Dal lavoro nero danno economicodi 740 milioni di euro annuiFabrizio ColonnaSecondo dati ISTAT, nel settore agricolo in Sicilia è in neroalmeno un lavoratore su quattro (25%), contro una medianazionale dell’11,9%.Nel 2010, sempre secondo l’ultimo censimento l’ISTAT, complessivamente,i lavoratori “irregolari” nel Mezzogiorno erano pari al20% (uno su cinque).Un inchiesta pubblicata su organi di stampa di recente stimavanella regione 20.000 lavoratori agricoli in nero (con un danno alsistema economico-finanziario siciliano che supera i 740 milionidi euro annui, un quarto dell’intero deficit di bilancio della RegioneSicilia).In Sicilia, negli anni scorsi, secondo il Ministero del Lavoro sonostate ispezionate 629 aziende agricole, nell’ambito del “Piano straordinariodi vigilanza per l’agricoltura e l’edilizia nel mezzogiorno”(approvato dal Consiglio dei Ministri il 28.01.10). Di queste 629,ben 302 (il 48%) sono risultate fuori norma: si pensi che su 3.118lavoratori controllati, 3.106 sono risultati irregolari per varie cause,di cui 348 totalmente in nero. Notificate anche 208 posizioni lavorativefittizie o prestazioni previdenziali indebolite.Tutti fenomeni ampiamente conosciuti e ripetutamente denunciatida chi, come noi si trova giornalmente fianco a fianco con la disperazionedi persone che, pur di portare un pezzo di pane a casala sera è disposta a lavorare anche per 20/25 euro al giorno, senon meno.Si parla comunemente del fenomeno “degli Invisibili in agricoltura”:braccianti agricoli, soprattutto immigrati che vengono utilizzati daaziende e ditte commerciali per le grandi campagne di raccolta deiprodotti agricoli.Detti lavoratori si concentrano in aree e luoghi di totale degrado,in particolare sotto il profilo igienico-sanitario e troppo spesso sonocostretti a subire condizioni di sfruttamento, con situazioni sfociatein vere e proprie attività di schiavitù.A fine 2013, ad es., a Campobello di Mazara, un giovane lavoratoreimmigrato è morto saltato in aria mentre si preparava da mangiarein una cartonopoli in attesa dei caporali per caricarlo eportarlo a raccogliere le olive.Fatti simili ed altrettanto gravi si registrano, ad esempio, a Cassibiledurante la raccolta della patata e della carota, ad Alcamo perla raccolta dell’uva, a Paternò e Scordia per la raccolta degliagrumi.Secondo la FAI Siciliana non è più possibile, nel 2014 stare immobilidavanti a questo sistema che prolifera sulle spalle delle migliaiadi lavoratori (extracomunitari e non).Un primo importante risultato contro il caporalato è stato ottenutocon la Legge n. 148 del 14 settembre 2011, con la quale è statoriconosciuto come reato penale, sanzionabile con pene da 5 a 8anni di carcere e una multa da 1.000 a 2.000 euro per ogni lavoratorereclutato illecitamente.Gli organi ispettivi dell’ INPS, INAIL e delle Forze dell’Ordine, dovrebberoperò essere rafforzati (in Sicilia solo 257 ispettoriINPS per 400.000 imprese - Q.di S. 18.3.10 ) per guardare conmaggiore incisività alle centinaia di aziende agricole ed agro-alimentariche mantengono i livelli di produzione o addirittura si ingrandisconononostante dichiarano (magari a causa della“crisi”) sempre meno giornate lavorative e sempre meno addettinel settore, come si evince dagli elenchi anagrafici siciliani.Inoltre la FAI Sicilia, così come ha fatto la CISL, già da qualcheanno, propone un Patto tra Istituzioni pubbliche (Regione,INPS, INAIL) e private (Organizzazioni Datoriali, Organizzazionidei Lavoratori e altri Enti interessati: Chiesa, volontariato, ecc.)per la emersione di un fenomeno che, come dimostrano i datisopra esposti, da solo potrebbe incidere positivamente e risolutivamentesu di un problema di una popolazione e di un territorioche nella “crisi” (che si chiama questione meridionale) sitrovano da molto più di un secolo.A tale Patto dovrebbe fare seguito la costituzione di un OrganismoParitetico con funzioni consultive e di proposta nei confrontidi Governo e Parlamento, di controllo e di monitoraggiocontinuo al fenomeno.24 23febbraio2015 asud’europa
Perché occorre combattereil lavoro sommersoGaetano PensabeneLe aziende sane e laboriose,che investono ininnovazione ed eccellenzanon vanno abbandonatea se stesse. Mavanno sostenute e tutelateper dimostrare chela legalità pagaMerita sottolineatura l’iniziativa del centro Pio La Torre didedicare un approfondimento sul lavoro nero, tema digrande rilevanza, ancorché non sempre analizzato per lasua reale portata e per le conseguenze dannose che produce sull’economiacome sul sociale.Effetti che rendono inspiegabile il fatto che quando si parla e siscrive con interviste e saggi, delle crisi di settore e di alcuni in particolare,qualequello agricolo, si evidenziano le più svariate causema si omettono di citare quelle connesse alla qualità del rapportodi lavoro.Prima di un breve excursus sull’entità del fenomeno, sulle radiciche lo hanno generato e lo alimentano, ma anche sulle azioni percontrastarlo; va preliminarmente precisato che nell’ambito delsommerso vanno ricomprese anche le molteplici irregolarità checaratterizzano il rapporto di lavoro.Infatti, oltre ai casi di omessa denuncia totale, vi sono altre formedi elusione non meno