ha annunciato, in nome della crisi, tagli<br />

del 50 per cento dei lavoratori nelle sue<br />

due televisioni.<br />

Ma ad impensierire maggiormente l’ex<br />

presidente della federazione degli editori<br />

italiani è l’indagine sul suo conto dei magistrati<br />

catanesi.<br />

Dopo quasi trent’anni di apparente immunità,<br />

infatti, Ciancio è stato iscritto nel<br />

registro degli indagati nel marzo del 2009<br />

con l’accusa di concorso esterno in associazione<br />

mafiosa.<br />

L’ultima novità sta nella decisione del<br />

gip Luigi Barone che qualche settimana fa<br />

non ha accolto la richiesta di archiviazione<br />

per l'accusa di concorso esterno in associazione<br />

mafiosa avanzata dalla Procura<br />

etnea nel maggio scorso.<br />

E ora, imputazione coatta<br />

Adesso si dovrà attendere la nuova<br />

udienza, già fissata da Barone, in cui le<br />

strade possibili sono tre: l’archiviazione,<br />

ulteriori indagini sull’editore e i suoi presunti<br />

rapporti oppure un’imputazione<br />

coatta e l’inizio di un processo. Resta il<br />

fatto che la Procura è stata smentita per la<br />

quarta volta in poco tempo.<br />

Dopo i fratelli Raffaele e Angelo Lombardo<br />

e il senatore Fli Nino Strano, stavolta<br />

è toccato all’ottantenne imprenditore-editore.<br />

Quattro accuse di concorso esterno in<br />

associazione mafiosa, quattro richieste di<br />

archiviazione, quattro rifiuti da parte dello<br />

stesso giudice per le indagini preliminari:<br />

Luigi Barone.<br />

Al centro dell’indagine c’è la costruzione<br />

del centro commerciale La Rinascente-<br />

Auchan vicino all’aeroporto Fontanarossa<br />

di Catania. «Al quale era tra gli altri interessato<br />

anche Mario Ciancio», spiegano i<br />

magistrati. E, tra gli altri, ipotizzavano,<br />

anche alcuni esponenti criminali e<br />

presunti tali. A occuparsi della costruzione<br />

sarà la ditta dei fratelli Basilotta,<br />

considerata dai magistrati vicina a Cosa<br />

Nostra e oggi tra le carte del processo<br />

Iblis e del suo stralcio sui Lombardo.<br />

Nell’indagine etnea non mancano episodi<br />

e racconti che hanno fatto un pezzo della<br />

storia dell’informazione a Catania. Dalla<br />

mancata pubblicazione, da parte de La<br />

Sicilia, dei necrologi del giornalista Giuseppe<br />

Fava e del commissario di Polizia<br />

Beppe Montana – uccisi dalla mafia rispettivamente<br />

nel 1984 e ’85 – agli scritti,<br />

privi di contestualizzazione sui personaggi,<br />

riguardanti Angelo Ercolano, incensurato<br />

nipote del boss Pippo Ercolano, e<br />

Vincenzo Santapaola, figlio del boss etneo<br />

Nitto.<br />

Ma gli elementi a disposizione della<br />

Procura etnea risalgono anche a più in là<br />

nel tempo. Come quando il boss Pippo Ercolano,<br />

che non aveva gradito un articolo<br />

de La Sicilia in cui lo si definiva mafioso,<br />

andò a fare una scenata in redazione.<br />

La scenata del boss in redazione<br />

Ciancio, non presente, avrebbe saputo,<br />

racconta il collaboratore di giustizia Angelo<br />

Siino che accompagnava il boss. E<br />

sarebbe stato lo stesso editore-direttore, al<br />

chiuso del suo ufficio e in presenza di Ercolano,<br />

a sgridare il cronista responsabile<br />

secondo quanto riportato in diverse ordinanze<br />

del processo Orsa Maggiore firmate<br />

dal gip Antonino Ferrara.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 28


www.isiciliani.it<br />

“E alla fine<br />

licenziare<br />

quelli che<br />

non servono<br />

più”<br />

Un atteggiamento che ha fatto definire<br />

l’editore etneo da Siino come un uomo<br />

«a disposizione» di Cosa Nostra.<br />

All’attenzione dei magistrati, infine,<br />

anche alcuni articoli de La Sicilia pubblicati<br />

durante le indagini per l’omicidio del<br />

giornalista Giuseppe Fava. Come ricostruiva<br />

un dossier de I <strong>Siciliani</strong> Nuovi,<br />

era il 1994 e il quotidiano etneo informava<br />

che il pentito Maurizio Avola si era<br />

autoaccusato non solo di aver ucciso il<br />

cronista catanese, ma anche il generale<br />

Carlo Alberto Dalla Chiesa.<br />

Troppo giovane e alle prime armi per il<br />

secondo omicidio, avvertiva il<br />

quotidiano etneo, avanzando velati dubbi<br />

sulla sua credibilità. Ma Avola non aveva<br />

mai parlato di Dalla Chiesa, sottolineava<br />

SCHEDA<br />

MARIO CIANCIO<br />

Classe 1932, Mario Ciancio Sanfilppo è direttore<br />

ed editore del quotidiano etneo La Sicilia.<br />

Insieme alla figlia Angela siede nel consiglio<br />

di amministrazione dell'agenzia di stampa<br />

Ansa, di cui è stato anche vicepresidente.<br />

Ex presidente della federazione degli editori<br />

italiani Fieg ha partecipazioni in diversi giornali<br />

dell'isola e del Sud Italia, in tv e radio sia<br />

locali che nazionali, possiede lo stabilimento<br />

tipografico dove vengono stampati i quotidiani<br />

nazionali per la Sicilia e Reggio Calabria e<br />

l'agenzia di pubblicità Publikompass. Tra i<br />

suoi interessi imprenditoriali, oltre all'editoria,<br />

anche il settore dell'edilizia. Con la sua ditta<br />

Cisa – dalle iniziali dei suoi due cognomi – si<br />

è occupato di diverse costruzioni cittadine,<br />

anche pubbliche. Come il recente progetto di<br />

due parcheggi catanesi in project financing finiti<br />

sotto sequestro da parte della magistratura.<br />

L'accusa è di presunte irregolarità commesse<br />

in fase di assegnazione dei lavori dalla<br />

giunta comunale allora guidata dal sindaco<br />

etneo Umberto Scapagnini.<br />

il sostituto procuratore Amedeo Bertone,<br />

temendo un tentativo di screditare il pentito<br />

e depistare le indagini: «Chi<br />

pubblicava sapeva perfettamente, per<br />

essere stato avvertito proprio da noi, che<br />

si trattava di cose false».<br />

Il tifo per Crocetta<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 29<br />

xxxx<br />

Nell’attesa Ciancio, che tifa per il candidato<br />

di Pd e Udc Rosario Crocetta in<br />

vista delle elezioni regionali del 28 ottobre<br />

e vende a ottantamila euro una pagina<br />

di pubblicità elettorale sul suo giornale,<br />

ha annunciato tagli dei lavoratori di<br />

più del 50 per cento: 28 dipendenti su 58<br />

all’emittente Antenna Sicilia. Mentre<br />

nell’altra tv, Telecolor sono 24 su 40 i lavoratori<br />

a rischio. Cameraman, registi,<br />

montatori. Ad essere fatta fuori sarebbe<br />

l’intera linea di produzione. «È come se<br />

Marchionne volesse fare le Fiat senza<br />

motore», sintetizza il regista Guido Pistone.<br />

«È successo tutto all’improvviso,<br />

non ci hanno avvertito né fatto vedere i<br />

documenti».<br />

Secondo la Cgil il mancato preavviso<br />

ha una ragione chiara: le presunte irregolarità<br />

nella richiesta di contributi al Corecom,<br />

il comitato regionale per le comunicazioni,<br />

per l’assegnazione delle<br />

frequenze del digitale terrestre. «Il primo<br />

agosto viene pubblicata la graduatoria<br />

del Corecom per ricevere i contributi –<br />

spiegano dal sindacato – al primo posto<br />

in Sicilia si piazza Antenna Sicilia, al secondo<br />

Telecolor. Il 2 agosto Ciancio avvia<br />

la procedura di mobilità».<br />

Uno dei criteri per l’assegnazione dei<br />

finanziamenti è il numero di dipendenti a<br />

tempo indeterminato all’interno<br />

dell’azienda. «Dopo aver ottenuto le migliori<br />

frequenze e i lauti contributi – denunciano<br />

– i lavoratori non servono più,<br />

quindi possono essere licenziati».<br />

Il 12 ottobre i lavoratori hanno occupato<br />

la sala di registrazione delle tv, bloccando<br />

le trasmissioni per una settimana.<br />

La rete è stata costretta a mandare in<br />

onda in tutta la regione solo telefilm.<br />

Tuttavia, a breve, Telecolor potrebbe<br />

avere sei lavoratori in più. O meglio, di<br />

ritorno. La Corte d’Appello di Catania<br />

nel secondo grado del processo ha deciso<br />

il reintegro dei sei giornalisti, Fabio<br />

Albanese, Giuseppe La Venia, Nicola Savoca,<br />

Katia Scapellato, Alfio Sciacca e<br />

Walter Rizzo, licenziati nel 2006 – senza<br />

giusta causa – da Ciancio.<br />

“C'è un giudice a Catania!”<br />

«C’è un giudice a Catania! Non solo<br />

perché ci restituisce il posto di lavoro ma<br />

anche perché ci ripaga di anni di isolamento»,<br />

hanno voluto comunicare tutti<br />

insieme. A loro spetteranno tutte le<br />

mensilità non ricevute. Un’altra tegola,<br />

che secondo i sindacati potrebbe<br />

aggirarsi sul milione e mezzo di euro, per<br />

l’anziano Mario Ciancio il cui impero<br />

rischia seriamente di crollare.


www.isiciliani.it<br />

Interviste/ Basilio Rizzo<br />

Parla la Milano onesta:<br />

resistere<br />

e continuare a lottare<br />

E dopo Formigoni E<br />

l'Expo E Monti E i<br />

grandi affari E il Sistema<br />

Non sono ottimistiche,<br />

le risposte della<br />

coscienza storica della<br />

Milano “non da bere”<br />

di Paolo Fior<br />

Dopo un quindicennio di potere incontrastato<br />

in Lombardia, Roberto<br />

Formigoni è arrivato al capolinea ma<br />

non cade: tratta da posizioni di forza la<br />

sua successione, i nuovi equilibri di potere<br />

della Regione, sceglie la data del<br />

voto e ha un peso determinante nella<br />

formazione delle alleanze nell'area politica<br />

del centrodestra.<br />

Nell'ultimo anno la sua giunta ha perso<br />

un pezzo dopo l'altro sotto i colpi delle inchieste<br />

giudiziarie e lui stesso è indagato<br />

per i suoi rapporti con l'imprenditore e<br />

amico Daccò, ma nessuno osa dare la<br />

spallata finale.<br />

Non l'opposizione che per quindici anni<br />

non ha fatto opposizione e che oggi -<br />

dopo lo scandalo dell'assessore alla Casa<br />

finito in manette per voto di scambio con<br />

la 'ndrangheta - finge di fare la voce grossa<br />

chiedendone le dimissioni, ché tanto<br />

non costa nulla.<br />

Non i suoi sodali del Pdl che nel sistema<br />

di potere formigoniano si sono trovati<br />

come i topi nel formaggio e ora - nonostante<br />

tutto - sono costretti ad andare sino<br />

in fondo anche a costo di andare a fondo;<br />

non la Lega che in tutti questi anni si è<br />

preoccupata solo di trattare sul prezzo e<br />

che ora che si vorrebbe smarcare, non<br />

può.<br />

La posta in gioco è alta: la Lombardia è<br />

una delle regioni più ricche d'Europa e gli<br />

interessi nella Sanità, nelle infrastrutture e<br />

nel cosidetto privato-sociale valgono molti<br />

miliardi di euro. Formigoni in questo<br />

quindicennio ha governato con abilità, facendo<br />

in modo che tutti avessero la loro<br />

fetta di torta: appalti, poltrone, posti di<br />

sottogoverno, favori. Un gioco a includere<br />

e forse non è un caso se la sinistra in tutti<br />

questi anni non ha mai provato a proporsi<br />

come reale alternativa e non ha mai<br />

espresso veri candidati, capaci di<br />

contendere davvero la guida della Regione<br />

alla destra.<br />

“Comunione & Fatturazione”...<br />

Ora il governatore è accerchiato e le inchieste<br />

hanno iniziato a toccare anche la<br />

Compagnia delle Opere, il braccio economico<br />

di quella che a Milano da decenni<br />

viene scherzosamente (ma non tanto)<br />

chiamata Comunione & Fatturazione, ma<br />

a sinistra come a destra si respira un'aria<br />

pesante, che sa di ricatto. Finita l'era Formigoni,<br />

la Lombardia potrà finalmente<br />

uscire dalla palude affaristico-criminale in<br />

cui è sprofondata<br />

Questa domanda l'abbiamo girata a Basilio<br />

Rizzo, decano e presidente del consiglio<br />

comunale di Milano, fiero oppositore<br />

di un certo modo di fare politica anche a<br />

sinistra, attento osservatore di ciò che si<br />

muove in profondità, sotto la superficie<br />

della politica lombarda.<br />

A patti col Sistema Formigoni<br />

"Anche se dovessimo vincere le<br />

elezioni, temo che in Regione succederà<br />

come a Milano: Formigoni non ci sarà più<br />

ma l'armatura del suo sistema di potere<br />

non sarà facile da smantellare.<br />

C'è paura di confrontarsi con questo sistema<br />

di potere e anziché provare a scardinarlo<br />

è stata fatta la sccelta, più facile,<br />

di venirci a patti.<br />

L'esperienza di oggi mi fa dire che lo<br />

spoil system non è una cretinata: in Comune,<br />

all'urbanistica, abbiamo un assessore<br />

di grande capacità, ma l'assessorato è<br />

ancora per quattro quinti ciellino. E i dirigenti<br />

che erano veri e propri terminali della<br />

Compagnia delle Opere in Comune e<br />

sono andati via perché la cosa era talmente<br />

palese che non potevano restare, ce li<br />

siamo ritrovati pari pari nella società<br />

Expo, in posizioni altrettanto importanti.<br />

L'Expo è stato a mio modo di vedere il<br />

momento nel quale si è dimostrato che ci<br />

si arrendeva al potere formigoniano ancora<br />

prima di provare a combatterlo: con la<br />

scusa che non potevamo fare a meno di<br />

loro altrimenti avremmo perso l'Expo, abbiamo<br />

finito con l'accettare tutto".<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 30


www.isiciliani.it<br />

“Usciremo mai<br />

dalla palude”<br />

Basilio Rizzo<br />

Un bagno di sangue economico<br />

- Perché, riusciremo a farlo l'Expo<br />

"Su questo ci sono pochi dubbi, anche<br />

se certamente non ha più quasi nulla del<br />

progetto originario. Dalle serre dei popoli,<br />

dei produttori, si è ritarato tutto sul settore<br />

corporate, sulle aziende. D'altra parte lo<br />

sapevamo tutti che sarebbe andata a finire<br />

così, perché tutti capivano che quell'impostazione<br />

non avrebbe retto all'impatto dei<br />

conti.<br />

Ma malgrado il progetto sia stato snaturato,<br />

la mia impressione è che nel 2016<br />

l'eredità dell'Expo sarà un bagno di sangue<br />

dal punto di vista economico.<br />

Noi, unico caso al mondo, per l'Expo<br />

abbiamo comperato le aree dai privati e lo<br />

abbiamo fatto a un prezzo talmente elevato<br />

che per rientrare saremo costretti a fare<br />

quello che avevamo detto di non voler<br />

fare: un'operazione speculativa immobiliare.<br />

E andrà a finire così.<br />

Titoletto<br />

- Insomma, in Regione è difficile immaginare<br />

una svolta.<br />

Se chiudo gli occhi e penso a un candidato<br />

non è che ne vedo uno che sul campo<br />

è stato capace di fare chissà che cosa, ma<br />

adesso ci sarà la corsa a candidarsi perché<br />

per la prima volta in molti pensano che si<br />

possa vincere.<br />

C'è già Tabacci pronto: ha la grinta per<br />

poterlo fare, ma non è che dia garanzie... è<br />

lui che ha guidato le operazioni sulle<br />

aziende comunali.<br />

- Nel caso della vendita di Sea, la<br />

società degli aeroporti, è stato anche<br />

scavalcato il consiglio comunale. Un<br />

modo di agire che non ci si sarebbe<br />

aspettati dall'amministrazione Pisapia<br />

Non solo è stato scavalcato il consiglio,<br />

è stato fatto di peggio. Non si può dire a<br />

dicembre (e farci votare) che il Comune<br />

mantiene la maggioranza e poi a distanza<br />

di cinque-sei mesi cambiare idea senza<br />

neanche consultarci, senza nemmeno dire<br />

"siamo disperati, abbiamo bisogno di soldi,<br />

non possiamo che fare così". In realtà<br />

con la quotazione è stata scelta una strada<br />

che non farà entrare un euro nelle casse<br />

del Comune.<br />

I poteri delle Fondazioni<br />

- Ma anche la prima decisione, quella<br />

di vendere il 30% al fondo F2i di Gamberale,<br />

ha destato molti interrogativi...<br />

Secondo me c'è un disegno preciso, un<br />

tentativo dei poteri reali - non quelli legittimati,<br />

ma quelli che passano dalle<br />

Fondazioni, cioè da camere oscure e non<br />

palesi. Il governo si serve di questi gruppi<br />

di potere per sottrarre risorse e controllo<br />

agli enti locali.<br />

Da questo punto di vista l'operazione<br />

Sea è paradigmatica: tu per un verso decidi<br />

di privatizzare, ma in realtà cedi quote<br />

a un fondo come F2i che è "pubblico", nel<br />

senso che è controllato dalla Cassa<br />

depositi e prestiti. In pratica sostituisci un<br />

potere pubblico visibile, nel quale il<br />

rapporto tra amministrato e amministratori<br />

è legittimato e trasparente, con un<br />

qualcosa di opaco, non controllabile.<br />

Il disegno messo in atto dal governo<br />

precedente e adesso portato avanti da<br />

Monti è quello di sottrare risorse e poteri<br />

al controllo pubblico diretto, costituendo<br />

quelle che qualcuno già chiama "piccole<br />

Iri".<br />

Un pubblico che in realtà non è pubblico,<br />

perché è controllato da lobby di potere,<br />

dove le cose si decidono nel chiuso delle<br />

stanze, in assenza di controlli.<br />

Il Fondo F2i è dappertutto, sta comprando<br />

tutto: il sistema dei trasporti, le infrastrutture.<br />

Se dopo Sea dovessimo vendere<br />

la Serravalle chi comprerebbe F2i<br />

certamente. E Metroweb, azienda un tempo<br />

pubblica, a chi è andata con i suoi chilometri<br />

di fibra ottica A F2i.<br />

Fuori dal controllo dei cittadini<br />

Quindi il vero disegno che io vedo e<br />

l'attacco alle Regioni cui stiamo assistendo<br />

in questi ultimi mesi consiste in un rafforzamento<br />

del potere centrale dello stato<br />

attraverso strumenti che sono al di fuori<br />

del controllo dei cittadini.<br />

Così vogliono fare con la grande Multiutility<br />

del Nord, azienda nella quale vogliono<br />

fondere molte delle ex municipalizzate<br />

dell'energia.<br />

- Usciremo mai dalla palude<br />

Bisogna resistere e continuare a lottare.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 31


www.isiciliani.it<br />

Italia<br />

Cetto La Qualunque<br />

in salsa calabropadana<br />

La privatizzazione della responsabilità partorisce<br />

tanti piccoli Zambetti che agiscono indisturbati<br />

e si garantiscono l'autopreservazione<br />

di Giulio Cavalli<br />

Dunque alla fine anche nella celeste<br />

(e per niente celestiale) Lombardia<br />

un politico decide di comprare i voti<br />

dalla ‘ndrangheta come in quelle storie<br />

minuscole a cui ci ostiniamo ad<br />

abituarci appena sotto Roma.<br />

Mica un politico qualsiasi questa volta:<br />

l’assessore alla casa Domenico Zambetti<br />

decide di acquistare 4000 preferenze<br />

al modico prezzo di 200.000 euro (a<br />

proposito, un pessimo affare, caro Zambetti!)<br />

per garantirsi un posto in Giunta<br />

che ovviamente arriva. Domenico Zambetti,<br />

assessore alla casa della Giunta<br />

Formigoni quater con lo slogan “la forza<br />

della competenza”.<br />

Lo sgretolamento del formigonismo<br />

Sembra Cetto La Qualunque in salsa<br />

calabropadana e invece è l’ultima scena<br />

dello sgretolamento del formigonismo<br />

nella sua petulante multiformità di rivoli<br />

che abbeverano lobby da diciassette<br />

anni.<br />

Non importa che fossimo in molti a<br />

gridare da anni che la ‘ndrangheta fosse<br />

l’interlocutore privilegiato delle campagne<br />

elettorali in Lombardia, forse non<br />

conta che quattro scassaminchia ripetessero<br />

petulanti che non si voleva vedere<br />

ciò che era successo e sta succedendo e<br />

succederà ancora per un bel po’.<br />

Ora l’allarme rosso dell’antimafia fatta<br />

tutta e solo di sdegno ha suonato a<br />

tutto volume e anche le casalinghe più<br />

lontane si sono svegliate di soprassalto<br />

per gridare allo scandalo e alla vergogna.<br />

E come sempre è scivolato via il<br />

punto, il centro del discorso, il cuore<br />

per una chiave di lettura collettiva davvero.<br />

Il sistema culturale e politico Lombardo<br />

è la culla migliore per le mafie<br />

per una storia che arriva da lontano e ha<br />

un nome preciso: il federalismo della<br />

responsabilità.<br />

Una Lombardia in cui la retorica leghista<br />

e formigoniana ha inculcato il diritto<br />

ad occuparsi della propria sfera<br />

personale con egoismo iperprotettivo<br />

occupandosi solo dopo del benessere e<br />

dei diritti degli altri: in Lombardia si sta<br />

tranquilli se il proprio paesotto appare<br />

tranquillo, se il proprio quartiere scorre<br />

tranquillo e se il proprio condominio infonde<br />

tranquillità.<br />

Lo sgretolamento della solidarietà<br />

Come se questi ultimi vent’anni avessero<br />

eroso lentamente il dovere della<br />

solidarietà lasciandolo all’angolo, anzi,<br />

peggio, considerandolo un vezzo democratico<br />

che non ci possiamo permettere<br />

in nome della Santa Sicurezza: essere<br />

solidali in Lombardia - ci dicono- è un<br />

atto irresponsabile che mette a rischio la<br />

sicurezza della nostra famiglia e dei<br />

nostri figli.<br />

Non è un caso che il reato di associazione<br />

a delinquere e di mafia (il 416 e il<br />

416 bis c.p.) sia formalmente un reato<br />

di egoismo che pascola tra le fratture<br />

della infrastrutture solidali che vengono<br />

a mancare: un sentiero in penombra<br />

dove si incontrano i politici spericolati,<br />

gli imprenditori poco etici e ovviamente<br />

i soldati delle mafie per convergere insieme<br />

a loro.<br />

Un sentiero in penombra<br />

La privatizzazione della responsabilità<br />

partorisce tanti piccoli Zambetti che<br />

possono agire indisturbati nei coni<br />

d’ombra per garantirsi l’autopreservazione<br />

tra i quadri dirigenziali a disposizione<br />

per codardi, servi e faccendieri.<br />

Cosa succede quindi in Lombardia<br />

Succede che qualcuno ha esagerato ed è<br />

cascato tra le maglie di una legge che<br />

consente pochissimi margini di manovra<br />

nel voto di scambio. Ma intorno,<br />

tutto intorno, ci sono gli altri che sono<br />

stati bravi ad essere inopportuni senza<br />

cadere nel reato. E questi sono il male<br />

peggiore.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 32


www.isiciliani.it<br />

Contrada<br />

Scoprì la mafia<br />

grigia<br />

e si alleò con lei<br />

"Spero che qualcuno si<br />

ravveda e si penta del<br />

male fatto a me e alle<br />

istituzioni", dice Bruno<br />

Contrada pochi minuti<br />

dopo la scarcerazione<br />

notificatagli nella<br />

sua abitazione palermitana<br />

dalla polizia penitenziaria.<br />

Il fine pena<br />

di Bruno Contrada è<br />

stato anticipato di tre<br />

mesi<br />

di Pino Finocchiaro<br />

L'ex funzionario del Sisde tra domiciliari<br />

e carcere ha trascorso dieci anni<br />

in detenzione per concorso esterno in<br />

associazione mafiosa. Adesso Bruno<br />

Contrada è un uomo libero.<br />

Si conclude così la ventennale vicenda<br />

giudiziaria e detentiva dello 007 arrestato<br />

dai suoi stessi colleghi della Polizia di<br />

Stato il 24 dicembre del '92. In piena stagione<br />

delle stragi.<br />

Vent'anni di autentica pena, prima nel<br />

dubbio delle accuse, poi, dal maggio<br />

2007, nella certezza della condanna in<br />

via definitiva sancita dalla corte di Cassazione.<br />

Per gli ermellini, è un uomo dello<br />

stato al servizio della mafia militare e<br />

di quella stessa zona grigia di cui Contrada<br />

parla in un rapporto del 1982 dopo<br />

l'uccisione del segretario del Pci, Pio La<br />

Torre.<br />

Bruno Contrada rivendica i risultati di<br />

quelle indagini ma i magistrati di primo<br />

grado e la cassazione non la pensano allo<br />

stesso modo. Già nel 1979 Bruno Contrada<br />

avrebbe agevolato l'espatrio da Palermo<br />

del mafioso americano John Gambino<br />

sul quale indagava il capo della mobile,<br />

Boris Giuliano, ucciso pochi mesi<br />

prima. Un'indagine che porta al finto sequestro<br />

del banchiere Michele Sindona e<br />

all'omicidio a Milano dell'avvocato Michele<br />

Ambrosoli.<br />

Le accuse di concorso esterno contro<br />

Bruno Contrada non si basano solo sulle<br />

testimonianze dei pentiti. L'inchiesta rivela<br />

il suo interessamento per il rinnovo<br />

del porto di pistola per Alessandro Vanni<br />

Calvello principe di San Vincenzo esponente<br />

di quel gotha della borghesia mafiosa<br />

siciliana che Contrada rivendica di<br />

aver svelato e combattuto.<br />

Contrada, per i giudici di Palermo confermati<br />

dai revisori di Roma, favorì la<br />

fuga e l'espatrio nell'84 di Oliviero Tognoli<br />

indagato per riciclaggio di denaro<br />

di origine mafiosa.<br />

Insomma, Bruno Contrada conosce,<br />

frequenta e favorisce la mafia grigia. Invece,<br />

rende difficili gli ultimi giorni di<br />

vita dei suoi colleghi Boris Giuliano,<br />

Ninni Cassarà e Beppe Montana che inseguono<br />

sin in Svizzera l'odore dei soldi<br />

di Cosa Nostra portando all'arresto di<br />

Vito Roberto Palazzolo. Tutti e tre muoiono<br />

uccisi dalla mano nera della mafia<br />

militare, sopravvive il commissario Saverio<br />

Montalbano, destinato a compiti di<br />

routine dopo avere incrociato più volte e<br />

disdegnato i consigli autorevoli del collega<br />

Bruno Contrada.<br />

“Mica sono stato assolto”<br />

Quando Contrada parla di qualcuno<br />

che avrebbe danneggiato non solo lui ma<br />

le stesse istituzioni, il riferimento è chiaro.<br />

Dietro gli agenti della Criminalpol<br />

che bussano alla porta di Contrada alla<br />

vigilia di Natale del '92 ci sono Gianni<br />

De Gennaro, allora dirigente generale<br />

della Polizia, in procinto di assumere la<br />

direzione della DIA e Antonio<br />

Manganelli, a quel tempo già insediato al<br />

vertice dello Sco, il Servizio centrale<br />

operativo della PS. L'ex capo della polizia<br />

e l'attuale, furono i veri registi<br />

dell'inchiesta tesa a fare piazza pulita dei<br />

colletti bianchi fiancheggiatori che con la<br />

loro connivenza avevano consentito alla<br />

mafia militare di crescere indisturbata e<br />

uccidere decine di dirigenti, funzionari e<br />

agenti a Palermo. Tra loro gli uomini e la<br />

donna di scorta a Falcone e Borsellino.<br />

Contrada nel suo appartamento di via<br />

Maiorana ammette la sorpresa per il clamore<br />

mediatico. "Non capisco perché ci<br />

siano tutti 'sti giornalisti sotto casa, mica<br />

sono stato assolto. E' finita la mia pena”.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 33


