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Marzo - La Piazza Castel Madama

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Tradizioni popolari31Tradizioni popolari a <strong>Castel</strong> <strong>Madama</strong> - Proverbiselezione ed elaborazione del testo a cura di Gualtiero TodiniDalla tesi sulle “Tradizioni Popolari a <strong>Castel</strong> <strong>Madama</strong>, 1949” di Vittorio TodiniI fji so’ comme i frettej:ppiù ne fa e più vengu bbej– Frittelli e figli. Accostamentoaudace, fantasioso. Ifigli, dunque, sono come ifrittelli di Natale: più ne fai epiù vengono belli.Tesi ardita,che difficilmente può trovareuna giustificazione scientifica.<strong>La</strong> realtà è che di figli sene facevano tanti, perché nonerano ancora noti i moderni metodi anticoncezionali ele notti invernali, invece, erano lunghe e fredde: insomma,ci si stringeva un po’ troppo. <strong>La</strong> norma erano famigliecon otto, nove, undici figli: che fossero, nell’ordine,uno più bello dell’altro è opinabile, che diversi morisserodi malattie, se non di stenti, è accertato. Io, che difigli sono stato il settimo (dopo di me solo Angelo), nonsono stato più bello di Enrico, che mi ha preceduto.Così, ancora una volta, è dimostrato che i proverbi servivano(e servono) a codificare un realtà effettuale: i figlierano tanti (erano troppi) e dire che nascevano uno piùbello dell’altro, era – se non altro – consolatorio. Eoggi, che i figli sono quasi tutti unici, come vengono ifrittelli?Sta scrittu ‘n faccia a ju muru:ju ppiù miccu se ratta‘n curu. – Come è noto, in politica si fa un gran parlaredella necessità di ringiovanire la classe dirigente: abbiamoun’età media così alta, che giustamente si è parlatodi gerontocrazia (tutto il potere ai vecchi!): se si paragonal’età delle nostre massime autorità politiche (Prodi68 anni e Berlusconi più di 70) a quella degli altri governantieuropei, il confronto è sconcertante; e le cose nonvanno diversamente, se gettiamo lo sguardo al managementindustriale. I giovani bussano alla porta; vorrebberoentrare nella sala-comando, ma la porta è sbarrata dadentro. Non è un caso che le sorti del nostro governosiano condizionate dai senatori a vita. Sic rebus stantibus(in latino suona meglio, ma traduco: stando così lecose), ai più giovani non resta che attendere; e, intanto?Se rattanu ‘n curu.Chi moje non ha, moje coverna – Lo scapolo impenitentepuò anche illudersi: non prendo moglie – luiragiona – sono più libero; e risparmio. Ma le cose nonstanno propriamente così. Chi ti lava i vestiti, chi te listira? E, ancora prima, chi te li compra, chi ti assicura gliindumenti intimi, che ti compera i calzini? Non dirò chite j rinnaccia, perché neanche le mogli usano più farlo.Io qualche volta me li rinnaccio da me, ma allora, perfarmi vedere dai passanti (perché si gridi allo scandalo)mi metto bello esposto in finestra. Roba da non credere:ecco dove ci ha portato l’emancipazione delle mogli.Ma, tanto, se non hai preso moglie, qualche “surrogato”j’ha da covernà. Questi, però sono ragionamenti antichi:magari antichi, ma tanto saggi. Ricordate? “I provérbi‘gn’havu ‘mmentati le crapi, ma j’ommini co’ labarba bianca”.<strong>La</strong> robba va addo’ sta – A pensarci un po’ sopra, ogginon va sempre così. Una volta sì: chi era ricco arricchivae chi era povero impoveriva: succedeva che il contadinoandava a chiedere la somenta a sor Angelo, a sorAttilio, a sor Giovanni e, se poi il raccolto andava male,i debiti aumentavano; e ci rimettevi pure la moglie. Ilmondo andava proprio storto: al povero toccava sgobbaree gli veniva pure la gobba: vi ricordo il bel libro diAlessandro Moreschini, intitolato “A chi sgobba lagobba. A chi arobba, la ròbba”. Oggi cognomi di tantotempo fa, come Ricucci e Coppola non stanno più sullaribalta. Oggi magari circolano dame pie, coma <strong>La</strong>dy Asl,che ai danni di noi poveri contribuenti, s’è arobbatidecine di milioni di Euro (decine di miliardi di Lire). Mami sono un po’ allontanato dal proverbio in esame (“<strong>La</strong>robba va addo’ sta”); ci ritorno con un’espressione, che– ancora un volta – attiene alla vita di una comunitàagricola: a chi è riccu, j va sempre l’acqua pe’ j’ortu.Vale ppiù ‘na botta de mazza che céntu de marteju– Non facemo tanti complimenti;‘na botta e via! Ha unbel dire la Pedagogia che occorre pazienza, gradualità,dolcezza. Siamo alle solite: il bastone o la carota? Ilbastone, fratelli! Usate il bastone. Per la carota ci saràsempre tempo. Avete visto quante vittime del sabatosera sta facendo il lassismostradale? Ma adesso, finalmente,il ministro Bianchirenderà davvero dure lepene per chi infrangerà lepiù elementari regole dellacircolazione stradale.Attenti a voi, autisti spericolatie “contromano”.

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