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Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturale


Collana PrintTeorie e critica 5Comitato ScientificoLucio Valerio BarberaPiero Ostilio RossiPaolo DesideriGiorgio MuratoreE<strong>di</strong>lstampa srlvia G.A. Guattani, 24 Roma<strong>di</strong>cembre 2011In copertina il cantiere del Palazzetto dello Sport progettato da Pier Luigi Nervinel quartiere Flaminio in una litografia <strong>di</strong> Mimì Quilici Buzzacchi, 1959-1960.


Pier Luigi Nervie l'architettura strutturalea cura <strong>di</strong>Francesca Romana Castelli e Anna Irene Del Monaco


In<strong>di</strong>ce9 Presentazione: L’insegnamento <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi alla <strong>Sapienza</strong><strong>di</strong> Renato Masiani15 “Beauty is truth, truth beauty”. Ragioni e intenzioni <strong>di</strong> questo volume<strong>di</strong> Francesca Romana Castelli23 1955<strong>di</strong> Lucio Valerio Barbera35 Pier Luigi Nervi “costrautore”<strong>di</strong> Paolo Desideri40 “Mon cher ami...” Le Corbusier e Pier Luigi Nervi<strong>di</strong> Piero Ostilio Rossi66 Intervento <strong>di</strong> apertura del Convegno <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong>o Pier Luigi Nervi<strong>di</strong> Giorgio Muratore70 Appunti per possibili linee <strong>di</strong> ricerca sull’opera <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi<strong>di</strong> Anna Irene Del Monaco82 Convegno <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong>o Pier Luigi Nervi,SAPIENZA UNIVERSITà DI ROMA, 199984 Interventi introduttiviPiero Ostilio Rossi, Giuseppe D’Ascenzo, Mario Docci, Lucio Valerio Barbera88 Prima sessione: Nervi come progettista, costruttore e docenteintroduzione <strong>di</strong> Paola Coppola Pignatelli90 Antonio Michetti94 Massimo Majowiecki114 Guy Nordenson116 Giuseppe Rega


120 Seconda sessione: Il progetto e il cantiereintroduzione <strong>di</strong> Sergio Lenci122 Mario Desideri140 Gabriele Del Mese149 Romano Paoletti150 Tavola rotonda e <strong>di</strong>battitoFrancesco Cellini, Eduardo Vittoria, Maurizio Cagnoni, Antonio Michetti158 Conferenza <strong>di</strong> Santiago Calatrava176 bellezza è VERITà. L’insegnamento <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi nellaFacoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> della <strong>Sapienza</strong> (1948-1962)a cura <strong>di</strong> Anna Irene Del MonacoTrascrizione delle Interviste <strong>di</strong> Lucio Valerio Barbera a:177 Luisa Anversa178 Carlo Aymonino179 Mario Manieri Elia183 Tommaso Valle184 Paolo Portoghesi e Paolo Marconi189 Robert Einau<strong>di</strong>194 Vieri Quilici ed Ettore Masi


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturaleANNA IRENE DEL MONACOAppunti per possibili linee <strong>di</strong> ricerca sull’opera <strong>di</strong> Pier Luigi NerviIndagine sulla fondatezza scientifica e biografica del “classicismo” <strong>di</strong> Pier Luigi NerviI saggi e i contenuti raccolti in questo volume, Pier Luigi Nervi e l’architettura strutturale,hanno stimolato l’approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> alcune questioni che potrebbero <strong>di</strong>venire interessantitemi <strong>di</strong> ricerca.L’attenuata fortuna critica dell’opera <strong>di</strong> Nervi, come bene <strong>di</strong>mostrano Giorgio Muratore eLucio Valerio Barbera nei loro saggi introduttivi a questo libro, sarebbe conseguente alleposizioni <strong>di</strong> alcuni critici, soprattutto Bruno Zevi e Leonardo Benevolo, che, probabilmente,poco seppero – o vollero – interpretare il <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> Nervi da qualunque militanza politicae, <strong>di</strong> conseguenza, non ebbero la necessità <strong>di</strong> doverne collocare significativamente l’operanelle loro raccolte <strong>di</strong> storia dell’architettura. Pertanto, a quasi cinquant’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dalmomento in cui questi volumi <strong>di</strong> storia dell’architettura furono scritti, secondo la prospettivastorica attuale, gli stu<strong>di</strong> storico-critici sulla figura <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi, architetto-ingegneredell’<strong>Architettura</strong> Moderna, potrebbero avere un campo <strong>di</strong> ricerca molto significativo daverificare ed eventualmente ridefinire, tenendo conto dell’illuminante saggio <strong>di</strong> Giulio CarloArgan del 1955 segnalato da Barbera nel suo saggio.Come ricordano Paolo Portoghesi e Paolo Marconi nella loro intervista con Barbera,l’incomprensione della critica italiana dell’architettura riguardo all’opera <strong>di</strong> Nervi sembròessere principalmente dovuta al suo intrinseco classicismo, considerato una sorta <strong>di</strong> peccatooriginale e che invece, secondo il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Portoghesi e Marconi, rappresenta forse unadelle sue più significative ere<strong>di</strong>tà.Nel saggio <strong>di</strong> Lucio Valerio Barbera 1 presentato in questo numero, la genesi dall’eclettismodelle Beaux Arts dei principi <strong>di</strong> verità costruttiva dell’architettura viene ripercorso efficacementeseguendo specialmente la vicenda americana, facendo risaltare come il profondo interesse <strong>di</strong>Nervi per l’architettura gotica e, soprattutto, per il cantiere dei gran<strong>di</strong> monumenti gotici coincidain maniera assolutamente perfetta con gli esiti – interme<strong>di</strong> – dello sviluppo della correntedelle Beax Arts nel Nuovo Mondo. Così come la sua osservazione dei comportamenti formalidelle strutture naturali lo porti naturalmente in senso proprio a basare la sua progettazionesu i principi <strong>di</strong> simmetria e <strong>di</strong> equilibrio che sentiamo essere il fondamento della classicità.Da qui si può andare molto oltre si può andare oltre: Joseph Abram nel suo saggiopubblicato nel Catalogo della <strong>Mostra</strong> <strong>di</strong> Nervi, citando le espressioni <strong>di</strong> Pier Luigi Nerviriguardanti il cemento armato “...la più bella tecnica costruttiva inventata dall’umanità...il progettista saprà trovare le più alte espressioni dell’arte...ma fuori dai co<strong>di</strong>ci preesistenti,dalle ‘forme convenzionali’ perché il cemento pretende una comprensione nuova delrapporto tra forma e materia...” conclude: “In questo le sue opere non cercano l’armonianell’antropomorfismo delle forme (colonne, capitelli, travi, braccia...) ma nella percezionecomune, collettiva, con<strong>di</strong>visa delle leggi statiche. In tal modo egli è preclassico in quantoil suo ‘umanesimo’ affonda le ra<strong>di</strong>ci nei fondamenti universali <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina arcaica”.A questo proposito uno dei temi da approfon<strong>di</strong>re sarebbe sicuramente quello delle ra<strong>di</strong>cidella concezione strutturale nerviana, saldamente fondata su un metodo che considera sia1. L.V. Barbera, 1955 a pag. 20 <strong>di</strong> questo volume70


Anna Irene Del Monacola storia che la natura come maestre <strong>di</strong> metodo, e che deriva dalla tra<strong>di</strong>zione della scuolabolognese <strong>di</strong> Attilio Muggia.La lettura comparata <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> dati, infatti, riportati nel libro <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Greco dal titoloPier Luigi Nervi. Dai primi brevetti al Palazzo delle Esposizioni <strong>di</strong> Torino 1917-1948 2 e <strong>di</strong> alcunenote biografiche dello stesso Attilio Muggia, raccolte negli archivi dell’Università <strong>di</strong> Bolognae intitolate Prof. Ing. Attilio Muggia, dell’Università <strong>di</strong> Bologna. Note biografiche 3 evidenzianola vivacità del <strong>di</strong>battito scientifico e culturale in atto agli inizi del Novecento fra ingegneri,architetti e costruttori. In particolare esse mettono in luce il livello <strong>di</strong> sperimentazione degliingegneri più rappresentativi <strong>di</strong> tutta Europa e la <strong>di</strong>ffusione dei loro brevetti, certamentecommisurati al fermento <strong>di</strong> iniziative impren<strong>di</strong>toriali <strong>di</strong> quel periodo storico: e<strong>di</strong>lizia destinataad attività manifatturiere come capannoni, fabbriche, ecc.Questi scritti evidenziano, inoltre,che il riferimento stilistico principale <strong>di</strong> Attilio Muggia e degli ingegneri del suo tempo era ilcorrente stile eclettico, sebbene lo stesso Muggia in molti suoi scritti auspicasse la possibilità<strong>di</strong> depurare le strutture dal decorativismo fine a sé stesso, assumendo posizioni funzionalistein linea con i più ra<strong>di</strong>cali proclami modernisti 4 .Egli aveva certamente ere<strong>di</strong>tato dal professor Silvio Canevazzi la competenza el’interesse per l’innovazione strutturale e, a sua volta, la trasmise a Pier Luigi Nervi.Nella sua attività quarantennale Muggia si de<strong>di</strong>cò alla professione costruendo e depositandobrevetti, svolse intensamente il suo ruolo accademico, contribuì ad associazioni ed istituzioniculturali stimolando e costruendo una rete <strong>di</strong> relazioni nazionali ed europee finalizzatealla <strong>di</strong>vulgazione dalle nuove invenzioni tecniche. Attilio Muggia, inoltre, ebbe unalunga collaborazione professionale con François Hennebique, col quale entrò in contattoprobabilmente in occasione <strong>di</strong> una visita a Roma dell’ingegnere francese al cantiere del PoliclinicoUmberto I, per il quale stava realizzando alcune passerelle. Muggia <strong>di</strong>ventò concessionario delSistema Hennebique in Emilia Romagna, Toscana e Marche. L’Archivio Storico dell’Università<strong>di</strong> Bologna, Sezione <strong>Architettura</strong>-Fondo Muggia ha acquisito negli ultimi anni i carteggi delladensa corrispondenza epistolare Muggia-Hennebique che si svolse fra il 1897 e il 1899 5 .Gli utilizzatori del metodo Hennebique molto spesso dovettero integrare l’innovazionetecnologica del sistema strutturale con la qualità formale delle architetture e delle decorazionidegli spazi interni modellate soprattutto dalla presenza dei solai a travi incrociate, sicché nonci si può meravigliare che anche Nervi come Muggia si appelli in un suo scritto alla speranza<strong>di</strong> poter conseguire in architettura uno stile <strong>di</strong> verità, che fosse:“privo <strong>di</strong> quelle superfluità decorative, a carattere sculturale, che hannocostituito uno degli aspetti più appariscenti dell’architettura del passato”.(…) Per inventare e proporzionare, in via sia pure approssimativa, i nuovi egran<strong>di</strong>osi schemi strutturali richiesti dai più significativi temi architettonicidel nostro tempo, occorre una comprensione tanto profonda dei concetti <strong>di</strong>statica costruttiva da far sì che questi concetti (costituiti da premesse fisiche,2. C. Greco, Pier Luigi Nervi. Dai primi brevetti al Palazzo delle Esposizioni <strong>di</strong> Torino 1917-1948, Quart E<strong>di</strong>zioni,Lucerna 20083. G. Muggia, Prof. Ing. Attilio Muggia, dell’Università <strong>di</strong> Bologna. Note biografiche, Tip. Compositori, Bologna19514. M.B. Bettazzi, Bologna e l’innovazione tecnologica fra Otto e Novecento: note attorno al carteggio AttilioMuggia-Francois Hennebique, fonte web, pag. 5585. Ibidem, pag. 55771


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturaleteoremi a base matematica e dati sperimentali), si siano fusi in una sola sintesie trasformati in sensibilità spontanea e quasi inconsapevole 6 ”.Sarebbe, perciò, interessante approfon<strong>di</strong>re eventuali connessioni culturali fra ilpensiero scientifico <strong>di</strong> Nervi e dei suoi Maestri e il pensiero <strong>di</strong> Gottfried Semper– con particolare riguardo ai rapporti fra natura e architettura, quin<strong>di</strong> fra naturae struttura – e il pensiero illuminista <strong>di</strong> M.A. Laugier, andando ancora in<strong>di</strong>etronel tempo, cioè una delle più significative ra<strong>di</strong>ci del pensiero moderno europeo.Un altro aspetto significativo del lavoro degli ingegneri del tempo <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi erala ricerca del minimo impiego <strong>di</strong> materiale possibile nelle strutture, quello che SergioMusmeci definirà “minimo strutturale”. Nell’ottobre 2010 l’Or<strong>di</strong>ne degli Architetti <strong>di</strong>Taranto ha organizzato una conferenza sulle chiese contemporanee in Puglia alla qualeha invitato a testimoniare uno dei figli <strong>di</strong> Gio Ponti, Giulio: suo padre fu progettistadella Concattedrale <strong>di</strong> Taranto, al cui progetto partecipò anche Pier Luigi Nervi inqualità <strong>di</strong> strutturista. In quella occasione il figlio <strong>di</strong> Ponti ha rammentato una visitaal cantiere della chiesa alla quale egli stesso partecipò in compagnia dei due progettisti.Appena arrivati in cantiere Ponti, prendendo sottobraccio Nervi e guardando in altol’e<strong>di</strong>ficio in costruzione esclamò: “allora ingegnere, oggi cosa pensa <strong>di</strong> togliere?”Questa affermazione ben descrive l’ambizione <strong>di</strong>ffusa in quegli anni rispettoall’uso minore possibile del materiale, spinta sia da ragioni economiche chetecniche, come è evidente dall’intervento <strong>di</strong> Massimo Majowiecki contenutoin questo libro, soprattutto negli approfon<strong>di</strong>menti sull’opera <strong>di</strong> Musmeci.Tornado a Semper, va rammentato che egli aveva elaborato un efficace manifesto sulprincipio <strong>di</strong> imitazione della natura in architettura, come è evidente dalle affermazioni cheseguono.“La tettonica è un arte che prende la natura come modello – non i reali fenomeninaturali ma l’uniformità e le regole per cui essa esiste ed è creata (…) 7 ”.Il concetto <strong>di</strong> stile, che sappiamo tutti essere uno dei principali punti <strong>di</strong> applicazione delpensiero <strong>di</strong> Semper, è strettamente legato nella sua visione a un sistema metodologicocomparativo creativo che investe <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline al fine <strong>di</strong> conseguire le regole delleproporzioni e degli oscuri principi dell’estetica.“arte e architettura dovrebbero costituire la base <strong>di</strong> una dottrina dello Stile,una sorta <strong>di</strong> oggetto o Metodo, sul come si può inventare, che potrebbeguidarci a trovare un metodo <strong>di</strong> invenzione più naturale. (…) Filosofia, storia epolitica e poche altre <strong>di</strong>scipline fra le scienze naturali, erano elevate da gran<strong>di</strong>uomini dei secoli scorsi a punti <strong>di</strong> vista comparativi, mentre in altre scienze,a causa dell’abbondanza e della complessità del materiale <strong>di</strong>sponibile, solo6. Ve<strong>di</strong> P. L. Nervi, La moderna tecnica costruttiva e i suoi aspetti architettonici. Verlecchi, Firenze 1955.Si rilegge in questa posizione culturale una posizione <strong>di</strong> tipo crociano. Benedetto Croce nel Breviario<strong>di</strong> estetica, afferma kantianamente che l’arte è sintesi a priori lirica, riaffermando il carattere teoreticodell’espressione artistica7. M. Hvattum, Semper and the “Style of Our Time”, in Gottfried Semper and the Problem of Historicism,Cambridge University Press, 2004, pp. 149-16172


