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novembre - Fraternità San Carlo

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MENSILE DELLA FRATERNITÀ SACERDOTALE DEI MISSIONARI DI SAN CARLO BORROMEO<br />

Anno XVI, n. 11<br />

<strong>novembre</strong> 2012 - € 1,50<br />

fraternitàemissione<br />

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post.<br />

D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)<br />

art 1, comma 1, LO/MI<br />

11<br />

www.sancarlo.org<br />

LA FRATERNITÀ SAN CARLO NEL MONDO: ALVERCA PORTOGALLO ASUNCIÓN PARAGUAY BOLOGNA ITALIA BOSTON USA BUDAPEST UNGHERIA CHIETI ITALIA CITTÀ DEL MESSICO MESSICO COLONIA GERMANIA<br />

CONCEPCIÓN CILE DENVER USA FROSINONE ITALIA FUENLABRADA SPAGNA GROSSETO ITALIA GROTTAMMARE ITALIA LONDRA GRAN BRETAGNA MILANO ITALIA MOSCA RUSSIA NAIROBI KENYA NAPOLI ITALIA NOVOSIBIRSK SIBERIA<br />

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Amore e obbedienza<br />

di Massimo Camisasca<br />

Carissimi fratelli,<br />

A tutti i membri della Fraternità san <strong>Carlo</strong><br />

questa mattina è stata pubblicata dalla <strong>San</strong>ta Sede la<br />

notizia che il <strong>San</strong>to Padre Benedetto XVI ha voluto nominarmi<br />

