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SAPIENZA- UNIVERSITÀ DI ROMA
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA
DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA, RESTAURO E CONSERVAZIONE DEI BENI ARCHITETTONICI
NUOVA SERIE, FASCICOLI 55-56 / 2010-2011
GIORNATE DI STUDIO
IN ONORE DI CLAUDIO TIBERI
Roma, Facoltà di Architettura, 17-18 febbraio 2011
A CURA DI
FLAVIA CANTATORE
ANNAROSA CERUTTI FUSCO
PIERO CIMBOLLI SPAGNESI
BONSIGNORI EDITORE
2012

SAPIENZA- UNIVERSITÀ DI ROMA
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA
DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA, RESTAURO E CONSERVAZIONE DEI BENI ARCHITETTONICI
NUOVA SERIE, FASCICOLI 55-56 / 2010-2011
© Copyright 2012
Bonsignori Editore s.r.l.
viale dei Quattro Venti 47
00152 Roma
ISBN 978-88-7597-388-9
ISSN 0485-4152
Direttore Francesco Paolo Fiore (responsabile)
Consiglio scientifico Giovanni Carbonara, Alessandro Spiridione Curuni, Paolo Fancelli, Donatella Fiorani, Francesco Paolo Fiore,
Antonella Greco, Giorgio Muratore, Augusto Roca De Amicis, Paolo Rocchi, Maria Piera Sette, Alessandro Viscogliosi.
Comitato direttivo Lia Barelli, Clementina Barucci, Calogero Bellanca, Simona Benedetti, Maurizio Caperna, Giovanni Carbonara,
Tancredi Carunchio, Annarosa Cerutti, Piero Cimbolli Spagnesi, Alessandro Spiridione Curuni, Fabrizio De Cesaris,
Daniela Esposito, Paolo Fancelli, Donatella Fiorani, Francesco Paolo Fiore, Daniela Fonti, Giorgio Muratore,
Giancarlo Palmerio, Augusto Roca De Amicis, Paolo Rocchi, Maria Piera Sette, Alessandro Viscogliosi, Paola Zampa.
Redazione Flavia Cantatore (coordinatore)
Ogni contributo viene sottoposto ad almeno due revisori scelti fra i membri del Dipartimento in base alle loro specifiche competenze
nel settore della Storia e Restauro dell’architettura; tali pareri sono integrati da pareri di studiosi italiani e stranieri esperti nei temi
affrontati.
Grafica e impaginazione Roberto steve Gobesso
Traduzione in inglese Erika G. Young
Corrispondenza e norme editoriali Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura
Piazza Borghese 9 - 00186 Roma - tel. 06.49918825 - fax 06.6878169 - web w3.uniroma1.it/storiarch
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 131/87 del 06/03/1987
SOMMARIO
Francesco Paolo Fiore
PRESENTAZIONE
Piero Cimbolli Spagnesi
ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI DI CLAUDIO TIBERI
I. LA STORIA DELL’ARCHITETTURA
Piero Cimbolli Spagnesi
TRA GRECIA E ITALIA:
CLAUDIO TIBERI STORICO DELL’ARCHITETTURA
Dieter Mertens
SIRACUSA. LE MURA DIONIGIANE E LA CITTÀ
Stefano Borghini
. UN’INTERPRETAZIONE
DELLE COSIDDETTE “CORREZIONI OTTICHE”
ALLA LUCE DEL PENSIERO ESTETICO DEL V SECOLO A.C.
Riccardo Migliari - Graziano Mario Valenti
IL COLOSSEO E LE RAGIONI
DI UNA TEORIA DEL RILIEVO ARCHITETTONICO
Flavia Cantatore
PONTE ELIO - SANT’ANGELO
NOTE TRA ARCHEOLOGIA E STORIA DELL’ARCHITETTURA
PAG
5
7
9
19
27
39
49
Vittorio Franchetti Pardo
IL DUOMO DI ORVIETO ANALIZZATO IUXTA SUA PROPRIA PRINCIPIA.
PROBLEMI APERTI
RELATIVAMENTE ALLE PRIME FASI DEL CANTIERE
Luca Creti
OSSERVAZIONI SULL’ARCHITETTURA RELIGIOSA
A ROMA E NEL LAZIO NEI SECOLI XII E XIII
Annarosa Cerutti Fusco
«UBI NUNC EST DOMUS SABELLORUM
FUIT OLIM THEATRUM MARCELLI»: IL COLISEO DE’ SAVELLI
DA DOMUS MUNITA A PALATIUM COLUMNATUM
AL TEMPO DI BALDASSARRE E SALVESTRO PERUZZI
Federico Bellini
AUTOGRAFIA MICHELANGIOLESCA DEGLI ATTICI DI SAN PIETRO
Roberta M. Dal Mas
ORAZIO TORRIANI E L’INTERVENTO
SULLE PREESISTENZE IN ALCUNE CHIESE ROMANE
Marco Spesso
PER UNA LETTURA DEI GIARDINI DI VRIJBURG A RECIFE
NELLA CHIAVE DELL’UMANESIMO CRISTOLOGICO
Antonella Romano
PROPRIETÀ ERMENEUTICHE DELLE TECNICHE COSTRUTTIVE
E RICERCA STORICO ARCHITETTONICA
II. IL RESTAURO ARCHITETTONICO
Giovanni Carbonara
IL PENSIERO DI CLAUDIO TIBERI SUL RESTAURO
81
91
101
111
121
133
143
153
Il presente fascicolo è stampato con il parziale contributo di SAPIENZA - UNIVERSITÀ DI ROMA
Informazioni su abbonamenti e distribuzione:
Bonsignori Editore, viale dei Quattro Venti 47, 00152 Roma - tel. 06.5882839 - fax 06.5881496
Finito di stampare nel mese di ottobre 2012 dalla Ermes Servizi Editoriali Integrati Srl, via Quarto Negroni 15 - Ariccia
Gianluigi Ciotta
VERSO L’ELABORAZIONE DELLO SPAZIO D’ESPERIENZA
NELL’ARCHITETTURA MEDIEVALE RELIGIOSA EUROPEA
(SECOLI VIII-XI)
Lia Barelli
I QUADRIPORTICI NELL’ARCHITETTURA RELIGIOSA
DELLA ROMA CAROLINGIA (SECOLI VIII E IX)
59
71
Paolo Fancelli
IL RESTAURO E LE VARIE ARTI
Maria Grazia Ercolino
ROBERTO LONGHI: IDEE SUL RESTAURO
RIASSUNTI / ABSTRACT
159
165
172

Fig. 1 - Ponte Sant’Angelo (foto dell’autore).
PONTE ELIO - SANT’ANGELO.
