122 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 <strong>Luglio</strong>/<strong>Agosto</strong>(ChEI, donepezil, rivastigmina, galantamina),rispetto al placebo, produce un effetto sintomaticolimitato ma statisticamente significativo suidisturbi cognitivi nella AD dopo 6 mesi di trattamento.L’entità di tale effetto è pari in media a 2.5punti della scala ADAS-Cog e a 1.5 punti del MiniMental State Examination (2). In parallelo gli stessistudi hanno anche dimostrato che tale effetto sitraduce in una lieve ma significativa riduzione deldeclino dell’autonomia funzionale (3).Tale effetto sintomatico risulta più evidente aidosaggi maggiori dei diversi ChEI (4), sebbene alcrescere del dosaggio aumenti anche il rischio dieffetti avversi, in particolare quelli gastrointestinali.Tali effetti sono inferiori con il donepezil emassimi con la formulazione orale di rivastigmina(2). In tal senso appare un avanzamento lacommercializzazione della rivastigmina transdermica,che produce una concentrazione stabile delfarmaco nel sangue, invece delle fluttuazioni causatedalla somministrazione orale, riducendo cosìi “picchi” connessi alla somministrazione orale(5). Questo ha consentito di ridurre di 2/3 l’incidenzadi effetti avversi rispetto alla formulazioneper os, mantenendone la stessa efficacia e riuscendoa raggiungere nella quasi totalità dei casi ildosaggio massimo del farmaco (6).Il significato dell’effetto sintomatico dei ChEI,sebbene supportato dai dati statistici, è sempre didifficile valutazione nel singolo paziente, particolarmentein una malattia che è inevitabilmentep ro g ressiva malgrado le terapie disponibili,mostra una elevata variabilità inter-individualenella risposta alle cure e d’altra parte dimostranegli studi una risposta positiva al placebo nel17% dei casi (7). Tale dato è ben esemplificatodalla stima che è stata fatta del Number Neededto Treat (NNT), espressione del numero di soggettiche occorre in media trattare per dare beneficioad un paziente in più rispetto al placebo. Talevalore è pari a 7 per i ChEI; per avere un confrontoil NNT è circa 4 per gli inibitori del reuptakedella serotonina nella depressione maggiore.Questo suggerisce la necessità di identificare isoggetti che rispondono efficacemente alla terapiarispetto a quelli che non rispondono. In tal senso,dati osservazionali suggeriscono che la stabilità oil miglioramento del MMSE dopo tre mesi di terapiasono predittivi di un mantenimento del livellocognitivo globale dopo 9 mesi di cura (8).D’altra parte il medico nella sua pratica clinicanon sempre è guidato dalla sola valutazione testisticaguida. Un approccio alternativo e compleme n t a re è quello proposto dagli autori del GoalAttainment Scale (GAS), che propongono, mediantetale strumento, l’individuazione di obiettivipersonalizzati con paziente e caregiver e, in unsecondo momento, la possibilità di valutare in chemisura gli obiettivi prefissati siano stati raggiunti(9). Utilizzando il GAS, che è concettualmente vicinoa quella che possiamo considerare una corre t t arelazione medico-paziente-care g i v e r, in un’ampiacasistica di soggetti trattati con rivastigmina si èosservato un miglioramento dei problemi identificatinel 30-45% dei casi ed un loro peggioramentosolo nel 5-10% dopo un anno (10).Una ulteriore problematica relativa alla sceltadel trattamento è costituita dal fatto che, particolarmentenei pazienti più anziani, la presenza dimalattia cerebrovascolare coesiste nella maggioranzadei casi con la neuropatologia di tipoAlzheimer (11). Tale dato sottolinea come solo lapresenza di segni rilevanti di malattia cerebrovascolaredebbano far porre la diagnosi di demenzavascolare: secondo i criteri NINDS-AIREN la presenzadi infarti multipli dei grossi vasi, di infarti“strategici” (es. giro angolare, talamo, lobi frontali),di lacune multiple dei nuclei della base, diestese alterazioni della sostanza bianca (12).D’altra parte uno studio condotto con galantaminaha dimostrato che nel sottogruppo di pazienticon AD associata a malattia cerebrovascolare glieffetti sintomatici siano sovrapponibili rispetto aquanto osservato nei soggetti senza malattia cerebrovascolare(13).I dati riportati giustificano perché, nelle lineeguida europee recentemente pubblicate re l a t i v a-mente alla diagnosi ed al trattamento della A D ,costituisca “raccomandazione di livello A” il fattoche, al momento della diagnosi, debba sempree s s e re valutata la possibilità di istituire un trattamentocon ChEI, discutendo con paziente care g i-ver i benefici attesi ed i possibili effetti avversi (14).IL TRATTAMENTO NELLA PROGRESSIONEDELLA MALATTIASono invece più limitati e tra loro contrastanti idati relativi all’effetto a lungo termine dei ChEI.Secondo alcuni dati un inizio più precoce dellaterapia sarebbe in grado di ritard a re il declino cognitivoa distanza di tempo, dato questo che suggeri rebbe un possibile effetto di modifica della storianaturale di malattia oltre al semplice effetto sintomatico.Vanno in questo senso i dati delle “estensioni”in aperto dei trial randomizzati contro l l a t i ,in cui è stato osservato che i soggetti inizialmenterandomizzati all’assunzione del placebo, e che pertantoavevano iniziato il farmaco 6-12 mesi dopo ilg ruppo di trattamento attivo, rimanevano ad unlivello cognitivo mediamente inferiore per 12-36mesi rispetto al gruppo che aveva assunto il farmacofin dall’inizio (15,16) ed avevano un rischio inferi o re di istituzionalizzazione (17). Tali dati, seppurnon dirimenti, in particolare per l’elevato tasso disoggetti perduti al follow-up, sono in accordo congli studi naturalistici che hanno osservato unminor tasso di istituzionalizzazione nei soggetti in