vescovo di Reggio Emilia – Guastalla, aggregandomi<br />

così al Collegio dei successori degli Apostoli.<br />

È una decisione che mi onora e soprattutto onora la<br />

nostra Fraternità.<br />

Gli stretti legami affettivi e vocazionali che intercorrono<br />

tra me e voi mi obbligano però a dirvi anche altre<br />

parole. Avrei desiderato poter restare sempre con voi e<br />

occuparmi interamente e solo di voi. Non solo nulla ho<br />

fatto per avere altri incarichi, ma tutto ho tentato per non<br />

averli. Fino ad esprimere ai più alti miei Superiori la<br />

volontà di continuare a servire la Chiesa servendo le<br />

vostre vite. Infine mi sono rimesso obbediente alla<br />

volontà del <strong>San</strong>to Padre.<br />

Certamente mutano ora le forme concrete del nostro<br />

rapporto, ma non può venir meno la mia paternità >><br />

Il 29 settembre<br />

il papa Benedetto<br />

XVI ha nominato<br />

Massimo<br />

Camisasca<br />

vescovo<br />

di Reggio Emilia -<br />

Guastalla.<br />

Presentiamo<br />

la lettera<br />

di don Massimo<br />

alla Fraternità<br />

e il saluto<br />

di Paolo<br />

Sottopietra<br />

Un invito per noi<br />

Il saluto a don Massimo del vicario generale della Fraternità<br />

san <strong>Carlo</strong>, in occasione della elezione a vescovo<br />

di Paolo Sottopietra<br />

Carissimo don Massimo,<br />

vorrei esprimere ad alta voce i sentimenti che so condivisi<br />

dai miei fratelli, tuoi amici e figli.<br />

Da quando ci ha raggiunto l’annuncio della tua nomina<br />

a vescovo, abbiamo passato giorni molto intensi. Se<br />

guardiamo al passato, a ciò che abbiamo vissuto al tuo<br />

fianco per tanti anni, siamo riempiti di gratitudine. Sei<br />

stato per noi una compagnia e una guida paterna. Ciascuno<br />

di noi conserva nella memoria i momenti che lo<br />

hanno più segnato. Tante volte tu hai indirizzato il cammino<br />

di ciascuno di noi, con una parola o con un gesto,<br />

conducendoci ad un’adesione più piena a Cristo. Da te<br />

abbiamo sentito le cose più vere che hanno dato forma<br />

alla nostra vita di sacerdoti e di missionari. Con te >><br />

PASSIONE PER LA GLORIA DI CRISTO


Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano.<br />

<strong>San</strong>t’Agostino<br />

2 fraternitàemissione<br />

NOVEMBRE<br />

>> nei vostri confronti. Senza nulla togliere al nuovo<br />

popolo che ora mi è affidato. Sappiamo, infatti, per esperienza,<br />

che l’amore può, per dono dello Spirito, distribuirsi<br />

senza diminuire.<br />

Con la confidenza che posso permettermi con voi,<br />

non vi nascondo che, nell’approssimarsi di questa giornata,<br />

ho vissuto momenti di sgomento. Lasciare le persone<br />

che con me vivono da molti anni in un legame<br />

intensissimo di corresponsabilità, lasciare ciascuno di<br />

voi, lasciare il quotidiano rapporto con i seminaristi,<br />

vivere in una nuova città, affrontare nuove responsabilità...<br />

tutto questo per me è stato fonte di grande pena.<br />

Mi sono abbandonato infine alla volontà di Dio e ho<br />

ritrovato la pace collocandomi nelle braccia della<br />

madre di Dio, Maria santissima.<br />

Ringrazio ciascuno di voi per la testimonianza di ubbidienza<br />

che mi avete dato in questi ventisette anni.<br />

Soprattutto per la comunione<br />

intensissima che<br />

abbiamo vissuto sia nelle<br />

molte ore felici sia nei<br />

Non verrà mai<br />

meno<br />

la paternità mia<br />

nei vostri<br />

confronti.<br />

L’amore può,<br />

per dono<br />

dello Spirito,<br />

distribuirsi<br />

senza diminuire<br />

momenti di prova. Vorrei<br />

ricordare tanti nomi, anzi i<br />

nomi di tutti.<br />

Permettetemi soltanto di<br />

richiamare qui le persone<br />

di Gianluca Attanasio e<br />

Paolo Sottopietra, che sono<br />

stati i miei due più cari<br />

amici e preziosi collaboratori<br />

di questi ultimi vent’anni.<br />

Assieme a loro<br />

ricordo monsignor Paolo<br />

Pezzi, ora arcivescovo di<br />

Mosca, primo vescovo<br />

dalle file della nostra Fraternità.<br />

Sono certo che non mancherà<br />

la vostra preghiera per me né l’aiuto dal cielo dei<br />

nostri santi patroni e di don Giussani. Ne avrò molto<br />

bisogno.<br />

Conto di vedervi presto, sia per la mia consacrazione<br />

episcopale sia per il mio ingresso nella Diocesi, e di<br />

ricevervi poi personalmente quando verrete a visitarmi<br />

in uno dei vostri passaggi da quella che sarà ormai la<br />

mia nuova città.<br />

So che già da ora ho la vostra promessa, anzi il vostro<br />

desiderio, di amare e obbedire al mio successore e ai<br />

suoi collaboratori, come avete fatto con me.<br />

Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti<br />

voi nell’amore di Cristo Gesù (Fil 1,8).<br />

Uno ad uno vi abbraccio nel Signore che è la nostra<br />

pace.<br />

don Massimo Camisasca<br />

Roma, 29 settembre 2012<br />

Festa dei SS. Michele,<br />

Gabriele e Raffaele, Arcangeli<br />

In prima pagina, un momento<br />

della Udienza Generale di Sua<br />

<strong>San</strong>tità del 10 ottobre 2012.<br />

(Servizio Fotografico<br />

de L’Osservatore Romano).<br />

>> abbiamo vissuto un’esperienza cristiana profonda e<br />

bella, nel solco tracciato da don Giussani.<br />

Se guardiamo al futuro si affaccia nel nostro animo<br />

anche un sentimento di sospensione, ma infine ciò che<br />

prevale è la gioia per quanto ci è stato donato e il desiderio<br />

di farne parte a tutti gli uomini.<br />

La chiamata del <strong>San</strong>to Padre esprime la sua stima personale<br />

per te. Il fatto che un figlio di don Giussani venga<br />

elevato all’episcopato è per noi un nuovo segno della<br />

fecondità del suo carisma.<br />

Non è una cosa usuale che ad un fondatore venga chiesto<br />

di lasciare la famiglia a cui ha dato origine. Il Papa<br />

rivolge in questo modo un invito anche a noi, perché ci<br />

assumiamo la responsabilità di ciò che con te è iniziato.<br />

Appoggiandoci sulla fiducia che Egli ci dimostra, vogliamo<br />

perciò guardare a ciò che ci aspetta con il desiderio di continuare<br />

a spenderci e a lavorare perché Cristo sia annunciato<br />

nel mondo.<br />

Tutti sentiamo in questo momento che per te come per<br />

noi inizia un tempo nuovo e una nuova forma di obbedienza.<br />

A Reggio ti aspettano i sacerdoti e i seminaristi della<br />

tua Diocesi, dei quali, siamo sicuri, ti occuperai con la<br />

stessa cura che hai avuto per noi. Troverai le necessità<br />

della gente, dei fedeli e di chi non crede, delle tante persone<br />

che cercheranno in te un orientamento. Ma sopra<br />

ogni cosa ci sarà l’urgenza dell’annuncio di Cristo, che<br />

chiede di essere proclamato perché gli uomini trovino nel<br />

suo nome speranza e salvezza. Ti vogliamo accompagnare<br />

chiedendo a Dio che ti confermi il dono di una parola<br />

chiara e di una voce sicura.<br />

Noi desideriamo continuare a vivere la Fraternità, obbedendo<br />

a Dio che ci ha chiamato a farne parte secondo l’insegnamento<br />

che abbiamo ricevuto da te. La nostra obbedienza<br />

alla tua persona si compirà ora nella gratuità della<br />

comunione e dell’amicizia a cui in questi anni tu ci hai educato.<br />

Ci hai invitato a rivivere ciò che ci hai trasmesso.<br />

Siamo grati di questa possibilità.<br />

In tutti noi c’è infine anche un altro pensiero. Non vai<br />

lontano. Potremo venire spesso a trovarti e siamo sicuri<br />

che non ci farai mancare la tua vicinanza e il tuo consiglio.<br />

Grazie di cuore,<br />

don Paolo e tutta la Fraternità san <strong>Carlo</strong><br />

Massimo Camisasca<br />

Vescovo eletto di Reggio Emilia - Guastalla<br />

riceverà l’ordinazione episcopale<br />

per l’imposizione delle mani di<br />

S.Em.R. il Cardinale <strong>Carlo</strong> Caffarra,<br />

Arcivescovo di Bologna<br />

Roma, 7 dicembre 2012, ore15.30<br />

Arcibasilica Papale di <strong>San</strong> Giovanni in Laterano<br />

Siete tutti invitati!<br />

16 dicembre 2012: solenne ingresso<br />

nella Diocesi di Reggio Emilia - Guastalla<br />

Aut. del Trib. di Cassino n. 51827 del 2-6-1997 - DIRETTORE RESPONSABILE: Paolo Sottopietra REDAZIONE: Fabrizio Cavaliere, Jonah Lynch,<br />

Francesco Montini, Marco Sampognaro HANNO COLLABORATO: Roberto Amoruso, Antonio Anastasio, Francesco Bertolina,<br />

Massimiliano Boiardi, Massimo Camisasca, Paolo Costa, Vincent Nagle, Nicola Ruisi, Luca Speziale PROGETTO GRAFICO: G&C<br />

IMPAGINAZIONE: Fabrizio Cavaliere STAMPA: Arti Grafiche Fiorin <strong>San</strong> Giuliano Milanese (Mi) REDAZIONE E UFFICIO ABBONAMENTI: Via Boccea 761<br />

- 00166 Roma Tel. + 39 0661571400 - fm@sancarlo.org ABBONAMENTI base € 15 - sostenitore € 50 - C/C 72854979 IBAN: IT44X0521603206000000098780<br />

OFFERTE c/c postale 43262005 codice IBAN: IT08A0521603206000000018620<br />

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Quanto più si ama, tanto più si ha bisogno di sacrificio per fondare ciò che si ama.<br />

Luigi Giussani<br />

NOVEMBRE<br />

fraternitàemissione<br />

3<br />

I BAMBINI CI SCRIVONO<br />

«Sono più importante io o Dio»<br />

Le risposte di don Massimo alle domande dei piccoli giunte in redazione questo mese<br />