NOTE TRA ARCHEOLOGIA
E STORIA DELL’ARCHITETTURA
di FLAVIA CANTATORE
L’ubicazione e l’architettura di ponte
Sant’Angelo, espressione non solo di una
valenza funzionale ma anche di un crescente
valore simbolico legato alla destinazione
cerimoniale, testimoniano ancora oggi la
straordinaria continuità d’uso del monumento
nei secoli e, di conseguenza, il progressivo
cambiamento della sua conformazione
attraverso interventi più o meno incisivi,
fino alle grandi opere del XIX secolo.
Tali lavori hanno costituito una fase particolarmente
significativa nella storia del
manufatto perché hanno permesso di conoscere
e di studiare l’assetto originario
(con otto arcate, di cui cinque minori per il
regime di piena) e le aggiunte rinascimentali,
però hanno anche portato all’eliminazione
delle due testate e alla disposizione
dell’immagine attuale, simmetrica, con cinque
archi (figg. 1, 11).
Edificato sotto la direzione di Demetriano
fra il 121 e il 134 d.C., il ponte ricevette
la prima denominazione di Elio dal
gentilizio dell’imperatore Adriano il quale
lo commissionò prima del proprio mausoleo
dinastico contiguo (139 d.C.) 1 . Se già
in età classica non costituiva l’unico attraversamento
del fiume, il ponte però permetteva
il collegamento specificamente fra
la città e un edificio, il sepolcro imperiale
(figg. 2, 3). Tra i due monumenti vi è stata
sempre una strettissima relazione anche di
tipo strutturale, come hanno rivelato le articolate
connessioni delle fondazioni emerse
durante la costruzione dei muraglioni
del Tevere (fig. 4). Insieme infatti sono stati
rappresentati tradizionalmente nelle medaglie
eccetto nelle prime, coniate per lo
stesso Adriano, nelle quali il ponte campeggia
da solo, con tre arcate maggiori al
centro e quattro minori, simmetricamente
ripartite ai lati, sotto le spallette discendenti
2 ; la sezione centrale è ulteriormente sottolineata
da una grandiosa decorazione
scultorea ad otto colonne, quattro per ciascun
lato, che innalzano su basamenti altrettante
statue (fig. 5).
Realizzata inizialmente come percorso
per i cortei funebri l’opera divenne in epoca
medievale, soprattutto dopo la rovina
del vicino ponte Neroniano, il passaggio
obbligato dei pellegrini diretti a San Pietro
e la via di comunicazione fondamentale fra
la città e il Borgo pontificio, della cui difesa
era parte integrante insieme alla Mole
Adriana, trasformata in fortezza 3 (fig. 6).
Munito di tre torri e protetto dalla statua
dell’arcangelo Michele 4 con la spada sguainata
a difesa ideale della città curiale, sacra,
dalla città municipale, laica, è delineato
nella pianta di Roma affrescata da Taddeo
di Bartolo (fig. 7) nel palazzo Pubblico
di Siena (1413-1414). Nelle vedute quat -
trocentesche appare progressivamente
crescente il rilievo assegnato alla basilica di
San Pietro, al palazzo e al Borgo (fig. 8), soprattutto
a partire dagli ultimi venti anni
del secolo con l’affermarsi di un nuovo tipo
di raffigurazione della città vista da est 5 .
Le immagini restituiscono quella centralità
spaziale ed emblematica che il papato
individuò, a partire dal XV secolo, nella basilica
di San Pietro e nella adiacente nuova
stabile dimora ufficiale, in precedenza
presso la basilica di San Giovanni, nel palazzo
Lateranense compreso nella celebre
falsa Donazione di Costantino a papa Silvestro
I 6 . Altrettanto importante l’arrivo
del ponte sulla riva sinistra dove, dalla
piazza di San Celso e dalla strada dei Banchi
(o Canale di Ponte), si diramavano le
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 55-56/2010-2011
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Fig. 2 - Il settore occidentale del Campo Marzio con la zona di ponte Sant’Angelo
nella Forma Urbis Romae di Rodolfo Lanciani, 1893-1901.
Fig. 3 - Il settore occidentale del Campo Marzio nell’età antica
secondo la ricostruzione di La Rocca, da E. La Rocca, La riva a mezzaluna. Culti, agoni,
monumenti funerari presso il Tevere nel Campo Marzio occidentale, Roma 1984.
tre dorsali della Roma medievale (figg. 6, 9)
che, riutilizzando in parte tracciati romani,
solcavano il tessuto urbano dell’ansa
del Tevere: la via Recta, la via Papalis, la via
Mercatoria 7 .
Al mutare dunque degli equilibri politici,
sociali e urbani il ponte Sant’Angelo non
diminuì d’importanza 8 . Nel primo Rinascimento
sono stati condotti lavori notevoli,
fra i quali quelli per la sua fortificazione lo
hanno maggiormente integrato al contiguo
castello.
A Niccolò V è dovuto, nel 1451, il primo
intervento massiccio, in seguito al noto incidente
che si verificò sull’unico attraversamento
del fiume dall’area centrale verso
San Pietro in occasione del giubileo del
1450, quando il sovraffollamento di uomini
e di animali causò il crollo dei parapetti
e numerosi casi di morte 9 : la ristrutturazione
dei tre grandi archi centrali, l’edificazione
di due cappelle 10 votive all’ingresso del
ponte dalla parte del Campo Marzio (dove
fu ampliata l’esistente piazza di San Celso
11 ) e, verso Castel Sant’Angelo, di due
torri quadrangolari i cui basamenti ostruivano
i due archi minori, ostacolando il corso
del fiume.
Alessandro VI a partire dal 1493 realizzò
davanti agli archi chiusi ambienti ad uso
residenziale e di rappresentanza con giardino
pensile e sostituì alle due torri un unico
torrione circolare, come un rivellino a
protezione avanzata della fortezza in asse
con il ponte 12 . Riferimento iconografico
per questo pontificato sono due medaglie
(fig. 10) che raffigurano il ponte e le strutture
difensive con alcune differenze e sono
state perciò riferite alla fase iniziale (risalente
con ogni probabilità all’intervento niccolino)
e a quella finale dei lavori 13 .
Clemente VII fece demolire le cappelle
quattrocentesche danneggiate durante il
Sacco del 1527 e pose in loro vece le statue
di San Pietro (di Lorenzo Lotti) e di San
Paolo (di Paolo Romano), mentre a Clemente
VIII (1592-1605) è dovuto il ripristino
dei parapetti 14 .
Nel 1628 Giulio Buratti, ingegnere militare
di Urbano VIII, demolì le strutture
volute da Alessandro VI liberando così le
arcate minori di destra. L’ultima di queste
fu di nuovo ostruita da terra di riporto per
la realizzazione dei pilastri, a gradoni come
i preesistenti, che Bernini predispose per i
primi due angeli verso il castello 15 . Il progetto
di Bernini (1667-1669), comprendente
anche gli eleganti parapetti con grate metalliche,
si estendeva al riassetto delle sponde
del Tevere, fino ad allora rimaste allo stato
provvisorio. Questo anche perché la curva
dell’alveo del fiume favoriva, allora
quanto oggi, il deposito di abbondanti detriti
lungo le sponda di Castel Sant’Angelo
ostruendo gli archi minori, così come sul lato
opposto i fornici erano occlusi dalle sostruzioni
della piazza di Ponte. Davanti alla
fortezza fu costruito l’argine, si sostituì la
passerella di accesso e si ampliò la strada,
mentre la piazza di Ponte fu sgomberata
dagli edifici di golena e dai banchi di mercato
e, anche su questo lato, fu prolungato
il parapetto traforato del ponte 16 .
