il gis dei geositi del friuli venezia giulia - Geologia e Turismo

I GEOSITI
Il gruppo di lavoro che ha identificato e
descritto i geositi del Friuli Venezia Giulia
comprende ricercatori delle Università di Trieste,
Bologna e Padova, dei Musei di Storia naturale
di Trieste e di Udine, alcuni liberi professionisti,
ha lavorato in strettissima collaborazione con il
Servizio geologico regionale ed altri Servizi della
regione coinvolti nella gestione del territorio e
nella difesa dell’ambiente.
A partire da un primo elenco di 400 geositi
sono stati identificati, descritti e catalogati 184
geositi, 19 dei quali sono stati classificati di
interesse sovranazionale, 38 di interesse
nazionale e 108 di interesse regionale. Le
valutazioni sono state prese dopo una comune
discussione senza utilizzare parametri
quantitativi. Una sezione particolare è stata
dedicata alle cavità ed alle miniere.
Tra i geositi a valenza sovranazionale
ricordiamo il campanile di val Montanaia (fig.2),
simbolo del Parco delle Dolomiti Friulane, di
recente entrato a far parte del patrimonio
dell’Unesco, la frana del Vajont e la paleofrana di
Vernasso, alcune note località fossilifere che
hanno restituito resti di sauri, rettili e pesci,
alcuni tra gli esempi più significativi del Carsismo
che contraddistingue il territorio regionale, dal
Carso Classico al Gruppo del M. Canin.
Vista la ricchezza dei fenomeni geologici della
regione, l’insieme dei geositi si presta a
molteplici fruizioni che vanno dalla corretta
programmazione della gestione del territorio, a
supporto alla didattica di Scienze della Terra,
all’individuazione di percorsi con forte valenza
geoturistica.
A titolo di esempio Venturini (2010) ha
utilizzato moltissime informazioni sui geositi delle
regione per una descrizione dei processi di
formazione e deformazioni tettonica delle rocce
ed il loro successivo modellamento
geomorfologico, elaborando un testo con un
forte taglio didattico.
Sempre elaborando il database dei geositi
Cucchi, Finocchiaro, Spalletta e Venturini hanno
descritto tre itinerari geoturistici che attraversano
il Carso triestino, le Alpi carniche e tolmezzine e
il parco delle Dolomiti Friulane (Cucchi e
Finocchiaro, 2010 a e b; Venturini e Spalletta,
2010)
La salvaguardia del paesaggio e dei beni
mineralogici e paleontologici ha, in Italia, una
lunga tradizione legislativa, a partire dall’art. 9
della Costituzione.
La Direttiva n. 92/43/CEE (meglio conosciuta
come “Direttiva Habitat”), che rappresenta uno
dei fondamenti della legislazione comunitaria
relativa alla conservazione degli ambienti
Figura 2 - Il campanile di val Montanaia, all'interno del
Parco delle Dolomiti Friulane.
naturali, attribuisce, soprattutto per alcuni habitat
grande importanza agli aspetti della geologia e
della geografia fisica. La direttiva infatti elenca
esplicitamente: “le dune, le torbiere, le paludi, le
grotte marine, i campi di lava, le cavità naturali,
come zone rilevanti per caratteristiche
geologiche particolari o uniche”. A livello
nazionale la Legge n. 394/1991 (Legge quadro
sulle aree protette) tutela “le formazioni fisiche,
geologiche, geomorfologiche che abbiano
rilevante valore naturalistico ed ambientale”
nonché prevede “uno speciale regime di tutela di
singolarità geologiche, di formazioni
paleontologiche e di equilibri idrogeologici”. Il
vigente “Codice dei beni culturali e del
paesaggio” (D.Lgs. n. 42/2004) individua infine i
beni paesaggistici e le aree da tutelare per
legge, riprendendo l’elenco della precedente
“Legge Galasso” e prevedendo anche, qualora
siano da conservare “monumenti geologici rari
ed unici”, una forma di subordinazione della
pianificazione urbanistica rispetto a quella
paesaggistica.
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