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Numero speciale della rivista (.pdf 7,82Mb) - Parco Naturale ...

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ADAMELLO ABRENTABRENTASpecialePIANO FAUNISTICO2007PIANO FAUNISTICO 20071


AADAMELLO BRENT APARCOAPIANO FAUNISTICO 20071. Il Piano Faunistico del <strong>Parco</strong> 21.1 Perchè un Piano Faunistico 31.2 Il Piano Faunsitico e gli altri strumenti di pianificazione 42. Obiettici generali e specifici 63. Il Piano Faunistico come strumento di riferimentoper Natura 2000 84. Organizzazione generale 115. Area considerata 136. I pesci 147. L’erpetofauna 188. I galliformi 228.1 Cenni generali sui tetraonidi 238.2 I tetraonidi: problemi di conservazione e status nel <strong>Parco</strong> 248.3 Il Piano Faunistico del <strong>Parco</strong> e i tetraonidi 318.4 La coturnice 329. Gli altri uccelli del <strong>Parco</strong> 3410. Gli insettivori e i roditori 4010.1 Gli insettivori e i roditori nel Piano Faunistico 4211. I chirotteri 4311.1 Il Piano Faunistico e i chirotteri 4512. Le lepri 4613. I carnivori 48Il progetto Life Ursus 6214. Gli ungulati 6414.1 Problemi di conservazione e status nel <strong>Parco</strong> 6614.2 Il Piano Faunistico del <strong>Parco</strong> e gli ungulati 7415. Altri contenuti del Piano Faunistico 7616. Sintesi delle azioni previste 79PIANO PIANO FAUNISTICO FAUNISTICO 2007 20071


ADAMELLO BRENT1. Il Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>A2PIANO FAUNISTICO 2007Civetta capogrosso, foto Corradini


A DAMELLO BRENTA1.1 Perché un Piano Faunistico?Il Comma 1 dell’Articolo 28 <strong>della</strong>Legge di “Ordinamento deiParchi Naturali” (L.P. n. 18 del 6maggio 1988), prevede per i parchidel Trentino la realizzazione diun Piano Faunistico che sia rivoltoal tentativo di “… realizzare nelterritorio a <strong>Parco</strong> l’equilibrio frafauna selvatica ed ambiente”.Sempre con riferimento alla Leggesopra citata, va messo in evidenzache il Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>si configura come uno strumentodi programmazione distinto esubordinato rispetto al Piano di<strong>Parco</strong>, previsto dall’Articolo 20 ededicato alla “disciplina urbanisticae territoriale” dell’area protetta.Da un punto di vista strettamentelegale, i piani faunistici dei parchinaturali trentini non possonocontenere “divieti e prescrizioni”,limitandosi più semplicemente aorientare l’attività delle aree protettenell’ambito <strong>della</strong> conservazione<strong>della</strong> fauna, fornendo suggerimentie individuando prioritàoperative.In altre parole l’indirizzo è quellodi realizzare piani che portino aduna programmazione di attività“utili per la fauna” piuttosto chea vincoli e regolamenti, evidentementeda considerare solo in casidi forte necessità.In base alla L.P. 18/88 (comma 3,lettera c) il solo ambito nel quale ipiani faunistici possono dare prescrizionirimane quello relativo ai“programmi annuali di prelievo<strong>della</strong> selvaggina”. A parte quest’ultimapeculiarità, le indicazionicontenute nei piani faunisticidei parchi naturali <strong>della</strong> ProvinciaAutonoma di Trento, per assumereil carattere di “norma”, devonoessere eventualmente riprese o nelPiano di <strong>Parco</strong> o, nel caso di iniziativedi carattere transitorio, nelProgramma Annuale di Gestioneprevisto dall’art. 24 <strong>della</strong> L.P.18/88.Nonostante questo, resta evidenteche lo scopo <strong>della</strong> pianificazionesia quello di indirizzare le attivitàe suggerire le migliori strategieper mantenere e, qualora possibile,migliorare il già notevole patrimoniofaunistico del <strong>Parco</strong>.A quasi vent’anni di distanza, rimanedunque forte la sensazioneche la legge di ordinamento deiparchi naturali possa essere consideratacome un momento di grandeinnovatività e lungimiranza nelpanorama <strong>della</strong> pianificazione inmateria di fauna.A conferma di questo basti pensareche nel “Primo documento orientativosui criteri di omogeneità econgruenza per la pianificazionefaunistico-venatoria”, redatto nel1992 da parte dell’Istituto Nazionaleper la Fauna Selvatica “AlessandroGhigi” (INFS), si trovanotracce evidenti dei contenuti <strong>della</strong>legge provinciale realizzata 4 anniprima. In particolare, il documentoorientativo dell’INFS confermal’importante indirizzo contenutonell’Articolo 28 <strong>della</strong> L.P. 18/88che individua, come scopo principaledi un piano faunistico, quellodi realizzare e mantenere un equilibriotra la fauna e l’ecosistema dicui fa parte.Considerando le finalità generalidel <strong>Parco</strong>, appare quindi importanteconsiderare come taleequilibrio debba essere ricercatosoprattutto attraverso l’individuazionedi azioni atte a “conservare”le popolazioni animali,analizzando attentamente le interazionicon le altre componentiecosistemiche. In sintesi, sembraassolutamente importante cheil Piano Faunistico sia un “pianodi conservazione”, dove con“conservazione” si intende quelladisciplina orientata a monitoraregli ambienti naturali, verificarel’entità e le cause di eventualiperdite di diversità biologica e,da ultimo, individuare strategiee azioni che forniscano risposte,soluzioni e alternative concrete atali problematiche di importanzanon solo ecologica ma anche economicae sociale.Proprio sulla base di questa definizione,il Piano Faunisticodel <strong>Parco</strong>, in estrema sintesi,si propone di favorire lo “statocomplessivo di salute” delle popolazionianimali e, allo stessotempo, il loro corretto interagirecon l’ecosistema naturale e con lapresenza e l’utilizzo del territorioda parte dell’uomo.PIANO FAUNISTICO 20073


ADAMELLO BRENT1.2 Il Piano Faunisticoe gli altri strumenti di pianificazioneAEscursionisti in alta Val di Tovel, foto B. TassoniLa conservazione <strong>della</strong> faunaè una disciplina che deve costantementeconfrontarsi conl’utilizzo del territorio da partedell’uomo, nel difficile tentativodi trovare soluzioni utili eattuabili. È quindi evidente cheanche il Piano Faunistico del<strong>Parco</strong> debba essere uno strumentocapace di confrontarsicon altri strumenti pianificatoriche hanno validità anche all’internodell’area protetta.Primo tra tutti il Piano UrbanisticoProvinciale (PUP) che,nel 1967, aveva individuatouna prima perimetrazione del<strong>Parco</strong>, sancendo per certi versila nascita dell’area protettagià ipotizzata nei decenni precedenti.Nella sua prima stesura,come peraltro anche nellaseconda avvenuta nel 1987, ilPUP non ha affrontato questioniinerenti la fauna. Va da sé chequesto importante strumento diprogrammazione territoriale(di ordine superiore allo stessoPiano del <strong>Parco</strong>) non ha quindi,al momento, rapporti diretti conla pianificazione faunistica.Un secondo strumento di pianificazionedi riferimento è il PianoGenerale Forestale (1992)che, in una apposita sezionerealizzata dal dott. Franco Perco,si occupa direttamente anchedi problematiche inerentila fauna. Oltre a contenere disquisizionidi ordine filosoficosull’importanza <strong>della</strong> fauna, ilPiano Forestale affronta infattianche tematiche relative allapresenza e alla conservazionedelle specie ritenute di maggiorpregio e analizza le problematicheconnesse con le azioni digestione del bosco ritenute potenzialmenteimpattanti sullafauna (piste forestali, gestionedegli ecotoni e delle piante“da fauna”, ecc.). Il documentoarriva anche a consigliare neldettaglio misure volte a renderecompatibile lo sfruttamentoeconomico <strong>della</strong> foresta conla presenza e la conservazione<strong>della</strong> fauna.Nonostante questo strumentopianificatorio contenesse indicazioniper la gestione e per laconservazione <strong>della</strong> zoocenosi,nel 2003 è stato approvato dallaGiunta Provinciale il PianoFaunistico Provinciale (PFP)previsto dalla Legge Provincialen. 24 del 1991 (Articolo 5).Questo importante documento,che è divenuto il principalestrumento di indirizzo inmateria faunistica in Trentino,è sicuramente anche il primoriferimento per il Piano Faunisticodel <strong>Parco</strong>, superandodi fatto anche le indicazionirelative alla fauna contenutenello stesso Piano GeneraleForestale.4PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAMalga Movlina, foto F. ZibordiTutto ciò considerato, allostato attuale è quindi possibileaffermare che il solo strumentovalevole a livello provinciale,con il quale il PianoFaunistico del <strong>Parco</strong> si deveconfrontare è il Piano FaunisticoProvinciale.Ciò premesso non appare peraltrochiara la “gerarchia” trai due strumenti. Facendo infattiriferimento all’Articolo 28<strong>della</strong> L.P. 18/1988 e all’Articolo5 <strong>della</strong> L.P. 24/1992, cheindividuano - rispettivamente- per il <strong>Parco</strong> e per l’intero territorioprovinciale la necessitàdi dotarsi di un Piano Faunistico,non vengono chiariti irapporti tra i due strumenti dipianificazione.Appare però evidente che entrambii piani debbano concorrerea determinare le linee guidaper una gestione faunisticache, pur con alcune differenzelegate alle finalità delle diverseporzioni del territorio, si proponeobiettivi del tutto simili.In tal senso, anche per evitarepotenziali elementi di contraddizione,il Piano Faunistico del<strong>Parco</strong> ha cercato di riportarecontenuti il più possibile compatibilicon il Piano FaunisticoProvinciale.In sintesi, è possibile affermareche il Piano Faunistico Provincialee quello del <strong>Parco</strong> possonofacilmente integrarsi l’unonell’altro, soprattutto considerandole loro simili finalità,principalmente rivolte allaconservazione <strong>della</strong> fauna.Per analogia con quanto accadeper la disciplina urbanisticae territoriale, che viene regolataall’interno dell’area protettadal Piano del <strong>Parco</strong>, il PianoFaunistico può (o più probabilmente“deve”) essere indirizzatoa caratterizzare il <strong>Parco</strong>,distinguendolo dalle zoneesterne ai propri confini.In altre parole il Piano Faunisticodel <strong>Parco</strong> dovrebbe costituireun importante tassello,capace di tutelare la faunae allo stesso tempo eleggerel’area protetta a “zona privilegiata”per lo studio e la valorizzazionedelle popolazionianimali presenti.PIANO FAUNISTICO 20075


ADAMELLO BRENTA2. Obiettivi generali e specificiL’Articolo 28 <strong>della</strong> Legge Provincialedi ordinamento deiparchi naturali del Trentino (n.18/1988) individua, quale finalitàdel Piano Faunistico “per ilterritorio a parchi”, la “…realizzazionedell’equilibrio frafauna selvatica ed ambiente”:un obiettivo di ampia valenzaecosistemica, ma anche socioeconomica,rispetto alla solaprotezione <strong>della</strong> fauna.Interpretando questo importantearticolo di legge con il più ampiorespiro dato dalle finalità deiparchi citate nell’Articolo 1 <strong>della</strong>medesima legge di istituzione,nel quale si fa espresso riferimentooltre che alla tutela delpatrimonio ambientale anche alsuo utilizzo e alla sua valorizzazione,si è voluto impostare unPiano Faunistico rivolto ai seguentiobiettivi generali:• tutela <strong>della</strong> zoocenosinella sua complessità;• mantenimento degliequilibri “sistemici” in senso siaecologico sia socio-economico;• approfondimento delleconoscenze sulle popolazionianimali presenti;• definizione di strategieed azioni mirate a consentireun uso sociale sostenibile <strong>della</strong>fauna, sia all’interno del <strong>Parco</strong>sia, più in generale, su scalaprovinciale.Dagli obiettivi generali scatu-Vanessa dell’ortica, foto A. Mustoni6PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTArisce una serie di importantiobiettivi specifici che, nel loroinsieme, costituiscono la vera“ossatura” del Piano Faunistico.Per quanto concerne la conservazione<strong>della</strong> fauna, il Pianosi propone di perseguire lamassima diversificazione <strong>della</strong>zoocenosi in termini qualitativi(numero di specie presentinel rispetto del principio di autoctonia)e il raggiungimento emantenimento di consistenze estrutture delle popolazioni il piùpossibile naturali e in linea conle caratteristiche ambientali del<strong>Parco</strong>.Per quanto riguarda il mantenimentodegli equilibri sistemici,il Piano individua criteri operativiutili per conservare (e sepossibile ricreare) tali equilibri.In tal senso, di particolare rilevanzaè la tematica <strong>della</strong> interazioniinterspecifiche sia tra lediverse specie animali, sia traqueste e la componente vegetale,favorendo l’instaurarsi dirapporti “ecologicamente corretti”tra la fauna e le altre componentidel sistema ambientaledel <strong>Parco</strong>.Va peraltro sempre ricordato chel’area del <strong>Parco</strong>, caratterizzatada una forte presenza antropica,non rappresenta una realtà “asé stante” rispetto al territoriolimitrofo. Al contrario, il <strong>Parco</strong>deve essere “interpretato” nell’ambitodel più ampio contestoterritoriale di cui fa parte, e conil quale sussistono importantirelazioni sociali e economiche.Nel fare ciò, un importanteobiettivo specifico del Piano èdunque quello di considerare, inuna visione olistica del termine“ambiente”, non solo gli aspettie gli equilibri ecosistemici, maanche quelli socio-economici,cercando di individuare soluzionigestionali sostenibili.Per quanto riguarda l’aspettoconoscitivo, il Piano Faunisticoindividua programmi di ricercasia sull’eco-etologia sia sulla distribuzione(reale e potenziale)delle specie, nonché definisce icriteri per la realizzazione di uncontinuo monitoraggio numericoe sanitario delle stesse. Inquest’ottica, il Piano si è ancheproposto l’obiettivo di definireun Sistema di MonitoraggioFaunistico di base che possa,negli anni, fornire dati utili aduna analisi oggettiva dello statusdelle popolazioni presenti.Per quanto concerne l’uso socialesostenibile <strong>della</strong> fauna, ilPiano propone alcune “regoledi utilizzo” che, come detto,riconoscano l’insieme dellevalenze (ecologica, economicama anche estetica) che la faunapossiede. L’obiettivo è quello diprivilegiare necessariamente gliaspetti conservazionistici e culturalilegati ad un utilizzo indirettodelle popolazioni animali,senza peraltro ritenere tale tipologiadi uso unica ed esclusivarispetto ad una fruizione anchediretta, ivi compresa quella venatoria.A tale riguardo si è ritenuto importanteindividuare, nell’ambitodelle azioni suggerite dalPiano, anche adeguate attivitàdi comunicazione volte a favorireuna comprensione di questamolteplicità di valori e, conseguentemente,a promuovere unacondivisione delle soluzioniproposte. Le attività di comunicazionee di divulgazione sonoinoltre gli strumenti essenzialiper promuovere ed incentivareuna “educazione ambientale”,che viene individuata come unodegli obiettivi prioritari da parte<strong>della</strong> L.N. 394/1991 (“Leggequadro sulle aree protette”).Scolaresca al Lago di Valagola, foto R. CozziniPIANO FAUNISTICO 20077


ADAMELLO BRENTA3. Il Piano Faunistico come strumentodi riferimento per Natura 2000DA DUE DIRETTIVEEUROPEE ALLA RETENATURA 2000A livello comunitario, la Direttiva92/43/CEE (Direttiva Habitat),“integrata” per quanto riguardal’avifauna dalla Direttiva79/409/CEE (Direttiva Uccelli),appare come uno dei principalistrumenti di riferimento per latutela delle specie animali e deiloro ambienti di vita.Sulla base di queste due importantidirettive - recepite a livellonazionale rispettivamente dallaL.N. 157/92 e dal D.P.R. 357/97- è stata impostata la Rete Natura2000, un insieme di siti cheospitano habitat e specie di interessecomunitario che, alla finedel loro iter istitutivo, sarannodefiniti come “Zone Specialidi Conservazione” (ZSC). TaliZSC deriveranno dalle Zone diProtezione Speciale (ZPS) individuatein base alla DirettivaUccelli e dai Siti di ImportanzaComunitaria (SIC) individuatiin base alla Direttiva Habitat.È assolutamente importante ricordareche le forme di tuteladerivanti da entrambe le direttivesono già in vigore all’individuazionedelle ZPS e dei SIC daparte degli stati membri.L’obiettivo di Rete Natura 2000è quello di “contribuire a salvaguardarela biodiversità mediantela conservazione deglihabitat naturali, nonché la florae la fauna selvatiche nel territorioeuropeo degli stati membri”.Appare evidente quindicome la gestione delle ZSC siauna delle priorità assolute nellestrategie di conservazione ambientalea livello nazionale edeuropeo.Lago di Cornisello Superiore, foto C. Hvala8PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTACarta dei SIC all’interno del <strong>Parco</strong>DALLA RETE NATURA2000 AD UN SISTEMA DIGESTIONE DEI SITIPRESENTI NEL PARCOL’Articolo 6 <strong>della</strong> Direttiva Habitatriporta le disposizioni chedisciplinano la gestione di tuttiquei siti che, nel loro insieme,costituiscono la Rete Natura2000 (ZSC), comprendendoquindi anche le misure di tutelaindividuate dalla Direttiva Uccelli.In particolare, il primo paragrafodell’Articolo 6 riporta ilseguente periodo: “per le ZoneSpeciali di Conservazione, gliStati membri stabiliscono lemisure di conservazione necessarieche implicano all’occorrenzaappropriati piani digestione specifici o integrati adaltri piani di sviluppo e le opportunemisure regolamentari,amministrative o contrattualiche siano conformi alle esigenzeecologiche dei tipi di habitatnaturali di cui all’allegato I edelle specie di cui all’allegatoII presenti nei siti”.In Italia, la Direttiva Habitatè stata recepita con il D.P.R.357/97 (“Regolamento recanteattuazione <strong>della</strong> Direttiva92/43/CEE relativa alla conservazionedegli habitat naturali eseminaturali, nonché <strong>della</strong> florae <strong>della</strong> fauna selvatiche”), modificatoe integrato dal D.P.R.120/2003. Con riferimento alD.P.R. 357/97 (Articolo 4), isoggetti incaricati delle funzioninormative e amministrativeconnesse all’attuazione <strong>della</strong>Direttiva Habitat sono le Regionio le Province Autonome.Con D.M. 3 settembre 2002 ilMinistero dell’Ambiente e <strong>della</strong>Tutela del Territorio ha inoltreemanato le “Linee guida per lagestione dei siti Natura 2000”.Questo decreto attuativo <strong>della</strong>Direttiva Habitat definisce gliobiettivi e propone uno schemadi struttura per i Piani di Gestione.Le Linee Guida lasciano ampiospazio di manovra alle amministrazioniregionali e provincialiresponsabili dell’attuazione dellemisure specifiche concernentii siti <strong>della</strong> Rete Natura 2000,a condizione che esse rispettinole finalità generali <strong>della</strong> DirettivaHabitat e gli indirizzi fornitidal documento.In questo contesto, la ProvinciaAutonoma di Trento ha emanatola L.P. 10/04 che, nel CapoIII (Articoli 9, 10 e 11), individuamisure per adeguare lanormativa provinciale al quadronazionale e comunitario,con particolare riferimento allatutela <strong>della</strong> Rete Natura 2000.Nel comma 5 dell’Articolo 9 ditale L.P. si stabilisce che, qualo-rale ZSC ricadano all’internodei parchi naturali, le misuredi conservazione debbano essere“adottate e assicurate” daiparchi stessi “nell’ambito deglistrumenti di pianificazione ePIANO FAUNISTICO 20079


ADAMELLO BRENTAprogrammazione previsti dallaL.P. 18/88” (“legge istitutiva deiparchi”). Sempre la L.P. 10/04stabilisce che, in attesa (“nellemore”) “dell’adozione dellemisure di conservazione… …si applicano le misure di salvaguardiae di tutela previste dallaL.P. 18/88 e dai relativi provvedimentiattuativi…” (Articolo10 comma 1).I parchi devono quindi integrarei propri strumenti pianificatori(Piano di <strong>Parco</strong> e Piano Faunistico)con indicazioni utili allaconservazione dell’integritàdelle ZSC, qualora gli strumentistessi non risultino adeguati alloscopo.Per la salvaguardia delle ZSC,in attesa dell’eventuale integrazione,ci si deve quindi basaresulle indicazioni già contenutenel Piano del <strong>Parco</strong> e nel PianoFaunistico.CONCLUSIONIE OBIETTIVI GENERALIIn relazione a quanto appena riportato,il Piano Faunistico del<strong>Parco</strong> può essere considerato lostrumento di riferimento per laconservazione <strong>della</strong> fauna nellefuture ZSC (attuali SIC e ZSP)sovrapposte al territorio del<strong>Parco</strong>.Per questo motivo, in accordocon la Direttiva Habitat, ilPiano Faunistico si è propostoi seguenti obiettivi di conservazione:• tutela <strong>della</strong> biodiversità attraversola conservazione deglihabitat e delle specie presenti;• mantenimento o ripristino inuno “stato soddisfacente” deglihabitat naturali e delle popolazionidi specie di interesse comunitario(tenendo conto delleesigenze economiche, sociali eculturali, locali).Con il termine “stato di conservazionesoddisfacente” deveessere intesa la definizione contenutanell’Articolo 1 <strong>della</strong> DirettivaHabitat, cioè:• per un habitat quando:- la sua ripartizione naturalee le superfici che comprendesono stabili o in espansione;- la struttura e le funzionispecifiche necessarie alsuo mantenimento a lungotermine esistono e possonocontinuare ad esistere in unfuturo prevedibile;- lo stato di conservazionedelle specie tipiche è soddisfacente;• per una specie quando:- i dati relativi all’andamentodelle popolazioni <strong>della</strong>specie in causa indicano chetale specie continua e puòcontinuare a lungo terminead essere un elemento vitaledegli habitat naturali cui appartiene;- l’area di ripartizione naturaledi tale specie non è indeclino né rischia di declinarein un futuro prevedibile;- esiste e continuerà probabilmentead esistere un habitatsufficiente affinché lepopolazioni si mantenganoa lungo termine.Crozzon di Brenta, foto A.Mustoni10PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTA4. Organizzazione generaleCon riferimento agli obiettivigenerali e specifici sopra riportati,è stato redatto un PianoFaunistico volto al tentativo didare risposte alla complessitàdegli interessi legati alla risorsafauna.Nel testo del Piano, dopo le premesseutili per evidenziare presuppostie finalità del lavoro,trova spazio un’analisi di confrontocon i diversi strumenti dipianificazione faunistica, forestalee ambientale esistenti a livelloprovinciale. Un presuppostoindispensabile per garantirecongruità e sinergia del Pianocon gli altri strumenti pianificatorie, più nello specifico, perrispettare le esigenze di chi vivee opera nel contesto del <strong>Parco</strong>.Successivamente a ciò, il PianoFaunistico si confronta con ilPiano del <strong>Parco</strong> e con il “vecchio”Piano Faunistico redattodal prof. Schroeder nel 1995.Per quanto concerne il primostrumento pianificatorio citato,vengono analizzate tutte lesingole parti delle Norme di Attuazioneche hanno qualche attinenzacon la materia faunistica,nel tentativo di valutarne lacongruità rispetto ai più moderniindirizzi di conservazione.Forse ancor più rilevante risultail raffronto con il Piano Faunisticoapprovato nel 1996, dalquale si evince come gli obiettiviche il <strong>Parco</strong> si era posto, inambito faunistico, siano statiampiamente rispettati, soprat-Brenta, foto A. MustoniPIANO FAUNISTICO 200711


ADAMELLO BRENTAtutto per quanto concerne le indicazionidi maggior rilevanza(reintroduzione di stambeccoe orso, creazione di un ufficiofaunistico, ecc.).E’ comunque con il capitolo seguenteche il Piano “entra nelvivo” delle analisi faunistichepropriamente dette, cercandodi fornire, per la fauna vertebratadel <strong>Parco</strong>, un quadro ilpiù possibile esaustivo dellostatus attuale, ma al contempodi individuare le principali problematichedi gestione e quindidi fornire indicazioni utili allaconservazione, allo studio e alladivulgazione delle tematiche inoggetto.Gli elaborati riportati in questaimportante sezione del Pianosono stati realizzati grazie allacollaborazione dell’Universitàdegli Studi dell’Insubriasede di Varese (Chirotteri, Insettivori,Roditori), del MuseoTridentino di Scienze Naturali(Uccelli -con esclusione deiGalliformi-, Anfibi, Rettili) edell’Istituto Agrario di San Micheleall’Adige (Pesci).Per tutte le specie per le quali èstato possibile farlo, sono stateincluse le carte <strong>della</strong> distribuzionereale e potenziale, cosìcome i grafici inerenti l’andamentodelle consistenze pregresse.Dopo ulteriori approfondimenti,uno dei capitoli finali deldocumento riguarda l’implementazionedi una carta di sintesiutile ad evidenziare le zonepiù importanti del <strong>Parco</strong> per lacontemporanea presenza di piùspecie animali “pregiate” e diun elevato livello di disturboantropico.Il Piano si conclude con unaproposta tecnica di monitoraggifaunistici di base che, serealizzati nel corso degli anni,potrebbero fornire nel futuroimportanti informazioni circala diversificazione <strong>della</strong> zoocenosipresente nelle diverse porzionidel territorio protetto.Nel presente numero “<strong>speciale</strong>”<strong>della</strong> <strong>rivista</strong> del <strong>Parco</strong> si cercadi ripercorrere tutte le partisalienti dei capitoli qui brevementeesposti: un tentativo cheha portato inevitabilmente atralasciare alcune parti del documentooriginario, compostoda poco meno di 600 pagine…Corna Rossa, foto A. Mustoni12PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTA5. Area considerataPer meglio comprendere lo statusdelle popolazioni animali trattatedal Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>,nonché valutare le esigenze di gestionedi alcune specie caratterizzateda vaste aree vitali e notevolemobilità (quali, ad esempio, l’orsoe il cervo), tutte le analisi sono statesvolte considerando un’area distudio più vasta rispetto ai confinidel <strong>Parco</strong>.D’altro canto, anche nel Piano Faunisticoredatto dal Prof. Schroedernel 1995, la distribuzione realee potenziale delle specie è stataquantificata prendendo in esameun territorio più ampio di quellodel <strong>Parco</strong>, delimitato utilizzando iconfini delle riserve comunali dicaccia ricadenti, almeno in parte,all’interno dell’area protetta.Nella revisione del Piano oggettodel presente lavoro, per l’individuazionedei confini dell’area sullaquale effettuare le analisi di basesi è scelto di impiegare “barrierenaturali”, quali strade e fondivalle,con l’obiettivo di circoscrivereuna porzione di territorio il piùpossibile significativa per quantoriguarda il reale utilizzo da partedelle popolazioni animali.L’area di studio così individuata haun’ampiezza pari a circa 134.000ha e, nel dettaglio, è delimitata daiseguenti confini geografici:Carta dell’area di studio utilizzata nellaRevisione del Piano Faunistico• a nord il fondovalle <strong>della</strong>Val di Sole, seguendo il corsodei torrenti Vermigliana e Noce;• a est la sponda ovest delLago di Santa Giustina, il TorrenteNoce, un tratto del FiumeAdige e la strada statale GardesanaOccidentale numero 45;• a sud la linea delle Giudicariee la strada statale GardesanaOccidentale numero 45 bisfino a Vezzano;• a ovest il confine provinciale,la linea di cresta dalMonte Re di Castello fino aCima Larga, un tratto del TorrenteLeno, la sponda ovest delLago di Malga Boazzo e il corsodel Fiume Chiese.PIANO FAUNISTICO 200713


