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I Siciliani - Libera Informazione

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“SUICIDATO” DA PROVENZANO<br />

www.isiciliani.it<br />

DOSSIER<br />

“SIGNOR GIUDICE, NON ARCHIVI<br />

LA MORTE DI ATTILIO MANCA!”<br />

Appello al Gip di Viterbo<br />

sul caso Attilio Manca, il<br />

giovane urologo ucciso<br />

misteriosamente in un<br />

contesto mafioso a Viterbo<br />

di Luciano Mirone<br />

Signor Giudice,<br />

Lei tra poco dovrà decidere se archiviare<br />

buona parte dell’indagine sulla misteriosa<br />

morte di Attilio Manca, l’urologo di Barcellona<br />

Pozzo di Gotto (Messina) trovato cadavere<br />

a Viterbo il 12 febbraio 2004. E siamo<br />

certi che deciderà secondo coscienza, anche<br />

perché Lei, in questi otto anni, più che respingere<br />

per ben tre volte la richiesta di archiviazione<br />

che la Procura di Viterbo Le ha<br />

inoltrato, onestamente non avrebbe potuto<br />

fare. Adesso siamo alla quarta richiesta: non<br />

di archiviazione del caso, ma di archiviazione<br />

della parola “mafia”, di legittimazione<br />

della parola “droga”, di legittimazione di un<br />

assunto molto discutibile portato avanti dalla<br />

Procura di Viterbo con una ostinazione degna<br />

di miglior causa: ovvero che Attilio<br />

Manca sia morto per eroina, malgrado la<br />

montagna di dubbi che sommerge questa<br />

tesi.<br />

In pratica la Procura Le chiede di archiviare<br />

la posizione dei quattro barcellonesi indagati<br />

(un paio dei quali invischiati a vario titolo<br />

con Cosa nostra) e di rinviare a giudizio<br />

una pusher romana che avrebbe fornito ad<br />

Attilio la dose mortale di eroina.<br />

Non sappiamo cosa succederà: se un’ulteriore<br />

ombra si addenserà su questa vicenda o<br />

se le indagini prenderanno direzioni diverse.<br />

Non vogliamo prevedere nulla.<br />

Il problema semmai è a monte, nell’indagine<br />

condotta dalla Procura laziale in modo<br />

così anomalo da considerare eufemismo perfino<br />

la parola “superficialità”.<br />

Mi permetto di invitarLa, Egregio Gip,<br />

qualora non lo avesse ancora fatto, a guardare<br />

(e soprattutto ad ascoltare) la conferenza<br />

stampa che il procuratore capo di Viterbo,<br />

Alberto Pazienti, e il sostituto procuratore<br />

Renzo Petroselli (titolare dell’inchiesta),<br />

hanno tenuto in occasione dell’ultima richiesta<br />

di archiviazione.<br />

Una conferenza-stampa molto istruttiva,<br />

perché dagli stessi magistrati viene confermato,<br />

seppure indirettamente, quanto questo<br />

caso sia viziato da carenze investigative gravi,<br />

specie se si tiene conto che da qualche<br />

tempo all’interno del Palazzo di giustizia di<br />

Palermo comincia a fare capolino l’idea che<br />

davvero la morte di Attilio Manca potrebbe<br />

essere collegata con l’intervento alla prostata<br />

che nel 2003 l’urologo siciliano avrebbe eseguito<br />

segretamente a Marsiglia al boss Bernardo<br />

Provenzano (celatosi per l’occasione<br />

col falso nome di Gaspare Troia), e alla successiva<br />

assistenza che il chirurgo avrebbe<br />

fornito nel Lazio (e forse non solo nel Lazio)<br />

allo stesso boss.<br />

Infatti ultimamente sta emergendo una circostanza<br />

clamorosa: che Bernardo Provenzano,<br />

dopo l’intervento a Marsiglia, abbia trascorso<br />

una parte del periodo post operatorio<br />

proprio nel viterbese, tra Bagnoregio e Civitella<br />

D’Agliano.<br />

Un’ipotesi che i magistrati della Procura<br />

laziale, in conferenza stampa, liquidano con<br />

una risata: “Tramontata l’ipotesi Marsiglia,<br />

esce fuori l’ipotesi del Lazio”.<br />

A parte il fatto che l’ipotesi Marsiglia non<br />

è mai tramontata, quella del Lazio è affiorata<br />

solo alcuni mesi fa. Le due ipotesi non si<br />

escludono, semmai si integrano.<br />

Certo, Egregio Gip, non ci sono prove che<br />

dimostrino che Attilio Manca abbia davvero<br />

operato Provenzano, ma Lei ci insegna che<br />

le prove non cadono dal cielo, vanno cercate<br />

con pazienza, partendo dagli elementi di cui<br />

si è in possesso.<br />

L’arresto di Cattafi<br />