Non si conoscono altri lavori fino a quelli
promossi da Benedetto XIII (1724) per la
riparazione delle pile estreme; di minore
entità furono i restauri eseguiti da Pio VI
nel 1792 e da Leone XII e Gregorio XVI
nella prima metà dell’Ottocento.
L’importanza simbolica e culturale assunta
dall’antico percorso rispetto al tracciato
viario cittadino spiega il valore del
contributo che ponte Sant’Angelo, esempio
da sempre di vivo e indiscusso interesse,
ha dato all’evoluzione del tipo da semplice
elemento di collegamento a protagonista
della scena urbana. Leon Battista Alberti,
il quale nel De re aedificatoria affronta
il tema dei ponti in modo puntuale, ricorda
che è «quello più splendido di Roma, il
ponte di Adriano, opera invero memorabile,
tanto che perfino le sue spoglie mortali –
Fig. 4 - Schema ricostruttivo della struttura originaria del ponte Elio,
da G. Ioppolo, Ponte Elio, cit.
Fig. 5 - Medaglioni dell’imperatore Adriano con il ponte Elio,
da D. Velestino, Mausoleo di Adriano e ponte Elio, cit.
se così posso esprimermi – hanno suscitato
in me un senso di riverenza. Lo sormontava
un tetto poggiante su quarantadue colonne
di marmo, costituito di travature, rivestito
di rame e magnificamente ornato»
17 . Vasari affermò di possedere un disegno
di Alberti in cui compariva questa copertura
18 , mentre Filarete e Palladio ritennero
che essa fosse parte integrante del
ponte nel suo stato originario 19 . Ulteriore
segno d’interesse, forse più importante dei
giudizi estetici, sono le considerazioni tecniche
di Alberti e di Filarete, rispettivamente
sui danni causati ai piloni dalla corrente
del fiume e sulle dimensioni del manufatto
20 .
Lo stesso tipo di attenzione caratterizza
le osservazioni svolte da Valadier nel trattato
21 . Il fatto che queste fossero sostenute
dalla conoscenza diretta del ponte è attestato
da una perizia del 1805 22 . Se da un lato
il documento descrive piuttosto sinteticamente
lo stato di conservazione e certo
non affronta il problema di un consolidamento
strutturale o di un restauro vero e
proprio del ponte, dall’altro il suo interesse
è nella testimonianza di un atteggiamento
culturale che, diversamente da quello
odierno, ritiene fondamentale una periodica
ed attenta manutenzione 23 . Si deve
considerare infatti che l’importanza, il costo
e la destinazione utilitaria del manufatto
imponeva, secondo la prassi usuale, periodici
controlli e la puntuale sostituzione
degli elementi deteriorati 24 .
Nel caso in esame Valadier afferma che
il «second’arco di peperino, ho rinvenuto
trovarsi assai corroso, scoprendo in alcuni
luoghi il masso ch’è sotto il selciato del
Ponte, la qual corrosione caggionar potrebbe
una irreparabile rovina, per evitare
questa e per assicurare il medesimo arco,
sarà necessario, necessarissimo farvi un sottarco
di mattoni grossi (come si osserva che
hanno pratticato negl’altri archi contigui)
ben incassati nei peperini; con tal mezzo sarà
assicurato il medesimo, e si renderà stabile
nel tempo avvenire. Nel primo, secondo,
e terzo pilone, precisamente verso la
corrente, si trovano mancanti nell’imposta
degl’archi, al pelo delle acque magre molti
pezzi di travertino, quali formano l’imposta
alli detti archi. Nell’altri piloni contigui
si scorgono delle gran masse di travertino
ove mancano molte spranche, e perni di
ferro, dimodoché trovansi scollegate, e minaccianti
staccarsi dal masso; per evitare
questo staccamento, sono necessarie le
spranche, e perni di ferro, per così assicurare
le medesime, e renderle sicure. Nelli
due tagliacqua poi verso Castel Sant’Angelo,
vi sono vari pezzi di travertino mancanti,
e corrosi, onde sarà d’uopo porvi i pezzi
nuovi in luogo di essi, e dei mancanti. [...]
Con li surrescritti lavori si renderà sicuro il
medesimo Ponte, e saranno allontanati
50 Flavia Cantatore . PONTE ELIO - SANT’ANGELO. NOTE TRA ARCHEOLOGIA E STORIA DELL’ARCHITETTURA
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 55-56/2010-2011
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Fig. 6 - I percorsi nel Campo Marzio
secondo l’Itinerario di Einsiedeln
nella ricostruzione di Rodolfo Lanciani, 1891,
da A.P. Frutaz, Le piante di Roma, Roma 1962.
Fig. 7 - Taddeo di Bartolo, Pianta di Roma,
1413-1414, Siena, palazzo Pubblico.
Fig. 8 - Michael Wolgemut e Wilhelm Pleydenwurff, Veduta di Roma, da Hartmann Schedel, Liber Chronicarum, Norimberga 1493.
Fig. 9 - Roma alla fine del XV secolo nella ricostruzione di Torgil Magnuson,
da T. Magnuson, Studies in Roman Quattrocento Architecture, Stockholm 1958.
danni assai maggiori, che progressivamente
vanno ad aumentarsi» 25 .
Ancora oggi il ponte Sant’Angelo costituisce
una cerniera monumentale del tessuto
viario di grande valore, ma il suo stato di
conservazione rivela una pressoché totale
assenza di manutenzione. Lo stesso si nota
purtroppo in molti altri casi analoghi, essendo
oggi generalmente disconosciuti il
concetto e l’efficacia di opere periodiche di
piccola entità, la cui mancanza rende poi
inevitabile il ricorso ad interventi di tutela
che si configurano come veri e propri restauri.
Cure costanti assicurerebbero invece,
secondo quanto raccomandato anche
da Valadier, la corretta conservazione del
monumento e, evitando il ricorso ad operazioni
più impegnative, anche il contenimento
dei costi.
In particolare, appaiono urgenti il diserbamento
e la ripulitura dei prospetti nonché
il ripristino dei blocchi lapidei deteriorati
e sconnessi, soprattutto nei frangiacque
26 . Un’attenta opera di salvaguardia è
oggi improrogabile per la conservazione
del valore del monumento. In tal senso le
cure manutentive (basate sulla conoscenza
dei materiali e delle tecnologie tradizionali
fornita dalla documentazione ottocentesca
e dai più recenti restauri) conservando tracce
significanti del palinsesto, consentirebbero
di ritornare a colloquiare con il nostro
passato. Altrettanto opportuna per il recupero
edilizio del manufatto sarebbe inoltre
la cura dell’alveo e delle sponde del Tevere,
non solo per esigenze igieniche e di corretto
deflusso delle acque ma anche per rendere
agibili e fruibili le banchine esistenti.