www.isiciliani.it<br />

Lombardia<br />

La 'ndrangheta<br />

celeste<br />

Il messaggio è chiaro:<br />

la 'ndrangheta nel Sud<br />

Ovest milanese è di<br />

casa. E non si tratta di<br />

un tentativo d'infiltrazione,<br />

di un occasionale<br />

attacco delle cosche<br />

di Ester Castano<br />

www.stampoantimafioso.it<br />

Dal blitz della notte fra il dieci e<br />

l'undici ottobre, e dall'ultima indagine<br />

della magistratura, la presenza mafiosa<br />

qui è emersa in tutta la sua solidità.<br />

L'indagine che ha portato in carcere<br />

politici e affaristi dell'hinterland di<br />

Milano, fra cui l'assessore regionale<br />

Pdl Domenico Zambetti, ha alzato il sipario<br />

su di un palco da troppo tempo<br />

ignorato o almeno sottovalutato.<br />

Gli uomini delle cosche calabresi non<br />

hanno più la necessità di bussare alle<br />

porte delle amministrazioni locali, non<br />

devono più chiedere il permesso per partecipare<br />

ai consigli comunali presentandosi<br />

con il sorriso sul volto e le mazzette<br />

in tasca: rappresentano ormai una realtà<br />

ben radicata, istituzionalizzata.<br />

Perchè sono loro, gli esponenti dei clan<br />

di Vibo Valentia, Gioia Tauro e Reggio<br />

Calabria, ad aver edificato i palazzi comunali<br />

lombardi. Sono i padroni di casa.<br />

A Magenta, Cuggiono, Santo Stefano<br />

Ticino, Bareggio, Cornaredo, Marcallo<br />

Con Casone, Sedriano gli stessi edifici in<br />

cui in questi anni i partiti hanno gestito il<br />

bene comune e pianificato la cementificazione<br />

del territorio sono stati gli scenari<br />

dei succulenti banchetti fra insospettabili<br />

amministratori locali, imprenditori dai<br />

cognomi lombardissimi e i Mancuso, i<br />

Morabito, i Barbaro e Papalia.<br />

Calice di vino in mano, un brindisi ai<br />

cittadini che in campagna elettorale hanno<br />

scelto di essere rappresentati dal “più<br />

onesto di tutti”, il ”più pulito di tutti”, in<br />

cambio di ordine, sicurezza, pulizia delle<br />

strade, il nuovo palazzetto dello sport per<br />

i bambini, la festa in piazza l'ultima domenica<br />

del mese per i nonni. Il tutto<br />

all'interno di una fitta rete di complicità<br />

innocenti: do ut des, dare per avere.<br />

Niente di più semplice e ancestrale.<br />

Ed è in questo stato di cecità che le famiglie<br />

della 'ndrangheta hanno ridotto<br />

molti lombardi, a una “massa mafiosa”.<br />

La criminalità organizzata avanza mentre<br />

il Nord si culla nel rassicurante sogno del<br />

folklore padano.<br />

La famiglia Di Grillo-Mancuso<br />

Il caso di Sedriano è emblematico.<br />

Il sindaco Alfredo Celeste è stato arrestato<br />

per aver favorito l'affermarsi della<br />

famiglia 'ndranghetista “Di Grillo-Mancuso”<br />

sul territorio dell'Alto Milanese.<br />

Amicizie e favori sembrano legare il<br />

primo cittadino accusato di corruzione a<br />

faccendieri ed imprenditori dal basso<br />

profilo etico sin dalla sua candidatura nel<br />

2009: secondo la magistratura non è un<br />

caso che Eugenio Costantino e Silvio<br />

Marco Scalambra, entrambi arrestati nel<br />

corso della medesima operazione, siano<br />

rispettivamente padre e marito della consigliere<br />

comunali di maggioranza Teresa<br />

Costantino e Silvia Stella Fagnani.<br />

Il primo è titolare di un negozio di<br />

compravendita dell'oro, settore prediletto<br />

del riciclaggio della criminalità organizzata<br />

di stampo mafioso, e secondo l'accusa<br />

avrebbe stretti legami con le cosche<br />

della 'ndrangheta; il secondo è un chirurgo<br />

con studio nei pressi di Pavia e con il<br />

pallino dell'edilizia, meglio conosciuto in<br />

paese come il “faccendiere del sindaco”.<br />

“Io certi nomi non li conosco”<br />

Se c'è di mezzo la 'ndrangheta perchè<br />

nessuno ha denunciato “Io certi nomi<br />

non li conosco e non li voglio nemmeno<br />

sentire nominare", dice il vicesindaco<br />

Adelio Pivetta durante le perquisizioni<br />

dei Carabinieri negli uffici comunali.<br />

Fino a pochi giorni prima dell'arresto<br />

del suo superiore, l'undici ottobre, dichiarava<br />

che i problemi del paese si sarebbero<br />

risolti con installazioni di autovelox<br />

e messa al bando della prostituzione,<br />

gettando discredito su chi faceva invece<br />

notare che quattro auto incendiate<br />

nel parcheggio del Comune e sei colpi<br />

d'arma da fuoco contro un'auto parcheggiata<br />

di fronte al bar gestito da imprenditori<br />

di slot-machine non sono fatti tanto<br />

normali.<br />

Era stato un cittadino a trovare i bossoli,<br />

li ha raccolti e se li è messi in tasca, ed<br />

è toccato ai giornalisti avvertire la Polizia<br />

Locale. In quel caso l'Amministrazione<br />

Comunale cercò di non rendere pubblica<br />

questa storia, tappando la bocca alla<br />

stampa locale con minacce di denuncia<br />

per molestie. Sedriano come Palermo,<br />

anche qui a detta del sindaco e del suo<br />

vice il problema fino a ieri sembrava essere<br />

il traffico.Al centro della bufera giudiziaria<br />

il Bennet, nuovo shopping mall<br />

inaugurato lo scorso inverno dalla giunta<br />

Celeste.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 34


www.isiciliani.it<br />

“Permessi<br />

speciali<br />

e gestione<br />

dell'appalto”<br />

Secondo la Procura il sindaco sarebbe<br />

intervenuto in favore di Costantino con<br />

una serie di raccomandazioni fra cui permessi<br />

speciali per l'apertura di un localegelateria<br />

all'interno del centro commerciale<br />

e la gestione dell'appalto per la manutenzione<br />

del verde pubblico di Sedriano,<br />

oltre che per la piattaforma ecologica<br />

e smaltimento rifiuti.<br />

Il sindaco inoltre in occasione del Piano<br />

d'intervento integrato Villa Colombo-<br />

Ex Serre avrebbe ceduto alle pressioni<br />

urbanistiche di Silvio Marco Scalambra,<br />

marito della prorompente consigliera<br />

Fagnani già al centro dei pettegolezzi<br />

sedrianesi per una presunta liaison con il<br />

primo cittadino. Influente sui voleri della<br />

Giunta, il medico chirurgo sarebbe<br />

l'anello che lega Celeste a Costantino,<br />

avendo introdotto l'amico imprenditore<br />

dell'oro nella politica sedrianese per<br />

trarre vantaggio nella gestione delle<br />

proprie cooperative a sfondo sociale.<br />

Altro che amministrazione comunale<br />

inquinata: all'indomani dell'ordinanza di<br />

custodia cautelare, le relazioni fra le cosche<br />

e il duo Costantino-Scalambra, le<br />

consigliere di maggioranza e il sindaco<br />

sono talmente chiare che la cittadinanza<br />

chiede che il Consiglio Comunale sia<br />

sciolto per mafia.<br />

Ma non è la prima volta che Alfredo<br />

Celeste salta agli onori della cronaca.<br />

Curioso l'avvenimento che nel maggio<br />

2011 lo vede coinvolto in prima persona<br />

nell'organizzazione di un convegno sulla<br />

creatività femminile. Come madrina della<br />

serata invita Nicole Minetti, indagata<br />

nel processo Rubygate per induzione e<br />

favoreggiamento della prostituzione.<br />

“Vieni anche tu e porta un po’ di<br />

gente”, avrebbe chiesto telefonicamente<br />

Celeste a Costantino, “ci saranno dei<br />

contestatori e dobbiamo essere più di<br />

loro”.<br />

L’estro artistico della Consigliera Regionale,<br />

infatti, non andò a genio a tutti,<br />

tanto che un centinaio di cittadini di ogni<br />

partito politico e fascia d'età manifestarono<br />

in corteo davanti all'auditorium in cui<br />

si svolgeva l'evento. In tale circostanza,<br />

una suora e una maestra di scuola elementare,<br />

entrambe recatesi a Sedriano<br />

per protestare contro la Minetti, furono<br />

oggetto di percosse verbali e fisiche da<br />

parte proprio dello stesso Silvio Marco<br />

Scalambra che oggi è in cella. In<br />

quell'occasione su richiesta di Celeste<br />

costui obbligò la religiosa a salire sul<br />

palco per dare una parvenza religiosa<br />

all'evento, intimando all'insegnante di<br />

andarsene.<br />

La lettera ai carabinieri<br />

Pochi giorni dopo questo atto di prepotenza<br />

le due donne scrissero una lettera<br />

al Maresciallo dei Carabinieri. La lettera<br />

finisce. nelle mani del pacifista Antonio<br />

Oldani, esponente della sezione locale<br />

dell'Anpi ed ex assessore alla cultura,<br />

che informa immediatamente dell’accaduto<br />

gli organi di stampa.<br />

Venuto a conoscenza della lettera, testimonianza<br />

scritta della prepotenza del<br />

sindaco e dei suoi fedelissimi, Celeste<br />

chiede al suo amico avvocato, tale Giorgio<br />

Bonamassa, di valutare se in quella<br />

lettera ci fossero i presupposti di querela.<br />

Questo favore - la lettura di un foglio<br />

formato A4, ndr - costa alla cittadinanza<br />

ben 7.020 euro. "Il lavoro ha una sua dignità<br />

e in quanto tale dev'essere retribuito",<br />

dichiarò nell'ottobre 2011 il sindaco.<br />

La storia e la frase furono immediatamente<br />

riportate su Altomilanese, settimanale<br />

indipendente con sede a Magenta diretto<br />

da Ersilio Mattioni. Per aver pubblicato<br />

tale articolo cronista e direttore risponderanno<br />

in sede legale: minacciati di<br />

querela per diffamazione, le lettere in redazione<br />

sono arrivate una dopo l'altra anche<br />

agli edicolanti del territorio che hanno<br />

venduto il giornale con l'articolo in<br />

questione ed affisso la locandina.<br />

Del resto Celeste nei tribunali non si<br />

trova poi così male. Consigliere ininterrottamente<br />

dal 1985 e sindaco per la prima<br />

volta nell'88, all'inizio della sua carriera<br />

amministrativa sedrianese viene<br />

coinvolto in prima persona nel cosiddetto<br />

“scandalo della delibera falsa”. In base<br />

all'indagine della magistratura, negli anni<br />

'80 il pubblico ministero chiese nei suoi<br />

confronti una condanna di dieci mesi. Al<br />

tempo Celeste fu assolto, non perchè non<br />

persistesse la colpa, ma per il ritiro della<br />

denuncia da parte dell'accusa.<br />

Il tutto venne archiviato, e adesso in<br />

paese della vicenda giudiziaria rimane<br />

solo qualche rancore fra il primo cittadino<br />

e alcuni suoi ex collaboratori di giunta.<br />

Ma al professor Alfredo Celeste, tra i<br />

fondatori del Popolo della Libertà, le<br />

voci di paese poco importano. Neanche<br />

quella, rilasciata da un avversario politico<br />

suo coetaneo, che lo dipinge come un<br />

mangiadonne: "I pregi di Celeste Di carattere<br />

sessuale: volgarmente parlando si<br />

è scopato un sacco di donne". “Omnia<br />

munda mundis”, scrisse San Paolo.<br />

Il primo cittadino<br />

Ex socialista, attuale vicecoordinatore<br />

del Pdl provinciale e professore di religione,<br />

un appuntamento in Comune con<br />

Alfredo Celeste non lascia indifferenti.<br />

Sia per l'arredo, fra cui una Madonna alta<br />

un metro posizionata di fianco alla scrivania,<br />

fra le delibere e la foto di Giorgio<br />

Napolitano; sia per il modo di fare accogliente<br />

che contraddistingue il primo cittadino<br />

di Sedriano.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 35


<strong>Informazione</strong> in Italia<br />

IL SINDACO<br />

E LA GIORNALISTA<br />

Una coraggiosa giornalista di 21 anni, Ester<br />

Castano, è stata bersagliata per un anno dalle<br />

querele per diffamazione e dalle diffide di Antonio<br />

Celeste (Pdl), sindaco di Sedriano (Milano), arrestato<br />

martedì 10 ottobre e messo agli arresti domiciliari<br />

per i suoi rapporti ravvicinati con il presunto<br />

boss della ‘ndrangheta Eugenio Costantino,<br />

anch’egli arrestato nell’ambito dell’inchiesta<br />

per voto di scambio che ha portato in carcere<br />

l’assessore alla Casa della Regione Lombardia,<br />

Domenico Zampetti del Pdl.<br />

La cronista scrive sul settimanale Altomilanese<br />

di Magenta. Di fronte a certi avvenimenti ha<br />

fatto le domande giuste. Il primo cittadino si e’<br />

mostrato offeso e l’ha accusata di molestarlo con<br />

le sue domande; l’ha querelata e l’ha diffidata ripetutamente;<br />

le ha intimato attraverso i carabinieri<br />

di non avvicinarsi fisicamente a lui e - sempre<br />

per loro tramite - le ha “consigliato” di trasferirsi<br />

altrove. Negli ultimi mesi, ogni volta che pubblicava<br />

un articolo, Ester è stata convocata in caserma<br />

dai carabinieri che le hanno notificato una<br />

nuova diffida.<br />

Questa vicenda paradossale di una palese,<br />

continuata azione intimidatoria nei confronti di chi<br />

ha il compito specifico di informare i cittadini, fa<br />

vedere quanto sia faticoso e per nulla pacifico, in<br />

Italia, fare la cronaca locale rispettando i canoni<br />

del giornalismo. I guai di Ester sono cominciati<br />

proprio perché ha cercato di chiarire alcuni strani<br />

aspetti dell’episodio per cui il primo cittadino è finito<br />

agli arresti: la contestatissima pubblica manifestazione<br />

all’auditorium di Sedriano, a maggio<br />

del 2011, con ospite d’onore la consigliera regionale<br />

Nicole Minetti, madrina di un concorso di<br />

creatività femminile promosso dal sindaco.<br />

In quel periodo la Minetti era nell’occhio del ciclone<br />

per lo scandalo delle “Olgettine”. Il sindaco<br />

sapeva bene che la manifestazione sarebbe stata<br />

contestata e ciò lo preoccupava. Perciò la sera<br />

prima, come rivela l’ordinanza di custodia cautelare<br />

della Procura di Milano, chiamò al telefono il<br />

presunto boss della ‘ndrangheta Eugenio Costantino<br />

pregandolo vivamente di partecipare e di<br />

portare con sé un certo numero di persone per<br />

far fronte ad eventuali contestatori. L’indomani fra<br />

il centinaio di contestatori di ogni orientamento<br />

politico radunato davanti all’auditorium con striscioni<br />

e cartelli, c’erano una suora e una maestra<br />

elementare che, malamente strattonate dall’energico<br />

servizio d’ordine, furono costrette a entrare<br />

all’auditorium e a salire sul palco. La suora e la<br />

maestra denunciarono la violenza ai carabinieri<br />

con una lettera che qualche mese dopo fu pubblicata<br />

dal presidente del Comitato Pace del Magentino,<br />

Antonio Oldani.<br />

Quella lettera fece clamore. Il sindaco reagì<br />

annunciando una querela. Ester Castano entra<br />

in scena perché, dopo la pubblicazione della lettera<br />

della suora, va a intervistare il sindaco e riferisce<br />

che il Comune ha stanziato 7020 (settemilaventi)<br />

euro per incaricare un legale di presentare<br />

www.isiciliani.it<br />

la querela. Nel suo articolo Ester dice anche che<br />

il legale incaricato è “un amico del sindaco”. Per<br />

questa affermazione Ester Castano è stata querelata<br />

per diffamazione e gli edicolanti sono stati<br />

diffidati per iscritto a non esporre la locandina del<br />

settimanale Altomilanese. Un altro motivo di frizione<br />

risale ad aprile 2012, quando nella tranquilla<br />

Sedriano fanno sensazione sei colpi di pistola<br />

esplosi contro un’auto parcheggiata vicino a un<br />

locale collegato al giro delle slot machines. “E’<br />

una intimidazione”. Ester Castano osò rivolgere<br />

questa domanda al sindaco Antonio Celeste, a<br />

margine della manifestazione del 25 aprile. Per<br />

questo fatto il 14 giugno scorso i carabinieri<br />

l’hanno convocata in caserma e le hanno letto e<br />

notificato un esposto del sindaco che la accusa<br />

di molestie e la diffida a non entrare mai più in<br />

contatto con lui. Ma questa è solo una delle tante<br />

diffide che il primo cittadino ha fatto notificare<br />

alla giovane cronista.<br />

Ester ne parla con ironia. “Il comandante dei<br />

carabinieri – dice – ormai mi conosce bene, perché<br />

molte volte, dopo aver letto i miei articoli, il<br />

sindaco mi ha fatto chiamare in caserma. La scenetta<br />

si è ripetuta sempre uguale: arrivo, entro<br />

nell’ufficio, il comandante mi riferisce che il sindaco<br />

gli ha chiesto di dirmi che devo smetterla di<br />

scrivere articoli su Sedriano e mi consiglia di<br />

svolgere altrove il mio lavoro. Mi fa leggere la lettera<br />

di diffida e poi ci salutiamo. Purtroppo non<br />

posso avere copia quelle pagine piene di falsità<br />

nei miei confronti”. In una di queste occasioni<br />

Ester Castano è stata accusata di aver istigato<br />

con un articolo un incendiario che ha dato fuoco<br />

ad alcune auto parcheggiate dietro il Palazzo Comunale<br />

semplicemente perché, dopo aver chiesto<br />

informazioni alla Polizia Municipale, aveva<br />

espresso dubbi sull’efficacia del servizio antincendio<br />

della scuola. “Da allora – dice Ester – il vicesindaco<br />

mi ha proibito di parlare con i vigili”.<br />

Come fa a lavorare un cronista in queste condizioni<br />

Ester abbozza un sorriso: “E’ dura perché<br />

ci sono anche altri problemi. Il primo è il precariato.<br />

La cronaca la scrivo gratis per Stampoantimafioso.it<br />

di cui sono redattrice. Prima di<br />

lavorare per Altomilanese e per la Prealpina ho<br />

fatto giornalismo per una web tv locale: dopo dodici<br />

mesi di lavoro e 36 servizi video per i quali<br />

avevo fatto anche le riprese sono stata ‘espulsa’<br />

dalla redazione e liquidata con un assegno di 20<br />

euro e gli insulti del direttore. E’ dura, ma io continuo<br />

perché ho una passione insana per il giornalismo.<br />

Sono anche una studentessa di lettere povera<br />

ma molto molto contenta di ciò che fa”.<br />

- Cosa hai provato quando hai saputo che il<br />

sindaco che ti diffidava continuamente è stato arrestato<br />

“E’ difficile dirlo. Sono contenta di aver fiutato<br />

giusto e di non aver mollato la presa. E’ una piccola<br />

grande soddisfazione. E meno male che a<br />

darmi coraggio c’è stato Nando Dalla Chiesa e ci<br />

siete stati voi di Ossigeno. Questo non mi ha fatto<br />

sentire sola. Mi ha permesso di continuare a<br />

fare il mio lavoro con la serenità e la determinazione<br />

di sempre”.<br />

Alberto Spampinato<br />

www.ossigenoinformazione.it<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 36<br />

“Quaresima<br />

obbligatoria<br />

e intanto<br />

lui mangiava<br />

con la 'ndrangheta”<br />

Uomo galante e dotato di grande autostima,<br />

Celeste non nega una visita nel<br />

suo ufficio proprio a nessuno. Purchè<br />

quel “qualcuno” non abbia idee politiche<br />

a lui contrapposte o gli dia filo da torcere.<br />

In tal caso, con una velocità disarmante,<br />

il sindaco Celeste si sveste dai<br />

panni di cavaliere complimentoso e indossa<br />

il volto dell'indifferenza. Di fronte<br />

agli avversari attua la tecnica del mutismo<br />

e, nei casi più critici, sfodera l'arma<br />

segreta: la denuncia per diffamazione.<br />

Classe '53, pugliese, Alfredo Celeste<br />

nasce a Fasano, paese di francescani, letterati<br />

e giacobini. Paladino della cristianità,<br />

nel 2009 inizia il suo mandato dichiarando<br />

che non celebrerà alcun matrimonio<br />

civile: l'unione fra la coppia, per il<br />

primo cittadino, è valida solo davanti a<br />

Dio.<br />

Niente carne al venerdì<br />

Per Celeste, laureato in teologia nel<br />

2006 a Lugano, la moralità è cosa seria.<br />

Tanto da condurre in prima persona una<br />

crociata contro le “bocche di rosa” che<br />

sviano tanti mariti della piccola cittadina<br />

ad ovest di Milano dai propri obblighi<br />

coniugali.<br />

E poi quella fissazione per la cristianità<br />

obbligata: la scorsa primavera impose il<br />

“menù quaresimale” ai bambini della<br />

scuola materna ed elementare. Niente<br />

carne al venerdì fino alla domenica di<br />

Pasqua. E intanto lui se la faceva da anni<br />

con la 'ndrangheta.


www.isiciliani.it<br />

Veneto<br />

Riina jr<br />

a Padova<br />

fra libri e belle ragazze<br />

Il figlio del “boss dei<br />

boss”: un giovane che<br />

vuol rifarsi una vita o<br />

il rampollo viziato di<br />

un clan Scriverà –<br />

dice - un libro. E nel<br />

frattempo<br />

di Salvo Ognibene<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Giuseppe Salvatore Riina, terzogenito<br />

del boss di Corleone, giunge a Padova<br />

lo scorso 14 aprile 2012, portando<br />

con se il fardello di una fedina penale<br />

tutt'altro che nitida.<br />

Condannato per associazione mafiosa,<br />

viene scarcerato il 29 febbraio 2008 per<br />

decorrenza dei termini. Il 2 ottobre 2011,<br />

dopo aver scontato completamente la<br />

pena, pari a 8 anni e 10 mesi, viene rilasciato<br />

sotto prevenzione con obbligo di<br />

dimora a Corleone e successivamente<br />

trasferito nella città del Santo.<br />

Il probabile motivo dell'abbandono<br />

della città di Corleone è da ricercare nella<br />

comparsa della famiglia Inzerillo "gli<br />

scappati" che dall'America ritornavano<br />

nella terra natia, così il trasferimento della<br />

sorella maggiore Maria Concetta a San<br />

Pancrazio Salentino, vicino Mesagne, e<br />

di "Salvuccio" in terra veneta, andato via<br />

da Corleone perché non essere all'altezza<br />

del padre.<br />

Il suo arrivo a Padova non passa certo<br />

inosservato provocando non poche polemiche.<br />

“Una vita normale”<br />

Nel giorno del suo arrivo, accompagnato<br />

dalla madre Ninetta Bagarella e<br />

dall'Avv. Francesca Casarotto, aveva dichiarato<br />

«Sono felice di essere a Padova,<br />

spero di essere messo nelle condizioni di<br />

fare una vita normale da giovane uomo».<br />

Di fronte alle accuse di chi temeva che<br />

la sua sola presenza fosse bastata ad attirare<br />

a Padova la criminalità organizzata,<br />

come se il territorio padano fosse un piccolo<br />

paradiso senza infiltrazioni mafiose,<br />

aveva poi assicurato: «Sono venuto qui<br />

per lavorare e continuare gli studi, visto<br />

che sono iscritto all'Università di Padova.».<br />

Il figlio del capo dei capi, in terra straniera,<br />

viene accolto dalla signora Tina<br />

Ciccarelli, responsabile della Onlus che<br />

avrebbe dovuto seguire il rampollo di<br />

casa Riina e accompagnarlo nel percorso<br />

rieducativo.<br />

Il profilo basso che quest'ultimo aveva<br />

mantenuto per un breve periodo, forse il<br />

tempo necessario per conficcare in profondità<br />

le radici nel terreno padovano, si<br />

è dissipato in breve tempo perché lusso e<br />

bella vita sono vizi difficile da sradicare.<br />

C’è chi dice di averlo visto alla guida<br />

di una BMW di grossa cilindrata, pur<br />

non avendo la patente, alle feste in locali<br />

che contano, indossando abiti firmati e in<br />

compagnia di belle donne che sembra<br />

facciano la fila per lui. E' così che oggi<br />

va in giro il "nullatenente" Riina.<br />

Sembra infatti che nonostante i divieti<br />

imposti, le frequentazioni le amicizie del<br />

carcere di Via due Palazzi continuano indisturbate<br />

nonostante l’apparente buon<br />

comportamento del rampollo di casa Riina,<br />

le firme in caserma sono puntuali nel<br />

rispetto del codice giuridico che regolamenta<br />

la sua condizione di sorvegliato<br />

speciale.<br />

“Papà mi ha insegnato”<br />

"Papà mi ha insegnato a rispettare gli<br />

altri - aggiunge - perché non è l'uomo descritto<br />

dalle cronache giornalistiche o<br />

dalle sentenze, ma un padre affettuoso,<br />

pieno di attenzioni e di principi.<br />

Non sono il boss prepotente e sbruffone<br />

che hanno dipinto. Sono un uomo che<br />

vuole riappropriarsi della sua vita. Anche<br />

se mi chiamo Riina". E annuncia che prima<br />

o poi scriverà un libro.<br />

Certo che, tra Università, lavoro e belle<br />

ragazze, il tempo faticherà a trovarlo.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 37