Anna Irene Del Monacoora, timidamente, si iniziano a raggiungere risultati assimilabili a vera e propriaricerca. La teoria comparativa degli e<strong>di</strong>fici pertanto presenta un metodo logico<strong>di</strong> invenzione, che invano cerchiamo <strong>di</strong> ricondurre a regole <strong>di</strong> proporzione eprincipi oscuri <strong>di</strong> estetica 8 “.Gli effetti dell’influenza <strong>di</strong> questo spirito culturale giungono certamente sino all’opera <strong>di</strong> Nervi.Le forti relazioni professionali fra la generazione italiana <strong>di</strong> Attilio Muggia e quella francese<strong>di</strong> Auguste Perret ed François Hennebique sono infatti abbastanza facili da documentare.Immerso in questa cornice formativa Pier Luigi Nervi, tuttavia, quando vuole affermare lostile <strong>di</strong> verità, <strong>di</strong>versamente da Gottfried Semper che indaga sui materiali dell’architetturain senso storico-geografico, ha ben in mente il cantiere, la sua economia – che è economia<strong>di</strong> mezzi, <strong>di</strong> risorse e <strong>di</strong> tempo da misurare con l’obiettivo della massima e più durevoleaffidabilità della costruzione – che è la suprema verifica dell’etica del progetto, destinato adurare nel tempo della storia. Forse per questa sua necessità <strong>di</strong> confrontare le proprie operecon la storia, che è ciò che <strong>di</strong>stingue i monumenti dall’architettura corrente, ha fatto sentire,o meglio indovinare ai critici suoi contemporanei una sua sostanziale estraneità ad alcune,fondamentali posizioni del Movimento Moderno, soprattutto nella versione più strettamentelegata ai principi della Bauhaus.Pier Luigi Nervi ricevette la sua formazione <strong>di</strong> ingegnere-strutturista presso la Facoltà degliStu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bologna laureandosi nel 1913, ed è qui che fu allievo e poi assistente <strong>di</strong> AttilioMuggia 9 , assieme ad altri progettisti italiani coetanei come Giuseppe Vaccaro, AngioloMazzoni, Eugenio Miozzi, tutti importanti protagonisti del razionalismo italiano. Nervicollabora professionalmente con Muggia dopo la laurea per circa <strong>di</strong>eci anni presso la <strong>di</strong>ttafondata da quest’ultimo nel 1903, la Società per Costruzioni Cementizie, che nel corso dellasua attività sviluppò un curriculum <strong>di</strong> ingegneria civile <strong>di</strong> rilevanza nazionale, e della qualelo stesso Muggia resterà Direttore Generale fino al 1924, anno in cui la società fu posta inliquidazione. In quegli stessi anni, precisamente nel 1920, Pier Luigi Nervi tentava in primalinea l’esperienza <strong>di</strong> impresario assieme ad un impren<strong>di</strong>tore romano, l’Ingegner Nebbiosi,dal quale dopo pochi anni si separerà per fondare la società Nervi & Bartoli, con la qualerealizzerà la maggior parte delle sue opere più importanti.Attilio Muggia fu allievo <strong>di</strong> Silvio Canevazzi pioniere del cemento armato in Italia e fuil primo accademico a introdurre lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo sistema costruttivo nelle Scuole <strong>di</strong>Ingegneria e fra i primi ingegneri italiani a <strong>di</strong>vulgare scientificamente e professionalmente ilmetodo Hennebique 10 , già ampiamente <strong>di</strong>ffuso in Francia soprattutto per la realizzazione <strong>di</strong>8. “[art and architecture’s] whole province and perhaps also it would form the base of a doctrine of Style,and a sort of topic or Method, how to invent, which may guide us to find a more natural way of invention.(…) Philosophy, history, politics and a few other branches of the natural sciences were raised to[the] comparative viewpoint by the great men of the past centuries, while in the other sciences, becauseof the abundance and complexity of their material, inferences only timidly begin to join with research.“Comparative theory of buil<strong>di</strong>ng therefore presents a logical method of inventing, which we vainly seekin rules of proportion and obscure principles of aesthetics”.9. Attilio Muggia (1860-1936) ingegnere italiano e professore presso la Scuola <strong>di</strong> Ingegneria dell’Università<strong>di</strong> Bologna dove, allievo del prof. S.Canevazzi, svolge l’intero cursus honorum accademico, iniziando comeassistente presso le Cattedre <strong>di</strong> <strong>di</strong> statica grafica, stili architettonici, meccanica applicata alle costruzioni,geometria pratica, costruzioni stradali, ponti e costruzioni idrauliche, architettura tecnica e concludendola carriera nel ‘35 dopo essere stato <strong>di</strong>rettore della Scuola <strong>di</strong> Ingegneria. Cfr. G. Muggia, cit., pag. 19510. Metodo Hennebique: riguarda l’uso del telaio in chiave moderna. Questo tipo <strong>di</strong> struttura creò gran<strong>di</strong>spazi interni ed ambienti illuminati da numerosi lucernari a soffitto. Tutti i solai sono a doppia or<strong>di</strong>tura73


Anna Irene Del Monaco3 4cioè il naturale atteggiamento etico espresso da Nervi in tutte le sue opere. Ma esse non sonocompagnie costruttrici, com’era la Nervi & Bartoli per la quale Pier Luigi Nervi produceva isuoi progetti “integrali”; esse, dunque, in genere non inquadrano il progetto come campo <strong>di</strong>ricerca dell’invenzione risolutiva, sinteticamente risolutiva dei problemi specifici del tema <strong>di</strong>progettazione e dell’economia, in termini <strong>di</strong> tempo e <strong>di</strong> risorse, del cantiere.Nervi afferma in un articolo dell’agosto 1943 sulla rivista “<strong>Architettura</strong>”: “L’ <strong>Architettura</strong> subiràun vero bagno purificatore dal quale sarà riportata a quei fondamentali principi <strong>di</strong> sobrietà,<strong>di</strong> funzionalismo statico e costruttivo, che ne hanno prodotto in ogni tempo e presso ognipopolo le più elevate ed imperiture realizzazioni. Tutto quanto non è strettamente necessarioverrà abolito; quello che è necessario sarà ottenuto con i più economici sistemi costruttivi econ il minimo impiego dei materiali; la bellezza sarà ricercata e raggiunta attraverso l’armoniadelle forme e l’equilibrio delle proporzioni e volumi, fattori questi che, per fortuna, noncostano, e <strong>di</strong>pendono solo dalla sensibilità e capacità artistica dei loro ideatori 18 ”.In questo insieme <strong>di</strong> ragionamenti appena accennato, tuttavia, si staglia la possibilità<strong>di</strong> comparare il metodo nerviano con quello dei protagonisti delle gran<strong>di</strong> opere attuali,in<strong>di</strong>viduando <strong>di</strong>fferenze – moltissime – e fili <strong>di</strong> continuità evolutiva o regressiva tra le loroopere e quelle <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi, costruendo preliminarmente, progetto per progetto, lacornice economica, tecnologica e sociale del cantiere attuale, anzi dei cantieri che attualmente– o nei decenni appena trascorsi – costituiscono o hanno costituito il riferimento delle scelteprogettuali più consapevoli. Questo potrebbe essere il modo per giungere a rivelare lecontinuità metodologiche della lezione <strong>di</strong> Nervi, piuttosto che quelle formali o strutturali.Ci sembra utile, infine, segnalare che, sul piano della pretta innovazione <strong>di</strong>dattica, uno deicontemporanei Research Cluster dell’Architectural Association 19 <strong>di</strong> Londra, l’Em Tech (EmergingTechnologies), è molto sensibile ad una linea <strong>di</strong> ricerca affine – a prima vista – a quellepercorse da Pier Luigi Nervi. Il gruppo, guidato da Michael Weinstock, analizza le tecnologiebiomimetiche da applicare all’architettura, esplora le geometrie, i sistemi costruttivi, i temiprogettuali (soprattutto le gran<strong>di</strong> coperture, big sheed), l’uso della prototipizzazione intesacome “fabrication” <strong>di</strong>retta dei manufatti progettati (piccoli pa<strong>di</strong>glioni urbani o piccole canopyda introdurre negli insterstizi fra gli e<strong>di</strong>fici), evidenziando un legame profondo con un modo18. P. L. Nervi, Aspetti e problemi della ricostruzione e<strong>di</strong>lizia, in “<strong>Architettura</strong>”, agosto 194319. Il cui motto è Design with Beauty, Build in Truth77


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturale<strong>di</strong> concepire la ricerca costruttiva profondamente ispirato alla visual art e all’innovazionetecnologica. Vieri Quilici, a questo proposito, nella sua intervista segnala il legame culturalefra P. L. Nervi e J. Kepes con particolare riferimento agli stu<strong>di</strong> che avevano portato Nervi aisolai realizzati, ad esempio, nel Lanificio Gatti. Kepes aveva fondato il Center for AdvancedVisual Stu<strong>di</strong>es all’MIT nel 1967, ed era un biologo stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> arti applicate che attingeva dalvisual design della scuola tedesca e ungherese, quella <strong>di</strong> Laszlo Moholy-Nagy.È quasi emozionante sfogliare i paper introduttivi dei corsi accademici del gruppo <strong>di</strong> ricerca<strong>di</strong> M. Weinstock – le cui parole chiave sono Morpho-Ecological Design, Biological Para<strong>di</strong>gm forArchitecture – e vedere che i corsi lon<strong>di</strong>nesi <strong>di</strong> una delle più blasonate scuole <strong>di</strong> architetturadei nostri tempi sono introdotti da esercitazioni iniziali che si basano sui progetti delleaviorimesse <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi, sugli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Frei Otto e quelli <strong>di</strong> Buckminsterfuller (cioè i tre“architetti” ai quali fu attribuita nello stesso anno la “cattedra <strong>di</strong> poesia” <strong>di</strong> Harvard, cioè leNorthon Lectures) e del progetto <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nand Dutert per il Palais des Machines.È emozionante cioè, che in uno dei principali poli cui si deve il successo della rete accademicaanglosassone, che <strong>di</strong> rado negli ultimissimi anni si è relazionata culturalmente in modo<strong>di</strong>retto con l’Italia e i suoi poli accademici, si consideri fra i talenti storici <strong>di</strong> riferimento per la<strong>di</strong>dattica Pier Luigi Nervi, genio italiano <strong>di</strong> architettura strutturale. Quello che gli entusiasti<strong>di</strong>datti inglesi dell’AA sono riusciti a recuperare negli ultimi anni è il valore del modellofisico nel processo <strong>di</strong> progettazione, sganciandosi, in parte, dall’imprinting informatico cheha condotto alla ricerca analitica della forma ottimale degli e<strong>di</strong>fici in termini prestazionali,energetici e strutturali – oltre che formali – definita in gergo tecnico adaptive architecture eda una lunga produzione accademica che ha caratterizzato fortemente le scuole anglosassonid’avanguar<strong>di</strong>a a partire dagli anni ‘80 nota a tutti come <strong>di</strong>gital architecture. Questi modelli“fisici” vengono realizzati ogni anno in grande quantità dagli studenti dell’AA, dal modello<strong>di</strong> piccola scala a quello della scala quasi reale, col supporto <strong>di</strong> tecnici e artisti <strong>di</strong> alto profiloartigianale nel laboratorio <strong>di</strong> Hook Park, poco lontano da Londra. In quella occasione siinsegnano approfon<strong>di</strong>menti su fabrication, materials, details.Certo, va detto, lo scopo latente dell’operazione culturale dell’AA molto spesso è soprattuttoquello del perseguimento dell’avanguar<strong>di</strong>a nella ricerca formale e spaziale; non è un casoche recentemente Patrick Schumaker abbia affermato con alcuni saggi pubblicati sulsuo sito web personale 20 che è nato un nuovo stile, lo stile parametrico, nel campo dellesperimentazioni <strong>di</strong>gitali sulla morfogenesi. Forse anche su questo sarebbe opportuno unapprofon<strong>di</strong>mento: Nervi, soprattutto nell’ultima fase della sua produzione, per la plateainternazionale esprimeva un suo proprio “stile” nettamente profilato sia dal punto <strong>di</strong> vistaformale che metodologico, secondo una delle categorie concettuali contro cui si era espressopiù vivamente il Movimento Moderno e alla quale, invece, proprio Gottfried Semper avevade<strong>di</strong>cato un libro molto importante 21 .L’evidenza <strong>di</strong> uno stile nerviano viene citato anche da Guy Nordenson e da Sergio Lencinei rispettivi interventi al convegno del 1999, il primo esprimendo il punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> unostu<strong>di</strong>oso americano, il secondo citando uno stu<strong>di</strong>oso Giapponese. Forse non dovrebbesorprendere, perciò, che Patrick Schumacher, noto partner <strong>di</strong> Zaha Ha<strong>di</strong>d, ricominci aparlare <strong>di</strong> stile, riferendosi allo stile parametrico, dopo che le architetture della nota archi-starirachena sono state richieste in tutto il mondo, alla stregua delle architetture <strong>di</strong> Nervi, proprio20. www.patrikschumacher.com21. G. Semper, Lo Stile, Laterza, Roma-Bari 199278