Mossello E. - Il trattamento farmacologico nella Malattia di Alzheimer: soluzioni… 123trattamento con ChEI rispetto a soggetti appaiati aip recedenti in cui tale trattamento non era stato prescritto(18;19). Sono invece in contrasto con taleipotesi i dati di AD2000, trial randomizzato sponsorizzatodal National Health System britannico,che ha confrontato gli effetti di donepezil e placeboin un trial in doppio cieco di lunga durata e che,pur confermando l’effetto sintomatico del farmacosul livello cognitivo e l’autonomia fino a 2 anni difollow-up, non ha osservato alcuna riduzione delrischio di istituzionalizzazione a 3 anni (20). I limitidi tale studio sono stati tuttavia autore v o l m e n t eelencati nell’ambito della revisione Cochrane: lacomplessità del disegno, che prevedeva una secondarandomizzazione a distanza di 12 settimanedall’inizio dello studio e che rende i dati di diff i c i-le interpretazione; il limitato numero dei soggettia r ruolati, largamente inferiore a quanto pro g r a m-mato (565 rispetto ai 3000 previsti); la successivanotevole perdita di soggetti nel follow-up (40% nelprimo anno) (2). Per tutti questi motivi i re v i s o r iconcludono che lo studio ha mancato di raggiungerei suoi obiettivi, lasciando così nell’incertezzaquali siano gli effetti a lungo termine del trattamentocon ChEI e non consentendo né di aff e r m a-re né di negare in modo definitivo un loro effetto dimodifica della storia naturale della malattia.Un secondo problema che si pone nella progressionedella malattia è come comportarsi difronte ai pazienti che, malgrado il trattamento,mostrano una progressione dei deficit. Alla lucedei dati che suggeriscono la possibilità di unadiversa risposta individuale a diversi ChEI (21),appare ragionevole cambiare la molecola assuntase si osserva fin dall’inizio della terapia un peggioramentocognitivo. Un’alternativa ai ChEI ècostituita dalla memantina, che possiede un effettomodulatore sui recettori NMDA per il glutammato,la cui efficacia è stata dimostrata nei trialrandomizzati controllati in fase moderata-gravedi malattia, sia in monoterapia rispetto al placebo(22) che in associazione a donepezil rispetto alsolo donepezil (23). La terapia di associazioneappare pertanto ragionevole nei casi in cui, a distanzadi tempo dall’inizio della terapia con ChEI,si osserva un peggioramento cognitivo dopo un’inizialerisposta positiva. Ancora una volta i datisono confermati da studi osservazionali, chehanno mostrato un tasso di istituzionalizzazionesignificativamente inferiore nei soggetti trattaticon l’associazione ChEI+memantina rispetto aquelli trattati con i soli ChEI (24).IL CONTROLLO DEI SINTOMIPSICOLOGICI E COMPORTAMENTALISono più limitate le prove di efficacia dei ChEInel trattamento dei sintomi psicologici e comportamentali.Infatti, sebbene una meta-analisi deitrial disponibili abbia evidenziato un beneficiolieve ma statisticamente significativo del farmacorispetto al placebo (25), va ricordato che i pazienticon gravi disturbi del comportamento eranoesclusi dai trial (il punteggio basale dellaNeuropsychiatric Inventory negli studi è compresotra 9 e 13). Nell’unico trial che ha preso inesame come outcome primario gli effetti del donepezilsull’agitazione in pazienti con AD moderata-grave,gli effetti del farmaco sono risultatisovrapponibili a quelli del placebo (26).Sembra avere un miglior profilo di azione sutali sintomi la memantina, come dimostrato dauna meta-analisi di tre trial randomizzati controllatiche ha dimostrato un beneficio chiaramentesignificativo del farmaco su agitazione, allucinazionie deliri dopo 3 e 6 mesi di trattamento nelsottogruppo di pazienti che mostravano tali sintomialla valutazione basale (27).Tali dati di efficacia, seppure ancora limitati,rivestono una particolare importanza alla luce delfatto che il trattamento con antipsicotici atipici, laclasse di farmaci che più di tutti ha dimostrazionidi efficacia nel trattamento di agitazione e psicosiin corso di AD (28), è risultato associato ad uni n c remento lieve ma statisticamente significativodella mortalità (29). Tale osservazione giustifica laraccomandazione di utilizzare tali farmaci solo neicasi di sintomi gravi o comunque non responsivi altrattamento non farmacologico, per il tempo minimoe alla dose minima necessaria (30).Vi è infine un numero limitato di studi che hadimostrato l’efficacia del trattamento antidepressivonel miglioramento a breve termine dei sintomidepressivi (31). Dati osservazionali suggerisconoche l’associazione di farmaci antidepressivi eChEI potrebbe avere un beneficio anche sul profilocognitivo (32,33).LA RIDUZIONE DELLO STRESSASSISTENZIALEAlcuni studi hanno infine incluso tra i loro outcomel’entità del carico assistenziale fornito daicaregiver. Nell’ambito di uno studio con donepezilè stato possibile dimostrare che il trattamentofarmacologico di pazienti con AD moderata-gravesi associa, dopo sei mesi, ad una riduzione di circa50 minuti del tempo quotidiano di assistenzanelle attività della vita quotidiana rispetto a quantoosservato nel gruppo di pazienti in trattamentocon il placebo (34).CONSIDERAZIONI CONCLUSIVEI dati riportati supportano l’efficacia sintomaticadei ChEI nel trattamento dei sintomi cognitivi edella disabilità nei pazienti con AD, senza significativediff e renze di efficacia tra le diverse molecole.
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