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Quadri “trattenuti” - La Rocca - il giornale di Sant'Agata Feltria

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<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Trem<strong>il</strong>a lire del «Corriere»al vincitore del GiroUn anziano signore, Armando Cougnet,alto, <strong>di</strong>ritto, con ancora, alla suaetà, molti capelli sempre ben pettinati, èchiamato dagli amici, sia pur con estremorispetto, «<strong>il</strong> papà del Giro».È una piccola antologia, ha visto nascerela grande corsa, anzi, ne è stato unodei fondatori. Il Giro d‘Italia è una suacreatura, sino a qualche anno fa, l’ha organizzato.I suoi ricor<strong>di</strong> sono precisi, definiti nelparticolare. Il cronista ufficiale dellagara a tappe più importante d’Italia ela seconda d’Europa dopo <strong>il</strong> Tour, è inpratica lui.Ecco come egli racconta la tribolata storiadatandola “anno <strong>di</strong> grazia 1908”.«Mentre tutti gli sportivi erano raccoltia Bologna per la Coppa Florio, che FeliceNazzaro vinceva per la Fiat, circolòla notizia che un grande <strong>giornale</strong> politicom<strong>il</strong>anese si preparava a ban<strong>di</strong>re <strong>il</strong>Giro ciclistico d’Italia per la primaveradel 1909.<strong>La</strong> Gazzetta dello Sport, che aveva giàpreso in considerazione l’eventualità <strong>di</strong>aggiungere alle sue organizzazioni anchequella maggiore, ruppe gli indugi e <strong>di</strong>botto annunciò <strong>il</strong> primo Giro d’Italiaper <strong>il</strong> maggio del 1909 con trentam<strong>il</strong>alire <strong>di</strong> premi».Tutto qui. Una storia semplice, dopotutto,che merita una aggiunta soltanto:<strong>il</strong> quoti<strong>di</strong>ano politico m<strong>il</strong>anese cheaveva in animo <strong>di</strong> organizzare <strong>il</strong> Girod’Italia era <strong>il</strong> Corriere della Sera <strong>il</strong> quale,assai sportivamente stanziò, per <strong>il</strong> primoin classifica generale, la somma <strong>di</strong> bentrem<strong>il</strong>a lire.Un merci salvò Ganna<strong>La</strong> puntata numero uno si ebbe nel1909. In piena notte partirono da M<strong>il</strong>anoper la prima tappa del primo Giroben 116 corridori. Il percorso era interminab<strong>il</strong>e,quattrocento ch<strong>il</strong>ometri daM<strong>il</strong>ano a Bologna con una deviazionenel Veneto per… «fare ch<strong>il</strong>ometri». Fuuna tappa drammatica. Gerbi, uno deiciclismoI Giri d’Italiaall’epoca <strong>di</strong> Dario Benifavoriti, cadde, Petit Breton si ferì pressoPeschiera, vinse Dario Beni, un corridoreromano. Dopo otto tappe la corsafece ritorno a M<strong>il</strong>ano, <strong>il</strong> vincitore fu LuigiGanna. Ma non si trattò <strong>di</strong> una vittoriafac<strong>il</strong>e: proprio nell’ultima frazione<strong>il</strong> campione forò due gomme favorendocosì la fuga <strong>di</strong> Giovanni Galetti, suoprincipale antagonista, che vedeva cosìla possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> guadagnare <strong>il</strong> primo postoe trionfare nella classifica generale.A rimetter giustizia intervenne un passaggioa livello nei pressi <strong>di</strong> Rho, chiusoper un treno-merci in manovra, che fermò<strong>il</strong> fuggitivo Galetti, consentendo aGanna <strong>di</strong> ritornare in gruppo.Avvelenati i «tre moschettieri»Il primo scandalo del Giro accadde nel1910. Al termine <strong>di</strong> una massacrantetappa