È perciò necessario procedere al riordino
delle scale di approdo e alla rimozione dei
cumuli di detriti che, addossati alle banchine,
impediscono al fiume di scorrere attraverso
le due arcate laterali ottocentesche, limitando
l’uso del manufatto, come già in
passato, ai tre fornici centrali (fig. 1).
Dalla perizia di Valadier si apprende anche
la recente riapertura del «primo arco
prossimo alla Mole Adriana» e, di conseguenza,
che l’estensione del ponte era di
sei archi. Nel trattato 27 l’architetto riferisce
i dati dimensionali delle sei luci (ossia
delle tre grandi centrali e delle tre più piccole
laterali, rispettivamente due verso la
sponda destra e una verso quella sinistra),
ma accenna anche ai sette archi di cui, secondo
una comune opinione 28 , si componeva
il manufatto romano. La perizia costituisce
dunque una testimonianza della
fase in cui il monumento, nonostante le
modifiche subite, conserva ancora complessivamente
la struttura adrianea. Valadier
si sofferma sull’unico tratto del ponte
romano a noi giunto; confrontando queste
osservazioni con quelle del trattato emerge
la differenza di ampiezza esistente fra la
costruzione originaria e la parte di essa effettivamente
visibile che troverà una definitiva
chiarificazione alla fine del secolo.
Solo nel 1892 infatti, nel corso degli scavi
per la realizzazione dei muraglioni del Tevere,
del collettore ordinario alla sponda
sinistra e della trasformazione del ponte
Sant’Angelo allo scopo di risolvere il problema
delle inondazioni 29 , si scoprì che le
arcate minori di sinistra non erano due, come
si credeva, ma tre (figg. 11, 12).
I lavori, avendo comportato il taglio e la
sezione delle varie parti del ponte, hanno reso
noti molti altri dati, sia dal punto di vista
tecnico sia storico-archeologico 30 . Dati tanto
più preziosi se si considera che le modifiche
apportate al manufatto hanno cancellato
per sempre parte della struttura adrianea
(ossia le arcate medie e piccole conservando
solo le tre grandi centrali che di conseguenza
subirono la deformazione dell’im-
Fig. 10
Medaglie bronzee
di Alessandro VI,
da D. Velestino,
Mausoleo di Adriano e ponte Elio, cit.
52 Flavia Cantatore . PONTE ELIO - SANT’ANGELO. NOTE TRA ARCHEOLOGIA E STORIA DELL’ARCHITETTURA
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 55-56/2010-2011
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Fig. 11 - Ricostruzione del prospetto a monte del ponte Sant’Angelo, da R. Lanciani, Recenti scoperte, cit.
pianto statico e della struttura fondale) per
produrre l’immagine attuale con lo sviluppo
simmetrico in cinque arcate quasi uguali
traversanti un alveo unico, un canale profondo
chiuso da scarpate leggermente divergenti
superiormente. Gli otto fornici originari
erano stati invece studiati per un alveo
a sezione tripla (la prima di magra, la seconda
per le piene ordinarie e la terza per
quelle straordinarie) che assicurava un regime
di scolo razionale ad un fiume soggetto
a grandi differenze di livello fra magra e piena
e costituiva un rapporto di continuità visiva
fra il Tevere e la città 31 .
Il prospetto era interamente in travertino
32 . I blocchi erano uniti fra loro orizzontalmente
con grappe di ferro, verticalmente
con perni a forma di piramide quadrangolare
fissati con piombo fuso dopo la posa
in opera. Negli archi minori (fig. 13) erano
visibili le ghiere originali 33 , composte da
semplici conci di travertino come in altri
ponti romani (Milvio, Fabricio, Emilio).
Sopra le arcate minori, il piano di calpestio
del ponte era costituito da due rampe,
quella di sinistra di m 30, quella di destra
di m 22, con una pendenza del 15% circa,
mantenendosi invece perfettamente orizzontale
in corrispondenza dei tre grandi archi
centrali.
La larghezza complessiva del manufatto
risultò di m 10,95, ripartita in m 3,10 per
ciascuno dei marciapiedi e m 4,75 per la
carreggiata. Per i marciapiedi erano stati
impiegati massi di travertino. I più esterni,
con il loro aggetto, formavano un fascione
decorativo sulla fronte del ponte; erano
congiunti da robuste grappe di ferro a coda
di rondine e recavano i fori per i perni di
fissaggio dei parapetti, costituiti da lastre di
travertino alternate con pilastrini a sezione
quadrata. I massi interni erano semplicemente
aderenti fra loro e formavano il gradino
dal quale si accedeva al piano carrabile.
Il lastricato della carreggiata era formato
con poligoni di lava basaltica. A questo
ne fu sovrapposto un altro in epoca medievale
e successivamente un altro ancora,
molto probabilmente resosi necessario per
l’innalzamento del piano stradale, ottenuto
con la soppressione della rampa fino al
terzo archetto, in seguito alla creazione della
piazza voluta da Niccolò V 34 .
Verso la Mole Adriana il ponte antico
aveva circa la stessa estensione riscontrata
prima dei lavori di ampliamento, coincidendo
quasi la testata originale con il fornice
minore demolito per la costruzione della
nuova arcata di destra. Lo stato di questa
rampa, costituente sempre parte integrante
del ponte, era meno buono di quello della
rampa di sinistra, rimasta sepolta per alcuni
secoli, e la costruzione adrianea presentava
tracce di grande consumo e di modifiche
successive. I marciapiedi formavano
una curva all’ingresso del ponte, accennando
a continuare lungo la strada parallela
al Tevere. Alla testata, terminante con
due pilastrini a sezione rettangolare, destinati
forse a sostenere statue, faceva capo un
muro di sponda a scarpa, esternamente in
opus reticolatum di tufo, munito di banchina
alla base. A questa superficie inclinata si
connettevano una serie di muri paralleli, ad
intervalli di circa tre metri, realizzati a sacco,
di pezzi di tufo, sui quali poggiavano
volte a botte: rimasta ignota la loro effettiva
estensione, fu constatato che si inoltravano
verso il basamento quadrato del mausoleo,
forse per sorreggerne la spinta 35 .
Di notevole interesse fu anche il ritrovamento
dei casseri usati per le fondazioni 36 .
Essi presentavano due ordini di paratie di
grossi travi squadrati, di quercia alla sponda
sinistra e di larice alla sponda destra,
contenuti da correnti orizzontali di abete e
ricoperti da strisce di piombo nelle commessure.
Una terza paratia, esterna alle prime
due, aveva travi e correnti di abete. All’interno
del cassero, cinque metri sotto il
livello di magra, si rinvenne una muratura
di fondazione a strati di blocchi di travertino,
di peperino e di calcestruzzo di selce.
