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2009 XI copia.qxd - Fraternità San Carlo

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Quale tribolazione più acuta dei propri errori! Pure, la Presenzadeterminante è l’amore per cui Cristo si è donato alla persona.Luigi Giussani2 fraternitàemissioneNOVEMBRE>>Cristo ci donagli affetti umanianche per aiutarcia capire che cosasignifica amarlocausa, una pedana di lancio per la nostra esistenza.Con l’immagine del pellegrinaggio ho voluto descrivereil nostro cammino verso la maturità affettiva. Essaè resa possibile innanzitutto dalla presenza di un’autorità.Senon c’è un’autorità,non c’è una guida al pellegrinaggiodella vita, non c’èun indirizzo,non c’è la certezzadella strada. È talecertezza a segnare i confiniai nostri limiti e ainostri peccati. La certezzadella strada fa sì che essinon siano l’ultima parola,ma siano confinati e poi, apoco a poco,se Dio vuole,in alcuni casi addirittura vinti.Riecheggiando un’espressione di don Giussani, possiamodire di essere pellegrini mendicanti. Siamo pellegriniin cammino, ma non degli sbandati, gente chenon ha meta, che oggi è qua e domani è là. Questo nonè il pellegrino. Il pellegrino è un uomo abitato dallameta.Per questo può raggiungerla.È abitato dalla metaperché altri sono con lui in cammino verso quella stessameta. Non c’è niente di statico nella nostra compagnia,di definito a priori,nessun soffocamento della personalità,dell’originalità dell’io. All’opposto, tutto è per noi,per la nostra crescita, perché la peculiarità di ciascunopossa concorrere ad edificare la gloria, che è di molticolori.Amare Dio, sé e il prossimoViene in mente l’espressione di Gesù, che a sua voltatraeva anche dall’Antico Testamento:«Ama Dio con tuttal’anima, con tutta la mente, con tutto il cuore e il pros-Una compagnia fedeledi Andrea MarinziSopra: don Massimo visita unaanziana signora.In prima pagina: Fratelli, Castionsdi Zoppola 1959 - da: Elio Ciol,«Gli anni del neorealismo».Amare noi stessi significa iniziare a guardarcicome ci guarda Dio, scoprire chesiamo voluti e chiamati, ognuno col suo voltospecifico, con un posto speciale nel disegnodel Padre. Forse ho cominciato a capirlo soltantoin seminario. Prima oscillavo un po’troppo fra l’illusione di essere perfetto e ildubbio di non valere nulla, a seconda dicome andavano le cose o di quanto miapprezzava la gente.A poco a poco, nel corso degli anni, hamesso radice una stima nuova verso mestesso, non orgogliosa ma umile, solida, perchéfondata sulla certezza dell’amore di Dio.Ho cominciato a sperimentare la gioia diesserci e di essere come sono, con tantilimiti che è inutile nascondere e con tantedoti che è sciocco negare, che è un peccatonegare, perché sono doni di Dio, non le hoconquistate sul campo –anche riconoscerele proprie doti, guardandole fino in fondo, èun passo verso la coscienza del proprioessere fatti–. La Fraternità mi sta insegnandoa guardarmi secondo ciò che realmentemi rende grande, cioè il mio rapportocon Cristo. Per questo verso di essa misento debitore della vita.Certo non sono che all’inizio di una stradamolto lunga e spesso mi sorprendo a lamentarmi,a inseguire successi personali, a pensaresoltanto a me stesso. Ma se non vivo alservizio di Dio mi stanco, e nel cuore si insinuauna grande amarezza. Così ritorna ildesiderio di Cristo, più forte e più sincero diprima: mi viene voglia di pregare bene, difarmi abbracciare da Gesù, di stare un po’ inginocchio senza che nessuno mi veda. Etorna il desiderio di servire e basta, di amarescomparendo, di essere soltanto uno strumentonelle mani di un Altro.Anche questa è una grande scoperta: Diousa perfino la mia meschinità per accenderein me la sete di Lui, perché mi vuole comeamico. Per questo ciò che domina le miegiornate non è l’umiliazione per i miei errori,ma la certezza di una compagnia fedele, piùtenace delle mie stanchezze, più grande