da Bologna a Teramo, i dominatoridella gara, Ganna, Galetti e Pavesi,furono, secondo voci mai confermate,ad<strong>di</strong>rittura avvelenati. Partirono per laTeramo-Napoli in con<strong>di</strong>zioni pietose.Pareva dunque che la corsa si decidessea favore degli uomini della Legnano,quando uno <strong>di</strong> essi, <strong>il</strong> francese PetitBreton, ebbe un incidente <strong>di</strong> macchina.Scese dalla bicicletta, si affannò attornoalle ruote e alla moltiplica: non si trattava<strong>di</strong> un guaio grave, ci sarebbe volutosoltanto una vite. Ma Petit Breton nonaveva una vite e a norme <strong>di</strong> regolamentonessuno della carovana avrebbe potutodargliela; <strong>il</strong> primo paese era a molti ch<strong>il</strong>ometri.A pie<strong>di</strong>, così <strong>il</strong> corridore francesesi avviò verso un v<strong>il</strong>laggio ove cercarela stramaledetta vite. Per evitare chequalcuno, irregolarmente, potesse fornirgl<strong>il</strong>a famosa vite, <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettore sportivodell’Atala, Guido Gatti, seguì a pie<strong>di</strong>,scorta attenta e spietata, <strong>il</strong> corridore permolti ch<strong>il</strong>ometri. All’arrivo si ebbero reclami,polemiche, proteste. <strong>La</strong> Legnanosi ritirò. Vinse <strong>il</strong> Giro Galetti.Nel 1912 sbagliarono stradaIl primo grosso fattaccio si ebbe nel1912. Nella Pescara-Roma, per <strong>di</strong>fetto<strong>di</strong> segnalazioni, la carovana sbagliò laAgosto / Settembre 2009 Agosto / Settembre 2009strada. Poco prima <strong>di</strong> Civita Castellana,i corridori si fermarono. Scesero <strong>di</strong> biciclettae si riunirono a comizio decidendo,alla fine, <strong>di</strong> non proseguire.Poteva essere la fine del Giro d’Italia,forse la fine definitiva <strong>di</strong> una corsa chesarebbe precipitata nel ri<strong>di</strong>colo.L’auto della giuria che seguiva la corsa,sia pure con un certo ritardo, raggiunsela comitiva, mentre avveniva questa singolareriunione. Costamagna, che <strong>di</strong>rigevatutta la baracca, riuscì con fatica aconvincere i corridori a non abbandonare<strong>il</strong> Giro, a raggiungere la sede <strong>di</strong> tappadove si sarebbe stu<strong>di</strong>ata una soluzione.<strong>La</strong> soluzione fu trovata e, per la verità,fu più curiosa dello sciopero: al terminedella corsa, dopo aver raggiunto M<strong>il</strong>anoe dopo due giorni <strong>di</strong> riposo, i corridoriavrebbero <strong>di</strong>sputato una tappa suppletivasul percorso del Giro <strong>di</strong> Lombar<strong>di</strong>a.Davvero tutto da ridere.Girardengo fa una crocenella polvereIl Giro ebbe anche episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> teatralitàoggi incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i.Il più noto si ebbe nel 1921 quandoCostante Girardengo sofferente allereni, dopo un estenuante inseguimentosul Pian delle Cinque Miglia, decise <strong>di</strong>ritirarsi, gettò la bicicletta in un fosso echinatosi segnò nella polvere una grandecroce che avrebbe dovuto significareche <strong>di</strong> lì non sarebbe più passato.Si trattava <strong>di</strong> una grossa bugia. Girardengotornò su quelle strade. Nel 1923vinse <strong>di</strong> nuovo <strong>il</strong> Giro.Il Giro più faticosoIl Giro più faticoso fu quello del 1914al termine del quale dei novantotto corridoriche avevano preso <strong>il</strong> via, soltantootto giunsero al traguardo.