ADAMELLO BRENTA6. I pesciLago di S. Giuliano, foto L. MalesaniLa copiosa presenza di corsid’acqua e di laghi d’alta quotarende il <strong>Parco</strong> un territorio ottimaleper la fauna ittica.Alcune specie presenti nel territorioprotetto sono diffuse suscala sovranazionale, anche inacque di scarsa qualità: tra queste,le carpe (Ciprinus carpio) o ilbarbo comune (Barbus plebejus).Altre, al contrario, necessitanodi caratteristiche ambientali particolarmentefavorevoli ed hannoperciò distribuzione limitata, comeil caso <strong>della</strong> trota marmorata(Salmo -trutta- marmoratus).La pesca da sempre ha influenzatoil popolamento delle acquesia attraverso il prelievo più omeno massiccio di esemplarisfruttati per fini alimentari, sia acausa dell’immissione di soggettiappartenenti a specie estraneealla fauna locale (alloctoni), introdottiperché di soddisfazioneper i pescatori. Per questi motivi,mentre alcune specie o popolazionioriginarie (autoctone) sono attualmentea rischio di estinzioneo comunque rare, altre, di originealloctona, godono di ottima salutee spesso entrano in concorrenzacon le prime.Il database <strong>della</strong> Carta Ittica<strong>della</strong> Provincia Autonoma diTrento, una delle principalifonti di informazioni per l’elaborazione<strong>della</strong> sezione del PianoFaunistico dedicata alla faunaittica, evidenzia in effetti unasituazione abbastanza critica,comune purtroppo a gran partedei corsi d’acqua italiani. Sulterritorio provinciale è accertatala presenza di 33 specie ittiche, 8delle quali sono aliene. Situazionein parte analoga si riscontranel <strong>Parco</strong>, dove tra le 14 entitàspecifiche censite, ben due (trotairidea -Oncorhynchus mykiss- esalmerino di fonte -Salvelinusfontinalis-) risultano estraneealla fauna ittica italiana.Un fattore che ha irrimediabilmentecompromesso alcuniambienti di elezione perla fauna ittica è rappresentatodall’utilizzo dei corsi d’acqua afini idroelettrici. Questa attività,che ha vissuto un enormesviluppo intorno alla metà delsecolo scorso, ha comportatodi frequente il depauperamento<strong>della</strong> portata dei corsi d’acquao addirittura il completo prosciugamentodi alcuni ambientiquali, ad esempio, il Lago diGarzonè.Sebbene alcune delle specieittiche presenti nel <strong>Parco</strong> sianocomprese in alcune liste diprotezione europee, non risultain genere che necessitino diparticolari programmi di tutela,su scala sovranazionale. Lasituazione si fa invece più criticaanalizzando i popolamenti alivello locale, dove emerge lanecessità di interventi mirati diconservazione.14PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTASPECIECORSI D’ACQUAArea distudio<strong>Parco</strong>Anguilla Anguilla anguilla x xAlborella Alburnus alburnus alborella xBarbo canino Barbus meridionalis x xBarbo comune Barbus plebejus x(Carassio dorato) (Carassius auratus) xLasca Chondrostoma genei xSavetta Chondrostoma soetta xArea distudioLAGHICarpa Cyprinus carpio x xCavedano Leuciscus cephalus x x xVairone Leuciscus souffia x xSanguinerola Phoxinus phoxinus x x x xTriotto Rutilus erythrophthalmus xPigo Rutilus pigus xScardola Scardinius erythrophthalmus x xTinca Tinca tinca x xCobite barbatello Orthrias barbatulus x xCobite comune Cobitis taenia x(Pesce gatto) (Ictalurus melas) x(Lavarello o Coregone) (Coregonus lavaretus) x(Trota iridea) (Oncorhyncus mykiss) x x x xTrota lacustre Salmo (trutta) trutta morpha lacustris x xTrota marmorata Salmo (trutta) marmoratus x x xTrota marmorata x T. fario Salmo (trutta) marmoratus ibrido con S. t. t. x xTrota fario Salmo (trutta) trutta x x x xSalmerino alpino Salvelinus alpinus x x x(Salmerino di fonte) (Salvelinus fontinalis) x x x xTemolo Thymallus thymallus x x x(Bottatrice) (Lota lota) xLuccio Esox lucius x xScazzone Cottus gobio x x x(Persico trota) (Micropterus salmoides) x(Persico sole) (Lepomis gibbosus) x<strong>Numero</strong> totale di specie 17 9 30 10Tra parentesi sono indicate le specie alloctonePopolamento ittico teorico dell’area di studio e del <strong>Parco</strong>(in tratti omogenei di corso d’acqua o lago)<strong>Parco</strong>PIANO FAUNISTICO 200715


ADAMELLO BRENTAAll’interno del popolamento itticodel <strong>Parco</strong>, un occhio di riguardoè dedicato al salmerino alpino,specie che trova sulle Alpi il limitemeridionale del proprio areale.La sua diffusione viene fattarisalire da alcuni Autori a circa70.000 anni fa, in concomitanzacon la glaciazione Würm; successivamente,in seguito al ritiro deighiacciai, la specie si sarebbe differenziataper la separazione dellevarie popolazioni rimaste isolatenei vari specchi lacustri di altaquota.Segnalato a partire dal ‘500 neilaghi di Tovel e Molveno, attualmenteè distribuito in circa 50laghi trentini, 4 dei quali sonosituati all’interno del <strong>Parco</strong>. Conmolta probabilità, in tali bacinisono ancora presenti sia popolazioniautoctone, non inquinateda immissioni artificiali, sia popolamentiintegrati con materialedi provenienza nordeuropea, siaancora individui derivati da reintroduzionieffettuate con pesci diorigine locale.Il Piano Faunistico prevede numeroseazioni incentrate sulla conservazionedel salmerino che rappresentano,seppur indirettamente,operazioni di miglioramento ancheper le altre entità autoctonepresenti. Una prima linea d’azioneè individuata nella salvaguardiadel livello delle acque degli specchilacustri danneggiati in passatodall’utilizzo a scopo idroelettrico:tra i primi provvedimenti sipropone la definitiva otturazionedelle condotte di spillamento e ilripristino delle soglie naturali deilaghi alterate dalle opere artificialidi sopralzo.Nel momento in cui è garantita latutela dei bacini idrici dal punto divista strutturale, occorre intervenireanche sugli aspetti biologicidei popolamenti.Al fine di assicurare una correttaconservazione del patrimonio geneticodelle popolazioni residualidi salmerino alpino, si rende necessariosalvaguardare, per quantopossibile, le eventuali individualitàgenetiche di alcune popolazioni:a questo proposito sarà necessarioapprofondire le conoscenzenumeriche sulle varie popolazionie caratterizzarle dal punto di vistagenetico.Eventuali ripopolamenti o reintroduzionisaranno effettuati soloa seguito dell’accertamento dell’identitàgenetica con le popolazionigià presenti nel <strong>Parco</strong> e solodopo che saranno state eliminatele cause del declino delle popolazioniattuali. A questo propositosi provvederà a bonificare i laghidalle specie alloctone, potenzialiconcorrenti di quelle autoctone,tramite la liberalizzazione del numerodi catture e <strong>della</strong> taglia sullespecie aliene.Al fine di garantire la buona riuscitadelle reintroduzioni saràcomunque essenziale una strettacollaborazione con il mondo delleassociazioni di pescatori locali,soprattutto al fine di evitare dannoseimmissioni di fauna estraneaa quella locale.A corollario di tutto il progetto ditutela del salmerino alpino, è giàin fase di realizzazione, a Molveno,un centro ittiogenico destinatoalla riproduzione artificiale dimateriale ittico compatibile con lepopolazioni locali, finalizzato allareintroduzione.L’opera, realizzata su iniziativadell’Associazione Pesca Sportivadi Molveno e del Comune diMolveno, è finanziata prevalentementedalla Provincia di Trento esupportata dalla stessa AmministrazioneComunale, dall’AssociazionePesca Sportiva e dal <strong>Parco</strong>.Al di là del salmerino, il <strong>Parco</strong>Trota fario, foto M. Campora – A. Calegari16PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAprevede di mantenere costante ilproprio impegno in ambito ittico,a livello di studio delle specie edelle problematiche per la loroconservazione. Contestualmente,l’Ente sosterrà l’organizzazionedi apposite iniziative a scopodidattico-divulgativo volte adinformare la popolazione e a richiamarel’interesse sulle peculiarità<strong>della</strong> fauna ittica del nostroterritorio.Come il coregone, il temolo, i salmoni e le trote, ilsalmerino appartiene alla famiglia dei salmonidi.Sulle Alpi, la specie è stanziale nelle acque dolci,limpide e fredde dei laghetti situati generalmenteoltre i 1500 m s.l.m.. La sua presenza ha un’originecontroversa dato che alcuni Autori sostengono chesia una specie relitta di età glaciale, sopravvissutaal ritiro dei ghiacci, mentre altri studiosi sono delparere che gli attuali popolamenti derivino da immissionieffettuate “per mano dell’uomo” duranteil dominio asburgico, tra il 1400 e il 1500.Le indagini genetiche evidenziano che le popolazionitrentine sono in realtà raggruppabili in duegruppi ben distinti: uno simile alle popolazioniaustriache e uno di identità esclusiva. Questi datiIL SALMERINO ALPINOtestimonierebbero dunque che le precedenti ipotesisono correlate e che, con molta probabilità, lepopolazioni originarie di alcuni laghi sono statemanomesse in epoca storica con immissioni di individuicon genotipo diverso dall’originario.foto M.CamporaPIANO FAUNISTICO 200717


ADAMELLO BRENTA7. L’erpetofaunaCon il termine “erpetofauna”sono solitamente raggruppatigli Anfibi e i Rettili, due Classidi Vertebrati spesso pococonsiderate nella pianificazionefaunistica.In realtà entrambi i gruppisvolgono un importante ruolonegli ecosistemi nei quali sonodiffusi.Gli anfibi, ad esempio, fungonoda predatori di insetti, piccolimolluschi e ragni; allo stessotempo, rappresentano essi stessiun elemento importante nelladieta di alcuni mammiferie di molti uccelli, tra i quali irapaci. Questa classe, nel <strong>Parco</strong>,è rappresentata da 5 specie:nel territorio protetto è infattiaccertata la presenza di salamandrapezzata (Salamandrasalamandra), tritone alpestre(Triturus alpestris), rospocomune (Bufo bufo), rana dimontagna (Rana temporaria)e ululone dal ventre giallo(Bombina variegata). Alcunidati bibliografici antecedenti al1988 testimoniano la diffusioneanche <strong>della</strong> salamandra nera inVal Daone e Val Genova, maricerche più recenti non hannoavuto esito positivo.Mentre alcune specie di anfibisono molto diffuse all’internodel <strong>Parco</strong>, altre sono estremamentelocalizzate e in numerofortemente ridotto, come iltritone alpestre e l’ululone dalventre giallo. Quest’ultimo,appartenente all’ordine degliAnuri (anfibi privi di coda),veniva definito circa un secolo emezzo fa “arcicomunissimo” daSaettone, foto M. Campora18PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTASPECIE 1 2 3 4 5Ramarro occidentale (Lacerta bilineata)Lucertola vivipara (Zootoca vivipara) x 4 LRLucertola muraiola (Podarcis muralis)Orbettino (Anguis fragilis) x 4Biacco (Coluber viridiflavus) x 4Saettone (Elaphe longissima) x 4Biscia dal collare (Natrix natrix) x 4Natrice tassellata (Natrix tassellata) x 4Colubro liscio (Coronella austriaca) x 4Marasso (Vipera berus)Grado di protezione dei rettili del <strong>Parco</strong>Vipera comune (Vipera aspis) x 41= Specie inserita nell’Allegato II <strong>della</strong> Convenzione di Berna2= Specie inserita nell’Allegato III <strong>della</strong> Convenzione di Berna3= Specie inserita nell’Allegato I <strong>della</strong> Direttiva CEE 79/409 o nell’Allegato II <strong>della</strong> Direttiva CEE 92/434= Specie minacciate secondo la Lista Rossa degli Anfibi e dei Rettili del Trentino5= Categoria di minaccia sensu Lista Rossa dei Vertebrati italianixxxun erpetologo trentino, mentreattualmente è inserito addiritturanella Direttiva Habitat. In ognicaso, anche le altre quattro speciepresenti nel <strong>Parco</strong> sono inclusein convenzioni internazionali,a conferma del loro valoreecologico e, allo stesso tempo,delle minacce cui sono esposte.Il trend negativo delle popolazionidi anfibi del <strong>Parco</strong> rispecchiaperaltro una tendenzamondiale. Le cause del declinosono numerose e spaziano dallacrescente antropizzazione dellearee naturali, associata spesso aprocessi di bonifica di paludi ealla cementificazione dei corsid’acqua, all’utilizzo diffuso di fitofarmacie insetticidi, che hannoportato ad una netta diminuzionedegli insetti disponibili. Anchela rete stradale, ormai capillarein ogni territorio, rappresentaun indiscutibile fattore diminaccia: gli anfibi infatti,oltre che alla ricerca di cibo,si spostano – compiendo veree proprie migrazioni di massaverso i luoghi di riproduzione– rimanendo vittime del trafficoveicolare.Un ulteriore rischio per alcunepopolazioni è rappresentatodall’utilizzo diffuso delle ranecome elemento tradizionale <strong>della</strong>gastronomia: a questo proposito,nel nostro contesto va ricordatoche uno specifico articolo delPiano del <strong>Parco</strong> vieta la catturadi rane all’interno dei confinidell’area protetta.Sulla base di tutte leconsiderazioni qui brevementeriportate, il Piano Faunisticopropone varie misure strategicheche hanno lo scopo di limitare glieffetti di danneggiamento deglihabitat idonei a questo gruppo divertebrati.Innanzitutto, viene sostenuta lanecessità di elaborare una seriedi vincoli per i lavori che abbianocome oggetto corpi idrici o loropertinenze, al fine di minimizzarel’impatto sull’habitat dellevarie specie; si prevede altresìdi conservare l’acqua nei baciniesistenti che risultino frequentatidagli anfibi e di ripristinare, ovepossibile, eventuali rampe chene facilitino l’accesso agli invasiartificiali.In questo contesto, un passofondamentale sarà la realizzazionedi un catasto dei puntidi attraversamento delle stradedurante la stagione riproduttiva,con l’obiettivo di mettere a pun-PIANO FAUNISTICO 200719


ADAMELLO BRENTASalamandra, foto M. CamporaNatrice dal collare, foto S. Zanghellinito, successivamente e secondole diverse casistiche, appositiprovvedimenti di tutela.Dal momento che per laconservazione degli anfibi,come peraltro <strong>della</strong> biodiversitàin generale, è fondamentalela partecipazione di tutti icittadini, il <strong>Parco</strong> cercherà dipromuovere la pubblicazionedi appositi testi divulgativi cheabbiano la finalità di diffonderele conoscenze su questo gruppoanimale e sulle possibili azionidi tutela che ognuno può metterein atto. Sempre con l’obiettivodi coinvolgere la cittadinanzanella tutela delle risorse naturali,il <strong>Parco</strong> si farà altresì promotoredi apposite serate naturalisticheincentrate sia sugli anfibi sia suirettili.Anche questi ultimi, infatti,sono animali poco conosciutie, nell’ignoranza, spesso a tortotemuti e perseguitati soprattuttoper il timore, per lo più infondato,di una loro presunta pericolosità.Il <strong>Parco</strong> ospita un numeropiuttosto limitato di speciedi rettili, ma la presenza diquesti animali va considerata20PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAL’ULULONE DAL VENTRE GIALLOE’ un piccolo rospo dal dorso marrone uniformee dal ventre giallo chiazzato di blu.Deve il suo nome alla particolare colorazionecorporea e al verso che i maschi emettonodurante il periodo riproduttivo: un sottile eripetitivo “uu-uu-uu”.In caso di pericolo, se non riesce a nascondersinel fango, inarca il corpo mettendo inevidenza la forte colorazione ventrale, conla quale cerca di spaventare l’eventuale predatore.A causa <strong>della</strong> riduzione degli ambienti idonei,questa specie, un tempo frequente in stagnie pozze in quasi tutta l’Europa Meridionale,oggi ha distribuzione ridotta e dunque,a scopo di tutela, è inserita nell’Allegato II<strong>della</strong> direttiva europea “Habitat”.Nel <strong>Parco</strong> è presente in modo estremamentelocalizzato in alcune zone di fondovalle <strong>della</strong>bassa Val di Non.comunque di gran pregio datal’importanza ecologica chequesto gruppo riveste. I rettili,infatti, si nutrono di insetti e disvariati invertebrati, ma anche dianimali più grandi, spesso malatio deboli, primi tra tutti i piccoliroditori, dei quali attuano unapreziosa attività di controllo. Irettili svolgono oltretutto ancheil ruolo di prede, rappresentandouna risorsa alimentare sia per icorvidi sia per alcuni rapaci.Accanto a specie comuni,diffuse ad ampio raggio, comeil ramarro occidentale (Lacertabilineata), l’orbettino (Anguisfragilis), la lucertola muraiola(Podarcis muralis), il <strong>Parco</strong>ospita anche entità di maggiorevalore tra le quali il saettone(Elaphe longissima), il marasso(Vipera berus) e il colubro liscio(Coronella austriaca).Rospo comune, foto S. BusettoPIANO FAUNISTICO 200721


ADAMELLO BRENT8. I galliformiA22PIANO FAUNISTICO 2007Gallo cedrone, foto N. Angeli


A DAMELLO BRENTA8.1 Cenni generali sui tetraonidiSulle nostre montagne laFamiglia dei Tetraonidi èrappresentata da tutte e quattrole specie caratteristiche delleAlpi: il francolino di monte(Bonasa bonasia), la pernicebianca (Lagopus mutus), il gallocedrone (Tetrao urogallus) e ilgallo forcello (Tetrao tetrix).La vita di questi straordinariuccelli, che vengono definiti“relitti glaciali” e che per questomotivo nell’Europa meridionalesono presenti solo sui maggioririlievi montuosi, si svolgeprincipalmente “a terra” dove,per difendersi dai predatori,hanno sviluppato mezzi didifesa passiva. Tra questi, lacapacità di nascondersi nel fittodel sottobosco o tra i ghiaionid’alta quota, spesso rimanendoimmobili confidando nel lorostraordinario mimetismo.In alcuni casi, per sottrarsial pericolo, prima di fareaffidamento sul volo, preferiscono“pedinare”, ovverospostarsi verso una zona piùtranquilla semplicemente camminandoin modo discretoe poco appariscente. Infatti,pur essendo ottimi volatori,si affidano al volo solo secostretti o molto spaventati,per poi tornare rapidamente aterra o nel caso delle speciepiù arboricole (gallo cedrone eforcello) sugli alberi. Per il volosfruttano ali relativamente cortee arrotondate, caratterizzateda penne remiganti arcuateche, nei momenti di riposo,permettono che l’ala aderiscaal corpo fornendo un riparonei confronti del clima rigido.Sempre come adattamentocontro il freddo, i tetraonidipossiedono un piumaggio foltoe abbondante, narici coperte dapiccole penne e tarsi piumatifino all’intersezione delle ditao, nel caso <strong>della</strong> pernice bianca,addirittura fino alle unghieterminali.Le dita sono rese più largheda caratteristici “pettini” disostanza cornea che aumentanoin modo significativo lasuperficie di contatto con ilterreno, agevolando notevolmentegli spostamenti sullaneve.La loro dieta è principalmentevegetariana ma può essereintegrata con insetti e piccoliinvertebrati spesso trovatiraspando la terra con le robusteunghie.Le sostanze vegetali sonometabolizzate in modo particolarmenteefficiente grazie allapresenza di due intestini ciechi,ricchi di flora batterica capacedi “digerire” la cellulosa. Gliintestini ciechi hanno quindilo stesso significato che ilrumine riveste nella vita degliungulati.La pernice bianca e il francolinosono specie caratterizzate dauno scarso dimorfismo sessualeovvero da una notevole somiglianzanella colorazione deimaschi e delle femmine, difficilmentedistinguibili anche adistanza ravvicinata. Entrambele specie sono tendenzialmentemonogame e si accompagnanodunque ad un solo partner pertutta la stagione riproduttiva.Al contrario, il gallo cedronee il gallo forcello sono speciepoligame, caratterizzate daun forte dimorfismo sessualee nelle quali i maschi, nelcorso del periodo riproduttivo,si rendono protagonisti dicomplicate e spettacolari cerimonie,contese e parate nuzialivolte a conquistare il maggiornumero possibile di femmine.Per tutte e quattro le specieil nido è sempre collocatoa terra in una piccola concascarsamente riempita di elementivegetali e piume. L’oneredell’incubazione delle uova equello di accudire la nidiata finoalla sua indipendenza spettaunicamente alla femmina.PIANO FAUNISTICO 200723


ADAMELLO BRENTA8.2 I tetraonidi: problemi diconservazione e status nel <strong>Parco</strong>Le popolazioni alpine di tetraonidisono in generalizzatoregresso, non solo in Italia, maanche in molti altri paesi europei,evidenziando una progressivacontrazione degli areali euna forte diminuzione numerica,nonostante negli ultimi annisi stia localmente assistendo aincrementi nelle densità.Le cause del regresso sono damettere in relazione principalmentea modificazioni di tipoambientale legate alla diminuzionedrastica delle pratiche disfruttamento <strong>della</strong> montagna(monticazione, sfalcio dei prati,ecc.), con il parallelo restringimentodelle aree a pascolo edelle superfici di transizionetra radure e foresta, ambientedi elezione nella fase di allevamentodelle nidiate. Contutta probabilità hanno avutoun sostanziale peso anche levariazioni climatiche che hannocaratterizzato l’area alpinanegli ultimi decenni, nonchél’eccessivo prelievo venatorio.Nell’area del <strong>Parco</strong> i tetraonidisono stati probabilmenteinfluenzati anche da un fortecarico antropico, legato soprattuttoai flussi turistici, chesono concentrati nella stagioneinvernale (sci da discesa, scialpinismo,sci escursionismo,escursionismo con racchetteda neve, sci da fondo, ecc.) edestiva (campeggiatori, villeggianti,escursionisti, alpinisti,cercatori di funghi/frutti di bosco,ecc.). L’insieme di tali attivitàpuò costituire un elementopotenzialmente negativo, ca-Bosco misto di faggio e abete rosso, foto F. Zibordi24PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAStato di conservazione dei galliformi presenti all’interno dell’area di studioSPECIE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 M SPECPernice bianca (Lagopus mutus) x x ENGallo cedrone (Tetrao urogallus) x x ENGallo forcello (Tetrao tetrix) x x 3Francolino di monte (Bonasa bonasia) x x LRCoturnice (Alectoris graeca) x x EN 21 = specie inserita nell’Allegato II <strong>della</strong> Convenzione di Berna2 = specie inserita nell’Allegato III <strong>della</strong> Convenzione di Berna3 = specie inserita nell’Appendice II <strong>della</strong> Convenzione di Bonn4 = specie inserita nell’Allegato I <strong>della</strong> Direttiva CEE 79/409 o nell’Allegato II <strong>della</strong> Direttiva CEE 92/435 = specie ornitica minacciata di estinzione in Italia secondo la Lista Rossa degli Uccelli italiani6 = specie ornitica vulnerabile in Italia secondo la Lista Rossa degli Uccelli italiani7 = specie ornitica rara in Italia secondo la Lista Rossa degli Uccelli italiani8 = specie ornitica a status indeterminato in Italia probabilmente inseribile in una delle categorie da 5 a 7 secondo la Lista Rossa degli Uccelli italiani9 = specie inserita nella Lista Rossa degli uccelli trentiniM = categoria di minaccia sensu Lista Rossa dei Vertebrati italianiSPEC = categoria di minaccia secondo la classificazione SPEC (Species of European Conservation Concern)pace di incidere sulla dinamicadi popolazione di tetraonidi ecoturnice, influenzando la ricettivitàdi un habitat nei confrontidi queste specie.Risulta comunque difficile individuaretutte le motivazionidel regresso e il “peso relativo”di ogni singolo elementosulla grave situazione in cuimolti dei galliformi alpini attualmenteversano.Per le loro caratteristiche bioecologiche,i tetraonidi hannoun’alta valenza naturalisticama, nel contempo, grazie all’interesselegato soprattuttoal mondo venatorio, rivestonoanche un importante ruolo sociale.Nonostante questo, i galliformialpini risultano ancoratroppo poco conosciuti, soprattuttoper quanto riguarda laloro distribuzione, consistenzae dinamica di popolazione.Non tutte le specie vengonomonitorate con continuità attraversocensimenti e, spesso,questi vengono svolti su areediverse di anno in anno, nonconsentendo il raffronto tra idati raccolti.In Provincia di Trento, per itetraonidi e la coturnice vengonocondotti regolari campionamentiprimaverili edestivi, secondo modalità ormaisperimentate in più parti dell’ArcoAlpino da oltre quindicianni. I conteggi primaverilisono volti a determinare ledensità pre-riproduttive dellepopolazioni e possono essereeffettuati da appostamento fissoo percorrendo itinerari checoprono un’intera area campione,rilevando degli indicidiretti di presenza delle specie(avvistamenti e/o manifestazionicanore). I rilevamentiestivi, volti alla quantificazionedel successo riproduttivo,vengono effettuati lungo percorsicampione, con l’ausiliodi cani da ferma, individuandole nidiate e contando il numerodei giovani e delle femmineavvistati.A livello provinciale l’organizzazionedei censimenti ela raccolta dei dati rilevatiavvengono sulla base <strong>della</strong>suddivisione del territorioprovinciale in unità di gestionedi grandi dimensioni, a cuivengono associati dei valorimedi degli indici consideratirappresentativi dello statusdelle popolazioni (densità media,indice riproduttivo medio,ecc.), spesso però pocorappresentativi di situazionilocali di piccole dimensioni.A integrazione dei dati di presenzaricavati dai censimentiPIANO FAUNISTICO 200725