Vorrei chiedere a Don Massimo quanto è grande<br />

Dio e se arriva con i piedi per terra.<br />

(Caterina, 6 anni)<br />

Cara Caterina, la tua domanda è veramente profonda<br />

e intelligente. Proverò a rispondere. Non è facile, perché<br />

Dio è una persona in cui tutto è “al massimo”. Pensa<br />

alle persone che più ami o che più ti colpiscono: la<br />

mamma, il papà, qualche tua amica… Di una apprezzi<br />

la bontà, di un altro l’intelligenza, di un altro ancora la<br />

gioia, di un altro la forza. Ecco, Dio possiede tutto ciò in<br />

una misura grandissima. Insomma, come vedi, riusciamo<br />

a dire qualcosa sulla grandezza di Dio, ma quasi<br />

balbettando.<br />

Per fortuna Dio è diventato uno di noi, un uomo, ha<br />

preso un corpo umano. Ha messo veramente i piedi per<br />

terra. Così abbiamo potuto vedere con i nostri occhi la<br />

sua vera grandezza, che è il suo desiderio di amare ciascun<br />

uomo e ciascuna donna personalmente, fino a<br />

morire per noi. Non è però rimasto nella tomba.<br />

Essendo Dio è tornato in vita e continua a vivere tra noi.<br />

Come Riprenderemo un’altra volta il filo di questo racconto.<br />

Sono più importante io o Dio<br />

(Andrea, 5 anni)<br />

Caro Andrea, ma sai che la tua domanda se la sono posta<br />

tanti filosofi, scienziati, artisti Grazie di averla riproposta.<br />

Risponderei così: Dio è importante per te, ma tu sei importante<br />

per Dio.<br />

Dio è importante perché dobbiamo a Lui la vita, tutte<br />

le cose che ci circondano e che chiamiamo natura, le persone<br />

che amiamo, l’intelligenza,<br />

il corpo…<br />

Dio ha messo<br />

veramente i piedi<br />

per terra:<br />

è diventato<br />

uno di noi<br />

Ma anche è vero che<br />

noi siamo importanti per<br />

Lui perché ci ha voluti far<br />

nascere, non ci abbandona<br />

mai e, come ho ricordato<br />

nella risposta a Caterina,<br />

addirittura (cosa<br />

che non avremmo mai<br />

potuto immaginare, se<br />

non fosse accaduta) ha mandato suo Figlio sulla terra per<br />

noi, per ciascuno di noi. Per te, Andrea, Dio si è fatto uomo.<br />

Ci stiamo avvicinando al Natale, che è la festa che ci<br />

aiuta a rivivere la realtà di Dio fatto uomo.<br />

Come faccio a diventare più buona<br />

(Caterina, 7 anni)<br />

Cara Caterina, la bontà è un bene da chiedere a Dio,<br />

chiediglielo ogni giorno nelle tue preghiere. È un bene<br />

che nasce in noi guardando chi è buono, luminoso, accogliente.<br />

Cerca queste persone che non mancano<br />

accanto a te. La bontà è un bene che si perde e si ritrova<br />

con l’aiuto di Dio. Non spaventarti se qualche volta ti<br />

scopri cattiva. La vita è un cammino in cui, con l’aiuto di<br />

Dio e degli amici veri, si è in pellegrinaggio verso<br />

Gesù, che è l’unica persona interamente buona.<br />

Trento Longaretti, «Figure di viandanti con colline»<br />

1981 - 50x70 cm - Olio su tela - Collezione privata<br />

VERSO L’AVVENTO<br />

Come un amico, come un amore<br />

Che cosa v'è di più importante che trovare<br />

un amico nella vita Un amico è una realtà<br />

grande e preziosa. Ma io me lo posso<br />

creare da solo No di certo! Posso andare<br />

a prendermelo da qualche parte In<br />

verità, allo stesso modo, no. Io posso essere<br />

ricettivo e vigile, per cogliere quando<br />

mi si avvicina una persona che può divenire<br />

importante per me; ma è necessario<br />

che venga! Venga verso di me dallo spazio<br />

a perdita d'occhio della vita umana.<br />

Così è anche per l'amore. L'uomo ha bisogno<br />

della donna, che gli sia compagna,<br />

e la donna dell'uomo, che le possa essere<br />

come una "patria", affinché nella reciprocità<br />

creino quel mondo vivo che si chiama famiglia<br />

e casa; ma può l'uno fabbricarsi l'altro<br />

Ancora una volta no. Lo può cercare;<br />

cercare tuttavia significa avere delle mire,<br />

e la mira, l'intenzione cosciente, come guasta<br />

facilmente ogni cosa! L'altro deve necessariamente<br />

venire a lui dall'ampiezza del<br />

mondo, dalla moltitudine delle persone.<br />

Se riflettiamo con precisione, le cose<br />

stanno in modo simile per la nostra professione,<br />

il nostro lavoro, la nostra posizione<br />

nella totalità dell'esistenza: parecchio<br />

possiamo conquistarlo lottando, ma<br />

molto altro deve necessariamente risultare<br />

dalle combinazioni della vita. Deve<br />

aprirsi la possibilità; io debbo vedere, qui,<br />

ora, e poi gettarmici dentro.<br />

Molte cose importanti, decisive, poggiano<br />

su combinazioni e incontri, che non<br />

ho disposti io stesso, che non ho potuto<br />

far emergere con l'energia mia propria.<br />

Sono venuti, mi si sono offerti.<br />

Anche la nostra salvezza poggia su una<br />

venuta. Gli uomini non hanno potuto<br />

escogitare né produrre da sé Colui che la<br />

opera. Egli è venuto presso di loro dal<br />

mistero della libertà divina.<br />

Tratto da: Romano Guardini,<br />

«La <strong>San</strong>ta Notte».


Niente è così necessario a tutte le persone ecclesiastiche<br />

quanto la meditazione che precede, accompagna e segue tutte le nostre azioni.<br />

<strong>San</strong> <strong>Carlo</strong> Borromeo<br />

4 fraternitàemissione<br />

NOVEMBRE<br />

Liturgia Il resto è silenzio<br />

Abbiamo chiesto ai nostri preti quale parte della santa messa amano di più. Ecco le loro riflessioni:<br />