<strong>La</strong> volata che ebbe più vincitori fu quelladell’ultima tappa del Giro 1920: novecorridori vennero classificati ex-aequo.Mario Oriani<strong>La</strong> Domenica del Corriere 20/5/1956(pagina a cura <strong>di</strong> Enzo Liverani)StoriaL’incen<strong>di</strong>o del 1951Riportiamo in questa pagina duearticoli apparsi – nella stampadell’epoca – sull’incen<strong>di</strong>o del1951 che devastò <strong>il</strong> Convento delle SuoreClarisse <strong>di</strong> S. Agata.Ecco <strong>il</strong> titolo del primo dei due articoli:L’incen<strong>di</strong>o del convento <strong>di</strong> Sant’Agata<strong>Feltria</strong> dovuto al criminoso lancio<strong>di</strong> sostanza infiammab<strong>il</strong>e. Esclusal’ipotesi del corto circuito – <strong>La</strong> luceelettrica non subì interruzioni –L’impossib<strong>il</strong>ità dell’autocombustione– Una «punizione» alle suore?Come, a suo tempo, pubblicammo. <strong>La</strong>notte del 1° agosto scorso, un violentoincen<strong>di</strong>o che si riteneva dovuto ad uncorto circuito, scoppiava nel conventodelle Clarisse a Sant’Agata <strong>Feltria</strong>, causandoun danno piuttosto ingente.Ora, a quanto ci informa <strong>il</strong> nostro corrispondenteda Sant’Agata, la scrupolosainchiesta condotta dall’autorità giu<strong>di</strong>ziaria,ha escluso che l’incen<strong>di</strong>o delcoro-sacrestia, sia da attribuirsi ad uncorto circuito, perché la luce elettricanon subì alcuna interruzione; né ad uso<strong>di</strong> candele o altro mezzo <strong>di</strong> <strong>il</strong>luminazione,perché la suora-sacrestana, entratanel coro alle 22 circa, servendosi dellaluce proveniente dal corridoio, ed uscitanealle ore 22,30, non avvertì traccia<strong>di</strong> fuoco, né odore <strong>di</strong> bruciato; ed infinené ad un fatto <strong>di</strong> autocombustione,perché non si trovavano nel locale materiepossib<strong>il</strong>i <strong>di</strong> tale fenomeno.Da ciò si trae la logica conclusione chel’incen<strong>di</strong>o deve essere stato provocatome<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> delittuoso lancio sul tettodel coro <strong>di</strong> sostanza infiammab<strong>il</strong>issima,che altresì non si potrebbe spiegare,come appena alle 23, alcuni passantiabbiano potuto (parole <strong>il</strong>leggib<strong>il</strong>i) stazionedell’incen<strong>di</strong>o.Vi è pure un altro elemento che provache le fiamme si propagarono inizialmentedal soffitto: le concor<strong>di</strong> deposizionidei quattro coraggiosi che per primipenetrarono nel coro e constataronoche le fiamme ne avevano investito laparte superiore e rapidamente si propagavanonella parte bassa ove trovavansigli stalli mob<strong>il</strong>i ed altro.Non poterono neppure porre in salvamento<strong>il</strong> prezioso Crocefisso <strong>di</strong>pinto sutavola ed attribuito alla scuola <strong>di</strong> Giotto,perché la testa ed <strong>il</strong> busto erano giàpreda delle fiamme.Che si tratti <strong>di</strong> un’opera delittuosa, lo siarguisce pure dal fatto che subito all’indomanimattina, furono, da in<strong>di</strong>viduigià identificati, <strong>di</strong>vulgate voci calunnioseche attribuivano alle suore stessela causa dell’incen<strong>di</strong>o, allo scopo <strong>di</strong> farperdere le tracce della ven<strong>di</strong>ta del Crocefisso,vanamente sostituito da unaraffazzonata copia.Non è pure da tacere della minaccialanciata <strong>di</strong> dare una durissima lezionealle suore, per punirle del crimine <strong>di</strong>avere esercitato <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> parteciparealle elezioni amministrative nel 27maggio u.s.Abbiamo creduto doveroso rendere <strong>di</strong>pubblica ragione la causale della propagazionedelle calunnie contro questebuone suore, che si sono volontariamenteappartate dal mondo, per de<strong>di</strong>carsialla preghiera ed al lavoro.