deimiei limiti, più reale della mia piccolezza.simo tuo come te stesso» (cfr. Mt 22, 37-39).Vorrei direalmeno qualcosa sui tre amori:di Dio,del prossimo e disé.Leggendo il vangelo notiamo l’insistenza di Gesù checi invita ad amare Dio con tutto noi stessi. Nello stessotempo, egli parla dell’amore al prossimo come di unamore simile al primo (cfr. Mt 22, 39). Perché è simile alprimo? Oppure, pensiamo a Giovanni che dice: «Comefai ad amare Dio che non vedi, se non ami prima il tuoprossimo che vedi?» (cfr. 1 Gv 4, 20). Che cosa vieneprima, che cosa viene dopo?Solo apparentemente siamo davanti ad una serie diincongruità.Amare Dio con tutto noi stessi vuol dire cheil cambiamento della nostra vita non ha fine. Colui checi attrae è infinito, non è mai riducibile all’idea che mifaccio di Lui.Dentro la carne della nostra vita c’è un infinitoche ci attrae.Il compimento affettivo non è innanzitutto qualcosache io faccio per amare gli altri, per tollerare gli altri,per essere più buono. La maturità affettiva è aderire aColui che mi attrae.Mi attrae innanzitutto con il suo Spiritoattivo, con il suo Figlio che mi parla. Mi attrae attraversoil corpo di suo Figlio. Questa è la maturità affettiva,lasciarsi attrarre: Amor meus,pondus meum. Conosciamoquesta frase che Agostino ci ha lasciato, perchéla leggiamo ogni anno nel breviario: «Un peso non trascinasoltanto al basso, ma al luogo che gli è proprio. Ilfuoco tende verso l’alto, la pietra verso il basso, spintientrambi dal loro peso a cercare il loro luogo. Il miopeso è il mio amore; esso mi porta dovunque mi porto.Il tuo Dono ci accende e ci porta verso l’alto» (Confessioni,13, 9). È quella delectatio victrix che Giussani hacitato in uno dei suoi primissimi testi. È l’infinito che miattrae.Questo infinito peròNella vita cristianasi sperimental’unità di ciòche nel mondoè divisonon è un sentimento infinito,non è un’esperienzainfinita, è una Persona.L’infinito è un Tu resocarne.Questa è la maturitàaffettiva: non resistere aColui che mi attrae. Mal’infinito mi attrae attraverso il suo Spirito e non possomai disgiungere il suo Spirito dal suo Corpo. Cominciamocosì a scoprire l’amore del prossimo. PerchéGesù ha detto che questo comandamento è simile alprimo? Perché io non posso amare Dio che non vedo,se non amo il prossimo che vedo.Il luogo attraverso cuiDio mi attrae è la realtà umana in cui ha posto la mia vita.Questa realtà umana è composta da una serie infinita diriferimenti, che va dalle persone che più hanno incisonella mia vita a quelle che ho incontrato per un solominuto, ma che, senza che io me ne accorgessi, hannolasciato qualcosa dentro di me. «Il prossimo» è un neologismoinventato da Gesù. È l’infinito che ti raggiungeattraverso delle persone più vicine di altre. Me le hamesse lì proprio per questo, perché l’infinito non fosseun’idea, non fosse semplicemente un sentimento, unpartito, una fazione, un’ideologia. La grazia più grandeche Dio può fare alla vita di un uomo o di una donnasono le persone che fa loro incontrare e la compagniache queste persone realizzano verso di loro. I lacci infiniti,di cui parla il Cantico dei cantici, sono soprattuttouna quotidianità di incontri.fraternitàemissione MENSILE DELLA FRATERNITÀ SACERDOTALE DEI MISSIONARI DI SAN CARLO BORROMEOAut. del Trib. di Cassino n. 51827 del 2-6-1997 - Mensile della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di <strong>San</strong> <strong>Carlo</strong> Borromeo DIRETTORE: GianlucaAttanasio REDAZIONE: Fabrizio Cavaliere, Jonah Lynch HANNO COLLABORATO: Massimo Camisasca, Elio Ciol, Martino De Carli,Andrea Marinzi, Emmanuele Silanos PROGETTO GRAFICO: G&C IMPAGINAZIONE: Fabrizio Cavaliere FOTOLITO E STAMPA: Arti GraficheFiorin, via del Tecchione 36 - <strong>San</strong> Giuliano Milanese (Mi) REDAZIONE E UFFICIO ABBONAMENTI: Via Boccea 761 - 00166 Roma Tel. + 39 06 61571443Fax +39 0661571430 - fm@fscb.org ABBONAMENTI base € 15 - sostenitore € 50 - C/C 72854979 - OFFERTE codice IBAN: IT72W0351203206000000018620 - c/c postale 43262005WWW.SANCARLO.ORG