Ora, Signor Gip, si dà il caso che nelle ultime<br />

settimane sia stato confermato (con un<br />

arresto clamoroso) ciò che la famiglia Manca<br />

e pochi altri antimafiosi siciliani ripetono<br />

da anni: che l’avvocato Rosario Cattafi, potentissimo<br />

boss di Barcellona Pozzo di Gotto,<br />

potrebbe avere avuto un ruolo di primo<br />

piano nelle stragi del ’92 (soprattutto in<br />

quella di Capaci, in cui persero la vita il giudice<br />

Giovanni Falcone, la moglie Francesca<br />

Morvillo e gli agenti della scorta), nella Trattativa<br />

fra Stato e mafia, nonché in alcune<br />

operazioni finanziarie che hanno visto come<br />

protagonista Cosa nostra.<br />

Sì, perché da tempo si ripete che Cattafi è<br />

il trait d’union fra i boss, i servizi segreti deviati,<br />

la politica affaristico-mafiosa e certi<br />

magistrati non proprio rispettosi dello Stato<br />

di diritto. Insomma un potente più potente<br />

degli stessi Riina e Provenzano.<br />

Potrebbe uscire assolto o condannato,<br />

l’avvocato Cattafi, ma una sentenza non<br />

cambierebbe di una virgola una verità ormai<br />

incontrovertibile: i suoi legami con quelle<br />

entità. Per caso è mai venuto in mente a<br />

qualcuno di codesta Procura di sapere per<br />

quale ragione due mafiosi del calibro di Nitto<br />

Santapaola e dello stesso Provenzano abbiano<br />

trascorso un pezzo della loro latitanza<br />

a Barcellona Pozzo di Gotto, o magari di sapere<br />

per quale ragione un altro super boss –<br />

Gerlando Alberti junior, sì, Signor Gip, quello<br />

che ha ammazzato la povera Graziella<br />

Campagna, una ragazzina di diciassette anni<br />

che ha avuto il torto di scoprire la vera identità<br />

di Alberti – sia stato tenuto nascosto per<br />

diverso tempo in quella zona, godendo delle<br />

incredibili protezioni di alti magistrati della<br />

Procura di Messina, che per decenni hanno<br />

insabbiato le indagini<br />

Ora, Egregio Gip, un fatto resta un fatto,<br />

ma tanti fatti diventano un contesto. E un delitto,<br />

perfino secondo un mediocre scrittore<br />

di libri gialli, va sempre inserito nel suo contesto.<br />

O no<br />

“Inoculazione volontaria”…<br />

nel braccio sbagliato<br />

Ma procediamo con ordine.<br />

Secondo il procuratore Pazienti e il sostituto<br />

Petroselli, Attilio Manca sarebbe morto<br />

per overdose di eroina mediante “inoculazione<br />

volontaria”, mischiata ad un quantitativo<br />

di alcol e di tranquillanti.<br />

“Inoculazione volontaria”, proprio così.<br />

Dov’è la prova della “volontarietà”<br />

dell’azione Non c’è. O meglio, non l’abbiamo<br />

vista.<br />

Anche perché c’è un problema grosso<br />

quanto una casa: il fatto che Attilio Manca la<br />

droga se la sarebbe “inoculata” nel braccio<br />

sbagliato, quello sinistro, dato che era un<br />

mancino puro. Orbene: dopo quasi un decennio,<br />

anche il “mancinismo puro” della vittima<br />

è stato messo in discussione dalla Procura<br />

di Viterbo, malgrado le tante conferme (di<br />

colleghi, di dipendenti dell’Asl, di amici, di<br />

familiari) dell’”uso esclusivo della mano sinistra<br />

da parte della vittima”.<br />

Ascolti in conferenza stampa cosa dicono<br />

il Procuratore e il Sostituto: siccome Attilio<br />

Manca era un chirurgo, doveva per forza sapere<br />

utilizzare entrambe le mani. Secondo<br />

quale principio scientifico<br />

E allora, Egregio Gip, consenta di ricostruire<br />

la scena della morte, sia perché è giusto<br />

partire dai fatti, sia perché coloro che<br />

leggono questa storia per la prima volta possano<br />

comprenderla bene.<br />

La scena della morte<br />

Attilio Manca – in quel periodo in servizio<br />

all’ospedale “Belcolle” di Viterbo – viene<br />

trovato cadavere sul letto del suo appartamento<br />

la mattina del 12 febbraio 2004 con<br />

due buchi al braccio sinistro e – secondo la<br />

famiglia – con il setto nasale deviato, il volto<br />

tumefatto, una serie di ecchimosi in tutto il<br />

corpo, e un testicolo gonfio. Sotto il letto<br />

una pozza di sangue.<br />

I <strong>Siciliani</strong>giovani<br />

– pag. 38

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