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturalealtissimo profilo artistico e professionale ma“senza metodo”. Le torri <strong>di</strong> Montreal furonoprogettate da Moretti assieme a Pier Luigi Nervi, anche questi, si è già detto, poco elogiatodal Bruno Zevi nei suoi scritti.Fra i protagonosti dell’architettura contemporanea si può affermare che Zaha Ha<strong>di</strong>d conoscae attinga sia dall’opera <strong>di</strong> Moretti (la Casa-Albergo <strong>di</strong> via Corridoni a Milano <strong>di</strong> Moretti aconfronto con l’e<strong>di</strong>ficio The Peak ad Hong Kong <strong>di</strong> Ha<strong>di</strong>d) che quella <strong>di</strong> Nervi in particolare,come ella stessa ha più volte <strong>di</strong>chiarato.Lascia qualche perplessità constatare, tuttavia, che questi percorsi sperimentali, ad unprimo sguardo, oggi, sembrino praticati sottoforma <strong>di</strong> simulazione sperimentale, quasiesclusivamente in scuole come l’Architectural Association (dove Ha<strong>di</strong>d è <strong>di</strong> casa fin dai tempidella sua formazione), per lo più come performance <strong>di</strong>dattiche <strong>di</strong> gran moda. Questo tuttavia– va detto – è soltanto ciò che appare in superficie. Nel 2008 il tema dei corsi <strong>di</strong> Weinstockall’AA era quello <strong>di</strong> un grattacielo orizzontale nel quale lo spessore del corpo <strong>di</strong> fabbrica eramolto ridotto rispetto alle altre <strong>di</strong>mensioni.Si tratta <strong>di</strong> un tema che gli ingegneri al tempo <strong>di</strong> Antonelli o Shukhov avevano frequentatoanche solo teoricamente come esperimento pionieristico; si potrebbe azzardare, dunque,che l’impegno della AA nelle performance <strong>di</strong>dattiche <strong>di</strong> architettura strutturale, siano inveceuna conferma vitalissima della convinzione che Argan si formò considerando l’opera <strong>di</strong> Nerviche cioè “il metodo <strong>di</strong> ricerca formale proprio dell’architettura tecnica fosse un metodointrinsecamente estetico” 25 .Pier Luigi Nervi e il suo team ben conoscevano le relazioni fra la geometria descrittiva e leequazioni analitiche che governavano le forze che si trasmettevano attraverso le struttureda essi costruite ma, soprattutto, possedevano le capacità per attuarne la cantierizzazione.Essi non introducevano certo dei parametri, come si è soliti fare nel caso dell’architetturaparametrica, in equazioni prestabilite in uso oggi all’AA. Lo stesso Nervi in un suo saggiodel 1955 26 , per spiegare il rapporto fra tecnica e arte fa riferimento alla perizia tecnica delpianista Bruno Benedetti Michelangeli come con<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>spensabile per l’esercizio del suolirismo musicale.Conoscenza profonda, me<strong>di</strong>tazione, capacità <strong>di</strong> esecuzione: solo una formazione rigorosae alta, <strong>di</strong>fficilmente trasferibile in un sistema <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> massa, parafrasando SergioPoretti 27 in un intervento sulla <strong>di</strong>dattica <strong>di</strong> Nervi, può inverare tali con<strong>di</strong>zioni.Anche Sergio Musmeci, come ricorda Manfre<strong>di</strong> Nicoletti nella sua breve monografia 28 , eraun fine pianista ed esperto <strong>di</strong> ingegneria aerospaziale – infatti in questa <strong>di</strong>sciplina avevaconseguito la sua seconda laurea – e, da “artista <strong>di</strong> grande cultura, attraverso la scienzacercava l’espressione vera della modernità”.Allo stesso modo, va rammentato che Santiago Calatrava non nasce improvvisamente artistae scultore ma, fin da bambino, aveva frequentato a Parigi le scuole <strong>di</strong> beaux arts, sviluppandola propria sensibilità e la consuetu<strong>di</strong>ne a cercare la sede <strong>di</strong> formazione migliore per i25. Ve<strong>di</strong> G. C. Argan, Pier Luigi Nervi, Il Balcone, Milano 195526. Ve<strong>di</strong> P. L. Nervi, cit.,195527. Nel suo intervento alla Giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o L’insegnamento <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi alla <strong>Sapienza</strong>, del 18 febbraio2011, presso l’Au<strong>di</strong>torium del Museo MAXXI, Sergio Poretti fa riferimento alla “doppia patologia”che ha causato in Italia il degrado professionale: il sistema <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> massa e la mala gestione delleopere pubbliche28. M. Nicoletti. Sergio Musmeci. Organicità <strong>di</strong> forme e forze nello spazio. Universale <strong>di</strong> architettura, n. 54,Testo e Immagine, Torino 199980


Anna Irene Del Monacopropri specifici interessi, come ebbe modo <strong>di</strong> fare dopo gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> a Valencia,trasferendosi a Zurigo per stu<strong>di</strong>are ingegneria.Dunque questi ultimi riferimenti ci consentono <strong>di</strong> affermare che non esiste una scuola ingrado <strong>di</strong> formare “i pionieri” e forse questo non è neanche il compito <strong>di</strong> una scuola, vistoche i pionieri tendono a cercare autonomamente i luoghi più congeniali alla maturazione delloro talento. Ma può esistere una scuola che sia in grado <strong>di</strong> trasformare in “stato dell’arte” leconquiste più utili perseguite dai pionieri.Oggi, tuttavia, questa possibilità fra fatiche, frustrazioni, perplessità, nostalgia e pessimismo,come è emerso dalla testimonianza <strong>di</strong> Francesco Cellini nel suo intervento alla Giornata <strong>di</strong>stu<strong>di</strong>o “L’insegnamento <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi alla <strong>Sapienza</strong>”, sembra mancare quasi del tuttoal mondo accademico dell’architettura. Pier Luigi Nervi nel corso <strong>di</strong> alcune lezioni per uncorso <strong>di</strong> specializzazione post-laurea <strong>di</strong> cui sono rimaste alcune tracce registrate nell’archiviopersonale dell’ingegner Innocenzo D’Erme <strong>di</strong> Latina auspicava la possibilità <strong>di</strong> realizzare unascuola ideale, in cui si potesse insegnare “l’architettura strutturale”, che, secondo il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>Nervi “era una necessità e non una moda”.Egli si domandava se sarebbe stato più opportuno che l’architettura strutturale si insegnassenelle scuole <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> o in quelle <strong>di</strong> Ingegneria, o meglio in una Scuola ideale che avesseriunito architetti e ingegneri. Certamente egli era convinto che chi lo avesse fatto per primo“...avrebbe guadagnato punti...”. Quin<strong>di</strong>, egli affermava, sarebbe stato meglio che lo avessefatto la Scuola in cui egli insegnava, “... che lo si faccia noi...” egli <strong>di</strong>ceva, cioè la Facoltà <strong>di</strong><strong>Architettura</strong> <strong>di</strong> Roma.81


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturaleBellezza è VeritàL’insegnamento <strong>di</strong> Pier Luigi Nervinella Facoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> della <strong>Sapienza</strong> (1948-1962)Trascrizione delle interviste <strong>di</strong> Lucio V. Barbera a:Luisa Anversa - a.a. 1948Carlo Aymonino - a.a. 1948Mario Manieri Elia - a.a. 1954Tommaso Valle - a.a 1955Paolo Portoghesi e Paolo Marconi - a.a 1956Robert Einau<strong>di</strong> - a.a. 1959Vieri Quilici ed Ettore Masi - a.a 1959Lucio V. Barbera - a.a. 1960(a cura <strong>di</strong> Anna Irene Del Monaco)176


Intervista a Luisa Anversa (febbraio 2010)Lucio V. Barbera: Pier Luigi Nervi iniziò a insegnare nella Facoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong><strong>di</strong> Roma nel 1948. Luisa Anversa non fece in tempo a frequentare un intero corso<strong>di</strong> Pier Luigi Nervi perché era già alle soglie della laurea, ma ebbe la fortuna – eanche l’intuito – <strong>di</strong> chiedere a Nervi un colloquio mentre preparava il progetto perla tesi. Fu un colloquio singolare e mi piacerebbe che Luisa lo evocasse per noi.Luisa Anversa: L’occasione del colloquio fu l’elaborazione del tema progettuale per lalaurea, un teatro. Ad un certo punto decisi <strong>di</strong> coprire l’e<strong>di</strong>ficio con una volta sottile – in queglianni iniziavano i primi sondaggi su questa tipologia strutturale – e osai chiedere a Nervi <strong>di</strong>concedermi l’occasione <strong>di</strong> un colloquio per sottoporgli questo problema progettuale. Egli fusubito <strong>di</strong>sponibile e mi concesse un incontro che durò circa un’ora. Durante la prima partedel colloquio mi parlò delle volte sottili – che poi non adottai per le <strong>di</strong>fficoltà che incontraicol professor Foschini, il mio relatore – ma la cosa più interessante, per me in<strong>di</strong>menticabile,fu tutto il tempo che mi de<strong>di</strong>cò parlando del rapporto tra forma e struttura. Egli parlava congrande intensità e capacità <strong>di</strong> comunicazione, tanto che sembrava che stessimo <strong>di</strong>scutendo<strong>di</strong> un progetto vero; descriveva l’invenzione e l’intuito che doveva caratterizzare la primafase della progettazione, fondamentale anche per le fasi successive. Tutto ciò si svolgevatrasmettendo l’emozione che si ha nei momenti in cui si inventa il progetto, il momento dellacreatività, essenziale proprio nelle prime fasi. Fu un colloquio sulla complessità del progetto,sul rapporto tra la forma-struttura e le altre componenti della progettazione. In quell’occasioneNervi si rivelò un maestro capace <strong>di</strong> trasmettere l’emozione della progettazione nellesue varie fasi; tutto questo si <strong>di</strong>mostrò molto significativo per la mia vita professionale.LVB: durante le sue lezioni Nervi parlava spesso del rapporto tra l’idea strutturale el’architetto; egli affermava che il suo compito non era insegnare tutti gli elementi specificidella statica o della tecnologia, ma fare appassionare gli studenti alla statica e alla tecnologia,far comprendere che l’architetto deve sviluppare l’intuito statico, deve capire al primosguardo se una struttura è costruita in modo giusto, se tocca la verità – egli parlava moltospesso <strong>di</strong> verità – o se invece la struttura è un travisamento della realtà.LA: nella vita professionale ho avuto modo <strong>di</strong> verificare la mia capacità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio rispettoal problema strutturale applicata ad un progetto a cui ho partecipato, in occasione <strong>di</strong> unavisita in cantiere. Ero in compagnia del progettista e, in modo del tutto intuitivo, riscontraiuna <strong>di</strong>scordanza tra le strutture verticali e quelle orizzontali, non mi sembravano coerenti.177


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturaleIn realtà poi, nel tempo, la verifica della bontà <strong>di</strong> quella struttura avvenne e le mie intuizionipurtroppo si rivelarono vere. Dopo l’insegnamento <strong>di</strong> Nervi mi ero abituata ad osservare lestrutture e la loro correttezza anche per via intuitiva. In Facoltà anche altri insegnamenti mifurono utili in questo senso. Per citarne uno fra tanti ricordo quello del professor VincenzoFasolo. Ci faceva produrre una montagna <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni, ri<strong>di</strong>segnare le cupole, i monumentirinascimentali, ecc. Si trattava <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> formazione che ho ritrovato utilissima nellaprofessione, assieme ai suggerimenti <strong>di</strong> Nervi.Intervista a Carlo Aymonino (marzo 2010)Lucio V. Barbera: Carlo Aymonino ha avuto la fortuna <strong>di</strong> frequentare il primo corso<strong>di</strong> Tecnica delle Costruzioni e dell’<strong>Architettura</strong> tenuto da Pier Luigi Nervi nella Facoltà<strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> <strong>di</strong> Roma. Nervi era noto in quegli anni per le opere giovanili realizzateprima della guerra e, per gli addetti ai lavori, era noto anche per un piccolo libro, uscitonel 1945 che si chiama Scienza o arte del Costruire?. Questo piccolo libro ha una sua storia.Nella Biblioteca Centrale della Facoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> esistono soltanto due copieche non appartengono alla Biblioteca; una appartiene al fondo Marcello Piacentini e l’altraal fondo Gaetano Minnucci. La cosa impressionante e che questi due libri, entrambimolto vecchi, sembrano essere stati molto consultati dai donatori dei due fon<strong>di</strong>.Carlo Aymonino: già, perché il fondo <strong>di</strong> Piacentini è andato alla Facoltà.LVB: quin<strong>di</strong> sono copie <strong>di</strong> libri che appaiono consumate e molto stu<strong>di</strong>ate da gran<strong>di</strong> maestridell’architettura. La copia <strong>di</strong> Piacentini, in particolare, è molto usurata; forse lo è per sua curiositàe, probabilmente, per l’uso che ne faceva per arricchire alcuni dati per le sue lezionibellissime. Successivamente <strong>di</strong> questo libro non si sa più nulla, finchè viene e<strong>di</strong>to nel ‘97 conuna introduzione <strong>di</strong> Aldo Rossi.CA: stupendo, non lo sapevo per niente.LVB: ho l’impressione che quella del ‘45 sia la prima e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un libro che Nervi ha riscrittopiù volte nella vita. Oltre a questo libro, Scienza e Arte del costruire?, Nervi non ha scrittomolti altri libri, mi piace citare quest’altro libro intitolato Costruire Correttamente e, infine, unlibro e<strong>di</strong>to dalla Harvard University Press, solo in lingua inglese, a cura <strong>di</strong> Roberto Einau<strong>di</strong>, intitolatoAestetics and Technology in Buil<strong>di</strong>ngs. Ho l’impressione che si tratti sempre della stessagrande lezione, arricchita anno dopo anno dalle nuove esperienze progettuali e dai nuovi178


stu<strong>di</strong> che egli aveva modo <strong>di</strong> sperimentare attraverso la sua attività professionale. Tu, CarloAymonino, nel 1948 affronti il corso <strong>di</strong> Nervi; probabilmente egli non era ancora consideratoun grande architetto, ma certamente era noto come un gran<strong>di</strong>ssimo ingegnere. Ciò cherisulta sia dal primo capitolo <strong>di</strong> questo libretto che dagli appunti delle lezioni raccolte da Einau<strong>di</strong>è che Nervi avesse un’insopprimibile esigenza <strong>di</strong> basare l’arte e la scienza del costruiresullo stu<strong>di</strong>o dell’antico.CA: si, era il primo incarico <strong>di</strong> docenza a Roma per Pier Luigi Nervi. Egli in Facoltà era consideratoun bravissimo ingegnere che tentava attraverso paragoni, paradossi e invenzioni <strong>di</strong> farsiapprezzare come architetto; allora non aveva fatto ancora molto come “architetto”. Mi ricordoche i docenti a Valle Giulia durante le lezioni <strong>di</strong> solito camminavano fra i tavoli, su e giù, ancheNervi lo faceva e, durante la lezione sulle volte sottili, considerate una grande novità all’epoca,si fermava e ci <strong>di</strong>ceva “chissà come si reggono”. La cosa mi è rimasta sempre molto impressa.LVB: anche tu, come altri ex allievi <strong>di</strong> Nervi, mi hai raccontato <strong>di</strong> una lezione in cui egli esprimeil suo stupore per il fatto che i rosoni delle antiche cattedrali si mantenessero in pie<strong>di</strong>.CA: e in effetti Nervi ha ragione ... i rosoni sono fatti <strong>di</strong> vetro e pochi elementiin pietra. Quella sui rosoni era una delle lezioni <strong>di</strong> Nervi “col punto interrogativo”;sollecitare la curiosità, evidentemente, era un suo metodo <strong>di</strong>dattico, perché ponendoquesti <strong>di</strong>lemmi trasferiva l’interrogativo su <strong>di</strong> noi. Il ricordo che ho è quello<strong>di</strong> una persona molto molto decisa, che sapeva bene quello che faceva e che avevasoprattutto la capacità <strong>di</strong> inventare ed elaborare la soluzione <strong>di</strong> un problema.LVB: Aldo Rossi, infatti, nell’introduzione alla ristampa del libro <strong>di</strong> Nervi scrive: “ ... io amoNervi perché il grande progresso delle scienze matematiche applicate alla progettazionestrutturale ha creato il <strong>di</strong>stacco fra la progettazione strutturale e la libera intuizione dellospazio”. E forse anche per questo, in qualità <strong>di</strong> docente, vi proponeva degli interrogativi.CA: “chissà come si regge!”....Intervista a Mario Manieri Elia (febbraio 2010)Lucio V. Barbera: Mario Manieri Elia, tu avevi 25 anni nel 1954, gli ultimi anni della tuacarriera da studente, ti laureasti..Mario Manieri Elia: .. nel ‘54.LVB:... quando uscì un prezioso volume dal titolo: La Facoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> <strong>di</strong> Roma nel suotrentacinquesimo anno <strong>di</strong> vita, in quanto la Facoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> <strong>di</strong> Roma, come tutti noi179