È Dio che cerca l’uomo in mezzo alle cose del mondo e della terra; è Dioa inseguire l’uomo e ad entrare in rapporto con lui.Benedetto XVINOVEMBREfraternitàemissione3La purificazione dell’amoreCristo mi attrae principalmente attraverso le cose e lepersone.La mia anima ferita e stanca potrebbe fermarsiad esse. L’idolatria non è altro che confondere la creaturacol Creatore.Ecco la necessità continua della purificazionedell’amore.Ciò che vi dico è dominato da una espressione di donGiussani che ho commentato decine e decine di volte eche,nel libro che ho scritto su di lui,ho richiamato comeuno dei punti più alti, più impressionanti e veramenteinnovativi nella storia della Chiesa recente: la definizionedi verginità come distanza nel possesso o comepossesso con dentro una distanza. Bisogna prenderlatutta questa frase.Vi è l’esaltazione dell’umano in Cristo,che ha contraddistinto tutta la vita di don Giussani, el’inevitabilità del sacrificio, che egli ha sempre richiamatocome condizione della strada.Nessuno vuole cancellare,reprimere,metteretra parentesi amicizie e sentimenti,ma dobbiamo essere molto chiari e chiederci:cosa vuole Dio da me? E cosa vuol dire rispettare l’altrosecondo la strada che Dio gli ha assegnato?Cristo non è paradossale.Cristo ci dona un’infinità diaffetti umani per aiutarci a capire cosa vuol dire amarlo.Non mi provoca scandalo che uno dica: «A me sembradi amare più quella persona lì di Gesù»,perché il nostrocammino verso l’Infinito è senza fine e prima di amareDio che non vedi, ami il prossimo che vedi. Ma ami ilprossimo che vedi per camminare verso Dio, per camminareverso la pienezza di te.Il compimentoaffettivoè aderire a Coluiche mi attraeAmare se stessi«Ama il prossimo tuo come te stesso» (cfr. Mt 19, 20): èuna frase che ci fa entrare nel cuore più profondo dellarivoluzione portata da Gesù, la stessa rivoluzione cheEgli ha espresso dicendo:«Chi si perde si trova» (cfr.Lc9, 25), la stessa rivoluzione che ha portato dicendo:«Sono venuto perché abbiate la vita, perché siate nellagioia» (cfr. Gv 10, 10; Gv 15, 11). Gesù è venuto per ilnostro compimento.Uno che non ama sé non può amareDio e gli altri. «Credono di amare Dio perché nonamano nessuno», ha scritto Simone Weil.Non puoi amare te stesso,se non riconosci di ricevereil tuo essere da Colui che ti ha fatto, se non riconosci diessere creatura.Scopri così la positività della creazione.Poi scopri di essere persona salvata,scopri la preziositàdella morte e resurrezione di Cristo; scopri di esserepersona chiamata,scopri il privilegio di ogni vocazione.Questi amori, l’amore di Dio, l’amore del prossimo,l’amore di sé,sono un unico amore.Sono la descrizionedel movimento dell’amore. Siccome Dio è infinito, devoimparare ad avere pazienza dei miei limiti, devo impararea sapere che ci sono limiti che avrò fino alla finedella vita.Magari,Dio mi salva proprio perché,umiliandomiattraverso quei limiti, mi obbliga così a pregarlo,a riconoscerlo, ad amarlo. «Perché non mi insuperbissi,mi ha messo una spina nella carne, un angelo di Satanache mi schiaffeggia» (cfr.2 Cor 12,7).Sono parole di sanAlfonso Poppi con alcuni bambinidi Kahawa Sukari (Nairobi). parlano di una ricchezza nuova che ci aspetta. MaPaolo.Certo,molti affetti che nascono nella nostra vita ci>>PER OFFERTE ALLA FRATERNITÀ (MISSIONI, SANTE MESSE ECC.): Codice IBAN: IT 72 W0351203206000000018620 - c/c postale 43262005