“SUICIDATO” DA PROVENZANO<br />

www.isiciliani.it<br />

DOSSIER<br />

“SIGNOR GIUDICE, NON ARCHIVI<br />

LA MORTE DI ATTILIO MANCA!”<br />

Appello al Gip di Viterbo<br />

sul caso Attilio Manca, il<br />

giovane urologo ucciso<br />

misteriosamente in un<br />

contesto mafioso a Viterbo<br />

di Luciano Mirone<br />

Signor Giudice,<br />

Lei tra poco dovrà decidere se archiviare<br />

buona parte dell’indagine sulla misteriosa<br />

morte di Attilio Manca, l’urologo di Barcellona<br />

Pozzo di Gotto (Messina) trovato cadavere<br />

a Viterbo il 12 febbraio 2004. E siamo<br />

certi che deciderà secondo coscienza, anche<br />

perché Lei, in questi otto anni, più che respingere<br />

per ben tre volte la richiesta di archiviazione<br />

che la Procura di Viterbo Le ha<br />

inoltrato, onestamente non avrebbe potuto<br />

fare. Adesso siamo alla quarta richiesta: non<br />

di archiviazione del caso, ma di archiviazione<br />

della parola “mafia”, di legittimazione<br />

della parola “droga”, di legittimazione di un<br />

assunto molto discutibile portato avanti dalla<br />

Procura di Viterbo con una ostinazione degna<br />

di miglior causa: ovvero che Attilio<br />

Manca sia morto per eroina, malgrado la<br />

montagna di dubbi che sommerge questa<br />

tesi.<br />

In pratica la Procura Le chiede di archiviare<br />

la posizione dei quattro barcellonesi indagati<br />

(un paio dei quali invischiati a vario titolo<br />

con Cosa nostra) e di rinviare a giudizio<br />

una pusher romana che avrebbe fornito ad<br />

Attilio la dose mortale di eroina.<br />

Non sappiamo cosa succederà: se un’ulteriore<br />

ombra si addenserà su questa vicenda o<br />

se le indagini prenderanno direzioni diverse.<br />

Non vogliamo prevedere nulla.<br />

Il problema semmai è a monte, nell’indagine<br />

condotta dalla Procura laziale in modo<br />

così anomalo da considerare eufemismo perfino<br />

la parola “superficialità”.<br />

Mi permetto di invitarLa, Egregio Gip,<br />

qualora non lo avesse ancora fatto, a guardare<br />

(e soprattutto ad ascoltare) la conferenza<br />

stampa che il procuratore capo di Viterbo,<br />

Alberto Pazienti, e il sostituto procuratore<br />

Renzo Petroselli (titolare dell’inchiesta),<br />

hanno tenuto in occasione dell’ultima richiesta<br />

di archiviazione.<br />

Una conferenza-stampa molto istruttiva,<br />

perché dagli stessi magistrati viene confermato,<br />

seppure indirettamente, quanto questo<br />

caso sia viziato da carenze investigative gravi,<br />

specie se si tiene conto che da qualche<br />

tempo all’interno del Palazzo di giustizia di<br />

Palermo comincia a fare capolino l’idea che<br />

davvero la morte di Attilio Manca potrebbe<br />

essere collegata con l’intervento alla prostata<br />

che nel 2003 l’urologo siciliano avrebbe eseguito<br />

segretamente a Marsiglia al boss Bernardo<br />

Provenzano (celatosi per l’occasione<br />

col falso nome di Gaspare Troia), e alla successiva<br />

assistenza che il chirurgo avrebbe<br />

fornito nel Lazio (e forse non solo nel Lazio)<br />

allo stesso boss.<br />

Infatti ultimamente sta emergendo una circostanza<br />

clamorosa: che Bernardo Provenzano,<br />

dopo l’intervento a Marsiglia, abbia trascorso<br />

una parte del periodo post operatorio<br />

proprio nel viterbese, tra Bagnoregio e Civitella<br />

D’Agliano.<br />

Un’ipotesi che i magistrati della Procura<br />

laziale, in conferenza stampa, liquidano con<br />

una risata: “Tramontata l’ipotesi Marsiglia,<br />

esce fuori l’ipotesi del Lazio”.<br />

A parte il fatto che l’ipotesi Marsiglia non<br />

è mai tramontata, quella del Lazio è affiorata<br />

solo alcuni mesi fa. Le due ipotesi non si<br />

escludono, semmai si integrano.<br />

Certo, Egregio Gip, non ci sono prove che<br />

dimostrino che Attilio Manca abbia davvero<br />

operato Provenzano, ma Lei ci insegna che<br />

le prove non cadono dal cielo, vanno cercate<br />

con pazienza, partendo dagli elementi di cui<br />

si è in possesso.<br />

L’arresto di Cattafi<br />

Ora, Signor Gip, si dà il caso che nelle ultime<br />

settimane sia stato confermato (con un<br />

arresto clamoroso) ciò che la famiglia Manca<br />

e pochi altri antimafiosi siciliani ripetono<br />

da anni: che l’avvocato Rosario Cattafi, potentissimo<br />

boss di Barcellona Pozzo di Gotto,<br />

potrebbe avere avuto un ruolo di primo<br />

piano nelle stragi del ’92 (soprattutto in<br />

quella di Capaci, in cui persero la vita il giudice<br />

Giovanni Falcone, la moglie Francesca<br />

Morvillo e gli agenti della scorta), nella Trattativa<br />

fra Stato e mafia, nonché in alcune<br />

operazioni finanziarie che hanno visto come<br />

protagonista Cosa nostra.<br />

Sì, perché da tempo si ripete che Cattafi è<br />

il trait d’union fra i boss, i servizi segreti deviati,<br />

la politica affaristico-mafiosa e certi<br />

magistrati non proprio rispettosi dello Stato<br />

di diritto. Insomma un potente più potente<br />

degli stessi Riina e Provenzano.<br />

Potrebbe uscire assolto o condannato,<br />

l’avvocato Cattafi, ma una sentenza non<br />

cambierebbe di una virgola una verità ormai<br />

incontrovertibile: i suoi legami con quelle<br />

entità. Per caso è mai venuto in mente a<br />

qualcuno di codesta Procura di sapere per<br />

quale ragione due mafiosi del calibro di Nitto<br />

Santapaola e dello stesso Provenzano abbiano<br />

trascorso un pezzo della loro latitanza<br />

a Barcellona Pozzo di Gotto, o magari di sapere<br />

per quale ragione un altro super boss –<br />

Gerlando Alberti junior, sì, Signor Gip, quello<br />

che ha ammazzato la povera Graziella<br />

Campagna, una ragazzina di diciassette anni<br />

che ha avuto il torto di scoprire la vera identità<br />

di Alberti – sia stato tenuto nascosto per<br />

diverso tempo in quella zona, godendo delle<br />

incredibili protezioni di alti magistrati della<br />

Procura di Messina, che per decenni hanno<br />

insabbiato le indagini<br />

Ora, Egregio Gip, un fatto resta un fatto,<br />

ma tanti fatti diventano un contesto. E un delitto,<br />

perfino secondo un mediocre scrittore<br />

di libri gialli, va sempre inserito nel suo contesto.<br />

O no<br />

“Inoculazione volontaria”…<br />

nel braccio sbagliato<br />

Ma procediamo con ordine.<br />

Secondo il procuratore Pazienti e il sostituto<br />

Petroselli, Attilio Manca sarebbe morto<br />

per overdose di eroina mediante “inoculazione<br />

volontaria”, mischiata ad un quantitativo<br />

di alcol e di tranquillanti.<br />

“Inoculazione volontaria”, proprio così.<br />

Dov’è la prova della “volontarietà”<br />

dell’azione Non c’è. O meglio, non l’abbiamo<br />

vista.<br />

Anche perché c’è un problema grosso<br />

quanto una casa: il fatto che Attilio Manca la<br />

droga se la sarebbe “inoculata” nel braccio<br />

sbagliato, quello sinistro, dato che era un<br />

mancino puro. Orbene: dopo quasi un decennio,<br />

anche il “mancinismo puro” della vittima<br />

è stato messo in discussione dalla Procura<br />

di Viterbo, malgrado le tante conferme (di<br />

colleghi, di dipendenti dell’Asl, di amici, di<br />

familiari) dell’”uso esclusivo della mano sinistra<br />

da parte della vittima”.<br />

Ascolti in conferenza stampa cosa dicono<br />

il Procuratore e il Sostituto: siccome Attilio<br />

Manca era un chirurgo, doveva per forza sapere<br />

utilizzare entrambe le mani. Secondo<br />

quale principio scientifico<br />

E allora, Egregio Gip, consenta di ricostruire<br />

la scena della morte, sia perché è giusto<br />

partire dai fatti, sia perché coloro che<br />

leggono questa storia per la prima volta possano<br />

comprenderla bene.<br />

La scena della morte<br />

Attilio Manca – in quel periodo in servizio<br />

all’ospedale “Belcolle” di Viterbo – viene<br />

trovato cadavere sul letto del suo appartamento<br />

la mattina del 12 febbraio 2004 con<br />

due buchi al braccio sinistro e – secondo la<br />

famiglia – con il setto nasale deviato, il volto<br />

tumefatto, una serie di ecchimosi in tutto il<br />

corpo, e un testicolo gonfio. Sotto il letto<br />

una pozza di sangue.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 38


www.isiciliani.it<br />

“SUICIDATO” DA PROVENZANO DOSSIER IL CASO ATTILIO MANCA<br />

Nell’appartamento un caldo asfissiante<br />

dato che i regolatori dei termosifoni sono posizionati<br />

al massimo da molte ore (non si sa<br />

da chi, tenuto conto che Attilio li regolava a<br />

temperature normali).<br />

A qualche metro di distanza (nel bagno e<br />

in cucina) vengono rinvenute due siringhe<br />

con tappo salva ago ancora inserito, un pezzo<br />

del parquet del pavimento divelto, un peso<br />

da ginnastica rotto, la camicia e la cravatta<br />

della vittima poggiate su una sedia. Non vengono<br />

trovati i pantaloni, i boxer, i calzini, le<br />

scarpe e la giacca di Attilio, né vengono rinvenuti<br />

lacci emostatici e cucchiai sciogli<br />

eroina. Sul tavolo del soggiorno vengono<br />

trovati anche degli attrezzi chirurgici che,<br />

secondo gli stessi familiari e gli amici più<br />

stretti della vittima, non erano mai stati visti<br />

nell’appartamento.<br />

L’autopsia, condotta dalla dottoressa Danila<br />

Ranaletta, moglie del primario di Attilio,<br />

ha escluso sia le ecchimosi sul corpo, sia il<br />

setto nasale deviato, il volto tumefatto e le<br />

labbra gonfie. Una tesi che trova completamente<br />

d’accordo la Procura di Viterbo.<br />

Secondo la famiglia Manca, invece, il medico<br />

del 118, intervenuto dopo la scoperta<br />

del cadavere, avrebbe riscontrato questi particolari<br />

e li avrebbe inseriti nel referto.<br />

Come si vede, si tratta di due tesi del tutto<br />

contrapposte, che dovrebbero essere chiarite<br />

dalle foto del volto (mai pubblicate dai giornali<br />

e su internet).<br />

Il giallo delle foto<br />

Attualmente poche persone possiedono le<br />

foto del volto di Attilio da morto: probabilmente<br />

soltanto i magistrati di Viterbo, i legali<br />

dei Manca e i legali dei cinque attuali imputati.<br />

Dei familiari del medico, l’unico ad<br />

averle viste è il fratello Gianluca (chiamato<br />

pure a riconoscere il cadavere). Gianluca asserisce<br />

che si tratta di immagini raccapriccianti,<br />

talmente raccapriccianti da averne<br />

chiesto la non diffusione per evitare un ulteriore<br />

trauma ai genitori.<br />

Per evitare un trauma a Gino e ad Angela<br />

Manca, precipitatisi a Viterbo dopo il decesso<br />

del figlio, fu consigliato bonariamente di<br />

non vedere la salma di Attilio. A dare il “consiglio<br />

bonario” fu il primario del reparto di<br />

Urologia dell’ospedale “Belcolle”, il prof.<br />

Rizzotto, colui che, secondo i Manca, in<br />

quelle prime ore spiegò loro che il figlio si<br />

era fracassato la faccia andando a sbattere<br />

contro il telecomando poggiato su una superficie<br />

morbida come il piumone. Peccato che<br />

dalle foto riprese da dietro (queste sì, diffuse<br />

e visibili) si veda il corpo di Attilio riverso<br />

sul letto, col telecomando sotto il braccio.<br />

In ogni caso, dal consiglio di Rizzotto si<br />

deduce – a prescindere dalle foto – che il<br />

volto di Attilio non doveva essere proprio<br />

normale. La stessa Polizia di Viterbo, in<br />

quelle prime ore, a dire dei familiari<br />

dell’urologo, aveva sollevato seri dubbi sul<br />

movente della droga. Tutto cambiò nel giro<br />

di qualche ora.<br />

Ma c’è da chiedersi: perché il prof. Rizzotto<br />

diede quel “consiglio bonario” ai Manca<br />

Solo per un alto senso di umanità Può<br />

darsi. Ma perché portò avanti una tesi inverosimile<br />

come quella del telecomando Perché<br />

durante l’autopsia stazionava assieme ad<br />

Ugo Manca (cugino della vittima e perno di<br />

questa storia; ora vedremo perché) dietro la<br />

porta della moglie, mentre questa eseguiva<br />

l’esame autoptico sul corpo di Attilio Perché<br />

la sollecitava a concludere in fretta<br />

l’autopsia Perché diceva alla moglie che<br />

c’era l’esigenza immediata di consegnare il<br />

corpo alla famiglia Manca se la famiglia<br />

Manca, come sostiene, non aveva fatto alcuna<br />

premura Perché nelle ore immediatamente<br />

successive teneva i contatti con la madre<br />

di Ugo Manca, che da Barcellona forniva<br />

e riceveva notizie A che titolo<br />

Gli stessi segreti di Alfano<br />

Dai rilievi effettuati dalla Polizia scientifica,<br />

nell’alloggio di Attilio sono state rilevate<br />

cinque impronte, una del cugino Ugo Manca,<br />

e altre quattro non appartenenti a persone che<br />

la vittima era solita frequentare. Dunque, in<br />

quell’appartamento, delle persone estranee<br />

all’ambiente del medico, a parte il cugino,<br />

avrebbero lasciato le loro tracce nelle ultime<br />

ore di vita dell’urologo. A chi appartengono<br />

Non si sa neanche questo.<br />

Da tempo vengono condotte delle inchieste<br />

giornalistiche su questo caso. Da queste sono<br />

emersi dei fatti incontestabili.<br />

1) Attilio Manca, malgrado i suoi 34 anni,<br />

era un luminare della chirurgia alla prostata,<br />

essendosi specializzato a Parigi, patria del sistema<br />

laparoscopico, tecnica rivoluzionaria e<br />

meno invasiva del tradizionale intervento. 2)<br />

Francesco Pastoia, braccio destro di Bernardo<br />

Provenzano, poco prima di impiccarsi nel<br />

carcere di Modena (altra coincidenza...), disse<br />

che il boss era stato operato e assistito da<br />

un medico siciliano.<br />

3) La città di Attilio, Barcellona Pozzo di<br />

Gotto, non è una cittadina come tante, ma il<br />

centro di una strategia dell’eversione che nel<br />

’92 portò il boss Giuseppe Gullotti (mandante<br />

del delitto del giornalista Beppe Alfano) a<br />

recapitare direttamente a Giovanni Brusca<br />

(Corleonese come Bernardo Provenzano) il<br />

telecomando della strage di Capaci.<br />

4) Nello stesso periodo, sia Provenzano<br />

che il potente boss catanese Nitto Santapaola<br />

trascorrevano la loro latitanza proprio lì, a<br />

Barcellona Pozzo di Gotto. Protetti da chi<br />

5) Il giornalista Beppe Alfano era stato<br />

ucciso perché aveva scoperto l’appartamento<br />

dove veniva nascosto Santapaola.<br />

E allora, tenuto conto di questo contesto,<br />

chi può escludere che Attilio Manca - se<br />

davvero ha operato Provenzano - potrebbe<br />

avere scoperto gli stessi segreti di cui era venuto<br />

a conoscenza Beppe Alfano Chi può<br />

escludere che il medico fosse<br />

venuto a capo di quella<br />

inconfessabile rete di complicità<br />

Anche perché, a quanto pare, alcune settimane<br />

prima di morire, il medico potrebbe<br />

avere confidato certe notizie alla persona<br />

sbagliata. Che non è di Viterbo, ma di Barcellona.<br />

Cosa risponde in proposito la Procura<br />

di Viterbo Che il giovane medico era un<br />

drogato e che i quattro barcellonesi indagati<br />

vanno prosciolti perché, a loro dire, “non<br />

c’entrano niente con questa storia”. Eppure<br />

c’è quell’impronta palmare di Ugo Manca,<br />

dalla quale si sarebbe potuti partire. Invece<br />

Ugo Manca dà la sua versione e viene tranquillamente<br />

creduto. Ugo Manca è il perno –<br />

non l’unico ovviamente – attorno al quale<br />

ruota l’intera indagine. Perché<br />

Il perno Ugo Manca<br />

Condannato in primo grado nel processo<br />

“Mare nostrum” per traffico di stupefacenti,<br />

ma assolto in appello, Ugo Manca nelle ore<br />

immediatamente successive alla morte del<br />

cugino, dalla Sicilia si precipita a Viterbo per<br />

chiedere al magistrato titolare dell’indagine –<br />

a nome dei genitori e del fratello di Attilio,<br />

che però hanno categoricamente smentito – il<br />

dissequestro dell’appartamento. Perché<br />

Nientemeno che per rivestire la salma. È<br />

un’ipotesi credibile<br />

Nel frattempo la madre di Ugo – secondo<br />

la testimonianza dei familiari di Attilio – oltre<br />

a tenere i contatti con il prof. Rizzotto, si<br />

affretta a chiamare un alto magistrato romano<br />

(ripetiamo: a che titolo Per un’amicizia<br />

pregressa o per l’interessamento di qualche<br />

collega siciliano) affinché questi possa intercedere<br />

presso la Procura di Viterbo per il<br />

dissequestro in tempi rapidi della casa. Alla<br />

fine l’appartamento non viene dissequestrato<br />

per la ferma opposizione del fratello e dei<br />

genitori di Attilio.<br />

Ma è su quell’impronta lasciata sulla mattonella<br />

del bagno – in un luogo dove, secondo<br />

gli esperti più autorevoli, le tracce digitali<br />

tendono a distruggersi nel giro di qualche ora<br />

per la presenza di vapore acqueo – che Ugo<br />

Manca avrebbe dovuto dare spiegazioni più<br />

plausibili.<br />

Lui, Ugo, dice che è stato davvero in quella<br />

casa, ma circa due mesi prima, quando si è<br />

recato a Viterbo per sottoporsi a un banalissimo<br />

intervento di varicocele. Chi è il chirurgo<br />

che lo opera Attilio Manca. Incredibile.<br />

Lo stesso Attilio Manca che oggi (quando<br />

non può più difendersi perché è morto) nelle<br />

aule di giustizia e nelle interviste viene accusato<br />

dal cugino Ugo di essere stato un eroinomane,<br />

capace di usare tutt’e due le mani<br />

per drogarsi. E allora in questa storia ci sono<br />

delle cose che non tornano.<br />

Ugo rischia gli organi genitali a causa di<br />

un cugino drogato Un intervento di<br />

varicocele si fa su quella parte del corpo. È<br />

un alibi convincente<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 39


www.isiciliani.it<br />

“SUICIDATO” DA PROVENZANO DOSSIER IL CASO ATTILIO MANCA<br />

Perché rischiare tanto, se un intervento del<br />

genere Ugo può farlo agevolmente all’ospedale<br />

di Sant’Agata di Militello, dove presta<br />

servizio come dipendente amministrativo, o<br />

di Barcellona, o di Patti o di tanti altri nosocomi<br />

vicini Ugo si fa duemila chilometri<br />

per recarsi a Viterbo per un’operazione così<br />

semplice Anche questa versione non sembra<br />

per niente convincente.<br />

Eppure, Signor Gip, sa cosa hanno detto in<br />

conferenza stampa i procuratori di Viterbo a<br />

proposito di Ugo Manca Testuale: “Manca<br />

Ugo era in ottimi rapporti con il cugino Manca<br />

Attilio. Manca Ugo era di casa a Viterbo,<br />

in quanto punto di riferimento dei barcellonesi<br />

che dovevano farsi operare all’ospedale<br />

‘Belcolle”. È un aspetto che apre scenari inquietanti<br />

e che, in sostanza, conferma che ci<br />

troviamo di fronte a un caso che presenta<br />

troppe stranezze.<br />

La prostata dell’estortore<br />

Se da un lato la Procura laziale è portata a<br />

giustificare l’impronta palmare lasciata da<br />

Ugo Manca attraverso la storia dell’”assidua<br />

frequentazione tra cugini”, dall’altro emerge<br />

una circostanza inedita e oscura sul ruolo<br />

avuto da questo personaggio equivoco.<br />

Sì, perché un conto è dire che Ugo contattava<br />

telefonicamente il cugino per mandare<br />

qualche barcellonese ad operarsi a Viterbo.<br />

Un altro è dire che lui a Viterbo “era di casa”<br />

per intercedere presso l’ospedale (solo con<br />

Attilio o con qualche altro medico) per le<br />

cure alle quali dovevano sottoporsi i barcellonesi.<br />

E qui entra in gioco un altro personaggio<br />

appartenente al mondo della mafia barcellonese.<br />

Anche lui – poco tempo prima – si reca<br />

nella città laziale per farsi operare da Attilio:<br />

si chiama Angelo Porcino, è stato condannato<br />

per estorsione, ed è uno dei quattro barcellonesi<br />

indagati per i quali la Procura laziale<br />

ha chiesto l’archiviazione.<br />

A quanto pare ai magistrati di Viterbo non<br />

risulta neanche che Porcino – ufficialmente<br />

titolare di una sala giochi – abbia un cellulare.<br />

Dunque non si sa se questo tizio parli al<br />

telefono e con chi, se faccia uso<br />

dell'apparecchio di altri (eventualmente di<br />

chi), quali sono i contenuti dei suoi presunti<br />

colloqui telefonici soprattutto nel periodo in<br />

cui si è recato a Viterbo, e cosa abbia fatto<br />

realmente nella città laziale nei giorni della<br />

sua degenza. Non si sa praticamente nulla. Si<br />

sa solo che ha contattato Attilio – autonomamente<br />

o per mezzo di Ugo – per un intervento<br />

alla prostata (lo stesso, guarda caso, al<br />

quale si è sottoposto Provenzano).<br />

Non sappiamo se Porcino c’entri qualcosa<br />

in questa vicenda, però sia in lui che in Ugo<br />

Manca si riassumono due incredibili<br />

paradigmi: l’appartenenza a un mondo che si<br />

spinge fino a Viterbo per farsi curare da un<br />

medico bravissimo (ma “drogato”), e il modo<br />

di condurre le indagini da parte degli investigatori<br />

laziali.<br />

Ma quel che appare paradossale è che non<br />

si sa neppure chi siano gli altri barcellonesi<br />

(ripetiamo: solo barcellonesi) che Ugo<br />

Manca avrebbe portato a Viterbo per farsi<br />

operare. Magari i magistrati della Procura lo<br />

sanno, ma per riservatezza non lo dicono.<br />

Eppure in conferenza stampa hanno dato la<br />

sensazione di annaspare.<br />

Perché se dovesse risultare che Ugo era il<br />

punto di riferimento delle operazioni e delle<br />

cure cui si sottoponeva un determinato mondo,<br />

il quadro potrebbe cambiare notevolmente.<br />

C’entra Provenzano con quel mondo barcellonese<br />

con il quale era in stretto contatto<br />

Ma ipotizziamo pure che Provenzano non<br />

c’entri assolutamente nulla con questa storia.<br />

Ipotizziamo che si tratti di semplici<br />

congetture. Resta quel mondo poco scrutato<br />

dai magistrati laziali, collegato con Viterbo<br />

attraverso la figura di Ugo Manca, che potrebbe<br />

avere avuto l’esigenza di rivolgersi a<br />

un grande medico originario della stessa città<br />

per risolvere “privatamente” certi problemi<br />

di salute, stando lontano dai riflettori<br />

dell’isola. Ipotesi Può darsi. Ma la storia<br />

della mafia è piena di casi del genere. Che<br />

proprio per questo non vanno mai sottovalutati.<br />

L’improvvisa comparsa degli attrezzi per<br />

le operazioni chirurgiche trovati a casa di Attilio<br />

è casuale Non lo sappiamo. Se è casuale<br />

deve essere spiegato concretamente perché.<br />

Se è legata a qualcosa di inconfessabile,<br />

in quell’appartamento, la sera dell’11 febbraio<br />

2004 – nelle ore che hanno preceduto la<br />

morte di Attilio – potrebbe essere accaduto di<br />

tutto. Anche perché, a parte la circostanza del<br />

volto sfigurato e del testicolo gonfio – che la<br />

Procura laziale smentisce – c’è da chiarire la<br />

circostanza del parquet divelto, del peso da<br />

ginnastica rotto, di alcuni indumenti della<br />

vittima stranamente introvabili, e tanto altro<br />

che adesso vedremo.<br />

Un eroinomane… controllato<br />

Il giovane medico, secondo Pazienti e Petroselli,<br />

si faceva di eroina ma non era un<br />

tossicodipendente. Si drogava, a loro dire,<br />

solo in certi momenti, magari quando era depresso,<br />

ma l’eroina riusciva a tenerla sotto<br />

controllo, senza subirne dipendenza. L’eroina<br />

Sotto controllo Senza subirne<br />

dipendenza<br />

I familiari smentiscono categoricamente<br />

che Attilio si drogasse, qualche spinello al<br />

tempo del liceo, poi basta. La madre sostiene<br />

che beveva un bicchiere di vino ogni tanto, a<br />

tavola nei fine settimana, ma mai alla vigilia<br />

di un intervento chirurgico, in sala operatoria<br />

voleva essere lucido. I genitori, si sa, sono<br />

obnubilati da dolore, quindi sono portati a<br />

raccontare balle, non lo fanno per male…<br />

certo. E i colleghi, e il personale<br />

dell’ospedale “Belcolle”, e gli amici di Viterbo<br />

Anche loro raccontano un sacco di balle.<br />

Vuoi mettere queste testimonianze<br />

con quelle dei barcellonesi Non<br />

scherziamo. Ora ci arriviamo ai barcellonesi.<br />

Quindi Attilio Manca era un eroinomane<br />

ma non tanto, o meglio, era eroinomane solo<br />

in certi momenti. In che senso Beh… Qui<br />

onestamente le contraddizioni sono tali e tante<br />

che si fa fatica a venirne fuori.<br />

Riavvolgiamo il nastro… Nei primi anni le<br />

carte processuali ci dicono che l’urologo è<br />

morto per suicidio da overdose. Adesso ci dicono<br />

che è morto per overdose senza suicidio.<br />

Nell’ultima trance dell’indagine la parola<br />

“suicidio” misteriosamente scompare, resta<br />

solo la parola drogato. Dunque Attilio Manca,<br />

secondo i magistrati, è sì un drogato, ma<br />

“controllato”, nel senso che non può fare a<br />

meno del buco, ma vi ricorre ogni tanto, magari<br />

il giorno prima di fare un delicato intervento<br />

chirurgico, tanto per tenersi in forma.<br />

Infatti, come previsto dal programma del reparto<br />

di Urologia dell’ospedale “Belcolle”,<br />

Attilio doveva operare la mattina del 12 febbraio,<br />

quando è stato trovato morto.<br />

Però siccome è medico sa benissimo che<br />

quell’intruglio micidiale di eroina, di alcol e<br />

di tranquillanti può portarlo alla morte, ma<br />

siccome lo sballo è sballo, più cose ci mette<br />

dentro più si assicura l’effetto psichedelico.<br />

E così mentre l’intruglio mortale circola nelle<br />

sue vene, gli salta in mente una cosa che<br />

può cambiare la sua vita: rimettere i tappi negli<br />

aghi delle siringhe. Strafatto si precipita<br />

in cucina e poi nel bagno, barcolla ma deve<br />

portare a termine la missione, senza ovviamente<br />

lasciare impronte sulle siringhe, poi torna<br />

in camera da letto, crolla sul piumone e si<br />

fracassa il viso sbattendolo sul telecomando.<br />

Il sangue per terra è causato da edema polmonare<br />

scatenatosi per l’overdose, mica perché<br />

è stato pestato. Questa la tesi ufficiale.<br />

Quando viene ritrovato morto, nel suo<br />

braccio vengono rinvenuti due buchi (gli unici<br />

in tutto il corpo). Su questo la Procura sostiene<br />

una tesi per noi del tutto nuova: che<br />

sarebbero stati praticati in tempi diversi. Ce<br />

ne sarebbe uno recente e uno più vecchio.<br />

Questo secondo Pazienti e Petroselli dimostrerebbe<br />

tre cose: che Attilio si drogava, che<br />

quella sera non era la prima volta che si drogava,<br />

e che era un drogato “controllato”. Elementare,<br />

Watson.<br />

Lo scandalo delle impronte digitali<br />

I magistrati non hanno spiegato per quale<br />

ragione – malgrado le ripetute richieste della<br />

famiglia Manca e dell’avvocato Repici – per<br />

ben otto anni si sono rifiutati di rilevare le<br />

impronte digitali sulle due siringhe.<br />

In conferenza stampa hanno dichiarato che<br />

siccome le siringhe erano troppo piccole (immaginiamo<br />

delle normali siringhe da insulina:<br />

sono proprio così piccole), la Procura non<br />

ha ritenuto di ordinare il rilevamento delle<br />

impronte perché non si sarebbe trovato nulla.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 40


www.isiciliani.it<br />

“SUICIDATO” DA PROVENZANO DOSSIER IL CASO ATTILIO MANCA<br />

È possibile una cosa del genere con i<br />

sofisticati mezzi scientifici di cui dispongono<br />

le Forze di polizia<br />

Soltanto poco tempo fa, dopo una precisa<br />

richiesta del Gip, le analisi sulle siringhe<br />

sono state fatte. Su una non è stato trovato<br />

nulla, sull’altra una labile traccia non<br />

assolutamente comparabile a un’impronta,<br />

quindi da non considerare valida come prova.<br />

Dalle analisi effettuate non è stato accertato<br />

né che Attilio si sia drogato, né che altri<br />

lo abbiano drogato forzatamente per simulare<br />

una morte per overdose. Non esiste alcuna<br />

prova sia nell’un senso che nell’altro. Però i<br />

magistrati affermano che in una delle sue siringhe<br />

è stata rinvenuta una minuscola traccia<br />

di eroina.<br />

L'esame salta fuori otto anni dopo<br />

E così per la prima volta abbiamo sentito<br />

parlare di esame tricologico. I giudici hanno<br />

garbatamente spiegato che trattasi di analisi<br />

sul capello della vittima per accertare se questa<br />

abbia assunto degli stupefacenti. Ebbene:<br />

ci è stato detto che sì, anche nei capelli di Attilio<br />

sono state trovate delle tracce di<br />

stupefacenti. Ecco la prova “inconfutabile”.<br />

A parte il fatto che non è stato specificato<br />

di quali stupefacenti si tratta, non si comprende<br />

perché questo esame tricologico sia<br />

saltato fuori dopo otto anni, senza che alla<br />

famiglia Manca sia stato notificato nulla, e<br />

senza che le sia stata data la possibilità di nominare<br />

un perito di parte.<br />

Però siccome nella siringa è stata trovata<br />

eroina, siccome “è provato” che “Manca Attilio<br />

si sia inoculato volontariamente l’eroina<br />

nel braccio sinistro”, siccome i vicini di casa<br />

non hanno sentito rumori, Manca Attilio è<br />

morto drogato. Stop.<br />

Le indagini sul procuratore Cassata<br />

La droga, secondo i magistrati laziali, sarebbe<br />

stata una pusher romana a fornirgliela,<br />

l’unica persona, tra i cinque indagati, su cui<br />

la Procura chiede il rinvio a giudizio.<br />

Evidentemente ci saranno prove inoppugnabili<br />

per affermare con sicurezza un<br />

assunto del genere, In conferenza stampa è<br />

stato detto che la pusher capitolina riforniva<br />

di stupefacenti il “gruppo” barcellonese presente<br />

nel Lazio. Il “gruppo barcellonese”. Di<br />

cui Attilio avrebbe fatto parte. Formato da<br />

chi<br />

Ecco allora che Barcellona torna alla ribalta,<br />

non come epicentro di una criminalità organizzata<br />

che ha contatti non solo con il “gotha”<br />

di Cosa nostra siciliana, della ‘ndrangheta<br />

calabrese e della camorra campana, ma<br />

con altissimi magistrati come il procuratore<br />

generale di Messina Franco Antonio Cassata<br />

– residente da sempre a Barcellona, ricadente<br />

nello stesso Distretto giudiziario messinese –<br />

oggi sotto inchiesta per concorso esterno in<br />

associazione mafiosa; con un ex ministro<br />

come Domenico Nania (oggi vice presidente<br />

del Senato), con l’ex sindaco di Barcellona<br />

Candeloro Nania (cugino dell’ex ministro),<br />

con l’ex presidente della Provincia di Messina<br />

Giuseppe Buzzanca, e con tanti altri autorevoli<br />

personaggi.<br />

Per la Procura di Viterbo, Barcellona non<br />

torna alla ribalta per questo. Torna alla ribalta<br />

per le presunte pratiche a base di droga da<br />

parte di Attilio e del “gruppo” barcellonese<br />

presente nel Lazio. Tutto qui.<br />

Ai magistrati di Viterbo sfuggono evidentemente<br />

dei tasselli importanti per completare<br />

il mosaico. Eppure tante volte è stato scritto<br />

– e i procuratori sicuramente lo hanno letto<br />

– che in quella cittadina della lontana Sicilia<br />

esiste un circolo paramassonico denominato<br />

“Corda fratres”, che occupa un intero primo<br />

piano di un palazzo del centro.<br />

Chi non è di Barcellona pensa al classico<br />

circolo di paese, dove si gioca a carambola o<br />

a carte, si legge il giornale, si conversa amabilmente<br />

di corna e di politica, si organizzano<br />

dotte conferenze di letteratura e di arte.<br />

La “Corda fratres” è anche questo, ma è<br />

molto altro. Pur essendo frequentata anche<br />

da gente perbene, è un centro di potere dove<br />

i boss Gullotti e Cattafi convivono alla luce<br />

del sole col magistrato Cassata e con l’ex ministro<br />

Nania, con il cugino sindaco e col presidente<br />

della Provincia. Un livello superiore,<br />

che bypassa il livello medio delle persone<br />

perbene e decide il destino della città.<br />

Altro che un circolo di paese...<br />

Non c’è giovane di Barcellona che, conseguita<br />

la laurea, non si iscriva alla “Corda fratres”.<br />

Sicuramente per prestigio, ma anche<br />

per “sistemarsi” professionalmente attraverso<br />

le potenti aderenze di cui dispongono i personaggi<br />

più in vista.<br />

Come si spiega che il magistrato Franco<br />

Cassata, vero animatore del Circolo – pur<br />

essendo da anni oggetto di durissime interrogazioni<br />

parlamentari, di inchieste giudiziarie<br />

e giornalistiche, pur essendo chiacchierato<br />

per le sue amicizie discutibili – diventa Procuratore<br />

generale di Messina Solo oggi,<br />

messo sotto inchiesta dalla Procura di Reggio<br />

Calabria con accuse gravissime, al Csm<br />

si parla di un suo trasferimento per incompatibilità<br />

ambientale. Solo oggi, cioè quando<br />

Cassata è alla soglia della pensione.<br />

Come si spiega il fatto che diverse testimonianze<br />

rese all’Autorità giudiziaria contro<br />

Attilio Manca provengano dall’ambiente della<br />

“Corda fratres” fortemente intossicato da<br />

certi condizionamenti Testimonianze che<br />

cozzano con quelle di Viterbo, che paiono di<br />

segno completamente opposto.<br />

Quei rapporti “altolocati”<br />

E qui per dovere di cronaca bisogna dire<br />

che i rapporti “altolocati” intessuti all’interno<br />

di quel sodalizio non si fermano qui. C’è<br />

l’amicizia stretta fra Ugo Manca (e la sua famiglia)<br />

con il giudice Cassata, l’amicizia<br />

stretta fra Ugo Manca (e la sua famiglia) con<br />

Rosario Cattafi, l’amicizia stretta fra queste<br />

variegate entità e parecchia gente<br />

recatasi dai magistrati a<br />

testimoniare contro quel “drogato di Attilio<br />

Manca”. Significa qualcosa o pensiamo che i<br />

contesti non contino nulla<br />

Le telefonate scomparse<br />

Ma ipotizziamo pure, Signor Gip, che<br />

Attilio fosse davvero un drogato. Questo<br />

spiega a tutti i costi una morte per overdose<br />

Questo significa che i magistrati non abbiano<br />

il dovere di indagare a trecentosessanta gradi<br />

Questo significa non considerare anche<br />

l’ipotesi dell’omicidio, magari tenendo conto<br />

che la scena del presunto delitto potrebbe essere<br />

stata camuffata<br />

Anche ammesso che Attilio fosse stato un<br />

drogato, non sarebbe stata utile una maggiore<br />

prudenza sulla dinamica della morte, dato<br />

che diversi elementi ci portano a ritenere che<br />

quella sera, nella casa di Attilio Manca, potrebbe<br />

esserci stato uno scontro violento<br />

Non è detto che sia così, ma non può essere<br />

escluso a priori. Eppure la Procura di Viterbo<br />

lo ha escluso dicendo “Non ci sono elementi”.<br />

Li ha cercati<br />

Fin dall’inizio si è sposata la tesi della<br />

morte per overdose “volontaria”, e non ci si è<br />

spostati di un millimetro.<br />

Restano poi da chiarire i gialli di almeno<br />

due telefonate intercorse fra Attilio e la sua<br />

famiglia, che secondo il legale dei Manca<br />

non risultano nei tabulati telefonici.<br />

Il giallo delle due telefonate<br />

La prima telefonata proviene dalla Francia<br />

nello stesso periodo in cui viene operato Provenzano.<br />

In quel caso Attilio dice alla madre<br />

che deve assistere a un intervento. A quale<br />

Non si sa.<br />

Il procuratore Pazienti ha affermato che<br />

dai controlli effettuati, il dottor Manca in<br />

quel periodo risultava in servizio al “Belcolle”.<br />

Come se con un aereo non fosse facile<br />

raggiungere la Francia in poche ore anche<br />

nei fine settimana o nei giorni liberi.<br />

La seconda telefonata riguarda l’ultimo<br />

colloquio fra Attilio e la madre, intercorso il<br />

giorno prima del ritrovamento del cadavere.<br />

Il medico – chissà da quale luogo e in quale<br />

situazione, ma sicuramente provato – avrebbe<br />

lanciato dei messaggi in codice in cui<br />

avrebbe cercato di dire di cercare la verità<br />

proprio a Barcellona Pozzo di Gotto.<br />

Congetture anche queste, certo, ma ci chiediamo<br />

se è vero che nei tabulati quelle due<br />

telefonate non risultano. I procuratori hanno<br />

detto che quelle telefonate non ci sono mai<br />

state. Ne prendiamo atto.<br />

Quel che appare certo è che ci troviamo di<br />

fronte a tanti, troppi, “buchi neri” che Lei,<br />

Egregio signo Giudice per le indagini<br />

preliminari, è chiamato a chiarire attraverso<br />

un compito che si prospetta assai delicato.<br />

Buon lavoro.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 41


www.isiciliani.it<br />

Mafia Spa<br />

Puzza di droga<br />

la nuova economia<br />

Quanto incide la crisi finanziaria<br />

globale nelle<br />

casse del crimine organizzato<br />

Secondo recenti<br />

indagini, il mondo della<br />

finanza sarebbe sempre<br />

più collegato con le mafie<br />

e i cartelli dei narcos<br />

di Aaron Pettinari<br />

www.antimafiaduemila.com<br />

Uno schema logico che profeticamente<br />

era già stato individuato da<br />

Giovanni Falcone. Nel novembre 1990,<br />

in una conferenza tenutasi presso il<br />

Bundeskriminalamt di Wiesbaden<br />

(RFT) segnalava come l'apertura delle<br />

frontiere all'interno della Comunità<br />

Europea avrebbe necessariamente favorito<br />

l'espansione della mafia e della<br />

criminalità organizzata con i sistemi<br />

mafiosi.<br />

Da quel momento in poi, infatti, il sistema<br />

economico è stato profondamente<br />

deregolarizzato, seguendo le regole della<br />

globalizzazione economica, basata su<br />

consumismo, operazioni finanziarie spregiudicate<br />

e privatizzazione. Ed è su questo<br />

sistema che le mafie transnazionali<br />

hanno tratto una crescita esponenziale<br />

del proprio guadagno. E con la crisi economica<br />

le possibilità si sono allargate ulteriormente.<br />

Le mafie, di fatto, sono le uniche “imprese”<br />

ad avere enormi disponibilità di<br />

denaro (proventi dei traffici illeciti ndr)<br />

da poter investire in ogni settore.<br />

Il nuovo salto di qualità<br />

Nella seconda metà del 2008, quando<br />

le banche si trovavano ad affrontare pesanti<br />

problematiche di liquidità, le organizzazioni<br />

criminali mondiali, da sempre<br />

dedite al riciclaggio di denaro, sono entrate<br />

in maniera più preponderante nel<br />

mondo della finanza passando dalla porta<br />

principale grazie alla fornitura di un<br />

enorme flusso di capitali. E se questo<br />

“quadro” era già concreto e reale ancor<br />

prima del crack Lehman, che ha dato il<br />

via alla crisi economica globale, a maggior<br />

ragione oggi, che ci troviamo in una<br />

situazione peggiore, è evidente come le<br />

banche del mondo vengono attratte dal<br />

denaro facile del crimine.<br />

La casistica è davvero vasta. Si può<br />

pensare alla Wachovia Bank, che ha letteralmente<br />

“chiuso più di un occhio” sulle<br />

transazioni di denaro legate alla guerra<br />

della droga in Messico. O ancora di<br />

HSBC, che ha fatto fronte a 700 milioni<br />

di dollari in sanzioni per aver favorito il<br />

riciclaggio di denaro di signori della droga<br />

messicani, terroristi internazionali e<br />

banche iraniane (sottoposte a embargo).<br />

Banche e mafia<br />

Secondo le stime delle Nazioni Unite,<br />

il riciclaggio di denaro sporco nel 2009<br />

ammonterebbe ad un volume di 1600 miliardi<br />

di dollari, di cui oltre un terzo risalirebbe<br />

a forme di crimine organizzato.<br />

Nel febbraio 2012, in una recente seduta<br />

del congresso USA sul crimine organizzato,<br />

il capo della Sezione Riciclaggio<br />

del Dipartimento di Giustizia degli<br />

Stati Uniti, Jennifer Shasky Calvery ha<br />

ricordato come: “Le banche negli Stati<br />

Uniti sono usate per accogliere grandi<br />

quantità di capitali illeciti occultati nei<br />

miliardi di dollari che vengono trasferiti<br />

tra banca e banca ogni giorno”.<br />

Un esempio di certe operazioni finanziare<br />

viene fornito da una recente inchiesta<br />

di due economisti colombiani, Alejandro<br />

Gaviria e Daniel Mejiia dell'Università<br />

di Bogotà: il 97,4% degli introiti<br />

provenienti dal narcotraffico in Colombia<br />

viene puntualmente riciclato da circuiti<br />

bancari di Usa ed Europa. E non è<br />

una cifra da poco: si parla di 352 miliardi<br />

di dollari.<br />

Ma se per le banche il vantaggio è<br />

prettamente commerciale, per la criminalità<br />

è doppio. Da una parte la connivenza<br />

del sistema bancario permette alle mafie<br />

di ripulire i propri guadagni illeciti,<br />

dall'altra la crisi offre grandissime occasioni<br />

per aumentare il bacino dei propri<br />

affari, specie nel campo dell'usura o del<br />

mercato nero.<br />

Secondo lo scrittore e giornalista venezuelano<br />

Moisés Naím: “Fino a pochi<br />

anni fa le mafie avevano molta influenza<br />

su alcuni personaggi all’interno dei governi,<br />

ora sono i governi stessi a prendere<br />

il controllo delle reti illegali internazionali”.<br />

Secondo Naìm esempi concreti a riguardo<br />

“vengono dati dall'ex giudice supremo<br />

Eladio Aponte, che in Venezuela<br />

sta fornendo prove che dirigenti<br />

governativi di primo piano sono anche i<br />

capi di importanti bande criminali internazionali.<br />

Per non parlare dell’Afghanistan,<br />

dove il fratello del presidente, il governatore<br />

di Kandahar Ahmed Wali Karzai,<br />

assassinato nel 2011, era stato ripetutamente<br />

accusato di essere coinvolto nel<br />

traffico d’oppio, la principale attività<br />

economica del Paese”.<br />

In Italia...<br />

Ovviamente neanche l'Italia è immune<br />

dall'incidenza delle criminalità organizzate.<br />

Secondo l'ultimo rapporto di Sos<br />

Impresa “Mafia spa” fattura oltre 100<br />

miliardi di euro all’anno, il 7% del Pil.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 42


www.isiciliani.it<br />

“Duecentotrenta<br />

gruppi operativi<br />

della 'ndrangheta<br />

in Germania”<br />

Secondo l'associazione “Le imprese<br />

italiane subiscono 1.300 reati al giorno,<br />

50 all’ora, un reato al minuto ed è sempre<br />

più difficile distinguere tra economia<br />

legale e non”. Il motivo “Le imprese (e<br />

non solo) sono attratte da capitali mafiosi<br />

e quindi possono diventare complici.<br />

Proprio grazie alla connivenza con il<br />

mondo politico e amministrativo e di<br />

professionisti compiacenti le mafie si<br />

sono insediate nel Centro e Nord Italia.<br />

Controllano la quasi totalità del mercato<br />

del gioco d’azzardo, anche lecito, dello<br />

smaltimento dei rifiuti, specialmente<br />

quelli tossici e nocivi, del ciclo delle costruzioni<br />

fino ad arrivare a nuovi settori”.<br />

Grazie alla liquidità di cui dispongono,<br />

senza il bisogno di accedere al regolare<br />

credito bancario (anche se non sono da<br />

escludere aiuti da banche “amiche” ndr),<br />

le mafie non risentono della crisi ed anzi<br />

la sfruttano aprendo nuove strade.<br />

Imprenditori tentati<br />

Non è improbabile che imprenditori<br />

onesti ma in difficoltà, a cui le banche<br />

hanno chiuso i rubinetti del credito, possano<br />

rivolgersi alla criminalità organizzata<br />

per sopravvivere, tanto che il racket<br />

dell’usura legato alle cosche, già oggi<br />

sufficientemente diffuso, potrebbe divenire<br />

la nuova fonte di liquidità per gli imprenditori.<br />

E ciò ovviamente distruggerebbe<br />

ancora di più la nostra economia.<br />

A rendere ancor più grave la situazione<br />

nel nostro Paese è poi il meccanismo di<br />

integrazione che si è avviato non solo tra<br />

le varie mafie (Cosa nostra, 'Ndrangheta<br />

e Camorra) ma anche con il sistema criminale<br />

della corruzione politica.<br />

“Con il sistema di corruzione così diffuso<br />

in tutto il Pese è stato introdotto un<br />

nuovo modo per convivere con la mafia<br />

– ha ricordato ancora una volta il procuratore<br />

aggiunto di Palermo Antonio Ingroia<br />

al Festival della Legalità - La battaglia<br />

in questo modo diventa più difficile<br />

perché si tratta di sconfiggere la corruzione<br />

che con la mafia è una faccia della<br />

stessa medaglia. Speriamo che il Parlamento<br />

nazionale riesca ad approvare subito<br />

la legge anticorruzione”.<br />

Un appello lanciato anche dal fondatore<br />

di <strong>Libera</strong> don Ciotti: “Nessuno sconto,<br />

nessuna mediazione è possibile nella lotta<br />

alla corruzione, così come nella lotta<br />

al riciclaggio e alle mafie. La convenzione<br />

di Strasburgo parla chiaro: la corruzione<br />

deve essere sradicata. Quindi il<br />

Ddl sulla corruzione in discussione al<br />

Parlamento non deve essere svuotato da<br />

mediazioni che ne mortificano i contenuti.<br />

Deve diventare il trampolino di lancio<br />

di una vera lotta alla corruzione che ogni<br />

anno si mangia ben più di quel 3% del<br />

Pil italiano, cioè di quei 60 miliardi di<br />

Euro denunciati dalla Corte dei Conti”.<br />

Anche il resto d'Europa non è immune<br />

alla presenza delle mafie. Spagna e Grecia<br />

sono divenuti i nuovi “Stati porta”<br />

per le rotte della cocaina in Europa tanto<br />

che la “capitale” della Catalogna, Barcellona,<br />

viene definita come “la nuova Marsiglia”.<br />

E' li che 'ndranghetisti, narcos<br />

colombiani e messicani si incontrano per<br />

quella che ormai è una joint-venture<br />

della cocaina con ricavi da capogiro<br />

(mille euro per ogni euro investito nel<br />

sistema produttivo ndr).<br />

Proprio la 'Ndrangheta, sostituendosi a<br />

Cosa nostra come broker internazionale<br />

dei traffici di droga, rappresenta uno dei<br />

massimi esempi di nuova “holding criminale”.<br />

Un'organizzazione talmente potente<br />

da gestire direttamente l’importazione<br />

della cocaina verso l’Europa , utilizzando<br />

rotte sempre più sicure che coinvolgono<br />

America, Africa ed Europa, grazie ai rapporti<br />

con le mafie di numerosi paesi. Non<br />

è un caso che la 'Ndrangheta sia inserita<br />

nella black list delle organizzazioni terroristiche<br />

dal governo degli Stati Uniti.<br />

Traffici internazionali di droga dimostrati,<br />

passando dal Sudamerica alla Grecia,<br />

anche da un'indagine dall'antimafia<br />

milanese nel 2011, che portò all'arresto<br />

di 11 persone, al sequestro di 117 chili di<br />

cocaina, 48 di hashish. Non solo. Secondo<br />

altri dati nel Paese ellenico, venendo a<br />

mancare i canali di prestito ufficiali a<br />

causa della crisi, sempre più persone ricorrono<br />

ai prestiti illegali, rivolgendosi<br />

agli strozzini. Un mercato nero di prestiti<br />

illegali che produrrebbe un giro d'affari<br />

di circa 5 miliardi di euro all'anno.<br />

Un'attività che pare sia quadruplicata<br />

dall'inizio della crisi nel 2009.<br />

Mafie italiane in Germania<br />

Non si può poi dimenticare la Germania.<br />

Sono passati poco più di cinque anni,<br />

da quando il 15 agosto 2007 a Duisburg ,<br />

sei persone vennero trovate assassinate<br />

davanti al ristorante “da Bruno”. Era<br />

l’ultimo atto della “faida di San Luca”,<br />

tra i clan di 'Ndrangheta Nirta-Strangio e<br />

Pelle Vottari, iniziata nel 1991.<br />

Le indagini di questi anni hanno dimostrato<br />

il radicamento delle organizzazioni<br />

criminali italiane nella Bundesrepublik.<br />

Nel 2009 il Bundeskriminalamt, la polizia<br />

criminale tedesca, ha dichiarato che<br />

esistevano in Germania 230 n’drine con<br />

1800 affiliati.<br />

Un dato importante, e indicativo di<br />

come lo Stato tedesco oggi sia divenuto<br />

punto nevralgico di contatto e di "intelligence"<br />

tra le varie mafie internazionali in<br />

Europa. Ad attirare i criminali più che la<br />

posizione centrale all'interno del continente<br />

Europeo sono le stesse leggi tedesche,<br />

troppo deboli e inefficaci e i metodi<br />

d'indagine limitati in materia di organizzazione<br />

criminale.<br />

Nella Repubblica Federale, come in<br />

tutti paesi Ue eccetto l’Italia, non è riconosciuto<br />

infatti il reato di associazione<br />

mafiosa né sono previste norme sul carcere<br />

duro per i mafiosi.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 43


www.isiciliani.it<br />

“Alcune banche<br />

hanno superato<br />

la crisi con i<br />

finanziamenti<br />

delle mafie”<br />

Come se non bastasse, le leggi sul riciclaggio<br />

sono più blande rispetto al nostro<br />

Paese (secondo un’indagine Ocse sul<br />

tema, in Germania nel 2011 sono stati<br />

“recuperati” 170 milioni di euro contro<br />

1,3 miliardi dell’Italia), dato che per questo<br />

reato è prevista l’”inversione<br />

dell’onere della prova”, ovvero chi fa un<br />

investimento non è obbligato a provare<br />

che i soldi provengano da una fonte pulita.<br />

A ciò si aggiungono i limiti d'indagine<br />

per gli inquirenti con l'impossibilità di<br />

effettuare intercettazioni in luoghi pubblici<br />

o appartamenti privati.<br />

Il contrasto internazionale<br />

Mettendo insieme tutti questi dati si<br />

evince come i capitali mafiosi stanno<br />

traendo profitto dalla crisi economica europea<br />

e, più in generale, dalla crisi economica<br />

dell’Occidente, per infiltrare in<br />

maniera capillare l’economia legale. Eppure<br />

tali capitali non sono solo l’effetto<br />

della crisi globale, ma anche e soprattutto<br />

la causa, perché presenti nei flussi<br />

economici sin dalle origini di questa crisi.<br />

Nel dicembre 2009, il responsabile<br />

dell’Ufficio Droga e Crimine dell’Onu,<br />

Antonio Maria Costa, rivelò di avere le<br />

prove che i guadagni delle organizzazioni<br />

criminali fossero l’unico capitale<br />

d’investimento liquido che alcune banche<br />

avevano avuto a disposizione durante<br />

la crisi del 2008 proprio per evitare il<br />

collasso.<br />

Una soluzione ad una problematica<br />

così globale è chiaro che non può essere<br />

trovata solo dall'inasprimento delle leggi<br />

di un singolo Paese ma deve essere affrontato<br />

in una maniera globale così<br />

come ha sempre chiesto Giovanni Falcone.<br />

“Persiste dunque la necessità di un corrispondente<br />

adeguamento della legislazione<br />

internazionale e della realizzazione<br />

di una costante ed efficace collaborazione<br />

internazionale - diceva nel 1990 - Ciò<br />

significa soprattutto l’abolizione dei cosiddetti<br />

paradisi fiscali, che fino ad oggi<br />

hanno reso vani i tentativi, anche i più<br />

decisi, di alcuni Paesi per identificare i<br />

flussi di denaro provenienti da attività illecite.<br />

Questa è una lotta in cui si devono<br />

sentire impegnati tutti i componenti della<br />

comunità internazionale, perché dall’esito<br />

di questa lotta dipende se la criminalità<br />

organizzata potrà essere distrutta o almeno<br />

ridimensionata entro limiti in cui<br />

non rappresenti più una seria minaccia<br />

per la società”. Ed è in questa direzione<br />

che cerca di muoversi la nuova commissione<br />

antimafia europea che ha come<br />

presidente l'europarlamentare italiana<br />

Sonia Alfano.<br />

“Di recente, la ’Ndrangheta ha riciclato<br />

28 milioni di euro in poche ore, acquistando<br />

un intero quartiere in Belgio” - ha<br />

raccontato la presidente del Crim.<br />

“Il parlamento europeo - ha continuato<br />

- vuole conoscere il modello Italia di lotta<br />

alla mafia, che tanti risultati ha dato<br />

sul fronte del contrasto all’ala militare<br />

delle organizzazioni criminali e per questo<br />

dopo aver visitato la Serbia sarà presto<br />

in Italia a Palermo, Roma e Milano<br />

per ascoltare non solo magistrati e investigatori,<br />

ma anche rappresentanti del sistema<br />

bancario e del mondo imprenditoriale.<br />

Ma le audizioni sono mirate anche<br />

a capire perché l’Italia sia in ritardo sulla<br />

legislazione riguardante il riciclaggio e la<br />

corruzione. Ad esempio, continua a non<br />

essere previsto il reato di<br />

autoriciclaggio”.<br />

Tra gli obiettivi fissati dalla Alfano anche<br />

quello “di predisporre un piano di<br />

contrasto a livello europeo, con la previsione<br />

di un testo unico antimafia, che<br />

permetta in tutti i paesi dell’Unione Europea<br />

di punire la partecipazione ad organizzazioni<br />

mafiose, di aggredire i patrimoni<br />

criminali e di contrastare efficacemente<br />

i fenomeni corruttivi e il riciclaggio<br />

di denaro, compreso quello<br />

attraverso il sistema finanziario”. Riforme<br />

importanti quanto necessarie.<br />

Non a caso Antonio Ingroia ha detto sì<br />

al lavoro in Guatemala dove le Nazioni<br />

Unite gli hanno chiesto di dirigere una<br />

Commissione internazionale contro<br />

l’impunità.<br />

Il procuratore aggiunto, spiegando le<br />

proprie motivazioni, ha ribadito: “è fondamentale<br />

potenziare l’azione di contrasto<br />

su scala transnazionale. L’Italia, che<br />

suo malgrado ha esportato la mafia, ora<br />

deve portare all’estero anche l’antimafia<br />

sotto il profilo organizzativo e strategico.<br />

In Guatemala la Commissione contro<br />

l'impunità in Guatemala ha diverse funzioni:<br />

la prima è legislativa, con supporto<br />

di conoscenza per nuove leggi, l'altra è<br />

giudiziaria poiché a causa della grande<br />

corruzione in quel paese vi sono poche<br />

condanne e molte assoluzioni”.<br />

Una sfida internazionale<br />

“In questo quadro – ha aggiunto Ingroia<br />

- avendo io partecipato (per attività di<br />

investigazione e convegnistica) a numerosi<br />

incontri in Guatemala mi è stato offerto,<br />

dal capo di questo organismo che<br />

poi è l'ex governatore generale del Costa<br />

Rica, l'incarico di guidare l'unità di investigazione.<br />

con me collaborano una quarantina<br />

tra magistrati e poliziotti provenienti<br />

da tutto il mondo. Per me è una<br />

sfida affascinante. Vent'anni fa Giovanni<br />

Falcone per primo capì che bisognava rilanciare<br />

la sfida sul piano nazionale. Io<br />

credo che sia arrivato il momento di puntare<br />

al livello internazionale con un'azione<br />

che va pensata, coordinata e attuata.<br />

Bisogna contare su organismi stabili in<br />

cui ci si incontra e ci si confronta. Tanto<br />

in America quanto nell’Est, europeo e<br />

asiatico”.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 44


www.isiciliani.it<br />

Memoria/ Giovanni Spampinato<br />

Il compagno cronista<br />

Un mestiere così<br />

Nella Sicilia degli anni Settanta, fra mafia e<br />

strategie della tensione<br />

di Attilio Occhipinti<br />

Sei pallottole e Giovanni Spampinato<br />

muore. Ragusa, la notte del 27 ottobre<br />

1972, perde un giovane giornalista, fatto<br />

fuori perché faceva bene il suo lavoro,<br />

che, secondo alcuni, coincide col ficcare il<br />

naso in faccende poco chiare. Troppo scomodo<br />

in questo caso, soprattutto dopo che<br />

aveva documentato l’alleanza fra gruppi<br />

neofascisti e criminalità organizzata. Era<br />

corrispondente de L’Ora e dell'Unità ai<br />

tempi della “strategia della tensione”.<br />

Sono trascorsi quarant’anni da quella<br />

notte e i Ragusani non sembrano ricordare<br />

molto la figura di Giovanni Spampinato.<br />

Che il giornalismo d’inchiesta, quello<br />

che narra il marcio, quello che denuncia la<br />

corruzione e inchioda i criminali, sia pericoloso<br />

è risaputo. Non si rischia solo di<br />

essere ammazzati. Ma anche di essere dimenticati,<br />

che poi è come morire. Li chiamano<br />

i rischi del mestiere.<br />

«Questo atteggiamento di fiducia nel<br />

proprio mestiere, di giornalista che tiene<br />

gli occhi bene aperti, credo sia il primo<br />

insegnamento che possono trarre dalla sua<br />

breve esperienza di vita i giovani di<br />

oggi»: questa è l’eredità di Spampinato<br />

secondo Carlo Ruta, giornalista d’inchiesta,<br />

autore di “Morte a Ragusa” (2004),<br />

che fa luce sulla storia del cronista.<br />

Lo stesso Ruta è stato al centro di una<br />

vicenda che l’ha visto coinvolto, suo malgrado,<br />

con l’accusa di stampa clandestina.<br />

Per questo è stato condannato nel 2008,<br />

ma assolto dalla Corte suprema di Cassazione<br />

nel 2012, in quanto la presunta<br />

“clandestinità” di cui era stato accusato<br />

non può essere estesa ad un blog su internet.<br />

Da ricordare anche l’episodio in<br />

cui, una notte, gli viene rubata la macchina<br />

con dentro le copie di “Morte a<br />

Ragusa”, che il giorno dopo sarebbero<br />

state distribuite.<br />

«Negli ultimi anni Novanta, quando ho<br />

cominciato a occuparmi del caso, si trattava<br />

di una storia dimenticata, rimossa, tenuta<br />

in vita solo dal ricordo che custodivano<br />

dei fatti alcuni amici e compagni del<br />

giovane ucciso. Lungo quei sentieri mi<br />

sono trovato quindi a “incontrarlo” e a<br />

confrontarmi con la sua esperienza, con il<br />

suo punto di vista».<br />

L’esempio di Carlo Ruta è utile per analizzare<br />

altre sotie simili, dove un tipo di<br />

narrazione scomoda (tipicamente,<br />

l'inchiesta, trova ostacoli che rendono tortuoso<br />

il cammino verso la cosiddetta realtà<br />

dei fatti.<br />

Il “Clandestino” e gli altri<br />

«L'anno scorso abbiamo documentato il<br />

degrado in cui versava una parte<br />

dell'ospedale di Modica: quadri elettrici<br />

con l'acqua sotto, tubi rotti, rifiuti di ogni<br />

sorta. Abbiamo pubblicato un video e un<br />

articolo. La risposta non è stata "Provvediamo<br />

subito" ma "Vi quereliamo<br />

per procurato allarme e violazione di<br />

domicilio". Ovviamente non c'era nessun<br />

cartello che vietava l'accesso. Comunque<br />

alla fine, anche dopo le proteste di molti,<br />

la querela non è stata presentata. Non aveva<br />

senso. La cosa bella di questa storia è<br />

che quei settori che abbiamo visitato sono<br />

stati puliti subito dopo. Quindi avevamo<br />

ragione», dice Giorgio Ruta de Il Clandestino,<br />

mensile cartaceo di Modica nato nel<br />

2006.<br />

«E’ vero che oggi per minacciare un<br />

giornalista si usa di più l'arma della querela<br />

che quella dell'aggressione fisica. A<br />

volte esistono querele che hanno soltanto<br />

lo scopo di intimidire, niente di più», continua<br />

Giorgio Ruta.<br />

Una querela è stata invece recentemente<br />

archiviata, quella della Busso Sebastiano<br />

S.r.l. nei confronti di Claudio Conti (Legambiente),<br />

Giulio Pitroso e il direttore<br />

della testata La Verità. A questo proposito<br />

Giulio Pitroso: «La reazione dei miei conoscenti<br />

alla querela è stata più vicina a<br />

un coro di 'telavevodetto', rispetto a un<br />

minimo accenno di vicinanza, termometro<br />

del fatto che la mentalità comune - senza<br />

voler troppo generalizzare - di Ragusa<br />

vive ancora in un senso di forzato perbenismo,<br />

per cui non ci si deve mai esporre<br />

apertamente».<br />

Forse siamo difronte ad un cambio di<br />

tendenza, poiché in passato si era solito<br />

ferire fisicamente gli “impiccioni”, mentre<br />

in questo presente sembra ferir di più<br />

la notifica del tribunale. Senza dimenticare<br />

gli espliciti atti intimidatori come quello<br />

subito dal giornalista modicano Saro<br />

Cannizzaro, collaboratore del Giornale di<br />

Sicilia, al quale fu bruciato il portone di<br />

casa nel settembre del 2011 oppure l’episodio<br />

che ha visto coinvolta Pinella Drago,<br />

giornalista sciclitana anche lei collaboratrice<br />

del Giornale di Sicilia, cui ignoti<br />

hanno incollato con della colla attack il<br />

lucchetto della cappella in cui riposa il defunto<br />

marito.<br />

In provincia c'è pure ScicliPress, cartaceo<br />

mensile, nato nel 2008. Ne parlano<br />

Bartolo Lorefice e Paolo Cirica: «Giovanni<br />

Spampinato vive e cammina con<br />

le gambe dei giovani iblei impegnati nel<br />

mondo del giornalismo (tesserati e non)<br />

e che, da free lance, danno dignità e lustro<br />

ad una categoria che, dalle nostre parti, ha<br />

proprio bisogno di nuova linfa. Penso al<br />

nostro ScicliPress, ma anche agli amici de<br />

Il Clandestino, di Generazione Zero e ai<br />

singoli disseminati in giro per la provincia:<br />

Roberto Sammito a Scicli, Andrea<br />

Sessa e Andrea Gentile a Vittoria.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 45


