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Rivista in pdf - Konrad

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14KONRAD MARZO 2013‘GiovaniIo frequento un liceo classico e perstage questo mi sono sempre sentita lontanodal mondo del lavoro e delle“responsabilità”. Volevo davvero scontrarmi con il mondo dellavoro, capire come funziona la vita dei cosiddetti adulti. Ho decisoqu<strong>in</strong>di d’<strong>in</strong>tervistare chi con questo universo ci deve convivere ognigiorno, come gli stagisti degli istituti. Una mia amica ha quasi f<strong>in</strong>itouna di quelle scuole che i miei professori def<strong>in</strong>irebbero di serie B emi ha parlato di come funziona lo stage. Quando ho sentito le sueconfidenze ho capito che dovevo immediatamente scriverle, perchéper un attimo mi è sembrato di parlare con una ragazza matura e perl’appunto adulta, nonostante avesse <strong>in</strong> tutto e per tutto le sembianzedi una ragazza della mia età.Per com<strong>in</strong>ciare non dirò il suo nome, lei non vuole che lo scriva, rischierebbetroppo. “Lo stage” mi spiegava pazientemente, “dovrebbeavere lo scopo di <strong>in</strong>segnarmi a lavorare <strong>in</strong> un ambiente <strong>in</strong> cui, nel mioprossimo futuro, dovrò obbligatoriamente vivere. Io sento il bisogno dicapire come obbedire ad un datore di lavoro, come comportarmi con uncliente, come funziona una cassa e come gestire i soldi di un negozioo di un bar, credo per questo che lo stage non solo sia utile, ma per mesia essenziale”.Tuttavia gli stagisti non sempre ricavano da tale esperienza le nozion<strong>in</strong>eccessarie: “Quella che più mi fa arrabbiare è il fatto che questaopportunità non possa essere sempre sfruttata: noi abbiamo un contrattoche tuttavia non ci fanno leggere, qu<strong>in</strong>di non sappiamo nè qualisiano i nostri diritti, tantomeno i nostri doveri. Come si sentirebbe unlavoratore normale a non sapere cosa deve o non deve fare, cosapuò richiedere o meno? Credo che dovrebbero farci leggere i contrattiprima d’<strong>in</strong>iziare uno stage, o almeno farli leggere a chi dovrebbe farcida tutor. Chi controlla e valuta i nostri operati <strong>in</strong>fatti, spesso e volentieri,si ritrova all’oscuro quanto noi riguardo alle competenze chedovremmo accumulare da tale esperienza. Per farmi capire meglio,una volta mi hanno chiesto di stare alla cassa senza nessuno chemi controllasse, io da m<strong>in</strong>orenne non potevo stampare scontr<strong>in</strong>i nèstare a contatto con i soldi, ma ho dovuto farlo. Il vero problema ènato quando ho sbagliato di battereun prezzo ed ho chiesto meno soldidi quanto ne valesse realmente ilprodotto, non solo sono stata severamentesgridata, ma il mio voto ne hafortemente risentito”.Mi aveva colpito la sua storia, volevosaperne di più. Sembrava rassegnatanel raccontarmele: “Ad una di noiuna volta è stato chiesto di lavareun anziano, noi non possiamo enon dobbiamo tassativamente farlosenza che prima ci venga spiegatocome.”Pensavo lei parlasse di dignità,credevo che avrebbe tirato <strong>in</strong> balloil fatto che pulire un’altra persona èdegradante, tuttavia è rimasta freddaed oggettiva: “Immag<strong>in</strong>a se ti chiedesserodi fare un lavoro molto delicatosenza che tu abbia la m<strong>in</strong>ima esperienzadi come si faccia. Quell’anziano avrebbe potuto venire ferito, venirepulito male. Non è un lavoro che si può assegnare senza che primasi spieghi come svolgerlo”. Davanti a questa risposta mi sono sentita<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente stupida. Io sono abituata a vivere senza sporcarmi le mali,ad osservare gli altri che lavorano, mentre io rimango nella mia piccolacampana di vetro. “Non sempre è un’esperienza così negativa, io ho<strong>in</strong>contrato molte persone