Lo scavo rivelò anche la presenza fra le paratie
di calcestruzzo di tufo fino a quattro
metri sotto il livello di magra; oltre si trovava
una sorta di marna prodottasi nel tempo,
formata da calce idraulica e fanghiglia.
Inoltre, una trivellazione eseguita in
profondità sotto la prima grande arcata di
destra evidenziò l’assenza di collegamenti
murari fra i piloni contrariamente a quan-
Fig. 12 - Prospetti a monte del ponte Sant’Angelo nello stato antecedente i lavori del 1892
e in quello ancora oggi visibile, studio delle antiche fondazioni, sezioni trasversali e particolari architettonici,
impianto per il sollevamento e lo spostamento delle statue,
verifica di stabilità dell'arcata e armatura della stessa, da A. Polidori, I lavori di sistemazione del ponte Elio, cit.
to illustrato da Piranesi in una incisione
della raccolta Le Antichità romane 37 che,
come afferma Valadier, è la rappresentazione
di «un vero sogno da riderci, mostrando
però un grande talento, ed un animo anteconomico
38 ».
Agli interventi di fine Ottocento si deve
dunque la conoscenza completa del manufatto
e la sua facies attuale. In essa sopravvivono
i tre archi maggiori originari, nei
quali peraltro si distinguono, come si è detto,
gli apporti risalenti alla ricostruzione
promossa da Niccolò V e quelli berniniani
dei parapetti e delle statue. Questa parte
mediana superstite si inserisce fra le due
nuove arcate di testata (fig. 14) che hanno
ordinato l’organismo, inizialmente asim-
metrico, in modo armonico rispetto all’asse
centrale.
L’alterazione subita dal ponte non è stata
certamente minore di quella che ha segnato
il suo rapporto con il fiume e la città.
La costruzione dei muraglioni del Tevere
infatti ha prodotto la modifica della sezione
dell’alveo: il fiume, costretto fra due pareti
di pietra, ha perso così le sue sponde
che lo collegavano visivamente, in un continuum
naturale, all’abitato.
In tal modo, da ciascuno dei tre luoghi
di osservazione (ponte, fiume, intorno urbano)
è venuta meno la percezione unitaria
dell’insieme. Dalle banchine infatti è
possibile avere ora solo una visione limitatissima
dell’edificato circostante. Analogamente
dai lungotevere le spallette piene,
sostituite a quelle con grate metalliche, impediscono
la vista immediata del fiume.
Dal ponte infine, destinato ormai esclusivamente
al traffico pedonale, la scomparsa
dell’originario andamento a schiena
d’asino dei parapetti ha diminuito in modo
considerevole la vista verso il Vaticano.
Nonostante tutto ciò, le nuove sembianze
assunte in seguito ai lavori ottocenteschi
testimoniano anche l’immutata importanza
del nostro percorso che, per questo,
partecipa al processo di grande cambiamento
che caratterizza contemporaneamente,
e fino ai primi decenni del secolo
successivo, l’ambiente urbano limitrofo:
basti solo pensare all’apertura dei lungotevere,
di corso Vittorio Emanuele II e di via
della Conciliazione.
54 Flavia Cantatore . PONTE ELIO - SANT’ANGELO. NOTE TRA ARCHEOLOGIA E STORIA DELL’ARCHITETTURA
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 55-56/2010-2011
55

NOTE
A FRONTE Fig. 13 - Piante, prospetti, sezioni trasversali e particolare di un parapetto
delle antiche rampe del ponte Sant’Angelo nello stato antecedente i lavori del 1892,
da A. Polidori, I lavori di sistemazione del ponte Elio, cit.
Fig. 14 - Ponte Sant’Angelo, particolare della prima arcata dal lato di Castello (foto dell’autore).
1. Sul ponte Sant’Angelo si veda in generale V.
GALLIAZZO, I ponti romani, vol. II, Treviso 1995,
pp. 15-17, con bibliografia.
2. Ampio dibattito si è sviluppato intorno all’autenticità
di questi medaglioni, fra l’altro indicando
nelle sette arcate piuttosto che otto un possibile
indizio di falsità poiché uno degli archi è stato
occultato in epoca successiva. Appare tuttavia
più probabile, anche in accordo con quanto affermato
sul piano numismatico, che la rappresentazione
sia stata semplificata ricorrendo ad una soluzione
simmetrica, D. VELESTINO, Mausoleo di
Adriano e ponte Elio dalle emissioni adrianee alle
medaglie, in «Bollettino dei musei comunali di Roma»,
n.s., XII, 1998 [1999], pp. 5-25.
3. Nel Medioevo la denominazione mutò in
pons Sancti Petri, per la limitrofa porta Sancti Petri
che immetteva al portico conducente alla basilica
Vaticana, e pons Sancti Angeli, per l’arcangelo Michele
apparso a san Gregorio Magno sulla sommità
della Mole Adriana alla fine della pestilenza che
aveva colpito Roma nel 590, Rione V - Ponte, a cura
di C. Pietrangeli, Roma 1981, vol. III, p. 18;
M.G. TOLOMEO SPERANZA, Cenni storici, in La via
degli angeli. Il restauro della decorazione scultorea
di Ponte Sant’Angelo, a cura di L. Cardilli Alloisi,
M.G. Tolomeo Speranza, Roma 1988, p. 23.
4.G. SIMONCINI, Topografia e urbanistica da Bonifacio
IX ad Alessandro VI, in Roma. Le trasformazioni
urbane nel Quattrocento, a cura di G. Simoncini,
vol. I, Firenze 2004, p. 20. Sulla statua
dell’arcangelo Michele si veda C.W. WESTFALL,
L’invenzione della città. La strategia urbana di Nicolò
V e Alberti nella Roma del ‘400, con una introduzione
di M. Tafuri, Roma1984, pp. 190-193;
M. MERCALLI, L’Angelo di Castello: la sua iconografia,
il suo significato, in L’angelo e la città, a cura
di B. Contardi, Roma 1987, pp. 110-112.
5.F. CANTATORE, Piante e vedute di Roma, in La
Roma di Leon Battista Alberti. Umanisti, architetti
e artisti alla scoperta dell’antico nelle città del
Quattrocento, a cura di F.P. Fiore, A. Nesselrath,
Milano 2005, pp. 166-175, e bibliografia citata.
6. R. KRAUTHEIMER, Tre capitali cristiane. Topografia
e politica, Torino 1987, pp. 9-59; I. HER-
KLOTZ, «Sepulcra» e «monumenta» del Medioevo.
Studi sull’arte sepolcrale in Italia, Roma 1985, pp.
91-95.
7.G. SIMONCINI, Topografia e urbanistica da Bonifacio
IX ad Alessandro VI, cit., pp. 28-38.
8. A. MODIGLIANI, Mercati, botteghe e spazi di
commercio a Roma tra medioevo ed età moderna,
Roma 1998, pp. 8-10.
