Quello del Gargano è l’unico esempio di agrumeto in tutta la fascia Adriaticaed anche per questo motivo ha colpito in maniera particolare poeti, viaggiatori, studiosiche, nel corso dei secoli, si sono susseguiti alla ricerca di paesaggi agricoli e diprodotti con forti connotazioni territoriali. Gli agrumeti del Gargano rappresentano,infatti, un esempio caratteristico dei paesaggi storici dell’Italia agricola. Circoscrittiin un’area di circa 800-1.000 ettari compresi nei territori di Vico del Gargano, Rodied Ischitella, si presentano come una piccola oasi inserita nel roccioso promontoriogarganico da oltre dieci secoli di storia e testimoniano la capacità di uomini e donnedi utilizzare le esigue risorse ambientali della zona per produrre ricchezza e cultura.2.2.1 Mille anni di storiaLa presenza degli agrumi nella zona è testimoniata fin dal 1003, anno in cuiil cronista Leone d’Ostia racconta come Melo, Principe di Bari, avesse invogliato iNormanni alla conquista delle Puglie, spedendo in Normandia diversi frutti, tra cuii “pomi citrini” del Gargano.Successivamente, verso la fine del Seicento, il frate Filippo Bernardi raccontache, in un territorio arso dal sole, si distingue il paesaggio di Vico e Rodi pienodi agrumi, «che rende i paesani ricchi per il continuo traffico che vi fanno i Venezianie gli Schiavoni i quali vengono a caricar vini, arance, limoni…; a Rodi si puòdire che vi sia una tirata di giardini per la qualità di aranci e limoni che vi sono piantecosì sterminate che sembrano anzi querce che agrumi».Tutte le citazioni dei viaggiatori italiani e stranieri elogiano, dunque, il fascinoesercitato da questo tratto di costa garganica. Il Catasto Onciario del 1742 attestala diffusione di colture pregiate e il relativo benessere degli abitanti, che emergesolo dal confronto con i censimenti di altri centri del Gargano e della Capitanata:Rodi si distingue per la congrua presenza di contribuenti minori, il cui reddito superadi poco le 15 once: sono “bracciali” (braccianti), massari (detti anche “lavoratori”),“vaticali”, artigiani, ma anche operai specializzati: “putatori, coglitori e scartatoridi frutti”. Il possesso degli agrumeti era una prerogativa, anche se non esclusiva,dei professionisti.Beltramelli, agli inizi del Novecento, descrive invece il territorio in questionecome «la terra delle selve, dei giardini, degli aranceti (…) chiusa ai due lati dagliscogli di Peschici e Rodi» (A. Beltramelli, 1906) mentre nelle descrizioni di D’Annunziosi legge «Il Promontorio di Roto (Rodi) che è grande e dilettosa altura sullacosta italica, tutta coperta da una selva di aranci e limoni» (G. D’Annunzio, 1912).Gli agrumeti apparivano come giardini protetti da una barriera continua difrangivento di lecci lungo il perimetro e “tramezzi” intercalari, a loro protezione.L’agrumeto si presentava, quindi, come un insieme di quadrati, distinti tra loro per40
capacità produttiva, livelli di qualità del prodotto e di specie: quadri di aranci, limonie a volte anche di cedri. I tramezzi, quando non erano fatti di canne secche,erano costituiti da alberate di nespolo, i cui frutti costituivano un ulteriore risorsaper i coltivatori. «In tutta la contrada di Canneto – racconta Nello Biscotti(http://www.paesaggio.net/docs/gargano.htm) – i frangivento di nespolo hanno resoil paesaggio morfologicamente caratteristico: trasversalmente alla valle (perpendicolarmentealla direzione dei venti) si alternano grandi muraglie di leccio con tramezziregolari di nespolo (quest’ultimo si nota particolarmente, spesso svettante,negli agrumeti). In realtà attorno all’agrume si realizza il “regno della diversitàagraria”: ai margini dei quadri, spesso piccoli ficheti, ove uno spazio si rendevalibero, era l’angolo ideale per ciliegi, meli, peri, cotogni, melograni, fichi d’India,noci; una “caterva di fruttiferi”, rappresentativa di quasi tutto il patrimonio di specieagrarie, del quale si è caratterizzata l’agricoltura del Mediterraneo e non solo.Per ogni specie poi, un indefinibile e mai precisato mosaico di varietà. Qui, propriotra gli agrumeti, si realizza quell’estrema diversità vegetale che costituisce lapeculiarità del paesaggio agrario del Gargano».2.2.2 Dall’esportazione dei frutti a quella delle famiglie: viaggio verso l’AmericaNella seconda metà dell’Ottocento il Gargano si poneva al terzo posto per laproduzione di agrumi in Italia e al primo per le rese e i profitti unitari. Ogni alberofruttava 206 lire, pari al costo di una giornata di 206 braccianti.Fonti storiche documentano che in un agrumeto vi era un vero e proprio giganteche nel 1875 aveva prodotto 8.000 frutti, cioè 235 lire di rendita; ogni 1.000 liredi capitale investito per ettaro fruttava oltre 4.000 lire.L’inchiesta agraria di Stefano Jacini, promossa nel 1877 dal Parlamento delRegno d’Italia per conoscere le condizioni economiche del Sud, sottolinea il valoree la positività per l’economia garganica (Rodi e Vico in particolare) di questa coltivazione.Come avvenuto per gli agrumi delle altre Regioni meridionali, alla fine dell’Ottocentoe nei primi decenni del secolo scorso, le partite del Gargano erano direttesoprattutto verso i mercati internazionali, in particolare verso il continente americanoche assorbiva quasi tutta la produzione agrumaria. Da San Menaio e Rodi Garganicopartivano le navi della Regia Compagnia di Navigazione, che registrava nellasola Rodi l’imbarco annuale, nel periodo 1895-1920, di 11.000 tonnellate di agrumi.Successivamente, con l’utilizzo di barconi, gli agrumi vennero trasportati da SanMenaio a Manfredonia, con la ferrovia a Napoli e poi in America. Da Rodi, invece,rimase aperto il traffico per Trieste e per la Dalmazia.Per motivare la necessità di una ferrovia per il Gargano, che richiese una lun-41
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