un modo per aiutare i lettori a vivere la celebrazione eucaristica<br />

IL RITO PENITENZIALE I PRIMI RAGGI DELL’ALBA<br />

di Vincent Nagle<br />

La notte diventa<br />

un’amica, invece<br />

che una minaccia,<br />

un’attesa invece<br />

che una prigione<br />

Mia madre ama citare una scrittrice, Gertrude Stein,<br />

molto nota negli Stati Uniti quando lei era giovane. Mentre<br />

Gertrude era sul letto di morte, Alice, la sua amica di<br />

una vita, la interrogò in questo modo: «Ora che sei arrivata<br />

al capolinea, intravedi forse una risposta». Irritata,<br />

Gertrude rispose: «Alice, e quale diavolo sarebbe la domanda».<br />

La vera tragedia per l’uomo non sta nella sua incapacità<br />

di articolare una risposta alle domande più profonde<br />

della vita, ma nel fatto che non conosce le domande.<br />

Per questo motivo ho una predilezione per il rito penitenziale<br />

della santa messa. So che è strano: è un po’<br />

come preferire l’oscurità<br />

rispetto all’accendersi<br />

di una lampada. Tuttavia,<br />

è precisamente nel<br />

silenzio che segue le parole<br />

del prete «Riconosciamo<br />

i nostri peccati»,<br />

che troviamo lo spazio<br />

necessario affinché il nostro<br />

grido salga, affinché<br />

la nostra parola più autentica<br />

si faccia avanti.<br />

Gesù, il cui nome vuole<br />

dire “Dio salva”, è mandato<br />

a noi come la risposta alla domanda più originale<br />

nell’esistenza di ogni uomo. Questa domanda prende la<br />

forma di una supplica indirizzata al mistero nascosto: «Salvami!».<br />

Il cuore del nostro essere è un bisogno di salvezza infinitamente<br />

profondo e tuttavia normalmente censurato.<br />

Qualunque atto, gesto, parola o proposta che non inizia<br />

con questa consapevolezza non è pienamente umana, non<br />

ha veramente abbracciato la mia umanità.<br />

La confessione dei peccati ha in me tre effetti all’inizio<br />

della messa: il primo è che mi dà gioia, perché questa<br />

domanda già annuncia la salvezza in quanto nessuno<br />

di noi avrebbe il coraggio di stare davanti a una verità<br />

così devastante se non in prossimità di colui che è la<br />

Risposta. In secondo luogo, mi riporta al mio vero “io”,<br />

perché io sono questa esigenza. Il terzo effetto è che indirizza<br />

ogni mia passione e libertà verso le grazie che<br />

stanno per arrivare, nelle letture e nel sacramento,<br />

riempiendomi di speranza e attesa.<br />

Esiste una certa magia nei momenti prima dell’alba,<br />

quando i primissimi raggi di luce bucano l’orizzonte. Le<br />

tenebre del rito penitenziale sono di un’alba così, che rendono<br />

la notte stessa un’amica invece di una minaccia,<br />

un’attesa al posto di una prigione.<br />

L’OFFERTORIO GOCCIA SU GOCCIA<br />

di Luca Speziale<br />

L’infusione dell’acqua nel vino. Durante l’offertorio, appena<br />

prima di presentare al Signore il calice, il sacerdote<br />

vi versa il vino e fa cadere qualche goccia d’acqua ripetendo<br />

la formula: «L’acqua unita al vino sia segno della<br />

nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto<br />

assumere la nostra natura umana». È un esempio di come<br />

la liturgia, attraverso un semplice gesto ed alcune parole,<br />

inviti a prendere maggior coscienza dei contenuti della<br />

fede.<br />

L’acqua e il vino sono come il popolo e il sangue di Cristo.<br />

Quando si mescolano nel calice, il popolo, come scrive<br />

san Cipriano, un vescovo martire del III secolo, è rac-<br />

Tre dialoghi con Di<br />

di Nicola Ruisi<br />

Il silenzio dopo il vangelo. È un istan<br />

Spesso non capisco perché il Signo<br />

parole a me, in quel momento. Me<br />

volte feriscono, penetrano, mi fanno<br />

volte, fuggono via. Le dimentico. Quel<br />

pre, mi fa capire la mia piccolezza,<br />

Intanto guardo le persone che ho dav<br />

muovo, pensando al miracolo della<br />

Chissà se hanno capito perché il Signo<br />

quelle parole, cosa c’entrano le letture<br />

la loro vita, con loro.


