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I materiali da costruzione di Pompei - Vesuvioweb

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Vitruvio (II, 8, 17) ci informa inoltre che a Roma i lateres (cru<strong>di</strong>) erano<br />

poco usati, perché richiedevano muri <strong>di</strong> un considerevole spessore (46-60<br />

cm), cosa non possibile a causa dello spazio assai limitato, fu per questo che<br />

le case civiche venivano costruite con la tecnica dell’opus craticium che era<br />

però assai fragile e soggetta a crolli.<br />

I pavimenti dei vari piani erano fatti in legno (contignationes) e le pareti<br />

<strong>di</strong>visorie delle varie stanze, fra i muri maestri, erano costruite in opus craticium<br />

(Vitr., II, 8, 20), cioè a traliccio ligneo col riempimento degli spazi<br />

vuoti eseguito me<strong>di</strong>ante creta e sassi: tale sistema è detto <strong>da</strong> Vitruvio anche<br />

opus intestinum, in quanto il legno aveva la parte principale ed era molto<br />

usato per le cornici, per i tramezzi, per le transenne, oltre che per le porte e<br />

per gli infissi. Si ricor<strong>di</strong>no la “Casa del tramezzo <strong>di</strong> legno” <strong>di</strong> Ercolano.165<br />

Per preservare i muri craticii <strong>da</strong>llo sgretolamento si rivestivano con una<br />

miscela <strong>di</strong> calce e arena (opus tectorium), in 3 o 4 strati sovrapposti, sempre<br />

più sottili e flui<strong>di</strong>: l‟ultimo strato, più fine e <strong>di</strong> colore bianco, si chiamava<br />

opus albarium ed era formato <strong>da</strong> calce e gesso. Nei locali che contenevano<br />

acqua (cisterne) o soggetti all‟umi<strong>di</strong>tà (terrazze), i pavimenti e le pareti si<br />

ricoprivano con uno spesso strato <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> coccio e malta, ben battuto<br />

e compatto, detto opus signinum, o anche opus figlinum, perché fatto con<br />

pezzi <strong>di</strong> tegole, coppi, olle, vasi, ecc., materiale fabbricato nelle figlinae laterizie.<br />

Una speciale forma <strong>di</strong> opus figlinum consisteva nel ricoprire i pavimenti<br />

dei cortili e delle terrazze scoperte con mattoncini rettangolari posti<br />

per taglio, con <strong>di</strong>segno a spina <strong>di</strong> pesce o a spiga, detto perciò opus spicatum.<br />

In un terzo passo Vitruvio (VI, 8, 9) precisa i mo<strong>di</strong> con cui si costruivano<br />

le case private: “Quibus autem copiarum generibus oporteat uti, non est architecti<br />

potestas, ideo quod non in omnibus locis omnia genera copiarum<br />

nascuntur, ut in primo volumine est expositum. Praeterea in domini est potestate<br />

utrum latericio an caementicio an saxo quadrato velit e<strong>di</strong>ficare”.166<br />

Già si è detto che per genus latericium Vitruvio intende prevalentemente la<br />

muratura <strong>di</strong> mattoni <strong>di</strong>sseccati al sole con un coronamento <strong>di</strong> tegole (lorica<br />

testacea), sporgenti a guisa <strong>di</strong> cornice (proiectura coronarum); questo sistema,<br />

nonostante i suoi<br />

165 GUIDOBALDI 2006, pp. 199 sgg.<br />

166 VITRUVIO, De Arch., VI, 8, 9.<br />

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