CONSIGLIDI LETTURA>>Lorenzo FazziniNuovi cristianid’EuropaLindau <strong>2009</strong>pp. 214 - € 16«La vitalità della fede ha sempre bisogno di nuovi convertiti, del loro sguardo nuovo e appassionato,della loro scoperta contagiosa dell’anima di una tradizione. I dieci personaggi narrati da Fazzini possonoallora essere considerati una ricchezza del nostro tempo, letture apportatrici di speranza e anche,ci auguriamo, contagiose, capaci di suscitare altre conversioni» (dalla prefazione di Lucetta Scarrafia).4 fraternitàemissioneNOVEMBRE>> quando essi divengono sregolati, parlano anche di unbuco che c’è nella nostra esistenza.L’amore al lavoroOgni responsabilità che è affidata all’uomo è una stradafondamentale dell’amore. Il lavoro è, infatti, per ognipersona la strada per la sua espressione. Essa entra inrelazione con gli altri e con tutta la terra e poi rispondea chi lo ha chiamato. Perciò occorre convertire il nostrosguardo sul lavoro, acquisire, dentro la preghiera, unapassione per la responsabilità che ci è affidata e nellostesso tempo un distacco da essa.La vita cristiana è realmenteil luogo in cui si sperimenta l’unità di ciò che nelmondo è diviso. Come essere appassionati e distaccatinello stesso tempo? È possibile? Certamente. Non soloè possibile, ma è auspicabile. Solo così l’uomo trova laverità di sé.Nella vita siamo chiamati a lasciare camminareda soli coloro che abbiamo generato e cresciuto.Èmolto difficile distaccarsi da coloro che siamo tentati dipossedere.Non lasceremo mai i nostri figli e i nostri amici, non liabbandoneremo,anche se essi sono chiamati a percorrereuna strada che noi non avevamo preventivato. Nondobbiamo sentire come un affronto il fatto che oggisiamo qui e domani siamo chiamati ad essere là.Sicuramenteci sarà un periodo di adattamento, forse anchequalche rimpianto o nostalgia,ma poi basta.Guardiamoa ciò che ci è chiesto in questo momento, sapendo chequello che abbiamo fatto finora non è mai perduto. Nonc’è un attimo che vada perduto. Questa certezza ci fasperimentare una pienezza nell’istante, nel presente.Perché la Chiesa soffre? Perché ciascuno si sente indiritto di fare quel che gli piace,persino davanti al Papa.Nessuno più obbedisce,nessuno più è pronto ad avvertirela gloria che sta dentro all’obbedienza.Donarsi è «svuotarsi» (cfr.Fil 2,7)? Sì,ma con una particolaresottolineatura: che la carità, quando è divisa,non è mai diminuita. Quando io dono tutto me stesso aCristo, sono riempito cento volte tanto.Il seme deve morire per dare luogo alla pianta.Morireè imparare una lingua.Imparare l’ungherese,per esempio,è morire, perché uno deve dimenticare qualcosa,altrimenti non può impararlo. Imparare il cinese è lostesso.Entrare dentro un luogo fino a immergersi in quelluogo, fino a diventare di quel luogo, senza perdere sestessi: non è il secondo capitolo della lettera di sanPaolo ai Filippesi? «Non considerò un tesoro geloso lasua uguaglianza con Dio, ma svuotò se stesso, fino adassumere la forma umana, fino a diventare uomo» (cfr.Fil 2, 6-7). E lo ha fatto perché noi potessimo diventareDio, divini, partecipi della natura divina, come dice sanPietro (cfr.2 Pt 1,4).Questa è la descrizione di che cosasia la missione.(Appunti da una lezione ai sacerdoti dellaFraternità san <strong>Carlo</strong>, luglio <strong>2009</strong>)SANTIAGO DEL CILETutto è natodalla caritativadi Martino De CarliMartino De Carli in caritativa coni ragazzi di Gs, insieme a MarcoAleo (a sin.). Nella foto grande, unritiro con i giovani in Cile.L’amore al popolo a cui siamo mandati è uno deifondamenti della missione. Non è possibile peròun amore alla gente, al Paese in cui svolgiamo lanostra opera, se non custodiamo in noi stessi la gratitudineper ciò che abbiamo ricevuto. Essere grati rendepossibile partire per la missione e ci permette di portarequella sofferenza che è inevitabile corollario dellapartenza.Ricordo di aver vissuto profondamente,ormaiotto anni fa, questo aspetto che caratterizza l’inizio diogni missione: la coscienza della mia fragilità di fronteal distacco da ciò che avevo di più caro,dagli amici,daisuperiori, dalla famiglia, dalla mia terra. La gratitudinemi ha permesso di attraversare quello “strappo” dolorosoe di sperimentare la carità di Cristo per la mia vita.


