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marzo-aprile 2007.pdf - Collegio San Giuseppe - Istituto De Merode

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versi liberi, La tipografia abbandonata, usciti su “Marforio”. Si trattava di versi daitemi realistici che rivelavano, nel giovanissimo autore, una precoce predisposizionead osservare i fatti della vita. Si trovano in essi allusioni alla malattia già latente e inun sonetto del 1906, Vinto, vi sono amare riflessioni sulla perdita della felicità.Nella primavera del 1906 la precaria salute del giovane poeta, malato di tubercolosi,lo costrinse a soggiornare in una casa di cura a Nocera dove conobbe una giovanedanese, Sonia, per la quale provò un intenso e platonico innamoramento. Nelgiugno dello stesso anno il poeta si recò a Cremona, città natale della madre, percercare un aiuto economico dai parenti materni e conobbe una giovane pasticceracon la quale inizierà una breve corrispondenza epistolare.Tra il 1904 e il 1906 furono pubblicate le sue raccolte poetiche: Dolcezze (1904), L’amarocalice (1905), Le aureole (1906), Piccolo libro inutile (1906), Elegia (1906), Libroper la sera della domenica (1906). Fu quindi un poeta prolifico, benché la suavita sia stata molto breve.Nel 1906 Corazzini, per l’aggravarsi della malattia, venne ricoverato nella casa deiFatebenefratelli di Nettuno in grave stato febbrile. Dal sanatorio iniziò una fitta corrispondenzacon Aldo Palazzeschi.Nel maggio del 1907 Corazzini ritornò a Roma, ma il suo stato di salute si aggravò eil 17 giugno, nella sua casa di via dei Sediari moriva di etisia.Per capire la poetica di questo autore della nostra città, la cosa migliore è analizzareuna delle sue poesie più celebri: “<strong>De</strong>solazione del povero poeta sentimentale”,che riportiamo qui in seguito:<strong>De</strong>solazione del povero poeta sentimentalePerché tu mi dici: poeta?Io non sono un poeta.Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio.Perché tu mi dici: poeta?Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.Le mie gioie furono semplici,semplici così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.Oggi io penso a morire.CULTURAIo voglio morire, solamente, perché sono stanco;solamente perché i grandi angiolisu le vetrate delle cattedralimi fanno tremare d’amore e di angoscia;solamente perché, io sono, oramai,rassegnato come uno specchio,come un povero specchio melanconico.Vedi che io non sono un poeta:sono un fanciullo triste che ha voglia di morire.Oh, non maravigliarti della mia tristezza!E non domandarmi;io non saprei dirti che parole così vane,Dio mio, così vane,che mi verrebbe di piangere come se fossi per morire.Le mie lagrime avrebbero l’aria24TIME OUT • n°3 - 4 • Marzo/Aprile 2007

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