NOVEMBRE<br />

L’uomo non può “farsi” da sé il proprio culto;<br />

egli afferra solo il vuoto, se Dio non si mostra.<br />

Benedetto XVI<br />

fraternitàemissione<br />

5<br />

Foto Marcello Vargiu.<br />

colto in Cristo. Le gocce si uniscono alle gocce, in un modo<br />

tale che non si possono più separare.<br />

All’inizio della seconda parte della messa, che culminerà<br />

nella consacrazione del pane e del vino, questo piccolo<br />

momento ricco di significato mi aiuta ad introdurmi<br />

a quello che accadrà secondo un orizzonte nuovo.<br />

Quando sollevo il calice per offrirlo al Signore so che non<br />

sto semplicemente presentando a Lui del vino con un po’<br />

di acqua, ma tutta la Chiesa unita nella sua umanità alla<br />

divina umanità di Cristo. L’unità tra gli uomini si realizza<br />

miracolosamente proprio perché Cristo ci rende partecipi<br />

del suo corpo. E così anche le mie intenzioni, le fatiche<br />

e le gioie della mia giornata, così come le vicende<br />

dei miei fratelli e della Chiesa tutta vengono presentate<br />

al Signore che le accoglie attraverso il sacrificio del<br />

suo Figlio che dopo pochi istanti si donerà a noi, proprio<br />

attraverso quel pane e quel vino.<br />

CONTRIBUTI DI:<br />

Vincent Nagle, 54 anni, si occupa<br />

delle giornate missionarie.<br />

LA CONSACRAZIONE LA FORZA NELLA DEBOLEZZA<br />

di Massimiliano Boiardi<br />

o<br />

te. Un minuto.<br />

re dica quelle<br />

lo domando. A<br />

piangere. Altre<br />

silenzio mi scoil<br />

mio niente.<br />

anti e mi comloro<br />

presenza.<br />

re ha detto loro<br />

del giorno con<br />

Poi ci sono i momenti di silenzio dopo l’elevazione<br />

del pane e del vino. Quando il pane, sostenuto dalla<br />

mia mano, è diventato il corpo di Cristo. Quando il<br />

vino, tenuto alto, mostrato all’assemblea, è divenuto<br />

il sangue di Cristo. Sono momenti pieni di commozione.<br />

Il Signore è davanti a me. “Mio Signore e mio<br />

Dio” ripeto da quattordici anni, ogni giorno, sottovoce,<br />

muovendo appena le labbra, ma volendolo<br />

gridare. Quegli istanti, sempre troppo brevi, ma<br />

intensi, riportano in me il sorriso lieto di chi ha ritrovato<br />

l’Amato. Allora, il mio sguardo, come in un<br />

abbraccio, tiene insieme l’ostia e le persone che ho<br />

davanti. È la comunione che vorrei sempre. Guardo i<br />

volti di chi ho di fronte e li vedo una cosa sola con<br />

l’Eucaristia. I dolori e le gioie di ciascuno, che talvolta<br />

conosco bene, io li mostro al Signore, li presento a<br />

Lui. Quell’istante di silenzio salva le mie giornate.<br />

Riscopro che quell’ostia e quel vino sono la mia salvezza.<br />

Il silenzio dopo la comunione porta infine la pace tanto<br />

attesa già dal principio della giornata. Il Signore è<br />

fedele. Mi raccomando di nuovo a Lui e sono pronto<br />

a ripartire, come direbbe T.S. Eliot, “egoista come sempre,<br />

interessato e ottuso come sempre, eppure sempre<br />

in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere<br />

la mia marcia sulla via illuminata dalla luce. Spesso<br />

sostando, perdendo tempo, sviando, attardandomi,<br />

tornando, ma mai seguendo un’altra via”.<br />

«Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato<br />

Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore».<br />

Questi due versetti del salmo 115, che scelsi per<br />

l’immaginetta della mia ordinazione, continuano ad accompagnarmi<br />

in ogni Messa, soprattutto durante la preghiera<br />

eucaristica.<br />

Più passa il tempo e più mi accorgo che è davvero poco<br />

quello che potrò mai rendere a Dio per gli immensi benefici<br />

che mi ha donato. Ciò che posso fare, però, per quel<br />

particolare dono di Dio che è il sacerdozio, è offrire il pane<br />

e il vino, perché diventino il Suo Corpo e il Suo <strong>San</strong>gue.<br />

E se c’è un momento commovente nella liturgia è proprio<br />

quello in cui il sacerdote è chiamato ad identificarsi<br />

pienamente con il Signore, a dire come proprie le parole<br />

di Gesù e perciò a<br />

rendere completamente<br />

Le parole sono<br />

così potenti che<br />

basta un sussurro<br />

per invocare<br />

il nome del Signore<br />

suo, in una totale immedesimazione,<br />

il sacrificio<br />

della Croce. Nella<br />

preghiera eucaristica<br />

sperimentiamo sempre<br />

la nostra infermità, quella<br />

profonda debolezza<br />

umana, che proprio il<br />

sacrificio del Calvario<br />

redime. E così scopriamo<br />

che quando siamo deboli è allora siamo forti, perché<br />

Cristo stesso è la nostra forza.<br />

Mi rimarranno sempre impresse le parole di una signora<br />

al termine della celebrazione della Messa: «Grazie, padre,<br />

per come ci ha mostrato Gesù». Non avevo fatto nulla<br />

di speciale, se non, come dice il salmo, «alzare il calice<br />

della salvezza», con il rispetto e la venerazione dovuti<br />

a un così grande mistero. Con poche parole quella signora<br />

aveva colto un aspetto fondamentale della liturgia<br />

cristiana: contemplare il mistero di Cristo presente. E il<br />

compito del sacerdote è proprio quello di condurre alla<br />

contemplazione del Signore per potersi nutrire di lui e<br />

poter dire con l’Apostolo Paolo: «Per me vivere è Cristo».<br />

Nel messale tridentino la liturgia eucaristica si svolge<br />

quasi completamente in silenzio e il prete dice sottovoce<br />

le parole della consacrazione. La loro potenza, infatti,<br />

è tale che non necessitano di essere urlate, basta un<br />

sussurro per invocare il nome del Signore. Ora siamo abituati<br />

a sentire interamente la preghiera eucaristica, ma<br />

proprio l’ascolto deve ancor più fortemente riempire l’anima<br />

di silenzio. Don Massimo ci ricorda sempre che «non<br />

c’è possibilità di stare di fronte ad una Presenza, alla<br />

>><br />

Luca Speziale, 29 anni,<br />

viceparroco a Roma.<br />

Massimiliano Boiardi, 38 anni,<br />

cerimoniere pontificio.<br />

Nicola Ruisi, 52 anni, parroco a<br />

Bologna.<br />

Roberto Amoruso, 48 anni,<br />

insegnante a Washington (Usa).<br />

Nel box, foto di Shelly Prevost.