SANTAMESSADI NATALEDomenica 20 dicembre, alle ore 16,00, presso la parrocchia <strong>San</strong>t’Ignazio di Loyola, piazza don LuigiBorotti 5, a Milano, don Massimo Camisasca celebrerà l’annuale santa Messa di Natale dellaFraternità san <strong>Carlo</strong>. A seguire, un momento di scambio di auguri.NOVEMBREfraternitàemissione5Martino con una ragazza di Gs.La gratitudine è una sorta di alimento che consente disuperare le obiezioni alla missione,soprattutto nelle fasiiniziali.Una di queste obiezioni può scaturire dalla diversitàdei posti a cui siamo mandati rispetto alle nostre origini.Il Cile, dove attualmente vivo, è il paese economicamentee socialmente più stabile dell’America del Sud,ma conserva ancora alcuni contrasti che caratterizzanola società latinoamericana. C’è, ad esempio, una <strong>San</strong>tiago“bene”, più ordinata, e una parte della città, doveinvece le case sono piccole, con tetti di lamiera, tutteattaccate, con piccole viuzze… L’incontro con quartierimeno belli di quelli in cui abbiamo vissuto può generarein noi avversione, difficoltà. Anche questa esperienzapuò però diventare occasione di una coscienzapiù profonda della vicinanza di Cristo a noi. Ricordo, inproposito, un episodio accaduto a un mio confratello.Chiamato a visitare un ammalato arrivò in una casa diuna favela.La casa era un luogo molto povero,quasi invivibile.Al momento della benedizione il cappuccio dell’aspersoriosi staccò, finendo sotto l’unico mobile dell’unicastanzetta. Dovette perciò chinarsi per raccoglierlo.Ilsuo pensiero è stato:«Ecco,il Signore ha volutoche mi inginocchiassi su questo pavimento, per farememoria di come egli si è inginocchiato sulla mia vita,di come egli mi ha abbracciato e abbraccia così misteriosamentela vita di quest’uomo».* * *Dietro la passione per le persone, dietro i fatti dellamissione c’è sempre, nella mia esperienza, l’unità vissutacon i superiori e con i fratelli della mia casa. Negliotto anni di missione che ho vissuto in Argentina e inCile, ho costatato che la comunione porta frutti intornoa noi. La casa è la prima compagnia, un luogo di misericordia.Spesso le persone ci fermano in parrocchiadicendoci quanto siano colpite dall’accento di unità, diL’unitàcon i fratellimi aiutaa rischiarecon le persone acui sono mandatosintonia che vedono tra noi.E questo si trasmette anchenelle omelie, nell’amministrarei sacramenti, neimomenti, insomma, in cuisiamo di fronte alle persone.Dall’unità vissutanella casa si irraggia unaforza generatrice che compiepassi decisivi nellanostra opera missionaria.L’unità con gli altri mi ha aiutato a rischiare con i giovani.Non nasce nulla, se non si rischia. In molti casi, sitratta di smuovere una terra indurita, non fertile.Occorre prendere gli attrezzi e cominciare a lavorare,anche senza prospettive allettanti… A <strong>San</strong>tiago, peresempio, il nostro incontro con i giovani è nato attraversouna caritativa, che ho proposto nonostante iostesso nutrissi dubbi sulla possibilità di quel gesto.Appena arrivato, la nostra immensa parrocchia (novantacinquemilaabitanti, divisa in svariate cappelle) mistrattonava tra decine diLa gratitudineè l’alimentoche permettedi superarele obiezionialla missioneincontri,riunioni,catechesi.Tutto sembrava suggerirmidi non proporre un gestoche rischiava di rimaneredisatteso. Sono partito proponendoun momento chenon si identificava con nessunodegli incontri già previsti.Era una propostalibera. Forse inizialmenteha coinvolto poche persone. Ora posso dire che è statauna decisione che sta portando molti frutti.Andiamo in caritativa in un ospizio,vicino alla parrocchia.Un giorno, qualche tempo fa, vi ha preso parte,quasi casualmente, una ragazza. Si è presentata con icapelli che le coprivano gli occhi, poiché non aveva ilcoraggio di mostrarli. Apparteneva a una delle bandedella periferia. Quel sabato mattina la sua presenza hasuscitato la perplessità di tutti, anche la mia. Invece èrimasta, è cresciuta e, dopo alcuni mesi, ha stupito tuttipresentandosi a scuola di comunità con il volto scoperto,mostrandoa tutti i suoi begli occhi neri.In una lettera,cispiegava come l’incontro con Cristo avesse resopossibile il coraggio di mostrare se stessa.