ADAMELLO BRENTAMalga Lamola, foto I. Giulianiregolari, nel corso degli ultimianni sono state raccolte eriportate su supporto cartograficoinformatico, da parte <strong>della</strong>PAT, anche le segnalazionicasuali effettuate dal personaledi vigilanza.FRANCOLINOL’areale del francolino, specieben diffusa a livello europeo,ha subito nell’ultimo secolo unamarcata contrazione, con estinzionilocali in gran parte delleAlpi Occidentali e decrementisignificativi in altre aree.Nel 1992 la consistenza <strong>della</strong>popolazione italiana è stata stimatain 5.000-6.000 coppie all’inizio<strong>della</strong> primavera.Si stima che il tetraonide inProvincia di Trento sia presentesul 42% <strong>della</strong> superficietotale. Nessun tipo di indaginevolta alla quantificazione ocaratterizzazione distributiva<strong>della</strong> specie è stata intrapresa alivello provinciale, né a livellodi <strong>Parco</strong>.Nel 1995 da parte di Schroeder,e nel 2003 da parte dell’Universitàdell’Insubria in collaborazionecon Istituto Oikos,sono stati elaborati dei Modellidi Valutazione Ambientale perindividuare le potenzialità delterritorio del <strong>Parco</strong> (nel PianoFaunistico del 1995) e <strong>della</strong>Provincia Autonoma di Trentoa ospitare il francolino. In basea questi modelli, circa un terzodel territorio del <strong>Parco</strong> (20.219ha su circa 62.000, pari al 6.3%del territorio idoneo a livelloprovinciale) sembra essere potenzialmenteidoneo per il francolino,valore di tutto rispetto sesi considera che le caratteristicheprincipalmente alto alpinedell’area protetta non appaionocome particolarmente adattealla presenza <strong>della</strong> specie, generalmentelegata a condizioniambientali tipiche delle quoteinferiori.PERNICE BIANCAIn Europa la pernice biancaè presente in Islanda, Scozia,Fennoscandia e, come relittoglaciale, su Alpi e Pirenei, conuna consistenza complessivavalutata tra le 400.000 e le740.000 coppie nidificanti.A differenza di gran parte dellepopolazioni europee, che sembranonon essere interessate dafasi di contrazione numerica eriduzione dell’areale, sulle Alpi- che rappresentano una frazionemolto ridotta dell’arealecomplessivo - sono presentipopolazioni piccole, spessoisolate e localmente interessateda significative diminuzioni delnumero degli effettivi e del territoriooccupato.Sull’Arco Alpino italiano, dovela specie sembra essere in costantedeclino, si stima la presenzadi 5.000-8.000 coppienidificanti distribuite dalle AlpiMarittime alle Alpi Giulie, condensità maggiori nella porzionecentro-orientale.In Provincia di Trento la pernicebianca è monitorata attraversola realizzazione di censimentiprimaverili (pre-riproduttivi) edestivi (post-riproduttivi). Quel-26PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTADensità pre-riproduttiva registrata a livello provincialetra il 1998 e il 2005li primaverili vengono effettuaticon l’utilizzo di un richiamoacustico e prevedono almeno3 ripetizioni nella stagione;quelli estivi vengono realizzaticon l’ausilio di cani da ferma econtemplano almeno 2 repliche.Dai dati contenuti all’interno delPiano Faunistico Provinciale, aggiornatial 2003, si ritiene sianopresenti, in Trentino, 1.500-1.600individui, che si stima utilizzinoil 19% del territorio provinciale,pari a 115.539 ha.Le indagini vengono condottesu 18 aree campione, all’internodelle quali avvengono sia i conteggiprimaverili, sia quelli estivi.Purtroppo, non si dispone di seriestoriche complete di dati, in quantonon tutti gli anni vengono censitele medesime aree, o vengonoeffettuati in ogni area entrambi icontrolli.Anche in Provincia di Trento,analizzando i dati ottenuti daicensimenti primaverili condottiPernice bianca, foto N. AngeliPIANO FAUNISTICO 200727


ADAMELLO BRENTAFemmina di gallo cedrone, foto Corradinitra 1998 e il 2005 sulle aree campioneconfrontabili (per un totaledi circa 1.600 ha campionati), ilvalore di densità pre-riproduttivaappare in netto decremento.Nel complesso, tutti i dati disponibiliper gli ultimi anni confermanopresenze sensibilmente inferioririspetto ai valori di densitàche caratterizzavano la specie allafine degli anni novanta del secoloscorso.Anche per il territorio del <strong>Parco</strong>,all’interno del quale si trovano8 delle aree campione in cuivengono realizzati i censimentida parte del Corpo ForestaleProvinciale (per un totale di 460ha), la situazione sembra esseredel tutto simile a quella descrittaper la parte restante del territoriotrentino e, più in generale,per l’Arco Alpino. La pernicebianca è quindi probabilmenteuna delle specie a maggior rischiodi estinzione presenti nelterritorio del <strong>Parco</strong>.GALLO CEDRONEA livello europeo, la consistenzanumerica del cedrone è in costanteregresso nell’intero areale. Unastima conservativa dell’attualepopolazione europea considerapresenti dai 210.000 ai 300.000individui, concentrati soprattuttoin Russia e Fennoscandia.In Italia il gallo cedrone è presentesolo sulle Alpi Centrali e Orientali.L’areale <strong>della</strong> specie ha subitouna forte contrazione scomparendodalle Alpi Occidentali tra lafine del XIX secolo e gli anni ’50del secolo scorso, malgrado i tentatividi reintroduzione effettuatia più riprese in Val d’Aosta e inPiemonte. Solo sulle Alpi Orientalila specie risulta ancora bendistribuita e, localmente, relativamenteabbondante, nonostante lapopolazione complessiva sembriessere nell’insieme caratterizzatada una graduale riduzione dei valoridi densità.A livello provinciale, un’indagineesaustiva condotta tra il 1989e il 1991 ha ipotizzato la presenzadi circa 1.200-1.500 galli (equamentesuddivisi fra i due sessi),distribuiti su circa 135.208 ha,pari al 22% dell’intera superficieprovinciale. In tale area la consistenzadel cedrone sembra esserestabile ma non in aumento, comesi attendeva sarebbe accadutocon la sospensione del prelievovenatorio attuato dal 1990.A fronte dell’ottima predisposizionedell’area protetta a ospitarequesto tetraonide, non è al momentopossibile, a causa <strong>della</strong>limitata porzione di territorioregolarmente indagato, delineareun quadro realistico dello status<strong>della</strong> specie né formulare ipotesiriguardo alle dinamiche in atto.28PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAGallo cedrone, foto FedrizziTale carenza conoscitiva rended’altronde assolutamente necessarial’impostazione di studi voltia comprendere la reale distribuzione<strong>della</strong> specie, il trend <strong>della</strong>popolazione e l’individuazionedelle migliori forme di conservazione.GALLO FORCELLOIn Europa il gallo forcello è ampiamentedistribuito in Scandinavia,sulle Alpi, sui Monti Tauri esulle Alpi Dinariche. Popolazioniisolate e caratterizzate da bassedensità sono inoltre presenti inGran Bretagna e in alcuni paesidell’Europa centrale (Belgio,Olanda, Germania, Danimarca,Polonia).Una stima conservativa dell’attualepopolazione europea diquesto tetraonide è compresa trai 580.000 e gli 880.000 individui.Sulle Alpi il gallo forcello è presentenella fascia altimetrica compresatra i 1.400 e i 2.000 m circa,nonostante si possa trovare ancheal di fuori di questo range altitudinale(ad esempio sulle AlpiLiguri, sulle Prealpi Lombarde,sull’Altopiano d’Asiago e sullePrealpi Giulie). La consistenzapresunta <strong>della</strong> specie sull’ArcoAlpino italiano è di 30-40.000individui.In Provincia di Trento il galloforcello viene regolarmente monitoratotramite la pianificazionee realizzazione di censimentiprimaverili sulle arene di canto ecensimenti estivi, mirati alla verificadel successo riproduttivo,condotti con l’ausilio di cani daferma. Attualmente la consistenzaprimaverile <strong>della</strong> popolazioneprovinciale di gallo forcelloè stimata in 4.700-4.800 capi,distribuiti sul 35% del territoriotrentino, per un’area pari a circa219.300 ha.Tra il 1989 e il 1992 i ServiziProvinciali hanno individuato,tramite sopralluoghi, circa 500arene considerando sia quelleattuali che quelle utilizzate nelpassato. La serie storica di datiPIANO FAUNISTICO 200729


ADAMELLO BRENTA<strong>Numero</strong> di maschi adulti contattati in primavera all’interno dell’area di studiotra il 1998 e il 2005relativi al numero di maschi censititra il 1998 e il 2005 all’internodell’area di studio consideratadal Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>riporta, seppur con valori diversiper i singoli anni analizzati, unasostanziale stabilità, con un numeromedio di capi censiti paria 70,25 e picchi annuali positivinel 2000 e nel 2002. Il valore minimoè stato registrato nel 1999.Per poter confermare quella chesembra una tendenza alla stabilitànella consistenza primaverile <strong>della</strong>specie all’interno dell’area distudio sarà comunque necessarioconfrontare i dati finora ottenuticon quelli che verranno raccoltinei prossimi anni.Gallo forcello , foto M. Campora – R. Cottalasso30PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTA8.3 Il Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>e i tetraonidiAllo stato attuale delle conoscenze,i tetraonidi appaionocome il gruppo faunistico più“a rischio” all’interno del <strong>Parco</strong>.Tale affermazione, peraltroconfermata dalla Lista Rossadegli Uccelli italiani (aggiornataal 1997), è basata principalmentesulla tendenza negativa dellepopolazioni a livello alpino.Come ulteriore fonte di preoccupazionedeve essere consideratoche, a fronte di numeroseipotesi, allo stato attuale non èancora stata fatta chiarezza inmerito alle cause <strong>della</strong> notevolecontrazione numerica che hacaratterizzato gli ultimi decenni.In mancanza di informazionisufficienti per comprenderetutti i perché del decremento,risulta ovviamente difficile ipotizzareazioni di “tutela attiva”(miglioramenti ambientali, ripopolamenti,ecc.) che possanocontribuire all’auspicabileripresa numerica. Come conseguenzalogica di queste ultimeconsiderazioni si deve attuareuna politica di “tutela passiva”(protezione degli habitat, chiusura<strong>della</strong> caccia alle specie chepresentano lo stato più critico,ecc.). Tra l’altro, va rilevato cheanche semplici provvedimentipossono avere effetti su ampiascala: il Piano Faunistico mettein evidenza la necessità di limitarel’abbandono dei rifiuti inquota per contenere la presenzadei corvidi, potenziali predatoridi uova e piccoli dei galliformiche prediligono gli spazi aperti<strong>della</strong> media-alta montagna.Per tutti questi motivi, il <strong>Parco</strong>ha inteso intraprendere alcuneazioni che, nel loro insieme,sono finalizzate alla tutela deglihabitat e alla promozionedi studi mirati a comprenderele motivazioni <strong>della</strong> situazionenegativa.In tal senso va considerato che,data la chiusura <strong>della</strong> caccia aitetraonidi (con l’eccezione delgallo forcello), è ipotizzabileche una delle cause che concorronoa determinare il trenddelle popolazioni sia il disturboantropico nelle sue molteplicimanifestazioni. A questoproposito, il Piano Faunisticodel <strong>Parco</strong> propone misure attea limitare tale disturbo, in particolarenelle aree di maggioreimportanza durante le fasi riproduttive.Più nello specifico, per i tetraonidi“di bosco” vengonoindividuate misure di tutela basatesulla limitazione spazialee temporale delle utilizzazioniforestali, ferma restando la possibilitàdell’uomo di continuareuna importante attività culturalee economica come il taglioprogrammato del bosco, semprenell’ottica <strong>della</strong> selvicoltura naturalisticache contraddistinguela Provincia di Trento.Nel caso del gallo cedrone, unamisura specifica prevede la sospensionedelle attività di gestioneselvicolturale del bosco(apertura di strade, tagli, ecc.)dal 1° aprile al 30 luglio nellearee comprese in un cerchio conraggio di 1000 m intorno ai puntiaccertati di canto, nidificazioneo di allevamento <strong>della</strong> prole chericadano nell’areale potenziale<strong>della</strong> specie. Un provvedimentosimile tutela il gallo forcello: nelperiodo compreso tra il 1° aprilee il 15 agosto viene limitata l’attivitàselvicolturale nel raggiodi 600 metri intorno ai punti dicanto.Non vanno infine dimenticatele numerose iniziative di comunicazionepreviste dal Pianoche, nel loro insieme, hanno loscopo di far comprendere all’opinionepubblica l’importanzaculturale e ecologica <strong>della</strong>presenza di questi meravigliosiuccelli. In tale ottica, si prevedela realizzazione di serate a temaa scopo divulgativo, affiancatea incontri più specifici rivoltiad approfondimenti sull’ecologiae sulle problematiche diconservazione dei galliformirivolte ai cacciatori.PIANO FAUNISTICO 200731


ADAMELLO BRENTA8.4 La coturniceLa coturnice (Alectoris graeca)non è un Tetraonide. Pur appartenendoal medesimo Ordine(Galliformi), dal punto di vistatassonomico essa afferisce a unaFamiglia differente (Fasianidi),<strong>della</strong> quale fanno parte anche ifagiani e le quaglie.Sebbene per il suo comportamentoe ambiente di vita vengaspesso associata ai Tetraonidi, lacoturnice in realtà è priva di tuttele caratteristiche peculiari di adattamentoalla montagna condiviseda gallo cedrone, gallo forcello,francolino e pernice bianca. Ilsuo habitat prediletto è rappresentatodagli ambienti rocciosia quote mediamente elevate, trail limite delle nevi e quello deglialberi; la nidificazione avviene aterra, in piccole depressioni delterreno, e l’alimentazione è basatasui vegetali disponibili, insettie vari invertebrati.Alla fine dell’autunno le coturnicisi riuniscono in gruppi che sidisperdono all’inizio <strong>della</strong> stagionedegli amori, in primavera.La sottospecie alpina (Alectorisgraeca saxatilis), presente anchein Appennino e sui Monti Dinarici(ex Yugoslavia), è diffusa conuna certa continuità su tutto l’ArcoAlpino, con una consistenzastimata intorno alle 10.000-15.000 coppie sul solo territorioitaliano. Come è avvenuto peri tetraonidi, a partire dalla metàdel secolo scorso si è assistito aduna sensibile diminuzione numericadi questa specie per diversifattori, tra i quali spiccano i cambiamentidelle pratiche agricolee pastorali e l’eccessivo prelievovenatorio. Il declino è stato cosìmarcato che, attualmente, in alcunearee alpine la popolazioneresidua stimata raggiunge valoricompresi tra l’8 e il 15% <strong>della</strong>consistenza originaria.In Provincia di Trento la coturnice èmonitorata attraverso la realizzazionedi censimenti primaverili ed estivi,rispettivamente prima e dopo ilperiodo riproduttivo, in un numerolimitato di “aree campione”.Dai dati ricavati nel recente passatoè stato messo in evidenzaun netto decremento negli anni2000/2001, che ha portato alla sospensione<strong>della</strong> caccia nel 2002.Nel 2003 la Giunta Provincialeha interdetto definitivamente ilAbbattimenti di coturnice all’interno del territorioprovinciale e del <strong>Parco</strong>prelievo <strong>della</strong> coturnice nei Sitidi Importanza Comunitaria internialle aree protette. Dato cheil <strong>Parco</strong> è interamente compresonei 3 SIC “Adamello”, “Presanella”e “Dolomiti di Brenta”,attualmente questo galliforme,sotto il profilo venatorio, è tutelatoin tutto il <strong>Parco</strong>.Nonostante ciò, il trend attuale<strong>della</strong> popolazione risulta inferioreai normali tassi di crescita:pertanto, mentre si cercherà diindividuare le effettive causeche hanno portato al declino<strong>della</strong> specie, il Piano Faunisti-32PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAco, in modo cautelativo, suggeriscedi mantenere chiusa lacaccia. Al contempo, il <strong>Parco</strong>sostiene la necessità di non effettuareripopolamenti vista laloro frequente inefficacia, unitaal rischio elevato che gli animaliimmessi trasmettano allepopolazioni autoctone parassitie patologie.Per la conservazione di questogalliforme, il <strong>Parco</strong> si impegnaaltresì in numerosi settori.Innanzitutto, è previsto chedi anno in anno si effettuino icensimenti sempre nelle stessearee al fine di ottenere daticonfrontabili nel tempo, capacidi fornire informazioni relativealla tendenza delle popolazioni.Ad integrare i dati raccolti daiServizi Forestali <strong>della</strong> Provincia,il <strong>Parco</strong> raccoglie dati relativialla coturnice anche tramiteil “Monitoraggio FaunisticoMirato”, effettuato annualmentedai Guardaparco su diversespecie animali, e garantisce cosìl’aggiornamento continuo deldatabase relativo agli indici dipresenza. La raccolta costantedi informazioni dovrebbe portarenel tempo ad approfondirele conoscenze sullo status <strong>della</strong>popolazione e sui fattori che loinfluenzano.Il Piano Faunistico individuacome misure rilevanti sia l’impostazionedi un progetto sperimentalerelativo ai possibilimiglioramenti ambientali chepossano favorire la specie, siaappositi studi che potrebbero infuturo evidenziare le eventualicorrelazioni esistenti tra l’andamentoclimatico primaverilee il successo riproduttivo.Con un grado di priorità piùbasso rispetto alle misure sopraesposte, il Piano Faunisticoindividua anche misure nell’ambito<strong>della</strong> comunicazione,come la pubblicazione di specificitesti e l’organizzazione diserate a tema relative a tutto ilgruppo dei galliformi.Coturnice, foto M. Campora – A. CalegariPIANO FAUNISTICO 200733


ADAMELLO BRENT9. Gli altri uccelli del <strong>Parco</strong>A34PIANO FAUNISTICO 2007Civetta capogrosso, foto M. Campora – A. Calegari


A DAMELLO BRENTAGli Uccelli sono uno dei gruppi diVertebrati con il più alto numerodi specie.Presentano esigenze ecologichetra loro molto differenziateavendo elaborato, nel corsodell’evoluzione, strategie diadattamento agli ambienti piùdiversificati, con un unico fattorecomune: l’abilità nel volo. La loroalta capacità di muoversi, anchesu lunghe distanze, in poco tempo,la loro diffusione capillare sulterritorio, sia in ambiti naturali siaantropizzati, ne fanno un gruppofaunistico con il quale è possibilevenire facilmente in contatto.Il <strong>Parco</strong>, con la sua ricchezzadi ambienti, ospita numerosespecie ornitiche, alcune dellequali particolarmente preziose dalpunto di vista conservazionistico,altre pregiate per il fascino chesuscitano in chiunque abbia lafortuna di avvistarli. Alcunespecie presenti sono stanziali,ossia vivono durante tutto l’annosul territorio, altre sono erratiche,mentre altre ancora, migratrici,arrivano sulle Alpi in primaveraper il periodo riproduttivo.Tra gli uccelli oggetto del PianoFaunistico del <strong>Parco</strong>, rivestonoun ruolo di primo piano i rapaci,un gruppo di specie con notevoliabilità predatorie, dotate di“artigli” e di becco adunco, siadiurni che notturni, ben presentinell’immaginario collettivo.Tipici rappresentanti nel <strong>Parco</strong>sono l’aquila reale (Aquilachrysaetos) e il gufo reale(Bubo bubo), entrambi eleganticacciatori che richiedono estesearee aperte dove poter svolgerela propria attività predatoria.Nidificano prevalentemente supareti rocciose, affacciate su ampispazi proficui come territorio dicaccia.Sono poi presenti specie “forestali”quali lo sparviere (Accipiternisus), l’astore (Accipiter gentilis)e la civetta nana (Glaucidiumpasserinum), che prediligonoboschi maturi in cui trovarerifugio e prede. Rari, a livellolocale, sono la civetta (Athenenoctua) e il minuscolo assiolo(Otus scops), legati a mosaiciambientali derivati spesso dazone agricole frammiste a boschie cespugli. Non ultimo, meritadi essere nominato l’imponentegipeto (Gypaetus barbatus), incostante lenta ripresa a seguitodel programma di reintroduzioneiniziato a partire dalla secondametà degli anni 80 del secoloscorso.Ma se i rapaci diffusi nel <strong>Parco</strong>sono numerosi, altrettantonumerose sono le problematichedi conservazione ad essiassociate. Mentre infatti alcuniuccelli - quali il falco pellegrino(Falco peregrinus), spettacolarecacciatore in volo - mostranotendenze positive di diffusionesul territorio, altri risultanoin diminuzione e, pertanto,necessitano di particolari misuregestionali. Il Piano individua variindirizzi di tutela indiretta, chevanno ad affiancarsi alla nutritanormativa che vieta l’uccisionedelle varie entità specifiche. Delresto, la conservazione deglihabitat delle singole specie,così come sottolineato anche daimportanti direttive internazionali,risulta senza dubbio fondamentaleper la tutela <strong>della</strong> fauna. Inquesto contesto, la selvicolturanaturalistica praticata da anniin Trentino è certamente unostrumento idoneo per una correttagestione del patrimonio forestale.Proprio a tale proposito va rilevatoche molte specie nidificano incavità scavate nei tronchi dialberi maturi, prevalentemente inboschi di conifere, e utilizzanopiante di grandi dimensioni comeposatoi da cui spiccare il volo perla caccia. Alcuni rapaci, come losparviere e il gufo comune (Asiootus), utilizzano per nidificaree per rifugio anche boschicon soprassuolo molto denso(spessine). Allo stesso tempo,da un punto di vista conservazionisticorisultano prezioseanche le radure diffuse nellearee boscate, che garantiscono lapresenza di micromammiferi opiccoli passeriformi, prede di cuisi nutrono numerosi rapaci comela civetta capogrosso (Aegoliusfunereus) e la civetta nana.Il complesso mosaico di esigenzeecologiche e la ricchezza di habitatrichiesti da questo gruppo dispecie rende indispensabile tenerconto dei vari fattori elencati. Cosìcome risulta necessario mantenereun ambiente boschivo vario,con boschi disetanei, con raduree allo stesso tempo piante maturePIANO FAUNISTICO 200735


ADAMELLO BRENTAe morte, è anche auspicabile chele attività di esbosco venganolimitate durante il periodo dinidificazione e di svezzamento deipiccoli, al fine di ridurre al minimoil disturbo.Un ulteriore problema nonsecondario nella conservazionedei rapaci è rappresentato dallapresenza di cavi elettrici, dalmomento che elettrocuzione ecollisione sono cause frequentidi mortalità. Proprio per questo,il Piano Faunistico propone diisolare, con appositi materiali, lelinee a media tensione, causa piùfrequente di elettrocuzione perspecie quali il gufo reale.Per tutto il gruppo dei rapaciè stata messa in evidenza unaparticolare sensibilità al disturboantropico che si manifesta sottovarie forme. <strong>Numero</strong>se attivitàricreative (quali l’arrampicata, ilparapendio, l’escursionismo, lacaccia fotografica) sono di forteimpatto sui rapaci, soprattutto perquanto riguarda il periodo dallanidificazione fino all’involo deipulli. Per tali ragioni si sottolineal’esigenza di limitare alcuneattività sia spazialmente siatemporalmente, sensibilizzandoal contempo l’opinione pubblicasul ruolo fondamentale che ognipersona ha per la conservazione diqueste preziose specie.Al fine di coinvolgere tutti i fruitoridel <strong>Parco</strong> nella conservazione<strong>della</strong> fauna, il Piano prevedeanche che siano realizzatepubblicazioni divulgative e chepossano essere realizzate appositeserate/conferenze per aumentare laconoscenza delle diverse specie.Mentre tutti i rapaci sono protetti(la L.N. 157/92 li definisce“particolarmente” protetti), moltealtre specie ornitiche sono tuttoracacciabili, anche all’interno del<strong>Parco</strong>, nonostante negli ultimi anniabbiano mostrato trend negativi.Tra queste, spicca l’allodola(Alauda arvensis), tipica di areeL’AQUILA REALELe popolazioni di aquila reale sonodrasticamente diminuite in Europae Nord America tra la fine del 19°e l’inizio del 20° secolo sia a causadelle persecuzioni dirette sia per l’alterazionedegli ambienti di nidificazionee di caccia.Grazie ai diversi provvedimenti legislatividi tutela diretta, nonché pereffetto del recupero di alcuni habitatidonei, l’aquila sta riconquistandol’areale in cui era presente nel passato.Ne è un esempio anche il <strong>Parco</strong>,dove si registrano attualmente almeno14 coppie nidificanti.Nonostante la lenta ripresa delle popolazioni,permangono i rischi derivantisia dalle uccisioni illegali,sia dalla presenza antropica che puòcomportare perdita di habitat idoneoe disturbo alla nidificazione di questomagnifico uccello.Aquila reale, foto Corradini36PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAGrado di protezione dei rapaci, notturni e diurni, del <strong>Parco</strong>SPECIE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 M SPECFalco pecchiaiolo (Pernis apivorus) x x x x 2 2 VU 4Nibbio bruno (Milvus migrans) x x 2 2 VU 3Gipeto (Gypaetus barbatus) x x x 1 1 EX 3Astore (Accipiter gentilis) x x 2 2 VUSparviere (Accipiter nisus) x x x x 2 2Poiana (Buteo buteo) x x 2 2Aquila reale (Aquila chrysaetos) x x x 1 1 VU 3Gheppio (Falco tinnunculus) x x 2 2 3Pellegrino (Falco peregrinus) x x x 2 2 VU 3Assiolo (Otus scops) x 2 2 LR 2Gufo reale (Bubo bubo) x x x 1 2 VU 3Civetta nana (Glaucidium passerinum) x x x 2 2 VUCivetta (Athene noctua) x 2 2 3Allocco (Strix aluco) x 2 2 4Gufo comune (Asio otus) x x x 2 2 LRCivetta capogrosso (Aegolius funereus) x x x 2 2 LR1 = specie inserita nell’Allegato II <strong>della</strong> Convenzione di Berna;2 = specie inserita nell’Allegato III <strong>della</strong> Convenzione di Berna;3 = specie inserita nell’Appendice II <strong>della</strong> Convenzione di Bonn;4 = specie inserita nell’Allegato I <strong>della</strong> Direttiva CEE 79/409 o nell’Allegato II <strong>della</strong> Direttiva CEE 92/43;5 = specie ornitica minacciata di estinzione in Italia secondo la Lista Rossa degli Uccelli italiani;6 = specie ornitica vulnerabile in Italia secondo la Lista Rossa degli Uccelli italiani;7 = specie ornitica rara in Italia secondo la Lista Rossa degli Uccelli italiani;8 = specie ornitica a status indeterminato in Italia probabilmente inseribile in una delle categorie da 5 a 7 secondo laLista Rossa degli Uccelli italiani;9 = specie ornitica migratrice per la quale l’Italia rappresenta un’area importante nel corso degli spostamentimigratori e/o lo svernamento secondo la Lista Rossa degli Uccelli italiani;10 = livello (da 3 a 1) di importanza biologica <strong>della</strong> specie secondo Perco;11 = livello (da 3 a 1) di importanza sociale <strong>della</strong> specie secondo Perco;M = categoria di minaccia sensu Lista Rossa dei Vertebrati italiani;SPEC =categoria di minaccia secondo la classificazione SPEC (Species of European Conservation Concern)aperte di fondovalle e mediamontagna, per la quale il PianoFaunistico del <strong>Parco</strong> prevede la sospensionedel prelievo venatorio.Del resto questa specie, così comealtri uccelli che frequentano areeprative, coltivi, spazi aperti o conrari alberi - quali il succiacapre(Caprimulgus europaeus) ol’averla piccola (Lanius collurio)- ha risentito dell’abbandono<strong>della</strong> coltivazione dei campi e<strong>della</strong> conseguente riduzione ochiusura degli habitat idonei. Aquesto proposito, il <strong>Parco</strong> intendepromuovere la manutenzione delpaesaggio agrario tradizionaleper tutelare tutte le specie ad essolegate, attraverso varie modalitàquali, ad esempio, l’utilizzo direttodei terreni incolti.L’abbandono delle praticheagricole tradizionali, e laconseguente riduzione degli spaziaperti e dei coltivi, ha avuto effettianche sul popolamento orniticodi alta e media montagna: ilcodirossone (Monticola saxatilis),un passeriforme dalla livreaparticolarmente colorata, hasubito un accentuato decremento,sfavorito dai forti rimboschimentidel XX secolo.PIANO FAUNISTICO 200737


