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Pubblicato il Notiziario 28 - Associazione culturale Monti del Tezio

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tutta la vita. Man mano che crescevo, più voltedomandai a Tito, <strong>il</strong> capofamiglia, come maizoppicava, che cosa gli fosse successo, ma nélui né i suoi mi dissero mai la verità. Da grandemia madre trovò le parole <strong>del</strong> coraggio. Eratempo di mietitura, un tedesco sbandato capitòal Morello, entrò nella stalla dei Fioroni e neuscì tirandosi dietro un vitellino. Leopoldinacon <strong>il</strong> suo carattere ribelle si mise a urlare einveire contro <strong>il</strong> soldato; <strong>il</strong> primo ad accorrerefu Gettulio Fioroni, uno che non sopportavasoprusi, e cercò di riprendersi la bestiola conspinte e imprecazioni. Di suo Leopoldina diedeun morso alla mano <strong>del</strong> razziatore. Al rumore,Tito, dal campo si avvicinò a casa; camminavacon le mani lungo i fianchi e la falce chequasi toccava terra. Il tedesco si girò all’ultimomomento, lo vide, ebbe paura, gli sparò allagamba destra. Io lo ricordo stentato nel camminare,mite, attento a non farmi sapere niente.Gli affetti hanno priv<strong>il</strong>egiato i ricordi fam<strong>il</strong>iariscombinando le tacche <strong>del</strong> tempo, ma meritanomenzione anche certi fatti di cui ho sentitoparlare.Fino al 21 febbraio <strong>del</strong> ‘42, Tec Sans’, la divinitàetrusca che ha dato <strong>il</strong> nome al <strong>Tezio</strong>, era riuscitaa tenere lontana la guerra dalle sue pendici,come a proteggere i pastori e i contadiniche da m<strong>il</strong>lenni le abitavano in pace. Ma quellasera nebbiosa, quando tutti dormivano o aspettavanoche finisse lo stoppino <strong>del</strong>la lucerna, untrimotore tedesco Junkers da nord tentava diaffacciarsi sulla valle <strong>del</strong>la Caina.Ci riuscì, ma dopo aver lasciato un’ala sulversante nord-est ed essere stato catapultatodall’altra parte, dove si fermò rottame fra gliscogli. Il monte si prese tre giovani. Due sopravvissero.Circa due anni dopo, era <strong>il</strong> 12-1-44, di notte,Pietro Piattellini e Giuseppe Ercolanelli dalpiazzale di Compresso Vecchio si “godevano”<strong>il</strong> bombardamento di Sant’Egidio. I due ragazzierano calamitati dagli scoppi e dalle traccianti<strong>del</strong>la contraerea. Ad un certo punto unaereo americano che sorvolava Monte Malbesi prese la scena lasciando cadere tutto <strong>il</strong> caricodi bombe, come per alleggerirsi. Ma fu subitochiaro che l’areo diretto verso <strong>il</strong> <strong>Tezio</strong> ormaiperdeva quota e si annunciava con uno sferragliaredi lamiere. «Cade, cade!»: si disseroi due seguendolo fino all’impatto col monte,dove la benzina residua tributò al velivolo l’onore<strong>del</strong> fuoco, e consegnò all’eternità sei vitecarbonizzate.Se qualcuno crede che <strong>il</strong> mare, i fiumi e i montihanno un’anima vendicativa, potrebbe trovareconferma nel naufragio di un elicottero che nel2005 si schiantò più o meno nello stesso puntodei due aerei.Ma questo con le ferite <strong>del</strong> ‘44 non c’entra. Lepersone che subirono quegli errori li hanno ridottia cicatrici <strong>del</strong>la memoria.Indifferente, <strong>il</strong> monte sta lì, e ci unisce. Non soper quale mistero.V<strong>il</strong>la di Compresso come si presentava fino al 1957Foto gent<strong>il</strong>mente concessa dal Sig. Pietro Piattellini23

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