L’ULTIMO PONTE>>Se non hai ricevuto la tua <strong>copia</strong> de «L’ultimo ponte», il documentario sulla missione della<strong>San</strong> <strong>Carlo</strong> a Taipei, oppure se la tua <strong>copia</strong> è difettosa, puoi scaricare il film dal nostro sitowww.sancarlo.org.6 fraternitàemissioneNOVEMBRETAIWANIl segno del perdonodi Emmanuele SilanosTaipei, 3 settembre <strong>2009</strong>Carissimo don Massimo,so che durante il Meeting di Rimini è stato proiettatoripetutamente L’ultimo ponte. In tanti mi hanno scritto odetto di averlo visto,comprato e di esserne stati colpiti.Tra le persone del film, colpisce sicuramente la bellaHua Liang. C’è un rapporto particolare tra me e la suafamiglia.Ti racconto come è nato.Hua Liang si è trasferita a Taiwan col marito – aborigenocome lei, ma di un’altra tribù – più o meno nelperiodo in cui io sono arrivato nell’isola,ormai quasi treanni fa.Con loro c’era anche la piccola Mei Li,che alloraaveva quattro anni. Davvero piccola, ma molto vivace.Una domenica, dopo solo un mese scarso che ero arrivatoa Taiwan, dopo la messa, Mei Li ha insistito perchéprendessi la bicicletta e portassi lei e un’altra bimbadella parrocchia sulla bici. Io ho messo lei dietro e l’altrabimba davanti e ho cominciato a girare per il cortiledella parrocchia.Le bimbe ridevano contente e la genteche passava sembravaIl Signorenon annullail nostro male.Semplicemente,ci scrive soprauna nuova storiameravigliata per il giovaneprete straniero chegiocava con i bambini…Improvvisamente, mentremi trovavo proprio davantialla statua dellaMadonna che sta nelnostro cortile, la bici si èST. FRANCISXAVIEREmmanuele Silanos èstato nominato parrocodi <strong>San</strong> Francesco Saverioa Taipei,subentrando a PaoloCosta, a cui è invecestata affidata la parrocchiadi <strong>San</strong> Paolo. Nellafoto, un momento della«consegna ufficiale»della parrocchia, il 20settembre.Da sin.: Emmanuele Silanos,mons. Hung e Paolo Costadurante la cerimonia di insediamentodi Emmanuele.bloccata.Io ho avuto per un attimo la tentazione di dareun colpo secco al pedale,proprio come quando scendela catena e tu ti vuoi assicurare che non ci sia modo diripartire, se non scendendo dalla bici e sporcandosi lemani… Ma,credo grazie alla Madonna che mi ha messouna mano sulla testa,quella volta non ho dato quel colposecco al pedale. E mi sono girato. Ho visto Mei Li chenon diceva niente, ma il suo piedino era infilato neiraggi della ruota posteriore. Ho cominciato a sudarefreddo. Non parlavo (in che lingua avrei potuto farlo?).Sono sceso dalla bici e ho cominciato a cercare di faruscire il piedino dai raggi. Solo allora Mei Li ha cominciatoa lamentarsi. A un certo punto ho cercato ditoglierle la scarpina e allora ho visto. La ferita, lunga e,sembrava, profonda. Ho cominciato a non capire piùnulla. Attirati dall’allarme dato da qualcuno, sono arrivatidi corsa il papà di Mei Li, Li Ming Wen, e il signorChen Guo Fong. Come per miracolo il piedino è uscitofuori al primo muovesi della ruota. Il papà e Chen GuoFong, con Mei Li in braccio, sono subito corsi verso ilvicino ambulatorio pubblico.Io dietro di loro,insieme aHua Liang.Arrivati all’ambulatorio, il mio pensiero era solo uno:se il raggio aveva lacerato il tendine, Mei Li sarebberimasta zoppa per tutta la vita.Non avevo parole,la tensionemi stava distruggendo. Ma vicino a me c’eranoHua Liang e suo marito. Tutti e due mi consolavano. Miconsolavano! Loro consolavano me, senza sapereancora quale fosse l’entità della ferita al piede della loro