“Un bel premio.<br />

Alla memoria”<br />

Crediamo che Spampinato sarebbe<br />

orgoglioso del nostro impegno per una<br />

informazione con la schiena dritta».<br />

Il mosaico del giornalismo ibleo nel<br />

2011 si è arricchito di un altro tassello,<br />

Generazione Zero, quotidiano online impegnato<br />

nella realizzazione d’inchieste legate<br />

all’ambiente e alle precarie condizioni<br />

dei siti archeologici, con un occhio di<br />

riguardo verso i giovani, gli immigrati, i<br />

precari.<br />

I giovani cronisti di ora<br />

Scheda<br />

GIOVANNI SPAMPINATO<br />

www.isiciliani.it<br />

Al giornalismo ragusano di nuova generazione<br />

dobbiamo accostare la tradizione<br />

incarnata da Sicilia Libertaria, il mensile<br />

anarchico, giunto al suo trentaquattresimo<br />

anno di vita, diretto da Pippo Gurrieri. Un<br />

esempio di giornalismo militante che ha<br />

fatto e continua a far parlare di sé anche<br />

oltre lo stretto di Messina.<br />

L’eredità e il ricordo di Giovanni Spampinato<br />

vivono nel lavoro dei giovani giornalisti<br />

ragusani che scrivono fino a consumarsi<br />

le dita, denunciando la corruzione e<br />

l’indecenza di certi ambienti dall’aria<br />

malsana. Eppure, tra la gente, lo si conosce<br />

poco Giovanni Spampinato. Qui ne<br />

ne parlano poco e, magari, male. Perché<br />

“l”hanno ammazzato per un fatto di<br />

antipatia”, perché “era un giornalista<br />

azzardato”, perché “le chiacchiere non<br />

costano un centesimo”. Intanto nel 2007 il<br />

Presidente della Repubblica, Giorgio<br />

Napolitano, ha insignito Spampinato del<br />

premio Saint Vincent per il giornalismo<br />

alla memoria. Alla memoria, appunto.<br />

Città: Ragusa<br />

Mestiere: Studente di Filosofia/Giornalista per l’Unità, L’Ora, Dialogo<br />

Specialità: strategia della tensione, rapporti tra criminalità e neofascismo, archeomafie<br />

Assassinio: operato da Roberto Campria, sulla base di una presunta persecuzione nei<br />

suoi confronti da parte del cronista. Figlio dell’allora presidente del tribunale di Ragusa,<br />

Campria sarà condannato a 21 in primo grado, a 14 in appello, ma ne sconterà solo 8.<br />

Campria era stato sospettato dal giornalista dell’omicidio dell’ingegnere Tumino, come<br />

lui vicino all’estrema destra e coinvolto nell’antiquariato.<br />

Riconoscimenti: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha consegnato alla<br />

memoria il Premio Saint-Vincent nel 2007.<br />

La quinta edizione del “Master in giornalismo investigativo e analisi delle fonti documentarie”<br />

di Milano, promosso dall’Associazione Giornalismo Investigativo, è stato<br />

intitolato alla memoria del giornalista siciliano Giovanni Spampinato nel 2011.<br />

La sala stampa della Provincia di Ragusa è stata intitolata a Giovanni Spampinato. Sul<br />

suo utilizzo si è aperta una ragionevole polemica, che ha visto addirittura documentare<br />

la scomparsa della targa commemorativa della sala stessa.<br />

Sospetti: non sono mai state aperte indagini sulla responsabilità di eventuali mandanti,<br />

ma è chiaro che diverse ipotesi, ben documentate nell’opera dello storico Carlo Ruta<br />

spingerebbero verso una rianalisi del caso. Nel n.9 de “La Verità”, giornale d’inchiesta<br />

diretto da Gianni Bonina, (che sul caso ha scritto un libro, recentemente rielaborato in “Il<br />

fiele e le furie”), lo stesso parla delle possibilità di riapertura del caso che sarebbero<br />

state costruite negli anni Zero; nel numero 10, l’allora Procuratore Fera replica ad alcuni<br />

passaggi dell’articolo. L’opera di Luciano Mirone ne “Gli Insabbiati” e “C’erano dei cani,<br />

ma molto seri” di Alberto Spampinato fanno molto riflettere sul caso. A distanza di quarant’anni<br />

si potrebbe cominciare a parlare di mandanti e di reti occulte, che avrebbero<br />

avuto l’interesse di eliminare questo giovane cronista.<br />

(g.p.)<br />

APPUNTI DI VIAGGIO<br />

DI UN 21 MARZO<br />

di Giulio Pitroso<br />

La pelle del bus era blu. I bagagli riposavano<br />

nel suo ventre e noi sulle sue scomode<br />

poltrone. Saremmo potuti andare<br />

con il viaggio organizzato, ma il nostro<br />

programma non poteva prevederlo.<br />

L’Unione degli Studenti (UdS), cui facevamo<br />

parte, imbastiva un coordinamento<br />

nazionale di un giorno dopo la manifestazione,<br />

approfittando anche dei rimborsi<br />

per le spese di viaggio di <strong>Libera</strong>. Così, a<br />

ridosso di quel 21 marzo 2010, XV giornata<br />

memoria e impegno in ricordo delle<br />

vittime delle mafie, partivamo verso<br />

Milano: manco a dirlo, tutto il carico del<br />

nostro bistrattato idealismo ci faceva sembrare<br />

questa storia di quasi picari una romantica<br />

avventura.<br />

Piero, allora coordinatore della sezione<br />

dell’UdS Ragusa, andava allo scientifico,<br />

all’ultimo anno. Era l’incarnazione dello<br />

stereotipo di Sinistra: i dreadlocks raccolti<br />

in una fascia, vari e lunghi discorsi in tasca,<br />

pretese di ragionevole cambiamento.<br />

Eravamo solo in due a partire, anche per<br />

via della fifa matta di essere bocciati che<br />

hanno gli studenti al secondo quadrimestre.<br />

Raccolto nella paura ben più concreta<br />

del freddo nordico, m’ero equipaggiato<br />

di eskimo in poliestere, diffidenza alle<br />

sale da barba, gigantesco zaino militare<br />

modello “Grande Guerra”, con sacco a<br />

pelo annesso; Piero optava per una sobria<br />

giacca a vento e uno zainetto reduce delle<br />

medie. Eravamo due profughi.<br />

Alle tre del pomeriggio, la corriera partì.<br />

Ci lasciammo alle spalle le livide pietre<br />

di Ragusa, l’insistente attitudine alla pioggia<br />

del suo cielo, la massa indifferente dei<br />

concittadini. Quest’ultima, nostra conoscente<br />

stretta, s’era palesata quando i megafoni<br />

della protesta gracchiavano contro<br />

Gelmini, Fioroni e Moratti, in piazze semivuote<br />

o mal riempite. Era successo,<br />

all’ombra dell’imperiale aquila, sull’asfalto<br />

a forma di M di uno spazio che i più<br />

vecchi chiamano ancora “piazza Impero”<br />

o di fronte alla lastra dei caduti per mano<br />

del fascismo, di faccia alla cattedrale, in<br />

piazza San Giovanni.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 46


www.isiciliani.it<br />

“Un giornalista<br />

curioso”<br />

D’altro canto, Ragusa era stata una capitale<br />

del manganello nero, ai tempi<br />

dell’ascesa del duce, vuoi la mancanza di<br />

latifondo, vuoi lo scarso radicamento mafioso.<br />

Era come il nord. Di questo si è<br />

sempre vantata la gente di qui, di essere<br />

diversa dagli altri isolani. Isola nell’isola.<br />

Quando Ragusa esportava fasci<br />

Poiché non è auspicabile cominciare il<br />

percorso su rotaia dagli Iblei e volendo<br />

noi viaggiare a bassi costi, la nostra prima<br />

tappa fu la stazione ferroviaria di Catania.<br />

Negli anni della strategia della tensione,<br />

Ragusa arrivò ad esportare ed importare<br />

neofascisti, in un triangolo speciale con<br />

Siracusa e Catania. Quest’ultima oggi si<br />

raggiunge dal capoluogo ibleo in circa<br />

due ore, a fronte di un centinaio di chilometri:<br />

le migliorie al percorso sono state<br />

segnate da una lotta politica tra Vito Bonsignore,<br />

cugino di Firrarello (Pdl), e Raffaele<br />

Lombardo.<br />

La stazione di Catania ci si palesò come<br />

una cartolina dall’Inferno: dei signori arroganti<br />

dicevano agli autisti dove mettere<br />

la macchina, una vecchia orinava disinvolta<br />

quasi in mezzo alla gente e ovunque<br />

regnava una disperata calma apparente,<br />

interrotta dagli annunci di una voce-robot.<br />

L’attesa fu immensa. Terminò, quando cominciò<br />

il buon senso. «Ma sei sicuro che<br />

partiva alle sette» chiesi io.<br />

Non abbiamo mai avuto talento per i<br />

dettagli, anche per quelli essenziali. Il<br />

nostro treno era già passato qualche ora<br />

prima, come diceva la scritta tatuata sui<br />

biglietti, che Piero teneva in borsa.<br />

La cosa ci costò qualche decina di euro<br />

e qualche ora. Partimmo di sera. Le discussioni<br />

inquiete, cui non si poteva trovare<br />

una fine, mentre il treno ci cullava<br />

con il suo verso cadenzato, il senso<br />

d’angoscia di una gioventù che si sa già<br />

senza futuro ci prepararono a un sonno<br />

profondo, che consumammo sulle brutte<br />

poltrone di uno scompartimento vuoto.<br />

Al mattino, ci svegliarono due poliziotti<br />

con un cane. Il nostro aspetto non ci aiutava.<br />

«Dove siete diretti». Manifestazione<br />

nazionale antimafia. «No Mafia Day».<br />

Non sapevamo che fosse e loro sapevano<br />

della nostra. Imbarazzante silenzio.<br />

Avevano un accento che profumava di<br />

soppressata. Eravamo da qualche parte in<br />

Calabria; l’aria del mattino era splendida.<br />

«Arrivederci».<br />

Da qualche parte in Calabria<br />

Molti <strong>Siciliani</strong> pensano che la Calabria<br />

sia una terra di disperazione e miseria.<br />

Sembra il colmo. La peggiore maledizione<br />

dei <strong>Siciliani</strong> è, infatti, quella di credersi<br />

i migliori al mondo. Per questo ci interroghiamo<br />

spesso del perché qualcuno non<br />

valorizzi veramente la nostra terra. Quando<br />

qualcuno arriva dal mare, sia egli di<br />

Washington o di Roma, e impone il suo<br />

sfruttamento, noi pensiamo che sia il nostro<br />

salvatore, mentre lui s’impone anche<br />

su chi vive una storia altrui, come la chiamava<br />

Carlo Levi.<br />

Scheda<br />

L'ARTE RICORDA<br />

GIOVANNI SPAMPINATO<br />

Canzone<br />

“Questa è la triste storia di Giovanni<br />

Spampinato,/cronista del ragusano che<br />

cercava la verità./Da solo andò /fino in<br />

fondo, ma poi venne ammazzato/dal figlio<br />

di un magistrato e dai silenzi di una città”<br />

fa il pezzo del pozzallese Filippo Susino,<br />

“Lone Wolf”. A tutt’oggi, è l’unica canzone<br />

che perviene sul tema, a quarant’anni dalla<br />

morte del giornalista.<br />

«La storia di Spampinato io l'ho conosciuta<br />

tanti anni fa tramite un libro di Carlo<br />

Ruta. Mi sono subito appassionato del<br />

suo personaggio e mi sono documentato<br />

più approfonditamente... E dopo circa 2/3<br />

anni mi sono deciso a dedicargli una canzone!»<br />

dice il ventinovenne, ex bassista<br />

degli Skaramanzia. «Lui era nominato da<br />

tutti "lupu solitariu" perché conduceva le<br />

indagini sempre da solo... Era una persona<br />

diffidente.... Per questo Lone Wolf<br />

(dall'inglese "lupo solitario")». I più, però,<br />

di Giovanni Spampinato non sanno nulla.<br />

Qualcuno del settore, pessimista, ci dice<br />

che gli artisti sono autoreferenziali, non<br />

interessa loro fare certi discorsi, neppure<br />

fuori dai cd.<br />

Teatro<br />

“L’Ora di Spampinato” è un lavoro portato<br />

avanti da Danilo Schininà e Vincenzo Cascone,<br />

finanziato anche attraverso libere<br />

sottoscrizioni. Il prodotto verrà presentato<br />

in via definitiva nel quarantennale della<br />

morte del giornalista, il 27 ottobre 2012.<br />

Danilo Schininà, insieme a Roberto Rossi,<br />

è anche autore de “Il caso Spampinato.<br />

Inchiesta drammaturgica”.<br />

«Per me dar voce a Spampinato ha una<br />

doppia importanza. Da un lato, mi riempie<br />

di orgoglio e di responsabilità interpretare-<br />

anche se solo vocalmente- un personaggio<br />

realmente esistito, che ha vissuto le<br />

strade e le piazze che vivo anche io ogni<br />

giorno, un giovane curioso e brillante<br />

come anche io spero e sogno di essere<br />

che ha inevitabilmente scritto una pagina<br />

importante di storia della nostra città, portando<br />

la gente del tempo ad interrogarsi<br />

su cose che stavano un po' più in basso<br />

della superficie. Dall'altro lato, è compito<br />

del progetto "L'ora di Spampinato", quindi<br />

anche mio, togliere la sabbia che in questi<br />

pochi decenni si è venuta a creare intorno<br />

a questa faccenda, sabbia che ha<br />

impedito a moltissime persone- specie<br />

della mia generazione- di venire a<br />

conoscenza della storia e della vita di<br />

Giovanni Spampinato, e di tutto il suo<br />

impegno politico e professionale» dice<br />

Giovanni Arezzo, giovane attore ibleo già<br />

diplomato alla “Silvio D’Amico”.<br />

Cinema<br />

C'è una sceneggiatura mai tradotta in pellicola,<br />

“Il caso Spampinato – morte di un<br />

giornalista curioso”, che ha ricevuto una<br />

menzione speciale al Premio Mattator.<br />

«La sceneggiatura su Spampinato, nonostante<br />

abbia avuto un riconoscimento importante<br />

a livello nazionale, a Ragusa è<br />

stata ignorata anche da chi avrebbe potuto<br />

avervi interesse. La sceneggiatura è<br />

stata anche sottoposta alla Rai tramite<br />

uno sceneggiatore televisivo che faceva<br />

parte della giuria del concorso per sceneggiature<br />

Mattador 2011» dice Francesco<br />

Greco, uno degli autori.<br />

(g.p.)<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 47


“Un vecchio titolo<br />

di giornale”<br />

www.isiciliani.it<br />

E chi solleva dei dubbi Si pensi al<br />

giornalista che sospettò dei legami tra un<br />

imprenditore greco, un certo Mephalopoulos,<br />

venuto a spendere grana a Siracusa,<br />

e il regime dei Colonnelli: finì ammazzato<br />

e la sua città si distrasse dalla<br />

sua scomoda memoria.<br />

Nella città imperiale di Roma, cambiammo<br />

treno. Da lì fu tutto svelto. Le<br />

mie speranze di arrivare in tempo, si fecero,<br />

però, tenui. La piana, un po’ imbronciata,<br />

ci scorreva accanto, attraverso i finestroni.<br />

Cielo grigio.<br />

Nonostante la fama dei treni nordici,<br />

non recuperammo. Fummo a Milano che<br />

tutto era già finito. Non ci restò, allora,<br />

che dirigerci verso il coordinamento UdS.<br />

A Rogheredo, in stazione, aspettavamo un<br />

treno, quando ci accorgemmo che, intorno<br />

a noi, altri ragazzi aspettavano il mezzo<br />

con la stessa aria da naufraghi.<br />

Col naso rotto dai nazisti<br />

C’erano un diciassettenne genovese<br />

biondo, una ragazzina vestita da scout, accompagnata<br />

da un fidanzato alto e barbuto.<br />

Non fu difficile riconoscersi e parlarsi.<br />

Difficile fu, invece, mandar giù il boccone<br />

amaro delle cose che dicevano i compagni:<br />

come se un impero crollasse in mano<br />

ai barbari. A Padova un adolescente con il<br />

naso rotto dai nazisti, a Genova la scomparsa<br />

progressiva del sindacato, a Ragusa<br />

la cronica difficoltà di ricambio con nuove<br />

leve e, su tutto, l’aria di divisione e<br />

conflitto tra gruppi di tutta la penisola.<br />

Arrivati a destinazione, in un paesino<br />

della Pianura Padana, trovammo ragazzi<br />

da tutta Italia che stavano già discutendo,<br />

divisi in gruppi di lavoro. Molti erano i<br />

generali, i capi e vicecapi di questo esercito,<br />

che si rivelava, in realtà, friabile. C’era<br />

chi contestava la Cgil, chi temeva gli autonomi;<br />

tutti volevano “incidere su determinate<br />

tematiche che stanno a monte”.<br />

Fumanti sigarette a margine delle riunioni,<br />

mentre qualcuno rischiava di innamorarsi.<br />

Esclusi i capi, nessuno superava i<br />

vent’anni. In serata fu allestita una mensa<br />

dagli scout locali, che, con cortesia e disciplina,<br />

ci servirono della buona pasta rimestata<br />

in un pentolone.<br />

«Vegetariano» chiese la ragazzetta con<br />

il mestolo in mano. No, grazie. Qua e là, i<br />

meridionali imbastivano cori e altre goliardate.<br />

Mentre affondavo la forchetta,<br />

entrò uno scout con un’icona dall’aspetto<br />

familiare, in bianco e nero.<br />

“Era di Ragusa”, dissi<br />

Era la foto di Giovanni Spampinato, un<br />

giornalista di Ragusa, ucciso tanti anni fa<br />

per aver fatto bene il suo lavoro. «Era di<br />

Ragusa» dissi al ragazzo, che, dopo avermi<br />

spiegato di come il suo gruppo lo aveva<br />

“adottato” per la manifestazione, accolse<br />

con nordico e partecipe distacco il<br />

mio goffo orgoglio.<br />

Nel tempo lontano - ma non troppo -, in<br />

cui Ragusa viveva una quotidiana violenza<br />

politica, connessa al crimine, Giovanni<br />

Spampinato era un ragazzo di 26 anni,<br />

uno studente, un giornalista, di Sinistra.<br />

Le avrebbe capito bene, le nostre angosce.<br />

All'amica Angela Fais scriveva così:<br />

“Come vedi va tutto bene. Con Giacomo<br />

si lavora alla perfezione, certo resta<br />

sempre il problema economico, il lavoro<br />

mi assorbe molto e rende poco. Ieri Nino<br />

G. mi ha accennato alla possibilità di una<br />

mia utilizzazione a Catania, sempre come<br />

collaboratore. Dovremmo parlarne con<br />

più precisione. Certo che, in un modo o<br />

nell'altro, debbo trovare una sistemazione<br />

che mi consenta un minimo di indipendenza<br />

economica. E questo, stando a Ragusa,<br />

non credo sia possibile. Tra l'altro,<br />

ho la ragazza che studia a Roma, e il fatto<br />

di vederci solo nelle feste crea problemi.<br />

Comunque, non so proprio cosa farò”.<br />

* * *<br />

E noi che oggi non ci troviamo in condizioni<br />

diverse, ci permettiamo di pensare<br />

che è come se avessero fatto violenza<br />

pure a noi.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 48


i libri di<br />

Kanjano e Carlo Gubitosa<br />

la mia terra<br />

la difendo<br />

un ragazzo, una protesta,<br />

una scelta di vita<br />

Introduzione di Don Luigi Ciotti<br />

Prefazione di Riccardo Orioles<br />

Con un ricordo di Andrea Camilleri<br />

Formato 15x21, 80 pagine, b/n<br />

ISBN 9788897194033<br />

12 euro<br />

richiedilo su<br />

su www.mamma.am/giuseppe<br />

La rabbia e la speranza di un ragazzo<br />

innamorato della sua terra. Un<br />

viaggio nel cuore della Sicilia per<br />

riscoprire la storia di Giuseppe, il<br />

ventenne di Campobello di Licata<br />

che ha affrontato “il pregiudicato<br />

Sgarbi” con una telecamera, due<br />

amici e un pacco di volantini.<br />

Ventidue anni, pastore per vocazione, produttore di<br />

formaggi per mestiere, cittadino indignato per passione.<br />

Il volto di Giuseppe Gatì è salito agli onori<br />

delle cronache nel dicembre 2008 per la contestazione<br />

che ha scosso la città di Agrigento al grido di<br />

“Viva il Pool Antimafia!”<br />

Con l’aiuto degli amici e dei familiari di Giuseppe,<br />

Carlo Gubitosa e Kanjano hanno scoperto gli scritti,<br />

le esperienze e il grande amore per la terra di<br />

Sicilia di questo ragazzo, che ha lasciato una eredità<br />

culturale preziosa prima di morire a 22 anni per<br />

un incidente sul lavoro. Un racconto a fumetti che<br />

non cede alle tentazioni del sentimentalismo e della<br />

commemorazione sterile, per restituire al lettore<br />

tutta la bellezza di una intensa storia di vita che ha<br />

molto da insegnarci.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giov igiovani<br />

– pag. p g 49


Quante lotte, e quante volte coi denti stretti e i pugni in tasca ti<br />

sei “arraggiato” contro lo schifo che ti circondava.Non so se da<br />

qualche parte hai visto quello che hai lasciato (...)<br />

impaginato.indd 30 17/10/12 13:49<br />

– pag. 50


vivo in campagna, ed ogni giorno<br />

che passa, mi innamoro sempre più<br />

delle mie caprette.<br />

ho deciso di rimanere qui,<br />

in questa terra bellissima e<br />

maledetta, vivendo onestamente,<br />

rifiutando il compromesso e<br />

l’illegalità.<br />

non ho voluto lasciare tutto,<br />

come hanno fatto e continuano<br />

a fare in tanti. io voglio vedere<br />

crescere i miei figli tra il candore<br />

dei mandorli in fiore e sotto<br />

l’ombra degli ulivi.<br />

impaginato.indd 21 17/10/12 13:49<br />

– pag. 51


gli autori<br />

Kanjano<br />

Al secolo Giuliano Cangiano, è un cantastorie per<br />

bambini e per adulti. Da una quindicina d’anni naviga<br />

tra la satira, il fumetto e il racconto per l’infanzia: ciò<br />

che conta è raccontare, il mezzo adatto cerca sempre<br />

di trovarlo. Laureato in Filosofia con una tesi su<br />

Andrea Pazienza, ha lavorato come autore satirico<br />

per L’Erroneo, Pizzino, Emme (L’Unità), Paparazzin<br />

(<strong>Libera</strong>zione), Il Male e L’Antitempo. Ha pubblicato,<br />

con Gianluca Ferro, “L’estate di Michele” per Sergio<br />

Staino e “Jano&Drilla” per DedíA Edizioni. Collabora<br />

con parecchie riviste online e su carta ed è direttore<br />

editoriale di “Mamma!”, rivista di giornalismo a<br />

fumetti e satira. Si guadagna da vivere col design di<br />

cose che non indossa e facendo l’illustratore.<br />

il pazzo mondo a<br />

stelle e strisce<br />

manuale a fumetti per capire<br />

gli stati uniti<br />

Formato 20x20, 96 pagine a colori<br />

ISBN 9788897194040<br />

15 euro<br />

www.mamma.am/tomtomorrow<br />

le altre novità<br />

Carlo Gubitosa<br />

Giornalista per mestiere, ingegnere per necessità,<br />

fumettista per passione. Scopre il potere della scrittura<br />

satirica e del fumetto sulle pagine del quotidiano<br />

<strong>Libera</strong>zione, dove ha tenuto a battesimo l’inserto<br />

di satira “Paparazzin” assieme a Mauro Biani,<br />

celebrandone anche il funerale. Per ripicca, assieme<br />

ad un gruppo di satiri, giornalisti e fumettari ribelli<br />

ha fondato nel 2009 la rivista di giornalismo a fumetti<br />

Mamma! (www.mamma.am). Ha collaborato<br />

con molte testate italiane di satira come Il Male,<br />

Emme, Il Misfatto.<br />

NEL MONDO DI TOM TOMORROW il pinguino<br />

Sparky ci guida attraverso le nevrosi della società statunitense<br />

con editoriali che parlano di guerre, inganni<br />

governativi, manipolazioni mediatiche, turbocapitalismo,<br />

estremismo politico e fanatismo religioso. Un genere<br />

di racconto nato sugli “alt-weeklies”, i settimanali<br />

di informazione alternativa statunitensi.<br />

l’eroe dei due mari<br />

taranto, il calcio, l’ilva e un<br />

sogno di riscatto<br />

Formato 15x21, 96 pagine b/n<br />

ISBN 9788897194064<br />

10 euro<br />

www.mamma.am/eroedeiduemari<br />

Un cocktail a fumetti di passione calcistica, malapolitica<br />

e inquinamento, nato da un romanzo di successo e arricchito<br />

dai dati di cronaca che hanno portato il “caso<br />

Taranto” alla ribalta nazionale.<br />

A metà tra il calcio moderno e quello di provincia, la<br />

bellezza e il degrado, il sorriso e il lutto, le vicende<br />

di Taranto diventano un simbolo delle lotte di tutti i<br />

sud del mondo impegnati a difendere la propria dignità<br />

contro poteri più grandi di loro.<br />

mauro biani<br />

chi semina racconta<br />

sussidiario di resistenza sociale<br />

Formato 17x24, 240 pagine a colori<br />

ISBN 9788897194057<br />

15 euro<br />

www.mamma.am/maurobiani<br />

Il meglio delle vignette, sculture e illustrazioni di Mauro<br />

Biani, autore di satira sociale a tutto tondo che unisce<br />

la vocazione artistica all’impegno professionale come<br />

educatore in un centro specializzato per la disabilità e<br />

la non disabilità mentale. Uno sguardo disincantato e<br />

libero che sa dare le spalle ai potenti quando serve, per<br />

toccare temi universali come la nonviolenza, i diritti<br />

umani, l’immigrazione, il cristianesimo anticlericale, la<br />

resistenza alla repressione e la lotta alle mafie.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

i<br />

– pag. p 53


www.isiciliani.it<br />

Testimonianze<br />

Napoli<br />

a piena<br />

voce<br />

Un libro collettivo<br />

di Napoli Monitor<br />

Napoli a piena voce è un libro collettivo.<br />

In primo luogo perché scritto<br />

a più mani: quelle di chi lavora nella<br />

redazione di Napoli Monitor, per far<br />

si che il giornale possa arrivare ogni<br />

mese in edicola, e ogni giorno proporre<br />

dei nuovi contenuti sul sito internet.<br />

In secondo luogo perché raccoglie<br />

le voci di decine di persone, che<br />

raccontano la città attraverso le vite e<br />

le esperienze di chi la abita.<br />

Raccontare la città<br />

“Ogni due anni la redazione lavora a<br />

un libro che approfondisce i temi del<br />

mensile, prendendo più tempo per<br />

l’indagine e più spazio per la scrittura.<br />

Quello che avete tra le mani è il terzo<br />

della serie, un po’ diverso dai primi due,<br />

pensati come raccolte di reportage con<br />

un filo conduttore comune.<br />

Stavolta volevamo un libro più omogeneo,<br />

in cui l’impronta di ogni autore<br />

risultasse più leggera e la composizione<br />

dei singoli tasselli rendesse subito chiaro,<br />

e se possibile rafforzasse il disegno<br />

complessivo.<br />

Grazie a un articolo di Sandro Portelli<br />

sul Manifesto, avevamo scoperto i libri<br />

di Louis ‘Studs’ Terkel, maestro della<br />

storia orale statunitense e conduttore per<br />

quarant’anni di un programma di<br />

interviste alla radio. L’articolo di Portelli<br />

gli rendeva omaggio.<br />

Terkel era appena scomparso, all’età<br />

di novantasei anni, ma per fortuna esisteva<br />

un’antologia in italiano, piena di<br />

bellissime interviste tratte dai suoi libri<br />

sui grandi temi della storia degli Stati<br />

Uniti. Ci trovammo delle somiglianze<br />

con il nostro modo di raccogliere storie<br />

e decidemmo di lavorare a questo libro<br />

tenendo in mente il suo modello”.<br />

Napoli a piena voce<br />

Autoritratti metropolitani di Luca Rossomando<br />

con Marco Borrone, Andrea Bottalico, Alessandra<br />

Cutolo, Salvatore De Rosa, Carola<br />

Pagani, Salvatore Porcaro, Riccardo Rosa,<br />

Viola Sarnelli, Davide Schiavon<br />

Bruno Mondadori Editore<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 53


www.isiciliani.it<br />

Roberta Lanzino<br />

Una storia di violenza,<br />

morte e 'ndrangheta<br />

Tratto dalla grafic novel<br />

Roberta Lanzino<br />

(Ragazza)<br />

di Celeste Costantino<br />

e Marina Comandini<br />

In libreria e online<br />

dal 26 ottobre<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 54


www.isiciliani.it<br />

Roberta Lanzino ha 19 anni, vive con la sua famiglia a Rende (provincia di Cosenza), è una studentessa<br />

universitaria al primo anno, studia Scienze economiche, è bella e ha un Sì della Piaggio di colore blu. È il<br />

26 luglio del 1988 e Roberta, proprio con il suo motorino, va verso la casa al mare. I suoi genitori Franco<br />

e Matilde sarebbero partiti pochi minuti dopo a bordo della "Giulietta" di famiglia. Roberta quella<br />

mattina indossa dei jeans blu, una maglietta rosa salmone e gli occhiali da sole. Per questioni di sicurezza<br />

Roberta imbocca una strada secondaria. Purtroppo perde l'orientamento, si smarrisce. Due uomini con<br />

una Fiat 131 le stanno alle calcagna e al momento giusto le tagliano la strada, la violentano, la colpiscono<br />

senza pietà al collo e alla testa con un coltello, conficcandole poi in gola una spallina per strozzare le urla.<br />

Muore soffocata, Roberta. Il suo corpo viene ritrovato alle 6.30 del mattino dopo. Le indagini partono<br />

subito ma la verità arriverà soltanto nel 2007.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 55


www.isiciliani.it<br />

Società civile<br />

Non tutte le antimafie<br />

portano in paradiso<br />

Cosa vuol dire fare antimafia<br />

senza esserne<br />

dei “professionisti”<br />

di Salvo Vitale<br />

Anni fa, a Barcellona Pozzo di Gotto,<br />

Marco Travaglio ebbe a dire: “Magari<br />

ce ne fossero tanti professionisti<br />

dell’antimafia!” Ma si rivolgeva a chi<br />

dell’antimafia ha fatto una professione<br />

di vita, una scelta ideologica e non un<br />

mestiere. Le categorie dell’antimafia<br />

nate in questi ultimi anni sono tantissime:<br />

proviamo a individuarne qualcuna:<br />

- L’antimafia di mestiere. C’è chi con la<br />

sigla dell’antimafia ci lavora, dà lavoro e<br />

vuole anche esprimere il principio che<br />

un’imprenditoria libera dalle catene della<br />

mafia è possibile. E’ il caso di prendersela<br />

con questi Il riferimentoriguarda le due<br />

maggiori associazioni antimafia, Addio<br />

Pizzo e <strong>Libera</strong>. Nel sito di Addio Pizzo<br />

troviamo vera e propria agenzia di viaggi<br />

per realizzare una forma di turismo civile<br />

o impegnato, con visite guidate nei “luoghi”<br />

dell’antimafia, pullman, soste per i<br />

pasti e per gli acquisti, alberghi. Una parte<br />

minima della quota è offerta, come contributo,<br />

ai titolari delle strutture visitate (per<br />

esempio il museo della Legalità di Corleone<br />

o la Casa Memoria di Cinisi).<br />

Turisti a parte, esiste anche un progetto<br />

di Addio Pizzo sulle visite guidate delle<br />

scolaresche a Palermo: i prezzi variano da<br />

sette a dieci euro a testa, a seconda del<br />

numero e dell’itinerario. Per esempio,<br />

cento alunni che pagano sette euro a testa<br />

(pullman esclusi), frutteranno 700 euro<br />

che, solo per pagare le prestazioni di una<br />

guida, sembrano troppi. Su <strong>Libera</strong> si<br />

possono fare infinite altre illazioni,<br />

giustificabili nel momento che ormai si<br />

tratta di una struttura che coinvolge circa<br />

duemila associazioni che non è facile<br />

tenere sotto controllo.<br />

Il bilancio 2010 (sul sito) a pareggio è di<br />

3.047.710: la maggior parte delle entrate è<br />

alla voce “Istituzioni”, riferendosi certamente<br />

a progetti finanziati di educazione<br />

alla legalità nelle scuole. Il costo dei prodotti<br />

biologici (che sembrerebbe a prima<br />

vista incompatibile col mercato) mediamente<br />

risulta molto alto perché comprende<br />

il sostegno alle coop che agiscono in<br />

territorio difficile per portare avanti il progetto<br />

rivoluzionario di un’economia che<br />

può fare a meno della protezione mafiosa.<br />

“Turismo civile e responsabile”<br />

Una sottovoce a questo tipo di antimafia<br />

è quella che Telejato ha chiamato<br />

“l’antimafia in pizzeria”, suscitando le ire<br />

di Giovanni Impastato che ogni anno organizza,<br />

in uno spazio continuo alla sua<br />

pizzeria, alcune iniziative fatte di relazioni<br />

su temi specifici. Come poi ha precisato<br />

lo stesso Pino Maniaci, “Il problema<br />

economico, ci rendiamo conto, vuole anche<br />

il suo spazio: anche se con i compagni<br />

di Peppino non è mai successo, nessuno si<br />

scandalizza se qualcuno dà un contributo<br />

per la gestione o per le iniziative. Ma se<br />

tutto questo diventa un “tour di turismo<br />

civile e responsabile”, con apposito pacchetto<br />

di viaggio, pullman, luoghi da visitare<br />

e contributo da versare, si va un po'<br />

oltre il fare antimafia e basta”.<br />

- L’antimafia religiosa. E' praticata in<br />

gran parte da scout che trovano una struttura,<br />

spesso religiosa, dove poter dormire,<br />

mangiare, pregare, e girano varie situazioni<br />

per apprendere qualcosa su realtà che<br />

spesso non conoscono se non per sentito<br />

dire. I riferimenti obbligati sono le figure<br />

di don Puglisi o di don Diana, martiri: va<br />

bene se si ha l’accortezza di distinguere<br />

tra una Chiesa che non ha mai preso le distanze<br />

dalla mafia, o si è lasciata inquinare,e<br />

una chiesa militante dove singoli preti<br />

(don Ciotti, don Gallo ecc.) hanno preso<br />

forti posizioni di condanna e di distanza.<br />

Qualche difficoltà nasce dall’attribuzione,<br />

fatta dall’Espresso di “Papa antimafia” a<br />

Ratzinger, per il solo fatto di avere<br />

espresso parere favorevole alla richiesta<br />

di beatificazione di padre Puglisi. E’<br />

davvero troppo poco e non pare che finora<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 56<br />

papa Benedetto si sia distinto per avere<br />

espresso un chiaro anatema come quello<br />

gridato dal suo predecessore Wojtila nella<br />

Valle dei templi, nel 1993.<br />

- L’antimafia di parata. E' la più praticata:<br />

ormai è d’obbligo come minimo partecipare,<br />

per l’anniversario della morte<br />

della vittima, a una messa in memoria, cui<br />

sono invitati gli uomini in divisa, i parenti,<br />

qualche giornalista con telecamera, le<br />

autorità, compreso il sindaco, e altri rappresentanti<br />

istituzionali. Per i rappresentanti<br />

delle forze dell’ordine la parata può<br />

anche essere esteriorizzata con il trombettiere<br />

che suona il "silenzio", mentre tutti<br />

tacciono, assumono una faccia triste, e i<br />

militari presenti si schierano con la mano<br />

destra aperta a taglio sulla fronte per il saluto<br />

militare. Ultimamente, prima con<br />

Rita Atria e poi con Rostagno, sta venendo<br />

in uso una piccola cerimonia laica al<br />

cimitero, davanti alla tomba del caduto. In<br />

altri casi si dà luogo a un capannello per<br />

scoprire una lapide o una targa di intestazione<br />

di una strada, oppure a un corteo:<br />

quello che ha avuto continuità e partecipazione<br />

numerosa, e contenuti, è quello che<br />

ogni 9 maggio si snoda da Terrasini a Cinisi<br />

per ricordare Peppino Impastato.<br />

L'antimafia dei convegni<br />

Strettamente collegata è "l’antimafia<br />

dei convegni", con relatori più o meno importanti<br />

latori di testimonianze personali,<br />

oppure esperti che si dilungano in dotte<br />

relazioni bla-bla, con linguaggio incomprensibile<br />

e certamente non rapportato ai<br />

livelli di preparazione di chi ascolta; il<br />

tutto con biglietto, albergo e pranzo prepagati,<br />

preceduto da un manifesto, da una<br />

locandina e dall’indispensabile presenza<br />

dell’operatore televisivo, con relativa intervista.<br />

Difficile constatare che, chi esca<br />

dopo avere ascoltato, possa anche avere<br />

interiorizzato qualcosa che lo porti ad<br />

operare con più coscienza su questo difficile<br />

terreno. Per non parlare delle megaparate<br />

organizzate in occasione del 23<br />

maggio, per ricordare Falcone, con nolo<br />

di navi, distribuzione di magliette, borsette,<br />

berrettini ed altri gadget e allegri schiamazzi,<br />

il tutto con spese alte.