ADAMELLO BRENTAMa anche in questo caso, se dauna parte i rimboschimenti hannosvantaggiato in modo più o menodrastico alcune specie, altrehanno riscosso indubbi vantaggi.Globalmente, si può dunqueaffermare che gli uccelli che fannodelle aree boscate il loro habitatd’elezione, si sono diffusi in modoabbastanza capillare e attualmentegodono in genere di un buonostatus di conservazione.Compiendo una passeggiata inun bosco del <strong>Parco</strong>, chiunque puòimbattersi in alcuni uccelli, frai quali le numerose e confidenticince. Questi minuscoli insettivori,alcuni esclusivi delle areemontane (come la cincia dal ciuffo- Parus cristatus - o la cincia bigiaalpestre - Parus montanus), altridiffusi anche in altri ambienti (lacinciallegra - Parus major - e lacinciarella - Parus caeruleus) sono,in effetti, abbastanza comuni.Tipici degli ambienti boscati sonoanche numerosi fringillidi, gruppodel quale è vietato il prelievovenatorio su scala nazionale.Oltre al comune fringuello(Fringilla coelebs), risaltano,per il piumaggio particolarmentevistoso, il ciuffolotto (Pyrrhulapyrrhula) e il crociere (Loxiacurvirostra), quest’ultimo facilmenteidentificabile anche per ilcaratteristico becco asimmetrico“incrociato”.Merita senza dubbio un’attenzioneparticolare tutto il gruppo deiPicidi (comunemente chiamatipicchi), considerati da vari Autoriun gruppo di specie capace ditestimoniare con la loro presenzaun ecosistema forestale in buonecondizioni.Per tutelare i picidi, vengonoadottate varie misure previsteanche allo scopo di favorire alcunirapaci. Oltre a promuovere lagestione delle conifere attraversoil mantenimento di boschidisetanei e radure, si suggeriscedi non abbattere gli esemplari diabete bianco, larice e abete rossoche perdono, in seguito a schianti,la parte sommitale e che, diconseguenza, muoiono “in piedi”.Questi tronchi rappresentanoeffettivamente per molti picchiuna fonte di alimentazione e,per il picchio cenerino (Picuscanus) e il picchio rossomaggiore (Dendrocopos major),di nidificazione. In un secondotempo, inoltre, le cavità scavate suquesti tronchi possono favorire lanidificazione <strong>della</strong> civetta nana.Alcuni uccelli sono legatiesclusivamente all’ambiente dialta montagna sebbene durantei mesi invernali, a causa dellecondizioni ambientali proibitive,possano compiere erratismiverticali o anche veri e proprimovimenti migratori che li possonocondurre piuttosto lontanodalle aree riproduttive. Fra questi,il fringuello alpino (Montifringillanivalis), lo spioncello (Anthusspinoletta) e il picchio muraiolo(Thicodroma muraria), dal beccoesile e allungato con appariscentiali rosse.Il Piano Faunistico dedica unaapposita sezione agli uccellilegati ai corsi d’acqua presentiCincia dal ciuffo, foto M. Campora – C. GalassoAllodola, foto M. Campora – A. Calegari38PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAIL GIPETOQuesto grande rapace, diffuso dall’Asiaall’Africa orientale e meridionale, presentain Europa popolazioni estremamenteframmentate. Sulle Alpi si è estinto nellaprima metà del 1900 a causa <strong>della</strong> persecuzionediretta e <strong>della</strong> perdita di habitatimputabile alle profonde trasformazioniambientali.Attualmente la specie è tornata a nidificaresulla catena alpina grazie ad un progetto direintroduzione che ha visto i primi rilascinel 1986 sugli Alti Tauri (Austria). Il pianoha previsto la liberazione di svariati gipetinati in cattività, dell’età di circa 3 mesi, insiti artificiali dai quali essi si sono involatidopo 3-4 settimane. Al 2005 su tutto l’ArcoAlpino era accertata la presenza di almeno90 individui, alcuni dei quali si sonoriprodotti con successo anche nel vicino<strong>Parco</strong> Nazionale dello Stelvio. Nel <strong>Parco</strong>Adamello Brenta è possibile avvistare occasionalmenteindividui “di passaggio”,ma non sono al momento segnalati eventidi nidificazione.Gipeto, foto M. Campora - Malacridastabilmente nel <strong>Parco</strong> ossia: merloacquaiolo (Cinclus cinclus),ballerina gialla (Motacillacinerea), piro piro piccolo(Actitis hypoleucos). Le opere dicanalizzazione e arginatura messein atto nel corso dei decenni passatihanno sicuramente danneggiatoquest’ultima specie, mentre hannoavuto un effetto minore sulle altredue. Nel Piano si riconosce ladifficoltà oggettiva di ripristinarela naturalità dei corsi d’acquagià manomessi, ma si propone divigilare affinché i tratti dei corpiidrici ancora ad elevata naturalitàrimangano tali.Una apposita trattazione è dedicataa rondini e rondoni: uccelliinsettivori con una struttura fisicasimile, capaci di volare ad altavelocità per cacciare invertebrati.Mentre rondine (Hirundo rustica),balestruccio (Delichon urbica) erondone (Apus apus) prediligonocostruire i propri nidi su edifici, larondine montana (Ptyonoprognefuligula) è capace di sfruttareper la nidificazione anche paretirocciose o ponti e viadotti. Ciòconsiderato, nel Piano sonoconsigliati provvedimenti di tuteladegli habitat facilmente realizzabiliquali, ad esempio, la semplicemisura di mantenere leggermentesocchiuse le porte di stalle emagazzini affinché questi uccellipossano entrare liberamente percacciare insetti. In conclusione,per tutte le specie trattate nelPiano il <strong>Parco</strong> provvederà adapprofondire le conoscenze avario livello, dando priorità aquelle segnalate come di maggiorpregio conservazionistico: dairisultati che emergeranno sarannoelaborate nuove proposte gestionalinonché apposite pubblicazioniper divulgare al pubblico leconoscenze sulla biodiversitàornitica del <strong>Parco</strong>.PIANO FAUNISTICO 200739


ADAMELLO BRENTA10. Gli insettivorie i roditoriGLI INSETTIVORIPiccoli mammiferi che si cibanodi insetti, vermi e altri invertebrati(da cui il nome dell’Ordine), sonorappresentati nel <strong>Parco</strong> da ben 6specie. Tra queste, la più nota èforse il riccio comune (Erinaceuseuropaeus), peraltro distribuitosolo nelle aree di fondovalle allequote più basse. Molto comunenei prati coltivati di fondovallema rara alle quote più elevate èinvece la talpa europea (Talpaeuropaea). Completano il gruppo4 specie di toporagno: l’alpino(Sorex alpinus), il comune (Sorexaraneus), il nano (Sorex minutus)e quello d’acqua (Neomysfodiens).Questo gruppo faunistico, oltread essere poco noto al pubblico,è stato tradizionalmente pococonsiderato anche dalla pianificazionefaunistica: è probabilmenteper questo motivo chele conoscenze sulla presenza edistribuzione delle specie sonoscarse, con poche eccezioni dicarattere locale là dove sono statesvolte le rare ricerche scientificheche hanno interessato questogruppo faunistico.Come conseguenza, nel <strong>Parco</strong>- come peraltro nel restante territorioprovinciale e alpino - non sihanno informazioni dettagliatesullo status delle popolazioni chenon si riferiscano a territori diestensioni molto limitate.La scarsità delle conoscenzesugli insettivori è messa inevidenza dal fatto che le tecnichegenetiche hanno addiritturapermesso la recente scoperta dinuove specie precedentementenon identificate, che induconoad un maggior approfondimentoal fine di raccogliere adeguateinformazioni inerenti la presenza,la distribuzione e lo status diqueste nuove entità faunistiche.Nonostante quanto sopra riportato,la comunità scientifica è ormaiconvinta dell’enorme importanzaecologica di queste specie, forsepoco “appariscenti” ma che percerto hanno un ruolo rilevante neirapporti ecologici tra le diversecomponenti animali e vegetalidell’ecosistema. È evidente quindiche, anche per il <strong>Parco</strong>, sarànecessario implementare le informazionicirca la distribuzionedelle popolazioni presenti,analizzando in particolare il lororuolo nell’ambiente.I RODITORINonostante all’Ordine deiRoditori appartengano anchealcune entità faunistiche simbolodell’ambiente alpino, come loscoiattolo (Sciurus vulgaris) e lamarmotta (Marmota marmota),la maggior parte delle specie checompongono il gruppo è in realtàpoco conosciuta, anche solo perquanto riguarda la distribuzionee la consistenza delle popolazionipresenti.Basti pensare ai tre rappresentantiToporagno comune, foto M. Campora - A. Calegari40PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTA<strong>della</strong> Famiglia dei Moscardinidi,cioè al topo quercino (Eliomysquercinus), al driomio (Dryomisnitedula) e al moscardino(Muscardinus avellanarius), speciedelle quali non è accertata lapresenza nel <strong>Parco</strong>.Sicuramente più comune è inveceil quarto rappresentante <strong>della</strong>Famiglia: il ghiro (Glis glis),diffuso soprattutto nelle foreste alatifoglie.Comuni anche diverse speciedi arvicole, in particolarequella rossastra (Clethrionomysglareolus), quella di Fatio(Microtus multiplex), quellacampestre (Microtus arvalis) equella delle nevi (Chionomysnivalis). Più rara e segnalatasolo per la porzione piùoccidentale del <strong>Parco</strong> è invecel’arvicola sotterranea (Microtussubterraneus), specie tipicadell’orizzonte montano.Altri roditori presenti nel <strong>Parco</strong>sono il topo selvatico (Apodemussylvaticus) e quello dal collogiallo (Apodemus flavicollis),specie abbondantemente diffusein tutti gli ambienti e in particolarenegli habitat forestali.Altre due specie segnalate nel<strong>Parco</strong> e tipicamente legate agliambienti antropizzati sono ilratto grigio (Rattus norvegicus)e il topolino domestico (Musdomesticus).Nonostante alcune specie risultinodecisamente poco “benvolute”,nel loro complesso i roditoridevono essere considerati comeuna presenza rilevante nell’areaprotetta, soprattutto per quantoriguarda l’importante ruolo di“consumatori primari” e di speciepreda, senza le quali sarebbeimpossibile annoverare nel <strong>Parco</strong>molti rapaci e dei carnivori dimedia e piccola taglia.Nonostante questo, proprio comegli insettivori, anche i roditorisono sempre stati animali pocoo per niente considerati dallapianificazione faunistica e dallalegislazione vigente, tantoche sia la L.N. 157/92 che laL.P. 24/91 (due dei maggioririferimenti legali in materia difauna), specificano l’estraneitàdei riferimenti di legge per“le arvicole, i ratti e i topipropriamente detti”…In un’ottica moderna, il PianoFaunistico del <strong>Parco</strong> ha voluto“ridare dignità” a questi duegruppi faunistici, considerandoliin un apposita sezione all’interno<strong>della</strong> quale vengono considerateanche le principali problematichedi conservazione.Marmotta, foto A. MustoniPIANO FAUNISTICO 200741


ADAMELLO BRENT10.1 Gli insettivori e i roditorinel Piano FaunisticoALa prima misura che il PianoFaunistico del <strong>Parco</strong> proponenei confronti di insettivori eroditori è l’incentivazione delmonitoraggio, con particolareriferimento alle specie rare epoco note. In tal senso, al finedi preparare personale espertoin tale settore, sarebbe di grandeutilità organizzare corsi dipreparazione per le guardiee per eventuali volontari chepossano operare sotto il coordinamentodel <strong>Parco</strong>.Un monitoraggio di base,standardizzato e ripetuto neglianni, potrebbe inoltre produrredati interessanti circala dinamica delle popolazionipresenti, rendendo più facilel’interpretazione del loro ruoloecosistemico. In questo contesto,potrebbero per esempioessere evidenziati eventualiandamenti ciclici nel numeroindividui presenti. È intal senso presumibile che talitrend siano correlati a variazioniambientali (disponibilitàalimentare, rapporti tra predee predatori, ecc.) e abbianoa loro volta ricadute su altrecomponenti dell’ecosistema.Il Piano evidenzia anche lapossibilità di applicare tecnichegenetiche per verificarel’eventuale presenza di specienon ancora determinate,soprattutto tra quelle appartenential genere Sorex, che sulleAlpi continua a dare “sorprese”in termini di distribuzionedelle diverse popolazioni.Altrettanto interessanti, sebbeneparticolarmente difficilida eseguire, potrebbero essereinvece le ricerche volte all’approfondimentodelle conoscenzesulle specie particolarmenterare e minacciate.Più semplice potrebbe risultareuno studio sul ruolo ecologicodel più grande roditore del <strong>Parco</strong>,la marmotta, che potrebbegiocare una parte importantenella distribuzione dell’aquilareale in quanto preda, maanche <strong>della</strong> pernice bianca inquanto predatrice di uova: un“doppio ruolo” ancora tutto dastudiare.Secondo il Piano Faunisticodel <strong>Parco</strong> sarebbe infine auspicabileil coinvolgimento dellecomunità locali nei progetti dimonitoraggio, ricerca e conservazione.Con il medesimoscopo, insettivori e roditori potrebberorientrare nei programmidi educazione ambientalerivolti alle scuole, facilitandola comprensione delle dinamicheecosistemiche in considerazionedel loro importanteruolo di consumatori primarinecessari alla sopravvivenzadei predatori.Topo selvatico, foto M. CamporaTalpa europea, foto F. Paolucci42PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTA11. I chirotteriI chirotteri sono mammiferiestremamente specializzati.Possiedono infatti caratteristichedel tutto peculiari come lacapacità di volare, di percepirel’ambiente circostante medianteun sistema di ecolocalizzazionea ultrasuoni e di sopravviverein stato di letargo ai lunghimesi invernali, quando le predescarseggiano e le temperaturesono particolarmente rigide.L’avanzato grado di specializzazione,la loro particolaresensibilità al disturbo nellefasi critiche dell’ibernazionee <strong>della</strong> riproduzione e ladiffusa percezione negativadi queste specie da parte <strong>della</strong>popolazione, fanno dei chirotteriuno dei gruppi più vulnerabilialle rapide modificazioniambientali e all’interazione conle attività umane.Così, tra i mammiferi terrestripresenti nel nostro Paese,essi costituiscono l’Ordinerappresentato dal maggiornumero di specie minacciate.Le necessità primarie deipipistrelli sono rappresentatedalla disponibilità di rifugiadeguati e da redditizie aree diforaggiamento dove cacciaregli insetti. Qualunque cosacomprometta tali risorseincide pesantemente sulle loropossibilità di sopravvivenza.Ad esempio, per quanto riguardai rifugi frequentati dalle variespecie, si assiste sovente alladistruzione dei siti di riposodiurno, di riproduzione e diibernazione che vengonoeliminati da interventi forestali(abbattimento degli alberi cavi),da demolizioni o ristrutturazionidi vecchi edifici, dal disturbo,dall’alterazione o dalla chiusuratotale di grotte, di cave e diminiere abbandonate.Non meno drammatica è la sortedelle aree di foraggiamento:la riduzione delle superficiforestate, così come la bonificadelle zone umide, comportanouna riduzione quali-quantitativadelle prede disponibili. Analogheconseguenze ha il processodi “banalizzazione strutturale”delle aree agricole, passandodalle forme di conduzione ditipo tradizionale (ecomosaicicon piccoli appezzamenticoltivati, inframmezzati a siepie relitti forestali) all’agricolturameccanizzata e intensiva (estesearee uniformemente coltivate).Le cosiddette “formazioni lineari”- cioè la vegetazione lungoi corsi d’acqua, le siepi e i filari- sono inoltre molto importantiper i pipistrelli, che le utilizzanocome linee di riferimento neiloro spostamenti tra i rifugi e learee di foraggiamento.Un notevole impatto sullachirotterofauna è altresì legatoall’impiego di sostanze tossicheper il trattamento dei materiali(ad esempio le travi in legnodei sottotetti) e, soprattutto,all’abuso dei pesticidi inagricoltura, che finiscono peraccumularsi in dosi letali ancheOrecchione, foto F. ZibordiPIANO FAUNISTICO 200743


ADAMELLO BRENTARinolofo maggiore, foto M. NodariPipistrello albolimbato, foto M. Campora – C. Galassonei pipistrelli che caccianoinsetti. Concentrazioni elevatedi contaminanti che possonoinfluenzare la sopravvivenza deichirotteri si riscontrano poi neivari corsi d’acqua, pozze e laghisu cui sono solite cacciare moltespecie. Nelle zone agricole,inoltre, le piccole aree umidesono spesso prosciugate e ifossi e i canali sono costretti insponde di cemento: ne deriva,anche in questo caso, unadiminuzione <strong>della</strong> presenza diinsetti, in particolare di quelleche presentano stadi giovaniliacquatici.Le specie di chirotteri riferibilial territorio italiano sonoattualmente 35, 18 delle qualipresenti nell’area del <strong>Parco</strong>secondo l’indagine promossadall’Ente e condotta dall’IstitutoOikos nel triennio 1998-2000. Aqueste 18 specie si aggiunge lapresenza storica del vespertilio diBechstein (Myotis bechsteinii),la cui ultima segnalazione risaleal 1966, e la probabile presenzadel vespertilio maggiore (Myotismyotis), che spesso condividele stesse aree di foraggiamentoe gli stessi rifugi <strong>della</strong> speciecongenerica (vespertilio diBlyth, Myotis blythii). Nonessendo stata possibile la catturadi tutti gli individui presentinei siti di rifugio ove è statasegnalata la presenza di M.blythii, non è infatti possibileescludere la possibilità di unapresenza anche di questa specienell’area di studio.In base alle tipologie di rifugioscelte, possiamo distinguere:pipistrelli antropofili come ilpipistrello nano (Pipistrelluspipistrellus) e il serotino comune(Eptesicus serotinus), più omeno legati ad insediamentiumani, che prediligono rifugiformati da abitazioni, chiese ecasolari; pipistrelli troglofili olitofili (generi Plecotus, Myotis,Barbastella e Rhinolophus) cheutilizzano come rifugi grotteo anfratti; pipistrelli fitofili osilvicoli, come il pipistrello diNathusius (Pipistrellus nathusii)e gli appartenenti ai generiVespertilio e Nyctalus, chetrovano rifugio prevalentementein ambienti forestali.Le diverse specie di pipistrellisi sono specializzate nellacaccia a differenti gruppidi insetti e di conseguenzaprediligono determinate aree diforaggiamento.L’orecchione bruno (Plecotusauritus) ed il genere Nyctaluscacciano quasi esclusivamentenei boschi, mentre il generePipistrellus ed il serotinocomune cacciano volentierianche in quartieri urbani, ingiardini e presso lampioniilluminati. Le acque aperte sonoinvece i luoghi preferiti dal vespertiliodi Daubenton (Myotisdaubentonii), ma anche ilvespertilio mustacchino (Myotismystacinus), il vespertilio diBechstein e il pipistrello nanonon disprezzano, come territoriodi caccia, le superfici dei corpid’acqua. Il vesperilio di Blyth,infine, è tipicamente legato azone aperte con fitta coperturaerbacea.Per quanto riguarda l’abbondanzadelle diverse specie,quelle maggiormente contattatenell’area di studio sono risultateessere il serotino diNilsson (Eptesicus nilssonii),l’orecchione bruno e l’orecchionealpino (Plecotus macrobullaris).44PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTA11.1 Il Piano Faunistico e i chirotteriAllo stato attuale, per ottenereinformazioni utili alla conservazione,nonché per verificarecostantemente il successo dieventuali interventi finalizzatialla gestione dei chirotteri,il Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>prevede di incentivarneil monitoraggio. Le indaginidevono essere pianificate conlo scopo di incrementare leconoscenze sullo status dellepopolazioni delle diverse speciee per meglio indirizzareinterventi atti a garantire latutela delle colonie riproduttivee di svernamento, in particolarein edifici e in grotteche risultano ambienti più arischio (ad esempio attraversola regolamentazione degliaccessi in grotta e limitandogli interventi di restauro negliedifici a periodi non critici perle colonie).Le aggregazioni di femminenel periodo riproduttivo(nursery) costituiscono unmomento particolarmente delicatodel ciclo biologico deichirotteri, anche considerandoil basso tasso riproduttivo(un parto all’anno con generalmenteun solo piccolo) cheli contraddistingue. L’analisidi dettaglio dell’andamentodelle colonie riproduttive e lavalutazione del successo riproduttivocostituisce dunqueun’altra importante azionedi studio finalizzata alla loroconservazione.Il Piano Faunistico prevedeinoltre di attuare adeguatiinterventi di educazione ambientale,considerando che lagenerale percezione negativadi queste specie costituisce unforte limite nell’applicazionedi interventi di conservazione.Si prevede parimenti diorganizzare, presso il <strong>Parco</strong>,un servizio di assistenza alpubblico sul modello di quelloattivato a livello sperimentalein alcune province (“SOSChirotteri” - si veda www.pipistrelli.org,sito ufficiale delGruppo Italiano Ricerca Chirotteri- GIRC).LE LEGGI SUI CHIROTTERIProbabilmente non tuttisanno che i chirotteri sonoprotetti dalla Legge quadroin materia di fauna e attivitàvenatoria (L. N. 11 febbraio1992, n. 157), secondola quale gli esemplari nonpossono essere uccisi o molestatie i loro siti di rifugionon devono essere distruttio alterati. Tutte le specieeuropee sono inoltre presein considerazione da alcuneimportanti convenzioni internazionalirecepite dallostato italiano (Convenzionedi Berna, 1979; Convenzionedi Bonn, 1979; Convenzionedi Rio de Janeiro, 1992) edin particolare dalla Direttivacomunitaria 92/43/CEE,conosciuta comunementecome Direttiva Habitat.Proprio tale Direttiva consideratutte le specie di pipistrellieuropei “in pericolo”,vulnerabili e bisognose diuna rigorosa protezione ritenendonecessaria, per alcunedi esse, la designazione di“Zone Speciali di Conservazione”.Nonostante sia chiaral’indicazione <strong>della</strong> ComunitàEuropea di mettere in attoconcrete strategie di conservazione,le disposizioni ditutela dei pipistrelli nel nostroPaese vengono spessoignorate e quasi sempre ciòavviene perché i chirotterie le loro problematiche nonsono affatto conosciute dallamaggior parte <strong>della</strong> popolazione.PIANO FAUNISTICO 200745