9. E. MÜNTZ, Les arts à la cour des papes pendant
le XV e et le XVI e siècle, 3 voll., Paris 1878-
1882, vol. I, 1878 pp. 151-154; G. SIMONCINI, Topografia
e urbanistica da Bonifacio IX ad Alessandro
VI, cit., pp. 117-120, 135. L’incidente del 1450
è descritto da diverse fonti, si veda IANNOTII MA-
NETTI De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis,
edizione critica e traduzione a cura di A. Modigliani,
Roma 2005, p. 50 e nota 27 (libro II, paragrafo
12); C. D’ONOFRIO, Il Tevere. L’Isola tiberina,
le inondazioni, i molini, i porti, le rive, i muraglioni,
i ponti di Roma, Roma 1980, pp. 234-236.
10. P. DAVIES, The tempietti on the Ponte Sant’Angelo
and the Renaissance of architecthre in Rome,
in Ashes to ashes. Art in Rome between humanism
and maniera, a cura di R. Eriksen, V. P. Tschudi,
Roma 2006, pp. 11-40, con bibliografia.
11.H. GÜNTHER, La regione davanti ponte Sant’Angelo
a Roma: lo sviluppo urbano e le trasformazioni
successive, in Architettura: processualità e trasformazione,
Atti del convegno internazionale di
studi (Roma, 24-27 novembre 1999), a cura di M.
Caperna, G. Spagnesi, in «Quaderni dell’Istituto
di Storia dell’Architettura», n.s., 34-39, 1999-
2000, pp. 299-306, con bibliografia.
12. G. SIMONCINI, Topografia e urbanistica da
Bonifacio IX ad Alessandro VI, cit., pp. 224, 236.
13. D. VELESTINO, Mausoleo di Adriano e ponte
Elio, cit., pp. 13-15.
14. G. SIMONCINI, Topografia e urbanistica da
Giulio II a Clemente VIII, in Roma. Le trasformazioni
urbane nel Cinquecento, a cura di G. Simoncini,
vol. I, Firenze 2008, pp. 91, 415.
15. M.G. TOLOMEO SPERANZA, Cenni storici,
cit., pp. 31-34, anche per l’indicazione di un precedente
della decorazione berniniana ravvisabile
nelle otto statue realizzate da Raffaello da Montelupo
su commissione di Paolo III nel 1536, in occasione
dell’arrivo a Roma di Carlo V.
16. M.G. D’AMELIO, La magnificenza del ponte.
Funzione e rappresentazione nel ponte Sant’Angelo
a Roma nel XVII secolo, in La città e il fiume (secoli
XIII-XIX), Roma 2008, pp. 169-180.
17. L.B. ALBERTI, L’architettura [De re aedificatoria],
testo latino e traduzione a cura di G. Orlandi,
introduzione e note di P. Portoghesi, Milano
1966, vol. II, pp. 710 e 712, nota 1 (libro VIII, cap.
6). Sui ponti Alberti si sofferma specificamente anche
nel libro IV (cap. 6).
18. Nella Vita di Alberti Vasari scrive: «… in alcune
carte di sua mano che sono nel nostro Libro;
nelle quali è disegnato il ponte Sant’Agnolo, ed il
coperto che col disegno suo vi fu fatto a uso di loggia,
per difesa del sole nei tempi di state, e delle
piogge e de’ venti l’inverno: la qual’opera gli fece
far papa Nicola V, che aveva disegnato farne molte
altre simili per tutta Roma; ma la morte vi s’interpose»,
G. VASARI, Le vite de’ più eccellenti pittori,
scultori ed architettori, ed. 1568, a cura di G.
Milanesi, Firenze 1878, vol. II, pp. 546-547. Ad
Alberti era certamente noto lo stato del ponte dopo
la sciagura del 1450, ma la sua testimonianza e
quella di Vasari sembrerebbero riferirsi ad una copertura
di epoca romana; in tal caso il disegno di
Alberti ricordato da Vasari attesterebbe un’ipotesi
ricostruttiva del manufatto adrianeo più che una
proposta progettuale, si veda P. ROMANO, Ponte
(V rione), Roma 1943, vol. III, p. 33. C. D’ONO-
FRIO, Il Tevere, cit., pp. 267-268, identifica invece
in Alberti l’autore del restauro del ponte e del progetto
della copertura.
19. A. AVERLINO DETTO IL FILARETE, Trattato
di architettura, testo a cura di A.M. Finoli, L. Grassi,
introduzione e note di L. Grassi, Milano 1972,
vol. I, pp. 357-359; vol. II, tav. 70; A. PALLADIO, I
Quattro Libri dell’Architettura, a cura di L. Magagnato,
P. Marini, introduzione di L. Magagnato,
Milano 1980, pp. 214, 218.
20. L.B. ALBERTI, L’architettura, cit., p. 948 (libro
X, cap. 10); FILARETE, Trattato di architettura,
cit., vol. I, pp. 358-359 (libro XIII). Sulla scia
di Alberti, il moto dell’acqua in seguito all’impatto
con le pile dei ponti fu particolarmente studiato
da Leonardo, anche attraverso grafici, con esiti
rimasti pionieristici fino a tutto il XVI secolo,
F.P. DI TEODORO, Moto delle acque e ponti negli
studi di Leonardo da Vinci, in I ponti delle capitali
d’Europa dal Corno d’Oro alla Senna, a cura di D.
Calabi, C. Conforti, Milano 2002, pp. 9-25; ID.,
Acque e ponti: i libri IV, VIII e X del De re aedificatoria
negli scritti di Leonardo, in Leon Battista
Alberti teorico delle arti e gli impegni civili del «De
re aedificatoria», Atti dei convegni internazionali
(Mantova, 17-19 ottobre 2002; 23-25 ottobre
2003), a cura di A. Calzona, F.P. Fiore, A. Tenenti,
C. Vasoli, Firenze 2003, vol. II, pp. 947-963. A
Leonardo, presente a Roma presso la corte medicea
dall’autunno 1513 almeno fino al 1516, è stato
verosimilmente attribuita l’ideazione di un ingegnoso
sistema di traghettamento sul Tevere basato
sull’uso di carrucole che scorrevano su canapi
tesi da una sponda all’altra, G. BONACCORSO,
Il “ponte dinamico”. I traghetti e l’attraversamento
del Tevere a Roma nei secoli XVI-XVIII, in I
ponti delle capitali d’Europa, cit., pp. 89-91.
21. G. VALADIER, L’Architettura pratica, Roma
1832, vol. III, pp. 362-363.
22. F. CANTATORE, Il ponte S. Angelo in Roma:
vicende edilizie e interventi manutentivi attraverso
la documentazione ottocentesca, in Manutenzione
e recupero nella città storica, Atti del I Conve-
56
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 55-56/2010-2011
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gno Nazionale (Roma, 27-28 aprile 1993), a cura
di M.M. Segarra Lagunes, Roma 1993, pp. 149-
160. Nello stesso anno Valadier esegue i lavori per
il ponte Milvio (P. MARCONI, Giuseppe Valadier,
Roma 1964, pp. 149-153, 161-165, 168-169; E.
