Il collasso annunciatodella Regione SiciliaFranco GarufiAprile si avvicina, e con esso il redde rationem sulla situazionefinanziaria della Regione siciliana: con la scadenzadell'esercizio provvisorio, il re sarà nudo. Il destino finanziariodi una regione di cinque milioni di abitanti che ha avuto nel2013 entrate correnti pari a 17,726 miliardi di euro e spese per18,449 miliardi di cui appena 1,783 in conto capitale è per forza dicose questione nazionale. E' in corso una discussione accesa,della quale non sempre sono trasparenti gli obiettivi e che tocca lecorde di un'antica e spesso dolente sensibilità. Un esempio è costituitodalle reazioni all'articolo comparso giovedì scorso su Italiaoggi a firma di Giorgio Ponzian che esaminava, a mio parere inmodo sostanzialmente corretto, lo stato delle finanze regionali inrapporto al calo del Pil ed all'impennata della disoccupazione.Dati ben noti a chi ha avuto modo di esaminare le relazioni dellaCorte dei Conti negli anni recenti e ha qualche elemento di conoscenzadi quanto è avvenuto . Che ciò conduca tecnicamente aldefault non sono in grado di affermarlo, ma che ci sia uno squilibriostrutturale tra “le risorse che entrano e quelle che escono” (cito Adam Asmundo) è fuori discussione. Eppure, a leggere qualcunodei media che vanno per la maggiore su Internet, si è trattatodi un attacco proditorio all'isola, primo atto di “un'escalation da quiad aprile”, seguito per giunta- dal commissariamento della spesaper i depuratori per la quale il Governo si permette perfino- ohibòdimettere in discussione il buon diritto della Giunta regionale edegli amministratori locali (che scaricano le responsabilità gli unisugli altri) di lasciare fermi nelle casse pubbliche la bazzecola di1,1 miliardi di euro per la realizzazione dei depuratori. Ecco, ci risiamo,la Sicilia tradita e vilipesa dallo Stato è il tormentone che haaccompagnato la decadenza dell'Autonomia speciale e che conducesempre a trovare un nemico esterno per evitare di affrontareil tema della qualità di governo delle classi dirigenti siciliane (usouna definizione che ricomprende non solo il ceto politico, ma ilcomplesso dei decisori e delle parti che giocano un ruolo attivo).E' tutta colpa di noi siciliani, allora? Certamente no, le politiche nazionaliper il Mezzogiorno e per la nostra isola sono state sbagliateed hanno contribuito all'indebolimento del sistema economico.Sono diminuiti i trasferimenti ordinari del sistema della spesa pubblica,sono stati brutalmente ridimensionati gli investimenti pubblici,affidando gli interventi per lo sviluppo esclusivamente allerisorse europee le quali , tra l'altro, hanno dovuto fare i conti coni noti problemi di ritardo e di efficienza e d efficacia della spesa.Un'impostazione errata che si ripete anche nel DPEF presentatodall'assessore Baccei che affida esclusivamente alle risorse delleprogrammazioni europee vecchie e nuove e dei fondi nazionaliper lo sviluppo le speranze di uscita dalla crisi dell'isola. Si trattadi circa due miliardi l'anno per i prossimi dieci anni che saranno assolutamenteinsufficienti se non si metterà mano ad una profondariforma della macchina amministrativa regionale e delle autonomielocali.Una riforma che richiederà coraggio da parte di tutti, ma che nonsi potrà portare a compimento contro quella parte di società sicilianache ha visto una severa flessione delle proprie condizioni divita. I dati presentati venerdì 6 febbraio dalla Fondazione RESsono drammatici: tra il 2007- anno di inizio della recessione- ed il2014, il PIL regionale ha subito una caduta di oltre il 13%, il valoreaggiunto industriale del 7%, delle costruzioni dell'11%, dei servizidel 