www.isiciliani.it<br />

“Il metodo è quello di Danilo Dolci:<br />

abituare la gente ad acquistare<br />

un modo di pensare autonomo”<br />

- L’antimafia scolastica. Da alcuni anni<br />

i piani dell’offerta formativa prevedono<br />

progetti di “educazione alla legalità”, approvati<br />

dal Collegio dei docenti e finanziati,<br />

in parte con le magre risorse delle<br />

scuole, in parte con i fondi regionali<br />

(POR), nazionali (PON) o europei (FER-<br />

ST). Si tratta di presentare articolati progetti<br />

con formulari precisi, dettagliato utilizzo<br />

delle somme, da giustificare al centesimo,<br />

e che in parte vengono distribuite<br />

tra ore da pagare ai docenti e non docenti,,<br />

spese per l’intervento di eventuali relatori<br />

e formatori, spese per pubblicizzare<br />

l’evento, spese per la costruzione di un<br />

“prodotto”, da allegare alle note giustificative.<br />

“A scuola non si parla di mafia”<br />

Negli interventi finali la scuola assicura<br />

un pubblico, quello degli studenti, felici di<br />

uscire per qualche ora dalla loro aula e<br />

curiosi di ascoltare qualcosa di diverso:<br />

sui docenti ci sarebbe da fare un discorso<br />

a parte, considerato che alcuni approfittano<br />

di questi momenti per "evadere",<br />

magari andare a fare la spesa o sistemare<br />

il registro, altri, ma solo per far credere<br />

che lavorano, sporgono forti lamentele<br />

al preside, perché vengono sottratte<br />

loro “ore di lezione”, altri ancora sparano<br />

giudizi feroci, come: ”I ragazzi sono stanchi<br />

di sentir parlare di mafia”, oppure: “E’<br />

stato tutto un momento di indottrinazione<br />

politica di sinistra”. Oppure, ma questo<br />

l'ha detto anche il sindaco di Trapani, che<br />

"a scuola non bisogna parlare di mafia,<br />

per non mettere paura agli studenti, ma<br />

meglio parlare di altro, di gastronomia per<br />

esempio".<br />

Molti preferiscono non occuparsene<br />

Non ci occuperemo di costoro, ma del<br />

fatto che non basta e non può bastare una<br />

conferenza a formare sensibilità e coscienze<br />

antimafia. Anche l’articolazione<br />

dei singoli progetti, rivolti per lo più a<br />

un’utenza di una ventina di ragazzi, non<br />

serve, se produce qualche cartellone,<br />

qualche coretto con l’immancabile “I cento<br />

passi” dei Modena o “Pensa” di Fabrizio<br />

Moro, o ancora qualche filmato con<br />

immagini prese da Internet. Tali progetti<br />

hanno qualche possibilità di risultato se<br />

diventano patrimonio e obiettivo di tutti i<br />

docenti, momento centrale dei loro piani<br />

di lavoro, da coordinare con i contenuti<br />

della disciplina che si insegna, in linea<br />

con quanto portato avanti dagli altri docenti.<br />

E, a parte la buona volontà di pochissimi,<br />

moltissimi preferiscono non occuparsi<br />

della questione. In ogni caso, anche<br />

queste forme spesso improvvisate del<br />

“fare antimafia” vanno incoraggiate e<br />

messe in atto, perché, diceva Sciascia,<br />

“Per sconfiggere la mafia ci vorrebbe un<br />

esercito di maestri”.<br />

L'antimafia sociale<br />

- L’antimafia sociale. La definizione è<br />

nata a Cinisi, con il Forum Sociale Antimafia,<br />

nel 2001, e si riferisce alla scelta<br />

militante di essere costantemente presenti<br />

in tutti i momenti di lotta che nascono sul<br />

territorio, di appoggiarli, di considerarli<br />

come momenti di costruzione di una “resistenza”<br />

al sistema mafioso, sull’esempio<br />

di quella che era la lotta di resistenza al<br />

nazifascismo. E’ una scelta d’impegno e<br />

di sacrifici, perchè implica dedizione,<br />

convinzione e lavoro sociale, oltre che politico.<br />

Si tratta di dare una precisa direzione,<br />

alla propria vita e a quella delle<br />

persone con cui lavori, attraverso la denuncia,<br />

la manifestazione, se è necessario<br />

l’occupazione: come con la partecipazione<br />

alle lotte degli operai della Fiat di Termini,<br />

ai No-Tav in Val d’Aosta, al neonato<br />

movimento No Muos contro le antenne<br />

Usa a Niscemi, ecc. Anche la costante<br />

presenza nelle scuole o nelle associazioni<br />

che organizzano momenti d’impegno civile<br />

è un passaggio di questa antimafia militante.<br />

L'informazione ufficiale<br />

- L’antimafia informativa. Come al<br />

solito c’è un’informazione di massa,<br />

“ufficiale”, di ciò che è consentito dire, e<br />

un’informazione periferica, ristretta,<br />

difficile da diffondere, priva di mezzi, ma<br />

ricca d’impegno, che stenta a farsi spazio.<br />

La prima ha a disposizione i grandi mezzi<br />

e le grandi testate: è quella che costruisce<br />

eroi, che nasconde criminali politici o ne<br />

addita solo alcuni al pubblico ludibrio, in<br />

rapporto alle indagini dei magistrati e<br />

delle forze dell’ordine o in relazione alle<br />

scelte dello schieramento politico per cui<br />

lavora il giornalista. In questo contesto<br />

tutto sembra in ordine, pare che i<br />

principali mafiosi siano stati arrestati e<br />

che la mafia stia finendo; non si parla, se<br />

non di straforo dei fili che legano<br />

onorevoli e camorristi, impresari e forze<br />

istituzionali corrotte. Insomma, il solito<br />

mondo dorato dove basta individuare<br />

qualche responsabile alla Cuffaro, cui far<br />

pagare tutto, affinchè tutto resti per com’è<br />

sempre stato.<br />

L'informazione dei volantini<br />

L’altra antimafia mediatica è quella che<br />

si serve dei volantini, del retro bianco dei<br />

manifesti per scrivere un messaggio, di<br />

qualche scalcagnata radio, come lo era<br />

Radio Aut, e di qualche altra scalcagnata<br />

emittente televisiva com’è Telejato. Il metodo<br />

è quello di Danilo Dolci: abituare la<br />

gente ad acquistare un modo di pensare<br />

autonomo, a rendersi conto che si trova in<br />

un insieme di situazioni che li usa come<br />

vittime, come consumatori, come elettori,<br />

come destinatari finali di progetti costruiti<br />

non per essere al servizio della comunità<br />

ma per autoaffermazione e arricchimento.<br />

Vent’anni di berlusconismo hanno fatto il<br />

deserto e creato generazioni di giornalisti<br />

leccaculo, mentre si studiano nuovi<br />

meccanismi di controllo, soprattutto sulla<br />

pubblicazione delle intercettazioni.<br />

Carcere e diffamazione<br />

C’è voluto il caso del ventilato carcere<br />

per Sallusti per porre all’attenzione un<br />

problema vecchio, la diffamazione a<br />

mezzo stampa e le sue conseguenze<br />

penali. Il tutto con l’avvertenza che<br />

spesso si tratta di persone insospettabili e<br />

che sbattere i loro visi in prima pagina<br />

può provocare imprevedibili reazioni.<br />

* * *<br />

Nota: questo articolo rimane aperto ad<br />

eventuali contributi di quanti credono<br />

all’esistenza di un’antimafia “militante” e<br />

di quanti sono rimasti delusi da altre antimafie.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 57


www.isiciliani.it<br />

Italia<br />

La fine<br />

della politica<br />

La modernità e il laboratorio<br />

per ciechi di<br />

Saramago<br />

di Pietro Orsatti<br />

Apro, inevitabilmente, con lo sberleffo<br />

anche demagogico. Non è possibile<br />

astenersi. Il ministro Cancellieri ha<br />

recentemente paragonato l’attuale crisi<br />

di legalità e credibilità del sistema<br />

politico (dal livello nazionale a quello<br />

regionale) “una nuova Tangentopoli”.<br />

Ritorno con la memoria a quel biennio<br />

92/93 e devo ammettere che, se ci si limita<br />

non solo al piano del malaffare e<br />

della corruzione, in realtà il paragone è<br />

fin troppo minimalista. La crisi economica<br />

e finanziaria di oggi è di gran lunga<br />

peggiore di quella già molto pesante del<br />

’92, come il livello di distruzione sistematica<br />

del sistema industriale e produttivo<br />

del paese realizzato in questi<br />

vent’anni.<br />

Senza contare lo sbracamento sconcio<br />

del livello culturale e “ideologico” della<br />

classe dirigente italica, che quando cerca<br />

di assumere un carattere austero, come<br />

quello che ci spaccia l’attuale “tecnicità”<br />

presunta panacea morale (basti vedere<br />

quali siano i criteri etici di selezione<br />

all’interno delle tante Bocconi e Luis e<br />

dei cda di aziende e fondazioni per averne<br />

un’idea), diventa ancor più nauseante.<br />

Nostalgia (quasi) dell’arrogante ma<br />

alto e spietato intervento in correo di<br />

Craxi alla Camera dei deputati nel ’92.<br />

Nostalgia, obbligatoria, se andiamo a<br />

guardare gli atteggiamenti arroganti e la<br />

finta indignazione di quella sorta di attempata<br />

comparsa di uno spettacolo di<br />

Lady Gaga che si è incatenata alla poltrona<br />

di governatore della Lombardia al<br />

secolo Roberto Formigoni o dello svacco<br />

coatto di quell’ultrà da curva Nord che ci<br />

ha propinato in un mix devastante di vittimismo<br />

e decisionismo da talk show di<br />

gossip Renata Polverini nel Lazio.<br />

Da prassi illecita a cultura<br />

E proprio partendo da queste due regioni<br />

diventa evidente la continuità e il<br />

legame storico e strategico fra l’attuale<br />

crisi e quella emersa nel ’92 con l’arresto<br />

di Mario Chiesa. Un’evoluzione/ degenerazione<br />

progressivamente trasformatasi<br />

da prassi illecita a cultura.<br />

E deflagra, nello scoperchiamento della<br />

cloaca politico/affaristica, una delle<br />

più oscene truffe mediatiche che ci siano<br />

state propinate in questi vent’anni: la<br />

bontà del decentramento e del federalismo<br />

come panacea contro gli effetti degenerativi<br />

della prima Repubblica.<br />

Un decentramento e un federalismo<br />

che hanno al contrario prodotto la crescita<br />

esponenziale dei doppi incarichi, dei<br />

soldi spesi, delle tasse, delle metastasi<br />

dei comitati d’affari, degli sprechi e del<br />

clientelismo di massa. Le parentopoli<br />

oscene messe in atto dal centro destra<br />

nella Capitale non sono esclusiva del giù<br />

orrido sistema del potere di Alemanno<br />

ma anche dello speculare potere<br />

porchettaro della Polverini.<br />

“Annamo a magnà, ce n'è per tutti”<br />

Ritorna alla memoria quell’incredibile<br />

siparietto tamarro della pajata e polenta<br />

in piazza Monte Citorio con l’apoteosi di<br />

menti bisunti, schizzi di sugo, rutti e ghigni<br />

compiacenti che videro protagonisti i<br />

Bossi e i Maroni, i Polverini e gli Alemanno.<br />

Dita unte e grasse esposte davanti al<br />

tempio del potere legislativo: “annamo a<br />

magnà, ce n’è per tutti”, il messaggio per<br />

nulla nascosto. “Se magna”. E hanno magnato.<br />

Nel nome del federalismo e del<br />

decentramento, della modernità mediatica<br />

che si è auto-lobotomizzata per non<br />

vedere come in meno di 4 anni i bilanci<br />

della politica nelle Regioni si moltiplicassero<br />

a dismisura.<br />

Modernità oleosa come una piastra per<br />

arrostire salsicce in una sagra di paese,<br />

come quelle che piacevano tanto al bulimico<br />

Fiorito. Che andava a tirare monetine<br />

a Craxi e poi si bonificava sui propri<br />

conti privati i soldi che sottraeva come<br />

fosse una moderna e distorta versione di<br />

Robin Hood ai bilanci già enormemente<br />

gonfiati e grondanti vergogna del suo<br />

gruppo consiliare.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 58


www.isiciliani.it<br />

“Sì, signor ministro.<br />

Il manicomio”<br />

Modernità che ha risucchiato tutti, non<br />

solo gli ingozzanti tifosi di Berlusconi.<br />

Tutti. Una modernità che vuole sangue e<br />

lacrime da coccodrillo da sparare in televisione<br />

e sui social network per assolvere<br />

la maggioranza del popolo della politica<br />

politicata da destra a sinistra e offrire i<br />

mostri più grotteschi dell’ubriacatura<br />

collettiva.<br />

Modernità che si riduce in banalità di<br />

160 caratteri e, per fare esempi comprensibili,<br />

slogan da accidi sindaci toscani<br />

che si autodefiniscono il nuovo, i censori,<br />

i rottamatori, per offrire una pappa di<br />

slogan e banalità ben impacchettati al<br />

pubblico per nascondere la fame non sazia<br />

di chi è stato marginalizzato dal tavolo<br />

del grande banchetto.<br />

Modernità che è inventarsi un movimento<br />

di plastica condito da banalità e<br />

controllo orwelliano affarucoli editoriali<br />

e piacionerie narcisistiche come quello<br />

delle Cinque stelle che appena si avvicina<br />

alla realtà si schianta sulla propria inconsistenza<br />

paranoide. Modernità che è il<br />

sistema informativo di questo paese che<br />

è passato dal vendere le penne a mettere<br />

in comodato gratuito le anime e i corpi<br />

del giornalismo italiano.<br />

A vedere come stiamo andando alle<br />

prossime e sempre più sconcertanti elezioni<br />

politiche e alle tante elezioni amministrative<br />

regionali e locali che ci rovineranno<br />

addosso nei prossimi mesi non si<br />

può certo essere ottimisti. E ancor meno<br />

pensare che si stia prospettando chissà<br />

quale rivoluzione. Non confondiamo un<br />

presunto scatto d’orgoglio con un peto.<br />

La continuità del potere<br />

Dopo aver ascoltato la dichiarazione<br />

disarmante e disarmata (e profondamente<br />

minimalista) del ministro Cancellieri mi<br />

è tornato in mente un brano di Saramago,<br />

che sarebbe stata una perfetta surreale risposta<br />

a quella ministeriali parole: “Sì,<br />

signor ministro, il manicomio, E allora<br />

vada per il manicomio, Del resto, sotto<br />

tutti i punti di vista, è quello che presenta<br />

migliori condizioni, perché non solo è<br />

circondato da un muro per tutto il suo perimetro,<br />

ma ha anche il vantaggio di essere<br />

costituito da due ali, una da destinare<br />

ai ciechi propriamente detti, e un'altra<br />

ai sospetti, oltre a un corpo centrale che<br />

fungerà, per così dire, da terra-di-nessuno,<br />

attraverso cui coloro che siano diventati<br />

ciechi passeranno per andare a raggiungere<br />

coloro che lo erano già”.<br />

E’ l’assenza di idee ancor prima di dignità<br />

che lascia disarmati. Come se la caduta<br />

del potere per l’abuso delle proprie<br />

prerogative alla fine non alimentasse il<br />

rinnovamento delle persone e del senso<br />

di comunità ma la continuità del potere<br />

stesso. Ormai il manicomio è perfettamente<br />

costruito. E perfettamente organizzato.<br />

L’unica speranza che rimane, per sabotare<br />

la perfezione del meccanismo, è che<br />

in questo momento di traballamento si<br />

inseriscano come spine nel monolite del<br />

potere persone che impediscano l’omogeneità<br />

del flusso di scambio e malaffare.<br />

Creando dei piccoli cortocircuiti che risveglino<br />

quel poco di sinistra che ha ancora<br />

senso chiamare tale in questo Paese.<br />

Microscopiche speranze. A volte, temo,<br />

solo illusioni senili.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 59


www.isiciliani.it<br />

Storie<br />

Satripan cadupàn<br />

saleim<br />

Si svegliò nel cuore della notte, l’anziano<br />

pensionato...<br />

di Jack Daniel<br />

dajackdaniel.blogspot.it/<br />

Si svegliò nel cuore della notte,<br />

l’anziano pensionato, inquieto come<br />

s’era addormentato. Era sdraiato<br />

sul divano, davanti al televisore ancora<br />

acceso ma ormai muto. Per<br />

qualche momento si sentì smarrito:<br />

perché non era nel suo letto<br />

Ma poi, a poco a poco, i ricordi affiorarono:<br />

la sera prima, il suo desiderio<br />

di cambiamento, di ribellione, che<br />

l’aveva spinto a raggiungere quella<br />

vecchia sezione di partito vicino casa.<br />

Salvo scoprire che, nel frattempo, era<br />

diventata ben altro. Segni dei tempi,<br />

era finita l’epoca dei partiti di massa,<br />

era iniziata quella dei contatti personali,<br />

ancorché non sempre intimi.<br />

“Ricominciare dai bar”<br />

E quindi doveva cambiare tattica e<br />

strategia e la mattina dopo, di<br />

buon’ora, avrebbe iniziato la sua personale<br />

opera di mobilitazione.<br />

Rinfrancato, quando ormai albeggiava,<br />

guadagnò il letto, accompagnato<br />

da un “finalmente” della curiosa vicina<br />

che quasi stava cedendo al sonno.<br />

“Bisogna ricominciare dai bar”, si<br />

ripromise: aveva individuato in quei<br />

centri spontanei di aggregazione il<br />

luogo privilegiato per ripartire, per<br />

coagulare un movimento. E l’illuminismo,<br />

poi, non era forse nato nei Caffè<br />

Uscì in strada e, faticosamente si<br />

recò in un quartiere piuttosto distante.<br />

Lì arrivato vide un bar alquanto affollato<br />

e, quindi, promettente.<br />

Il suo programma consisteva nell’<br />

ordinare un normale caffè al banco,<br />

aprire casualmente il giornale testé acquistato<br />

e lasciar cadere un qualunque<br />

commento su una qualche misura governativa.<br />

“Forse parla in santrito”<br />

Da quello, immaginava, si sarebbe<br />

innescata un’accesa discussione. Una<br />

fiammella sulla benzina. Ordinò il caffè<br />

con gesto sicuro, aprì quindi il giornale<br />

e, battendo le nocche sulla foto di<br />

un qualsivoglia ricco professionista,<br />

temporaneamente ministro “Pape satan,<br />

pape satan aleppe” si trovò a<br />

commentare.<br />

«Come, scusi» chiese il barista.<br />

«Satripan cadupan saleim» proseguì<br />

l’anziano pensionato.<br />

«Non capisco.».<br />

E quindi chiarì meglio il concetto, e<br />

aggiunse una pertinente citazione letteraria,<br />

«Rin manavé bilian sutù».<br />

Seduti al tavolino, quattro studenti,<br />

in adorazione dell’ultimo Iphone, addirittura<br />

distolsero per un attimo gli<br />

occhi dal loro idolo.<br />

«Ma che lingua parla, quello».<br />

«Mai sentita». «Secondo me è una lingua<br />

antica.». «Come il latino». «Peggio,<br />

una cosa tipo santrito».<br />

«E perché quello parla così». «Sarà<br />

un vecchio professore fuori di testa»,<br />

e scrollando le spalle, ritornarono ai<br />

pii esercizi di devozione.<br />

Il silenzio regnò sovrano...<br />

Il pensionato, convinto non solo di<br />

parlar chiaro, ma anche di esprimere<br />

opinioni non certo banali, vedendo<br />

scorrere su uno schermo appollaiato in<br />

alto, a fianco del bancone, le immagini<br />

di ministri, politici e aspiranti<br />

salvatori della Patria, talvolta un po’<br />

buffi e comici, si profuse in una lunga<br />

e acuta analisi che avrebbe messo in<br />

guardia chiunque dal soffermarsi su<br />

particolari di poco conto (oserei dire<br />

sovrastrutturali) come piccole ruberie<br />

o scandali, per concentrarsi, invece,<br />

sulle ben più pregnanti dinamiche sociali<br />

ed economiche del sistema occidentale<br />

e che concluse con «Rotales<br />

minca, toride gelu». Si guardò quindi<br />

attorno soddisfatto, certo di aver suscitato<br />

unanime e interessato consenso.<br />

Il silenzio regnò sovrano, seppur<br />

perplesso.<br />

Solo dopo un po’ fu rotto dal barista<br />

che, aprendogli i palmi delle mani davanti<br />

agli occhi (uno col pollice ripiegato)<br />

«Sono novanta centesimi. Novanta.<br />

Anderstend Nainti.».<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 60


www.isiciliani.it<br />

Periferie<br />

Quartieri<br />

DALL'ALTO<br />

Agglomerati grigi, case su case, mancanza di spazi verdi, scheletri<br />

di cemento incompiuti, assenza di luoghi di aggregazione sociale<br />

che non siano biliardi e circoli per anziani gestiti da una<br />

fatiscente presenza politica. All'essere umano che vi abita tutto<br />

sembra, o diventa col tempo, tragicamente normale. Perché<br />

vengono progettati così certi quartieri periferici A quale scopo<br />

di Mara Trovato<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 61


www.isiciliani.it<br />

Dovrebbe cominciare tutto da qui.<br />

Il cambiamento, la rinascita, la speranza<br />

di un futuro migliore. Parole sentite e<br />

risentite, slogan elettorali a scadenza<br />

periodica. Parole che non fanno più presa,<br />

non destano interesse perché qui, nella<br />

periferia catanese, il tempo si è fermato.<br />

Politicamente e socialmente tutto deve<br />

restare così com'è, e quel preciso ordine<br />

di cose tramandato meccanicamente<br />

da generazione in generazione.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 62


www.isiciliani.it<br />

Forse chi vive in questi quartieri il<br />

mondo dall'alto lo deve guardare con<br />

occhi grigi. Grigi di agglomerati di<br />

cemento, sporchi, trascurati, spenti<br />

come vecchi ed inutili bastioni dove<br />

tanta gente viene ammassata.<br />

Un pullulare di energie che è meglio<br />

sedare e convincere che non esiste<br />

alternativa migliore.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 63


www.isiciliani.it<br />

"Visto così dall'alto, uno sale qua sopra e potrebbe anche<br />

pensare che la natura vince sempre, che è ancora più forte<br />

dell'uomo e invece non è così! In fondo tutte le cose, anche le<br />

peggiori, una volta fatte poi si trovano una logica, una<br />

giustificazione per il solo fatto di esistere. I balconcini, la gente<br />

ci va a abitare e ci mette le tendine, i gerani, la televisione e<br />

dopo un po' tutto fa parte del paesaggio, c'è, esiste, nessuno si<br />

ricorda più di com'era prima, non ci vuole niente a distruggere<br />

la bellezza…E allora invece della lotta politica, la coscienza di<br />

classe, tutte le manifestazioni e 'ste fissarie, bisognerebbe<br />

ricordare alla gente cos'è la bellezza, aiutarla a riconoscerla, a<br />

difenderla"<br />

Peppino Impastato<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 64


www.isiciliani.it<br />

Primo maggio 1890<br />

Sindacato<br />

“Cara compagna<br />

Camusso...”<br />

Lettera aperta dalla Sicilia<br />

alla segretaria della<br />

più antica organizzazione<br />

sindacale<br />

di Gabriele Centineo<br />

Cara compagna, ho appreso, nel corso<br />

di una riunione alla CGIL, che saresti<br />

venuta domenica 14 ottobre all'hotel<br />

Excelsior di Catania.<br />

Per un momento ho collegato l'evento<br />

alla drammatica crisi del lavoro che domina<br />

le nostre comunità ed alla necessità di<br />

preparare la manifestazione del 20, premessa,<br />

forse, di uno sciopero generale.<br />

Un'azione di lotta molte volte promessa,<br />

deliberata, minacciata e sempre rinviata in<br />

ossequio alla politica di unità nazionale<br />

che, Monti duce, il PD persegue ed impone.<br />

Una grave ingenuità la mia.<br />

Si tratta soltanto di una manifestazione<br />

elettorale di sostegno alla Segretaria Generale<br />

della CGIL Sicilia ed al suo candidato<br />

presidente Rosario Crocetta; ammetterai<br />

che si tratta di una scelta pesante, alcuni<br />

dicono sconcertante. Certo, nel tempo<br />

non sono mancate iniziative simili. Basterà<br />

ricordare, alle ultime amministrative,<br />

il tonfo della segretaria di Agrigento e,<br />

prima ancora, di Italo Tripi. Non sappiamo<br />

se analoga sorte colpirà Mariella Maggio.<br />

Il problema vero è che è in atto da anni,<br />

in forma pubblica o sotterranea, la tendenza<br />

a trasformare la CGIL in un comitato<br />

elettorale del PD e che questa tendenza è<br />

tanto più grande quanto minore è l'insediamento<br />

sociale delle due organizzazioni.<br />

Ricordiamo l'esito infelice di Faraone a<br />

Palermo nonostante il visibile appoggio<br />

della SLC. Un caso di familismo sindacale<br />

che articola la più vasta categoria del<br />

familismo amorale.<br />

Ora il problema è questo: posto che la<br />

CGIL ha dichiarato l'incompatibilità tra<br />

cariche sindacali e mandato elettorale, e<br />

conseguentemente l'indisponibilità delle<br />

strutture nella competizione, cosa deve intendersi<br />

per struttura La/il Segretaria/o è<br />

una struttura.<br />

È naturalmente del tutto legittimo che la<br />

compagna Camusso si batta per le sue<br />

idee, ma è del tutto inopportuno che entri<br />

così pesantemente in campo. Il problema<br />

è ulteriormente complicato dalla natura<br />

della coalizione che viene a sostenere e<br />

che è in assoluta continuità con la devastante<br />

esperienza Lombardo e dalla manifesta<br />

volontà, al di là della concorrenza<br />

elettorale, di ricongiungersi, nel governo,<br />

delle due frazioni in cui si sono divisi i<br />

lombardiani: Crocetta e Micciché.<br />

E che di unità, sotto l'egida della Confindustria<br />

Sicilia, si tratti è mostrato dal<br />

reciproco riferimento alla manifestazione<br />

interclassista, di unità sicilianista, del 1°<br />

marzo, unica originale iniziativa del sindacato<br />

siciliano.<br />

Il disastro Lombardo<br />

Che l'esperienza Lombardo sia stata disastrosa<br />

ci è stato detto chiaramente dalla<br />

Corte dei Conti, dalla UE, da tutti. È facile,<br />

è ragionevole, chiunque lo capisce, ma<br />

è una semplicità che è difficile da fare.<br />

Così è stato per il PD siciliano che, dopo<br />

lacerazioni interne, ha minacciato, a dimissioni<br />

di Lombardo già annunziate, una<br />

mozione di sfiducia, ma non ha avuto il<br />

coraggio di presentarla. Come diceva don<br />

Abbondio, non c'è nulla da fare: se uno il<br />

coraggio non ce l'ha non se lo può dare.<br />

È stato difficile trovare nella CGIL siciliana<br />

qualcuno che abbia dato un giudizio<br />

positivo su Lombardo. Mariella Maggio<br />

ha sempre dosato i suoi commenti, spesso<br />

analiticamente acuti, ma non ha mai<br />

mosso un muscolo per interrompere<br />

quell'esperienza. Solo tu, in un'intervista<br />

alla Sicilia, quando già incombeva sul<br />

Presidente l'inchiesta Iblis, hai dato una<br />

valutazione moderatamente ottimista:<br />

avevamo sorvolato pensando "viene dal<br />

continente, non sa di che cosa parla, cu<br />

sapi chi ci 'ncucchiaru".<br />

Ora comunque, se Crocetta ti sta bene,<br />

bene!<br />

Ognuno porta su di sé la croce delle<br />

proprie responsabilità.<br />

L'idea di solidarietà<br />

Ma se non possiamo convenire su questo<br />

giudizio, almeno possiamo condividere<br />

valutazioni, diciamo, di natura estetica:<br />

Crocetta è impresentabile.<br />

Nelle sue lunghe dichiarazioni alla<br />

stampa, nelle decine e decine di pagine a<br />

pagamento sui quotidiani e settimanali, il<br />

suo è un linguaggio violento verso gli avversari,<br />

o, più semplicemente, verso quelli<br />

che non condividono il suo percorso. A<br />

questi spettano o gli appellativi di checche<br />

isteriche o di terroristi (Renato Curcio sarebbe<br />

l'unico più a sinistra di lui).<br />

Naturalmente, verso le donne, il tono è<br />

più leggero. Così Giovanna Marano è soltanto<br />

"scema" e comunque si può sanare<br />

la gaffe inviandole un cesto di rose. Il<br />

peggiore maschilismo siculo. Ci saremmo<br />

aspettati da te, da Mariella Maggio, un sia<br />

pur timido distinguo. Ad una prestigiosa<br />

dirigente sindacale, così come ad ogni<br />

compagna/o è dovuta quella solidarietà<br />

che costituisce il filo che dovrebbe unirci<br />

nella CGIL. Al di là del vincolo associativo<br />

avrebbe dovuto muoverti quella forte<br />

solidarietà di genere che pure, con forza, e<br />

più volte, hai evocato anche in occasione<br />

dello SNOQ.<br />

Per questo non verrò ad ascoltarti. Raccoglierò<br />

firme per i referendum 8x18 che<br />

tu così irragionevolmente osteggi.<br />

Con immenso rammarico<br />

Un vecchio compagno della CGIL<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 65


www.isiciliani.it<br />

Pianeta<br />

Crowdfunding<br />

e bitcoin: oggi sposi<br />

La moneta elettronica<br />

Trend, tecnologia, applicazioni, mercati<br />

Tutto sul bitcoin (in tempo reale)<br />

Il mondo del crowdfounding,<br />

la raccolta di<br />

fondi “collettiva” in<br />

rete, comincia a incrociarsi<br />

con quello della<br />

moneta elettronica.<br />

Che ne verrà fuori<br />

di Fabio Vita<br />

bitcoin-italia.blogspot.com<br />

Btcjam è un servizio di microcredito<br />

attivo da meno di un mese. Con esso è<br />

possibile chiedere bitcoin in prestito e<br />

stabilire i tempi di restituzione. Non è<br />

esattamente Kickstarter - il più famoso<br />

servizio di “crowdfunding”, da crowd,<br />

folla e funding, finanziamento -<br />

ma qualcosa di complementare, su<br />

una piattaforma monetaria del tutto<br />

indipendente.<br />

Il crowdfunding è stato portato alla<br />

notorietà dalla prima campagna eletorale<br />

di Barak Obama, quando una parte delle<br />

donazioni (non dalle corporation venne<br />

raccolto fra gli elettori con questo mezzo.<br />

Un altro esempio illustre è quello francese<br />

del Louvre, quando il museo parigino<br />

sviluppò la campagna “Tous Mécénès”<br />

(Tutti Mecenati) per raccogliere fra<br />

migliaia di amanti dell'arte i fondi (non<br />

pochi) necessari a rilevare da un<br />

collezionista privato Le tre Grazie, il<br />

capolavoro rinascimentale “Le tre<br />

grazie” di Cranach.<br />

Una serie eterogenea di servizi<br />

LINK DEL MESE<br />

http://it.wikipedia.org/wiki/Crowd_funding<br />

http://www.scientificamerican.com/article.cfm<br />

id=3-years-in-bitcoin-digital-money-gainsmomentum<br />

http://arstechnica.com/tech-policy/2012/10/78-<br />

percent-of-bitcoin-currency-stashed-underdigital-mattress-study-finds/<br />

&utm_medium=twitter&utm_source=twitterfeed<br />

Btcjam è tutto questo, e anche ti più.<br />

Qui incontri - ad esempio – il tizio che si<br />

è rotto gli occhiali e ha bisogno di acquistarne<br />

un altro paio subito, prima del<br />

ventisette, ma non vuole indebitarsi con<br />

una finanziaria; o quello che deve pagare<br />

con urgenza bollette, tassse universitarie,<br />

cure mediche. Altri casi di crowdfunding<br />

riguardano invece non tanto l'utente comune<br />

quanto quello “specializzato” e ha<br />

bisogno di raccogliere fondi per creare<br />

nuovi servizi (per esempio siti basati sul<br />

bitcoin) o macchinari (ad esempio computer<br />

per “minare” bitcoin).<br />

Del bitcoin, la moneta su cui si appoggia<br />

il Btcjam, sappiamo da tempo (almeno<br />

i nostri lettori) che si tratta di un oggetto<br />

elettronico basata su un sistema di<br />

computer che calcola le transazioni e<br />

l’immissione di nuova moneta.<br />

Attorno a questo ci sono entità piccole<br />

e grandi che forniscono una serie eterogenea<br />

di servizi (fra loro, il famigerato<br />

Silk Road, una specie di Ebay accessibile<br />

via Tor e che accetta solo pagamenti<br />

in bitcoin): Mt.Gox, il più grande cambiavalute<br />

in bitcoin del pianeta, e poi il<br />

trader cinese Btcchina il russo Btc-e,<br />

ecc. Molto attivo Spendbitcoin.com, col<br />

quale si può usare la moneta elettronica<br />

per acquistare beni o servizi anche su<br />

Amazon.<br />

Il mondo del bitcoin, da un certo punto<br />

di vista, comincia così ad avvicinarsi<br />

a quello del microcredito, il complesso<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 66


www.isiciliani.it<br />

“Un'economia<br />

senza banche<br />

piglia-tutto”<br />

DA “SCIENTIFIC AMERICAN”<br />

NEL TERZO ANNO,<br />

LA MONETA DIGITALE<br />

BITCOIN ACQUISTA SLANCIO<br />

La rete di scambio della valuta digitale<br />

ora include più di 1.000 commercianti e<br />

almeno decine di migliaia di utenti indipendenti,<br />

come si cerca di risolvere gli<br />

ostacoli che si frappongono alla partecipazione<br />

Conchiglie, strisce di pelle, giganteschi<br />

dischi di pietra, rettangoli decorati di<br />

carta. Tutti loro hanno qualcosa in comune:<br />

una volta, le persone li hanno usati<br />

come moneta [currency]. Nel 2009<br />

quando Bitcoin prende vita, uno e zero<br />

sono aggiunti alla lista. E come ogni<br />

nuovo formato [format] che li ha preceduti,<br />

questa moneta [currency] digitale<br />

ha cambiato alcune delle caratteristiche<br />

base del concetto di moneta, compreso<br />

chi la controlla e come e dove viene<br />

spesa<br />

Oggi i pionieri di Bitcoin forniscono alcuni<br />

indizi circa i vantaggi di una valuta<br />

digitale decentralizzata e anonima. Per<br />

esempio, venditori indipendenti per ricevere<br />

pagamenti online direttamente dai<br />

clienti, WikiLeaks lo utilizza per schivare<br />

i blocchi finanziari [da parte di Paypal,<br />

banche e gestori di carte di credito] e il<br />

mercato nero Silk Road dove, accedendo<br />

attraverso Tor, vengono vendute droghe<br />

e farmaci in Bitcoin. Ma non tutto<br />

funziona bene. Al sistema manca un<br />

modo rapido per permettere alle persone<br />

di scambiare i soldi contanti in Bitcoin.<br />

Nonostante il numero dei negozi e<br />

servizi che usano Bitcoin sia in crescita,<br />

non è ancora possibile trovare molti posti<br />

dove spenderli. Nella conferenza di<br />

questo mese a Londra, il team di sviluppo<br />

bitcoin e molti creatori di applicazioni<br />

si stanno spendendo per rendere tutto<br />

più user friendly: passare da una moneta<br />

di nicchia per tecnofili a una valuta<br />

che compete col denaro a tutti i livelli<br />

Immaginate di spedire denaro con la<br />

stessa facilità di una email: questo non<br />

sarebbe stati possibile prima di bitcoin.<br />

Molti piccoli cambiavalute online sono<br />

stati attaccati con successo dagli hacker<br />

rubando bitcoin per centinaia di migliaia<br />

di dollari; il più grande cambiavalute ha<br />

aggiornato i suoi sistemi di sicurezza<br />

permettendo l’uso di una chiavetta tipo<br />

quella delle banche; e richiede un documento<br />

di riconoscimento per poter operare<br />

Il team di sviluppo sta cercando di implementare<br />

un sistema di scambio già<br />

nel protocollo bitcoin, nel meccanismo<br />

alla base del programma.<br />

Nessuno sa realmente come i governi<br />

reagiranno se bitcoin guadagna diffusione,<br />

ma molti considerano i cambiavalute<br />

come l’obiettivo più facile per chi vuole<br />

regolamentare Bitcoin. Decentralizzando<br />

i cambiavalute può render questo lavoro<br />

praticamente impossibile<br />

Sono pochi i negozianti che usano<br />

solo Bitcoin. Molti – per esempio, un<br />

centro massaggi a Vancouver, un negozio<br />

di chitarre nel New Hampshire e 18<br />

utenti su Etsy, una specie di Ebay, vendono<br />

prodotti fatti in casa come miele,<br />

cioccolata, vestiario – hanno Bitcoin<br />

come opzione oltre ai pagamenti tradizionali.<br />

Quando finalizzano la vendita in Bitcoin<br />

sanno che la transazione non può<br />

essere invertita; chi vende non ha la preoccupazione<br />

di aver accettato una carta<br />

di credito rubata. Usando Bitcoin chi<br />

vende può ricevere pagamenti da ogni<br />

parte del mondo, immediatamente, senza<br />

rischio di frode.<br />

Al termine del suo intervento, Garzik<br />

mobilitato per la moneta ha chiesto molta<br />

pazienza per un lungo periodo.<br />

"Quanto tempo ci è voluto per creare<br />

l'euro, implementare l'euro, distribuire<br />

ampiamente la moneta, i registratori di<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 67<br />

sistema ideato (e in parte realizzato)<br />

dal Nobel Muhammad Yunus: un<br />

meccanismo di piccoli e piccolissimi<br />

prestiti destinati ad imprenditori troppo<br />

poveri per ottenere credito dai circuiti<br />

bancari tradizionali, e in grado<br />

quindi di rivitalizzare economia altrimenti<br />

troppo deboli per un qualsiasi<br />

decollo.<br />

Questo implica un'indipendenza di<br />

fatto dal circuito bancario ufficiale, i<br />

cui interessi non sempre coincidono<br />

con quelli dei piccoli utilizzatori.<br />

Un'indipendenza che il bitcoin cerca<br />

di raggiungere per altra via, puntando<br />

sus una rottura delle dipendenze ancor<br />

più a monte, nel momento stesso dell<br />

aformazione della moneta.<br />

Come pagheremo Newsweek<br />

Newsweek lascia la carta: il fatto<br />

che il secondo periodico tradizionalmente<br />

più venduto – dopo Time – negli<br />

Stati Uniti abbandoni il cartaceo e<br />

si affidi interamente a smartphone, tablet<br />

e computer forse non c'entra col<br />

bitcoin, e forse sì. Mossa disperata<br />

perché il cartaceo non vendeva più<br />

Successo (in termini di utenti paganti)<br />

della versione online Chissà. Di certo<br />

c'è che, fra un anno o due, una parte di<br />

questi accessi verrà pagata in bitcoin,<br />

o in altra moneta analoga, e non in<br />

dollari, yen o euro. Questo apre una<br />

prospettiva.