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturaleche il peso delle strutture sovrastanti lo tenesse fermo, ma non doveva essere caricato tantoda spezzare questi elementi così sottili che formavano l’apparato decorativo del rosone. E quic’è un problema che il calcolo matematico non riusciva a risolvere. Probabilmente era solo ilcrollo perio<strong>di</strong>co (oggi <strong>di</strong>remmo statistico) <strong>di</strong> questi rosoni ad aver suggerito la misura esatta<strong>di</strong> questo rapporto nel quadro dell’esperienza costruttiva reale degli strutturisti gotici.LVB: questa lezione <strong>di</strong> Nervi sul rosone gotico è molto famosa e vedo che ti è rimasta benimpressa in mente. Portoghesi sostiene che Nervi facesse riferimento alla storia come metodo.Tuttavia mi sembra, parlando con molti <strong>di</strong> voi ex studenti <strong>di</strong> Nervi, che almeno per una parte dellaFacoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> il corso <strong>di</strong> Nervi, in fondo, non fosse perfettamente o particolarmenteaffascinante. O meglio, sembra che alcuni fossero affascinati e molti non lo fossero.MME: in effetti io ero un’eccezione rispetto ai miei colleghi per il fascino che Nerviesercitava su <strong>di</strong> me e mi costruii con gli amici, per questo motivo, la nomea del progettistastrutturale, che poi persi nella vita professionale, quasi completamente, favorendol’interesse per la storia, l’urbanistica ed altre cose. Però in quegli anni da studente, lanomea ce l’avevo. Questo aspetto è singolare nella mia formazione, forse era dovutoanche al fatto <strong>di</strong> aver avuto un padre ingegnere <strong>di</strong> cui mi era rimasto qualcosa nel sangue.LVB: che tipo <strong>di</strong> rapporto instaurava Nervi con gli studenti?MME: Nervi era un po’ freddo, non era una persona affabile. Non gliene importava molto<strong>di</strong> essere <strong>di</strong>alogico con gli studenti. Il colloquio era unilaterale, da lui verso <strong>di</strong> noi. Direiche qualche volta lo infasti<strong>di</strong>va un eccesso <strong>di</strong> presenza <strong>di</strong> studenti a lezione. Mi ricordoche una volta andai da lui già laureato, dopo aver vinto con Italo Insolera, mio collega <strong>di</strong>corso, un concorso per la Valletta <strong>di</strong> Belfiore a Mantova, alla fine degli anni ’50. In quelconcorso mi ero occupato <strong>di</strong> una passerella, visto che ero considerato “lo strutturista”.Questa passerella seguiva i momenti <strong>di</strong> tensione, quin<strong>di</strong> era una struttura abbastanzaelegante e ingegnosa. Andai da Nervi per mostrargliela. Avevamo vinto il primo premio exequocon altri progettisti milanesi, poi naturalmente la passerella non fu realizzata. Ed eglimi <strong>di</strong>sse: “e tu hai vinto un concorso con questo progetto?”. Mi mise a terra. Era un duro…LVB: era severo...MME: ... si, era severo, era duro anche con se stesso, poneva delle critiche anche a se stesso.Invece nella sala da box, che apprezzò <strong>di</strong> più, aveva in<strong>di</strong>viduato la citazione <strong>di</strong> una dellesue invenzioni strutturali, cioè, il ferro-cemento che sarebbe stato impossibile realizzare conuna centina <strong>di</strong> legno. Si trattava <strong>di</strong> una centina <strong>di</strong> ferro che si manteneva per forma con ilcemento gettato sopra.LVB: nel ‘54 Nervi aveva già realizzato opere importantissime, ma il gruppo <strong>di</strong> opere piùimponenti vengono con gli anni successivi, alla fine degli anni ’50. Quali erano le opere <strong>di</strong>Nervi alle quali facevate riferimento come studenti?MME: io ero particolarmente affascinato dagli hangar <strong>di</strong> Orbetello; sono struttureprefabbricate inventate da Nervi, purtroppo <strong>di</strong>strutte dai tedeschi alla fine della guerra. Piùtar<strong>di</strong> egli ripropose questo tipo <strong>di</strong> struttura a Roma. Quello che è interessante è che Nervi inFacoltà era visto come una figura alternativa. Perché la Facoltà viveva ancora del barocchettoromano. Vincenzo Fasolo, infondo, era questo; il Mamiani è una struttura affascinante maguardava in<strong>di</strong>etro, non in avanti. Nervi, come tutte le figure che guardavano in avanti,come De Renzi ad esempio, un’altra figura importante, era più concreto, più solido, più<strong>di</strong>fficilmente accostabile ad un modello <strong>di</strong> spettacolarità, <strong>di</strong> superficialità formale, era moltoconcreto e molto solido; era un presenza rassicurante e significativa della cultura del tempo.182


Intervista a Tommaso Valle (marzo 2010)Lucio V. Barbera: Nel 1955-1956 Masino Valle, giovane studente <strong>di</strong> architettura, entra afrequentare il corso <strong>di</strong> Tecnica dell'<strong>Architettura</strong> e della Costruzione. Quel corso, senza dubbio,ha lasciato in te memorie vivide e insegnamenti. Come era Nervi personalmente?Tommaso Valle: non si può scindere Nervi uomo da Nervi professore. Era una personasemplice e si esprimeva in modo chiarissimo. Oggi qualcuno lo avrebbe definito “solare”allora si sarebbe detto “molto lineare”; aveva uno sguardo penetrante, era sempre puntualeed elegante, anche a lezione. Era aperto e <strong>di</strong>sponibile a <strong>di</strong>scorsi che fossero interessanti. Ilcorso universitario era tenuto da Nervi in prima persona e da Antonio Michetti come suoassistente. Michetti svolgeva la parte ”teorica” del corso e Nervi la parte “pratica”, cioè,spiegava in maniera molto semplice il sistema logico secondo cui era giusto impostare unprogetto architettonico e strutturale. Tutto si basava su un ragionamento logico. Attraversole <strong>di</strong>apositive illustrava le sue opere in maniera talmente semplice che, alla fine della lezione<strong>di</strong>cevi: ma che ha fatto in fondo? Sembra così semplice. Solo dopo, ripensandoci, capivi chec'era una notevole complessità in quelle opere che apparivano tanto semplici per il modo incui Nervi le descriveva.LVB: hai ricordato una cosa molto interessante: Michetti affrontava la parte teorica e Nervi,tu hai detto, la parte pratica, certamente perché per Nervi il progetto comprende in modointrinseco anche il progetto del cantiere.TV: credo che sia proprio questo l'insegnamento principale che mi ha dato Nervi: la logicitàdel processo progettuale-costruttivo. Oggi sono cambiati i materiali, ce ne sono <strong>di</strong> nuovi:acciai armonici, tessuti ecocompatibili, etc...ma non si può fare un progetto se non si riescead arrivare alla sintesi fra forma e struttura. La struttura oggi è un qualcosa che non è piùsolo il sostegno statico dell'architettura. La struttura ha un potere <strong>di</strong>verso nel progetto, hala possibilità <strong>di</strong> fare quello che un tempo poteva essere fatto con le superfici, intese comegeneratrici <strong>di</strong> spazio. Nervi, attraverso le sue strutture, tutto questo lo aveva già anticipato.183


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturaleIntervista a Paolo Portoghesi e Paolo Marconi (marzo 2010)Lucio V. Barbera: Dalla fine degli anni ‘40 fino all’inizio degli anni ‘60 la Facoltà <strong>di</strong><strong>Architettura</strong> <strong>di</strong> Roma ha avuto la fortuna <strong>di</strong> annoverare Pier Luigi Nervi tra i suoi professori.Ma anche Pier Luigi Nervi ha avuto la fortuna, nel corso del suo insegnamento romano,<strong>di</strong> imbattersi a metà degli anni ‘50 in alcune classi <strong>di</strong> studenti veramente eccezionali, chehanno dato poi dei frutti straor<strong>di</strong>nari in termini accademici, progettuali, culturali. Due dei piùimportanti rappresentanti fra questi studenti eccezionali sono certamente Paolo Portoghesi ePaolo Marconi. Altri mancano, ma essi possono rappresentare con pienezza e consapevolezzacome l’insegnamento <strong>di</strong> Nervi abbia gettato un seme nel loro fecondo terreno culturale.Paolo Portoghesi .... raccontaci <strong>di</strong> “Nervi docente” e del suo rapporto con coloro chesarebbero <strong>di</strong>ventati, poi, fra i più importanti architetti italiani. Come lo ricor<strong>di</strong>?Paolo Portoghesi: personalmente ho subito molto il fascino <strong>di</strong> Nervi; ho frequentato laFacoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> in un modo che potrei definire “critico”, cioè non essendo d’accordocon la maggior parte dei professori, facendo un’azione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scre<strong>di</strong>to nei confronti della scuola,lavorando abbastanza poco. Tutto sommato nei confronti <strong>di</strong> architetti dei quali abbiamoriscoperto le qualità solo recentemente, c’era allora una certa ostilità preconcetta. L’unicogrande personaggio che ho incontrato prima <strong>di</strong> laurearmi, a parte Quaroni che è arrivatosuccessivamente come titolare <strong>di</strong> cattedra, e che prima era stato un po’ una comparsa nellaScuola, è stato Pier Luigi Nervi, al cospetto del quale sentivi <strong>di</strong> stare <strong>di</strong> fronte ad uno deigran<strong>di</strong> dell’architettura contemporanea. Per questo, devo <strong>di</strong>re, frequentai parecchie suelezioni, cosa che facevo poco per altre materie, raccogliendo alcuni insegnamenti che sonorimasti dentro <strong>di</strong> me profondamente ra<strong>di</strong>cati. Non credo che Nervi sarebbe stato felice <strong>di</strong>avere un allievo come me. Charles Jencks ha definito la mia Moschea <strong>di</strong> Roma come “un Nerviin vacanza”; questo per <strong>di</strong>re che la mia posizione <strong>di</strong> fronte all’architettura è molto <strong>di</strong>versada quella <strong>di</strong> Nervi. Ma egli, certamente, è stato una delle fonti più significative per il miolavoro. Quin<strong>di</strong>, quando ebbi l’occasione <strong>di</strong> averlo come professore sono andato a sentirlo conreverenza, assorbendo parecchie cose. Ricordo, per esempio, un particolare insegnamento.Stavo leggendo l’Alberti in quel periodo, ero al quarto anno e proprio nel libro dell’Albertiavevo letto che i progetti vanno lasciati riposare e guardati con <strong>di</strong>stacco, dunque qualcosache bisogna lasciare e poi riprendere. Nervi, casualmente, tornò sullo stesso tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso;egli <strong>di</strong>ceva: “quando si fa un progetto bisogna farlo riposare e quando lo si riprende bisognaeliminare tutte le cose che non sono in<strong>di</strong>spensabili”. Ecco, questo è rimasto dentro <strong>di</strong> mecome una lapide scolpita, nel profondo. Anche se non sono mai stato capace <strong>di</strong> riuscire afare questa specie <strong>di</strong> spoliazione del progetto, però l’ho sempre considerato un dovere, cioè184


quello <strong>di</strong> chiedermi: “questa cosa è veramente in<strong>di</strong>spensabile?”. Naturalmente per Nervi“in<strong>di</strong>spensabile” significava un elemento architettonico che è necessario per reggere une<strong>di</strong>ficio, che avesse un valore costruttivo; per me il <strong>di</strong>scorso è più complesso, si tratta <strong>di</strong>vedere se è in<strong>di</strong>spensabile per comunicare una certa idea attraverso l’architettura. Questa èuna delle cose che ho conservato dentro <strong>di</strong> me e <strong>di</strong> cui gli sono grato. Egli era un personaggiomolto simpatico, poco loquace devo <strong>di</strong>re, da buon genovese parlava pochissimo, ma aveval’autorità della modestia, che è una cosa molto rara. Non <strong>di</strong>ceva nulla che desse l’impressioneche egli fosse una persona con un grande concetto <strong>di</strong> sé, anzi, spesso raccontava cose cheerano in lode dell’umiltà. Quando io l’ho conosciuto il suo lavoro era desiderato in tutte leparti del mondo e tutti cercavano in ogni modo <strong>di</strong> avere “un Nervi” da mettere in una cittàche avesse bisogno <strong>di</strong> buona qualità architettonica. Aveva già realizzato i progetti <strong>di</strong> Roma,stava lavorando a Italia ‘61, al suo straor<strong>di</strong>nario “tempio greco”. Per me era affascinantevedere il suo rapporto con la tra<strong>di</strong>zione, un rapporto soli<strong>di</strong>ssimo. Se mai si può pensare ad unarchitetto classico che ha attraversato la modernità, occorre considerare Nervi che, insieme aPerret, è uno dei maggiori.LVB: nell’analizzare l’insegnamento <strong>di</strong> Nervi ci si sorprende per il suo rapporto costantecon i monumenti architettonici della storia, che per lui sono costantemente presenti e fonte<strong>di</strong> ispirazione non tanto <strong>di</strong> forme quanto <strong>di</strong> metodo; credo che ciascuno <strong>di</strong> noi, <strong>di</strong> voi, hamemoria <strong>di</strong> qualche elemento <strong>di</strong> metodo che Nervi traeva dall’esame delle architettureantiche.Paolo Marconi: Nervi è stato grande perché anziché parlare <strong>di</strong> numeri, cifre, calcoli, parlava<strong>di</strong> storia dell’architettura in chiave costruttiva. Io ricorderò ancora per molto una sua lezionesui rosoni delle cattedrali gotiche nella quale afferma, con la maggiore umiltà intellettualeche abbia percepito in vita mia, che egli, da impresario e costruttore, non avrebbe saputocostruire un rosone <strong>di</strong> una cattedrale gotica. Egli ci mostrava con dei <strong>di</strong>segni alla lavagnacome, dopo aver impostato le colonnine basse, sarebbe stato <strong>di</strong>fficile collocare le colonninealte, do<strong>di</strong>ci colonnine in un cerchio che sovente arriva a 6 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, con oggetti chepotevano essere manovrati solo con le mani a partire da ponteggi <strong>di</strong> legno pensili e neancheeccessivamente stabili. Questa fu una lezione <strong>di</strong> umiltà intellettuale veramente unica nellamateria <strong>di</strong> Tecnica dell’architettura, alla quale in Facoltà, devo ricordare, negli anni ‘50, siaccompagnava l’insegnamento <strong>di</strong> Minnucci che insegnava come si tiene in mano un mattonee ci portava in cantiere, e l’insegnamento <strong>di</strong> Saverio Muratori, un grande insegnamento, lacui autorevolezza fu messa in dubbio dagli architetti modernisti per il progetto del Palazzodella Democrazia Cristiana all’EUR, che visitammo in costruzione, e che ci sconvolse dopo leesperienze bolognesi muratoriane. Con Gianfranco Caniggia e Paolo Portoghesi costituimmo,ad un certo punto, una sorta <strong>di</strong> curioso terzetto, del quale Gianfranco era il perno; infattiaveva una struttura fisica maggiore della nostra, e noi quasi metaforicamente gli giravamointorno. è stata una esperienza intellettuale straor<strong>di</strong>naria. La lezione <strong>di</strong> Nervi, che parlava<strong>di</strong> architettura in temini <strong>di</strong> firmitas, affermava che la firmitas è garantita innanzitutto dallasimmetria bilaterale, cosa che gli antichi conoscevano, basti guardare il Partenone, SanPietro... una lezione che <strong>di</strong>sdetta il Modernismo.PP: questa è la ragione per cui Benevolo ne parlava malissimo, definendo Nervi un architettolegato al classicismo.PM: quello stesso Benevolo che, d’altronde, scappò perché poco gra<strong>di</strong>to agli allievi, neglianni tra il ‘63 e il ‘68. Nervi, poi, aveva un suo straor<strong>di</strong>nario assistente, giovane, una trentinad’anni meno <strong>di</strong> lui, Toto Michetti, col quale abbiamo fatto interessantissime esercitazioni. Si185