1998Don Massimo compieun primo viaggionella Cina continentale2001Apre la casadi Taipei, nel quartieredi Taishan2005Paolo Costa è parrocodi <strong>San</strong> FrancescoSaverio2006Emmanuele Silanossi unisce a Paolo Costae Paolo Cumin2008La parrocchia di <strong>San</strong>Paolo è affidata allaFraternità san <strong>Carlo</strong>NOVEMBREfraternitàemissione7bambina! Dopo pochi minuti,il dottore ci ha rassicurati:il tendine era a posto. La bimba doveva stare a riposoper una settimana, ma non c’era da preoccuparsi. Miaccompagnarono a casa, con un sorriso per me incomprensibile.«Come fate» pensavo «a sorridermi così?».Da allora è ogni giorno così. Non so in nome di checosa, ma da allora Hua Liang, Li Ming Wen e Mei Li nonhanno mai nascosto una preferenza per me.Un anno e mezzo fa, poco dopo il suo battesimo, HuaLiang è rimasta finalmente incinta, dopo che per tantotempo avevano cercato di avere un altro bambino. È unmaschio. È nato a metà dicembre. La notte di Natale,dopo la messa, Li Ming Wen ha annunciato il nome delloro bimbo: «Chen En, come Xie’ Shen Fu», cioè comePadre Xie’, che sarei io… Avevano già detto da tempoche stavano pensando di dare al loro figlio un nomecome il mio, cosa a dir poco rara tra i cinesi. E la solaidea mi riempiva di imbarazzo e, al tempo stesso, dicommozione e gratitudine.E poco importa che il primocarattere non sia esattamente uguale al mio, perchéquando qualcuno oggi chiede loro:«Perché Chen En?»,loro dicono: «Perché suona bene ed è il nome di Xie’Shen Fu».E se qualcuno chiede loro che cosa farà il lorobimbo da grande,entrambi rispondono:«Speriamo chefaccia il prete».L’altro giorno stavo parlando con Li Ming Wen e c’eraMei Li con noi.«Si è fatta alta»,gli ho detto,ed è davverocosì. Ed egli a me: «Ti ricordi come era piccola quandol’hai conosciuta? Quando si è fatta male sulla bicicletta?».«Come faccio a non ricordarmi?». E lui:«Guarda, la cicatrice si vede ancora, ma è sempre piùpiccola». Ha alzato il piedino di Mei Li e mi ha mostratoil segno della ferita: non mi aspettavo che fosse cosìlungo e che si vedesse ancora così chiaramente… probabilmentenon le andrà mai via.Il Signore non annulla, non cancella il male che commettiamo,o le sciocchezze che facciamo. I segni rimarrannosempre.Lui,semplicemente,ci scrive un’altra storiasopra.Ciao e a presto,LeleRoma: don <strong>San</strong>dro nuovo parroco a <strong>San</strong>t’Eusebiodi Fabrizio CavaliereDal 1 settembre <strong>2009</strong>, don <strong>San</strong>dro Bonicalziè il nuovo parroco dell’antichissimaparrocchia di <strong>San</strong>t’Eusebio, nel quartiereEsquilino, a Roma.La chiesa si situa nell’angolo nord dellagrande piazza Vittorio. Fra le più antichedella cristianità, fu fondata nel IV secolo suiruderi della casa di Eusebio, patrizio romano,prete, torturato e condannato a moriredi fame nel 357 da Costanzo II, perchéconfessore del simbolo della fede di Atanasio.La casa, dopo la sua morte, fu trasformatain «titulus» e consacrata da papa Liberio(352-366). Dopo numerosi restauri erimaneggiamenti nei secoli successivi, l’edificioraggiunge l’aspetto attuale durante ilSettecento: interno semplice a tre navate,con quattro altari per lato, facciata (nellafoto) con due rampe che salgono ad un piccoloportico. L’antico aspetto romanico èperduto, ad eccezione del campanile delsecolo <strong>XI</strong>I e dell’antica