www.isiciliani.it<br />

Istituzioni<br />

Questa Provincia<br />

s'è abolita da sè<br />

Enti inutili e spreconi,<br />

le province Ma no!<br />

Basta guardare quella<br />

di Trapani...<br />

di Francesco Appari<br />

e Giacomo Di Girolamo<br />

www.marsala.it<br />

Ci sono dentro pure le province, nel<br />

pentolone degli enti spendaccioni che<br />

di questi tempi fanno tanto parlare di<br />

sé. Inoltre molte di quelle adocchiate<br />

sono in via d’estinzione, secondo i programmi<br />

del governo Monti. Enti inutili<br />

e spreconi. Fuori controllo.<br />

Proprio come la Provincia regionale di<br />

Trapani, che nei piani del governo dovrebbe<br />

essere tra quelle da depennare.<br />

Mimmo Turano, ex presidente della Provincia<br />

dimessosi per puntare al comodissimo<br />

scranno dell’Assemblea regionale<br />

siciliana, aveva anche provato ad “annettere”<br />

la città di Menfi, in provincia di<br />

Agrigento, per rientrare nei parametri e<br />

salvare tutto. Ha anche promesso un assessorato<br />

ad un menfitano. Niente da<br />

fare.<br />

Un’ora prima di dimettersi, Turano<br />

mette mano al portafoglio (della Provincia)<br />

ed elargisce contributi a go-go per<br />

circa 880 mila euro. Associazioni culturali,<br />

sportive, di tutti i tipi. “Ci sono enti<br />

che non hanno un soldo, noi li avevamo<br />

e li abbiamo spesi”, si difende. Poco<br />

male se così si è prosciugato il fondo di<br />

riserva per finanziare progetti ed eventi<br />

con pochi partecipanti, altri mai esistiti.<br />

Come la famosissima “sagra della cassatella”.<br />

Contributi a go-go<br />

Ma queste non sono state le ultime e<br />

uniche prebende della Provincia di Trapani.<br />

E’ un ente che da sempre ha finanziato<br />

sagre ed eventi a volte andati totalmente<br />

deserti. Il tutto in nome dello sviluppo<br />

del territorio e del turismo. Eppure<br />

se ne sono accorti tutti adesso, soprattutto<br />

i consiglieri di opposizione. Funziona<br />

così. Le opposizioni sono ritardatarie per<br />

natura. Chiedono al commissario straordinario<br />

Luciana Giammanco di controllare<br />

le delibere. “Tutto regolare”, dice. Ma<br />

una volta scoppiato il bubbone degli 880<br />

mila euro last-minute, lo stesso Ufficio<br />

legale della Provincia prende in mano le<br />

carte ed esamina centesimo per centesimo<br />

i contributi. L’Ufficio smentisce il<br />

commissario straordinario: “Le delibere<br />

sono irregolari”. Fa niente.<br />

Anche perché la Giammanco, poco<br />

dopo, si è apprestata a nominare un consulente<br />

esterno: l'ex sindaco di Bagheria,<br />

il lombardiano Francesco Giuseppe Fricano.<br />

Si occuperà di supporto, coordinamento<br />

e società partecipate, per un compenso<br />

annuo di 52 mila euro. Fricano è<br />

stato indagato per concorso esterno in<br />

associazione mafiosa per la vicenda<br />

relativa alla costruzione del centro<br />

commerciale di Villabate. Ma la sua<br />

posizione è stata archiviata. E' stato<br />

invece condannato in appello a due anni<br />

per bancarotta fraudolenta.<br />

Che strana Provincia quella di Trapani.<br />

Si parla tanto di legalità e trasparenza, e<br />

poi rischia il forfait dai processi di mafia<br />

che si celebrano nel territorio. Ci sono<br />

quelli contro Matteo Messina Denaro e i<br />

suoi fiancheggiatori. C’è quello, sentitissimo,<br />

sull’omicidio di Mauro Rostagno.<br />

E altri sui piromani che periodicamente<br />

devastano le riserve naturali. La Provincia<br />

Regionale di Trapani rischia di non<br />

essere più parte civile in questi processi.<br />

Oppure, se lo sarà anche in quelli futuri,<br />

lo farà con un’apposita delibera, individuando<br />

- a caro prezzo - un professionista<br />

esterno. Ma come<br />

Ma non ne hanno, avvocati<br />

Non ci sono i legali alla Provincia di<br />

Trapani Si, ci sono. C’è anche un dirigente<br />

degli affari legali, ma con uno degli<br />

ultimi provvedimenti dell’ex Presidente<br />

Mimmo Turano, lo scorso Luglio,<br />

sono stati privati di qualsiasi potere di<br />

rappresentanza dell’ente. Insomma,<br />

l’avvocatura, in Provincia, è come se non<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 68


www.isiciliani.it<br />

“Osservatori,<br />

assessorati,<br />

e tutto per la<br />

legalità...”<br />

esistesse più. Viene depennata la copertura<br />

in ambito penale dalla lista degli affari<br />

di cui si possono occupare gli avvocati<br />

della Provincia. Casus belli è stata la<br />

richiesta degli avvocati di avere pagati i<br />

rimborsi per le spese effettuate per seguire<br />

le cause per conto dell’Ente. A dare<br />

manforte a Turano ci pensa la Corte dei<br />

Conti (“agli avvocati non spetta alcun<br />

rimborso”) subito smentita dal Giudice<br />

del Lavoro.<br />

All’ufficio legale della Provincia sono<br />

stati tolti, in quattro anni, 8 impiegati su<br />

16, tagliati tutti i compensi e perfino il<br />

rimborso delle spese vive sostenute per<br />

raggiungere le sedi giudiziarie e fare le<br />

udienze.<br />

La trasparenza non traspare...<br />

Non è un caso che la Giunta provinciale,<br />

quando decide di fare la guerra agli<br />

avvocati della Provincia, e di non pagare<br />

i compensi che il Giudice del Lavoro<br />

dice che invece gli spettano, dà l’incarico<br />

all’avvocato Girolamo Signorello, avvocato<br />

di Castelvetrano, per fornire tutti i<br />

pareri necessari contro la “temeraria pretesa”<br />

degli avvocati della Provincia ricorrenti.<br />

Lo stesso Signorello (che è stato, tra le<br />

altre cose, anche assessore ai lavori pubblici<br />

a Castelvetrano) verrà poi nominato<br />

a fine Agosto da Turano presidente della<br />

Megaservice, il carrozzone della Provincia.<br />

Signorello, da sempre vicino al Sindaco<br />

di Castelvetrano, Gianni Pompeo,<br />

in questa campagna elettorale - dicono i<br />

ben informati - sta però sponsorizzando a<br />

Castelvetrano proprio Turano.<br />

L’ex Presidente si difende dicendo che<br />

contro di lui “è in atto una squallida mascalzonata<br />

politica che ferisce per la strumentalità<br />

con cui è orchestrata ma che<br />

per fortuna non può cambiare le carte in<br />

tavola. Pensavo di essere difeso e non di<br />

essere isolato”.<br />

Un gran bel pasticcio. Con il concetto<br />

di legalità la Provincia di Trapani ha<br />

sempre singhiozzato. Tempo fa esisteva<br />

l’assessorato alla legalità e trasparenza.<br />

L’assessore incaricato era Baldassare<br />

Lauria, avvocato penalista.<br />

Tra i suoi clienti di spicco Lauria aveva<br />

Vito Roberto Palazzolo, il tesoriere di<br />

Cosa nostra. In un altro processo di mafia<br />

ha difeso anche il consigliere provinciale<br />

Piero Pellerito, poi condannato a 6<br />

anni in primo grado per falso e soppressione<br />

di atto pubblico, adesso sorvegliato<br />

speciale.<br />

Non è mafioso Pellerito, ma da infermiere<br />

avrebbe fatto falsificare un referto<br />

medico per un dipendente di un’azienda<br />

in odor di mafia. "Se non era per Pitrinu<br />

eravamo arruvinati" dicono due mafiosi<br />

intercettati al telefono. Nessun problema.<br />

La Provincia di Trapani ha anche un<br />

Osservatorio sulla legalità. Chissà scappi<br />

qualcosa. È stato istituito nel 2010 proprio<br />

su iniziativa di Turano, per zittire<br />

chi puntava il dito sulle vicende poco<br />

chiare che coinvolgevano l’Ente.<br />

Un osservatorio che, però, non ha mai<br />

osservato. Tant’è che non è stato mai collegato<br />

all’Ufficio legale Honoré della Daumier, Provincia. 1850<br />

E neanche all’Assessorato alla legalità e<br />

trasparenza. Ha anche un soprintendente<br />

l’Osservatorio, e pagato anche profumatamente:<br />

35 mila euro l’anno. È l’avvocato<br />

Salvatore Ciavarino.<br />

Al Soprintendente dell'Osservatorio<br />

sono demandate la verifica delle condizioni<br />

di legalità e trasparenza delle procedure<br />

d'appalto nonché quella di “fatti<br />

ed evenienze negative” che riguardano<br />

gli amministratori e i burocrati e l’Ente<br />

“eventualmente rappresentati anche attraverso<br />

esposti anonimi”. Una parola. Ma<br />

dell’attività dell’osservatorio non si sa<br />

nulla. Eppure di “evenienze negative” ce<br />

ne sarebbero parecchie.<br />

L'Osservatorio non osserva<br />

L’osservatorio, dati alla mano, non ha<br />

mai prodotto un richiamo all’amministrazione,<br />

un controllo, un’istanza. Non è intervenuto<br />

né sugli amministratori né sui<br />

loro atti. Tra questi, neanche i gli 880<br />

mila euro di contributi hanno minimamente<br />

solleticato l’Osservatorio.<br />

Oppure il rinnovo del contratto di affitto<br />

che la Provincia ha fatto del terreno di<br />

sua proprietà, il Feudo Rinazzo: sono<br />

225 ettari, dati in concessione per 20<br />

anni ad un prezzo non proprio di mercato:<br />

solo 10.000 euro l’anno. E sul Feudo<br />

insiste la richiesta di concessione per la<br />

costruzione di un parco eolico. Niente.<br />

Di spese pazze, di vuoti etici e di legalità<br />

la Provincia ci campa. Fin quando non<br />

scompare.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 69


www.isiciliani.it<br />

Precari<br />

Come ti sfrutto<br />

il pubblicista<br />

L’iscrizione all’albo<br />

pubblicisti spesso costringe<br />

l’aspirante giornalista<br />

ai soprusi di<br />

editori senza scrupoli.<br />

Tante testate dichiarano<br />

il falso, fingendo di<br />

pagare gli articoli, altre<br />

fanno addirittura sborsare<br />

agli aspiranti pubblicisti<br />

le ritenute<br />

d’acconto<br />

di Carmelo Catania<br />

È il sogno nel cassetto di tanti giovani:<br />

curiosare, chiedere, capire il più<br />

possibile per poi raccontare agli altri<br />

ciò che si è compreso. Quella del giornalista<br />

è una professione cui molti aspirano.<br />

Ma come lo si diventa<br />

La legge n. 69/1963, istitutiva<br />

dell'Ordine dei giornalisti, prevede l’iscrizione<br />

in appositi Albi. I giornalisti vengono<br />

suddivisi in due elenchi: professionisti<br />

e pubblicisti e quest'ultima rappresenterebbe<br />

in teoria la strada più semplice.<br />

Ma chi è il “pubblicista” e in cosa si<br />

differenzia dal “professionista”<br />

«Sono pubblicisti – dice la legge 69 –<br />

coloro che svolgono attività giornalistica<br />

non occasionale e retribuita anche se esercitano<br />

altre professioni o impieghi».<br />

Molto spesso però, questo desiderio si<br />

tramuta in sfruttamento da parte delle testate,<br />

illudendo chi scrive con la storiella<br />

dell’iscrizione all’Albo dei pubblicisti,<br />

essendo oggi abbastanza difficile trovare<br />

in Italia una testata che retribuisca un<br />

ragazzo senza esperienza per una<br />

collaborazione.<br />

Disposti a tutto...<br />

Succede così che l’aspirante pubblicista<br />

risponda ad offerte di collaborazioni a titolo<br />

gratuito, con testate telematiche e/o<br />

cartacee, per l’attribuzione del tesserino”,<br />

un controsenso, considerato che documentare<br />

l’avvenuta retribuzione per il lavoro<br />

giornalistico svolto, costituisce requisito<br />

indispensabile per conseguirlo.<br />

Sono così frequenti i casi in cui l'aspirante<br />

lavora gratuitamente e si paga di tasca<br />

propria i contributi, falsificando la documentazione<br />

fiscale pur di dimostrare<br />

una collaborazione retribuita con una testata.<br />

Ma ci sono in giro anche millantatori e<br />

strani personaggi che cercano di attrarre<br />

giovani aspiranti giornalisti, promettendo<br />

loro l’iscrizione all’albo in cambio di denaro,<br />

dietro la partecipazione a fantomatici<br />

corsi non riconosciuti dall’Ordine dei<br />

giornalisti e dalla Federazione della Stampa.<br />

Centinaia di testimonianze<br />

Basta googlare un po’ per leggere centinaia<br />

di testimonianze. Nel 2010 è stata anche<br />

pubblicata un’inchiesta sul fenomeno<br />

dello sfruttamento degli aspiranti pubblicisti<br />

sulla testata online Repubblica degli<br />

stagisti, che ha raccolto le testimonianze<br />

di due giovani costretti a falsificare le ricevute<br />

fiscali pur di ottenere il tesserino<br />

“rosso”.<br />

«La mia storia non è molto diversa da<br />

quella di tanti altri», racconta “Carlo” (un<br />

nome di fantasia attribuito dalla redazione).<br />

«Pezzi scritti e non pagati, in barba alla<br />

legge. Retribuzione certificata da parte<br />

dell’editore, dichiarando il falso».<br />

«Ho accettato di pagarmi da sola i contributi<br />

scrivendo per un blog online – aggiunge<br />

Franca (altro nome di fantasia, altro<br />

racconto di vita reale) – . Il direttore<br />

mi rilascia le ritenute d’acconto e io gli<br />

restituisco i soldi in contanti. Ovviamente<br />

non ho nessuna retribuzione: di fatto,<br />

pago in tasse circa 160 euro ogni sei mesi<br />

e in più lavoro gratuitamente».<br />

...pur di diventare pubblicisti<br />

Maria Ausilia Boemi, segretaria provinciale<br />

di Assostampa Catania, nella relazione<br />

annuale 2012 parla di «aspiranti pubblicisti<br />

– quindi non ancora in possesso<br />

del tesserino – che leggono i telegiornali,<br />

colleghi o aspiranti tali che non vengono<br />

pagati e che firmano buste paga false. E ci<br />

sono anche aspiranti colleghi che si pagano<br />

da soli le ritenute d’acconto per potere<br />

poi conquistare il tesserino (questo peraltro,<br />

non avviene solo nelle televisioni)».<br />

Il miraggio<br />

Franco Zanghì, giornalista di Patti nel<br />

messinese, raccontando il mese scorso sul<br />

suo TG6 una confusa – per le contraddittorie<br />

dichiarazione dei protagonisti – storia<br />

di «vertenze di natura economica» tra<br />

il rappresentante del comitato di redazione<br />

di una piccola testata locale online e il<br />

suo editore/direttore responsabile ha commentato:<br />

«Del fatto abbiamo ritenuto doveroso<br />

chiedere un parere all'Ordine dei<br />

Giornalisti della Sicilia [...]. Ma purtroppo<br />

molti editori – anche di grandi giornali –<br />

sfruttano giovani e meno giovani aspiranti<br />

giornalisti con miraggio del "Tesserino da<br />

Giornalista"».<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 70


www.isiciliani.it<br />

“Il vero problema<br />

dei giovani<br />

giornalisti<br />

Lo sfruttamento”<br />

Una pratica diffusa ma illegale<br />

“Comprare” il tesserino pur essendo<br />

diventata una cosa “normale”, è illegale<br />

e prevede serie conseguenze per chi falsifica<br />

i documenti fiscali necessari<br />

all’iscrizione all'albo dei pubblicisti.<br />

Scheda<br />

PER DIVENTARE<br />

PUBBLICISTI:<br />

I REQUISITI<br />

In Sicilia tra spese di segreteria, costi<br />

per marche da bollo, tasse per concessione<br />

governativa e altri pagamenti si<br />

arriva a sborsare 582,62 euro per presentare<br />

le domande di iscrizione<br />

all’albo dei pubblicisti.<br />

Il calcolo si basa su quanto riportato<br />

nella modulistica ufficiale e nelle istruzioni<br />

reperibili nel sito dell'Ordine.<br />

Per dimostrare la non occasionalità<br />

della collaborazione vengono richiesti<br />

almeno 90 articoli scritti e pubblicati<br />

nell’arco dell’ultimo biennio, se questi<br />

vengono pubblicati su quotidiani (60 su<br />

periodici), emittenti televisive, radiofoniche<br />

o siti internet regolarmente registrati<br />

presso la cancelleria del Tribunale<br />

competente come testate giornalistiche,<br />

dovranno presentare almeno 90 servizi<br />

o articoli effettivamente andati in onda<br />

o pubblicati on line. Una retribuzione<br />

minima nel biennio di non meno<br />

di1000 euro da attestare con modelli<br />

F24 rilasciati al massimo per ogni anno<br />

di attività e non cumulativi.<br />

Secondo l’avvocato Gianfranco Garancini,<br />

esperto di diritto giornalistico, infatti:<br />

«Un atto del genere costituisce truffa e<br />

falso ideologico a un ente pubblico, ai<br />

sensi degli articoli 640 e seguenti e 479 e<br />

seguenti del codice penale».<br />

Dalla truffa all'evasione fiscale<br />

Le testate, usufruendo di un vantaggio<br />

economico diretto dallo sfruttamento dei<br />

collaboratori, commettono un complesso<br />

di reati che può spaziare dalla truffa<br />

all’evasione fiscale.<br />

Ma anche gli aspiranti giornalisti sono<br />

«correi» e, in quanto tali, teoricamente<br />

andrebbero incontro a pene di tipo economico<br />

e detentivo, anche se in pratica è<br />

difficile si finisca in galera per reati del<br />

genere, ma si può comunque arrivare a<br />

sanzioni pecuniarie molto elevate.<br />

Ovviamente la domanda di iscrizione<br />

all’albo dei pubblicisti è destinata ad essere<br />

respinta mandando in fumo due anni<br />

di lavoro non retribuito.<br />

Gli Ordini che dovrebbero vigilare...<br />

Il reato di truffa è perseguibile dietro<br />

querela di parte. Gli Ordini, in quanto<br />

pubblici ufficiali, avrebbero l’obbligo di<br />

fare esposto in tal senso.<br />

È difficile, però, trovare le prove concrete<br />

di questo fenomeno, salvo nei rarissimi<br />

casi in cui vi sia una denuncia specifica.<br />

Impossibile, di fatto, un'azione preventiva<br />

perché gli stessi Ordini non conoscono<br />

la situazione degli aspiranti fino al<br />

momento della presentazione della domanda.<br />

Gli unici controlli vengono effettuati<br />

solo sulla documentazione fiscale e sul<br />

piano teorico è possibile costruire una<br />

documentazione fittizia per una iscrizione<br />

all’albo dei pubblicisti.<br />

Vittorio Roidi, sostenendo nel suo libro<br />

Cattive notizie che «Come tutte le cose<br />

che invecchiano (l’Odg) non va buttato,<br />

ma sostituito con un organismo moderno»<br />

ne auspicava una profonda riforma.<br />

Con il dpr di riforma delle professioni il<br />

governo Monti ci aveva pure provato ma<br />

in pratica non è cambiato nulla.<br />

Il tesserino non fa il giornalista<br />

Nella maggior parte dei Paesi europei<br />

non esiste un Ordine dei Giornalisti. Ad<br />

esempio, in Gran Bretagna non è mai stato<br />

istituito alcun organismo di natura<br />

pubblica in rappresentanza dei giornalisti,<br />

e la formazione universitaria specifica<br />

non è richiesta per l’esercizio della<br />

professione. Così come in Irlanda, Germania,<br />

Austria, Norvegia, Olanda, Grecia,<br />

Svezia, Francia e Finlandia. Per essere<br />

considerati giornalisti è necessario,<br />

semplicemente, essere assunti e scrivere<br />

per una testata.<br />

Storie, queste e tante altre ancora sconosciute,<br />

che evidenziano come il vero<br />

problema per un giovane che vorrebbe<br />

avvicinarsi al giornalismo, l’attività teoricamente<br />

“retribuita” in pratica si traduce<br />

in sfruttamento intellettuale, alimentato<br />

dal miraggio del raggiungimento<br />

dell’agognato tesserino che comunque<br />

non rappresenta una certificazione di<br />

qualità, né un riconoscimento di tipo meritocratico.<br />

C’è spesso ignoranza e presunzione fra<br />

coloro che per grazia ricevuta e immeritatamente<br />

hanno ottenuto l’iscrizione<br />

all’Albo dei pubblicisti e non conoscono,<br />

né rispettano l’etica professionale.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 71


www.isiciliani.it<br />

Petrolio/<br />

Minardo e Prestigiacomo:<br />

le mani sull'oro nero<br />

Petrolio al largo di Pozzallo.<br />

E subito, i “soliti<br />

noti”...<br />

di Enrica Frasca Caccia,<br />

Francesco Ruta<br />

e Giorgio Ruta<br />

www.ilclandestino.info<br />

Si discute di un possibile allargamento<br />

della piattaforma petrolifera Vega a<br />

largo di Pozzallo. E tra i soliti noti<br />

dell’imprenditoria siciliana c’è chi si<br />

frega le mani odorando il petrolio. Si<br />

fiutano affari da centinaia di milioni di<br />

euro.<br />

Nel caso delle piattaforme Vega l’affare<br />

per l'imprenditoria locale si chiama “Leonis”.<br />

Si tratta della nave appoggio messa<br />

in funzione nel 2009 in seguito alla dismissione<br />

della Vega Oil, protagonista di<br />

una vicenda approdata in questi mesi in<br />

tribunale.<br />

La Leonis, colosso galleggiante da 110<br />

mila tonnellate ricavato dalla trasformazione<br />

dell’ex petroliera Leonis in FSO<br />

(Floating Storage Offloading), è ormeggiata<br />

a circa 2 miglia dalla piattaforma<br />

Vega ed è ad essa collegata tramite condotte<br />

sottomarine.<br />

Il consorzio CEM<br />

La nave è adibita alla ricezione del<br />

greggio estratto, al suo pretrattamento, e<br />

infine al trasferimento sulle petroliere che<br />

trasportano il greggio verso gli impianti di<br />

raffinazione.<br />

Ad aggiudicarsi la gara d’appalto indetta<br />

da Edison, il Consorzio CEM (Construction,<br />

Erection and Maintenance), che<br />

dopo aver acquistato Leonis dalla Fratelli<br />

D’Amico Armatori Spa, ha eseguito i lavori<br />

per la trasformazione della petroliera<br />

in FSO e ne è divenuto noleggiatore.<br />

Oltre 100 milioni di euro<br />

Un’operazione da oltre 110 milioni di<br />

euro, di cui 80 anticipati da Eni ed Edison<br />

in cambio di un contratto di noleggio a<br />

lungo termine e 34, destinati all’acquisizione<br />

dell’unità navale e alla copertura dei<br />

lavori di trasformazione in FSO, versati<br />

dal gruppo UniCredit.<br />

Terminati i lavori di conversione, nel<br />

2009 la Leonis è stata rimorchiata dai<br />

cantieri di Augusta sino al sito della connessione<br />

con la piattaforma Vega.<br />

Già nel periodo dell’inaugurazione, avvenuta<br />

nel 2008, l’allora Ministro<br />

dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo era<br />

“oggetto” di interrogazioni parlamentari<br />

che sollevavano un conflitto d’interessi. Il<br />

compito del Ministro era infatti quello di<br />

vigilare sull’operato di colossi petroliferi<br />

clienti delle aziende di famiglia.<br />

Del CEM, consorzio formato da alcune<br />

tra le maggiori imprese siciliane di progettazione,<br />

costruzione e montaggio industriale,<br />

fa infatti parte la Coemi Spa, impresa<br />

di famiglia dei Prestigiacomo nata<br />

nel 1974 a Priolo, che oggi vanta, tra gli<br />

altri, clienti come Eni, Erg, Esso, Enel,<br />

Siemens. L’amministratore delegato è<br />

Maria Prestigiacomo, sorella dell’ex Ministro.<br />

I padroni della Fincoe<br />

Ma non finisce qui: la Coemi è controllata<br />

dalla Holding Fincoe Srl che ne possiede<br />

il 99%. A detenere gran parte delle<br />

quote Fincoe proprio la famiglia della<br />

Prestigiacomo, con un 9,7% intestato al<br />

padre Giuseppe, un 21,5% alla sorella<br />

Maria Pia e un altro 21,5% a Stefania fino<br />

al 2009, quando la quota è passata alla<br />

madre.<br />

Ma la Leonis riserva altre sorprese. Tra<br />

i “noti” che hanno fiutato l’affare figurano<br />

famosi personaggi dell’imprenditoria nella<br />

nostra provincia.<br />

Il “Progetto Leonis” è la punta di diamante<br />

della Tea Shipping Srl, una società<br />

di gestione marittima e navale con sede<br />

legale a Milano e sedi operative a Milano<br />

e Pozzallo, che si occupa dell’unità navale<br />

in questione. Amministratore unico di<br />

questa società è Raimondo Minardo, figlio<br />

del più famoso Saro.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 72


www.isiciliani.it<br />

“Fino all'ultima<br />

goccia...”<br />

SCHEDA/ LA TRIVELLA<br />

“MARI SPIRTUSIATU<br />

E SODDI NENTI”<br />

È di nuovo febbre dell’oro. Ma stavolta<br />

è nero e lo scenario è il Canale di<br />

Sicilia. A riaprire la corsa è il Piano<br />

Energetico redatto dal Ministro per Sviluppo<br />

Economico, Corrado Passera, che<br />

intende portare la produzione di petrolio,<br />

che attualmente copre solo il 10%<br />

del fabbisogno nazionale, alla copertura<br />

del 20% della domanda.<br />

Una strategia che chiude le porte alle<br />

energie alternative e le spalanca ai signori<br />

del petrolio con un susseguirsi di<br />

richieste, concessioni e permessi per<br />

esplorare e bucare altro fondale marino;<br />

un decreto che fa ripartire tutti i procedimenti<br />

per la ricerca e l’estrazione di<br />

petrolio che erano stati bloccati nel<br />

2010 dopo l’incidente a una piattaforma<br />

che ha devastato il Golfo del Messico.<br />

Il programma piace molto alle grandi<br />

società d’estrazione perché contiene la<br />

proposta di abolizione del limite di 12<br />

miglia dalla costa entro il quale non si<br />

possono impiantare trivelle.<br />

Ma a cantare vittoria sono per lo più<br />

le società petrolifere estere, le quali definiscono<br />

l’Italia “il miglior Paese in<br />

cui avviare l’attività di estrazione”. Il<br />

motivo di tanto entusiasmo è il regime<br />

fiscale a totale svantaggio dello Stato,<br />

che prevede royalties per l’estrazione di<br />

idrocarburi in territorio italiano del 4%<br />

per il petrolio e del 7% per il gas a fronte<br />

di una media mondiale dei quasi<br />

l’80%.<br />

Inoltre una franchigia fa sì che i detentori<br />

delle concessioni versino la percentuale<br />

solo in caso di estrazione di almeno<br />

300 mila barili l’anno. Nessun limite<br />

infine, per il rimpatrio degli utili.<br />

Non c’è da stupirsi quindi se delle<br />

quarantuno istanze per permessi di ricerca<br />

nel territorio italiano attualmente<br />

in valutazione, solo tre facciano capo a<br />

compagnie italiane (Eni ed Enel).<br />

Ad oggi i permessi di ricerca petrolifera<br />

già rilasciati nel mare italiano sono<br />

19, di cui ben 11 nel canale di Sicilia<br />

per un totale di 6815 kmq di superficie<br />

marina. Oltre ai permessi già rilasciati,<br />

pendono sul Canale di Sicilia 18 richieste<br />

di permessi di ricerca per oltre 5mila<br />

kmq, di cui la metà in corso di<br />

valutazione ambientale: è il caso della<br />

piattaforma Vega B.<br />

Sul tavolo del Ministro, da fine luglio,<br />

anche la richiesta presentata da<br />

Edison per realizzare l’impianto di perforazione<br />

Vega B all’interno della concessione<br />

petrolifera C.C6.EO. Un altro<br />

impianto di estrazione dovrebbe quindi<br />

sorgere a circa 6 Km a ovest della Vega<br />

A, la piattaforma appartenente a Edison<br />

per il 60% e ad Eni per il 40%, attualmente<br />

attiva a una distanza di12 miglia<br />

dalla costa pozzallese. La più grande<br />

piattaforma off shore italiana, realizzata<br />

nel 1984 e attivata tre anni dopo, produce<br />

olio greggio e gas naturale da venti<br />

pozzi.<br />

Il suo raddoppio metterebbe in produzione<br />

la seconda sacca petrolifera che<br />

fa parte della medesima concessione.<br />

E mentre la procedura per la realizzazione<br />

della Vega B approda al Ministero<br />

dell’Ambiente in attesa di VIA, alcuni<br />

dati non sono certamente incoraggianti.<br />

Nonostante il bilancio di 25 anni di<br />

attività della Vega A sia di quasi 60 milioni<br />

di barili di petrolio prodotti, i profitti<br />

dello Stato Italiano rasentano la<br />

nullità.<br />

Secondo un calcolo approssimativo la<br />

Vega A ha prodotto, dalla sola estrazione<br />

di greggio, circa 500 milioni di euro,<br />

versando allo Stato neanche 5 milioni.<br />

Nessuna percentuale invece sui gas<br />

naturali, che Edison ed Eni hanno “accuratamente”<br />

estratto entro franchigia.<br />

Mari spirtusiatu e soddi nenti.<br />

Enrica Frasca Caccia<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 73<br />

All'interno della società figura anche<br />

Marco La Pira, socio in un'altra azienda<br />

impegnata nel settore marittimo insieme a<br />

Riccardo Radenza, imprenditore nel<br />

settore alimentare e Giorgio Zaccaria,<br />

figlio dell’imprenditore edile Giuseppe.<br />

Ex assessore Udc<br />

Altro socio della Tea Shipping è<br />

Massimo La Pira, ex assessore dell’Udc e<br />

del Pdl a Pozzallo, coinvolto ed assolto<br />

nell'inchiesta Modica Bene.<br />

Sebbene il settore petrolifero sia destinato<br />

ad esaurirsi nel giro di pochi anni,<br />

pare proprio che esso consenta ancora ai<br />

signori del petrolio di fare affari. Se il raddoppio<br />

del campo Vega dovesse essere<br />

approvato, la Leonis continuerebbe la sua<br />

attività anche per la nuova piattaforma,<br />

che sarà collegata alla prima.<br />

Non più di sette anni<br />

Così, mentre dal Ministero dello Sviluppo<br />

economico fanno sapere che lo scenario<br />

di sviluppo in Italia non supera i sette<br />

anni per l’estrazione di gas e i quattordici<br />

per l’olio greggio, i nomi che contano<br />

continuano a investire sull’oro nero. Fino<br />

all’ultima goccia.