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturaletratta dello stesso Michetti che è stato consulente <strong>di</strong> Richard Meier, e <strong>di</strong> tanti gran<strong>di</strong> architettiche hanno realizzato le ultime opere costruite a Roma...PP: lo è stato anche della mia Chiesa <strong>di</strong> Calcata...PM:... e non c’è <strong>di</strong>scepolo bravo che non abbia avuto un gran maestro e un gran maestroche non abbia avuto gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>scepoli. Dunque l’esperienza <strong>di</strong>dattica e morale <strong>di</strong> Nervi è statala più importante in quel periodo, nel quale, d’altronde, la Facoltà era nelle mani migliori chepotessero esserci nel mondo dell’architettura. Parliamo <strong>di</strong> Marcello Piacentini...PP: <strong>di</strong> cui abbiamo assistito ad una sola lezione... <strong>di</strong> straforo...PM: Ballio MorpurgoPP: Vincenzo FasoloPM:... il grande Vincenzo Fasolo, che è stato preside, con Benevolo e Zander, suoi assistenti,che facevano lezione in aula uno a destra e uno a sinistra, su due lavagne <strong>di</strong>verse, e<strong>di</strong>segnavano contemporaneamente due or<strong>di</strong>ni architettonici <strong>di</strong>versi: Benevolo l’or<strong>di</strong>nedorico, Zander l’or<strong>di</strong>ne ionico, con le denominazioni in greco e in latino scritte vicine colgesso, le famose nove righe. E noi studenti con i nostri album che copiavamo, <strong>di</strong>mostrandoche notoriamente la copia a mano è lo strumento <strong>di</strong>dattico fondamentale per qualunqueinsegnamento artistico. Così si impara la pittura, la scultura, così si impara la musica,anch’essa arte meccanica, come <strong>di</strong>cevano Archimede e Aristotile, meccanica perché la si facon le mani. E io da Nervi ho avuto questa precisa lezione, che l’architettura si fa con le mani;anche i cementi armati che utilizzava han tenuto così bene perché erano stati realizzati benee in questo anche la sobrietà verbale <strong>di</strong> Nervi era fantastica, perché ha lasciato comunquetracce straor<strong>di</strong>narie.LVB: questo rapporto con la storia era dunque costante e l’architettura gotica probabilmentelo ha attratto molto….PP:.... dal gotico ha preso la nervatura... però era tutto il mondo classico che esercitavaun fascino molto forte su <strong>di</strong> lui, così come la tra<strong>di</strong>zione popolare a volte sollecitava in lui ilparadosso. Devo raccontare infatti questa lezione de<strong>di</strong>cata alle volte alla romana. Cos’è lavolta alla romana: è una volta fatta da mattoni in folio, in cui si utilizza la parte più sottile delmattone. Nell’Ottocento sono state realizzate delle scale anche gigantesche con questo tipo<strong>di</strong> tecnologia.PM: sono scale volanti...PP: ce n’è una a Palazzo Marignoli che è una cosa veramente incre<strong>di</strong>bile. Nervi si erade<strong>di</strong>cato allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> queste strutture perché gli sembravano paradossali. E il risultato delleindagini attraverso il metodo delle scienze delle costruzioni era assolutamente negativo. Nonsarebbero dovute stare in pie<strong>di</strong>. E lui si <strong>di</strong>vertiva molto in questi casi perché era un sostenitoredell’intuizione statica e non del calcolo. Prima si intuisce la struttura perché si ha la sensibilitàper poterlo fare e poi si fanno i calcoli. E qui madre natura è maestra, infatti egli amavamolto fare riferimento ai tessuti organici, alle foglie, alle membrane etc. Quin<strong>di</strong>, in questosenso, egli è stato un maestro perché ci ha fatto capire che bisognava coltivare l’intuizionestatica osservando la realtà. Infatti una delle cose più importanti che può fare un professore èsollecitare gli studenti ad osservare, ad andare a fondo nelle cose, riempendosi la memoria <strong>di</strong>cose concrete. E Nervi in questo è stato straor<strong>di</strong>nario, tra tutte le sue passioni primeggiava ilsenso statico classico della forma. E a me piace moltissimo l’atrio dell’Aula che ora chiamanoPaolo VI ma una volta, giustamente, si chiamava Aula Nervi, perché tra i colonnati del secoloventesimo è il più cre<strong>di</strong>bile, il più sostanzioso. Quin<strong>di</strong> ricordare Nervi, per chi ha stu<strong>di</strong>atocon lui, è una cosa straor<strong>di</strong>naria, anzitutto per avere avuto l’occasione <strong>di</strong> incontrare un186


grande, un genio, e poi soprattutto una persona <strong>di</strong> grande equilibrio. Oggi ci sono moltistrutturalisti che seguono in parte il suo insegnamento, ma tendono sempre ad un risultatoclamoroso; al contrario Nervi tendeva ad un risultato che fosse assolutamente sereno, privo<strong>di</strong> accentuazioni se non all’interno della logica della cosa stessa; è veramente un peccatoche il suo capolavoro giovanile, gli hangar <strong>di</strong> Orbetello, siano stati <strong>di</strong>strutti tutti dalla guerra.Avevo proposto al sindaco <strong>di</strong> Orbetello infatti <strong>di</strong> ricostruirli. Sarebbe stato anche facile perchéè una costruzione fatta <strong>di</strong> niente, <strong>di</strong> una logica impeccabile, nella quale basta costruire beneun elemento e poi replicarlo. Chissà che in futuro questo non possa avvenire. Comunque,Roma è una città fortunata perché fra gli ultimi e<strong>di</strong>fici costruiti <strong>di</strong> Nervi c’è questa “stradasopraelevata”, quella del Viadotto del Villaggio Olimpico, che <strong>di</strong>mostra come la strada possa<strong>di</strong>ventare un elemento <strong>di</strong> architettura, appunto, su una fila <strong>di</strong> colonne, utilizzando il modellodel portico. Quelle del Viadotto <strong>di</strong> corso Francia sono colonne stupefacenti, nelle quali <strong>di</strong>etrola materia traspare il comportamento delle sue fibre. La colonna fatta <strong>di</strong> superfici rigate,perché c’è dentro la matematica e la suggestione della matematica, ma c’è soprattuto lasaggezza del costruttore.LVB: mi sembra che questo atteggiamento classico rispetto alla materia costruita assiemeall’osservazione del comportamento della natura, renda sia le opere <strong>di</strong> Nervi che la suapersonalità una sintesi che va al <strong>di</strong> là dell’avanguar<strong>di</strong>a e dell’accademia, e che sta nella storiadell’architettura con stabilità veramente classica. Oggi è possibile che questo insegnamentoabbia non soltanto un’eco, una memoria per protagonisti attuali, ma soprattutto per i futuriprotagonisti dell’architettura.PM: <strong>di</strong>rei che questo non solo è auspicabile ma possibile, anzi è inevitabile. Noi torneremopresto alla classicità e sarà l’unica risorsa della cultura occidentale, se vogliamo che la culturaoccidentale abbia la possibilità in futuro <strong>di</strong> essere identificata come tale. Essa è costruita sullafirmitas, l’utilitas, la venustas vitruviana. Nervi ricordava spesso a lezione il caso del porticodel Partenone e la lievissima inflessione delle colonne angolari che aiutavano la struttura incaso <strong>di</strong> sisma. Talvolta Nervi sollecitava le riflessioni sul sisma, come ogni strutturista degno<strong>di</strong> questo nome, come un professionista che lavorava in una zona come l’Italia, percorsada Trapani fino a Trieste dalla faglia Me<strong>di</strong>terranea che, provenendo da Gibilterra entra inItalia a Trapani, passa per Messina, per l’Irpinia, l’Abruzzo – tutti luoghi che ormai ci fannorabbrivi<strong>di</strong>re – prosegue per Benzone, in Friuli, per la Macedonia passa per Istambul perprocedere verso oriente. Rispetto a questi temi la concretezza per nulla gretta sia <strong>di</strong> Nerviche <strong>di</strong> Michetti era bellissima, perseguiva il classicismo, la semplicità assoluta e il dominio delcampo della firmitas garantita soprattutto dalla simmetria. Cosa <strong>di</strong>re del Museo <strong>di</strong> Bilbao <strong>di</strong>F. Gehry e <strong>di</strong> tante altre cose che si vantano <strong>di</strong> essere delle architetture eccezionali o “designcreativo”? Esse sono altrettanto creative e altrettanto storiche, fatemelo <strong>di</strong>re, <strong>di</strong> un corso <strong>di</strong>scrittura creativa. Un qualunque metodo <strong>di</strong> scrittura potrebbe fare a meno della conoscenza,anche se assolutamente vaga e preliminare, del greco e del latino o del linguaggio classico?Assolutamente no. Vantare che si possa fare una scrittura creativa è come vantare <strong>di</strong> poter fareuna architettura asimmetrica creativa. Le forze <strong>di</strong> gravità e il rischio sismico sono dominantinel processo costruttivo. Come costruttori ci deve preoccupare che le nostre strutture sianoin grado <strong>di</strong> sopravvivere nei secoli, altrimenti avremmo prodotto strutture <strong>di</strong> carta. E sottoquesto aspetto l’insegnamento <strong>di</strong> Nervi e <strong>di</strong> Michetti è stato importatissimo in tempi in cuinon si presentava solo la tesi <strong>di</strong> laurea, ma tutti i prodotti della carriera <strong>di</strong>dattica. Io, infatti,me li feci rivedere tutti da Michetti. La <strong>di</strong>dattica dovrebbe tornare a queste sane abitu<strong>di</strong>ni,la tesi <strong>di</strong> laurea così come è praticata oggi <strong>di</strong> fronte a questo passato <strong>di</strong>venta insignificante.187


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturalePP: io vedo le cose in modo un po’ meno drammatico rispetto a Paolo Marconi. Considerandoche la ciclicità della storia è inevitabile, ritengo che ci sarà sicuramente il ritorno ad alcunecertezze, in particolare quelle rispetto alle quali Nervi, in fondo, era stato uno degli eroi.La sua è una architettura profondamente moderna, fatta con mezzi nuovi e ignoti ai tempiantichi, ma che esprime il senso della tra<strong>di</strong>zione come qualcosa <strong>di</strong> cui non si può fare ameno, perché è quella che ci apre le idee e che ci ammonisce a fare determinate cose. Ecco,noi abbiamo assistito alle crisi della tra<strong>di</strong>zione, a momenti in cui si considerava la novitàcome qualcosa che si costruisce a tavolino e che è in grado <strong>di</strong> rovesciare quello che esiste;cose che alcune volte hanno raggiunto una qualità artistica. Ma la qualità artistica è un fattosecondario, almeno per un architetto. Io credo che un architetto debba aiutare a migliorarela qualità <strong>di</strong> vita degli uomini. E in questo senso Nervi ci ha insegnato molto, come ci hainsegnato ad essere italiani, cioè ….PM: classici..PP: certo tutti i perio<strong>di</strong> storici hanno avuto il loro classicismo, certamente il gotico <strong>di</strong> Reimsè un gotico classico; in questo senso l’Italia è rimasta legata ad alcune certezze per tantotempo, oggi sembra che le abbia completamente <strong>di</strong>menticate. Infatti si serve soprattutto<strong>di</strong> architetti che vengono da altri paesi, perché l’italiano, per quanto sia bravo, non riescead essere creativo in modo eretico, ricercando le novità. Difficilmente gli italiani potrannoconcorrere con le follie che ve<strong>di</strong>amo ogni giorno sulle pagine delle riviste e spesso ancheper le strade delle città italiane. Quello che conta, cioè le opere che hanno ra<strong>di</strong>ci profonde,sono destinate a riemergere. Certamente Nervi sarà uno dei punti fermi nel quadro <strong>di</strong>una revisione dell’architettura elaborata nel nome della logica, della razionalità e dellariven<strong>di</strong>cazione delle <strong>di</strong>fferenze che hanno dato luogo nel mondo a civiltà che <strong>di</strong>alogano fraloro e che non possono ridursi l’una all’altra. La mon<strong>di</strong>alizzazione deve essere perseguitapreservando le <strong>di</strong>versità.LVB: resto sempre ammaliato dallo spazio costruito da Nervi, in particolare dalla sensazioneche si prova all’interno del Palazzo dello Sport dell’EUR, entrando dal basso, alla stregua deigla<strong>di</strong>atori nell’arena e guardando in alto.PP: è la volta celeste.PM: è un cielo, gli spagnoli lo chiamerebbero cielo.PP: il progetto della cupola del Palazzo dell’EUR fu realizzato per volontà <strong>di</strong> Piacentini, perquesto Nervi fu demonizzato in quell’occasione, per aver osato <strong>di</strong> aderire ad un programmapiacentiniano, pur essendo stato docente nella Scuola <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> nel dopoguerra ...PM: Nervi aderì al regime anteguerra, come aveva aderito anche Ridolfi, non <strong>di</strong>co perconvenienza, ma perché a quei tempi non si poteva non aderire...LVB: conversando con Carlo Aymonino ieri, ricordavo a Carlo che il primo libro pubblicatoda Nervi si intitola Scienza o Arte del Costruire?. Ci sono due copie nella nostra Biblioteca, unadel Fondo Piacentini, una del Fondo Minnucci. La copia <strong>di</strong> Piacentini è molto consumata etormentata.PM: Piacentini e mio padre, Plinio Marconi, furono coloro che puntarono su Nervi in queglianni, e fecero in modo <strong>di</strong> averlo come docente nella Facoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> perché, <strong>di</strong>cevamio padre che proveniva dal Politecnico <strong>di</strong> Torino, alcuni ingegneri “devono” insegnare inFacoltà.PP: però non gli hanno mai dato la Cattedra!..PM: questo è vero... ma il problema è che cambiarono i tempi..PP:... soprattutto per volontà dei suoi colleghi “scienziati delle costruzioni”...188