ADAMELLO BRENTA12. Le lepriNel <strong>Parco</strong> sono presenti duespecie di lepri: la lepre comune(Lepus europaeus) e la leprevariabile (Lepus timidus), unodegli animali più caratteristicidell’ambiente alpino. Entrambesono specie legate ad habitatcon un’alta differenziazioneambientale, caratterizzati daalternanza di boschi, coltivazionie praterie. Presentano inoltreuna forte predilezione per zoneaperte e radure: i prati e i pascoli,d’altronde sono l’ambienteottimale per la nascita e lacrescita dei piccoli. Le due specieessenzialmente si distinguono,oltre che per il colore del manto(la lepre variabile presenta unacaratteristica muta invernalebianca), anche per le orecchie (piùcorte nella lepre variabile) e per lacoda, che in questa ultima specierimane bianca anche durantel’estate. Necessitano di habitatsimili ma, mentre la lepre comunegeneralmente è diffusa dal livellodel mare fino a quote intornoai 2000 m s.l.m., la variabileha una distribuzione compresamediamente a quote superiori, tra1000 e i 3000 m s.l.m..Entrambe le specie hanno subitoun sostanziale declino numericonegli ultimi decenni causato damolteplici fattori: innanzituttoil generale peggioramentodell’habitat disponibile legatoall’abbandono dei terreni agricolie delle pratiche degli alpeggi e ladiffusione di alcune patologie acarattere epidemico. Hanno avutosicuramente il loro effetto negativoanche la forte semplificazionedegli ecosistemi legati alpaesaggio agrario, l’utilizzodiffuso di prodotti chimici qualifitofarmaci e diserbanti e, nonultimo, localmente, il prelievovenatorio. Per quanto riguarda lalepre variabile, è molto probabileanche un’interazione negativacon gli impianti legati agli sportinvernali: sottraggono alla speciespazi idonei al pascolo e al rifugioe, inoltre, la diffusa presenzaantropica accresce lo stress fisicoche gli animali affrontano durantei mesi di innevamento e di bassetemperature. I singoli individuisono così esposti maggiormente alrischio di predazione e malattie.Il costante tentativo di ripopolamentodi lepre comune effettuatonegli anni, a fini venatori,non ha invertito la tendenza aldeclino numerico dei capi ma haanzi provocato numerosi effettinegativi tra i quali la diffusionedi patologie e l’ibridazionetra le sottospecie estranee e lepopolazioni autoctone.Studi specifici hanno rilevato cheil tasso di mortalità provocatoLepre comune, foto M. Campora – G. Carrara46PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAda alcuni agenti patogeni perentrambe le specie (ad esempio laEBHS, sindrome <strong>della</strong> lepre brunaeuropea) è favorito dalla bassadensità di popolazione: anche daquesto punto di vista emerge lanecessità di attuare provvedimentivolti a favorire l’aumento delnumero di individui presenti sulterritorio.Considerate queste premesse, ilPiano Faunistico prevede una seriedi misure finalizzate a miglioraresia le conoscenze sulle specie, sialo status delle popolazioni.Innanzitutto è evidente lanecessità di acquisire dati ulterioririspetto agli attuali, sia tramitela raccolta di segni di presenza,sia per mezzo di conteggi diretti.Si potranno prevedere ancheprogrammi di cattura e marcaturacon radiocollare per approfondirele conoscenze in merito all’utilizzodello spazio ed eventualisovrapposizioni di habitat conaltre specie di erbivori.E’ necessario anche un continuomonitoraggio sanitario, sia sui capiabbattuti, sia su quelli rinvenutimorti, finalizzato ad individuareprecocemente la presenza dipatologie di diversa natura edevitarne la diffusione.Una delle misure cautelativepreviste suggerisce la sospensionedel prelievo venatorio entroi confini del <strong>Parco</strong>, fino almomento in cui sarà possibiledefinire le modalità e i numeri dacacciare sulla base dei dati sulpopolamento effettivo. Visti glieffetti negativi provocati neglianni dai continui ripopolamenti,si sconsiglia questa pratica intutto il territorio dell’area protetta,mentre si prevede di incentivaree promuovere il miglioramento oripristino dell’habitat disponibilealle due specie. A questo scoposi suggerisce di mantenere,all’interno del <strong>Parco</strong>, le aree aperteo gli ex-coltivi, attraverso le colturea perdere e lo sfalcio periodico,con la limitazione dell’attivitàdurante i mesi di maggio e giugno,durante i quali nascono i piccoli.Si consiglia altresì di conservaresiepi e boschetti, di gestire i boschigarantendo la creazione di raduree di promuovere l’agricolturabiologica. Anche l’attività di pascolo,potenzialmente dannosa sepraticata in modo intensivo, puòrisultare un valido strumento permantenere i pascoli aperti e disponibiliper gli erbivori selvatici.Un’attenzione particolare andràdedicata alla presenza di canivaganti: è infatti certo che, qualoraliberi di vagare senza padrone,questi animali - siano essi dapastore o da compagnia - possonoavere implicazioni negative neiconfronti delle specie selvatiche.Si prevede dunque di elaboraremisure atte a limitare questo tipodi disturbo.Complessivamente va osservatoche molte delle azioni previste- quali il mantenimento e ilripristino dei pascoli, delle areeprative e delle radure interne allearee boscate, nonché la limitazionedei cani vaganti - oltre ad inciderepositivamente sulle lepri, possonoavere effetti positivi anche per ilcapriolo, che predilige ambientiparticolarmente differenziati conpossibilità di pascolo.Infine, accanto alle misurestrettamente gestionali e di studio,il Piano propone di organizzareincontri tecnici di formazione eaggiornamento con cacciatori edagricoltori, nonché di promuovereserate a tema e pubblicazionirelative alle due specie.Lepre variabile, foto Archivio PNABPIANO FAUNISTICO 200747


ADAMELLO BRENTA13. I carnivori48PIANO FAUNISTICO 2007Volpe, foto A. Mustoni


A DAMELLO BRENTACon il nome di Carnivori, laclassificazione degli esseri viventifa riferimento ad un gruppo diMammiferi accomunati dallacapacità di predare e di cibarsidi carne, come testimoniatoin particolare dalla dentaturaspecializzata. In realtà, questoOrdine animale comprende speciemolto diverse le une dalle altre,per dimensioni, abitudini di vita e,curiosamente, anche per lo spettroalimentare…I carnivori comprendono il possenteorso bruno, essenzialmenteonnivoro, e piccoli predatori comela donnola; la lince, efficientecacciatrice di ungulati, ma ancheil tasso, divoratore di piccolimammiferi, lombrichi e radici.Alcune specie sono tipiche deiboschi (martora), altre sono benadattate alle praterie e alle rocced’alta montagna (ermellino), altreancora sono capaci di utilizzaretutti gli orizzonti altitudinali dellenostre montagne (volpe).Un aspetto però accomuna tuttii carnivori: la forte persecuzionesubita da parte dell’uomo.Alcune specie, e in particolarei cosiddetti “grandi carnivori”- orso bruno, lupo e lince – suscitano,da tempo immemore, sentimenticontrastanti nella mentedell’uomo. Da sempre, infatti, laconvivenza (e competizione) conquesti animali ha generato mistero,fascino, curiosità, ma anche paurae senso di insicurezza nella nostrasocietà: sentimenti che hanno definitoun immaginario collettivodai contorni imprecisati, in cuila verità “biologica” ha finito permischiarsi a credenze, dicerie esuperstizioni.Inoltre, nel corso degli ultimisecoli, la crescente pressioneantropica sul territorio montanoalpino ha condannato orso bruno,lupo e lince ad un drastico declinonumerico. L’uomo ha sottrattospazio vitale a questi animali persfruttare il territorio dal puntodi vista agricolo e zootecnico,condizionandone e compromettendonela distribuzione inmaniera indiretta fino ad esserestato autore, in certe situazioni, diun vero e proprio sterminio.La causa di tale effetto distruttivopuò essere spiegata in parte damotivazioni di tipo economicoed in parte da fattori emotivi: i“grandi carnivori”, animali ingrado di concorrere alla pari perla caccia di prede con l’uomo,sembrano mettere in discussioneil controllo dell’essere umano sulmondo animale, cosa purtroppoper molti inaccettabile.Dopo secoli di persecuzioniverso questi animali, solo letrasformazioni sociali, economichee culturali successive alsecondo dopoguerra hannopermesso la ricolonizzazionespontanea di vaste zone. IlFaina, foto M. Campora – C. GalassoPIANO FAUNISTICO 200749


ADAMELLO BRENTAgraduale abbandono delle areerurali ha consentito, infatti, lariconquista di ampi spazi da parte<strong>della</strong> fauna e, di conseguenza,dei predatori. Nonostante attualmentele condizioni <strong>della</strong>nostra società siano ben differentirispetto al passato, permangononell’immaginario collettivo i segnidi una storia di competizionee di contrasti, sfociati da semprenella persecuzione diretta. E daquesto punto di vista, tornando aicarnivori, nemmeno i mustelidi(tasso, faina, martora, ermellinoe donnola) sono rimasti indennidal conflitto con l’uomo, spessoper le loro abitudini di piccolima efficienti cacciatori che siavvicinano di frequente alle areeabitate in cerca di prede.Il <strong>Parco</strong> ospita entro i propriconfini numerose specie dicarnivori: l’ultima popolazionedi orso bruno delle Alpi Centrali,frutto dell’opera di reintroduzionedel progetto Life Ursus, è la chiaratestimonianza del ruolo primarioche il <strong>Parco</strong> ha voluto e vuole averenelle politiche di conservazione diquesto importante gruppo.Attualmente non è segnalato illupo e, nonostante nella primametà degli anni 90 del secoloscorso fossero state accertatealcune tracce attribuibili alla lince,ad oggi la presenza <strong>della</strong> specienon è più segnalata nel <strong>Parco</strong>.La Famiglia dei Mustelidi è inveceben rappresentata, con tasso, faina,martora, donnola e ermellino.Assai comune, come nel restod’Italia, anche se non esistonoprecise stime numeriche, è lavolpe.Le differenti situazioni checaratterizzano le diverse specie,fanno sì che il Piano Faunisticopreveda misure specifiche perognuna di esse o per i singoligruppi.L’ORSOData l’importanza che l’orso(Ursus arctos) riveste nellastoria e nell’attualità del <strong>Parco</strong>, lasezione del Piano Faunistico adesso dedicata è sicuramente tra lepiù ricche e consistenti.Il primo punto che viene discussoè quello che riguarda le motivazioni<strong>della</strong> sua conservazione. Cosìcome esplicitato nelle fasi antecedentialla reintroduzione attuatamediante il progetto Life Ursus,nel Piano si ripercorrono i fattoribiologici, culturali e sociali chegiustificano, anzi impongono, lasalvaguardia <strong>della</strong> specie. Unaindubbia funzione è riconosciutadal punto di vista ecologico:la presenza dell’orso, oltre arappresentare “una specie inpiù” nella biodiversità dell’area,costituisce un elemento all’apice<strong>della</strong> catena alimentare.Le motivazioni più profonde chehanno condotto alla reintroduzionesono però quelle culturali: lafigura dell’orso è radicata nellacultura delle genti alpine e sindalla preistoria è testimoniata laconvivenza tra le popolazionicavernicole e questa specie,così come emerge da numerosispettacolari reperti archeologicie pitture rupestri. Nei tempi piùrecenti, sono invece gli stemmiOrso, foto A. Mustoni50PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAdi comuni o casate trentine incui appare la figura dell’orsoa testimoniare il legame cosìparticolare tra noi e i plantigradi.Oltre a queste importanti considerazioniva peraltro ricordatoche numerose normative, sia alivello locale, sia internazionale,impongono la tutela attiva neiconfronti dell’orso (per tutte ilD.P.R. 357/97, che deriva dalla famosaDirettiva Habitat 43\92\CEE,la L.N. 157/92 e la L.P. 24/91).Il <strong>Parco</strong>, trovandosi in unasituazione territoriale favorevolealla sua presenza, ha fatto <strong>della</strong>salvaguardia del plantigrado unodei propri obiettivi prioritari.Per questi numerosi fattori,nel Piano Faunistico è previstauna serie di misure, suddivisetra gestionali, di studio e dicomunicazione, che nel loroinsieme hanno l’intenzionedi favorire lo sviluppo <strong>della</strong>popolazione ursina e valorizzarnela presenza sotto un punto di vistasocio-culturale.I provvedimenti proposti sonostati ideati a partire, oltreche dalla documentazione bibliografica,dai risultati delmonitoraggio degli esemplarireintrodotti. L’elaborazione dell’enormemole di dati ricavatidalla radiotelemetria ha permessol’acquisizione di preziose informazionirelative alle areeutilizzate maggiormente e allefonti trofiche preferenziali deiplantigradi all’interno del <strong>Parco</strong>.Proprio la conoscenza dellezone e degli habitat più idoneiper l’orso fa sì che l’interesseconservazionistico si concentrisulle zone ritenute fondamentaliper la sua presenza. In lineaprioritaria, il Piano cerca dilimitare i fenomeni che è accertatoprovochino danno alla specie:tra questi, particolare attenzioneviene rivolta alla diffusione <strong>della</strong>rete stradale anche in aree remote,all’eccessiva crescita di impiantie infrastrutture legati agli sportinvernali, alla presenza antropicadiffusa nelle aree più isolate.Un altro obiettivo di primariaimportanza è quello di limitaregli effetti negativi dovutiOrso bruno, foto M. Campora – G. CarraraPIANO FAUNISTICO 200751


A DAMELLO BRENTAPopolazione degli orsi dal 2002 al 2006252012N. individui15101014508210541102002 2003 2004 2005 2006In azzurro i cuccioli, in blu gli esemplari giovani, subadulti e adultiOrso bruno, foto A. Mustoniconduzione degli animali alpascolo attualmente impiegatidai residenti, al fine di valutare learee o le mandrie che potrebberoessere più esposte ad eventualiattacchi da parte dei “grandicarnivori”. Analizzando leproblematiche di salvaguardia<strong>della</strong> specie in ambito alpinoè previsto che il <strong>Parco</strong> possaaderire in futuro agli eventualiprogetti di conservazione nazionalie transnazionali, ancheper fornire e acquisire utili dati.Parallelamente, come avvenutodall’inizio del progetto LifeUrsus, la PAT continuerà a mantenerela rete di rapporti conle amministrazioni confinantinecessaria a gestire le situazioniordinarie e di emergenza dovuteall’espansione <strong>della</strong> popolazioneursina.PIANO FAUNISTICO 200753


ADAMELLO BRENTAIL LUPO E LA LINCENonostante queste due specienon siano attualmente presentinel <strong>Parco</strong>, anche considerando lenotevoli capacità di spostamentoche le caratterizzano non sipuò escludere che in un futuropossano fare spontaneamenteritorno sul territorio del <strong>Parco</strong>.In particolare va considerato cheil lupo (Canis lupus), dopo aver“ricolonizzato” l’Arco Alpinocentro-occidentale, potrebbe fareritorno a breve anche in Trentino.È indiscutibile che l’arrivodi questa specie, peraltrodall’indubbio valore ecologico,andrebbe affrontato ancheda un punto di vista sociale,preparando l’opinione pubblicanei confronti di un animale deltutto innocuo ma di frequentedemonizzato.Per i motivi esposti, il PianoFaunistico del <strong>Parco</strong> contemplaalcune misure di conservazione,tra le quali appaiono prioritariele collaborazioni su scalasovranazionale finalizzate allacomprensione delle dinamichedi utilizzo del territorio alpinoda parte sia del lupo sia <strong>della</strong>lince.Un approccio di collaborazionisu “area vasta” nella gestionedei “grandi carnivori” è, tral’altro, indispensabile considerandoche questi animalioccupano grandi territori di vita(nell’ordine delle centinaia dikm 2 ) e hanno mediamente unaelevata capacità dispersiva: ciòLupo, foto M. Campora – A. Calegari54PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAsignifica che i singoli individuisi possono allontanare dailuoghi di origine in cerca dinuovi spazi, andando spesso aripopolare zone da cui la specieè assente da tempo, in molticasi da secoli.Esemplare, in questo senso, è lastoria del lupo.Questo affascinante carnivoro,condotto all’estinzione nellamaggior parte del proprioareale originario a causa <strong>della</strong>persecuzione umana, alla finedegli anni 70 del secolo scorsoera rimasto circoscritto in piccolinuclei limitati all’Appenninocentro-meridionale e a ristrettezone comprese tra alto Lazio eToscana meridionale.Negli ultimi due decenni, laforte protezione legale e imutamenti relativi all’utilizzodel territorio hanno favoritouna notevole espansione numericae territoriale <strong>della</strong>specie che, dopo aver risalitol’intera catena appenninica,ha progressivamente occupatoanche parte dell’Arco Alpinosecondo una direttiva ovest-est.È stato osservato che il processodi colonizzazione di nuove areeavviene per lo più grazie aigiovani maschi, che tendonoad allontanarsi dal branco diorigine e a spostarsi anche dicentinaia di chilometri.Attualmente la presenza di lupiin dispersione è stata accertatanon lontano dai confini piùsettentrionali tra la Provincia diTrento e la Lombardia. Non èquindi da escludere che il lupopossa fare la sua ricomparsasul territorio provinciale già inquesti giorni. Per questo motivoil Piano Faunistico, nonostanteancora non si abbianosegnalazioni, contempla alcunemisure finalizzate alla suatutela e alla sua convivenza conl’uomo.Innanzitutto, allo scopo didifendere l’identità genetica dellupo, si suggerisce il controllodei cani vaganti o inselvatichiti,che potenzialmente possonoincrociarsi con la specieselvatica.E’ poi prevista la collaborazionecon la rete di conservazionenazionale e internazionale deiPopolazioni europee di linci e numero stimato di individuiPOPOLAZIONEPAESINUMERO DIINDIVIDUIPopolazione nordica Norvegia, Svezia, Finlandia 2500Popolazione balticaPopolazione dei CarpaziEstonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ucraina,BielorussiaRep. Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria,Ucraina, Romania20002200Popolazione di Boemia e Bavaria Rep. Ceca, Germania, Austria 100Popolazione dei BalcaniPopolazione dinaricaPopolazione delle AlpiRep. Fed. Iugoslava (parte Orientale), Albania,Macedonia, GreciaSlovenia (Sud Orientale), Croazia, Rep. diBosnia-ErzegovinaFrancia, Svizzera, Italia, Austria, Slovenia(Nord-Occidentale)50200150Popolazione del Giura Francia, Svizzera 100Popolazione dei Vosges Francia ?PIANO FAUNISTICO 200755


ADAMELLO BRENTA“grandi carnivori”, soprattuttoper preparare, sia la popolazionesia i tecnici, alla convivenzacon questa specie. Sarà infattinecessario che gli operatorisiano pronti all’identificazionedei segni di presenza perl’eventuale monitoraggio <strong>della</strong>sua distribuzione e per ilriconoscimento degli eventualidanni. Al fine di prevenire elimitare l’impatto, non soloeconomico ma anche emotivo,sulle popolazioni locali, il<strong>Parco</strong> dovrà impegnarsi nellacomunicazione e gestionedelle informazioni relative aquesto canide, con appositepubblicazioni e strumentidivulgativi.Nell’ambito <strong>della</strong> conservazionedei “grandi carnivori” unruolo basilare è unanimementeassegnato alla “dimensioneumana” (Human Dimension),ossia agli aspetti culturali e agliinteressi socio-economici che lespecie vanno ad intercettare. Perquesto, come è avvenuto per lareintroduzione dell’orso, dovràessere svolto un grande lavorosoprattutto nei confronti deicosiddetti “gruppi di interesse”(stakeholders). Sarà un compitoprimario quello relativo aicontatti con gli allevatori e icacciatori, al fine di illustrarele reali caratteristiche di questaspecie e le strategie necessarieper la convivenza.Lo sforzo previsto dal PianoFaunistico è rivolto ancheall’individuazione di sistemistandardizzati di prevenzionee di rilevamento dei potenzialidanni. Tra gli obiettivi prioritaritroviamo inoltre l’incentivazionedelle forme di zootecniacompatibili con la presenza dei“grandi predatori”.Lo stesso impegno dedicato allupo dovrà essere profuso perquanto riguarda la salvaguardia<strong>della</strong> lince (Lynx lynx), nonostanteper questo felide nonsia prevedibile il ritorno intempi brevi.La lince rappresenta infatti unvero e proprio “tabù” per moltepersone. Così come avviene pergli altri “grandi carnivori”, anchequesta specie è considerata unapotenziale concorrente per leprede selvatiche e una minacciaper gli ungulati domestici.Animale tipico dell’ambientealpino, proprio per questimotivi è stata in passato oggettodi una persecuzione diretta cheha condotto alla sua quasi totaleestinzione su scala europea ealla sua scomparsa definitivadall’intero Arco Alpino fin daiprimi del ‘900. Il popolamentoattuale delle Alpi è dunque fruttodi una serie di reintroduzionieffettuate, a partire dagli anni 70del secolo scorso, con individuiprovenienti dai Carpazi. Perquanto riguarda la distribuzioneodierna, una discreta consistenza<strong>della</strong> specie è presente inSvizzera, con qualche individuoche sporadicamente si affacciasui versanti alpini francesi editaliani. Sulle Alpi Orientali,invece, le rare segnalazionisono con buona probabilità daattribuire a singoli individui chegiungono - spontaneamente -dalla Slovenia e dalla Croazia,paesi nei quali la lince ha densitàapprezzabili.In Trentino Alto Adige la specieha fatto la sua ricomparsanel 1982 quando, ad Aldino(Alto Adige), fu abbattutoun esemplare. In seguito si56PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAsono susseguite numerosesegnalazioni, soprattutto nellazona del Lagorai (TrentinoOrientale). È possibile chegli individui presenti fosseroprovenienti dalla Stiria (dovetra il 1977 e il 1979 venneroliberate 9 linci) o dalla Slovenia,ma è più che probabile che sisiano verificate anche delleimmissioni abusive. In ognicaso, le segnalazioni sonodiventate sempre più rare nellaseconda metà degli anni 90 delsecolo scorso e attualmente laspecie è da considerarsi estinta.Anche nell’area considerata dalPiano Faunistico la lince è statapresente circa fino alla metàdel 1990: successivamentesono state registrate alcunesegnalazioni di dubbia importanzaed è più che probabileche la lince non sia piùpresente.Al contrario, questo felide deveessere considerato un importanteelemento <strong>della</strong> fauna alpinaed è pertanto auspicabile chepossa tornare a ricolonizzareLince, foto M. Campora – C. GalassoPIANO FAUNISTICO 200757


ADAMELLO BRENTAle aree che occupava inpassato. Nonostante ciò, ilPiano Faunistico non prevedeal momento reintroduzioninell’area protetta.Tuttavia, qualora dovesseroessere intrapresi progetti diripopolamento o reintroduzionein ambito provincialeo nazionale, il <strong>Parco</strong> saràovviamente disponibile allapiena collaborazione. In talsenso, un contributo potràessere fornito tramite la “messain campo” di azioni volte amitigare il conflitto con l’uomo,ovvero le cause che nel passatohanno condotto all’estinzione.La lince viene consideratauna competitrice da parte<strong>della</strong> componente venatoria,che la valuta incompatibilecon la caccia di selezionepraticata sugli ungulati, predeprincipali del felide. Inrealtà, in un’ottica di modernagestione <strong>della</strong> fauna, è evidentecome cacciatore e predatorenaturale possano convivere nelmedesimo territorio. Esempiin tal senso ci vengono dallaSvizzera e dalla Slovenia, dovein presenza di popolazionivitali di predatori, vienepraticata una intensa attivitàvenatoria.Il Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>individua quindi l’importanzadi comunicare messaggi chepermettano una corretta comprensionedelle reali possibilitàdi gestione faunistica, al dilà delle credenze e dei luoghicomuni.LA VOLPESe, da una parte, alcuni carnivorisono a forte rischio di estinzione,alcuni rappresentanti del gruppogodono invece di un ottimo“stato di salute”, soprattuttograzie alla loro adattabilitàe alla ampia disponibilità dirisorse ad essi accessibili. Traquesti ultimi spicca la volpe(Vulpes vulpes), diffusa intutta Italia negli ambienti piùvari. La elevata plasticità, siaper le fonti alimentari sia perl’habitat, le ha consentito diespandersi fino alle vicinanzedei centri abitati, dove puòreperire nutrimento in mododel tutto opportunistico, anchetra i rifiuti prodotti dall’uomo.Non si hanno stime numericheprecise sulla consistenza dellepopolazioni, ma allo stato attualeè confermata la presenza diffusa<strong>della</strong> volpe all’interno del<strong>Parco</strong>, con densità localmentenotevoli. Tra le misure previstedal Piano Faunistico per la conservazione<strong>della</strong> specie spiccail monitoraggio sanitario <strong>della</strong>popolazione: tale provvedimentoè auspicabile in quanto,Volpe, foto Corradini58PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAa livello europeo, la volpe èriconosciuta come il principaleserbatoio <strong>della</strong> rabbia silvestre,una patologia provocata da unvirus contenuto nella saliva.Va peraltro evidenziato che,grazie alle campagne sanitarieeffettuate, la rabbia silvestrenon è al momento segnalatacome presente sull’interoterritorio nazionale. Nonostantequesto, il costante controllodei capi abbattuti o rinvenutimorti risulta indispensabileper mettere in evidenza intempo utile eventuali problemiche dovessero insorgere in unfuturo.I MUSTELIDII mustelidi sono carnivori dipiccola-media taglia che, puressendo poco conosciuti estudiati, occupano uno spaziomolto importante nell’ambitodell’ecosistema alpino. Nel<strong>Parco</strong> vivono popolazionisignificative di tasso (Melesmeles), faina (Martes foina),martora (Martes martes),ermellino (Mustela erminea) edonnola (Mustela nivalis), cheoccupano ambienti differentiin relazione alle loro abitudinidi vita. È ipotizzabile che nelpassato fossero presenti anchela lontra (Lutra lutra) e lapuzzola (Mustela putorius),specie delle quali però sonoscarse le informazioni di tipostorico. A conferma <strong>della</strong> loroimportanza ecosistemica, tutti imustelidi sono protetti a livellonazionale.Considerando la scarsità dei datiattualmente a disposizione,il Piano Faunistico evidenziala necessità di approfondireFaina, foto M. Campora – C. GalassoPIANO FAUNISTICO 200759


ADAMELLO BRENTATasso, foto archivio PNABgli studi relativi a questiinteressanti animali, sia a fineconservazionistico, sia a scopodivulgativo. Il Piano suggeriscequindi la realizzazionedi apposite pubblicazioni suquesto gruppo, l’offerta diserate a tema, l’elaborazionedi proposte didattiche e dimostre volte ad accrescere leconoscenze dei vari aspettibiologici ed etologici da partedel pubblico di età scolastica edegli adulti.Il documento prevede anchel’organizzazione di incontritecnici di formazione eaggiornamento del personalepotenzialmente impegnato nelmonitoraggio e nella tutela diqueste specie.Anche se non si hanno datiapprofonditi su tutti gliappartenenti a questo gruppo,si sa per certo che alcuni,come il tasso e la faina, allostato attuale non necessitanodi particolari misure di conservazione,mentre per altri -come l’ermellino - è possibileipotizzare problematiche diCarta <strong>della</strong> distribuzione dei mustelidinell’area di studiovario tipo. Per questo motivo,il Piano Faunistico proponealcune semplici misure voltea proteggere la specie apartire dal suo habitat: unaregola apparentemente banalema estremamente efficace èrappresentata, ad esempio,dall’osservanza delle normativeche vietano l’abbandonodei rifiuti in quota. Questasemplice prassi, in effetti,impedisce agli esemplari didipendere dalle fonti alimentaridi origine antropica e divenire in contatto con potenzialiagenti patogeni portatidall’uomo o dai suoi rifiuti.60PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAErmellino, foto CorradiniPIANO FAUNISTICO 200761