NOTIZIE<br />

IN BREVE<br />

>><br />

Nuova casa al Rione <strong>San</strong>ità<br />

Il 19 ottobre, con una messa presieduta da<br />

Mons. Massimo Camisasca, si è inaugurata<br />

a Napoli la nuova casa della Fraternità san<br />

<strong>Carlo</strong>.<br />

Visite illustri<br />

In ottobre sono stati ospiti della Casa di formazione<br />

il prof. Cesare Mirabelli, presidente<br />

emerito della Corte Costituzionale, e mons.<br />

Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto.<br />

Elezioni accademiche<br />

I seminaristi Emanuele Fadini e John Roderick<br />

sono stati eletti rappresentanti degli studenti<br />

nel senato accademico della Pontificia<br />

Università Lateranense.<br />

6 fraternitàemissione<br />

NOVEMBRE<br />

lenza, in cui Gesù si serve di me per alimentare il suo corpo<br />

mistico, i cristiani. In quel momento la mia vocazione<br />

giunge alla sua massima intensità e la chiamata abbraccia<br />

la risposta. Gesù è presente nuovamente in una forma<br />

sacramentale, sensibile. A me, come ad ogni cristiano,<br />

è chiesto di essere uno con Lui, di partecipare all’unità<br />

che Gesù è. Tutto si fa chiaro, e semplice. In questo momento<br />

il Cielo, il luogo dove Dio è presente, è sull’altare.<br />

Tra pochi minuti, questo Cielo sarà anche comunicabile.<br />

Ma intanto, in questi pochi secondi, il tempo e la parola<br />

si fanno relazione, unità, si fanno invito a nozze. Così,<br />

mentre dico le parole della consacrazione mi trovo a conoscere<br />

quella parte di me che prima non ero, che sono<br />

diventato quando sono stato ordinato. Conosco, almeno<br />

in parte, ciò che sono, come mi hanno fatto mia mamma<br />

e mio papà; continuo a scoprire ciò che sono diventato<br />

nel battesimo; ed entro in questo terzo gradino a cui, per<br />

grazia, mi ha chiamato. Nell’unità con me Lui si fa presente<br />

nuovamente, ed è sempre tutto da scoprire.<br />

PRIMA DELLA COMUNIONE LA PREGHIERA SEGRETA<br />

di Paolo Costa<br />

>> persona di Cristo presente ora, se non si è educati al<br />

silenzio». La Messa, con i suoi gesti e le sue parole, non<br />

è altro che questa grande educazione alla contemplazione<br />

e al silenzio, nell’insaziabile desiderio di gustare la dolcezza<br />

del Signore e abitare la sua casa tutti i giorni della<br />

vita, testimoniando a ogni uomo gli immensi benefici<br />

che continuamente egli ci dona.<br />

LA CONSACRAZIONE/2 IL CIELO SULL’ALTARE<br />

di Roberto Amoruso<br />

Ogni giorno un altro invito. Giorno dopo giorno, una<br />

sorta di invito a nozze di cui non mi rendo sempre conto.<br />

Eppure è lì, più profondo di qualsiasi parola e con un<br />

abbraccio tenero e deciso.<br />

Il momento della Consacrazione, introdotto dal <strong>San</strong>ctus<br />

e preceduto dal prefazio, continua a sorprendermi con<br />

un’intensità crescente. Dio mi invita a qualcosa di cui sono<br />

anch’io artefice. Mi fa<br />

dire quelle parole, mi fa<br />

In quel momento<br />

la mia vocazione<br />

giunge alla sua<br />

massima intensità<br />

e la chiamata<br />

abbraccia<br />

la risposta<br />

sperimentare un’unità<br />

con se stesso (il sacerdote<br />

dice le parole della<br />

Consacrazione “in persona<br />

Christi” e cioè in unità<br />

con lui): sono io e allo<br />

stesso tempo Gesù. È un<br />

mistero, e quindi sono<br />

chiamato a scoprirne la<br />

profondità giorno per<br />

giorno.<br />

La Consacrazione è il momento sacerdotale per eccel-<br />

Paolo Costa, 36 anni, parroco a<br />

Taipei (Taiwan).<br />

Jonah Lynch, 32 anni, pro-rettore<br />

della casa di formazione.<br />

Antonio Anastasio, 50 anni,<br />

parroco a Fuenlabrada (Madrid,<br />

Spagna).<br />

In alto, una messa sull’Adamello,<br />

all’altare di Giovanni Paolo II.<br />

Pagina a fianco, celebrazione<br />

eucaristica in un bosco nei dintorni<br />

di Praga (Repubblica Ceca).<br />

Sono passati nove anni dalla mia ordinazione sacerdotale.<br />

Ricordo la prima messa, quando finalmente ho pronunciato<br />

le parole della consacrazione: «Questo è il mio<br />

corpo, questo è il mio sangue». Sono parole di una grande<br />

potenza. Ma a volte persino il prete si distrae e non<br />

pensa a quello che sta dicendo. Così, è stato educativo<br />

per me mettere il crocifisso sull’altare: mentre recito le<br />

parole che ricordano il sacrificio di Gesù, che sto celebrando<br />

in quel momento, posso guardarlo.<br />

È anche utile per me, durante la consacrazione, seguire<br />

quello che la Chiesa insegna sui gesti del corpo. Inchinare<br />

leggermente il capo mentre si pronunciano quelle<br />

parole aiuta a comprendere di essere nulla di fronte<br />

al mistero che si rende presente nelle nostre mani. Alzare<br />

il corpo e il sangue di Cristo e poi subito mettersi in<br />

ginocchio in adorazione mi aiuta a rendermi conto di quello<br />

che celebro.<br />

Prima di comunicarsi, il sacerdote legge una preghiera<br />

segreta che, essendo sotto voce, dico in italiano e non<br />

in cinese come il resto della messa. La frase è un po’ lunga<br />

ma il punto che più mi piace dice cosi: «Fa che sia sempre<br />

fedele alla tua legge e non sia mai separato da te».<br />

È una preghiera rivolta a Gesù. Ci ricorda che noi non siamo<br />

padroni del Mistero, siamo servi inutili, che come tutti<br />

dobbiamo implorare la Grazia di Dio. Mi ricorda che<br />

sono un povero peccatore e che la perseveranza, la fedeltà<br />

nel ministero sacerdotale è un dono da chiedere<br />

ogni giorno e non una cosa acquisita una volta per tutte.<br />

Infine amo, dopo avere fatto la comunione, tornare al<br />

posto, chiudere gli occhi uno o due minuti in silenzio e<br />

pregare nel mio cuore con Gesù. Spesso gli rammento tutti<br />

i nomi delle persone che si affidano alle mie preghiere<br />

perchè so bene che io non posso fare molto per loro<br />

se non affidarle a Lui. È questo il senso della messa e del<br />

sacerdozio: tutto il mondo, lo spazio, il tempo, la natura,<br />

le persone portate nel loro vero rapporto con il Signore.<br />

LA COMUNIONE LE MANI E LA BOCCA<br />

di Jonah Lynch<br />

Verso la fine della messa un metalmeccanico si avvicina,<br />

le mani aperte. Nelle fessure della pelle ci sono strisce<br />

di nero, forse olio o sporco dalle macchine che non<br />

va più via. Rende ancora più splendente l’oro della fede.<br />

Poi arrivano le mani di una madre, forti e ossute, la pelle<br />

rovinata dall'acqua e dal sapone. Una è occupata con<br />

una bimba piccola che vuole sgattaiolare via. Sorrido e<br />

rapidamente benedico la bambina prima che sia fuori<br />

portata. Il marito, contadino, arriva poi: le dita sono spesse,<br />

il palmo largo quasi come la pala che maneggia. La<br />

pelle ruvida è secca dal contatto con la terra. Arriva un<br />

ragazzo con i cappelli da bullo. Forse è l'unico momento<br />

della sua settimana in cui non sa bene cosa fare. Con<br />

gesto rapido, un po' vergognandosi, stende le mani e le<br />

ritrae, voltandosi a destra. Poi una coppia si avvicina. Pri-


Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio<br />

Alessandro Manzoni<br />

NOVEMBRE<br />

fraternitàemissione<br />

7<br />

ma lei, poi lui stendono le loro mani giovani, lisce, che a<br />

tratti durante la messa tenevano di nascosto l'una nell'altra.<br />

Dopo di loro una signora anziana si accosta, lenta, sostenuta<br />

dal figlio. Le dita magre, le nocche gonfie per l’artrite,<br />

non si stendono per ricevere il mio regalo. Apre invece<br />

la bocca, e chiude gli occhi mentre le dico «Corpo<br />

di Cristo».<br />