serie e disponibili, ma anche altrettante deltutto <strong>in</strong>capaci. Inoltre durante uno stage non dovrei andare a prendereil caffè per gli altri dipendenti, dovrei stare costantemente sul posto dilavoro per imparare. A cosa mi serve andare a prendere il caffè? Sareistata capace di farlo anche senza uno stage!”Alla f<strong>in</strong>e del suo discorso mi guarda e mi sorride speranzosa:“Io diventerò un’ottima lavoratrice, peccato che non sarà statala mia scuola ad avermi <strong>in</strong>segnato il come”.Beatrice Achille‘‘Il governo britannico ha approntato un programma di <strong>in</strong>vestimentodi 62 milioni di sterl<strong>in</strong>e (72 milioni di euro) per sviluppare la mobilitàciclistica (lo riferisce il Guardian). È il più grande <strong>in</strong>vestimento sullabicicletta mai adottato da un governo di quel paese. Lo sottol<strong>in</strong>eo perchéquesto dimostra che, diversamente da quello che molti pensano <strong>in</strong> Italia,la bicicletta non è un mezzo per gente “di s<strong>in</strong>istra”, per “alternativi” vecchie nuovi, per anziani soli o immigrati senza patente. Al governo <strong>in</strong> quelpaese sono <strong>in</strong> questo momeno i conservatori assieme ai liberali.La bicicletta è un mezzo per tutti, il cui utilizzo aiuta tutti, anche quelliche non possono usarla e devono muoversi con altri mezzi. È facileda capire. Se si riduce il numero di automobili <strong>in</strong> circolazione nelle cittàgrandi e piccole (attanagliate dal traffico veicolare) favorendo i mezzipubblici e la bicicletta, le strade saranno meno <strong>in</strong>tasate e così potrannomuoversi con maggiore facilità coloro che hanno il diritto e il dovere diusare automobili, furgoni e camion. Mi riferisco, per esempio, ai mezziche trasportano persone disabili, alle ambulanze, ma anche ovviamenteai corrieri commerciali e a tutti i mezzi di pubblico <strong>in</strong>teresse.Qualche tempo fa ho esposto questo ragionamento ad una donna, madredi due figli. Mi aspettavo un cenno di condivisione, di civica <strong>in</strong>tesa.il vero cambiamento È possibileInvece la signora, probabilmente<strong>in</strong>terpretando un sentire diffuso, ha<strong>in</strong>serito tra le categorie che hanno“necessità” <strong>in</strong>derogabile di utilizzare l’automobile, anche se stessa impegnatanell’<strong>in</strong>combenza di condurre a scuola i propri figli. Ho cercatodi argomentare che forse, abitando <strong>in</strong> città, potrebbero, lei e i figli, utilizzarel’autobus, ma mi ha guardato stupita, come se avessi parlato dellevirtù taumaturgiche dell’ur<strong>in</strong>a o della salute mentale dei cavalli a vapore.Certe volte, le cose semplici e <strong>in</strong>tuitive paiono le più difficili da (far)<strong>in</strong>tendere. Nessuno dei partiti o movimenti <strong>in</strong> gara per le elezioniha speso una parola per cambiare la mobilità nelle città e nei paesiitaliani, <strong>in</strong>vestendo sulla bicicletta. Non mi riferisco a qualche riga apag<strong>in</strong>a 54 del programma politico, che di quello son capaci tutti, ma diun punto affermato con forza e convizione davanti a un microfono o <strong>in</strong>battuta di telecamera. Di questo non c’è traccia. Eppure ce ne sarebbeestremo bisogno. Faccio un esempio piccolo e pratico, guardandola realtà locale.Nei pressi del comune dove risiedo, Martignacco, vi sono diversi centricommerciali. In particolare, c’è un supermercato Despar situato a menodi c<strong>in</strong>quecento metri dall’<strong>in</strong>gresso del paese. Purtroppo, raggiungerlo <strong>in</strong>bicicletta è un’<strong>in</strong>iziativa rischiosa perché si deve attraversare un’assurdarotonda sulla strada regionale. Come tutte le rotonde progettate dai

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