abside.Nel 1288 la cura della chiesa fu affidatada Nicolò IV a Pietro da Morrone, fondatoredei frati celestini, che vi rimasero fino altempo di Leone <strong>XI</strong>I (1823-1829), che soppressel’ordine. Questi affidò la chiesa aiGesuiti, che vi rimasero fino al 1873. GregorioXVI trasferì nel 1839 l’antico titolo a<strong>San</strong> Gregorio sul Celio, ma Pio IX lo ristabilìnel 1877. Nel 1889, la chiesa fu riapertaal culto ed eretta parrocchia.Il territorio della parrocchia comprendeparte del quartiere Esquilino, uno dei rionistorici della capitale in cui si registra un notevoledegrado sociale, nonostante sia diantica urbanizzazione. Zona di forte immigrazione,è caratterizzata da un crescentesovraffollamento. Una delle sfide più grandista nella possibilità di coesistenza dei residentiitaliani e le etnie presenti, in particolarela bengalese e la cinese, le cui attivitàcommerciali costellano le vie del quartiere.A metà degli anni novanta è iniziataun’opera di riqualificazione che dura tuttora:gli interventi più significativi sono statilo spostamento del caotico mercato all’apertoe la presenza di una sede dell’UniversitàLa Sapienza, con la Facoltà di lingueorientali.Per don <strong>San</strong>dro, che si è insediato ufficialmenteil 18 ottobre, alla presenza del vescovoausiliare, mons. Mandara, ha iniziodunque una missione «di frontiera» nelcuore di Roma.LA FORZA DI UN INCONTROdi Elio CiolAssisi, oltre a tante altre cose, mi ha datol’opportunità di conoscere delle personespeciali come don Giussani, anche sequella prima volta in modo molto rapido.Gli incontri si fecero più frequenti grazie aPaolo Mangini e William Congdon (Bill),del quale cominciai a fotografare le operesubito dopo la conversione, e continuaronoa Milano con i suoi giovani nei primimesi del 1963. In quei mesi di frequentazioneriuscii a fare la documentazione fotograficadi GS nella Bassa Milanese, che siconcluse con una grande mostra all’Ambrosianeuminaugurata il 2 giugno del1963 dal cardinale G.B. Montini. Poi ladocumentazione della partenza di Pigi peril Brasile, poi Varigotti. Le settimaneall’Eremo del Beato Lorenzo a Subiaco e,negli anni successivi, altri brevi momenti aMilano.Gli incontri con don Giussani hannoapprofondito in me quel senso religiosoche, in qualche maniera, permea le mieimmagini di sensazioni e spazi che riflettonol’infinito.A don Giussani devo molto dei risultatidei miei lavori, anche se poi negli anni leoccasioni di incontro si sono diluite molto...Ma qualcun altro l’ha seguito con tanto piùimpegno e con tutta la propria vita. Mi riferiscoa don Massimo Camisasca, che hoconosciuto a Roma alla fine di marzo del2008 assieme alla già numerosa Fraternitàsan <strong>Carlo</strong>. La mia vita si è arricchita di tuttiquesti bellissimi incontri e occasioni che laProvvidenza mi ha presentato nel tempo.Auguri di cuore a don Massimo e ai suoigiovani perché possano seguire con tuttele loro forze la strada indicata da donGiussani.DISPONIBILEIN LIBRERIA:MassimoCamisascaArmoniadelle stagioniI tempidell’uomo,della naturae della liturgiaFotografiedi Elio CiolMarietti 1820


ABBONATI O RINNOVA IL TUO ABBONAMENTO. È SEMPLICE. ON LINE: www.sancarlo.orgfraternitàemissione c/c postale: 72854979 - Intestato: Fraternità Sacerdotale Missionari S. <strong>Carlo</strong> B. Fraternità e missione ABBONAMENTI: base 15€ - Sostenitore 50€8 fraternitàemissioneNOVEMBRE

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