A DAMELLO BRENTAAIl progetto Life UrsusPer cercare di risollevare le sortidell’ultimo nucleo di orso brunodelle Alpi italiane, nel 1996 hapreso avvio il Progetto “Ursus:tutela <strong>della</strong> popolazione di orsobruno del Brenta”, promossodal <strong>Parco</strong> <strong>Naturale</strong> AdamelloBrenta e finanziato dall’UnioneEuropea. L’intervento, passatoormai alla “storia” come LifeUrsus, è stato realizzato instretta collaborazione con laProvincia Autonoma di Trento el’Istituto Nazionale per la FaunaSelvatica.In base ad un attento Studio difattibilità, la reintroduzione è stataindividuata come l’unico metodoin grado di riportare gli orsi sulBrenta: 9 individui (3 maschi e 6femmine di età compresa tra 3 e6 anni) sono stati indicati comeil contingente minimo per laricostituzione di una popolazionevitale di orsi (40-50 individui)sulle Alpi Centrali, nel corso di20-40 anni. Lo Studio di fattibilitàha inoltre stimato, medianteun’approfondita modellizzazionedel territorio comprendente ilTrentino Occidentale e parte delleprovince di Bolzano, Brescia,Sondrio e Verona, la presenzadi oltre 1700 kmq di territorioidoneo ad ospitare la popolazioneminima vitale.Proprio in base all’estensionedell’area coinvolta dal Progettoed alla sua complessità, sono statiformalizzati accordi operativi,oltre che con le quattro provinceconfinanti sopra citate, anchecon l’Associazione CacciatoriTrentini (che collabora tuttoraanche al monitoraggio degli orsiimmessi), con il WWF - Trentoe con numerose organizzazionied associazioni interessateall’iniziativa.Dato l’elevato impatto emotivoprovocato dalla specie, la fasepreparatoria del Progetto haprevisto altresì la realizzazionedi un sondaggio di opinione(affidato all’Istituto DOXA diMilano): più di 1500 abitantidell’area di studio sono statiintervistati telefonicamente perverificare la loro attitudine, lapercezione nei confronti <strong>della</strong>specie e la possibile reazione difronte ai problemi derivanti dallasua presenza.I risultati sono stati sorprendenti:più del 70% dei residentiinterpellati si è dichiaratoa favore del rilascio di orsinell’area e la percentuale haraggiunto addirittura l’80% difronte all’assicurazione chesarebbero state adottate misuredi prevenzione dei danni e digestione delle situazioni diemergenza.Proprio questi ultimi provvedimentisono stati adeguatamentee dettagliatamente pianificatidal <strong>Parco</strong> nell’ambitodelle Linee Guida.Questo documento, oltre a de-Rilascio dell’orsa Jurka, foto archivio PNAB62PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAAfinire l’organizzazione generaledel Progetto, ha permessodi individuare gli enti ele figure coinvolte a variotitolo, identificando compiti eresponsabilità nell’ambito di tuttele attività previste per favorireuna positiva realizzazione <strong>della</strong>reintroduzione.La fase operativa del Progettoha preso avvio nel 1999, conla liberazione dei primi dueesemplari, Masun e Kirka,catturati nelle riserve di caccia<strong>della</strong> Slovenia meridionale. Tra il2000 e il 2002 sono stati immessialtri 8 individui, per un totale di 10complessivi (un’ultima femminaè stata liberata per sostituirneun esemplare morto nel 2001 acausa di una slavina).Tutti gli orsi rilasciati sonostati dotati di un radiocollaree di due marche auricolaritrasmittenti. Questi dispositivihanno consentito di monitoraregli spostamenti degli animali peril periodo successivo al rilascio,confermando le previsioni delloStudio di fattibilità e l’ottimoadattamento degli individuireintrodotti al nuovo territoriodi vita. Il Progetto Life Ursus,conclusosi nel dicembre 2004, hadato i suoi frutti: 13 sono gli eventiriproduttivi registrati tra il 2002 eil 2007 (dopo più di un decenniodi inattività riproduttiva), per untotale di più di 20 cuccioli nati inTrentino. Grazie a questo rapidoaccrescimento, il nucleo di orsiche ha l’Adamello Brenta comesua core area è oggi stimato inpiù di 20 esemplari. Purtropponessun orso autoctono sembraessere più in vita.Parallelamente all’incrementonumerico, la popolazione di orsisi sta espandendo anche dal puntodi vista territoriale: la presenza<strong>della</strong> specie non è infatti piùlimitata al Trentino occidentalema comprende anche le regionilimitrofe.L’esplorazione del territorio,sintomo dell’idoneità ambientaledei territori confinanti etestimonianza del successo<strong>della</strong> reintroduzione, lascia bensperare per il futuro dell’orsosulle Alpi, anche se il pericolo diestinzione non può ancora dirsiscongiurato.Orso, foto A. MustoniPIANO FAUNISTICO 200763


ADAMELLO BRENTA14. Gli ungulati64PIANO FAUNISTICO 2007Muflone, foto M. Campora - A. Calegari


A DAMELLO BRENTAGli Ungulati sono un gruppo diMammiferi contraddistinti dall’averela parte terminale delle dita(“falangetta”) ricoperta da grosseunghie denominate “zoccoli”.Più in dettaglio, gli ungulati selvaticidelle nostre montagneappartengono all’Ordine degliArtiodattili, ovvero a quel sottoraggruppamentonel quale- duranteil processo evolutivo - il primodito (pollice o alluce) è scomparso,il secondo e il quinto (indicee mignolo) sono generalmentepiccoli e presenti sull’arto in posizionealta (speroni) mentre tuttoil peso del corpo è sostenuto dalterzo e quarto dito (medio e anulare),la cui parte terminale presentagrossi unghioni separati da unprofondo solco (filetto).Sulle Alpi sono attualmente diffuse6 specie di ungulati: 5 appartenential Sottordine dei Ruminanti(capriolo, cervo, camoscio, stambeccoe muflone) e 1 a quello diSuiformi (cinghiale). Solo 4 diqueste possono essere consideratea pieno titolo autoctone (originarie)dell’ambiente alpino datoche il cinghiale e il muflone sono“arrivati” a seguito di immissionieffettuate dall’uomo per scopivenatori. Va peraltro consideratocome il cinghiale fosse presente,probabilmente fino al XVIII secolo,in tutta la fascia collinare epedemontana ai piedi delle Alpi,dalla quale era poi scomparsoprogressivamente, sempre percausa dell’uomo. Cinque dellesei specie sopra menzionate sonopresenti nel territorio del <strong>Parco</strong>,dove infatti non è segnalato ilcinghiale. Esse appartengono adue Famiglie distinte: i Cervidi(capriolo e cervo) e i Bovidi (camoscio,stambecco e muflone).La differenza più evidente tra idue gruppi è quella di possedereappendici cefaliche (corna) a crescitacontinua e di sostanza corneanel caso dei bovidi, caduche e disostanza ossea in quello dei cervidi(nei quali prendono più propriamenteil nome di “palchi”). Ilsignificato di corna e palchi non èin realtà ancora sufficientementeconosciuto e, in particolare, rimanepoco chiaro il motivo <strong>della</strong> lorodifferenza nella composizione enel ritmo di crescita. In entrambi icasi, solo raramente vengono utilizzateper la difesa nei confrontidei predatori, mentre più spessohanno un ruolo nei combattimentirituali tra conspecifici volti a definirele gerarchie sociali nell’ambitodelle strategie riproduttive.Zoccoli e speroni di stambecco, foto Mic. ZeniPIANO FAUNISTICO 200765


ADAMELLO BRENTA14.1 Problemi di conservazionee status nel <strong>Parco</strong>IL CERVOIn Europa il cervo (Cervuselaphus) occupava un tempoquasi tutti i territori disponibili,con un areale che si estendevadal livello del mare sino ai2.800 m di altitudine. In periodistorici si assistette ad un notevoledecremento legato, oltreche allo sfruttamento direttoper la caccia, alle modificazioniche l’uomo ha apportato in questisecoli al paesaggio naturale.Attualmente lo status del cervoè in costante miglioramento, siain termini di consistenze che diareale.Le popolazioni attualmentepresenti sulle Alpi italiane(complessivamente circa35.000 capi) si sono originateper immigrazione spontaneadi individui provenienti da Austria,Svizzera e Slovenia, oltreche per reintroduzioni operatenegli ultimi 30-50 anni consoggetti di provenienza alpina ecentroeuropea.In accordo con il fenomeno diespansione che sta caratterizzandole popolazioni di cervodi tutto l’Arco Alpino, anchein Provincia di Trento la speciesta rapidamente conquistandogli habitat idonei, incrementandonotevolmente il numero deglieffettivi. Dal 1987 al 2005la popolazione presente è piùche quadruplicata, passandodai 1930 capi del 1987 ai circa8185 del 2005, con un accrescimentominimo riscontrato nel1994 e nel 2000 (10% e 11%)e un massimo tra il 1991 e il1992 (32,3%).Per quanto concerne l’area distudio considerata dal PianoFaunistico, la comparsa delcervo risale all’inverno del1950-1951 quando, in Val diSole, furono segnalati i primiGruppo di cervi, foto M. Campora – G. Carrara66Il Sentiero delle Glare - C. ScalfiPIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAcapi; un decennio più tardi altriesemplari arrivarono, attraversol’area delle Palade, in Val diNon.Nonostante questo, per tutti glianni 60 del secolo scorso, laspecie fu considerata una presenzaoccasionale discontinuaanche nelle zone più settentrionalidel Trentino Occidentale.Fu solo a partire dal decenniosuccessivo che il cervo si stabilizzò,tanto che nel 1973-1974nella zona <strong>della</strong> Val di Sole eVal di Non era stimata una consistenzadi circa 90 capi.10 anni più tardi, nel 1985, nellemedesime aree la popolazionepresente veniva stimata in circa3.500 capi, portando a ipotizzareun incremento utile annuomedio circa del 40% <strong>della</strong> popolazionepresente, superiore aquanto generalmente riportatocome massimo per la specie.Questa “strana” situazione potrebbetrovare una spiegazionenella bassa pressione venatoriache ha caratterizzato il periodo,nelle notevoli potenzialitàofferte dall’ambiente e nellamancanza di predatori naturali.Nonostante questo, ad oggiil cervo nel <strong>Parco</strong> sembra distribuitoancora in modo pocouniforme, con zone di massimaconcentrazione e larghe porzionidel territorio dove la suapresenza è discontinua o addiritturaoccasionale.In particolare sembrano esseresignificativi i nuclei che occupanol’area immediatamentea ovest del Lago di Molveno,le pendici orientali del Brentaverso lo Sporeggio e quellocorrispondente alla Valagola-Val Brenta.È proprio in corrispondenza diqueste località che appaionopiù frequenti i bramiti duranteil periodo degli amori, trala fine di settembre e i primigiorni di ottobre. Considerandole potenzialità offerte dal territorio,la specie sembra esserepresente nelle zone maggiormentevocate, soprattutto nellaporzione più orientale dell’areadi studio rispetto alla zona <strong>della</strong>Val Rendena e alle Valli Giudicarie.Colpisce in particolare lasituazione negativa <strong>della</strong> destraorografica <strong>della</strong> Val Rendenadove la specie è presente in manieraframmentata e occasionale,a riprova <strong>della</strong> solo parzialeespansione del cervo in unaporzione dell’area di studio potenzialmenteidonea.Il cervo è una specie soggettaa prelievo venatorio in base all’Art.18 <strong>della</strong> L.N. 157/922 eall’Art. 29 <strong>della</strong> L.P. 24/91. Inaccordo con l’aumento del numerodi cervi presenti sul territorio,il numero di abbattuti suscala provinciale risulta in nettoe costante aumento negli ultimi15 anni, passando dai 209 capidel 1987 ai 1.408 del 2004 (incrementototale del 600%). Lostesso andamento seguono anchei prelievi effettuati a livellodi <strong>Parco</strong>, dove il numero deicapi abbattuti durante il periodoesaminato è quadruplicato:dai 29 cervi del 1987 ai 125 del2005. Negli ultimi 5 anni (2000-2004), il numero di cervi cacciatiall’interno dell’area protetta siaggira sui 156 capi/anno.Cervo, foto CorradiniPIANO FAUNISTICO 200767


ADAMELLO BRENTAMaschio di capriolo, foto A. MustoniIL CAPRIOLOIl capriolo (Capreolus capreolus)era anticamente distribuito in manieracontinua su tutto il territorioitaliano ma, a partire dal XVI secolo,le sue consistenze sono andateprogressivamente diminuendo,arrivando nel XIX secolo auna situazione critica.La fase più acuta di questo fenomenocorrisponde al periodo immediatamentesuccessivo alla SecondaGuerra Mondiale, quandoil capriolo era presente con pochepopolazioni tra loro isolate, concentratesoprattutto sull’Arco Alpinoorientale e in Maremma.A partire dalla fine degli anni 60del secolo scorso si è verificataperò un’inversione di tendenza,che ha portato la specie a rioccupareuna parte considerevole delproprio areale storico.Attualmente non è possibile stimarecon precisione la consistenzaglobale <strong>della</strong> specie sul territorionazionale ma, da una recenteindagine effettuata dall’IstitutoNazionale per la Fauna Selvatica,essa dovrebbe aggirarsi intorno ai400.000 capi.In Provincia di Trento il caprioloè distribuito con continuità sul90% del territorio, a esclusionedelle aree poste alle quote più elevate.La consistenza <strong>della</strong> popolazionepresente, dedotta in base aicensimenti, conferma la presenzadi circa 24.000 capi. Nonostantequesto, a livello provinciale laspecie negli ultimi anni sembraessere in graduale diminuzione,soprattutto nelle porzioni più settentrionalidel territorio.Per quanto concerne l’area di studioestensiva considerata dal PianoFaunistico, il capriolo risultadistribuito in maniera uniformesull’intero territorio, a esclusionedelle porzioni poste alle quotemaggiori dei Massicci dell’Adamello,Presanella e del Brenta.Attualmente è possibile stimareuna presenza inferiore ai 4000capi, in sensibile calo negli ultimianni. Considerando la disponibilitàdi ambienti idonei, la speciesembra essere presente in tuttele zone vocate, che all’internodel <strong>Parco</strong> superano i 20.000 ha.68PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAFemmina e agnello di muflone, foto M.Campora - A. CalegariConfrontando i dati e la carta didistribuzione reale del capriolocon le potenzialità offerte dalterritorio, sembra che la specieoccupi tutte le aree idonee, anchese si evidenzia un apparentesovrautilizzo di alcune aree(Massiccio <strong>della</strong> Paganella eMonte Fausior) e un sottoutilizzodi altre (Val d’Algone, ValManez, Val di Borzago, Val Genova).Il capriolo è una speciesoggetta a prelievo venatorioin base all’Art. 18 <strong>della</strong> L.N.157/92 e all’Art. 29 <strong>della</strong> L.P.24/91. All’interno del territorioprovinciale, il numero di capiprelevati ha subito, dal 1987 al2000, un incremento significativo(+ 120%) che ha permessodi passare dai circa 3.400 capiabbattuti nel 1987 ai 7.700 del2000. Successivamente, in accordocon la diminuzione delleconsistenze, si è arrivati a pianidi abbattimento sensibilmenteinferiori, fino ai 3.600 animaliprelevati nel 2006. Per quantoriguarda l’area del <strong>Parco</strong>, l’andamentodei prelievi apparespeculare a quello evidenziatoa livello provinciale.IL MUFLONEIn Italia il muflone (Ovis [musimon]orientalis) è presente conla popolazione “storicamenteautoctona” <strong>della</strong> Sardegna e connumerose popolazioni introdottenel resto <strong>della</strong> penisola. SulleAlpi, la sua presenza è legata aimmissioni effettuate a scopovenatorio a partire dagli anni50-60 e concentratesi soprattuttonegli anni 70 e 80 del secoloscorso.Nel territorio considerato dalPiano Faunistico il muflone èpresente a seguito di introduzioniavvenute tra il 1971 e il 1974,grazie alle quali si sono insediati3 nuclei, nel Brenta meridionale,in destra orografica <strong>della</strong> ValRendena e in destra orografica<strong>della</strong> bassa Val di Sole.Nel dettaglio, la comparsa delmuflone avviene grazie alla liberazione,nel 1971, di 6 capida parte <strong>della</strong> Riserva di Cacciadi Cles: dopo un sorprendenteincremento nei primi anni(nel 1979 si stimavano circa 50esemplari), negli anni ottanta delsecolo scorso il numero di capiprogressivamente diminuì, probabilmentea causa di prelieviillegali, e attualmente il nucleosembra del tutto scomparso.Nel 1974 la Riserva di Caccia diStenico rilasciò 6 capi che originaronoil popolamento attualmentedislocato sui territori deicomuni di Stenico, Dorsino eSan Lorenzo in Banale: la consistenzadel nucleo è attualmentestimata in circa 180 esemplari.Sempre nel 1974, anche le Riservedi Caccia di Pinzolo,Giustino-Massimeno e Strembo,liberarono 18 mufloni.Alla fine degli anni 80 del secoloscorso il nucleo di Giustino-Massimenorisultava peròestinto e analoga sorte toccò,a metà dei successivi anni 90,anche a quello originatesi sopraStrembo. Il nucleo di muflonidi Pinzolo risulta invece ancorapresente, con una consistenzaminima accertata di circa 50capi, distribuiti tra la sinistraorografica <strong>della</strong> Val Nambronee la zona di Valchestria.Per quanto concerne il territoriodel <strong>Parco</strong>, dopo l’espansioneche ha caratterizzato gli ultimiPIANO FAUNISTICO 200769


ADAMELLO BRENTAanni 70 si è assistito a un successivoincremento nei primianni 90 del secolo scorso. Nell’ultimodecennio, il trend <strong>della</strong>popolazione all’interno del<strong>Parco</strong>, riferita ai gruppi ormai“naturalizzati”, può definirsistabile.Nel 1995 è inaspettatamentecomparso un numero nonben definito di capi (compresoprobabilmente tra 6 e 20),nell’area Val di Nardis-Cimondelle Gere (sinistra orografica<strong>della</strong> Val Genova). Non si puòescludere che tali mufloni sianofrutto di un’immissione illegalenella Riserva Comunale diCaccia di Giustino. Quale chesia la loro origine, la comparsadei mufloni in questa zona èda considerarsi come un eventonegativo e sintomo <strong>della</strong> necessitàdi innalzare il livello delleconoscenze delle possibili implicazioninegative connessealla presenza del bovide.In base a quanto esposto, attualmentequesto ungulato risultadistribuito all’interno delterritorio di indagine in mododiscontinuo, con solo 3 nucleisignificativi: quello principaledel Brenta Meridionale, quello<strong>della</strong> Val Nambrone e quello recentissimo<strong>della</strong> Val di Nardis.A livello provinciale la specieè stata sottoposta negli annia una gestione improntata all’eradicazionedei gruppi fruttodi immissioni recenti e abusive.Tale gestione, per vari motivi,non ha trovato una concreta applicazione.Il trend del bovide alivello provinciale negli ultimi17 anni risulta infatti nettamentepositivo (capi raddoppiati dal1988 al 2004).LO STAMBECCOUn tempo lo stambecco (Capraibex) era diffuso in modo continuosu tutte le Alpi ma, a causadegli abbattimenti indiscriminatioperati dall’uomo, scomparvequasi completamente trail XVI e il XIX secolo.Sopravvissuto solo con un centinaiodi capi in Val d’Aosta, apartire dal 1821 fu oggetto ditutela, prima attraverso misuredi protezione emanate dai Realidi Casa Savoia e poi tramitel’istituzione del <strong>Parco</strong> Nazionaledel Gran Paradiso.Allo stato attuale la specie èpresente dalle Alpi Marittime aoccidente alla Stiria e alle Alpidel Karawanke, tra Carinzia eSlovenia, a oriente.Nonostante si calcoli che dall’iniziodel secolo scorso sianostati immessi stambecchi inalmeno 175 aree sulle Alpi, laspecie presenta ancora un arealedistributivo discontinuo.In Italia, la maggior parte dellereintroduzioni è avvenuta solorecentemente e la situazione distributivaè ancora molto inferiorerispetto alle potenzialità. Perquanto riguarda le consistenze, sistimano presenti sull’Arco Alpinoitaliano approssimativamente13.000 stambecchi, distribuiti in70 colonie.In Trentino lo stambecco feceuna breve ricomparsa nel 1973,quando - a cura <strong>della</strong> RiservaComunale di Caccia di Strembo- furono rilasciati in Val Genova8 capi provenienti dal Canton deiCatture stambecchi 2006, foto Mic. Zeni70PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTALA REINTRODUZIONE DELLO STAMBECCO NEL PARCONel territorio del <strong>Parco</strong>, la reintroduzione dello stambecco era stata suggerita nel 1995 da Schroeder,nell’ambito del (primo) Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>.Le operazioni hanno preso avvio proprio in quell’anno, su iniziativa del <strong>Parco</strong> e di concerto conun’analoga operazione svolta in Lombardia da parte del <strong>Parco</strong> Regionale dell’Adamello. Tra il1995 e il 1996 sono stati dunque rilasciati in Val di San Valentino 20 stambecchi provenienti dal<strong>Parco</strong> <strong>Naturale</strong> delle Alpi Marittime e, tra il 1996 e il 1997, a cura del Servizio Faunistico <strong>della</strong>Provincia Autonoma di Trento, sono stati liberati ulteriori 3 capi, catturati sul Massiccio dei Monzoni,per un totale di 23 esemplari. Nella primavera del 1998, è iniziata, su iniziativa del ServizioFaunistico <strong>della</strong> Provincia Autonoma di Trento, in stretta collaborazione con il <strong>Parco</strong>, la secondafase del progetto di reintroduzione, con la creazione <strong>della</strong> neocolonia nell’area <strong>della</strong> Val Genova(Presanella). Le campagne di cattura, trasporto e rilascio si sono protratte per 2 anni (1998 e 1999)e hanno portato alla liberazione di 20 capi, di cui 10 provenienti dal <strong>Parco</strong> <strong>Naturale</strong> delle Alpi Marittimee 10 dal Massiccio dei Monzoni. Nel 1996 in Val Genova sono stati liberati ulteriori 12 capiprovenienti da diversi cantoni elvetici nell’ambito dei festeggiamenti per i cento anni di presenzadello stambecco in Svizzera.Nei primi anni dai rilasci, i due nuclei di stambecchi sono stati regolarmente monitorati tramitetecniche radiotelemetriche; all’esaurimento delle batterie dei trasmettitori (circa 2 anni dopo le immissioni),l’analisi <strong>della</strong> situazione ha portato ad ipotesi poco soddisfacenti rispetto al numero deglianimali presenti. Per questo motivo, nel 2003 è stata promossa dal <strong>Parco</strong> un’indagine conoscitivavolta a definire con maggiore precisione la consistenza e la distribuzione <strong>della</strong> popolazione di stambeccopresente e a ipotizzare future metodologie per un efficace monitoraggio <strong>della</strong> stessa.I risultati ottenuti hanno confermato il diverso comportamento spaziale dei due nuclei, già ipotizzatonei primi anni dai dati di radiotelemetria. La colonia <strong>della</strong> Val San Valentino ha dimostrato neltempo una certa fedeltà all’area del rilascio e una buona aggregazione dei capi, soprattutto sui versantimeridionali del Carè Alto (dalla Cima Corna Guzza alla Bocchetta di Conca, unitamente allasinistra orografica <strong>della</strong> Valletta Alta, con la maggior parte delle localizzazioni in Val di Dosson).Solo pochi individui (generalmente maschi) si sono allontanati, disperdendosi verso il settore lombardodell’Adamello, e un gruppo di capi occupa le pendici del Monte Re di Castello, ai marginisud-occidentali dell’area di studio e a confine tra Trentino e Lombardia.Il nucleo gravitante in Val Genova si è invece notevolmente disperso sul territorio, frazionandosi inbreve tempo in piccoli gruppi, spesso anche lontani tra loro, e occupando una vasta area, compresatra la Val di Nambrone e la Val San Valentino. Solo pochi individui hanno frequentato assiduamentel’area dei rilasci.In ogni caso, per entrambi i nuclei sono stati numerosi i casi di capi in dispersione che si sono alternativamentescambiati tra il versante trentino e quello lombardo dell’Adamello: tali movimentimigratori dimostrano che gli esemplari immessi nei due settori confinanti devono essere consideratiparte di un’unica popolazione.L’indagine recentemente svolta dal <strong>Parco</strong>, basata anche sulla ricattura di 9 stambecchi ai quali èstato applicato un radiocollare, è stata dunque utile per comprendere con maggior precisione ilnumero di individui presenti, che è risultato conforme con quanto atteso in base al tasso teorico diaccrescimento <strong>della</strong> popolazione previsto in sede di pianificazione.Nonostante la presenza complessiva di circa 120 capi, la “strada” per arrivare ai 500 stambecchiprevisti dallo studio di fattibilità come contingente idoneo per le nostre montagne appare ancoralunga, ma non più come un decennio fa…PIANO FAUNISTICO 200771