PM:... numerici, calcolatori... Nervi era uno pragmatico...Paolo Portoghesi: certo.... Nervi credeva nell’intuizione statica, in continuità conl’architettura del passato... in quegli anni i calcolatori non esistevano..Paolo Marconi: ... non c’era certo il calcolatore a stabilire se il Partenone avrebbe rettoPaolo Portoghesi: se ci pensi, poi, le architetture del passato che sono crollate sonoabbastanza poche....Lucio V. Barbera: questo è certo...Intervista a Robert Einau<strong>di</strong> (febbraio 2010)Lucio V. Barbera: Robert Einau<strong>di</strong>, tu sei nato negli Stati Uniti, quin<strong>di</strong> sei americano <strong>di</strong>nascita, anche se la tua personalità è una personalità ponte o bridge tra gli Stati Uniti, l’Europae in particolare l’Italia. Hai frequentato gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> architettura negli Stati Uniti, presso laCornell University prima e l’MIT poi, a Boston. Ma nell’anno accademico ‘59-’60 tu sei aRoma – negli anni in cui io stesso frequentavo l’università – e pren<strong>di</strong> gli appunti preziosissimi<strong>di</strong> un intero corso <strong>di</strong> Pier Luigi Nervi. Come accade questo e perché?Robert Einau<strong>di</strong>: io ero in America... stu<strong>di</strong>ando e vi<strong>di</strong> i progetti <strong>di</strong> Nervi, per me incre<strong>di</strong>bili,pubblicati sulle riviste; in un certo senso me ne innamorai e quin<strong>di</strong> cominciai a leggere tuttoquello che potevo su Nervi. Quin<strong>di</strong> decisi <strong>di</strong> venire a seguire il suo corso a Roma. Giu<strong>di</strong>cavoNervi uno degli architetti, ingegneri, costruttori più importanti del mondo, non solo d’Italia,ovviamente. La mia università, la Cornell, mi permise <strong>di</strong> seguire dei corsi singoli alla <strong>Sapienza</strong>;fu una grande fortuna seguire i corsi <strong>di</strong> Nervi. Mi chiesi come mai non trovavo tutti i colleghiitaliani accalcati ad ascoltare Nervi: molti dei miei amici seguivano altri corsi e <strong>di</strong>cevano “beh,Nervi è un ingegnere, noi vogliamo essere liberi <strong>di</strong> progettare come vogliamo”. Invece per meera essenziale avere le basi per la progettazione delle strutture e Nervi insegnava a costruire; ilprogetto costruttivo era fondamentale. Dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Nervi se una architettura non eracostruibile non era architettura.LVB: io ho letto, devo <strong>di</strong>re, con una crescente emozione i tuoi appunti <strong>di</strong> allora. Lo <strong>di</strong>cosul serio, perché a parte la completezza – sono 28 lezioni <strong>di</strong> Nervi sintetizzate in maniera189


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturalefulminante, a volte con piccole note, anche personali – mi è sembrato <strong>di</strong> tornare in<strong>di</strong>etronegli anni, e <strong>di</strong>rei che ho appreso gli insegnamenti <strong>di</strong> Nervi forse più da questi tuoi appuntiche dalle lezioni che io frequentai, forse con lo stesso <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> cui tu parlavi riferendotia molti studenti italiani. Da questi tuoi appunti si comprende quello che pensa Nervi: “ioinsegno perché voi vi interessiate alla tecnologia, non mi interessa molto insegnarvi cosespecifiche, ma rendervi consapevoli dell’importanza della tecnologia”. Egli ad<strong>di</strong>rittura, inuna lezione, non ricordo esattamente quale, afferma che la grande <strong>di</strong>fferenza tra il mondomoderno e il mondo <strong>di</strong> cento anni prima – siamo alla fine degli anni ’50, quin<strong>di</strong> si riferivaal periodo fra il 1859 e il 1960 – non stava tanto nello sviluppo del pensiero, della filosofia,quanto nell’immissione della tecnologia nella società.RE: egli sosteneva che la tecnologia e la velocità erano gli elementi fondamentalmentenuovi; tutto era più veloce negli ultimi cento anni: aeroplani, imbarcazioni, automobili.Nervi riteneva che la forma dei mezzi <strong>di</strong> trasporto, ad esempio, fosse stata definita inmodo sempre maggiore fino ad arrivare al punto da non poter essere più cambiata,perché doveva rispondere ad esigenze tecniche che sono eterne e che sono necessarieper natura. L’architettura, invece, egli <strong>di</strong>ceva, ha un po’ più <strong>di</strong> margine ma, nel momentoin cui l’architettura aquista gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, i margini sono sempre minori, si potevanoanche personalizzare i dettagli, ma le regole imposte dalla tecnica e dalla natura erano quasiimmutabili.LVB: il concetto <strong>di</strong> natura come “maestra” è espresso molto chiaramente: egli <strong>di</strong>ce, “l’umanitàsi è data un maestro per l’architettura, sono le leggi della natura”. Questo concetto è moltointeressante. Un’altra cosa molto interessante, che si nota nello svolgimento delle lezioni,è che tutta la prima parte del corso è de<strong>di</strong>cata sostanzialmente ad una rilettura della storiadell’architettura attraverso i gran<strong>di</strong> monumenti – la cupola <strong>di</strong> S. Pietro, S. Maria del Fiore,le cattedrali gotiche – visti con l’occhio <strong>di</strong> un costruttore. C’è una lezione, mi sembra la n.9, in cui egli si pone il problema della <strong>di</strong>fferenza del costruire <strong>di</strong> oggi con quello <strong>di</strong> allora.Questo rapporto con la storia forse suonava bene alle orecchie degli studenti della Facoltà <strong>di</strong><strong>Architettura</strong> che avevano una base culturale storicistica, ma forse egli intendeva qualcosa <strong>di</strong><strong>di</strong>verso.RE: leggendo in modo superficiale i commenti <strong>di</strong> Nervi sulla storia si può pensare che ci siacontrad<strong>di</strong>zione nel suo pensiero, io stesso rileggendo le mie note dopo <strong>di</strong>versi anni, in unprimo momento ho avuto la sensazione <strong>di</strong> cogliere questa incongruenza. Ma non è affattovero. Egli esamina l’architettura del passato dal punto <strong>di</strong> vista del costruttore, spiega chele forme che sono evolute non sono state inventate per essere belle, ma per rispondere inmodo chiaro alle esigenze del materiale utilizzato e della società. Così la forma <strong>di</strong>ventava ilrisultato <strong>di</strong> un uso appropriato del materiale. Nervi ci <strong>di</strong>ceva che non dovevamo guardareall’architettura antica per ispirarci, perché l’oggi è nato ieri e non ha niente a che fare conquello che è avvenuto 100 anni fa o 200 anni fa. Egli considerava il passato non perchélo volesse copiare o perché volesse ispirarsi alle sue forme, ma per cercare <strong>di</strong> capire qualifossero le leggi immortali del costruire, le logiche dell’uso del materiale. La muratura, lapietra dei templi egizi o greci, imprimevano un limite all’architettura: le colonne nonpotevano essere tanto <strong>di</strong>stanti tra loro perché c’era un’architrave in pietra da sostenere. Nerviamava le cattedrali gotiche perché in esse vedeva il risultato <strong>di</strong> una logica costruttiva; nonrappresentavano un’architettura inventata per essere bella, per avere una forma strabiliante,ma un’architettura sviluppata per esser coerente con l’uso del materiale e del metodocostruttivo adottato.LVB: nei tuoi appunti verso la lezione n. 12 o n. 13 si concludono le lezioni sui principi190


generali, sul rapporto con la storia; Nervi inizia a parlare criticamente – egli <strong>di</strong>ce“scientificamente” – delle architetture contemporanee e del fatto che esse vadano conosciuteprofondamente. Per questo, quasi scusandosi, <strong>di</strong>ce “io parlerò delle mie opere perché leconosco meglio” e comincia una serie <strong>di</strong> lezioni, secondo me bellissime, <strong>di</strong> presentazionee <strong>di</strong> analisi delle sue stesse opere. Una cosa mi ha colpito: egli parla anche delle quantità <strong>di</strong>denaro che si risparmiano con una soluzione o che si spendono più con un’altra. L’operaarchitettonica è presentata anche nei suoi aspetti economici.RE: egli infatti <strong>di</strong>ceva che l’architettura non “può” essere economica, ma “deve” essereeconomica; l’architetto ha l’obbligo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are il metodo più economico ed efficace eperseguire, senza svilirla, la qualità dell’architettura. La semplificazione dei processi conducespesso a risultati semplificati e perciò anche migliori.LVB: in molte lezioni Nervi richiama la parte più complessa del suo pensiero, ma nello stessotempo la più semplice. Egli mette a fuoco il rapporto tra bellezza ed economia e <strong>di</strong>ce che ilprogetto deve essere “vero”; la bellezza segue da sola.RE: infatti un esempio che egli citava spesso, oltre al suo lavoro <strong>di</strong> cui chiaramente conoscevatutto il processo, era la Sala delle Macchine nel Conservatorio delle Arti e dei Mestieri a Parigi,una struttura elementare e bellissima, un’opera ingegneristica che nessuno ha mai pensato <strong>di</strong>realizzare con lo scopo che fosse bella. Chi l’ha progettata intendeva realizzare qualcosa chefosse soprattutto vera, reale, economica e che rispettasse le leggi della statica, quin<strong>di</strong> le leggidella natura.LVB: nei tuoi appunti è citato un verso <strong>di</strong> Keats; non ho capito se è una tua nota suscitatadall’insegnamento <strong>di</strong> Nervi o se è stato Nervi stesso a citare Keats: Beauty is truth, truthbeauty, se non sbaglio.RE: certo, debbo <strong>di</strong>re che anch’io me lo sono chiesto rileggendo le note dopo tanti anni, manon saprei <strong>di</strong>rlo… mentre oggi conosco Keats a memoria allora non lo conoscevo per niente;sarà stato senz’altro Nervi a suggerire questa equazione, riferendosi alla poesia <strong>di</strong> Keats: Labellezza è verità, la verità bellezza.LVB: questo è molto importante perché da questi tuoi appunti emerge a tutto tondo la figura<strong>di</strong> Nervi come intellettuale colto più che come ingegnere. Egli lo <strong>di</strong>ce, ad un certo punto, etu l’hai sottolineato: ”Io credo <strong>di</strong> essere una persona colta”, e poi <strong>di</strong>stende il suo pensierospecificando che cosa sia una persona colta. Per fare questo esamina alcune persone, alcunigran<strong>di</strong> progettisti e poeti del passato per definire che cosa sia la cultura. Questo è in se stessoun insegnamento importante: per essere bravi progettisti bisogna essere persone <strong>di</strong> grandecultura.RE: egli pensava che fosse essenziale conoscere, indagare ma, allo stesso tempo, temeva chegli studenti lo fraintendessero. Per Nervi conoscere e indagare significava capire, ma avevapaura che gli studenti finissero per copiare, che sarebbe stata la cosa peggiore. Dobbiamopensare e risolvere i problemi <strong>di</strong> oggi, egli <strong>di</strong>ceva, non possiamo pensare che un esempio delpassato possa essere estrapolato, portato ai giorni nostri e copiato; questo sarebbe un grossodanno.LVB: c’è una bellissima frase che tu appunti in una delle prime lezioni in cui egli <strong>di</strong>ce:“state attenti, non bisogna stu<strong>di</strong>are tanto, bisogna pensare” questo è molto bello ed è uninsegnamento molto molto interessante per i progettisti. Gli anni 1959 e 1960 sono moltofecon<strong>di</strong> per Nervi perché egli produce alcuni tra i suoi progetti più importanti, soprattuttoa Roma. Si avvicinano le Olimpia<strong>di</strong> del 1960, a Torino si prepara l’Esposizione <strong>di</strong> Italia ‘61ed è in costruzione il grande Palazzo del Lavoro. A Roma, nella seconda parte del corso, egli191