DEBENEDETTI, Valadier diario architettonico, Roma
1979, p. 111). Al 1808 risale un sopralluogo al
ponte Sisto attestato da una perizia, dello stesso
tenore di quella in esame, in cui è descritto lo stato
del selciato, Archivio di Stato di Roma (da ora
in poi ASR), Camerale III, b. 1931, c. 239, 18 agosto
1808.
23. Documentazione di interventi manutentivi
succedutesi dalla metà del Quattrocento fino a tutto
l’Ottocento è in P. ROMANO, Ponte, cit., pp. 20-
22, nota 19. Per il ripristino del selciato negli anni
1770, 1771, 1775 e 1781 si veda ASR, Camerale III,
b. 1931, c. 197.
24. In epoca romana la cura della rete viaria, dei
ponti e degli acquedotti era affidata agli aediles curules.
Il ruolo preminente di queste opere promosse
una tradizione manutentiva che in seguito, a
partire dal Medioevo, fu affidata alla magistratura
dei magistri aedificiorum et stratarum Almae Urbis.
Questa costituisce il diretto precedente, per
competenze e giurisdizione, della Presidenza delle
Strade, organismo delineatosi gerarchicamente
nella metà del Cinquecento e operante fino al 1828
quando fu sostituito dalla Presidenza delle Acque,
Strade e Ripe. Nel 1833 subentrò la Prefettura Generale
delle Acque e delle Strade e nel 1854 il Ministero
del Commercio, Belle Arti, Industria,
Agricoltura e Lavori Pubblici, E. ALEANDRI BAR-
LETTA, C. LODOLINI TUPPUTI, a.v. Roma, in Guida
generale degli Archivi di Stato, Roma 1986, III, pp.
1100-1102, 1183-1186; D. SINISI, La Presidenza
delle Strade, in M.G. PASTURA RUGGIERO, La Reverenda
Camera Apostolica e i suoi archivi (secoli
XV-XVIII), Roma 1987, pp.100-118; O. VERDI,
Maestri di edifici e di strade a Roma nel secolo XV.
Fonti e problemi, Roma 1997.
25. ASR, Camerale III, b. 1930, c. 170, 14 agosto
1805. Considerazioni analoghe a quelle formulate
da Valadier, seppure in un contesto più ampio
ed articolato, erano contenute in una relazione del
24 marzo 1723, compilata per Innocenzo XIII dall’architetto
e ingegnere ferrarese G. GUIZZETTI,
Dello stato di ponte S. Angelo ne’ principij del secolo
XVIII, in «Il Saggiatore», IV, 1845, pp. 371-378.
Il restauro degli intradossi degli archi con mattoni
in luogo dei blocchi di peperino risale probabilmente
all’intervento di Niccolò V, si veda C.
D’ONOFRIO, Il Tevere, cit., p. 262.
26. Il restauro della decorazione scultorea realizzato
tra il 1986 ed il 1988 è documentato in La
via degli angeli, cit. Nel 1994 sono stati smontati e
ripristinati i parapetti dissestati, le cui cornici di
travertino riquadranti le grate erano molto scheggiate,
e consolidate le sottostanti arcate, si veda G.
IOPPOLO, Ponte Elio: indagini e restauri 1994, in
Atlante tematico di Topografia antica. 5. Strade romane
ponti e viadotti, a cura di L. Quilici, S. Quilici
Gigli, Roma 1996, pp. 85-102. Sullo stato del
ponte precedente all’intervento del 1994 si vedano
anche P. MARCONI, Arte e cultura della manutenzione
dei monumenti, Roma-Bari 1984, pp.
200-202; S. FUNARI, G. BIUNNO, Ponte Elio: le trasformazioni
ottocentesche, in La via degli angeli,
cit., pp. 237-238.
27. G. VALADIER, L’Architettura pratica, cit., pp.
362-363.
28. Si veda L. BORSARI, Nuove scoperte nella città
e nel suburbio, in «Notizie degli scavi di Antichità»,
s. IV, X, 1892, pp. 231-232; C. D’ONOFRIO,
Il Tevere, cit., p. 339, in cui è trascritto un parere
di Giacomo Della Porta circa le inondazioni del
Tevere (1599). Del settimo archetto, sulla sponda
sinistra, era nota solo l’esistenza, essendo completamente
occluso da fabbricati contigui. Problemi
di ostruzione interessarono nei secoli anche gli altri
archi minori, come si è accennato, trasformando
il ponte quasi in una diga che consentiva libero
corso al fiume solo attraverso cinque o persino
quattro fornici, ibidem, pp. 238, 256-270.
29. Per una sintesi delle vicende, si veda la descrizione
dell’autore del progetto di sistemazione
del ponte, Augusto Polidori, ingegnere dell’Ufficio
Tecnico Speciale per la Sistemazione del Tevere,
in A. POLIDORI, I lavori di sistemazione del ponte
Elio o Sant’Angelo in Roma, Roma 1897 (estratto
da «Giornale del Genio Civile», 1897, pp. 3-
24), e S. FUNARI, G. BIUNNO, Ponte Elio, cit., pp.
225-238. Sulla relazione strutturale esistente fra il
ponte e Castel Sant’Angelo si veda P. SPAGNESI,
Mariano Borgatti e Castel Sant’Angelo: il restauro
del bastione di S. Giovanni, in Studi su Castel Sant’Angelo,
a cura di L. Pittarello, Roma 1991, pp.
99-114; ID., Castel Sant’Angelo la fortezza di Roma.
Momenti della vicenda architettonica da Alessandro
VI a Vittorio Emanuele III (1494-1911), Roma
1995. Circa i numerosi frammenti di marmi antichi
scolpiti rinvenuti nel corso degli scavi si veda
C.L. VISCONTI, Trovamenti risguardanti la topografia
urbana, in «Bullettino della Commissione Archeologica
Comunale di Roma», XX, 1892, pp.
261-266, e L. BORSARI, Nuove scoperte, cit., pp.
230-231. Per un quadro generale dei ritrovamenti
nell’area si veda Carta Archeologica di Roma. Primo
Quadrante, a cura di M.A. Tomei, P. Liverani
(Lexicon Topographicum Urbis Romae Supplementum,
I.1), Roma 2005.
30. La conoscenza archeologica del monumento
è basata essenzialmente sui dati emersi in seguito
agli scavi ottocenteschi, si veda la bibliografia
in E. NASH, Pictorial Dictionary of Ancient Rome,
London 1968, vol. II, p. 178; P. GAZZOLA, Ponti
romani, Firenze 1963, vol. II, pp. 131-132; V. GAL-
LIAZZO, Ornamenti, sopraelevazioni e manufatti architettonici
connessi con i ponti romani e medievali
in muratura e un’incisione del Ponte della Pietra
di Verona, in «Atti e Memorie dell’Accademia di
Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona», s. VI,
XXIX, 1977-1978, pp. 280-281, 283, 291-292; C.