ADAMELLO BRENTACarta <strong>della</strong> presenza dello stambeccoGrigioni. Purtroppo, probabilmentea causa di ripetuti atti dibracconaggio, la specie non riuscìa insediarsi. Tra il 1978 e il 1979,la Riserva di Caccia di Pozza diFassa liberò 10 esemplari provenientidal <strong>Parco</strong> Nazionale delGran Paradiso, che si stabilizzaronosul massiccio dei Monzonie diedero origine alla colonia piùnumerosa presente tutt’oggi sulterritorio provinciale.Le operazioni di reintroduzione<strong>della</strong> specie proseguirono nel<strong>Parco</strong> <strong>Naturale</strong> Adamello Brentadove, tra il 1995 e il 1997, furonoliberati 23 stambecchi in Val SanValentino (pendici sud orientalidell’Adamello), ai qual seguirono- tra il 1998 e il 1999 - 20esemplari immessi in Val Genova.L’ultima operazione di reintroduzionedel bovide in provinciadi Trento è stata realizzata trail 2000 e il 2002 nell’area dellePale di San Martino, dove sonostati rilasciati complessivamente30 stambecchi. Nell’estate del2006, nell’ambito dei festeggiamentiper i cento anni dello stambeccoin Svizzera, la ConfederazioneElvetica ha deciso di cedereall’Italia alcune decine di capi, asimbolico “risarcimento” per inumerosi animali sottratti illegalmenteall’inizio del 1900. 12 diquesti animali sono stati liberatiin Val Genova e sono quindi andatia rinforzare il nucleo originatosicon le immissioni <strong>della</strong> finedegli anni 90 del secolo scorso.In base agli ultimi monitoraggieffettuati, allo stato attuale nel<strong>Parco</strong> è possibile stimare una popolazionedi circa 120 capi, deiquali oltre 60 nell’area San Valentino-Valdi Fumo e oltre 50 inVal Genova.IL CAMOSCIOIl camoscio (Rupicapra rupicapra)era diffuso in modo continuosu tutte le Alpi fino alla secondametà del 1700. Nei due secoliseguenti, a causa soprattutto dell’eccessivoprelievo venatorio, ilsuo areale e le sue consistenzeandarono progressivamente diminuendo.Verso il 1950, con ilgraduale abbandono dello sfruttamentointensivo delle zone dimedia e alta montagna, questatendenza negativa si invertì, ele popolazioni ricominciarono aespandersi. Dagli anni 60 del secoloscorso, lo status <strong>della</strong> specieè in costante miglioramento, anchegrazie all’aumento delle areeprotette, a una più consapevolegestione venatoria e a numeroseoperazioni di reintroduzione.Sulle Alpi italiane il camoscio atutt’oggi risulta distribuito dalFriuli Venezia Giulia (la distribuzioneappare continua tra Pordenonee Udine e puntiforme aTrieste), Veneto, Trentino AltoAdige, Lombardia, Piemonte,Valle d’Aosta, fino in Liguria,alla Provincia di Imperia, conpossibili sporadiche comparsein provincia di Savona, che rappresentail limite sud-occidentaledell’areale. Nel 2000 venivano72PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAstimati come presenti sull’ArcoAlpino italiano circa 124.000 camosci,per una densità media di4,6 capi/100 ha.Per quanto concerne la Provinciadi Trento, il camoscio è distribuitoin modo continuo sul 54% delterritorio, con la sola esclusionedelle aree poste alle quote menoelevate. Da un punto di vista numerico,la consistenza provinciale,in accordo con quanto si staverificando anche in altre areedelle Alpi in cui la specie sta velocementecolonizzando tutti glihabitat idonei, appare nettamentein crescita negli ultimi 13 anni,nel corso dei quali si è passatidai circa 16.000 capi del 1993 ai24.300 attuali (+ 50%). Nell’areaconsiderata dal Piano Faunisticosono complessivamente presenticirca 10.000 camosci, che costituisconoil 42,7% dei capi presentisul territorio provinciale.Le densità (intese come numerodi capi per 100 ha di habitat idoneo)sono le maggiori registrate alivello provinciale, con una mediadi circa 15 camosci/100 ha.In particolare, le maggiori densitàsi riscontrano nelle Riserve diCaccia di Daone-Bersone-Praso,Breguzzo (Massiccio dell’Adamello),Strembo (Val Genova),Giustino-Massimeno (Massiccio<strong>della</strong> Presanella), S. Lorenzo inBanale (Brenta Meridionale) eTerlago (Paganella).Il camoscio è una specie soggettaa prelievo venatorio in baseall’Art.18 <strong>della</strong> L.N. 157/1992e all’Art. 29 <strong>della</strong> L.P. 24/1991.Tutti i dati di abbattimento sonoraccolti e archiviati da parte delServizio Foreste e Fauna <strong>della</strong>PAT. Il numero di abbattimentieffettuati su scala provinciale riflette,in gran parte, l’andamentocrescente <strong>della</strong> popolazione negliultimi dieci anni essendo passatidai 1.643 capi del 1992 ai 3.100del 2004, con un incremento del75,8% a fronte di un tasso di prelievopressoché costante, compresotra l’11 e il 12% (nel 2004il tasso di abbattimento è statodel 12,6%). Anche all’internodel <strong>Parco</strong>, in accordo con l’andamentodelle consistenze, le quotedi prelievo sono rimaste costanti,facendo registrare un valore medioche si aggira su circa 1.000capi prelevati/anno.Femmina di camoscio con yearling, foto A. MustoniPIANO FAUNISTICO 200773


ADAMELLO BRENT14.2 Il Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>e gli ungulatiANonostante gli ungulati nonsiano un gruppo faunisticoche pone particolari problematichedi conservazione,considerando anche la loroimportanza sociale, il PianoFaunistico propone numerosemisure volte a valorizzarne lapresenza.Per tutte e 5 le specie presentinel <strong>Parco</strong> (cervo, capriolo,camoscio, stambecco e muflone),il Piano propone dunquedi non differenziare i criteridi prelievo venatorio rispettoal territorio esterno all’areaprotetta. In questa decisioneappare prioritaria la considerazionelegata al buono statusdelle popolazioni presenti,che suggerisce di non apportareinutili complicazioni gestionali.Va peraltro tenutopresente che le riserve comunalidi diritto sono frequentementeintersecate dal confinedel <strong>Parco</strong> e che quindi qualsiasiregolamentazione legataalla caccia porterebbe notevolidifficoltà gestionali.Per il cervo e capriolo vieneproposto di evitare qualsiasiforma di foraggiamento. Talepratica viene infatti ritenutarischiosa sotto l’aspetto sanitario,favorendo una aggregazione“artificiosa” dei capi erendendo meno efficace la selezionenaturale che l’invernoattua in condizioni normali,lasciando sopravvivere sologli individui più forti e quindirendendo più “robusta” lapopolazione. Il foraggiamentosembra inoltre essere unadelle concause dei danni che,in particolare i cervi, provocanoalla foresta. Anche perquesto motivo, il Piano proponeun sistema periodico dimonitoraggio utile per tenere“sotto controllo” i fenomenidello scortecciamento e <strong>della</strong>cimatura.Per migliorare la qualità dell’habitatper il capriolo e, secondariamenteper il cervo, ilPiano propone di limitare losci fuoripista nelle zone maggiormenteutilizzate durantelo svernamento, di controllarela contrazione delle aree aperte,favorendo la permanenzadelle zone di margine e di regolamentarela presenza sulterritorio dei cani, che possonointeragire negativamentecon queste specie.Nel caso del muflone, vengonotassativamente vietatenuove immissioni, peraltrogià proibite dalla legislazionevigente (L.P. 24/91, L.N.157/92 e D.P.R. 357/92). Neiconfronti di questa specie alloctonail Piano Faunisticopropone altresì di contenerei “nuclei storici”, frutto delleimmissioni (legali) degli anni70 del secolo scorso e di eradicarei nuclei di recente formazione.Per il camoscio viene propostala mappatura di tuttele saline, considerate menodannose rispetto alla classicaattività di foraggiamento, mache possono comportare problematichesimili, soprattuttolegate all’alterazione dei normalicomportamenti spazialie, conseguentemente, modificarela composizione e la numerositàdei gruppi.Sempre per il camoscio il Pianopropone il contenimentodel muflone, specie che ad altedensità potrebbe interagirenegativamente con la specie.In generale, per tutte le speciepresenti viene consigliatoun attento monitoraggio sanitario,importante soprattuttoper le aree caratterizzate dallemaggiori densità.Anche per questo motivo, ilPiano Faunistico evidenzial’opportunità di creare centridi controllo <strong>della</strong> fauna abbattuta,i cui scopi principali dovrebberoproprio essere quellidi monitorare la situazione sanitariae, più in generale, ottenereimportanti dati sullo statusdelle popolazioni. Questamisura trova peraltro riscontroanche nel Piano Faunistico74PIANO FAUNISTICO 2007


A DAMELLO BRENTAAmbiente idoneo al capriolo in alta Val Rendena, foto F. FaganelloProvinciale.Nel settore <strong>della</strong> ricerca scientifica,il Piano propone un vastostudio pluriennale sullerelazioni interspecifiche trale 5 specie presenti nel <strong>Parco</strong>,con lo scopo principaledi comprendere le eventualidinamiche competitive. Lostudio dovrà anche valutarela presenza degli ovicaprinidomestici, ritenuti sia un fattoredi notevole importanzaculturale, sia un rischio perla fauna presente a causa <strong>della</strong>possibilità di trasmissionedi patologie estranee alle nostremontagne che potrebbero“seguire” le greggi dalle lorozone di provenienza.Figura centrale dello studiosarà sicuramente il muflone,per il quale si prevede unaintensa attività di monitoraggioradiotelemetrico e a vista,con lo scopo di comprendereil suo reale ruolo nell’ecosistemaalpino, storicamenteestraneo alla specie. Semprenel campo <strong>della</strong> ricerca scientifica,nel caso del cervo vengonoproposte ricerche sullaparatubercolosi, patologia sicuramentepresente a nord del<strong>Parco</strong> e che, pur dando apparentemente“pochi problemi”alla specie, potrebbe avere unruolo nella situazione di crisinella quale versa il capriolo.Per lo stambecco il Piano Faunisticoprevede di effettuareun costante monitoraggio dibase che porti a comprenderele dinamiche di espansionenumerica successive allereintroduzioni che hanno caratterizzatola vita del <strong>Parco</strong>negli ultimi 12 anni. <strong>Numero</strong>sesono infine le iniziative dicomunicazione in programmaper valorizzare la presenzadegli ungulati nell’area del<strong>Parco</strong>. Tra queste, le serate egli incontri con i turisti e lepopolazioni locali. In tal senso,va peraltro ricordato che lacomunicazione e l’educazionesono tra gli obiettivi di baseche la Legge Provinciale diistituzione dei parchi naturalidel Trentino (L.P. 18/88) indicacome “stelle polari” per lavita dell’area protetta.PIANO FAUNISTICO 200775


ADAMELLO BRENTA15. Altri contenutidel Piano FaunisticoLA PARCELLIZZAZIONEDEL PARCOGrazie all’utilizzo di un SistemaInformativo Territoriale (SIT oGIS), il <strong>Parco</strong> ha realizzato, a partiredalla cartografia preesistente,una parcellizzazione del territorioidonea all’archiviazione dei datifaunistici rilevati dai monitoraggi.Questa attività, realizzata a partiredalla carta <strong>della</strong> copertura vegetaleprovinciale e dalla carta <strong>della</strong>vegetazione del <strong>Parco</strong>, è stata unCarta del disturbo antropicopasso fondamentale per permetteredi elaborare in modo semplificatoe unificato i dati raccolti neivari progetti e per garantire unaunivoca e facile lettura dei risultati.Le varie zone sono infatti stateindividuate sulla base dell’uniformitàdi alcuni parametri geograficifondamentali come l’esposizionedei versanti, la presenza di corsid’acqua o di crinali, le variazioninette <strong>della</strong> vegetazione o <strong>della</strong>geomorfologia.Attualmente il territorio protettorisulta dunque suddiviso in pocomeno di 600 parcelle, ognunadelle quali è identificata univocamenteattraverso un codice numerico.L’importanza di questolavoro emerge in modo evidentenel momento in cui si analizzanoi progetti svolti dal <strong>Parco</strong>: oggiinfatti si può contare su di un databasegeoreferenziato contenentedati standardizzati, facilmentefruibili, utilizzabili per svariateapplicazioni che vanno dal monitoraggioalla gestione <strong>della</strong> fauna,dalla ricerca scientifica alla pianificazionedel territorio.CARTE DELLARICCHEZZA FAUNISTICA,DEL DISTURBO E DELLACRITICITÀUno dei primi risultati, elaboratisulla base cartografica appenadescritta, contenuti nel Piano è lacarta <strong>della</strong> ricchezza faunistica: sitratta <strong>della</strong> restituzione cartografica<strong>della</strong> varietà <strong>della</strong> zoocenosi,vale a dire del numero di speciepresenti in ciascuna zona delterritorio del <strong>Parco</strong>. Accanto aquesta prima carta, è stata affiancataquella del “valore faunistico”.Come nel caso precedente,ad ogni particella è associato unvalore numerico, ottenuto dalla76PIANO FAUNISTICO 2007


ADAMELLO BRENTAsommatoria del valore attribuitoad ogni specie presente in rapportoal suo ruolo ecologico eallo stato di conservazione.Un passo successivo è stato ilcalcolo degli indici di sensibilità.Si tratta dell’elaborazione di unascala numerica che analizza lesingole specie in base ad alcunicaratteri che possano identificarlecome più o meno “sensibili”alle perturbazioni esterne. Nellospecifico, ogni specie presente èstata esaminata in relazione allasua distribuzione spaziale, valutandonela rarità e le necessitàecologiche. Sono quindi stateevidenziate la dimensione <strong>della</strong>popolazione e la sua tendenza,sia a livello locale, sia da unpunto di vista più ampio. Oltre aqueste caratteristiche, sono stateconsiderati: il valore scientificoche ogni specie rappresenta,l’estensione dell’habitat disponibilee la sua fragilità ecologica(vulnerabilità).A partire dalle priorità emerse,sono state affrontate le problematicherelative al disturbo antropicosulla fauna. E’ stato rilevatocome alcune attività ricreativeabbiano un indubbio effetto sunumerose specie, soprattutto neiperiodi in cui queste sopportanoforti stress ambientali. Il periodoinvernale, ad esempio, rappresentaper molti animali una fasecritica in cui il risparmio energeticoè una priorità assoluta, a causa<strong>della</strong> drastica limitazione <strong>della</strong>disponibilità di cibo, oltre alledifficoltà imputabili alle bassetemperature. La presenza diffusadi persone sul territorio, dovutaalla pratica degli sport invernali,è dunque per alcuni gruppi faunisticiuna indubbia minaccia.Prendendo le mosse da questidati, il <strong>Parco</strong> prevede di elaborareapposite norme finalizzate a ridurrel’impatto di alcune attivitàe alla tutela delle varie specie, soprattuttonei momenti in cui sonomaggiormente esposte a rischio.Tutte le considerazioni sopra riportatehanno condotto all’elaborazione<strong>della</strong> carta del disturboantropico. La sovrapposizione diquesta carta con quella del valorefaunistico ha permesso di individuarele aree critiche, sulle qualiporre la maggiore attenzione nelleattività di conservazione (cartadelle criticità).I MONITORAGGIFAUNISTICICon lo scopo di acquisire datisempre più attendibili, utili all’identificazionedelle aree critichesecondo il metodo appenadescritto, uno degli impegni fondamentaliche emergono dal PianoFaunistico è il monitoraggio<strong>della</strong> fauna.Si prevede che questa attivitàvenga attuata secondo diversicriteri: nel caso in cui emerganoproblemi particolari su singolespecie o popolazioni, possonoessere organizzati protocolli specifici;parallelamente, con cadenzaannuale, grazie all’attività deiguardaparco, viene effettuato unmonitoraggio mirato standardizzato.Tale protocollo constadi una serie di transetti, descrittiunivocamente su base cartografica,che vengono percorsi inmodo standard dalla primaverafino a metà estate, una sola voltal’anno. Il periodo scelto garantiscela maggiore osservabilità direttadelle numerose specie. Ognioperatore è impegnato a rilevaresegni di presenza - dalle tane airesti di pasto, dai nidi a peli epenne - di ben 68 specie.Uno dei ruoli fondamentali legatiGregge al pascolo, foto A. MustoniPIANO FAUNISTICO 200777


ADAMELLO BRENTASPECIE OGRUPPOAMBITO MISURA P.CFacilitazione <strong>della</strong> coesistenza pacifica dell’orso con l’uomo e le sueattività attraverso vari provvedimenti che vanno dalla comunicazione allaprevenzione dei danni1SSperimentazione di tecniche di monitoraggio <strong>della</strong> popolazione chevadano ad integrare e sostituire il radiomonitoraggio al fine di valutare laconsistenza e l’andamento <strong>della</strong> popolazione ursina1CGarantire un sistema di monitoraggio <strong>della</strong> popolazione di orsi sia a livellodi consistenza sia di localizzazione e distribuzione sul territorio2CmRealizzazione di “spettacoli” a tema con fine didattico-educativo relativoall’importanza <strong>della</strong> specie2CmRealizzazione di una biblioteca “naturalistica”, eventualmente interna al<strong>Parco</strong>, fruibile dal pubblico, con testi divulgativi e specifici sia sull’orso siasui grandi carnivori3CmSperimentazione di nuovi canali di comunicazione nei confronti dei diversigruppi di interesse al fine di individuare le strategie migliori per ridurre iconflitti3LupoSAttivazione di un programma di monitoraggio a lungo termine <strong>della</strong>presenza e <strong>della</strong> consistenza <strong>della</strong> popolazione da intraprendere qualoravenga segnalata la specie nei confini del <strong>Parco</strong>1CPartecipazione alle reti di collaborazione nazionale ed internazionalevolte a una omogeneizzazione dei criteri di conservazione e gestione dellepopolazioni di lupi ed una gestione unitaria di tutta la popolazione alpina1CIncentivazione di forme di zootecnia compatibili con la presenza dei grandipredatori1CControllo cani vaganti e inselvatichiti per ridurre la possibilità di incrociocon il lupo e salvaguardarne l’identità genetica2CIstituzione di un’efficace strategia di prevenzione, accertamento erisarcimento dei possibili danni al fine di prevenire e limitare i potenzialiconflitti2LinceSAdesione al programma di monitoraggio del “Gruppo di lavoro sulla Lince”<strong>della</strong> Rete Alpina delle Aree Protette qualora la specie venisse segnalataanche nel <strong>Parco</strong>1CRaccordo con strutture, enti, gruppi di ricerca impegnati nella salvaguardiae conservazione <strong>della</strong> lince a livello alpino (internazionale) per garantire ilcoordinamento e la uniformità delle strategie di conservazione1CPartecipazione ad una eventuale operazione di reintroduzione <strong>della</strong> speciepromossa da altri (a livello provinciale o nazionale) per favorire unaeventuale ricolonizzazione dell’Arco Alpino da parte <strong>della</strong> specie1CMitigazione delle cause che hanno condotto la specie all’estinzione e cheattualmente sono causa <strong>della</strong> difficoltà di ricolonizzazione spontanea2VolpeCMonitoraggio sanitario dei capi abbattuti mirato al rinvenimento di eventualiserbatoi di infezione di rabbia silvestre o di altre patologie2SApprofondimento delle conoscenze relative alla biologia e all’ecologia<strong>della</strong> specie rivolto ad individuare le principali fonti alimentari, nell’otticadi una possibile convivenza con grandi carnivori dei quali potenzialmentepuò condividere le risorse2SMonitoraggio <strong>della</strong> popolazione con valutazione delle densità e delletendenze numeriche attraverso rilievi diretti o indici di presenza3CmOrganizzazione di programmi di educazione ambientale, realizzazione dipubblicazioni e di serate a tema sia presso le scuole sia rivolti agli adulti,finalizzati a divulgare informazioni sulla sua ecologia e la sua biologia3SApprofondimento delle conoscenze relative alla biologia e all’ecologia<strong>della</strong> specie, soprattutto in relazione alla probabile compresenza con igrandi carnivori e alle problematiche relative alla loro conservazione380PIANO FAUNISTICO 2007


ADAMELLO BRENTASPECIE OGRUPPOAMBITO MISURA P.MUSTELIDISVerifica <strong>della</strong> presenza/assenza delle diverse specie attraverso il rilievo disegni di presenza sul territorio, così come previsto nell’ambito del “Progettodi Monitoraggio Faunistico”1CmOrganizzazione di programmi di educazione ambientale presso le scuole erealizzazione di pubblicazioni divulgative relative al gruppo dei mustelidi3CmIncontri tecnici di formazione e aggiornamento per personale specializzatoper garantire un efficiente monitoraggio sulle diverse specie del gruppo3CmRealizzazione di mostre permanenti o itineranti riguardanti le specie a finidivulgativi e didattici sia rivolti ai bambini sia agli adulti3SApprofondimento delle conoscenze relative alla biologia e all’ecologiadelle specie attraverso progetti mirati di ricerca e monitoraggio3SApprofondimento dei rapporti interspecifici donnola-ermellino perverificarne la compresenza, e gli eventuali fenomeni di competizione3CIdentificazione dello stato di conservazione <strong>della</strong> martora, attualmente nondefinito, per valutare eventuali misure di tutela specifiche3ErmellinoCOsservanza delle normative sull’abbandono dei rifiuti in alta e media quotaper impedire la dipendenza da fonti di cibo alimentare “artificiale” e perdiminuire la possibilità di trasmissione di malattie1SApprofondimento dei rapporti <strong>della</strong> specie con le potenziali prede pervalutare la disponibilità di fonti alimentari e l’eventuale impatto sullepopolazioni3LontraCNonostante la lontra sia stata presente in passato in Trentino, il <strong>Parco</strong> nonprevede alcuna immissione in considerazione dei cambiamenti ambientaliche hanno caratterizzato negli ultimi decenni la rete idrica1UNGULATICControllo biometrico e sanitario di tutti i capi abbattuti finalizzato allacontinua valutazione dello stato delle popolazioni presenti1SVerifica <strong>della</strong> presenza/assenza di indici di presenza delle specie secondoquanto previsto nell’ambito del “Progetto di Monitoraggio Faunistico”1CmPredisposizione/realizzazione di incontri/serate a tema sia per la popolazionelocale sia per i turisti2Cervo, capriolo,stambecco, camoscioCRegolamentazione dello sci escursionismo e dello sci fuori pista qualoraandasse ad interferire con la conservazione di questi ungulati1Camoscio,stambecco, caprioloCmPunti di osservazione <strong>della</strong> fauna, prevalentemente a fini didattici, chepermettano gli avvistamenti riducendo però il disturbo agli animali3Cervo, camoscio,stambeccoSValutazione <strong>della</strong> sovrapposizione spaziale e trofica tra le diverse specie diUngulati del <strong>Parco</strong> per valutare la possibilità di fenomeni di competizione odi semplice condivisione dello spazio tra le diverse specie3Cervo, caprioloSApprofondimento delle conoscenze sui rapporti interspecifici con il cervo,soprattutto alla luce delle opposte tendenze delle popolazioni dei duecervidi1CMonitoraggio periodico dei danni provocati al patrimonio forestalesoprattutto in relazione all’espansione del cervo, finalizzato eventualmentead individuare specie e ambienti vegetali a maggior rischio.2CAssenza di foraggiamento invernale che può causare crescite artificiali dellepopolazioni, sottraendole al controllo naturale imposto <strong>della</strong> disponibilitàdi risorse nell’ambiente2CmRealizzazione di recinti presso il Centro Faunistico di Spiazzo per finididattici3Stambecco, mufloneCmPredisposizione/realizzazione di incontri/serate a tema per i residenti e peri turisti per divulgare le informazioni ecologiche ed etologiche relative alledue specie1PIANO FAUNISTICO 200781


ADAMELLO BRENTASPECIE OGRUPPOAMBITO MISURA P.CRegolamentazione del pascolo di ovini e caprini e altri domestici inrelazione alla possibile compresenza delle specie selvatiche per limitarepossibili fenomeni di competizione per le risorse alimentari e per limitarela possibile diffusione di patologie2StambeccoCamoscioCervoCaprioloMufloneCmSCCCCCCCSSSSCCCSSCmRealizzazione di un volume divulgativo <strong>della</strong> collana “Le Guide del <strong>Parco</strong>”,facendo riferimento anche al progetto di reintroduzioneAnalisi dell’utilizzo dello spazio in rapporto alle previsioni dello Studio diFattibilità preventivo alla reintroduzioneValutazione dell’opportunità di rilasciare ulteriori capi di stambecco permigliorare la consistenza numerica e genetica <strong>della</strong> popolazione presenteMonitoraggio <strong>della</strong> neocolonia per valutarne la consistenza numerica e lasua distribuzione spazialeRealizzazione di una rete di collaborazione a livello provinciale einterprovinciale soprattutto in previsione di una possibile espansione delleneocolonie presenti nel <strong>Parco</strong> e nelle aree protette confinantiRegolamentazione del disturbo di origine antropica per limitare gli effettidannosi sulla popolazione reintrodottaContenimento del muflone, specie aliena, soprattutto nell’ottica di unapotenziale competizione con il camoscio, con il quale condivide i territorie le risorse alimentariMonitoraggio sanitario periodico <strong>della</strong> popolazione al fine di individuare intempi utili l’eventuale diffusione di malattieMappatura e monitoraggio delle saline presenti per valutare la loro incidenzasulla distribuzione dei branchiIndividuazione dei fattori che potenzialmente determinano la bassa presenzadel cervo nelle aree poste in destra orografica <strong>della</strong> Val RendenaAnalisi dell’utilizzo dello spazio attraverso la cattura di alcuni esemplari eil radiomarcaggioMappatura (su supporto GIS) di tutti i “campi degli amori” finalizzata adindividuare lo stato di espansione <strong>della</strong> specie nei confini del <strong>Parco</strong>Analisi del ruolo ecosistemico del cervo nell’ambito delle dinamicheconnesse con la presenza del Mycobacterium avium paratuberculosis(Paratubercolosi)Controllo cani vaganti e inselvatichiti per evitare danni diretti su questaspecieMappatura e mantenimento dei prati falciabili e contenimento delrimboschimento per mantenere sufficienti porzioni di habitat idoneo allepopolazioni esistentiGestione selvicolturale a favore del sottobosco a latifoglie che rappresentauna consistente porzione di habitat idoneo al caprioloApprofondimento delle conoscenze sui rapporti interspecifici con gli altriungulati per mettere in evidenza eventuali rapporti di competizione oltreche di condivisione di territoriApprofondimento delle conoscenze sulla distribuzione <strong>della</strong> specieall’interno del <strong>Parco</strong>Opera di informazione e formazione rivolta alla componente venatoria, voltaad evidenziare le problematiche relative alla gestione <strong>della</strong> specie,aliena inambito alpinoC Contenimento dei nuclei “storici” del Brenta e <strong>della</strong> Val Nambrone 1C Nessuna immissione futura 1C Graduale eradicazione dei nuclei “recenti” introdotti abusivamente 1SApprofondimento delle conoscenze sulle consistenze e sulla dinamica dellepopolazioni <strong>della</strong> Val Nambrone e del Brenta Meridionale attraverso studispecificiS Attento monitoraggio dei nuclei di mufloni “storici” 21111231122233222331282PIANO FAUNISTICO 2007