Uno dopo l'altro, arrivano uomini e donne affamati di<br />

vita, carichi di pesi, pieni di desideri. E il mio cuore si gonfia<br />

della gioia di poter fare un regalo così, dare il pane<br />

di vita al popolo di Dio. Più che qualunque altra parola<br />

o gesto, dare l'Eucaristia mi permette di dire con tutto me<br />

stesso: «ti voglio bene».<br />

LETTERA DALLA SIBERIA<br />

Il ragazzo della via Gluck<br />

di Francesco Bertolina<br />

DOPO LA COMUNIONE L’ARRIVO DELL’OSPITE<br />

di Antonio Anastasio<br />

Ci trovavamo in un paesino sul mare. Io concelebravo<br />

la santa messa mentre un caro amico, ordinato sacerdote<br />

da soli due giorni, la presiedeva per la prima volta. In<br />

chiesa, solo pochi amici. Dopo la comunione io, come faccio<br />

sempre, rimasi seduto in preghiera; lui, dopo avere<br />

purificato il calice, si sedette pochissimi secondi, poi si<br />

rialzò e andò all’altare. Probabilmente doveva aver cercato<br />

di chiamarmi già prima ed io non me ne ero accorto,<br />

forse credeva che dormissi… insomma, alla fine mi fece<br />

un fischio. Gli amici in chiesa erano stupefatti; ma a un prete<br />

novello si perdona più o meno tutto. Io tra il sorpreso<br />

e l’allibito mi alzai e lo raggiunsi.<br />

Ero prete già da una decina d’anni, ma non mi ero reso<br />

conto di quanto quel momento di silenzio fosse diventato<br />

essenziale per me. In quegli istanti prima di tutto ringrazio<br />

Gesù, ricordando il giorno della mia prima comunione,<br />

quando, come mi aveva insegnato il parroco, gli<br />

avevo detto che desideravo essere suo amico per sempre.<br />

Poi gli chiedo di aiutare tutte le persone che ho incontrato,<br />

prego per i malati, per i giovani e le famiglie,<br />

per tutti quelli che mi hanno chiesto preghiere. Ricordo<br />

le persone che mi sono state affidate e rinnovo l’offerta<br />

per i defunti. Chiedo a Gesù di «portare a compimento<br />

l’opera che ha iniziato in me». E non torno mai all’altare<br />

senza avere recitato prima l’atto di consacrazione a Maria,<br />

perché lei, che ha accompagnato Gesù fino in fondo<br />

nella sua missione, accompagni anche me.<br />

In parrocchia capita che, dopo la comunione, molte persone<br />

si alzino in piedi, in segno di rispetto, mentre il sacerdote<br />

passa davanti a loro con la pisside, per riporla<br />

nel tabernacolo. Spesso dico loro: «Guardate che se avete<br />

appena fatto la comunione Gesù è lì, dentro di voi, è<br />

lì che dovete adorarlo. Lì ci sono le ferite da curare, i peccati<br />

da perdonare, i desideri buoni da compiere. Non distraetevi!<br />

Se la liturgia è tutta una grande festa, il cuore<br />

della festa è l’arrivo dell’Ospite desiderato!».<br />

Novosibirsk, 21 giugno 2012<br />

Carissimo don Massimo,<br />

ti racconto un fatto che è capitato una<br />

sera di questa estate. Ero da poco arrivato<br />

da Sadovae e stavo parcheggiando la mia<br />

macchina davanti all’edificio che ospita la<br />

nostra chiesa a Palovinnoe. Da lontano<br />

vedo un uomo, intorno alla sessantina. Lo<br />

saluto e lui mi risponde con un cenno della<br />

mano. Fa qualche passo in avanti ma subito<br />

si ferma e mi fa segno di voler parlare con<br />

me. Mi avvicino. Era la seconda volta che lo<br />

vedevo, ma mi sembrava già un volto familiare.<br />

Mi ricordo. C’eravamo incontrati due<br />

settimane prima, mentre tagliavo l’erba nel<br />

giardino di casa mia. È a Polovinnoe da due<br />

anni. Si chiama Viaceslav e prima abitava a<br />

Novosibirsk, la “capitale” della Siberia. Ha<br />

deciso di vendere l’appartamento e di trasferirsi<br />

qui nel nostro villaggio perché dice<br />

«c’è l’aria pulita e la natura». Mi è venuto in<br />

mente il ragazzo della via Gluck…<br />

Viaceslav è ortodosso e quella sera mi<br />

raccontò di quando a sei anni sua nonna,<br />

tenendo all’oscuro i suoi genitori, lo portò a<br />

ricevere, nella chiesa ortodossa, il battesimo.<br />

Una decina di anni dopo decise di raccontare<br />

questo fatto ai suoi genitori, che<br />

invece lo avevano educato all’ateismo più<br />

rigido. Essi si arrabbiarono molto per il<br />

gesto che la nonna aveva compiuto nei confronti<br />

del nipote. Ma lui, guardandomi fisso<br />

negli occhi, mi disse: «Mia nonna ha fatto<br />

bene a battezzarmi. Le sono molto grato<br />

per quello che ha fatto». Mi parlò poi di<br />

un’icona pieghevole che aveva comprato<br />

alcuni anni prima a Novosibirsk. Ogni sera,<br />

prima di andare a letto, accende sempre<br />

una candela e si inginocchia davanti ad essa<br />

pregando.<br />

Mi racconta anche del tentativo che lui e<br />

la moglie avevano fatto per confessarsi,<br />

dopo che per tanti anni erano rimasti lontani<br />

da questo sacramento. Il prete a cui si<br />

erano rivolti non li aveva lasciati quasi nemmeno<br />

parlare, cacciandoli in malo modo.<br />

Avevano, secondo lui, fatto troppi peccati.<br />

Credo però che, essendo una confessione<br />

di tutta una vita, non sia stato capace di<br />

spiegare loro che per questo sacramento è<br />

necessario un minimo di preparazione. Si<br />

vede che Viaceslav è addolorato di questo<br />

fatto. «Mia moglie ed io – mi narra quasi<br />

commuovendosi – siamo rimasti sempre<br />

fedeli l’uno all’altra. Mia moglie è molto più<br />

religiosa di me…». Poi mi dice con una freschezza<br />

cristallina: «A volte mi sembra proprio<br />

che la fede sia… vita». Cerca una mia<br />

conferma nello sguardo che gli arriva<br />

subito. «È verissimo – gli rispondo – quello<br />

che stai dicendo. È proprio così». Mi guarda,<br />

sorride e mi dice:«Padre, posso chiamarla<br />

così Potrei confessarmi da lei». Gli dico di<br />

avere fiducia e di rivolgersi al prete ortodosso<br />

che la domenica, alle nove di mattina,<br />

celebra la messa a Palovinnoe. Se ci fossero<br />

problemi o altre difficoltà lo invito caldamente<br />

a rivolgersi a me. Prima di allontanarsi<br />

mi chiede se può entrare in chiesa.<br />

Davanti alla porta c’è l’avviso con l’orario<br />

delle sante messe. «Se non accade nulla<br />

domenica mattina col prete ortodosso, ci<br />

vediamo nel pomeriggio per la confessione<br />

prima della santa messa delle 16…». Ci<br />

salutiamo affettuosamente. Mentre usciva,<br />

ho pensato: «Viaceslav, confessione o no,<br />

torna presto. Anch’io ho bisogno di vedere<br />

la tua fede».<br />

Ti abbraccio, don Massimo.<br />

Tuo,<br />

Francesco


ABBONATI O RINNOVA IL TUO ABBONAMENTO. È SEMPLICE. ON LINE: www.sancarlo.org<br />

fraternitàemissione c/c postale: 72854979 - Intestato: Fraternità Sacerdotale Missionari S. <strong>Carlo</strong> B. Fraternità e missione ABBONAMENTI: base €15 - sostenitore €50<br />

8 fraternitàemissione<br />

NOVEMBRE<br />

INTERVISTA A MONS. GUIDO MARINI<br />

Al centro il mistero di Cristo<br />

a celebrazione non è lo show del celebrante. Non<br />

«Lè lui il protagonista. La liturgia non è a nostra<br />

disposizione, ma è della Chiesa. Noi siamo ministri, non<br />

padroni. Siamo umili servitori».<br />

Oltre a un umile servitore, monsignor Guido Marini è<br />

il secondo angelo custode del Papa, al suo fianco in tutte<br />

le messe che celebra. 47 anni, ligure, Marini dall’ottobre<br />

2007 è il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie.<br />

Insieme ad altri undici cerimonieri (uno dei quali<br />

è Massimiliano Boiardi, membro della <strong>San</strong> <strong>Carlo</strong>), cura<br />

tutte le celebrazioni che vedono presente Benedetto<br />

XVI, sia a <strong>San</strong> Pietro che nei viaggi in Italia e all’estero.<br />