14%, ma sopratutto si è verificato un crollo del 41%degli investimenti in macchine ed attrezzature e del 19% diquelli in costruzioni. Il tasso di disoccupazione è giunto al 23%,con una crescita di due punti rispetto al 2013 e non è previstoalcun miglioramento per il prossimo anno, il tasso di occupazionesi ferma al 26,2% a fronte di una media nazionale del37%. C'è un parziale recupero della spesa delle famiglie rispettoalla caduta verticale del 2013, ma la spesa per istruzioneha subito una flessione del 2%, a segnalare l'emergere di unasfiducia nel futuro assai preoccupante. Sono noti, inoltre, i datidi diffusione della povertà.Andiamo verso una stagione che metterà in discussione tutte lenostre certezze e che segnerà la fine della Regione paga-tutto.Bisogna uscire fuori dalla retorica della rivoluzione (scriveva AlbertCamus nel profetico “L'uomo in rivolta” che “la rivoluzioneè un tentativo di modellare l'atto sull'idea....per questo... uccideinsieme uomini e princìpi”), ma anche dalla tentazioni di dar lezioniagli altri sui guasti dell'assistenzialismo. La Regione èstata madre dello sfascio delle proprie finanze, ma i padri sonoin gran numero e non è tacciando di assistenzialismo quelli chedifendono interessi diversi da quelli a me cari che si risolvono iproblemi. Ci vorrà coraggio, capacità di confrontarsi, rinunciaagli strumentalismi di comodo, per trovare soluzioni valide e capacidi consenso ampio, anche se non sarà possibile accontentaretutti. Sarà comunque una stagione durissima che laSicilia può affrontare in due modi: con l'antica logica rivendicazionistanei confronti dello Stato centrale, oppure ritrovando leragioni della propria responsabilità e del valore autentico diun’autonomia non predatoria.La prima scelta sarà in ogni caso perdente l'altra, facendo levasulle risorse dell' autogoverno e della democrazia partecipata,consentirà di richiamare il governo di Roma ai propri obblighi disolidarietà.46 23febbraio2015 asud’europa
Cinque anni di tagli a comuni e sanità:dal deficit economico a quello assistenzialeGli obiettivi di risparmio previsti per il management della finanzalocale e regionale sembrano essere stati raggiunti.È quanto emerge dalla relazione sulla gestione finanziariaper l’esercizio 2013 degli enti territoriali prodotta della SezioneCentrale di Controllo della Corte dei Conti, che ha effettuato le verifichedel rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni,Province, Città metropolitane e Regioni. D’altro canto, le manovredi spending review, perseguite nel periodo 2008-2013, hanno determinatoconsistenti tagli ai trasferimenti correnti, un cospicuoavanzo di cassa e una riduzione delle risorse destinate ai serviziessenziali.Maggiormente colpite dalle politiche restrittive sono le Regioni, icui tagli alla spesa primaria sono stati del 16% nel triennio 2010-2012. Le manovre di riequilibrio hanno consentito, però, di migliorarei conti patrimoniali: le Regioni a statuto ordinario del Nordmanifestano maggiori segnali di sofferenza, mentre quelle a statutospeciale e le Province autonome sembrano consolidare inmodo significativo i propri saldi patrimoniali. La gestione di competenza2013 registra un saldo complessivo pari a +5,2 miliardi, adifferenza dei risultati negativi del biennio precedente. Ed anchela gestione di cassa presenta valori positivi (+3,7 miliardi), cosìcome quella in conto capitale di competenza. Gli accertamenticomplessivi delle entrate ammontano a quasi 186 miliardi, in crescitaconsiderevole rispetto all’anno precedente, a cui si collega,sul piano della cassa, il tangibile aumento delle riscossioni tributarie,cresciute in un solo anno di oltre 30 