<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Ulteriori particolarisull’incen<strong>di</strong>o del conventoSul grave incen<strong>di</strong>o dell’Oratorio delConvento delle Suore Clarisse, aSant’Agata <strong>Feltria</strong>, si hanno ulterioriparticolari. Chi <strong>di</strong>ede l’allarme per <strong>il</strong>sinistro, fu <strong>il</strong> sig. Sergio Vicini <strong>il</strong> quale,verso le 23, all’atto <strong>di</strong> chiudere le finestredella sua casa, prima <strong>di</strong> coricarsi, siaccorse che un denso fumo si sprigionavanelle vicinanze (la sua abitazione,infatti, <strong>di</strong>sta solo qualche metro dalconvento).<strong>La</strong> segnalazione del Vicini prima, e <strong>di</strong>altre persone poi, che fecero suonare a<strong>di</strong>stesa <strong>il</strong> campanone della chiesa Collegiata,fece accorrere la citta<strong>di</strong>nanza sulluogo dell’incen<strong>di</strong>o.Dopo aver salvato <strong>il</strong> salvab<strong>il</strong>e dall’Oratorioe dalla chiesa, numerosi santagatesirovesciarono contro le fiamme unanotevolissima quantità d’acqua conogni sorta <strong>di</strong> recipiente e con una grossapompa; mentre altri abitanti, salitisui tetti a<strong>di</strong>acenti, fecero crollare quellodell’oratorio, continuando da sopra imuri scoperti a gettare acqua e riuscendocosì ad isolare e domare <strong>il</strong> fuoco.I pompieri giunsero – data la <strong>di</strong>stanzada Novafeltria – alle ore 0,33, cioèesattamente 18 minuti dopo che i santagatesiavevano per sempre domato <strong>il</strong>fuoco. Quelli <strong>di</strong> Pesaro arrivarono sulposto alle ore 2 circa. Perciò <strong>il</strong> meritoprincipale dell’estinzione va ai santagatesi,che, con spirito <strong>di</strong> abnegazione,hanno evitato ben più gravi conseguenzeche senz’altro – data la violenzadell’incen<strong>di</strong>o – avrebbe <strong>di</strong>strutto partedella citta<strong>di</strong>na.Meritano particolare segnalazione fragli altri: l’Arma dei Carabinieri, i signoriFrancesco Tontoni, Antonio Fabbri,Giuseppe Costi, Angelo Masini, FrancescoGiuliani, Davide Valli, Ciacci d.Elia, i padri Cappuccini.Fin qui la stampa dell’epoca. Informiamogli appassionati <strong>di</strong> storia che è inprogramma per l’anno prossimo la pubblicazione<strong>di</strong> un volume che raccoglieràimmagini e testi delle pergamene anticheconservate dalla Clarisse, e che racconteràla storia del Convento, anche chiarendo letante imprecisioni giornalistiche.Quando <strong>il</strong> conte<strong>di</strong> S. AgataproteggevaSan Marino23 agosto 1538 Venne a logiare allaBa<strong>di</strong>a della Valle lo arcivescovo deSalerno (car<strong>di</strong>nale Fregoso) <strong>il</strong> qualandava a Santa Agada, suo feudo.Fregoso unitamente ai car<strong>di</strong>nali Parisanie F<strong>il</strong>onar<strong>di</strong> proteggono SanMarino <strong>di</strong> fronte al promesso rafforzamentointerno dello Stato dellaChiesa.(grazie ad Arrigo Bonciper la segnalazione)45

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