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturaleaccompagna gli studenti a visitare le sue opere per le Olimpia<strong>di</strong>.RE: Nervi proiettava in aula i filmati delle sue opere in costruzione perché riteneva il processocostruttivo importante quanto il processo progettuale, anzi, il progetto doveva sempre tenerpresente gli elementi costruttivi e il modo in cui erano messi insieme durante la costruzione.In alcuni casi, effettivamente, Nervi ci portava in cantiere, ad esempio quello del Viadotto<strong>di</strong> corso Francia: si saliva su per le scale si andava <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là, compiendo esplorazionioggi impensabili in termini <strong>di</strong> sicurezza. Allora non c’erano le assicurazioni, ma si andava sulcantiere, si seguiva Nervi che spiegava “il perché e il come” <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong>rettamente incantiere.LVB: questo mi fa venire in mente un altro episo<strong>di</strong>o molto interessate da te riportatonegli appunti; alla stregua <strong>di</strong> un antico greco egli definisce il “demone della conoscenza”.Socrate lo avrebbe definito daimon, un’entità tra l’umanità e il luogo delle idee <strong>di</strong>vine. Egli,Nervi, <strong>di</strong>ce che in fondo gli egizi e i romani, dopo aver costruito le pirami<strong>di</strong> e il Pantheon,non ci hanno lasciato degli scritti o dei documenti in grado <strong>di</strong> descrivere come li avesserocostruiti, perciò noi non sappiamo oggi come avessero fatto a trasportare così in alto queipesi enormi che perfino oggi sarebbero impegnativi. Quin<strong>di</strong> il demone della conoscenza,come afferma esplicitamente Nervi, è il demone della modernità: mi sembra un concettomolto interessante. La lezione n. 17, che ho letto e riletto, è una lezione chiave. Anche tu ladefinisci “un incontro favoloso” e adoperi la parola inglese faboulous, vicino ad uno schizzoche rappresenta gli studenti che si accalcano attorno a Nervi, che gli pongono una serie <strong>di</strong>domande sul rapporto tra architettura e bellezza. Tu scrivi che sembrava <strong>di</strong> assistere ad unalezione <strong>di</strong> filosofia.RE: quella fu una lezione che mi riempì <strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong> interesse. Grazie alle mie note ho potutoricordare che scrissi una lettera a Louis Kahn. Avevo lavorato con Kahn l’anno prima, ecercavo <strong>di</strong> coinvolgere anche lui in questi <strong>di</strong>scorsi, non soltanto per quella specifica lezione.Nervi cercava sempre <strong>di</strong> coinvolgere lo studente facendo domande retoriche, ma in altricasi cercava egli stesso <strong>di</strong> capire meglio, partendo da paradossi, e cercando <strong>di</strong> sollecitare lareazione degli studenti.LVB: egli era anche molto severo; ci sono delle lezioni in cui esamina alcune opere famosecome l’Opera House <strong>di</strong> Sydney <strong>di</strong> Utzon o altre opere <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimi architetti criticandoleferocemente, affermando che non c’è una logica costruttiva, una idea statica, c’era puraforma, quin<strong>di</strong> non c’è architettura. Questo suo lato così francamente critico poi si rivolgeanche alla Facoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong>. C’è, infatti, una piccola nota che tu riporti in cui egli parlacon uno studente prima della lezione e <strong>di</strong>ce “in questa Facoltà vi confondono le idee…”RE: e continuava ”porta <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne nei vostri pensieri”. Nervi avrebbe voluto trasformarel’università, <strong>di</strong>ceva che in ogni aula avrebbero dovuto essere presenti dei gran<strong>di</strong> righelli appesial muro o al soffitto, per dare un’idea della <strong>di</strong>mesione dello spazio e <strong>di</strong> quanto fosse grandeuna misura vista da vicino e quanto vista da lontano. Egli infatti faceva alcune domande aglistudenti per verificare la loro consapevolezza sulle misure: cos’è una tonnellata <strong>di</strong> cemento,cos’è una tonnellata <strong>di</strong> acqua, cosa sono 200 tonnellate? Io provenivo da un’esperienzaaccademica americana, dove tutto era programmato: le lezioni iniziavano puntuali, non sipoteva perdere il ritmo del calendario delle lezioni. A Roma questa puntualità l’ho trovatasolo nei corsi <strong>di</strong> Nervi, che per me rappresentavano un riferimento stabile; gli altri corsi eranomolto vaghi, c’erano e non c’erano, in alcuni casi il professore non veniva a lezione. ConNervi questo non succedeva mai.LVB: Terminata la frequentazione del corso <strong>di</strong> Nervi tu torni in America, ma il tuo rapporto192


così sensibile e profondo con Nervi continua, tanto che sei <strong>di</strong>ventato noto a me attraversoun libro <strong>di</strong> Nervi da te curato. Mi piacerebbe conoscere la genesi <strong>di</strong> questo libro.RE: il libro è Aesthetics and Technology in Buil<strong>di</strong>ng ed uscì negli Stati Uniti perché l’Università<strong>di</strong> Harvard decise <strong>di</strong> affidare la cattedra <strong>di</strong> poesia intitolata a Charles Eliot Norton a Nervinel 1961-62. Il caso volle che durante quello stesso anno fossi studente all’Università rivale<strong>di</strong> Harvard, a pochi chilometri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, l’MIT, il Massachusset Institute of Technology.Harvard affidò il lavoro <strong>di</strong> traduzione simultanea della prima lezione <strong>di</strong> Nervi ad un suoprofessore <strong>di</strong> origini jugoslave che non era architetto e non sapeva presentare bene le opere<strong>di</strong> Nervi. Apparentemente la traduzione della lecture andò benissimo, ma io sentivo che nonandava bene, e anche Nervi lo sentiva. Dopo la lezione andai a salutarlo e Nervi, allora,chiese <strong>di</strong> cambiare interprete proponendo allo staff <strong>di</strong> Harvard che io, un giovane studentedell’MIT, lo sostituissi, perché conoscevo bene il suo lavoro e avevo seguito il suo corso aRoma. Così seguii le altre lezioni <strong>di</strong> Nervi ad Harvard facendogli da interprete. Per me eratalmente facile... conoscevo a memoria quello che Nervi aveva da <strong>di</strong>re perché, in effetti, lelezioni <strong>di</strong> Harvard si tennero due anni dopo quelle <strong>di</strong> Roma, con la <strong>di</strong>fferenza che il contenutodoveva essere concentrato perché, invece <strong>di</strong> tenere trenta lezioni come a Roma, a Boston lelezioni dovevano essere solo quattro. E da quelle lezioni è nato questo libro, Aesthetics andTechnology in Buil<strong>di</strong>ng, pubblicato dalla Harvard University Press, perché le lezioni dovevanoessere <strong>di</strong>ffuse in forma ufficiale. Poiché Nervi parlava a braccio durante le lezioni <strong>di</strong> Boston,come faceva anche durante le lezioni romane, tornai a Roma con un contratto della HarvardUniversity Press per fare la traduzione <strong>di</strong> quello che Nervi avrebbe dovuto scrivere. Io eropagato al costo <strong>di</strong> a-penny-a-word, un centesimo a parola, ma questo mi dette la possibilità<strong>di</strong> un’altra lunga esperienza con Nervi. Riuscire ad ottenere gli scritti da Nervi si rivelò quasiimpossibile, perché egli era impegnatissimo; ma c’era <strong>di</strong> mezzo un contratto con la HarvardUniversity Press molto rigido ed esigente. Così passai molto tempo con Nervi sia per tradurrei suoi testi, che arrivavano a più riprese, sia per scegliere le foto e le <strong>di</strong>dascalie.LVB: sarebbe interessante che tu possa pubblicare in italiano i testi originali <strong>di</strong> Nervi perchéquesto libro non è mai stato pubblicato in Italia, mentre è stato pubblicato in cinese a partiredal testo inglese in <strong>di</strong>verse e<strong>di</strong>zioni nelle Facoltà <strong>di</strong> Ingegneria e <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> <strong>di</strong> questogran<strong>di</strong>ssimo paese. Tornando ai tuoi appunti del Corso <strong>di</strong> Nervi che seguisti a Roma, misembra che tu ci stia lavorando, non so se per una pubblicazione o per una sintesi ulteriore.Anche essi andrebbero sicuramente tradotti in italiano. Così come sono sicuro che gli stessiandrebbero commentati da architetti e strutturisti. Nel leggerli sembra quasi, e non vorreisembrare troppo retorico, <strong>di</strong> avere <strong>di</strong>nanzi una sorta <strong>di</strong> “vangelo” della buona architettura.RE: questi commenti, queste note, a breve, usciranno con un libro curato dall’Università<strong>di</strong> Bologna, l’Ateneo dove Nervi si è formato e dove è nata l’idea <strong>di</strong> riscoprire il percorsoformativo universitario <strong>di</strong> Nervi, all’inizio del Novecento, perché molti degli elementi chepoi egli, da docente, trasmette alle future generazione erano già stati trasmessi a lui dai suoiprofessori bolognesi.LVB: c’è una cosa molto interessante e curiosa: ti sei laureato all’MIT con un progetto che èchiaramente d’ispirazione nerviana, anche se Nervi non è stato il tuo relatore <strong>di</strong> tesi <strong>di</strong> laurea.RE: uno dei motivi per cui esistono le mie lecture notes è che, ritornato in America dall’Italia,i professori della Cornell University, dove frequentavo l’undergraduate course, volevanoverificare che avessi effettivamente frequentato i corsi singoli a Roma. Furono entusiasti dellelecture notes e mi <strong>di</strong>ssero che avrei dovuto tradurle e renderle permanenti, proprio come uncorso speciale, ed è per questo motivo che queste note, che io raccoglievo sempre in modo193


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturalecopioso, furono messe in or<strong>di</strong>ne successivamente, anche per via del mio personale interessenel campo del cemento armato e della prefabbricazione. Dunque, piuttosto che continuaregli stu<strong>di</strong> ad Harvard, come avevo pensato in un primo tempo, optai per l’MIT, il centrodella scienza per eccellenza negli USA, così potetti approfon<strong>di</strong>re gli stu<strong>di</strong> sulle strutture, inparticolare sulle cupole in cemento armato rispetto alle quali io volevo perfino migliorarei risultati <strong>di</strong> Nervi. L’unica obiezione che facevo a Nervi, assieme ad altri colleghi, infatti,riguardava il fatto che le sue cupole avessero una struttura magnifica all’interno ma cheall’esterno tendeva a non essere evidente. Per me era importantissimo, invece, che l’internoe l’esterno fossero simili. Nelle foto del plastico del mio progetto <strong>di</strong> tesi è evidente il gioco suivolumi determinato dalla luce, un elemento fondamentale all’interno e preannunciato anchedall’esterno. è evidente il supporto strutturale che raccoglieva le ondulazioni della voltasecondo una soluzione tipica <strong>di</strong> Nervi. Poi, chiaramente, oltre al plastico c’erano i <strong>di</strong>segni, iprospetti, le sezioni, i dettagli, e <strong>di</strong> questo ebbi modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere proprio con Nervi mentreera ad Harvard. Organizzammo successivamente una mostra all’MIT sui suoi progetti. Nervifu invitato formalmente ad Harvard in occasione delle Charles Eliot Norton Lectures ma all’MIT,forse, egli aveva più contatti, come era logico. Era comunque un poeta, il massimo poetadel cemento armato e amava la tecnologia. Con lui abbiamo visitato i centri sperimentaliall’MIT dove si realizzavano plastici e modelli per esaminare le sollecitazioni, come Nerviusava fare. Così egli costruì un ottimo rapporto con l’MIT. Ci recammo insieme a Nervi,inoltre, a visitare alcuni lavori in costruzione negli USA; si percepiva, infatti, la <strong>di</strong>fferenzadel risultato architettonico dovuto ad una <strong>di</strong>versa metodologia <strong>di</strong> costruzione. Come egli ciaveva insegnato, era proprio stu<strong>di</strong>ando il metodo <strong>di</strong> costruzione che sarebbe venuta fuori, inmodo più <strong>di</strong>retto, l’espressione architettonica.Intervista a Vieri Quilici ed Ettore Masi (marzo 2010)Lucio V. Barbera: Alla fine degli anni ‘50 nella Facoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> <strong>di</strong> Roma c’è unfermento nuovo; siamo ancora lontani dal 1968, ma comincia ad emergere una classe <strong>di</strong>studenti molto partecipi della vita culturale e politica del Paese, molto più attenti alle <strong>di</strong>verseconcezioni dell’architettura che si affacciano contemporaneamente sulla scena. Pier LuigiNervi sta affrontando alcuni dei suoi più importanti progetti, peraltro molti <strong>di</strong> essi sarannorealizzati a Roma: i progetti per le Olimpia<strong>di</strong> del 1960, che <strong>di</strong>venteranno soggetti <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o delsuo stesso corso universitario. Vieri Quilici ed Ettore Masi hanno la fortuna <strong>di</strong> aver frequentato194


i corsi tenuti da Pier Luigi Nervi proprio alla fine degli anni ’50. Mi piacerebbe sentire daloro se questa percezione storica della Facoltà <strong>di</strong> <strong>Architettura</strong> e dell’insegnamento <strong>di</strong> Nervi,all’inizio <strong>di</strong> una fase <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> trasformazioni sia vera.Vieri Quilici: hai già descritto bene il cambiamento che stava avvenendo in Facoltà. Lapresenza <strong>di</strong> Nervi si notava per la sua <strong>di</strong>fferenza rispetto agli altri docenti; si percepiva comeuna persona che veniva da lontano, tanto grande era la <strong>di</strong>fferenza del tono delle lezioni cherendevano Nervi <strong>di</strong>verso. Le sue lezioni sembravano delle conferenze, si aveva la sensazione<strong>di</strong> un livello culturale molto alto e anche <strong>di</strong> una certa mondanità. La cosa straor<strong>di</strong>naria è chealla fine delle lezioni <strong>di</strong> Nervi c’era l’applauso degli studenti. Nervi si esibiva con tutto il suocarattere estroverso, cercando <strong>di</strong> presentarsi con un tono <strong>di</strong> alto prestigio rispetto alla Facoltà.Ci teneva molto a sentirsi culturalmente “architetto”, mentre la fama che aveva avuto finoa quegli anni era quella <strong>di</strong> un grande ingegnere. Dobbiamo tener presente che la Facoltà <strong>di</strong><strong>Architettura</strong> <strong>di</strong> Roma era una Facoltà ancora piacentiniana, anche se Piacentini – mi sembranel 1953 – era da poco andato in pensione. Però l’atmosfera era ancora “tra<strong>di</strong>zionale”. LaFacoltà – dopo una fase transitoria <strong>di</strong> due o tre anni – si rinnovò completamente e durantequesta transizione noi studenti avevamo dato luogo ad una sorta <strong>di</strong> facoltà parallela, tantoche c’erano dei servizi <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> base che gli studenti offrivano alle matricole.LVB: si, mi ricordo benissimo del servizio per le matricole; questa “nuova” classe <strong>di</strong>studenti teneva delle conferenze ai più giovani e, naturalmente, era pronta ad avvicinarsiall’insegnamento <strong>di</strong> Nervi e anche, a volte, ad entrare in <strong>di</strong>alettica con lui.Ettore Masi: l’insegnamento <strong>di</strong> Nervi da un lato si fondava su delle valenze specifiche edall’altro si mostrava agli studenti come qualcosa <strong>di</strong> particolarmente importante rispetto aglialtri insegnamenti. Senza entrare troppo nello specifico, Nervi puntava alla formazione <strong>di</strong> unaprecisa mentalità progettuale legata alla costruzione; questo obiettivo negli altri insegnamentinon esisteva. A quei tempi l’insegnamento universitario si concentrava molto sul tema dellepalazzine, perché gli architetti in quegli anni ne costruivano molte. Nei corsi ci insegnavanoche dopo aver progettato una palazzina bisognava passare tutto all’ingegnere “calcolatore”.Questo metodo nell’insegnamento <strong>di</strong> Nervi non era ammissibile; per Nervi l’architettura erafatta <strong>di</strong> costruzione, <strong>di</strong> struttura, <strong>di</strong> tutto ciò che comportava la realizzazione dell’opera. Eglicriticava aggressivamente alcune abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>ffuse a quei tempi: “stanno riempiendo le città<strong>di</strong> balconi”, affermava, perché egli era convinto che realizzare un balcone rastremato secondoi <strong>di</strong>agrammi delle forze, in presenza <strong>di</strong> uno sbalzo <strong>di</strong> un metro e mezzo, non aveva nessunvantaggio dal punto <strong>di</strong> vista costruttivo. Nervi giu<strong>di</strong>cava come puri formalismi le formearchitettoniche che nascevano soltanto da giustificazioni astratte mentre, a suo giu<strong>di</strong>zio,l’architettura era forma che nasceva dalle esigenze costruttive. L’insegnamento <strong>di</strong> Nervi eracondotto anche attraverso la denuncia delle cattive abitu<strong>di</strong>ni progettuali correnti. E questoatteggiamento era in stretto contrasto con gli altri insegnamenti della facoltà che, invece,puntavano su aspetti formali senza riferimenti al modo <strong>di</strong> costruire e ai significati strutturali ecostruttivi.LVB: voi avete avuto la fortuna <strong>di</strong> seguire l’insegnamento <strong>di</strong> Nervi anche visitando i suoicantieri, quelli vicini alla nostra Facoltà, nell’attuale Villaggio Olimpico. In quegli anni erain costruzione lo Sta<strong>di</strong>o Flaminio e il Viadotto <strong>di</strong> corso Francia. L’insegnamento <strong>di</strong> Nervisi chiamava “Tecnologia dell’architettura e della costruzione” e sappiamo che per Nervi ilpassaggio tra il progetto e la costruzione, cioè il “cantiere”, facesse parte integrante delsuo pensiero progettuale, compresa l’organizzazione efficiente, quasi industriale del cantierestesso.Voi siete stati coinvolti in questo specialissimo insegnamento.195