miliardi. L’indebitamentocon oneri a esclusivo carico delle Regioni passa da 46 miliardi del2012 a 52,7 miliardi del 2013, registrando un incrementodell’11,48% rispetto al biennio 2011-2012. Una parte consistentedi tale deficit è coperta dagli strumenti di finanza derivata (14,84miliardi, pari al 28,12% del debito a carico delle Regioni). Quantoalla spesa, le Regioni confermano la tendenza a presentare bilanciprevisionali con stime lontane da quelle poi realmente registrate.Sul versante della finanza locale, le manovre di contenimento deiconti pubblici hanno consentito di risparmiare il 28,3% sulla spesaprimaria delle Province (corrispondente, in valore assoluto, ad untaglio di 2,9 miliardi) e il 14,5% su quella dei Comuni (pari a 8,4 miliardi).Contestualmente, si è rafforzata la pressione fiscale dei Comuni- nel 2013 gli accertamenti di competenza di tutte le entratecorrenti crescono del 4,1%: in valore assoluto, cioè, si passa da53,07 miliardi del 2012 a 55,2 miliardi - e la spesa per gli investimentiè diminuita del 5,8%, mentre quella corrente si incrementa,in termini di impegni, del 5,5%, principalmente per le prestazionidi servizi (+4,9%). Sono stati ridotti, invece, gli oneri per il personale(-2,2%) e quelli per l’acquisto di beni di consumo (-6,4%). Sulversante del debito finanziario, la consistenza per i Comuni (43,2miliardi) è sostanzialmente stabile (-0,43%) rispetto all’anno precedente(43,4 miliardi), ma il fenomeno dei debiti fuori bilancio vaoramai assumendo una dimensione strutturale per la rilevanzadegli importi e per il numero degli enti coinvolti, con un aumentocomplessivo nel 2013 dell’80% nelle Province (da 72,2 a 130,3milioni) e del 20,95% nei Comuni (da 576,9 a 697,8 milioni). E,proprio commentando le valutazioni della Corte dei Conti sullasituazione finanziaria degli enti territoriali, Leoluca Orlando, presidentedell’AnciSicilia, parla di «effetti devastanti» prodotti dacinque anni ininterrotti di tagli. «I tagli vanno effettuati conestremo giudizio» - osserva il primo cittadino del capoluogo siciliano- «non si può pensare di sforbiciare orizzontalmente, eliminandoservizi essenziali» perché «una cosa sono gli sprechi,che esistono e sui quali si deve porre senza dubbio un rimedio,un'altra sono i tagli lineari e indiscriminati che hanno attuatoi vari governi e che vanno ben al di là degli sprechi, vistoche toccano da vicino i cittadini».Per quanto attiene alla gestione sanitaria, negli ultimi tre anni laspesa è diminuita, in particolare quella per il personale (dal34,97% nel 2002 al 32,19% nel 2013) e quella farmaceuticaconvenzionata (dal 14,98% nel 2002 al 7,86% nel 2013). Infatti,nel 2013 il peso della spesa sanitaria su quella correntecomplessiva è pari al 75,87%, contro il 76,50% del 2012. Comesi legge nella relazione, “risulta confermata l’efficacia delle misuredi contenimento della farmaceutica territoriale e la difficoltàa contenere quella ospedaliera; il risultato per il 2013,anche se positivo perché la spesa diminuisce complessivamentedel 3,6% rispetto all’anno precedente (-0,6 miliardi in valoreassoluto), è prodotto da un incremento del 7,6% dellaspesa ospedaliera e da un calo del 7,2% di quella territoriale”.Dunque, il sistema sanitario, nonostante le persistenti criticitàdei Servizi sanitari regionali in alcune Regioni sottoposte apiano di rientro, “sta riassorbendo i disavanzi pregressi grazieagli efficaci meccanismi di monitoraggio”. Il rischio, però, è che,senza gli investimenti necessari in tecnologie e infrastrutture, sipassi da un deficit contabile a un “deficit assistenziale”.A.F.23febbraio2015 asud’europa 47
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