Sorvegliando ogni aspetto, dal più grande al più piccolo,<br />

affinché lo svolgimento della messa sia pienamente<br />

rispondente all’insegnamento della Chiesa e del<br />

<strong>San</strong>to Padre.<br />

Qualche mese fa è stato ospite della Casa di Formazione<br />

a Roma. Ne abbiamo approfittato per chiedergli<br />

una strada preferenziale per entrare nel cuore della<br />

liturgia. Egli parte da una citazione di Prospero d’Aquitania,<br />

presente anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica:<br />

Lex orandi, lex credendi. Cioè, traducendo liberamente,<br />

dimmi come preghi e ti dirò in cosa credi. «La<br />

liturgia è l’espressione orante della fede. Affonda le<br />

radici nel dogma della Chiesa. Per questo, toccare la<br />

liturgia a volte può voler dire toccare la fede. Troppo<br />

spesso non si è tenuto presente questo suo fondamentale<br />

aspetto, risolvendo tutto in prospettiva solo apparentemente<br />

pastorale o semplicemente dal punto di<br />

vista esteriore ed estetico.»<br />

Passato e futuro<br />

Il cuore della messa è «il mistero di Cristo, che è l’opera<br />

della nostra salvezza. Questa ha la precedenza su tutto.<br />

E questa precedenza deve risplendere chiaramente<br />

nella celebrazione. La liturgia non è anzitutto una festa<br />

della comunità che si ritrova chiusa in se stessa, ma è<br />

un orientarsi della Chiesa verso il Signore, per rivivere<br />

il Mistero della nostra salvezza, lasciandosi da esso<br />

La liturgia non è uno<br />

spettacolo che deve<br />

stupire al modo<br />

delle cose mondane,<br />

ma nemmeno un<br />

reperto archeologico:<br />

è l’espressione<br />

vivente della fede<br />

della Chiesa<br />

che prega.<br />

Colloquio<br />

con il maestro<br />

delle celebrazioni<br />

liturgiche pontificie<br />

a cura di Francesco Montini<br />

Mons. Guido Marini.<br />

Nella foto grande: 7 ottobre 2012,<br />

un momento della messa<br />

di apertura del Sinodo dei Vescovi<br />

(Servizio fotografico de<br />

L’Osservatore Romano).<br />

afferrare e trasformare per una vita sempre più conforme<br />

alla carità. Il vero e grande protagonista di tutto è<br />

Gesù Cristo, il Salvatore, nel suo atto di offerta al Padre<br />

per noi. Entrare consapevolmente in questo atto di<br />

offerta, perché diventi anche il nostro, è la vera partecipazione<br />

a cui tendere personalmente e comunitariamente.<br />

Da qui e solo da qui discende l’elemento autenticamente<br />

festivo della celebrazione».<br />

La liturgia diventa così l’espressione vivente della<br />

Chiesa che prega: «La liturgia è anzitutto preghiera.<br />

Nella singola comunità radunata è sempre presente la<br />

Chiesa universale e attraverso la celebrazione liturgica<br />

essa entra in comunione con la Chiesa di ogni tempo e<br />

presente in ogni luogo, con la Gerusalemme del Cielo.<br />

La liturgia è il canto di amore dello sposa che si rivolge<br />

con meraviglia e gratitudine allo Sposo divino. In questo<br />

senso, in ogni singola comunità si deve rendere presente<br />

in modo chiaro la preghiera di tutta la Chiesa».<br />

In merito all’insegnamento del Concilio Vaticano II<br />

sulla liturgia, mons. Marini dice che: «Esso deve essere<br />

visto come un rinnovamento storicamente importantissimo,<br />

ma secondo un processo di sviluppo armonico<br />

nella continuità con tutta la tradizione liturgica precedente.<br />

È l’ermeneutica della riforma nella continuità la<br />

sola accettabile nella considerazione dei testi conciliari.<br />

A volte, sbagliando, si è voluto quasi vedere una rottura<br />

nella vita della Chiesa, tra un prima e un dopo. La<br />

Chiesa invece è un soggetto vivente, che si sviluppa e si<br />

rinnova nella storia in continuità con il proprio passato.<br />

Ecco perché dobbiamo avere sempre un atteggiamento<br />

cordiale, rispettoso e sereno nei confronti di ciò che sta<br />

prima di noi». In questo senso va letto anche il motu proprio<br />

«Summorum Pontificum», che prevede la possibilità<br />

di celebrare la messa nel rito antico: «Il <strong>San</strong>to Padre ha<br />

voluto tradurre nella prassi questo principio teologico<br />

fondamentale: ciò che per cinquecento anni ha fatto fiorire<br />

la santità nella Chiesa non può ad un tratto divenire<br />

sbagliato. Ancora oggi conserva la capacità di essere<br />

fonte di santificazione e di arricchimento per la nostra<br />

vita di fede».<br />

Il canto che serve<br />

Per quanto riguarda la musica liturgica, mons. Marini<br />

ricorda che la Chiesa sottolinea l’esemplarità delle due<br />

forme tradizionali, sovente riproposta dal magistero<br />

della Chiesa, anche il più recente: «Il canto gregoriano<br />

e la polifonia classica. Sono due forme che hanno dato<br />

vita, storicamente, all’autentico canto liturgico, ponendosi<br />

al servizio del Mistero celebrato, divenendo esegesi<br />

cantata e musicata della parola di Dio. In tal modo,<br />

tra l’altro, il gregoriano e la polifonia classica stabiliscono<br />

il criterio in base al quale definire, ancora oggi,<br />

quale canto e quale musica possono avere spazio legittimo<br />

nella celebrazione liturgica ».<br />

Alla fine mons. Marini sottolinea una caratteristica di<br />

Benedetto XVI, che egli ha potuto osservare e apprezzare<br />

in questi anni di servizio alla liturgia papale: «Il<br />

<strong>San</strong>to Padre, mi riferisco in special modo alla liturgia,<br />

non è solito imporre, ma proporre. Questo è il suo stile<br />

tipico. Non si stanca di presentare la verità liturgica: con<br />

l’insegnamento e l’esempio delle celebrazioni da lui<br />

presiedute. Vede i frutti e ne attende con pazienza altri<br />

e più abbondanti. La sua è una pazienza che trabocca<br />

visione di fede, lungimiranza, grandezza di mente e di<br />

cuore».

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