www.isiciliani.it<br />

Periferie<br />

“Puliamo i quartieri<br />

dal degrado<br />

e dalla cattiva politica”<br />

Catania. Negli antichi<br />

e storici quartieri degli<br />

Angeli Custodi e San<br />

Cristoforo, discariche<br />

e aree abbandonate<br />

proliferano con il silenzio<br />

complice di un<br />

Comune indifferente,<br />

che non dà risposte<br />

di Domenico Pisciotta<br />

e Giovanni Caruso<br />

DISCARICA<br />

DI VIA ZURRIA<br />

(QUARTIERE ANGELI CUSTODI)<br />

È compreso tra Via Zurria, Via Cristoforo<br />

Colombo e Via Marano. Si tratta<br />

dell'ennesima costruzione iniziata e mai<br />

finita. Doveva diventare un parcheggio<br />

multipiano. I lavori sono fermi da anni, a<br />

causa di un contenzioso tra le ditte, incaricate<br />

della realizzazione, e una controllata<br />

di Acqua Marcia S.P.A., il cui ex<br />

presidente, Francesco Bellavista Caltagirone,<br />

è sottoposto alla misura della custodia<br />

cautela in carcere perché imputato<br />

per truffa aggravata ai danni dello Stato,<br />

nell'ambito dell'inchiesta sul porto turistico<br />

di Imperia. Lo spettacolo offerto<br />

agli abitanti è imbarazzante. Nel cantiere<br />

si scarica, illegalmente, materiale di risulta<br />

dell'edilizia e alcuni abitanti vi gettano<br />

ogni sorta di rifiuto.<br />

In tale contesto di degrado, i fruttivendoli<br />

di via Marano si sono impadroniti<br />

dell'unica costruzione coperta, all'interno<br />

del cantiere, destinandola a deposito della<br />

frutta e garage. Il proprietario di un<br />

immobile confinante ha, invece, allestito<br />

un balconcino sul tetto del "deposito dei<br />

fruttivendoli".<br />

Il Comune ha dichiarato che la messa<br />

in sicurezza del cantiere spetta alla proprietà<br />

dello stesso. L'Acqua Marcia, alla<br />

nostra redazione, ha affermato che, nel<br />

più breve tempo, vi provvederà.<br />

Mentre eseguivamo il sopralluogo, un<br />

abitante del quartiere ci ha detto:<br />

«Questa situazione dura da più di due<br />

anni. Ora ci sono topi, muschitti e gatti».<br />

- In effetti la recinzione non è sicura…<br />

«Siccome io sono un po' malandrina<br />

sai che farei: io sti cosi i pigghiassi e li<br />

butterei tutte là sotto».<br />

- Ma non è pericoloso per i bambini<br />

che giocano E per le macchine che passano<br />

Avete fatto la domanda al Comune<br />

per mettere in sicurezza<br />

«Abbiamo fatto tutto, e non fanno<br />

niente».<br />

- E' vero il Sindaco ha detto che non è<br />

di competenza del comune.<br />

«Allura è inutile che andiamo al Comune».<br />

- Sotto il manufatto di cemento che ci<br />

fanno quella macchina e quelle cassette<br />

della frutta Cos'è un deposito<br />

«Si lo sappiamo, abbiamo fatto le denunce<br />

ed è venuta la polizia. Hanno cominciato<br />

con questo schifo quelli della<br />

frutta. Lo utilizzano come magazzino e la<br />

frutta marcia, la munnizza e tutte cose le<br />

buttano qua. Lo abbiamo detto ai fruttivendoli.<br />

È venuta la polizia e hanno chiuso<br />

i cancelli, e pensavano che la<br />

situazione si fosse risolta. Ma appena la<br />

polizia ha furiatu l'angolo, chiddi rapenu<br />

regolarmente e questo posto la stanno<br />

utilizzando anche come garage.<br />

Mettono macchine. Hanno fatto quello<br />

che hanno voluto questi della frutta».<br />

- Ma oltre all'immondizia e alla frutta<br />

gettano anche materiale di risulta<br />

dell'edilizia<br />

«Si, si si si si, vengono con i camion e<br />

scaricano regolarmente... L'altro giorno è<br />

venuto il presidente della Municipalità e<br />

ha minacciato di chiudere il cancello con<br />

un catenaccio a costo di non far usare più<br />

la piscina se non si mette tutto in sicurezza.<br />

Io abito qua sopra e mi vedo ogni<br />

giorno questi "spettacoli". Stu fetu e sta<br />

munnizza chiamunu i muschi di settembre<br />

che mi parunu kiu spacciati di<br />

l'autri... ».<br />

* * *<br />

Lo stato del cantiere è balzato, dopo<br />

anni, agli onori della cronaca dopo alla<br />

denuncia dell'On. Licandro. É scoraggiante<br />

che la politica si accorga dell'esistenza<br />

dei quartieri popolari solo<br />

all'approssimarsi delle elezioni,e nella<br />

fattispecie uomini di sinistra che se ne<br />

servono come strumento di propaganda<br />

contro<br />

l'Amministrazione Comunale. Lungi<br />

dal difendere l'operato di un'Amministrazione<br />

che tanto non ha fatto per la città,<br />

pretendiamo una politica che realmente<br />

urli, si batta, s'incateni e chiuda cancelli,<br />

per 365 giorni l'anno, per garantire l'interesse<br />

comune.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 74


www.isiciliani.it<br />

“Per appaltare,<br />

per agevolare<br />

imprese<br />

ed aziende<br />

e ordini<br />

professionali”<br />

AREA VERDE ATTREZZATA<br />

DI VIA DE LORENZO<br />

(QUARTIERE SAN CRISTOFORO)<br />

Dalla mano di Melissa la piccola lumaca<br />

viene posata su quello che doveva essere<br />

un prato.<br />

Sarebbe stato un bel prato, tanto da invitarti<br />

a sdraiarti odorando i profumi della<br />

campagna. Il ritratto appena descritto<br />

potrebbe farci pensare che ci troviamo in<br />

aperta campagna o sulla nostra<br />

bellissima Etna, e invece no, ci troviamo<br />

nell’”area verde attrezzata” di via De Lorenzo<br />

nel quartiere di San Cristoforo, Catania.<br />

In questo luogo qualche anno fa il comune<br />

di Catania progettò nell’ambito del<br />

Piano integrato per San Cristoforo Sud<br />

un’”area verde attrezzata” con parco giochi<br />

e addirittura degli avveneristici pannelli<br />

solari che servivano all’automantenimento<br />

energetico. Ma come ormai è di<br />

abitudine tutto ciò che viene progettato,<br />

appaltato e costruito con i soldi pubblici<br />

sistematicamente viene abbandonato, un<br />

po da per tutto nella città ma soprattutto<br />

nei quartieri popolari e così anche a San<br />

Cristoforo.<br />

Piazza don Puglisi, Piazza don Bonomo<br />

e l’”area verde attrezzata” di via De<br />

Lorenzo, dove il 29 settembre Legambiente<br />

ha scelto per la giornata “Puliamo<br />

il mondo” e per la prima volta il nostro<br />

quartiere.<br />

I volontari di Legambiente, il GAPA, e<br />

una classe della scuola elementare Cesare<br />

Battisti accompagnata da un insegnante,<br />

un netturbino del comune di Catania,<br />

gli abitanti della zona e perfino il parroco<br />

di San Cristoforo don Ezio, si sono attrezzati<br />

di guanti, sacchetti, scope, zappe<br />

e zappette per pulire un luogo del tutto<br />

abbandonato e vandalizzato. Così con le<br />

carriole si sono tolte panchine e tavoli divelti,<br />

una grande quantità di plastica,<br />

enormi siringhe utilizzate per dopare i<br />

cavalli sfruttati per le corse clandestine,<br />

tagliata l’erbaccia e cancellata un’oscena<br />

svastica e croce celtica dalle pareti del<br />

parco e infine piantato qualche pianta<br />

qua e là. Tutto questo fra i nitriti dei cavalli<br />

che sono rinchiusi nelle stalle abusive<br />

a pochi metri dal parco.<br />

Ma leggiamo cosa hanno risposto alle<br />

nostre domande alcuni abitanti della<br />

zona.<br />

Sig. G: «Iu staiu cà da 3000 anni!... e<br />

chi ci mannu ca’ i me figghi a’ jucari…<br />

sta schizzannu lei»<br />

- Ma se fosse curato li manderebbe<br />

Sig. G.: «cettu fussi n’autra cosa!».<br />

- E in questo caso gliel’avrebbe detto<br />

a quelli delle stalle abusive di andare via<br />

da qua<br />

Sig. G.: «A’ cu i’ ssicuta chisti cà Pi<br />

non parrari di chiddi ca trasunu chi moti<br />

pi fari motocross».<br />

- Lei non sapeva di questo posto Lo<br />

conosceva<br />

Netturbino sig. A: «Cettu… ju nascii<br />

cca!»<br />

- I suoi colleghi non sanno che dovrebbero<br />

venirea pulire anche qui<br />

Netturbino sig. A: «Ora c’è il coordinatore,<br />

parli con lui!»<br />

- E il coordinatore non sa di questa<br />

situazione<br />

Netturbino sig. A: «Cettu… non lo so,<br />

penso di si…»<br />

* * *<br />

Perché non riusciamo a tenere pulito<br />

un bene comune Perché chi dovrebbe<br />

controllare e pulire abbandona all’illegalità,<br />

allo spaccio e al vandalismo Perché<br />

gli abitanti devono avere paura di portare<br />

a giocare i loro figli in questo luogo Oppure<br />

a godere il piacere di una bella giornata<br />

all’aria aperta Perché è questo<br />

quello che succede nelle piazze e in questo<br />

parco a San Cristoforo. Eppure se andate<br />

sul sito del comune di Catania sembrano<br />

dei luoghi magnifici.<br />

Chiaramente chi ci governa dà la colpa<br />

di tutto questo agli abitanti: “Sono ignoranti,<br />

sporchi, non si meritano niente!”.<br />

Secondo noi questi luoghi sono stati progettati<br />

da una richiesta clientelare che<br />

viene dalla cattiva politica per appaltare,<br />

per agevolare imprese ed aziende e ordini<br />

professionali.<br />

Le gettate di cemento che i nostri architetti<br />

chiamano “giardini minerali” e<br />

tutto questo giro di affari poco trasparenti<br />

solo per un consenso elettorale e in più<br />

nella fattispecie per il “Piano integrato<br />

San Cristoforo Sud” si è disatteso il Piano<br />

originale imposto dalla Comunità Europea.<br />

Persino Piazza don Bonomo di fronte<br />

all’oratorio è stata vandalizzata e abbandonata<br />

a se stessa, così come via delle<br />

Salette che doveva essere area pedonale<br />

e lo è stata solo per due mesi.<br />

Anche se per piazza Don Bonomo il<br />

presidente della I municipalità, Carmelo<br />

Coppolino, c’informa che il consiglio di<br />

quartiere ha dato disposizione affinché si<br />

pulissero i muri della piazza. Nello stesso<br />

giorno a pochi passi da dove i cittadini<br />

pulivano e risistemavano l’”area verde<br />

attrezzata”, il personale e i volontari<br />

montavano gazebi e fronzoli vari per rendere<br />

“più bello che mai quel luogo” e<br />

magari qualcuno avrà detto agli spacciatori<br />

della zona: “pa sta sira e dumani non<br />

dovete venire, ni vieni a’ truvari u’ sindacu!”.<br />

Infatti il pomeriggio del 29 arriva il<br />

sindaco di Catania, i rappresentanti della<br />

Provincia le ACLI, i rappresentanti<br />

dell’Ateneo catanese e i parroci delle<br />

chiese della I municipalità per inaugurare<br />

la fiera dell’artigianato promossa dai salesiani<br />

e dalla “Fondazione per il Sud”,<br />

ma tutto con un sapore, visto il periodo,<br />

di campagna elettorale. Dobbiamo pensare<br />

che anche fra le piazze “ci sono figli e<br />

figliastri”.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 75


www.isiciliani.it<br />

Giovani<br />

Tre città<br />

del Sud<br />

Un ragazzo di Napoli,<br />

uno di Palermo e uno<br />

della provincia di Messina.<br />

Come si vive in<br />

questi tre posti Che<br />

spazio hanno i giovani<br />

Che responsabilità ha<br />

la politica Ed ecco le<br />

loro risposte<br />

di Attilio Occhipinti<br />

www.generazionezero.org<br />

Di dove sei<br />

Giovanni: sono di Nizza di Sicilia,<br />

Provincia di Messina, versante jonico.<br />

Vincenzo: Sono di Afragola, una città<br />

che si trova nella periferia nord di Napoli.<br />

Giuseppe: sono nato a Roma ma cresciuto<br />

a Palermo.<br />

Se dovessi pensare ai problemi più<br />

gravi che caratterizzano il posto in cui<br />

vivi, quali sarebbero i primi che ti vengono<br />

in mente<br />

Giovanni: I problemi che maggiormente<br />

affliggono il posto in cui vivo sono riconducibili<br />

alla mala gestione dello<br />

smaltimento rifiuti e all'abusivismo edilizio<br />

che devasta intere zone collinari che<br />

rischiano di crollare al primo nubifragio<br />

(l'alluvione di Scaletta insegna). Le giunte<br />

dei paesi circostanti sono comandate<br />

ormai da anni dagli stessi figuri (il mio<br />

paese non cambia sindaco da 15 anni)<br />

che fanno il gioco delle tre carte (sale X,<br />

poi sale il vice di X, e poi di nuovo X);<br />

se sale l'opposizione il gioco è lo stesso.<br />

Vincenzo: Disoccupazione, criminalità<br />

organizzata, clientelismo e corruzione<br />

politica, mancanza di integrazione etnica<br />

e sociale, tessuto sociale sconnesso, insufficienza<br />

dei servizi pubblici.<br />

Apatici perché abbandonati<br />

Esistono intere fasce sociali che vivono<br />

in zone di marginalità, abbandonate<br />

dallo Stato; privi talvolta di quei diritti<br />

civili che dovrebbero essere garantiti e<br />

questo non fa altro che influenzare negativamente<br />

la mentalità, l’aspetto “culturale”<br />

e sociale delle persone. Il degrado<br />

lo si percepisce a livello culturale, cioè di<br />

mentalità.<br />

Questi ritardi non sono imputabili ad<br />

una mentalità “criminale” del mezzogiorno;<br />

semmai è vero il contrario: sono i ritardi<br />

sociali del mezzogiorno che influenzano<br />

negativamente la cultura di<br />

queste zone. Il problema numero uno allora<br />

è l’apatia, il disinteresse, il credere<br />

che quest’emorragia non possa essere<br />

sanata con la propria volontà.<br />

Giuseppe: In assoluto penso che i problemi<br />

più gravi di Palermo non siano<br />

quelli legati alla normale amministrazione<br />

di una città perché a quelli c'è rimedio.<br />

Il vero problema è far capire ai Palermitani<br />

che loro meritano una grande<br />

città in cui vivere e di conseguenza affidargli<br />

delle responsabilità.<br />

Però crescono le associazioni<br />

I giovani rappresentano una parte<br />

attiva all'interno della tua comunità<br />

Giovanni: Proviamo ad avere peso<br />

all'interno delle comunità, ma in verità<br />

non ne abbiamo.<br />

Vincenzo: I giovani rappresentano il<br />

futuro, la speranza. Sappiamo che il nostro<br />

Paese, governato da un’oligarchia<br />

gerontocratica (“la casta”), non investe<br />

affatto sul capitale giovanile, come magari<br />

fanno altre nazioni (si pensi alla<br />

Germania o agli Stati Uniti). Anche nella<br />

realtà napoletana, i giovani non trovano<br />

spazio.<br />

Giuseppe: I giovani a poco a poco si<br />

stanno svegliando, stanno cominciando<br />

ad indignarsi e a svolgere il loro ruolo attivo<br />

di cittadini. Parliamo ancora di una<br />

bassa percentuale ma sempre più ragazzi<br />

cominciano a non accettare l'idea che le<br />

cose non si possano cambiare solo perché<br />

non siamo abituati a vederle diversamente.<br />

Sono nate tante associazioni giovanili<br />

in questi ultimi anni, segno che il<br />

desiderio di cambiamento e di partecipazione<br />

a poco a poco va aumentando.<br />

Come trascorrono le giornate i ragazzi<br />

Ci sono degli spazi sociali o<br />

strutture adeguate dove incontrarsi<br />

Giovanni: A spasso sul lungomare o<br />

nei bar, alcuni punti di raccolta esistono,<br />

come il PuntoGiovani a Nizza, ma l'inadeguatezza<br />

della sede e la incostanza di<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 76


www.isiciliani.it<br />

“Diritti Ormai,<br />

dalla politica<br />

sono scomparsi”<br />

parecchi componenti avvelena i progetti<br />

e la volontà di agire.<br />

Vincenzo: Parecchi progetti finanziati<br />

dall’Unione Europea sono finalizzati a<br />

“togliere i ragazza dalla strada” occupandoli<br />

in attività pomeridiane con docenti.<br />

Indipendentemente dai risultati, o da<br />

come poi vengono effettivamente amministrati<br />

questi fondi; credo che ciò sia indicativo:<br />

il fatto che gran parte della gioventù<br />

trascorra le proprie ore, per la strada,<br />

aumenta il rischio di essere assoldati<br />

negli eserciti della criminalità organizzata;<br />

o comunque il rischio di seguire un<br />

percorso delinquenziale.<br />

Nella mia città con gli anni quegli spazi<br />

di incontro e dialogo (che possono anche<br />

essere il cinema, il teatro, il partito)<br />

vanno sempre diminuendo, lasciando la<br />

gioventù abbandonata a se stessa, offrendo<br />

spesso alternative che alla lunga non<br />

sempre hanno effetti positivi: per esempio<br />

i vari centri-scommessa, che negli ultimi<br />

anni sono spuntati come funghi.<br />

Centri-scommessa come funghi<br />

Giuseppe: Palermo è una città molto<br />

grande e sicuramente gli spazi dove incontrarsi<br />

non mancano, tranne in qualche<br />

quartiere periferico dove si fa fatica anche<br />

a trovare un’aiuola.<br />

Senza voler generalizzare, nella maggioranza<br />

dei casi a far la differenza però è la<br />

modalità di aggregazione.<br />

Noto sempre di più che il modo di stare<br />

insieme, senza distinzione di quartiere,<br />

dal più popolare a quello più residenziale,<br />

delle volte sia mosso più dalla paura<br />

di essere rifiutato dal gruppo che dalla<br />

voglia di farne parte. Bisogna ritornare<br />

negli oratori, negli spazi comuni, nelle<br />

strade e far vedere uno spirito di aggregazione<br />

differente. Partire da questo per<br />

sensibilizzare i ragazzi al rispetto delle<br />

regole, dell'altro, alla bellezza dello stare<br />

insieme consapevoli che non si tratta<br />

solo di ragazzi, ma anche di cittadini.<br />

Che idea ti sei fatto della situazione<br />

politica del tuo paese Sono necessari<br />

dei cambiamenti<br />

Giovanni: Ripeto: sono anni che abbiamo<br />

lo stesso sindaco, che uno stinco di<br />

santo non è, ma che possiede un alto<br />

consenso popolare grazie alla propria<br />

professione (medico generale). Siamo<br />

nell'Immobilità più nera. Ovvio che servono<br />

dei cambiamenti, ma dovrebbero<br />

essere mentali e supportati da un'esperienza<br />

traumatica.<br />

Vincenzo: Sciascia una volta disse che<br />

la Sicilia poteva essere considerata come<br />

una sorta di microcosmo del paese Italia.<br />

Potrei dire lo stesso: le contraddizioni, i<br />

ritardi di Napoli e provincia sono una<br />

metafora (accentuata) dei problemi italiani.<br />

C’è scarsa partecipazione sociale alla<br />

vita pubblica. Questo ovviamente vale<br />

anche a livello nazionale, dove privilegi<br />

e interessi personali dettano l’agenda dei<br />

vari governi che si alternano. Credo che<br />

l’errore fondamentale di un certo modo<br />

di far politica, sia stato quello di pensare<br />

che alcuni problemi, anche nelle nostre<br />

realtà meridionali, potessero essere risolte<br />

con la violenza; imponendo dall’alto<br />

con forza quei (presunti) diritti.<br />

Non si risolvono problemi con l’esercito,<br />

quando quello stesso governo è legato<br />

talvolta a doppio filo con chi ha generato<br />

questi problemi. Bisognerebbe creare<br />

quella dimensione sociale di partecipazione<br />

dal basso, riuscire a garantire quei<br />

diritti che sono ormai scomparsi<br />

dall’agenda politica (si parla ancora di<br />

una questione meridionale).<br />

Ecco, sì i cambiamenti sono necessari:<br />

ma qui e adesso. Non cambiamenti individuali:<br />

io sogno che si riesca finalmente<br />

a trovare un senso collettivo di trasformazione<br />

proprio nelle zone degradate, e<br />

abbandonate dallo Stato.<br />

Uscire da dietro il monitor<br />

Giuseppe: Palermo ha innumerevoli<br />

problemi, veniamo da una amministrazione<br />

oggettivamente fallimentare che ha<br />

fatto scendere la qualità della vita ai gradini<br />

più bassi di sopportazione. E' difficile<br />

vivere in una città che offre praticamente<br />

nulla, pochi servizi e poche opportunità;<br />

una città che per molto tempo ha<br />

visto tristemente l'interesse del singolo<br />

prevalere su quello della collettività.<br />

Credo però che per poter cambiare le<br />

cose sia necessario sporcarsi le mani, non<br />

si può sognare il cambiamento da dietro<br />

un monitor o stando fermi. Tocca sbracciarsi<br />

e darsi da fare a tutti i livelli, dal<br />

politico al cittadino, ognuno deve fare il<br />

proprio dovere fino in fondo assumendosi<br />

le proprie responsabilità. Non è necessario<br />

fare cose straordinarie, basta<br />

l'impegno profondo nel proprio campo di<br />

competenza.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 77


www.isiciliani.it<br />

Musica<br />

Triste, solitario<br />

y surreal<br />

Che sfiga, per una palazzina<br />

di tre piani diventata<br />

rifugio di barboni,<br />

collassare proprio<br />

l'11 settembre.<br />

Manco due parole in<br />

cronaca. Niente<br />

di Antonello Oliva<br />

E del gene della tristezza, presentato<br />

alla comunità scientifica lo stesso giorno<br />

del bosone di Higgs, ne vogliamo<br />

parlare<br />

Bene, a quanto sostengono John O’Hara<br />

e Paul Gillespie, i due biologi genetisti<br />

neozelandesi autori della scoperta, si tratterebbe<br />

di un gene tra i più remoti e isolati<br />

del nostro codice, talmente elusivo e misterioso<br />

da essere sempre sfuggito a ogni<br />

rilevamento e tale da consentire comunque<br />

al momento solo ipotesi, pur se non<br />

prive di fondatezza.<br />

Secondo i due scienziati, questo gene<br />

potrebbe avere tra le altre funzioni quella<br />

di conservatore di una forma arcaica di<br />

memoria risalente a epoche in cui le forme<br />

di vita esistenti erano forse ancora di<br />

solo livello molecolare. E in tanta semplicità,<br />

dicono gli studiosi, è presumibile che<br />

regnasse ancora un equilibrio<br />

difficilmente riscontrabile dopo.<br />

Molto affascinante, e per quanto<br />

oscurata dal bosone (nessun giornale ne<br />

ha parlato), la notizia ha comunque destato<br />

molto interesse in ambito scientifico, e<br />

non meno, per quello che riguarda questa<br />

rubrica, in quello musicale, costringendo<br />

critici, discografici e melomani a rivedere<br />

certe consolidate posizioni che della<br />

concreta e impegnata leggerezza facevano<br />

ragion d’essere.<br />

Il contributo più tangibile l’hanno dato<br />

però come al solito gli artisti, Gianna<br />

Nannini ospite da Fazio ha detto la sua,<br />

Ligabue ha subito lanciato il singolo “Allora<br />

chi siamo da dove veniamo e perché<br />

ogni tanto siamo tristi”, Mina ha rinverdito<br />

il vecchio hit “Ma cos’è questa tristezza<br />

qua” e Mogol ha dichiarato<br />

all’Ansa che se non fosse stato per lui Lucio<br />

avrebbe fatto solo canzonette allegre.<br />

Purtroppo anche di queste cose se n’è<br />

parlato poco perché, quando si dice sfiga,<br />

nel frattempo c’è stato il patatrac di quel<br />

tizio della Regione Lazio, della Polverini<br />

e di tutti quei contributi variamente impiegati,<br />

ragion per cui giornali e tg adesso<br />

si mettevano a perdere tempo con le menate<br />

sulla tristezza di Pupo e la Nannini.<br />

Dove invece la cosa ha avuto esiti più<br />

diffusi è stato sul web, dove dai siti congiunti<br />

di Warner e Universal è stato annunciato<br />

per Natale l’uscita del cofanetto<br />

“Non solo triste – Greatest Hits”, mentre<br />

soprattutto nei social forum si è sviluppava<br />

un dibattito, spesso conciso e sintetico,<br />

a volte inutile, in ogni caso interessante.<br />

Insomma, vuoi per una cosa vuoi per<br />

un’altra, alla fine quella che sembrava una<br />

notizia destinata per la sfiga di prima a<br />

passare inosservata, ha finito per essere<br />

ospitata perfino sulle pagine di questo<br />

giornale (che notoriamente si occupa di<br />

altro), e se ciò non bastasse, per figurare<br />

nell’agenda della Commissione Sviluppo<br />

Economico del Parlamento Europeo, che<br />

nel frattempo aveva intanto provveduto a<br />

raccomandare ai Paesi membri di prestare<br />

all’argomento la massima attenzione e di<br />

considerarlo prioritario in un’ottica di<br />

immediata strategia di cassa.<br />

I più solerti a rispondere all’invito<br />

furono allora le compagnie telefoniche,<br />

che non sapendo più che cazzo inventarsi<br />

sostituirono prima tutte le suonerie con<br />

nuove suonerie tristi, e inondarono poi gli<br />

utenti di sms a pagamento con notizie che<br />

ne favorivano lo stato d’animo. Nel breve<br />

termine in realtà un po’ tutta l’economia<br />

ne trasse giovamento, furono ristampate le<br />

opere complete di Leopardi, Corazzini,<br />

Tenco, Ciampi, Cohen, De Oliveira, non<br />

quelle di Lolli, ma andarono pure quelle a<br />

ruba.<br />

Una tristezza dolce e conciliante<br />

La tristezza sembrava riportare l’uomo<br />

alle sue origini, forse lo riavvicinava<br />

addirittura a Dio si diceva, quel Dio che<br />

lo aveva sfrattato un giorno da quel giardino<br />

condannandolo a riguadagnarselo, e<br />

paradossalmente, più la si guardava in<br />

faccia la tristezza, più essa appariva dolce<br />

e conciliante, e si comprese allora, come<br />

se prima non ce ne fosse mai stata l’occasione,<br />

perché l’uomo aveva inventato la<br />

poesia, e aveva composto opere come il<br />

Requiem in re min. K 626, Crescent, Adele<br />

H, Nostalghia, Trilogia della città di K.<br />

Ma durò poco, perché passata quella domenica<br />

il lunedì mattina si venne a sapere<br />

che la notizia era inventata, e la storia del<br />

gene della tristezza solo una bufala.<br />

Di O’Hara e Gillespie nessuna traccia,<br />

inventati anche loro, come ogni altra cosa<br />

in questa pagina. Pura fantasia. Le borse a<br />

ogni modo reagirono male lo stesso, e si<br />

rischiò molto, ma alla fine, come in tutte<br />

le belle storie, trionfò il buon senso, e così<br />

la tristezza venne nuovamente bandita, i<br />

sostenitori attoniti dispersi, le fabbriche di<br />

maionese riaperte, e in men che non si<br />

dica, con un gran sospiro di sollievo di<br />

tutti, che a qualcuno sembrò però un singhiozzo,<br />

la musica tornò a essere quella di<br />

prima, ma ancora più leggera.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 78


www.isiciliani.it<br />

Storia<br />

Placido Rizzotto<br />

Teoria e prassi<br />

di una rivoluzione<br />

di Elio Camilleri<br />

Morto ammazzato n. 35 nell’elenco<br />

dei sindacalisti, degli animatori e degli<br />

organizzatori del movimento contadino;<br />

dopo Placido Rizzotto ne sarebbero<br />

caduti altri in quella feroce persecuzione<br />

contro le sinistre pianificata dal<br />

blocco agrario-mafioso protetto dagli<br />

apparati di polizia, deliberata “politicamente”<br />

dalla DC e dai suoi alleati anche<br />

americani.<br />

Lo scoppio della guerra lo portò sui<br />

monti della Carnia e avvertì sempre più<br />

profondamente l’assurdità della guerra, la<br />

sua stessa condizione di burattino caporale<br />

e poi di burattino caporal maggiore e,<br />

infine, di burattino sergente nelle mani di<br />

un dittatore che aveva già perso la guerra<br />

ancora prima di cominciarla.<br />

Dopo l’8 settembre ritenne di liberare<br />

l’Italia dai fascisti e dai tedeschi. Passò<br />

dalla guerra di Mussolini alla guerra di<br />

Resistenza, lasciò l’esercito del Duce ed<br />

entrò nelle Brigate Garibaldi.<br />

Placido ad un maturo e convinto sentimento<br />

antifascista accompagnò una progressiva<br />

adesione ai contenuti del marxismo.<br />

Se era vero che la storia è storia della<br />

lotta tra una classe dominante e una dominata,<br />

se è vero che da sempre le classi<br />

dominanti erano state battute da quelle<br />

dominate allora anche i contadini, i braccianti<br />

e i mezzadri di Corleone avrebbero<br />

potuto vincere. Corleone divenne la prossima<br />

trincea dove Placido avrebbe combattuto,<br />

una volta tornato a casa.<br />

Il 25 aprile 1945 lasciò i suoi compagni<br />

delle Brigate Garibaldi ed intraprese il<br />

lungo viaggio del ritorno verso la campagna<br />

per lavorare come prima con suo<br />

padre. Intraprese la fondamentale<br />

operazione di trasferire ciò che aveva<br />

imparato durante la guerra partigiana dal<br />

piano della teoria al piano della realtà<br />

effettiva.<br />

Spiegò che se con il lavoro si produce<br />

ricchezza, in buona sostanza essa è acquisita<br />

dal proprietario dei mezzi di produzione<br />

cioè, nel caso di Corleone dal proprietario<br />

del latifondo. Fece capire, inoltre,<br />

che se, oltre al proprietario, c’era anche<br />

il gabelloto cui conferire una certa<br />

quantità di ricchezza, bisognava lavorare<br />

ancora di più, concludendo che era opportuno<br />

togliere di mezzo il gabelloto e<br />

l’intermediazione parassitaria, assumere<br />

direttamente la gestione della terra istituendo<br />

cooperative, utilizzando gli strumenti<br />

legislativi necessari.<br />

La gestione della terre<br />

Così aveva cominciato, giusto a Corleone<br />

Bernardino Verro e, dopo di lui, Alongi<br />

e gli altri per l’applicazione dei decreti<br />

Falcioni e Visocchi dopo la prima guerra<br />

mondiale, e tutti quelli che già si stavano<br />

impegnando a costo anche della vita, per<br />

l’applicazione dei decreti Gullo sulla concessione<br />

alle cooperative delle terre incolte<br />

o mal coltivate e per la divisione 60 a<br />

40 tra proprietario e contadino del prodotto<br />

della terra.<br />

A Corleone Placido sentiva soprattutto<br />

l’amicizia ed il calore della maggioranza<br />

delle persone, di tutta quella gente che lo<br />

aveva pure eletto Presidente dell’associazione<br />

della Madonna della Rocca. Certo<br />

c’erano pure i gabelloti tra questi Luciano<br />

Liggio ed il dottor Michele Navarra, il<br />

capo della mafia, il barone Cammarata, il<br />

cavaliere Paternostro, il commendatore<br />

Bentivegna e gli altri latifondisti e, ovviamente,<br />

la schiera dei fiancheggiatori, servi<br />

ubbidienti senza parola, capaci solo di<br />

eseguire ordini, anche i più abietti, come<br />

vedremo.<br />

Lo straordinario risultato elettorale per<br />

la Costituente fu bissato nelle elezioni del<br />

6 ottobre nell’elezione del Consiglio Comunale<br />

e completato il 20 aprile del 1947<br />

nelle elezioni della prima Assemblea regionale.<br />

ciò dette impulso ad un’impetuosa<br />

ripresa delle occupazioni dei latifondi<br />

che il blocco agrario-mafioso non intendeva<br />

assolutamente concedere alle cooperative.<br />

La determinazione di Placido Rizzotto<br />

nella lotta per la terra scardinava alla radice<br />

quella che si riteneva quasi una legge<br />

di natura: i ricchi sopra e i poveri sotto, i<br />

potenti a comandare e i deboli ad ubbidire,<br />

i mafiosi a sfruttare e i contadini ad essere<br />

sfruttati.<br />

Allora cominciarono gli avvertimenti<br />

più ultimativi, i consigli più perentori:<br />

non ci voleva molto a capire che la situazione<br />

stava progressivamente precipitando<br />

e che il vuoto intorno a Placido stava<br />

inesorabilmente crescendo.<br />

La sera del 10 marzo Placido Rizzotto<br />

fu portato fuori dal paese per un “ragionamento”,<br />

durante il tragitto vide materializzarsi<br />

quel vuoto, quell’isolamento che<br />

nelle ultime settimane si era creato intorno<br />

alla sua lotta per la terra e la giustizia.<br />

La strada era deserta, le finestre chiuse e<br />

Placido all’improvviso si sentì solo, si<br />

svincolò dalla presa e per un attimo non<br />

sentì la pistola pressata sul fianco. Tentò<br />

la fuga, ma fu subito bloccato da altri<br />

complici, urlò, fu coperto, immobilizzato<br />

e buttato dentro un’automobile.<br />

Criscione, Collura, Liggio ed altri lo<br />

avrebbero portato con una macchina in<br />

contrada Malvello e lì lo uccisero, dopo<br />

atroci torture. Solo successivamente il<br />

corpo sarebbe stato buttato nella foiba a<br />

Rocca Busambra, in contrada Casale.<br />

I familiari di Placido riconobbero i reperti<br />

mostrati loro e ciò determinò la denuncia<br />

per Criscione, Collura e Liggio<br />

latitante di sequestro ed assassinio di Placido<br />

Rizzotto.<br />

Il 3 dicembre 1952 in Corte d’Assise a<br />

Palermo i tre furono assolti per insufficienza<br />

di prove, la sentenza fu confermata<br />

in Appello l’11 luglio 1959 ed in Cassazione<br />

il 28 maggio 1961.<br />

Soltanto qualche mese fa è stato possibile<br />

celebrare i funerali di Placido Rizzotto<br />

e vale la pena ricordare che il nipote ha<br />

chiesto di riscrivere la storia di questa terra,<br />

di farla conoscere. Questo articolo è un<br />

piccolo contributo.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 79


www.isiciliani.it<br />

Politica<br />

Un'aspirina<br />

contro la polmonite<br />

Decreto anticorruzione<br />

Buone intenzioni,<br />

ma risultati aleatori.<br />

Ecco perché<br />

di Riccardo De Gennaro<br />

Una legge si giudica dalla sua efficacia<br />

una volta che è entrata in vigore,<br />

ma non è difficile prevedere fin d’ora<br />

che il ddl anticorruzione del governo<br />

Monti, approvato dal Senato con il<br />

voto di fiducia e che attende la Camera,<br />

avrà la forza di un’aspirina contro<br />

la polmonite.<br />

C’è un Paese che sta affogando nella<br />

corruzione, uno dei più corrotti del mondo<br />

(nel 2001 eravamo al 29° posto su 91<br />

Paesi esaminati nella classifica internazionale<br />

per grado di corruzione, nel 2010<br />

siamo scesi addirittura al 67°), un Paese<br />

dove – come ha ricordato anche il Financial<br />

Times – la corruzione drena 60<br />

milioni all’anno dalle casse della pubblica<br />

amministrazione (pari al Pil della<br />

Croazia, la 67esima economia mondiale),<br />

eppure il nostro governo “tecnico” vara<br />

una legge che ancora una volta va<br />

incontro ai problemi dell’ex presidente<br />

del consiglio Berlusconi, accorciandogli<br />

i tempi di prescrizione nel processo<br />

Ruby, e interviene soltanto sui punti più<br />

marginali del fenomeno.<br />

È vero, la guardasigilli Paola Severino<br />

ha annunciato che per gli aspetti più importanti<br />

(ripristino del falso in bilancio,<br />

incandidabilità dei condannati in primo<br />

grado per reati gravi, autoriciclaggio,<br />

voto di scambio…) si provvederà più<br />

avanti.<br />

Un primo passo o un paradosso<br />

Ma questa non è altro che una promessa:<br />

i tempi di durata della legislatura<br />

sono tali che la responsabilità di condurre<br />

in porto le norme anticorruzione più<br />

incisive starà al prossimo esecutivo, che<br />

sarà di natura politica, quindi poco interessato<br />

alla questione, come tutti i governi<br />

precedenti.<br />

Qualcuno l’ha definito un primo passo,<br />

mai operato prima. Altri, viceversa, hanno<br />

sottolineato il paradosso di una legge<br />

contro la corruzione votata da un Parlamento<br />

nel quale siedono numerosi corrotti<br />

o aspiranti tali: il Senato ha approvato<br />

la proposta non grazie a una volontà<br />

di lotta alla corruzione, ma semplicemente<br />

per rifare un po’ il trucco alla politica<br />

di fronte all’elettorato dopo i casi Fiorito<br />

e Regione Lombardia.<br />

Non è un segreto che per costringere il<br />

Pdl a rimuovere le barricate il provvedimento<br />

ha dovuto tenere conto dei diktat<br />

di questo partito: il governo Monti, il<br />

“governo degli onesti”, avrebbe potuto e<br />

dovuto osare di più: il momento, a ridosso<br />

della campagna elettorale, non poteva<br />

essere più favorevole.<br />

La cena del “rottamatore”<br />

Il problema è che, nel tourbillon suscitato<br />

dagli annunci di chi si candiderà e<br />

chi non si candiderà, non si vede una<br />

possibilità reale di cambiamento del ceto<br />

dirigente, come dimostra peraltro la cena<br />

del “rottamatore” Renzi con la crema<br />

dell’alta finanza, organizzata peraltro da<br />

un business man la cui holding ha sede<br />

alle isole Cayman. Come ha scritto il sociologo<br />

Tonino Perna su il Manifesto, “la<br />

crisi verticale dei partiti, delle ideologie,<br />

porta a selezionare nel modo peggiore la<br />

classe politica” e “i partiti sono ormai diventati<br />

delle strutture autoreferenziali di<br />

potere, di lobby e di affari”. Se si vogliono<br />

cambiare le cose è necessario un controllo<br />

popolare e diretto sulla pubblica<br />

amministrazione. Il disegno di legge del<br />

governo Monti istituisce la figura del<br />

“commissario anticorruzione”, che potrà<br />

avvalersi nel suo operato delle forze della<br />

Guardia di Finanza. Ma, se l’intero sistema<br />

è corrotto, chi garantirà della sua<br />

incorruttibilità<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 80


www.isiciliani.it<br />

Società civile<br />

Al mercato<br />

delle belle idee<br />

In Sicilia si fa “la cosa<br />

giusta” nei “Cantieri<br />

che vogliamo”...<br />

di Giovanni Abbagnato<br />

La bella notizia, una volta tanto, è<br />

che i Cantieri Culturali della Zisa di<br />

Palermo, dopo l’abbandono nel grigio<br />

decennio delle amministrazioni Cammarata,<br />

tornano a vivere grazie<br />

all’azione determinata di un movimento<br />

di persone, associazioni, centri sociali<br />

e altre realtà cittadine.<br />

Il motivo che ha determinato tanti a<br />

scrollarsi una rassegnazione da troppo<br />

tempo portata avanti nasceva dalla indignazione<br />

e la conseguente volontà di reagire<br />

alla sostanziale privatizzazione dello<br />

spazio – uno dei più vasti ed interessanti<br />

esempi di archeologia industriale in Europa<br />

già votato alla cultura e alla socialità<br />

- che la vecchia Giunta, ormai disfatta,<br />

stava realizzando con un colpo di coda,<br />

tanto indegno quanto illegittimo.<br />

Questo tentativo di sottrarre alla città<br />

un’area simbolo, di particolare importanza<br />

simbolica e socio-culturale, è stato<br />

neutralizzato grazie ad una mobilitazione<br />

collettiva sintetizzata negli slogan simbolo:<br />

“apriamo i Cantieri” e“i Cantieri che<br />

vogliamo”.<br />

Un movimento che ha prodotto una<br />

vertenzialità fatta di resistenza civile, ma<br />

anche di progettazione partecipata, di organizzazione<br />

di eventi e di tanto altro durante<br />

i quali un movimento invitava la<br />

città a riappropriarsi dei Cantieri per le<br />

numerose opportunità che essi possono<br />

dare, dalle produzioni culturali in campo<br />

cinematografico, teatrale e di varia<br />

espressione artistica, alla fruizione<br />

organizzata a disposizione del quartiere<br />

circostante e, più diffusamente dell’intera<br />

collettività.<br />

Già da qualche mese i Cantieri ospitano<br />

manifestazioni interessanti, ma rimane<br />

in corso il dialogo, in piena autonomia<br />

delle parti, tra la nuova amministrazione<br />

e il Comitato “ i Cantieri che<br />

vogliamo”per provare a caratterizzare<br />

l’utilizzo, sempre più efficace dell’Area.<br />

Ciò in una rigorosa logica di “bene comune”che<br />

escluda una gestione esclusivamente<br />

centralizzata nelle istituzioni,<br />

come anche affidamenti a lungo termine<br />

che creino privilegi e impongano una<br />

fruizione passiva alternativa alla libera<br />

espressione della città in tutta la sua capacità<br />

di esprimere cultura e socialità.<br />

La logica del bene comune<br />

Ma i progetti significativi sono, oltre<br />

che realizzati, anche nobilitati dalle pratiche.<br />

In questo senso, il fine settimana dal<br />

19 al 21 ottobre 2012 ha rappresentato<br />

uno spartiacque importante nella nuova<br />

fruizione dei Cantieri.<br />

Questo perché in questi giorni, in cui<br />

l’estate non si rassegnava a lasciare il<br />

passo all’autunno, ha aperto i suoi battenti<br />

a Palermo e alla Sicilia, una manifestazione<br />

importante come “Fa la cosa<br />

giusta Sicilia”.<br />

Una mostra–mercato sui consumi critici<br />

e gli stili di vita sostenibili e responsabili<br />

che, oltre a fare rivivere il maestoso<br />

capannone delle “tre navate”e altri spazi<br />

interni ed esterni dell’Area dei Cantieri ,<br />

metteva in sinergia, positivamente innovativa,<br />

valori, relazioni e capacità di progettare<br />

futuro. Questo in una logica di responsabilità<br />

etica all’interno di un sistema<br />

di economia alternativa a quelli dominanti,<br />

la cui crisi, ormai evidentemente<br />

strutturale, mostra tutti i suoi aspetti di<br />

profonda e irresponsabile disumanità.<br />

E’ stato questo “Fa la cosa giusta siciliana”,<br />

la prima del centro-sud. Un modo<br />

per interpretare un’esperienza fieristica<br />

del Nord del Paese, attraverso la specificità<br />

di una Regione come la Sicilia di<br />

grandi complessità, ma anche di straordinarie<br />

potenzialità. Una Sicilia che vuole<br />

mostrare un volto diverso dagli stereotipi<br />

correnti, ma a partire dalla sua capacità<br />

d’innovazione in tutti i campi.<br />

Questo è stato dimostrato dalla presenza<br />

tra le strutture e i viali dei Cantieri - e<br />

prima ancora tra le pagine di una Guida<br />

ai consumi responsabili e alle buone pratiche,<br />

edita dal Comitato organizzatore<br />

nel 2011 - di un mondo, vasto e motivato<br />

delle produzioni e dei servizi compatibili<br />

e responsabili, dell’associazionismo e,<br />

più in generale, dell’impegno sociale ed<br />

antimafioso.<br />

Una grande festa, ma anche un modo<br />

per veicolare progetti e innovazione perché<br />

chi l’ha detto che edificare una nuova<br />

società basata sul rispetto dei diritti e<br />

delle libertà delle persone e dell’ambiente,<br />

sia un fatto da affidare a consessi elitari<br />

e seriosi In questi giorni dai Cantieri<br />

culturali di Palermo parte verso tutti i territori<br />

della Sicilia il messaggio che ognuno,<br />

ogni giorno e nel proprio piccolo -<br />

provando a vivere meglio sul piano ambientale,<br />

sociale ed alimentare - ha la<br />

possibilità, per se e per gli altri, di “fare<br />

la cosa giusta”.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 81


www.isiciliani.it<br />

• ore 14.30 ritrovo sotto l’Arco della Pace<br />

• ci spostiamo insieme nel parco Sempione <br />

per il momento commemorativo<br />

• a seguire iniziative proposte dai ragazzi<br />

di <strong>Libera</strong> in occasione dell’evento<br />

• premiazione dei vincitori del concorso <br />

fotografico “Indifferenza”<br />

Tre anni fa<br />

-il 24 novembre 2009-<br />

scompariva<br />

all’Arco della Pace<br />

la testimone di<br />

giustizia <br />

Lea Garofalo.<br />

Quest’anno, nello<br />

stesso giorno e nello<br />

stesso luogo, <br />

il presidio giovani<br />

<strong>Libera</strong> Milano vuole<br />

coinvolgere la<br />

cittadinanza nel<br />

ricordo di una realtà<br />

da non dimenticare.<br />

Per questo abbiamo<br />

deciso di piantare un<br />

albero <br />

come simbolo vivo<br />

nella città di Milano <br />

e presenza concreta<br />

della sua memoria.<br />

CONCORSO FOTOGRAFICO<br />

“ L’INDIFFERENZA”<br />

Concorso fotografico aperto a tutti dal tema “L’INDIFFERENZA”. Si partecipa<br />