ADAMELLO BRENTASPECIE OGRUPPOAMBITO MISURA P.SAnalisi del grado di sovrapposizione tra le diverse specie di Ungulati del<strong>Parco</strong> sia a livello di utilizzo dello spazio sia livello di pascolo3SStudio sulla competizione tra il muflone e gli altri ungulati selvatici, sia alivello spaziale sia livello di risorse alimentari, con particolare riferimentoal camoscio3CinghialeCContenimento numerico e spaziale tramite eradicazione degli eventuali capipresenti a causa dell’impatto che la sua presenza provoca su agricoltura,fauna e sugli equilibri dell’ecosistema alpino1CAl fine di non compromettere le relazioni ecologiche in atto, non si ammettela possibilità di alcuna immissione di cinghiale1CmInserimento <strong>della</strong> specie nelle serate a tema sugli Ungulati rivolte alpubblico dei residenti e dei turisti2CmOpera di informazione e formazione rivolta alla componente venatoria eagli agricoltori al fine di prevenire e limitare eventuali contrasti dovuti aidiversi interessi dei vari gruppi nei confronti <strong>della</strong> specie3Lepre comune, leprevariabileCControllo biometrico e sanitario di tutti i capi abbattuti e/o rinvenuti morti,al fine di monitorare costantemente lo stato delle popolazioni e prevenirel’eventuale diffusione di patologie1SApprofondimento delle conoscenze sulla distribuzione e sulle consistenzenumeriche di entrambe le specie all’interno del <strong>Parco</strong>, soprattutto ai fini<strong>della</strong> gestione del prelievo venatorio1CNessun ripopolamento, soprattutto nell’ottica dell’inefficacia di talestrumento e delle problematiche sanitarie e genetiche che possono derivare1CSospensione del prelievo venatorio con fine cautelativo in attesa di indaginirelative alla reale consistenza delle popolazioni delle due specie1SApprofondimento delle conoscenze sugli effetti dell’utilizzo antropico delterritorio sulla dinamica di popolazione delle due specie2CmIncontri tecnici di formazione e aggiornamento sui Lagomorfi del<strong>Parco</strong>, rivolti alle categorie principalmente interessate quali cacciatori eagricoltori3SIndagini genetiche dei nuclei presenti allo stato selvatico volti adindividuare eventuali ibridazioni tra lepre variabile e comune, possibilinuclei “autoctoni” residui e la variabilità genetica interna alla popolazione3CPromozione e sostegno delle azioni di miglioramento dell’habitat per lalepre comune, favorendo attività e pratiche agricole che garantiscano ilmantenimento dell’habitat idoneo alle specie2CValutazione <strong>della</strong> situazione distributiva <strong>della</strong> lepre comune, soprattuttonell’ottica del prelievo venatorio3CHIROTTERICIncentivazione di pratiche forestali che prevedano il mantenimento di unacerta quota di alberi maturi o senescenti, elementi fondamentali dell’habitatdi molti chirotteri1COrganizzazione, presso il <strong>Parco</strong>, di un servizio di assistenza al pubblico sulmodello di quello attivato a livello sperimentale in alcune province (“SOSChirotteri”), per fornire indicazioni ai cittadini che si trovino in presenza diqueste specie2CmRealizzazione di un libro divulgativo e di materiale informativo suiChirotteri del <strong>Parco</strong> al fine di aumentare le conoscenze su queste specie esfatare le numerose credenze negative2CmOrganizzazione di programmi di educazione ambientale rivolti al pubblicodi età scolastica2SAnalisi degli home ranges e dell’estensione/tipologia dei siti diforaggiamento nell’area del <strong>Parco</strong> e nelle zone limitrofe per individuarepotenziali siti importanti per la conservazione dei chirotteri2SAnalisi dell’andamento delle colonie riproduttive e valutazione del successoriproduttivo finalizzato ad individuare lo stato delle popolazioni presenti2PIANO FAUNISTICO 200783


ADAMELLO BRENTASPECIE OGRUPPOAMBITO MISURA P.SAttuazione e valutazione di possibili interventi gestionali finalizzati afavorire la ripresa delle popolazioni2CMonitoraggio delle specie, nel territorio del <strong>Parco</strong> e nelle aree limitrofe, conpriorità alle specie particolarmente rare e minacciate (Allegato II DirettivaHabitat, Red List IUCN)2CmAdesione del <strong>Parco</strong> alla manifestazione internazionale sui pipistrelli“European Bat Night”, allo scopo di accrescere le conoscenze del pubblicoe avvicinare i cittadini al mondo dei chirotteri3CInterventi per garantire la conservazione delle colonie riproduttivee di svernamento negli ambienti più a rischio tra i quali i vecchi edificiabbandonati3INSETTIVORI,RODITORISStudi specialistici per l’approfondimento delle conoscenze sull’autoecologiadi alcune specie particolarmente minacciate e/o poco note, anche conl’utilizzo delle indagini genetiche3SMonitoraggio <strong>della</strong> presenza e delle dinamiche delle popolazioni inconsiderazione del loro ruolo di prede nell’ecosistema alpino3SStudio sul ruolo ecosistemico dei piccoli mammiferi nel <strong>Parco</strong>: analisi qualiquantitativedei flussi energetici nei diversi ecosistemi alpini e prealpini3CmOrganizzazione di programmi di educazione ambientale presso le scuoledato che in genere questi animali sono molto poco conosciuti3InsettivoriCMonitoraggio, nel territorio del <strong>Parco</strong> e aree limitrofe, delle specie conparticolare riguardo a quelle rare e poco note3SEventuale approfondimento per verificare, con l’impiego di tecnichegenetiche, la presenza nel <strong>Parco</strong> di altre specie del genere Sorex(toporagni)3RoditoriSStudi specialistici per l’approfondimento delle conoscenze sull’autoecologiadi alcune specie particolarmente rare e minacciate e/o poco note2SMonitoraggio delle presenze ed eventualmente delle dinamiche dipopolazione, anche nell’ottica del rapporto preda-predatore3CMonitoraggio, nel territorio del <strong>Parco</strong> e aree limitrofe, delle specie, conpriorità per quelle particolarmente rare e poco note sia per quanto riguardala loro diffusione sia per quanto riguarda la consistenza delle popolazioni3SStudio sul ruolo ecologico <strong>della</strong> marmotta con analisi delle dinamiche dipopolazione e dell’interazione con i predatori3SStudio sulla dinamica di popolazione dello scoiattolo comune nelle areealpine e prealpine3UCCELLISVerifica <strong>della</strong> presenza/assenza di indici di presenza delle varie speciesecondo quanto previsto nell’ambito del “Progetto di MonitoraggioFaunistico”1CConservazione degli habitat idonei alle diverse specie con particolareattenzione a quelle minacciate o rare3CmRealizzazione di mangiatoie a fini didattici da utilizzare per progetti didatticirivolti alle scuole3SRealizzazione di un’indagine volta ad investigare la diffusione delle diversespecie di rondini3SRealizzazione di un’indagine volta ad investigare le specie di uccelli legateai corsi d’acqua, con particolare attenzione al merlo acquaiolo3SStudio volto a investigare la presenza dei picchi in relazione allecaratteristiche strutturali e composizionali dei boschi per valutare l’idoneitàdi alcuni sistemi boschivi e <strong>della</strong> loro gestione ad accogliere le variespecie384PIANO FAUNISTICO 2007


ADAMELLO BRENTASPECIE OGRUPPOAMBITO MISURA P.SIndagine sull’evoluzione del paesaggio trentino di fondovalle e bassa quotavolta a identificare le possibili cause del declino numerico di alcune speciedi questi ambienti3SSIndagine sull’evoluzione delle praterie alpine per evidenziare possibilicontrasti con la conservazione delle specie legati a questo tipo di habitatIndagine sugli ecosistemi di alta quota dei gruppi montuosi di Brenta,dell’Adamello e <strong>della</strong> Presanella finalizzata ad individuare la presenza dellevarie specie e le relazioni tra di esse e l’ambienteAllodola, turdidi C Chiusura del prelievo venatorio nei confini del <strong>Parco</strong> 1GalliformiGallo cedrone,gallo forcelloGallo cedroneGallo forcelloPernice biancaCmCmCSSSSSCCCSCCSSPredisposizione e realizzazione di incontri e serate a tema rivolte al pubblicoresidente e ai turisti al fine di informare sulla biologia ed ecologia dellespecie e sulle problematiche di conservazioneIncontri tecnici di formazione e aggiornamento sui Galliformi del <strong>Parco</strong>rivolti ai cacciatori al fine di sensibilizzare sulle esigenze conservazionistichee informare sulla biologia ed ecologia delle specieIstituzione di “zone di rispetto” nelle quali attuare una forte limitazione deldisturbo invernale, con la proibizione dello sci fuori pista ed il divieto diabbandonare le tradizionali traiettorie per lo sci alpinismoValutazione dell’impatto antropico nelle diverse stagioni, soprattuttodurante i periodi critici (inverno e periodo riproduttivo)Studio sperimentale relativo a possibili miglioramenti ambientali inparticolare facendo riferimento alle tecniche selvicolturaliStudio delle correlazioni tra l’andamento climatico primaverile e ilsuccesso riproduttivo dei due galliformi per comprendere la dinamica dellepopolazioni in relazione alle variazioni stagionali annualiApprofondimento delle conoscenze sulla distribuzione di questa specie e<strong>della</strong> consistenza numerica all’interno del <strong>Parco</strong>Ricerca di nuovi punti di canto e controllo di quelli noti in passato ma cherisultano al momento abbandonatiRispetto e interdizione di qualunque attività di gestione selvicolturale delbosco (apertura di strade, tagli ecc.) dal 1 aprile al 30 luglio nelle areecomprese in un cerchio con raggio di 1000 m intorno ai punti di canto,nidificazione o allevamento <strong>della</strong> prole comprese nell’areale potenziale<strong>della</strong> specieControllo biometrico e sanitario di tutti i capi abbattuti durante la stagionevenatoria al fine di verificare lo stato di salute del popolamento esistenteLimitazione delle attività di gestione selvicolturale del bosco (apertura distrade, tagli ecc.) nel periodo compreso tra l’1 aprile e il 15 agosto nellearee comprese in un cerchio con raggio di 600 m intorno ai punti di canto einternamente all’areale potenziale <strong>della</strong> specieRicerca di nuove arene finalizzata alla stima <strong>della</strong> consistenza <strong>della</strong>popolazione all’interno del <strong>Parco</strong> e all’individuazione dei punti critici perla riproduzioneLimitazione dei rifiuti in quota e osservanza delle normative sull’abbandonodei rifiuti in alta e media quota per limitare la presenza dei corvidi, possibilipredatori di uova e pulcini, in alta quotaSospensione del prelievo venatorio a causa dell’accertata tendenza dellepopolazioni dell’Arco Alpino, con lo scopo di favorire una auspicabileripresa numericaAl fine di poter disporre di un elevato numero di dati risulta necessarioaumentare il numero di aree campione individuate per i censimenti,soprattutto sul versante dell’Adamello-PresanellaApprofondimento delle conoscenze sullo status <strong>della</strong> popolazione e deifattori che lo influenzano con lo scopo di individuare eventuali misureconservazionistiche e gestionali331211231111121122PIANO FAUNISTICO 200785


ADAMELLO BRENTASPECIE OGRUPPOAMBITO MISURA P.CoturniceCSospensione del prelievo venatorio data la costante riduzione <strong>della</strong>consistenza delle popolazioni, al fine di ridurre uno degli impatti negativi1CNessun ripopolamento dato che i capi immessi presentano solitamenteun’alta mortalità e comportano il rischio concreto di “inquinamentogenetico”1SCensimenti primaverili ed estivi condotti sulle medesime aree campione alfine di migliorare l’accuratezza delle stime del numero di capi e valutareanche il successo riproduttivo1SStudio sperimentale che riguardi i possibili miglioramenti ambientali dametter in atto per favorire la ripresa delle popolazioni2SApprofondimento delle conoscenze sullo status <strong>della</strong> popolazione presentenel <strong>Parco</strong> e dei fattori che lo influenzano2SStudio delle correlazioni esistenti tra l’andamento climatico primaverilee il successo riproduttivo per comprendere l’entità dell’influenzadell’andamento stagionale3Francolino di monteCEvitare le attività selvicolturali nel periodo compreso tra l’1 aprile e il 30luglio all’interno delle zone di riproduzione per evitare il disturbo diretto1SApprofondimento delle conoscenze sullo status <strong>della</strong> popolazione e deifattori che lo influenzano per indirizzare in modo ottimale eventuali misuregestionali e conservazionistiche2CGestione del bosco che favorisca il mantenimento di zone ricche dirinnovamento e sottobosco anche di limitate dimensioni, fattori fondamentalidell’habitat del francolino2SStudio delle correlazioni esistenti tra l’andamento climatico primaverilee il successo riproduttivo per comprendere l’entità dell’influenzadell’andamento stagionale3RapaciCmProposta di conferenze a tema aventi per oggetto i rapaci e il gipeto inparticolare al fine di mettere in evidenza gli sforzi per la sua reintroduzionee conservazione1CGestione forestale compatibile con le necessità ecologiche delle popolazionidi rapaci individuando misure di selvicoltura compatibili con essi1CPrevenzione del bracconaggio, tra le principali cause di declino numericoe estinzione locale di molti rapaci, con particolare riferimento ad aquila egipeto1CContenimento dell’impatto negativo delle discariche (peraltro attualmentenon presenti sul territorio), luogo di attrazione a causa delle fonti alimentariche offrono (ad esempio ratti), modificando le abitudini delle specieselvatiche e comportando la diffusione potenziale di malattie1CPrevenzione e mitigazione di eventuali azioni di disturbo ai siti dinidificazione, in particolare ai nidi di aquila1CmDato che al momento non esistono pubblicazioni aggiornate relative airapaci presenti nel <strong>Parco</strong>, si suggerisce la realizzazione di un numero dei“Documenti del <strong>Parco</strong>” relativa a aquila e altri rapaci2CmOrganizzazione di programmi di educazione ambientale relativi ai rapacirivolta a tutte le scuole di ordine e grado2CmPredisposizione e realizzazione di incontri e serate a tema per popolazionilocali e turisti2SStudio di base sulla distribuzione, biologia e ecologia di nidificazione dellespecie di rapaci diurni attualmente segnalati nel <strong>Parco</strong>2CMitigazione dell’impatto <strong>della</strong> gestione forestale sulle popolazioni di rapaciche utilizzano le aree boscate2SRealizzazione di una banca dati specifica per i rapaci diurni e notturnisegnalati nel <strong>Parco</strong>, a fini gestionali286PIANO FAUNISTICO 2007


ADAMELLO BRENTASPECIE OGRUPPOAMBITO MISURA P.GRealizzazione di un apposito regolamento che limiti l’impatto negativodelle attività di arrampicata, deltaplano, parapendio, fotografia naturalistica,escursionismo nei pressi di siti occupati o potenzialmente idonei allaspecie3CMitigazione dell’impatto <strong>della</strong> rete elettrica aerea sulle popolazioni dirapaci3CLimitazione disturbo ai siti di riproduzione causato da diverse fonti e attivitàoltre alle attività ricreative3Aquila realeSProsecuzione dell’attività di monitoraggio <strong>della</strong> popolazione presente perindividuarne i trend negli anni1SMonitoraggio ordinario dei siti di nidificazione di aquila reale epartecipazione ad eventuali progetti di monitoraggio a livello provincialee alpino1SApprofondimento delle conoscenze relative alla biologia, alla biologiariproduttiva e all’ecologia <strong>della</strong> specie, con particolare riferimento alpopolamento del <strong>Parco</strong> a fini conservazionistici2GipetoSPartecipazione alla raccolta dati sulla presenza, nell’ambito <strong>della</strong> rete dimonitoraggio internazionale e a quella locale coordinata dal ServizioForeste e Fauna <strong>della</strong> PAT1CAssenza di siti di alimentazione artificiale al fine di garantire la sussistenza<strong>della</strong> popolazione da fonti naturali e in modo da evitare la presenza assiduadi esemplari in luoghi definiti2CmRealizzazione di materiale divulgativo come depliant e piccole pubblicazionicon informazioni sull’ecologia, biologia ed etologia <strong>della</strong> specie nonchèsulle problematiche di conservazione2CIpotesi di reintroduzione nel <strong>Parco</strong> per contribuire al ripopolamentodell’Arco Alpino in continuità con precedenti progetti messi in atto da altrenazioni e aree protette2SPredisposizione di uno studio di fattibilità per la scelta di un eventuale sitodi rilascio all’interno del <strong>Parco</strong>2CProtezione degli habitat idonei alla specie per favorire la ricolonizzazionespontanea e l’eventuale reintroduzione3RETTILISVerifica <strong>della</strong> presenza/assenza di indici di presenza delle specie secondoquanto previsto nell’ambito del “Progetto di Monitoraggio Faunistico”1C Tutela degli habitat idonei alle varie specie a fini conservazionistici 3CmRealizzazione di un piccolo centro visite relativo a rettili e anfibi a scopodivulgativo rivolto alle scuole e agli adulti3ANFIBISVerifica <strong>della</strong> presenza/assenza di indici di presenza <strong>della</strong> specie secondoquanto previsto nell’ambito del “Progetto di Monitoraggio Faunistico”1CPrevenzione del bracconaggio soprattutto per quanto riguarda la catturadelle rane a scopo alimentare1CConservazione dei siti di riproduzione attraverso interventi diretti dimiglioramento delle zone umide interessate, per mezzo <strong>della</strong> tutela dieventuali luoghi di attraversamento di strade, limitazione delle opere disistemazione idraulica che possono interferire con le aree di riproduzione2CConservazione degli habitat idonei alle specie attraverso la limitazionedi attività e infrastrutture che possono modificare i bacini attualmentefrequentati dagli anfibi3CmRealizzazione di un piccolo centro visite relativo a rettili e anfibi a scopodivulgativo rivolto alle scuole e agli adulti3PESCICMisure di restrizione del prelievo alieutico per periodi medio-lunghi suspecie autoctone che necessitano di tutela2PIANO FAUNISTICO 200787


ADAMELLO BRENTASPECIE OGRUPPOAMBITO MISURA P.SAttuazione di un programma di monitoraggio delle biocenosi acquatichedei corsi d’acqua e dei laghi del <strong>Parco</strong> per un aggiornamento periodico<strong>della</strong> Carta Ittica.2Salmerino alpinoTrota marmorataTutte le specie inclusenel piano (no pesci)CSCCSCmSCCContenimento specie alloctone che possono entrare in competizione edanneggiare quelle autoctoneVerifica e quantificazione <strong>della</strong> presenza di specie ittiche alloctone neilaghi vocati al salmerino all’interno del <strong>Parco</strong>Tutela delle popolazione autoctone residuali nei laghi in cui sia accertatala presenzaInterruzione di immissioni abusive di specie alloctone visto l’effettoestremamente dannoso che hanno nei confronti degli ecosistemi acquaticie delle specie autoctoneApprofondimenti relativi alla reale presenza e consistenza <strong>della</strong> specie neilaghi del <strong>Parco</strong>Iniziative di informazione e divulgazione sulle problematiche relative allaconservazione <strong>della</strong> fauna ittica rivolte alle Associazioni PescatoriStudi sulla caratterizzazione genetica delle popolazioni presenti all’internodel <strong>Parco</strong>Ripristino ambientale e tutela dei siti in cui sia accertata la presenza <strong>della</strong>specieAdozione di un programma di interventi di ripopolamento e reintroduzionerispettivamente laddove esistano popolazioni a bassa consistenza numericao nei siti che presentano caratteristiche idoneeC Conservazione o ripristino degli habitat idonei alla specie 2CmCCSCSCmCmLEGENDAIniziative di divulgazione e didattica sul tema “salmerino” tra le quali larealizzazione e gestione di un’area presso il centro ittiogenico di Molveno in cuipoter svolgere attività specificheRealizzazione di impianti per la riproduzione semi-intensiva in cattività disalmerino alpino, attraverso il sostegno al centro ittiogenico di MolvenoBonifica dei bacini che presentano specie alloctone per tutelare direttamente ilsalmerino, se presente, oppure per permetterne la successiva reintroduzioneApprofondimenti relativi alla reale presenza e consistenza <strong>della</strong> specie nei laghidel <strong>Parco</strong>Ripristino ambientale e tutela dei siti in cui la specie è accertata o potenzialmentepotrebbe essere presenteAggiornamento periodico del database relativo agli indici di presenza delle specie(con dati derivanti dall’attività di “Monitoraggio Faunistico”)Realizzazione di un volume divulgativo o piccole pubblicazioni sulle singolespecie o sui gruppi presenti nei corsi d’acqua del <strong>Parco</strong>Predisposizione e realizzazione di incontri e serate a tema rivolti ai residenti e aituristi, con particolare riferimento ai pescatori11112222233322133AmbitoCm = azioni di comunicazioneC = azioni di conservazioneS = azioni di ricerca scientificaP. (Priorità) 1 = elevata2 = media3 = bassa88PIANO FAUNISTICO 2007


ADAMELLO BRENTAPrima Revisione del Piano Faunistico del <strong>Parco</strong> <strong>Naturale</strong> Adamello BrentaLa Revisione del Piano Faunistico è stata realizzatasecondo il seguente schema di collaborazione:CoordinamentoAndrea Mustoni, <strong>Parco</strong> <strong>Naturale</strong> Adamello BrentaSupervisione scientificaGuido Tosi, Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento Ambiente,Salute e Sicurezza, Unità di Analisi e Gestione delle Risorse AmbientaliParti specialiPesci: Istituto Agrario di San Michele all’AdigeAnfibi, Rettili, Uccelli (tranne Galliformi): Museo Tridentino di Scienze NaturaliChirotteri, Insettivori, Roditori: Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento Ambiente,Salute e Sicurezza, Unità di Analisi e Gestione delle Risorse AmbientaliUngulati, Carnivori, Lagomorfi, Galliformi: Gruppo di Ricerca e Conservazione dell’OrsoBruno del <strong>Parco</strong> <strong>Naturale</strong> Adamello BrentaParcellizzazione e protocolli di monitoraggio: Università degli Studi dell’Insubria,Dipartimento Ambiente, Salute e Sicurezza, Unità di Analisi eGestione delle Risorse AmbientaliCartografiaUniversità degli Studi dell’Insubria, Dipartimento Ambiente, Salute e Sicurezza,Unità di Analisi e Gestione delle Risorse AmbientaliPIANO FAUNISTICO 200789


A AA ADAMELLO BRENTA ADAMELLO BRENTPIANO FAUNISTICOSpecialeAADAMELLO BRENT APARCOAQuesto numero <strong>speciale</strong> <strong>della</strong> nostra <strong>rivista</strong> è interamente dedicato alnuovo Piano Faunistico del <strong>Parco</strong>, approvato dalla Giunta Provincialecon Del. n. 2518 del 16 novembre 2007.Con un po’ di sano orgoglio, vale la pena ricordare che in Trentino enel <strong>Parco</strong> abbiamo una situazione faunistica di straordinario valore,un patrimonio naturale che ci viene invidiato ovunque.Anche per questo motivo, il Piano Faunistico non vuole essere solamente un “atto dovuto”in base alla Legge istitutiva del <strong>Parco</strong>, ma soprattutto un importante “momento”di riflessione, utile per comprendere l’eccezionalità <strong>della</strong> nostra area e individuare dellestrategie per conservarla e valorizzarla il più possibile.Va detto subito che il Piano Faunistico è stato realizzato nella consapevolezza che il <strong>Parco</strong><strong>Naturale</strong> Adamello Brenta ha il compito di tutelare l’ambiente, ma allo stesso tempodi promuoverne un utilizzo sostenibile.In un’ottica moderna, quindi, il Piano Faunistico affronta le problematiche di conservazionetenendo conto sia degli aspetti di tutela sia di quelli socioeconomici connessiall’utilizzo compatibile delle risorse naturali.In tal senso “conservare e gestire” devono essere considerati un “unico obiettivo”, perraggiungere il quale è necessario un approccio di tipo equilibrato. La pianificazionefaunistica, come, in senso più ampio, quella ambientale, non può prescindere dall’indissolubilelegame uomo-territorio e dalle necessarie mediazioni che l’ambito socialecomporta.Capire quale sia la giusta direzione, capire quando è più importante tutelare in modo rigorosoe quando è al contrario possibile usufruire delle risorse ambientali è sicuramenteuna grande responsabilità. La responsabilità dei tecnici si traduce nel dare in mano a chideve decidere i necessari elementi di conoscenza.In questa direzione il Piano faunistico ha svolto le analisi rigorose per approfondire tuttii fattori che concorrono al raggiungimento dei prioritari obiettivi <strong>della</strong> conservazione,tenendo in considerazione, oltre agli elementi tecnici e biologici e a quelli normativi,anche gli aspetti più squisitamente sociali.Comprensione, accettazione e coinvolgimento sono requisiti fondamentali, senza i qualianche le migliori teorie rischiano seriamente di non trasformarsi mai in azione concreta.Anche per questa ragione abbiamo ritenuto che fosse importante dedicare un numero<strong>speciale</strong> <strong>della</strong> <strong>rivista</strong> al Piano Faunistico, distillandovi i principali contenuti, affinchéarrivasse in tutte le case degli abitanti del <strong>Parco</strong>.2007PIANO FAUNISTICO 20071Per finire vorrei sottolineare, con una punta di orgoglio, che il Piano Faunistico è statorealizzato “in casa”, da quell’Ufficio Faunistico che in questi anni, a partire dalla fondamentaleesperienza sull’orso, siamo riusciti gradualmente a costruire e consolidare, finoa diventare un fiore all’occhiello <strong>della</strong> nostra organizzazione.Il Direttore del <strong>Parco</strong> <strong>Naturale</strong> Adamello BrentaDott. Claudio Ferrari90Stampato su carta fornita da Cartiere del Garda Spa, azienda specializzata nella produzione di carte patinate senza legno. Certificata ISO 14001,Registrazione EMAS (30 giugno 2005). Cartiere del Garda pone molta attenzione alla scelta delle materie prime e impiega prevalentemente celluloseselezionate provenienti da fornitori che attuano una buona gestione delle risorse forestali. Tutte le carte sono prodotte in ambiente neutro senza acidi(acid-free). Interno GardaPat 13 Klassica 90g/m 2 - Copertina: GardaPat 13 Klassica 200g/m 2PIANO FAUNISTICO 2007

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