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IL NOTIZIARIO - Comune di Bienno

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<strong>IL</strong> <strong>NOTIZIARIO</strong><br />

Pagina aperta su <strong>Bienno</strong><br />

Cultura<br />

e Turismo<br />

no della sua infanzia, della malga<br />

<strong>di</strong> Arcina, del lavoro <strong>di</strong> taglialegna<br />

sino al ’45, poi il lavoro per la<br />

TOT, per l’acciaieria Tassara fino a<br />

parlare del lavoro <strong>di</strong> mineur in giro<br />

per il mondo come ad esempio la<br />

Grecia. Poi parla degli affetti famigliari,<br />

della moglie Caterina, degli<br />

amici come “Cafè”. Una esperienza<br />

<strong>di</strong> mestieri poliedrica come<br />

il palista, il teleferista, il mineur e il<br />

casaro.<br />

Maria Panteghini, conosciuta come<br />

Foiáda, questo era il soprannome<br />

degli antenati della mamma. Maria,<br />

parlando del suo lavoro, ha riassunto<br />

il tutto con la frase <strong>di</strong>alettale<br />

“Tat trebülá e n’hè rüácc fina<br />

ché” , tanto tribolare e siamo arrivati<br />

fin qui. Si parte dai ricor<strong>di</strong> d’infanzia<br />

della scuola con le maestre<br />

Mendeni Lucia (Maestra Cìa) e Benedetta<br />

Pedretti (Maestra Bòrda)<br />

oppure del maestro Stefano Mendeni<br />

(Maestro Paganì) per poi parlare<br />

della monticazione in Faihéc.<br />

Poi l’assunzione all’Olcese <strong>di</strong> Cogno<br />

nel 1939 ed il licenziamento<br />

nel 1942 in quanto la guerra imponeva<br />

trasferimenti <strong>di</strong> produzione a<br />

Lumezzane. Quin<strong>di</strong> il matrimonio<br />

con Daniele (1944) appena tornato<br />

dalla Russia, i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerra<br />

del marito, il lavoro in campagna,<br />

la vita in casa della nonna.<br />

Gian Battista Fanti, nato nella casa<br />

<strong>di</strong> Silvano situata <strong>di</strong> fronte al Casermù.<br />

Parla dell’infanzia trascorsa<br />

in periodo <strong>di</strong> guerra, dei rastrellamenti<br />

dei tedeschi, dei partigiani<br />

sulle montagne, del coprifuoco. Il<br />

padre, Luigi Fanti, era partito per<br />

la guerra quando Gian Battista<br />

aveva soli due anni e fu catturato<br />

in seguito in Albania. Quando<br />

il padre tornò a casa alcuni anni<br />

dopo i figli esclamarono “El chi po<br />

chèl barbù lè?” stentando a riconoscerlo<br />

a seguito della barba incolta.<br />

Poi il ricordo della liberazione<br />

del 25 aprile per finire al lavoro<br />

in fucina (erano fabbri i suoi nonni<br />

e bisnonni) come padèler dove<br />

non c’era orario sicuro, certo in<br />

cui finire. “Si cominciava col fare i<br />

braschì e dopo <strong>di</strong>ventavi maister”<br />

<strong>di</strong>ce Gian Battista.<br />

Rodolfo Pedretti, parla dell’emozione<br />

sulla ricerca pionieristica<br />

del porfido da cavare sulle nostre<br />

montagne vicino a malga Lavena,<br />

con lui il papà Defendente e i fratelli<br />

Giovanni, Giacinto e Gabriele.<br />

La volontà <strong>di</strong> lavorare nell’escavazione<br />

del porfido con concessioni<br />

in proprio. “Che sbogíade tutte le<br />

mattine” afferma Rodolfo parlando<br />

del lavoro in cava, l’altitu<strong>di</strong>ne<br />

ed il freddo rendeva problematico<br />

l’utilizzo dei macchinari. Quin<strong>di</strong><br />

la partenza del lavoro come picaprède<br />

con tutta l’epopea della famiglia<br />

Pedretti che è giunta oggi<br />

alla consolidata realtà industriale<br />

della Porfido Pedretti.<br />

“Nell’incavo <strong>di</strong> queste mani - Storie<br />

e racconti <strong>di</strong> genti Camune” è<br />

dunque il titolo del libro su cui ci<br />

auguriamo <strong>di</strong> avere incuriosito i<br />

biennesi consigliando la sua lettura.<br />

Gli interessati possono trovare il<br />

libro presso la Pro Loco <strong>di</strong> <strong>Bienno</strong>.<br />

Clemente Moran<strong>di</strong>ni<br />

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