MOCCHEGGIANI CARPANO, Il Tevere: archeologia
e commercio, in «Bollettino di Numismatica», nn.
2-3, 1984, pp. 70, 76; F. DE CAPRARIIS, Pons Aelius,
in Lexicon Topographicum Urbis Romae, a cura
di E.M. Steinby, vol. I, Roma 1993, pp. 105-106.
Per una ricostruzione topografica della zona in
esame si veda F. CASTAGNOLI, Il Vaticano nell’antichità
classica, Città del Vaticano 1992, pp. 20, 29,
30, 31, 33, 152; M. PENTIRICCI, Il settore occidentale
del Campo Marzio tra l’età antica e l’altomedioevo,
in L’antica basilica di San Lorenzo in Damaso.
Indagini archeologiche nel Palazzo della Cancelleria
(1988-1993), I. Gli scavi, a cura di C.L. Frommel,
M. Pentiricci, Roma 2009, pp. 15-75.
31. R. LANCIANI, Recenti scoperte di Roma e del
suburbio, in «Bullettino della Commissione Archeologica
Comunale di Roma», XXI, 1893, pp. 15-18.
32. Le notizie sono state tratte dalla relazione
di Andrea Cuboni, soprintendente ai lavori di
smontaggio e ricostruzione del ponte per conto
del Ministero della Pubblica Istruzione, si veda
Archivio Centrale dello Stato (da ora in poi ACS),
Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale
Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie,
fasc. 4229, 4 novembre 1892. I disegni cui la
relazione rinvia non sono giunti in archivio, dove
sono visibili invece quattro disegni illustrativi del
prolungamento del ponte Sant’Angelo proposto
da Augusto Polidori (planimetria generale e prospetto
a monte prima dei lavori e secondo il progetto),
ACS, Ministero della Pubblica Istruzione,
Dir. Gen. AA.BB.AA., II ver., II s., Allegati, b. 12,
fasc. 566, nn. 3-6. La copia di queste quattro tavole
e delle altre costituenti l’intero progetto sottoposto
al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
(pubblicate da S. FUNARI, G. BIUNNO, Ponte Elio,
cit., pp. 224-238), era conservata nel fondo Ufficio
Speciale per il Tevere e l’Agro Romano dell’Archivio
del Genio Civile, attualmente versato all’Archivio
di Stato di Roma. Le stesse immagini sono
riproposte, in una veste grafica più sintetica, in
A. POLIDORI, I lavori di sistemazione del ponte
Elio, cit., tav. I (si veda qui la fig. 12).
33. Molti dei conci componenti le antiche ghiere
risultarono lesionati, dopo lo smontaggio, per
l’estrazione di grappe e perni di collegamento,
ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Dir. Gen.
AA.BB.AA., II ver., II s., b. 374, fasc. 4229, 19 ottobre
1892. Per le nuove arcate furono pertanto
impiegati nuovi blocchi di travertino, nei quali fu
riproposta la modanatura dei tre archi centrali risalente
al restauro di Niccolò V (si veda C. D’ONO-
FRIO, Il Tevere, p. 259; S. FUNARI, G. BIUNNO, Ponte
Elio, cit., p. 232).
34. Si veda L. BORSARI, Nuove scoperte, cit., pp.
232-233; ID., Delle recenti scoperte relative al ponte
Elio ed al sepolcro di Adriano, in «Notizie degli
scavi», cit., p. 417.
35. Ulteriori notizie circa l’ingresso alla Mole
Adriana si trovano in L. BORSARI, Delle recenti scoperte,
cit., pp. 422-428.
36. ACS, Ministero della Pubblica Istruzione,
Dir. Gen. AA.BB.AA., II ver., II s., b. 374, fasc.
4229, 22 maggio 1893. Si veda anche G. VALADIER,
L’Architettura pratica, cit., pp. 363-364; A. POLI-
DORI, I lavori di sistemazione del ponte Elio, cit.,
pp. 9-10, 23-24.
37. G.B. PIRANESI, Le Antichità romane, tomo
IV, Roma 1756, tav. VI.
38. G. VALADIER, L’Architettura pratica, cit., p.
364. Uguale parere è espresso da A. POLIDORI, I
lavori di sistemazione del ponte Elio, cit., pp. 9-10.
PONTE ELIO - SANT’ANGELO.
NOTE TRA ARCHEOLOGIA
E STORIA DELL’ARCHITETTURA
Ponte Sant’Angelo è da sempre protagonista
della scena urbana anche per il significato
simbolico e culturale oltre che per
l’importanza funzionale rispetto al tracciato
viario, sia nella città antica sia nella Roma
cristiana, in stretta connessione con il mausoleo
di Adriano, poi fortificato come Castel
Sant’Angelo. L’antico percorso ha mantenuto
nei secoli una straordinaria continuità
d’uso e, di conseguenza, ha vissuto la graduale
modifica della sua conformazione attraverso
interventi più o meno radicali. Una
perizia di Giuseppe Valadier e i dati raccolti
nel corso dello smontaggio del ponte per
la realizzazione delle testate tardo ottocentesche,
costituiscono l’occasione per una
lettura del manufatto adrianeo e degli interventi
di vario genere cui esso è stato sottoposto
nel tempo. Le grandi opere del XIX
secolo hanno permesso di conoscere l’assetto
originario ad otto arcate, di cui cinque
minori per il regime di piena, ma hanno anche
distrutto per sempre le due estremità
consegnandoci il ponte attuale, simmetrico
e con cinque archi quasi uguali.
PONS AELIUS - SANT’ANGELO.
NOTES REGARDING ITS ARCHAEOLOGY
AND HISTORY OF ARCHITECTURE
The symbolic and cultural importance of
Ponte Sant’Angelo has made it a landmark
and protagonist both in ancient and Chris -
tian Rome; the crucial and functional role of
this ancient bridge as a link between the
city and Hadrian’s Tomb, later fortified as
Castel Sant’Angelo, has continued uninte r -
rupted over the years, gradually evolving and
changing due to the more or less radical alterations
implemented over the centuries. An
inspection by Giuseppe Valadier and the
archaeological data collected when the bridge
was partially dismantled to build the late
nineteenth-century headers was an opportunity
to study Hadrian’s Bridge and several
other changes made to it over the years.
Although the imposing nineteenth-century
works reve aled its original design with eight
arches, plus five smaller arches desig ned to
with stand the floods, it also destroy ed the
two extremities forever, leaving us with
what we see today: a symmetrical bridge
with five almost identical arches.
Flavia Cantatore
[flavia.cantatore@uniroma1.it]
58 Flavia Cantatore . PONTE ELIO - SANT’ANGELO. NOTE TRA ARCHEOLOGIA E STORIA DELL’ARCHITETTURA
QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA . 55-56/2010-2011