significative e riguardanti: mancato rispettoorario di lavoro giornaliero e dei riposi giornalieri e settimanali; retribuzioniinferiori a quelle contrattuali e salaricorrisposti fuori busta, giornate dichiarate inmeno di quelle realmente effettuate; inosservanzanorme in materia di sicurezza e di visitemediche:mancato versamento dei contributi;permessi per esercitare il diritto allo studio negati;e tra i più recenti l’uso distorto dei voucherper citare i casi più frequenti ed accertatidagli organi ispettivi.Tale realtà è, poi, più diffusa, strutturata a penalizzantein tutta la filiera del comparto agroalimentare,oggetto delle considerazioni diquesto articolo, tenuto conto che uno studiodel Censis ha quantificato nella misura del60% i rapporti caratterizzati da sommerso e irregolaritàin agricoltura ,percentuale confermatadall’ISTAT, che ne sottolinea la costanteascesa,sia tra i lavoratori dipendenti che autonomi,contrariamenteda quanto accade in altrisettori produttivi, dove e diversamente si registra la tendenza opposta.Segno, in agricoltura, della inadeguatezza degli interventiattuati nel tempo.Va rilevato, purtroppo, che negli ultimi decenni i Governi hanno affrontatoil tema delle politiche del lavoro e delle loro criticità, in manieranon irrisolutiva! con il risultato di incrementare: l’elusione deicontributi e l’evasione fiscale; un lavoro sempre più povero e dequalificato;grande e grave sfruttamento dei lavoratori, in particolaredi quelli stranieri; determinando, altresì, forme di illegalità invirtù di controlli insufficienti ed inefficienti.Se, poi, si prende in considerazione la dislocazione territorialedelle distorsioni; al riferimento storico del Mezzogiorno d’Italia, -ove, secondo i dati Istat, sono occupati la metà degli 870.000 addettiin agricoltura,ma altrettanti lavorano in nero o con rapporti irregolari,-occorre aggiungere che negli ultimi anni l’incrementodella illegalità registra una notevole espansione anche in altre areedel Paese, il settentrione, dove il fenomeno un tempo era ridottose non marginale.Tale realtà, più che con richiami a situazioni lavorative dei settoria forte intensità di manodopera caratterizzate da precarietà occupazionalee disagiate condizioni di reddito e sociali, trova spiegazioninelle asfittiche scelte politiche e legislative fin qui adottate.E non solo a livello nazionale. Non va trascurata l’espansionedel lavoro nero anche in diversi stati dell’Unione Europea, conquote di sommerso che si registrano essere superiori al 20%.Al punto che l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e lafederazione europea dei sindacati agricoli pongono al centrodelle criticità, come delle rivendicazioni alle Istituzioni Governative,la questione del lavoro "decoroso" e delle misure per attuarlo.Il contesto è, pertanto di tale ampiezza che l’U.E. non può piùconsiderare l’emersione del sommerso di pertinenza esclusivadegli stati membri; ma un processo globale che può comprometterel’economia e la stessa coesione sociale, sicché urgeprocedere all’attuazione di una strategia comune.Strategia che, sostenuta dalla creazione di una banca dati e dauna definizione da tutti accettata di lavoro sommerso, si basisul coordinamento e la cooperazione tratutte le istanze amministrative nazionali dacoinvolgere nella lotta al fenomeno: organismiministeriali, ispettorati del lavoro,parti sociali, enti previdenziali ed autoritàfiscali! Ma anche con la creazione di unatask-force europea con poteri di controllo!stante la non marginale incidenza del lavoronero sull’occupazione, reale incubodei nostri tempi.Ma se è auspicabile ed opportuno un interventoa livello europeo; per la diffusionedel sommerso e l’ampiezza delle irregolarità,come per gli effetti prodotti, a livellonazionale e regionale, non è più differibilel’adozione di specifici ed adeguati provvedimentisia legislativi che amministrativi.E’ stato quantificato che il sommerso,intermini di gettito costa allo stato qualcosacome 45 miliardi di Euro! Incide e condiziona 1/3 della produzioneagricola, produce un valore aggiunto ammontante a oltre100 milioni di Euro annui. L’Istat ha calcolato che nel 2011,il lavoroirregolare o illegale ha prodotto 2.000 miliardi di euro,cioèil 12% del PIL! Mentre l’INPS individua in un miliardo di eurol’evasione contributiva.Sono cifre impressionanti, e danno un’idea di quale livello abbiatoccato l’emergenza.Soprattutto nella nostra regione. La Sicilia con il 7% di occupatinel settore primario, è la realtà con la maggiore incidenzadi addetti, ivi compresi gli immigrati, dei quali oltre un quartosono impiegati in agricoltura; ma è la regione anche dove il fenomenodell’evasione non solo è altissimo – basti ricordare chedagli accertamenti ispettivi su dieci rapporti,otto risulterebberoviziati da irregolarità – ma denota vincoli con forme inaccettabilidi sfruttamento, carenza di sicurezza,violazione di diritti eanche di schiavitù.Vi è un dato contraddittorio che merita di essere evidenziato. Inquesti ultimi anni si è assistito al calo costante degli iscritti neglielenchi anagrafici. In particolare tra gli operai a tempo indeter-23febbraio2015 asud’europa 25
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