con un’unica immagine jpg. È’ consentita la manipolazione digitale<br />

dell’immagine.<br />

Le fotografie potranno essere inviate al seguente indirizzo mail,<br />

concorso.indifferenza@gmail.com, dal 9 ottobre al 4 novembre 2012 e<br />

potranno essere votate alla pagina FACEBOOK, “Concorso fotografico<br />

l’indifferenza” dal 5 al 18 novembre2012.<br />

La foto inviata dovrà essere accompagnata da nome, cognome, indirizzo mail<br />

e numero telefonico. Le foto prive di questi requisiti non saranno caricate su<br />

facebook per essere votate.<br />

La foto più votata, alla mezzanotte del 19 novembre 2012, vincerà il “premio<br />

del pubblico”, mentre le tre vincitrici saranno scelte da una Commissione<br />

composta da due ragazzi del Presidio Giovani e una Laureanda dell’<br />

Accademia delle Belle Arti di Brera. I vincitori verranno contattati via mail<br />

entro il 20 novembre. La premiazione si terrà nel pomeriggio del 24 novembre<br />

alla presenza del Presidente della Commissione antimafia di Milano David<br />

Gentili ( sulla pagina facebook verranno comunicati luogo e orario della<br />

premiazione)<br />

I premi consistono in: primo classificato (“ a cena con <strong>Libera</strong>” : prodotti e vini<br />

di <strong>Libera</strong>Terra) , secondo classificato (“ a colazione con <strong>Libera</strong>” : prodotti di<br />

<strong>Libera</strong>Terra), terzo classificato (felpa di <strong>Libera</strong>), “premio del pubblico”<br />

(maglietta di <strong>Libera</strong>). Le foto vincitrici verranno inoltre pubblicate on-line su<br />

“Stampoantimafioso” e “I <strong>Siciliani</strong>”.<br />

Regolamento completo alla pagina facebook<br />

“Concorso fotografico ’indifferenza.”<br />

Seguiteci su Facebook!<br />

“Le radici del domani -<br />

Un albero per Lea”<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

i<br />

– pag. p 82


www.isiciliani.it<br />

Mafia e media<br />

Lezione di giornalismo<br />

Il famoso giornale intervista<br />

il mafioso.<br />

Analisi e commento<br />

di Valentina Sgambetterra<br />

e Martina Mazzeo<br />

www.stampoantimafioso.it<br />

Arrestano due dei tre fratelli Giacobbe<br />

a Pessano con Bornago, nel milanese.<br />

Il Giorno (www.ilgiorno.it) ne<br />

fa la cronaca, sotto forma di intervista.<br />

A parlare è il padre, Salvatore Giacobbe,<br />

boss della ‘ndrangheta condannato<br />

a vent’anni per associazione mafiosa.<br />

Vale la pena di leggere. Magari con<br />

qualche osservazione di tipo scientifico,<br />

per chiarire alcune delle dichiarazioni<br />

dell’intervistato; e anche con qualche riflessione<br />

sulle suggestioni che ne muovono<br />

sulle sue (gravi anche se involontarie)<br />

implicazioni.<br />

Spicca il riferimento alla spontaneità<br />

con cui gli imprenditori si rivolgerebbero<br />

ad un boss della criminalità organizzata<br />

per ricevere protezione o offrire appalti.<br />

Certo, esistono anche imprenditorii che<br />

ammiccano alla mafia vedendo, o credendo<br />

di vedere (la mafia non fa mai nulla<br />

gratis), in tali rapporti, l’opportunità di<br />

affari e profitti in una convergenza di interessi.<br />

Tuttavia, come insegna il sociologo<br />

Rocco Sciarrone, bisogna distinguere<br />

differenti tipologie di imprenditori declinate<br />

sulla base di una valutazione<br />

quanti/qualitativa del grado di coinvolgimento<br />

dell’imprenditore con l’ambiente<br />

mafioso. E’ un fatto che com’è vero che<br />

esistono imprenditori collusi o addirittura<br />

mafiosi, altrettanto vero è che ad una certa<br />

fetta dell’imprenditoria, specialmente<br />

piccola e media, la protezione viene offerta<br />

o, per meglio dire, imposta dal boss<br />

che controlla la zona.<br />

Il meccanismo collaudato è il seguente:<br />

il clan individua la vittima e comincia<br />

a minacciarla in un crescendo di azioni<br />

finalizzate a spaventare sia l’imprenditore<br />

che i suoi cari; progressivamente, le<br />

minacce aumentano d’intensità: scattano<br />

i primi avvertimenti, le prime ritorsioni.<br />

Forse salterà una gru o un capannone<br />

prenderà fuoco.<br />

A questo punto, ossia dopo aver creato<br />

il problema, il boss si rivolge all’imprenditore<br />

offrendogli protezione da quelle<br />

violenze da lui stesso perpetrate: in pratica<br />

propone la soluzione, in un pericoloso<br />

incrocio di domanda e offerta. Oppure<br />

sarà l’imprenditore stesso a rivolgersi al<br />

boss locale, di cui la fama è nota, in cambio<br />

di una “vita tranquilla” e della possibilità<br />

di portare avanti la propria attività<br />

rassegnandosi ad inserire il pizzo tra i<br />

costi strutturali della sua impresa.<br />

Rispetto agli appalti la questione è analoga<br />

ed anche più complessa. Offrire un<br />

appalto alla mafia può costituire il tragico<br />

epilogo per un imprenditore pesantemente<br />

vessato. L’alternativa potrebbe essere<br />

quella di cercare altri segmenti di<br />

mercato, in altri territori, con costi talvolta<br />

insostenibili.<br />

“La mafia Ma in fondo...”<br />

Un secondo spunto di riflessione nasce<br />

a seguito del tentativo, niente affatto velato,<br />

di sminuire la portata del fenomeno<br />

mafioso al Nord. «Limitiamoci alle infiltrazioni»<br />

dice Giacobbe. Ma l’obiettivo<br />

primo per la mafia, e in particolare per la<br />

‘ndrangheta, è proprio il controllo del<br />

territorio anche a scapito del profitto. La<br />

‘ndrangheta si è diffusa nel Nord attraverso<br />

la strategia della colonizzazione<br />

che ha portato ad una presenza ramificata<br />

e capillare di cellule, poi divenute vere e<br />

proprie colonie di ‘ndrangheta, in molte<br />

aree del Paese e fuori dal Paese.<br />

«Non rubano ai poveri i grandi boss»,<br />

ci vuol far credere Giacobbe. Ma non<br />

spiega che l’estorsione, il pizzo, la protezione<br />

sono metodi che hanno come finalità<br />

prima il controllo del territorio e solo<br />

a seguire il profitto.<br />

Vogliamo aggiungere una riflessione<br />

sull’opportunità e sulle suggestioni di<br />

questo articolo. A partire dal titolo, con il<br />

riferimento al Padrino, l’impressione è<br />

che tutta l’intervista, volente o nolente,<br />

strizzi l’occhio allo stereotipo, al luogo<br />

comune.<br />

La presentazione confezionata per il<br />

boss – «in casa sua fu trovato un vero arsenale»<br />

– alimenta il mito dell’eroe onnipotente,<br />

nonostante la sentenza di condanna<br />

che, anzi, sembra indossata come<br />

una medaglia al valore, un riconoscimento<br />

di prestigio.<br />

E' pericolosa la fascinazione<br />

esercitabile da una simile figura, specialmente<br />

in tempi in cui un’aggressiva precarietà,<br />

materiale ed esistenziale, rischia<br />

di rinvigorire la presa di un principio tipicamente<br />

mafioso: la ricerca della via<br />

più breve al massimo risultato con il minimo<br />

sforzo.<br />

Tanto mafiose sono le risposte del<br />

boss, quanto pressappochiste le domande<br />

della giornalista. Al primo fa comodo<br />

una pagina di giornale in cui gloriarsi dei<br />

suoi pregi di "uomo d’onore", e alla seconda<br />

interessi lo scoop, la notizia ad<br />

ogni costo.<br />

Sembra di leggere un’intervista a una<br />

star chiamata a giustificare pubblicamente<br />

le bravate del figlio scapestrato a<br />

cui, insomma, “è giovane e gli si perdona<br />

tutto"... Non è difficile immaginarsi il<br />

ghigno fiero di Salvatore Giacobbe, giacca<br />

cravatta e niente coppola in testa,<br />

mentre risponde alle domande.<br />

E poi, davanti ad un’asserzione della<br />

portata di «non si sputa nel piatto dove si<br />

mangia», tradotto: “sono orgogliosamente<br />

un mafioso”, perché la giornalista sceglie<br />

di dare a Giacobbe un’altra occasione<br />

di celebrità ricordando che è stato citato<br />

in un libro<br />

Sarebbe sufficiente agire con un po’<br />

più di scrupolo, porre a se stessi qualche<br />

interrogativo in più e già la mafia farebbe<br />

i conti con un altro giornalismo.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 83


www.isiciliani.it<br />

Pacifisti<br />

Da Niscemi<br />

a Ravenna<br />

FOTO DI ALESSANDRO ROMEO<br />

Ma sta cambiando<br />

qualcosa, in questo<br />

Paese Al Nord, al<br />

Sud Forse sì<br />

di Sara Spartà<br />

www.diecieventicinque.it<br />

“Niscemi batte Obama” titola il<br />

“Manifesto” del 7 ottobre. Il giorno la<br />

manifestazione nazionale No MUOS<br />

davanti alla base della Us Navy di Niscemi<br />

aveva fatto parlare tutta Italia.<br />

Più di cinquemila persone sono arrivate<br />

da tutte le città e paesi della Sicilia<br />

per protestare non solo contro la base,<br />

ma anche contro tutte le altre ferite<br />

imposte alla dignità del territorio e<br />

alla salute dei cittadini.<br />

Dai No Tav ai No Ponte, dalle donne di<br />

No dal Molin ai No Radar sardi, hanno<br />

sfilato tutti insieme per dire basta alla<br />

militarizzazione del territorio e per promuovere<br />

i valori della pace e della vita.<br />

In testa al corteo c’era il Sindaco di Niscemi<br />

Francesco La Rosa e al suo fianco<br />

Rita Borsellino. E poi, solidali e decisi, i<br />

sindaci di vari comuni della zona.<br />

Un corteo lungo quattro anni: è da tanto<br />

che dura – fra il silenzio dei grandi<br />

media ma la solidarietà crescente dei cittadini<br />

– l’impegno del piccolo gruppo di<br />

ragazzi che ha dato il via a tutto questo.<br />

Erano appena cinque, all’inizio. Ora sfilano<br />

in folla, e sono cinquemila. Siamo a<br />

poca distanza da Comiso, la terra che<br />

negli anni di Pio La Torre lottava contro<br />

gli stessi obiettivi e contro gli stessi<br />

soggetti. Una sfida lunga trent’anni, che<br />

dalla base di Comiso si sposta a Niscemi<br />

ma che ha gli stessi simboli, gli stessi<br />

colori, la stessa Sicilia che ha voglia di<br />

riscatto.<br />

Una sfida lunga trnt'anni<br />

Si rivendica la libertà di questi territori<br />

dalle pretese dei militari americani e si<br />

festeggia la notizia del sequestro preventivo<br />

dell’intera area disposto dalla Procura<br />

di Caltagirone. Il provvedimento,<br />

emesso dal Gip a seguito di indagini iniziate<br />

nel luglio 2011, è basato sul divieto<br />

assoluto di edificabilità di quell’area e<br />

sulla violazione di varie prescrizioni fissate<br />

dal decreto istitutivo della stessa e<br />

dell’ambiente circostante. Il Muos infatti<br />

sorge all’interno di una Riserva Naturale<br />

Orientata, sito d’interesse comunitario.<br />

Rita Borsellino ha definito ambigua la<br />

risposta ricevuta dal Parlamento Europeo<br />

a seguito della sua interrogazione sul<br />

caso Muos. “Ambigua – ha precisato -<br />

perché i documenti forniti per lo stesso<br />

risultano essere in regola.” E si dispiace<br />

del fatto, che denuncia come riprovevole,<br />

che la magistratura ancora una volta debba<br />

sostituirsi alla politica. Dichiara inaccettabili<br />

le responsabilità della Regione<br />

Sicilia auspicando un maggiore interesse<br />

e rivisitazione di tutti gli atti e le procedure<br />

relative al Muos.<br />

Ai cancelli della CMC<br />

C’è voglia di chiarezza e di trasparenza.<br />

E se da un lato impera la gioia dei<br />

Comitati, dall’altro lato tutti lamentano<br />

come l’interessamento dei politici coincida<br />

con l’avvicinarsi delle elezioni regionali.<br />

Semplice coincidenza o reale interesse,<br />

questo sarà il tempo a dirlo. Nel<br />

frattempo i ragazzi non si fermano e con<br />

gioia, colori, sorrisi e determinazione<br />

continuano la marcia per la sensibilizzazione<br />

e la protesta che salpa verso il<br />

“continente”.<br />

A Ravenna il 13 ottobre hanno manifestato<br />

di fronte ai cancelli della CMC<br />

(l’antica Cooperativa Muratori e Cementieri,<br />

ora lontana dagli ideali di solidarietà<br />

originari) per la salvaguardia della terra<br />

e per la rivendicazione dell’etica nel<br />

lavoro nelle imprese e nelle cooperative<br />

come questa, che è general contractor di<br />

tutte le più grandi opere d’Italia, dal ponte<br />

sullo stretto di Messina al Tav in Val di<br />

Susa.<br />

Abbiamo manifestato anche per denunciare<br />

le collusioni con la mafia che molte<br />

imprese di questo circuito di appalti e subappalti<br />

intrecciano e che restano ancora<br />

in ombra. Afine mese è prevista una manifestazione<br />

anche a Roma.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 84


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 85


www.isiciliani.it<br />

Ieri contro i missili, oggi contro il Muos<br />

Da Comiso a Niscemi<br />

Generazioni di pace<br />

Chi l'ha detto che i giovani non s'impegnano più<br />

La folla colorata e pacifica di Niscemi, i comitati<br />

che sorgono dappertutto, sono un segnale preciso.<br />

Che i politici ignorano<br />

di Antonio Mazzeo<br />

Come ritrovarsi a vent’anni. Con le<br />

stesse energie, l’ingenuità di ritenere il<br />

mondo diviso in buoni e cattivi, noi i<br />

buoni, loro i cattivi. Con il sorriso dipinto<br />

nel volto, gli occhi luminosi. E belli. I<br />

colori, poi, sono ancora gli stessi.<br />

L’azzurro del cielo siciliano in ottobre e<br />

le campagne che dopo l’arida estate tornano<br />

a macchiarsi di verde. E quelli<br />

dell’iride, il ponte della rinnovata alleanza<br />

tra l’Uomo e l’Eterno. La natura. La<br />

speranza di pace.<br />

Noi che abbiamo ormai i capelli grigi<br />

abbiamo sentito di rivivere l’ansia, le<br />

gioie, l’allegria festosa di quando circondavamo<br />

con i nostri corpi il filo spinato<br />

di quella che sarebbe diventata la base<br />

della morte atomica, a Comiso,<br />

trent’anni fa.<br />

Nel cuore della Sicilia<br />

Stavolta però siamo a Niscemi, nel<br />

cuore dell’ultima sughereta di Sicilia. A<br />

destra le querce plurisecolari, a sinistra la<br />

selva di antenne di una delle stazioni di<br />

telecomunicazioni militari più grandi del<br />

mondo.<br />

Sabato 6 ottobre, alla prima manifestazione<br />

nazionale contro l’Eco MUOStro<br />

che - nelle intenzioni di Washington - dovrà<br />

condurre sciami di droni ad invadere<br />

e disseminare il lutto nel pianeta, abbiamo<br />

ritrovato l’Altra Sicilia, quella che<br />

non vedevamo dalle lunghe marce contro<br />

i missili Cruise e i tragici cortei dopo<br />

l’attacco allo Stato da parte dello Stato<br />

con le bombe e gli artificieri di Cosa nostra<br />

e dell’eversione neofascista. Quella<br />

Sicilia che non ha diritto di cittadinanza<br />

nei consigli comunali e alla Regione ma<br />

che non si china al passaggio del potente.<br />

Quella Sicilia che ripudia le armi e la<br />

guerra, s’indigna per le carcerazioni e gli<br />

abusi sui migranti e i richiedenti asilo,<br />

che difende i territori dai saccheggi, le<br />

colate di cemento, le perforazioni.<br />

Precari, cassintegrati...<br />

Giovani e studenti, i disoccupati e i<br />

precari per tutte le stagioni, i cassintegrati<br />

di Termini Imerese, quelli che nelle<br />

campagne e nelle serre la cassa integrazione<br />

non la vedranno mai. Le madri, le<br />

bambine, tantissime donne ed essere<br />

donna in Sicilia è due volte più duro che<br />

esserlo altrove. Il popolo dei No Muos<br />

incarna l’utopia dell’esserci e contare,<br />

del non delegare diritti e speranze.<br />

Un popolo che ringrazia quei magistrati<br />

in prima linea per la verità sulle Stragi<br />

e la Trattativa e quelli che han sfidato lo<br />

Zio Sam, mettendogli in catene a Niscemi<br />

la mostruosa creatura generatrice<br />

dell’apocalisse. Ma che sa bene che contro<br />

la Mafia e il MUOS non si vince nelle<br />

aule giudiziarie, perché è lotta politica,<br />

di piazza, nei quartieri, un confrontoscontro<br />

sociale. Un conflitto per il cambiamento<br />

e la trasformazione delle relazioni<br />

umane e sociali, per la giustizia<br />

economica in difesa dei Beni Comuni,<br />

per l’affermazione dell’uguaglianza e la<br />

promozione dei diritti.<br />

Oggi siamo più maturi di trent’anni fa,<br />

quando ritenevamo impossibili nuove<br />

guerre e ci nutrivamo dei miti del Progresso<br />

e della mobilità sociale. Sappiamo<br />

che la riconversione a uso collettivo delle<br />

basi di guerra non è un assunto etico ma<br />

è la scelta obbligata per assicurare la sopravvivenza<br />

a figli e nipoti. Bandire le<br />

armi è l’ultima opzione per garantirci<br />

pane e lavoro. Opporci al MUOS è riprenderci<br />

la Vita.<br />

Di fronte al muro di gomma e falsità<br />

innalzato dagli strateghi del Pentagono e<br />

dai servi sciocchi dei Monti boys, forse<br />

saremo costretti a distenderci supini sulle<br />

viuzze di contrada Ulmo e rendere inagibile<br />

e inoperativa l’enorme ordigno elettromagnetico<br />

made in U.S.A. che avvelena<br />

da oltre vent’anni i figli della terra di<br />

Niscemi.<br />

Dobbiamo provarci. Insieme<br />

Dovremo assumerci le nostre responsabilità<br />

sino all’ultimo. Rischiando di offrire<br />

le nostre persone alla cieca e ottusa repressione<br />

dei corpi dello Stato. Ma è in<br />

gioco il senso stesso della storia umana,<br />

con le sue mille contraddizioni ma con il<br />

suo valore unico, supremo. Dovremo<br />

provarci. Insieme. In quest’ultimo autunno<br />

senza il MUOS e i suoi satelliti nello<br />

spazio.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 86


www.isiciliani.it<br />

L'immagine<br />

La lettrice<br />

Foto di Domenico Pisciotta<br />

“ ...A Catania non comanda la mafia,<br />

perciò dimenticatevi del tutto dei morti<br />

in nome della giustizia sulla città,<br />

ammazzati con l'indifferenza di ogni giorno<br />

dimenticati in nome dell'ordine che ci controlla<br />

nella coscienza individuale ed in quella collettiva.<br />

E voi dimenticatevi i nomi dei martiri<br />

di questa ingiustizia chiamata caso Catania.<br />

Statevene quieti nelle vostre case,<br />

e lasciateli in silenzio nella terra di questa città,<br />

perchè come i vivi possano vivere nell'oblio della memoria... “<br />

Fabio D'Urso e Luciano Bruno<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 87


www.isiciliani.it<br />

IL FILO<br />

Di chi è<br />

la colpa<br />

di Giuseppe Fava<br />

“I siciliani hanno espresso una classe politica di<br />

gran lunga inferiore alle loro capacità umane e<br />

alle necessità storiche”<br />

I siciliani hanno espresso una classe<br />

politica di gran lunga inferiore alle<br />

loro capacità umane e alle necessità<br />

storiche.<br />

____________________________________<br />

La Fondazione Fava<br />

La fondazione nasce nel 2002 per mantenere<br />

vivi la memoria e l’esempio di Giuseppe Fava,<br />

con la raccolta e l’archiviazione di tutti i suoi<br />

scritti, la ripubblicazione dei suoi principali libri,<br />

l'educazione antimafia nelle scuole, la promozione<br />

di attività culturali che coinvolgano i giovani<br />

sollecitandoli a raccontare. Il sito permette<br />

la consultazione gratuita di tutti gli articoli di<br />

Giuseppe Fava sui <strong>Siciliani</strong>.<br />

Per consultare gli archivi fotografico e teatrale,<br />

o altri testi, o acquistare i libri<br />

della Fondazione, scrivere a<br />

elenafava@fondazionefava.it<br />

mariateresa.ciancio@virgilio.it<br />

____________________________________<br />

Il sito “I <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava”<br />

Pubblica tesi su Giuseppe Fava e i <strong>Siciliani</strong>, da<br />

quelle di Luca Salici e Rocco Rossitto, che ne<br />

sono i curatori. E' un archivio, anzi un deposito<br />

operativo, della prima generazione dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Senza retorica, senza celebrazioni,<br />

semplicemente uno strumento<br />

di lavoro. Serio, concreto<br />

e utile: nel nostro stile.<br />

Da trent’anni abbiamo l’autonomia<br />

regionale, una macchina costituzionale<br />

per risolvere la nostra tragedia di<br />

popolo, risolvere i nostri problemi sociali,<br />

costruire le strade, le scuole, gli<br />

ospedali, le case, le dighe, portare acqua<br />

nel cuore della terra arida, costruire<br />

fattorie, allevamenti, sovvenzionare<br />

le industrie utili, proteggere i<br />

monumenti, il mare, le coste, realizzare<br />

alberghi, impianti sportivi,<br />

musei, teatri. Siamo invece immobili,<br />

quasi putrefatti dentro i nostri problemi;<br />

l’Europa, cioè il livello di civiltà<br />

europea si allontana sempre di più.<br />

L'Europa s'allontana sempre più<br />

Nella realtà non poteva essere altrimenti:<br />

molti politici ai quali i siciliani<br />

hanno delegato l’amministrazione<br />

della autonomia, erano privi di cultura<br />

tecnica, altri accecati dall’interesse<br />

personale e quindi disponibili alla<br />

corruzione, altri ancora infine senza<br />

ingegno, né fantasia, né inventiva,<br />

cioè praticamente stupidi.<br />

Il tuo voto ad un uomo così<br />

Amico mio, chissà quante volte tu<br />

hai dato il tuo voto, ad un uomo politico<br />

così, cioè corrotto, ignorante e<br />

stupido, sol perché una volta insediato<br />

al posto di potere egli ti poteva garantire<br />

una raccomandazione, la promozione<br />

ad un concorso, l’assunzione<br />

di un tuo parente, una licenza edilizia<br />

di sgarro.<br />

La truffa civile<br />

Così facendo tu e milioni di altri<br />

cittadini italiani avete riempito i parlamenti<br />

e le assemblee regionali e comunali<br />

degli uomini peggiori, spiritualmente<br />

più laidi, più disponibili<br />

alla truffa civile, più dannosi alla società.<br />

Di tutto quello che accade oggi in<br />

questa nazione, la prima e maggiore<br />

colpa è tua.<br />

(I <strong>Siciliani</strong>, febbraio 1983)<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 88


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

Rivista di politica, attualità e cultura<br />

Fatta da:<br />

Giovanni Abbagnato, Francesco Appari, Lorenzo Baldo, Nando<br />

Benigno, Mauro Biani, Lello Bonaccorso, Luciano Bruno, Anna<br />

Bucca, Elio Camilleri, Claudia Campese, Arnaldo Capezzuto,<br />

Giovanni Caruso, Gian Carlo Caselli, Ester Castano, Carmelo<br />

Catania, Giulio Cavalli, Gabriele Centineo, Antonio Cimino,<br />

Giancarla Codrignani, Marina Comandini, Celeste Costantino,<br />

Fabio D’Urso, Nando dalla Chiesa, Jack Daniel, Riccardo De<br />

Gennaro, Giacomo Di Girolamo, Rosa Maria Di Natale,<br />

Francesco Feola, Norma Ferrara, Paolo Fior, Luigi Fonderico,<br />

Rino Giacalone, Carlo Gubitosa, Diego Gutkowski, Filomena<br />

Indaco, Margherita Ingoglia, Kanjano, Sabina Longhitano,<br />

Michela Mancini, Michela Mancini, Antonio Mazzeo, Martina<br />

Mazzeo, Emanuele Midoli, Luciano Mirone, Attilio Occhipinti,<br />

Salvo Ognibene, Antonello Oliva, Pietro Orsatti, Salvo Perrotta,<br />

Giulio Petrelli, Aaron Pettinari, Giuseppe Pipitone, Antonio<br />

Roccuzzo, Giorgio Ruta, Luca Salici, Valentina Sgambettara,<br />

Mario Spada, Sara Spartà, Mara Trovato, Fabio Vita, Salvo<br />

Vitale, Chiara Zappalà<br />

Webmaster: Max Guglielmino max.guglielmino@isiciliani.org<br />

Net engineering: Carlo Gubitosa<br />

gubi@isiciliani.it<br />

Art director: Luca Salici<br />

lsalici@isiciliani.it<br />

Coordinamenti: Giovanni Caruso gcaruso@isiciliani.it<br />

e Massimiliano Nicosia mnicosia@isiciliani.it<br />

Segreteria di redazione: Riccardo Orioles riccardo@isiciliani.it<br />

Progetto grafico di Luca Salici<br />

(da un'idea di C.Fava e R.Orioles)<br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / d.responsabile riccardo orioles<br />

redazione@isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 89


I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

www.isiciliani.it<br />

Una piccola<br />

Giambattista<br />

Scidà e Gian<br />

Carlo Caselli<br />

sono stati fra<br />

i primissimi<br />

promotori della<br />

rinascita dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Lo spirito di un<br />

giornale<br />

"Un giornalismo fatto di<br />

verità impedisce molte<br />

corruzioni, frena la<br />

violenza e la criminalità,<br />

accelera le opere<br />

pubbliche indispensabili.<br />

pretende il funzionamento<br />

dei servizi sociali. tiene<br />

continuamente allerta le<br />

forze dell'ordine, sollecita<br />

la costante attenzione<br />

della giustizia, impone ai<br />

politici il buon governo".<br />

Giuseppe Fava


libertà<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

www.isiciliani.it<br />

SOTTOSCRIVI PER I SICILIANI GIOVANI<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

Cronache<br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani ­ rivista di politica, attualità e cultura<br />

fatta da: Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Antonio Roccuzzo,<br />

Giovanni Caruso, Margherita Ingoglia, Norma Ferrara, Michela<br />

Mancini, Sara Spartà, Francesco Feola, Luca Rossomando, Lorenzo<br />

Baldo, Aaron Pettinari. Salvo Ognibene, Beniamino Piscopo, Giulio<br />

Cavalli, Paolo Fior, Arnaldo Capezzuto, Pino Finocchiaro, Luciano<br />

Mirone, Rino Giacalone, Ester Castano, Antonio Mazzeo, Carmelo<br />

Catania, Giacomo Di Girolamo, Francesco Appari, Leandro Perrotta,<br />

Giulio Pitroso, Giorgio Ruta, Carlo Gubitosa, Mauro Biani, Kanjano,<br />

Luca Ferrara, Luca Salici, Jack Daniel, Anna Bucca, Grazia Bucca,<br />

Luciano Bruno, Antonello Oliva, Elio Camilleri, Fabio Vita, Diego<br />

Gutkowski, Giovanni Abbagnato, Pietro Orsatti, Roberto Rossi, Bruna<br />

Iacopino, Nerina Platania, Nadia Furnari, Riccardo De Gennaro, Fabio<br />

D'Urso, Sabina Longhitano, Salvo Vitale.<br />

www.isiciliani.it<br />

SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


dalla vita com'è<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

redazione@isiciliani.it<br />

Webmaster: Max Guglielmino. Net engineering: Carlo<br />

Gubitosa. Art director: Luca Salici. Coordinamento:<br />

Giovanni Caruso e Massimiliano Nicosia. Segreteria di<br />

redazione: Riccardo Orioles.<br />

Progetto grafico di Luca Salici<br />

Gli ebook<br />

dei <strong>Siciliani</strong><br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani sono stati fra i primissimi in Italia ad<br />

adottare le tecnologie Issuu, a usare tecniche di<br />

impaginazione alternative, a trasferire in rete e su Pdf i<br />

prodotti giornalistici tradizionali. Niente di strano,<br />

perché già trent'anni fa i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava<br />

furono fra i primi in Italia ad adottare ­ ad esempio ­ la<br />

fotocomposizione fin dal desk redazionale.<br />

Gli ebook dei <strong>Siciliani</strong> giovani, che affiancano il<br />

giornale, si collocano su questa strada ed affrontano<br />

con competenza e fiducia il nuovo mercato editoriale<br />

(tablet, smartphone, ecc.), che fra i primi in Italia hanno<br />

saputo individuare.<br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / Dir.responsabile Riccardo<br />

Orioles/ Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> giovani, via Cordai 47, Catania / 30 agosto 2012<br />

www.isiciliani.it


www.isiciliani.it<br />

Ai lettori 1984<br />

Caro lettore, sono in tanti, oggi, ad accusare la Sicilia<br />

di essere mafiosa: noi, che combattiamo la mafia in<br />

prima fila, diciamo invece che essa è una terra ricca di<br />

tradizioni, storia, civiltà e cultura, tiranneggiata dalla<br />

mafia ma non rassegnata ad essa. Questo, però,<br />

bisogna dimostrarlo con i fatti: è un preciso dovere di<br />

tutti noi siciliani, prima che di chiunque altro; di fronte<br />

ad esso noi non ci siamo tirati indietro.<br />

Se sei siciliano, ti chiediamo francamente di aiutarci,<br />

non con le parole ma coi fatti. Abbiamo bisogno di<br />

lettori, di abbonamenti, di solidarietà. Perciò ti<br />

abbiamo mandato questa lettera: tu sai che dietro di<br />

essa non ci sono oscure manovre e misteriosi centri di<br />

potere, ma semplicemente dei siciliani che lottano per<br />

la loro terra. Se non sei siciliano, siamo del tuo stesso<br />

Paese: la mafia, che oggi attacca noi, domani<br />

travolgerà anche te.<br />

Abbiamo bisogno di sostegno, le nostre sole forze non<br />

bastano. Perciò chiediamo la solidarietà di tutti i<br />

siciliani onesti e di tutti coloro che vogliono lottare<br />

insieme a loro. Se non l'avremo, andremo avanti lo<br />

stesso: ma sarà tutto più difficile.<br />

I <strong>Siciliani</strong><br />

Ai lettori 2012<br />

Quando abbiamo deciso di continuare il percorso,<br />

mai interrotto, dei <strong>Siciliani</strong>, pensavamo che questa<br />

avventura doveva essere di tutti voi. Voi che ci avete<br />

letto, approvato o criticato e che avete condiviso con<br />

noi un giornalismo di verità, un giornalismo giovane<br />

sulle orme di Giuseppe Fava.<br />

In questi primi otto mesi, altrettanti numeri dei<br />

<strong>Siciliani</strong> giovani sono usciti in rete e i risultati ci<br />

lasciano soddisfatti, al punto di decidere di uscire entro<br />

l'anno anche su carta e nel formato che fu<br />

originariamente dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Ci siamo inoltre costituiti in una associazione<br />

culturale "I <strong>Siciliani</strong> giovani", che accoglierà tutti i<br />

componenti delle varie redazioni e testate sparse da<br />

nord a sud, e chi vorrà affiancarli.<br />

Pensiamo che questo percorso collettivo vada<br />

sostenuto economicamente partendo dal basso,<br />

partendo da voi. Basterà contribuire con quello che<br />

potrete, utilizzando i mezzi che vi proporremo nel<br />

nostro sito.<br />

Tutto sarà trasparente e rendicontato, e per essere<br />

coerenti col nostro percorso abbiamo deciso di<br />

appoggiarci alla "Banca Etica Popolare", che con i suoi<br />

principi di economia equa e sostenibile ci garantisce<br />

trasparenza e legalità.<br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

Chi sostiene i <strong>Siciliani</strong><br />

Una pagina dei <strong>Siciliani</strong> del 1993<br />

Nel 1986, e di nuovo nel 1996, i <strong>Siciliani</strong><br />

dovettero chiudere per mancanza di<br />

pubblicità, nonostante il successo di<br />

pubblico e il buon andamento delle<br />

vendite. I redattori lavoravano gratis, ma<br />

gli imprenditori non sostennero in alcuna<br />

maniera il giornale che pure si batteva per liberare anche<br />

loro dalla stretta mafiosa.<br />

Non è una pagina onorevole, nella storia dell'imprenditoria<br />

siciliana.<br />

SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

In rete, e per le strade<br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani che cos'è<br />

I <strong>Siciliani</strong> giovani è un giornale, è un pezzo di storia,<br />

ma è anche diciotto testate di base ­ da Milano a<br />

Modica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, a<br />

Trapani, a Palermo ­ che hanno deciso di lavorare<br />

insieme per costituire una rete.<br />

Non solo inchieste e denunce, ma anche il racconto<br />

quotidiano di un Paese giovane, fatto da giovani, vissuto in<br />

prima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori dai<br />

palazzi. In rete, e per le strade.<br />

facciamo rete!<br />

www.isiciliani.it


I <strong>Siciliani</strong><br />

giovani<br />

www.isiciliani.it<br />

1982-2012<br />

"A che serve essere vivi, se non c'è<br />

il coraggio di lottare"<br />

SOTTOSCRIVI!<br />

Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica/ IBAN:<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Oppure:<br />

Conto corrente postale<br />

n. C/C 001008725614<br />

Associazione Culturale I <strong>Siciliani</strong> Giovani, via Cordai 47 Catania

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!