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copertina - Cralportotrieste.com

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27so regolare, costante, di esseri umani aquattro ruote – non abbiamo visto biciné motorini in giro – che si spostanocontinuamente in tutte le direzioni. Perattraversare – il ristorante è sull’altromarciapiede – rischiamo la pelle, perchénon ci sono né semafori né strisciepedonali in vista, o, se non altro, unamulta, o magari l’arresto per vagabondaggio.Superato questo ostacolo nonda poco, affrontiamo quella che sarà lanostra più memorabile, e più costosa,impresa californiana, da raccontare afigli e nipoti nelle lunghe serate d’inverno.La “Casa della bistecca di Morton’sof Chicago”, si rivela il più pretenziosoe probabilmente tra i più costosi ristorantidi LA, chiaramente al di sopradei nostri standard abituali. Per entraredobbiamo suonare il campanello; veniamoricevute in un salottino rococòdove il maitre, in marsina d’ordinanza,ci squadra, ci chiede se abbiamo prenotato,poi, con aria supponente, va a vederese c’è posto. Scatta in noi l’istintodi fuga, cerchiamo di guadagnare la porta,ma è ormai inesorabilmente chiusa.Torna intanto il maitre: il posto c’è, untavolino di rincalzo in mezzo alla sala.Siamo frastornate, ma dobbiamo ordinare;chiediamo il menu; ci presentanoinvece un carrello traboccante di tagli dicarne diversi di cui ci descrivono i pregi.Ci colpisce la parola mignon, che, <strong>com</strong>etutti sanno, significa piccolo. Optiamoper questo che ci sembra il male minore,anche per toglierci dall’imbarazzo delladifficile scelta. E, più rilassate, in<strong>com</strong>inciamoa guardarci intorno: alla nostradestra ci sono Mel Gibson e signora etutt’intorno gente famosa, produttori,registi di cui conosciamo le facce manon i nomi, ac<strong>com</strong>pagnati da attricetteingioiellate, e vistose, energiche segretarie.Nel frattempo arrivano le birre gelate– il vino a queste latitudini è improponibile(i prezzi sono stellari) – e unafantastica pagnotta alla cipolla appenasfornata, il famoso onion bread di Morton’s.Sbraniano voracemente il panesquisito e così plachiamo i primi morsidella fame; la birra è buona e forte, ci vaun po’ alla testa, ci sentiamo su di giri epadrone della situazione, quando arrivanodue enormi piatti da portata da cuistrabordano pantagrueliche, profumatebistecche mignon. Armate delle specialiposate della casa, affrontiamo il <strong>com</strong>pitoimmane che si rivela subito unamission impossible. Marzia, carnivora dinatura, riesce a sgominarne una metà,io appena un quarto. Non ci passa nep-Il filetto mignon della “Casa della bistecca diMorton’s of Chicago”pure per la testa l’idea di portarci via ilresto. In USA si usava già allora, ma noinon ne “avevamo contezza”, <strong>com</strong>e diceil prof. Mirabella... Così non ci restache chiedere il conto che – a ragione –prevediamo salato, esorbitante <strong>com</strong>e lebistecche. Le carte di credito ci tolgonofacilmente dall’impasse. Lo choc passapresto. L’avventura valeva la pena di esserevissuta. È stata un’ulteriore lezionedi vita – i viaggi servono anche a questo- un’esperienza interessante e istruttiva,oltre che piacevolmente adrenalinica, dicui tener conto.Il giorno dopo viviamo un’avventurad’altro genere che, questa volta, nondipende dalla nostra sprovvedutezza.L’aereo parte in ritardo – sì, succedeanche là. nel paese della massima efficienza– perdiamo la coincidenza; così,New Orleans, battello sul Mississippianziché a New Orleans, sbarchiamo aS. Louis, tappa non prevista che gettanello s<strong>com</strong>piglio i nostri neo-sposi chequesta volta non hanno tutti i torti amugugnare. Noi ci asteniamo, non vogliamoamareggiare coi lamenti le tantebelle esperienze vissute in questo viaggio.Siamo dell’idea che, <strong>com</strong>e scrivevaNeri Tanfucio (pseudonimo di RenatoFucini) agli inizi del ‘900: ”…gira la Terrae, <strong>com</strong>e Dio l’impose, giriam con leisu l’immutabil perno …” Ossia, con altreparole, è meglio prendere le cose così<strong>com</strong>e vengono.Però a New Orleans, dopo un magnificoviaggio in business class – poltroneFrau, tazzine di porcellana, spazioper stendere le gambe, non <strong>com</strong>e le stieper polli della classe turistica – e un incontrodel tutto imprevedibile con unacoppia di amici triestini a colazione, cidiamo da fare per recuperare il tempoperduto: il Vieux Carrè, le “case di pizzo”con i balconi in ferro battuto – chissà seci sono ancora, dopo Katrina - un matrimonioin una vecchia ex-piantagione– sposi e ospiti tutti neri e tutti vestitidi un bianco abbagliante - una cena sulMississipi, dentro un finto battello aruota (a proposito, ottima la cucina cajun,gradevolmente speziata) – una PreservationHall che ricorda la nascita delvecchio Jazz live – una marching bandche ac<strong>com</strong>pagna un funerale con allegriritmi sincopati …Ci lasciamo incantare da questo fascinosoSud e facciamo le ore piccolenelle strade piene di gente di tutti i colori,fremente di vita e di allegria … unaltro pianeta!

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