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturaleEM: noi restammo molto impressionati da una visita che Nervi ci fece fare nel suo cantieredello Sta<strong>di</strong>o Flaminio. Eravamo abituati al vecchio tipo <strong>di</strong> cantiere, quello più <strong>di</strong>ffuso in città,dove c’era la molazza che impastava la calce e l’operaio che indossava il berretto <strong>di</strong> carta. Nelcantiere <strong>di</strong> Nervi nulla <strong>di</strong> tutto ciò; c’era un organizzazione <strong>di</strong> tipo industriale. Tutti gli operaiavevano sulle tute un segnale <strong>di</strong> riconoscimento della funzione che svolgevano. Il cantieresembrava una sorta <strong>di</strong> catena <strong>di</strong> montaggio <strong>di</strong> tipo industriale. La costruzione, ci spiegò Nervi,andava regolata, amministrata e gestita secondo un programma preciso che doveva darerisultati. Si trattava <strong>di</strong> un’ulteriore affermazione del fatto che la forma architettonica nascevada tutta una serie <strong>di</strong> fattori organizzativi, costruttivi e produttivi che ne determinavano laqualità e i significati.LVB: voi eravate studenti quando Nervi, nel pieno della maturità progettuale, continuavaa sperimentare. E la sua sperimentazione era, come egli ebbe modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re più volte,basata sulla ricerca delle leggi della natura. Sperimentava e brevettava, brevettava i mo<strong>di</strong><strong>di</strong> progettare tra cui alcuni molto famosi, come i famosi solai <strong>di</strong> cui tu, Vieri, forse ci potraiparlare.VQ: stu<strong>di</strong>ando e leggendo in anni più recenti l’opera <strong>di</strong> György Kepes, famoso semiologo eteorico delle forme naturali <strong>di</strong> origine ungherese e allievo <strong>di</strong> S. Gideon, ho ritrovato elementicomuni ad una lezione precisa <strong>di</strong> Nervi, quella sugli sforzi che si <strong>di</strong>stribuiscono in un corpo,per esempio in un solaio piano sollecitato dai carichi. Kepes sperimentando l’azione dei campimagnetici sulla limatura <strong>di</strong> ferro era possibile verificare che le particelle <strong>di</strong> ferro si <strong>di</strong>stribuivanosulla superficie secondo l’andamento delle linee isostatiche. Su questo stesso in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>troviamo un famoso progetto <strong>di</strong> Nervi, il lanificio Gatti, mal conservato, ma visitabile ancoraoggi a Roma. Ho beb in mente un’immagine degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Kepes costruita dalla simulazionesui campi magnetici e i residui <strong>di</strong> metallo; da questa ho ricostruito a posteriori la cultura <strong>di</strong>Nervi, che veniva anche da li, cioè dalla cultura internazionale delle arti visive (Kepes avevafondato il Center for Advanced Visual Stu<strong>di</strong>es all’MIT nel 1967), attingeva al visual designche era sperimentato nelle scuole tedesca e ungherese, quella <strong>di</strong> Laszlo Moholy-Nagy, adesempio. Dunque i contatti e le relazioni internazionali Nervi li aveva già e sicuramente loavevano influenzato negli stu<strong>di</strong> che hanno condotto ai suoi primi brevetti, al sistema dellecassaforme brevettate negli anni attorno al 1949. È importante <strong>di</strong>re che le due cose sonocollegate. Le relazioni internazionali <strong>di</strong> Nervi, dunque, sono una ulteriore in<strong>di</strong>cazione percapire il livello del cantiere <strong>di</strong> Nervi, corrispondente ad una civiltà industriale <strong>di</strong> alto livello, aduna cultura industriale coinvolta anche nel <strong>di</strong>scorso della forma. Il brevetto era la forma. Lecassaforme <strong>di</strong> Nervi, in realtà erano delle sculture e questa era la cosa straor<strong>di</strong>naria. Da questopunto <strong>di</strong> vista la presenza <strong>di</strong> Nervi in Facoltà era tutto sommato eversiva. Rappresentava unaforte apertura verso l’esterno.EM: i cantieri come li inten<strong>di</strong>amo noi oggi sono pieni <strong>di</strong> <strong>di</strong>verbi e <strong>di</strong> cause fra <strong>di</strong>versi attori;Nervi concepiva la costruzione in modo complessivo e costruiva le sue opere per contoproprio. I suoi non erano progetti affidati ad altri per l’esecuzione, come se l’esecuzione fosseuna fase secondaria. Le opere <strong>di</strong> Nervi erano eseguite <strong>di</strong>rettamente da lui come se egli fosseuno scultore….VQ: vorrei introdurre un altro aspetto, quello del coraggio. Nervi sosteneva che l’architetto,il costruttore, dovesse essere dotato <strong>di</strong> coraggio. Il problema dell’invenzione nel cantieresomiglia, in qualche modo, alla questione dell’avanguar<strong>di</strong>a, che si interessa all’invenzionedella forma. In realtà portando le sue idee in cantiere Nervi attribuiva loro la concretezzache l’avanguar<strong>di</strong>a non aveva, perché rimaneva metafisica. La fisicità delle strutture che Nervi196


ci presentava dal vero, faceva in modo che il <strong>di</strong>scorso della forma non rimanesse solo un<strong>di</strong>segno e questo per noi studenti era una cosa straor<strong>di</strong>naria. Il suo corso era alla fine delquinquennio e appariva quasi come un premio; dopo tutte le fatiche e la pesantezza dei altriinsegnamenti si respirava un po’ d’aria nuova, prima <strong>di</strong> uscire dal chiuso della scuola.LVB: mi sembra molto interessante il fatto che tutti coloro che hanno frequentato il corso<strong>di</strong> Nervi riportano <strong>di</strong> essere stati sollecitati a concepire il progetto come intuizione globale,quin<strong>di</strong> anche statica e strutturale e ad immaginare che, integrato al <strong>di</strong>segno, c’è anche labase <strong>di</strong> calcolo che serve a renderlo realizzabile. Ho visto alcuni vostri antichi <strong>di</strong>segni in cuiquesto insegnamento è stato applicato. Sono <strong>di</strong>segni elaborati per il corso <strong>di</strong> Nervi, forsesotto la sua stessa guida. Voi in particolare elaboraste un progetto abbastanza importante frai progetti degli studenti quasi memorabile, certamente ben valutato da Nervi stesso. Forsevale la pena osservarlo da vicino.EM: organizzammo le tavole in modo da avere la possibilità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care sia la forma dellacostruzione che il calcolo strutturale. Questo modo <strong>di</strong> presentare il progetto aveva unsignificato. Significava avere compreso uno degli insegnamenti fondamentali <strong>di</strong> Nervi; laforma architettonica nasce dalle caratteristiche costruttive e strutturali, <strong>di</strong>segnarla significaanche valutarne i significati statici. Quin<strong>di</strong>, riportare sulla stessa tavola sia il calcolo statico chela forma architettonica significava rispondere al suo insegnamento.VQ: non mi ricordo se il pilastro del Viadotto del Villaggio Olimpico era già stato costruito altempo del nostro esame, se lo avevamo visto in cantiere e lo avevamo ripreso per il nostroprogetto, visto che era uno dei brevetti <strong>di</strong> Nervi, o se era frutto <strong>di</strong> una sua lezione, cioè, <strong>di</strong>una <strong>di</strong>mostrazione.EM: il Viadotto <strong>di</strong> corso Francia era in corso <strong>di</strong> costruzione, ma le caratteristiche <strong>di</strong> questopilastro, che è praticamente una superficie rigata – c’è una rotazione della sezione dallasommità alla base – erano state descritte da Nervi stesso durante una lezione del corso.Noi abbiamo deciso <strong>di</strong> adottare questo sistema <strong>di</strong> pilastri perché ci era stato presentato nelquadro <strong>di</strong> un metodo <strong>di</strong> insegnamento molto concreto. Ai pilastri rigati abbiamo aggiuntoaltri elementi su in<strong>di</strong>cazione dello stesso Nervi: la forma nasceva da elementi costruttivi estatici. La nostra soluzione progettuale, a partire da un solaio che cambiava posizione rispettoalle travi, permetteva <strong>di</strong> avere una fonte <strong>di</strong> illuminazione che veniva dall’alto all’interno delcapannone. Era la fusione <strong>di</strong> due elementi, uno funzionale e uno statico, che contribuivanoa realizzare una specifica forma. Tutto questo scaturiva dall’insegnamento <strong>di</strong> Nervi: lacostruzione non poteva nascere da una sola in<strong>di</strong>cazione, ma da più fattori, il contrario ècausa <strong>di</strong> puro formalismo.VQ: l’episo<strong>di</strong>o dell’esame fu interessante. Nervi seguì molto attentamente la nostrapresentazione del progetto, non fece commenti, poi fece una domanda finale;successivamente scoprimmo che era una domanda a trabocchetto, egli <strong>di</strong>sse: “se arrivaun terremoto da che parte casca il vostro capannone?”, perché evidentemente c’era unproblema <strong>di</strong> irrigi<strong>di</strong>mento della struttura. Noi con una domanda così imme<strong>di</strong>ata rimanemmoimbarazzati; quin<strong>di</strong> Nervi si voltò subito verso i suoi assistenti, 4 o 5 almeno, e fece la stessadomanda a loro. Essi iniziarono a consultarsi e non riuscirono a trovare una risposta unica,uno <strong>di</strong>ceva una cosa, uno l’altra. Nervi chiuse il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>cendo “no, non si può sapere<strong>di</strong>pende dal tipo <strong>di</strong> terremoto”. Comunque ci <strong>di</strong>ede trenta come voto.LVB: e la lode?VQ: quella era la domanda per la lode, ma era un po’ <strong>di</strong>fficile, era una domanda a tra<strong>di</strong>mento.Io vorrei tornare un attimo a quello <strong>di</strong> cui parlavamo prima. Il cantiere, effettivamente, era197


Pier Luigi Nervi e l'architettura strutturalela cosa fondamentale per Nervi, ed era un argomento <strong>di</strong>dattico. Vorrei ricordare che Nerviha lavorato sia con Libera che con Piacentini; in particolare con Libera per l’arco in cementoarmato – in realtà poco armato – previsto dal progetto dell’E42. Poi, con Piacentini, realizzail Palazzo dello Sport all’EUR alla fine degli anni ‘50. Questo <strong>di</strong>mostra che Nervi, da grandecostruttore, poteva lavorare sia con l’avanguar<strong>di</strong>a che con un rappresentate della tra<strong>di</strong>zioneclassicista. Questo fa pensare molto. Da una parte, appunto, va detto che per l’avanguar<strong>di</strong>aogni progetto è un manifesto, ed ha un valore come tale. Il progetto per l’avanguar<strong>di</strong>a èuna cosa gridata; per Nervi, invece, quello che conta è il brevetto. Quin<strong>di</strong>, da una parte ilmanifesto, dall’altra il brevetto. Questa è una <strong>di</strong>fferenza sostanziale e fa pensare a Nervi comead un personaggio che non è fuori dalla Storia, ma appartiene ad una <strong>di</strong>mensione molto più<strong>di</strong>latata. Le gran<strong>di</strong> strutture che ci faceva progettare erano l’attualità <strong>di</strong> quegli anni. Questeopere adesso, dopo tanti anni, sono prima <strong>di</strong> tutto gran<strong>di</strong> strutture...EM:... sono passati cinquant’anni.VQ: guardare le opere <strong>di</strong> Nervi è come guardare architetture antiche, non nel senso dellavecchiezza della struttura ma nel senso <strong>di</strong> come si guardano le gran<strong>di</strong> strutture monumentali,come si guarda un tempio egizio, insomma, come qualcosa che è fuori dal tempo.L’avanguar<strong>di</strong>a, invece, è tutta dentro il tempo, è immersa nell’attualità. L’importanza delbrevetto <strong>di</strong> Nervi e il fatto che egli inventi, depositi e realizzi il progetto fino in fondo, fanno<strong>di</strong> lui una personalità che non possiamo accostare né a Libera, né a Piacentini. Ma quelloche ha pesato su Nervi è il fatto <strong>di</strong> essere stato considerato un grande ingegnere ma non ungrande architetto, che era quello che si <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> lui in quel periodo.LVB: quello che <strong>di</strong>ci è interessante perché una gran parte, almeno un terzo del suo corso,per quello che mi risulta, era de<strong>di</strong>cato proprio all’esame e all’analisi <strong>di</strong> alcuni monumentifatali dell’architettura storica: l’antico Egitto, le cattedrali gotiche, il Pantheon, e<strong>di</strong>fici su cuiinnesta la modernità, l’innovazione, come il suo “brevetto”. Quin<strong>di</strong> appartenere alla Storia,ad un livello non contingente....VQ: Nervi deposita il suo brevetto con l’idea <strong>di</strong> affidarlo ai tempi lunghi.EM: nella sue lezioni sull’architettura classica gli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> tutte le età potevano <strong>di</strong>ventaremoderni. Nervi ci faceva comprendere come l’architettura e la costruzione fossero unaconseguente all’altra poteva rendere “moderne” anche costruzioni molto antiche.198


Il cantiere dello Sta<strong>di</strong>o Flaminio in una foto della Collezione MAXXI <strong>Architettura</strong>, MAXXI, Museo nazionaledelle arti del XXI secolo, Roma199

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