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Hermann Hesse, Il lupo della steppa. Titolo dell ... - Altrestorie.net

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domenica e ci si corica presto.<br />

Con finta gaiezza trotterellai sull'asfalto umido <strong>dell</strong>e strade, la<br />

luce dei fanali attraversava lacrimosa e velata l'umidità torbida e<br />

fredda e succhiava dal suolo bagnato pigre immagini riflesse. Mi<br />

passarono per la mente gli anni dimenticati di quand'ero giovane:<br />

come amavo allora le sere buie e opache del tardo autunno e<br />

<strong>dell</strong>'inverno, come assorbivo avidamente e inebriato le impressioni di<br />

solitudine e malinconia quando stretto nel cappotto correvo per mezze<br />

nottate sotto la pioggia e la bufera nella natura nemica e senza<br />

foglie, solitario anche allora, ma pieno di godimenti profondi e di<br />

versi che poi scrivevo alla luce <strong><strong>dell</strong>a</strong> candela nella mia cameretta,<br />

seduto sulla sponda del letto! Tutte cose passate. Quel calice era<br />

vuotato e nessuno me lo riempiva più. Era un peccato che fosse così?<br />

No, non era un peccato. Quel che è passato è passato. Mi faceva pena<br />

invece il presente, l'oggi, tutte le ore infinite e i giorni che<br />

perdevo, che soffrivo senza che mi portassero doni o commozioni. Ma,<br />

grazie a Dio, c'erano anche eccezioni, c'erano talvolta, di rado,<br />

anche ore diverse, che recavano commozioni, che recavano doni,<br />

abbattevano muri e riportavano me sperduto verso il cuore vivente del<br />

mondo. Triste, eppure intimamente agitato, cercai di ricordare<br />

l'ultimo fatto di questo genere. Era stato a un concerto dove si dava<br />

una magnifica musica antica: ed ecco, fra due battute d'un pianissimo<br />

suonato dai legni mi si riaprì improvvisamente la porta <strong>dell</strong>'al di<br />

là; attraversai a volo i cieli e vidi Iddio al lavoro, soffersi pene<br />

deliziose e non cercai più di difendermi da alcuna cosa al mondo, non<br />

ebbi più paura di nulla, accettai tutto e mi vi abbandonai col cuore.<br />

Non era durato a lungo, forse un quarto d'ora, ma tutto ciò era<br />

ritornato nel sogno di quella notte e da allora aveva ripreso a<br />

brillare ogni tanto nelle giornate deserte, e per alcuni minuti<br />

vedevo chiaramente una divina traccia d'oro che attraversava la mia<br />

vita, quasi sempre coperta di polvere e fango, e la vedevo risorgere<br />

in auree faville e pareva non la dovessi perdere mai più, e tuttavia<br />

la riperdevo subito. Una notte mentre ero a letto sveglio recitai a<br />

un tratto alcuni versi, troppo belli e troppo strani perché avessi<br />

potuto pensare a metterli sulla carta, versi che al mattino non<br />

ricordavo più, eppure erano chiusi nel mio cuore come la noce grave<br />

in un vecchio guscio fragile. Altre volte quella scia luminosa mi<br />

appariva alla lettura di un poeta o quando ripensavo un pensiero di<br />

Cartesio, di Pascal, e quando ero assieme alla mia diletta mi portava<br />

nei cieli per tramiti dorati. Oh, è difficile trovare la traccia<br />

divina in mezzo alla vita che facciamo, in questo tempo così<br />

soddisfatto, così borghese, così privo di spirito, alla vista di<br />

queste architetture, di questi negozi, di questa politica, di questi<br />

uomini! Come potrei non essere un <strong>lupo</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>steppa</strong>, un sordido<br />

anacoreta in un mondo del quale non condivido alcuna mèta, <strong>dell</strong>e cui<br />

gioie non vi è alcuna che mi arrida? Non resisto a lungo né in un<br />

teatro né in un cinema, non riesco quasi a leggere il giornale, leggo<br />

raramente un libro moderno, non capisco quale piacere vadano a<br />

cercare gli uomini nelle ferrovie affollate e negli alberghi, nei<br />

caffè zeppi dove si suonano musiche asfissianti e invadenti, nei bar<br />

e nei teatri di varietà <strong>dell</strong>e eleganti città di lusso, nelle<br />

esposizioni mondiali, alle conferenze pei desiderosi di cultura, nei<br />

grandi campi sportivi: non posso condividere, non posso comprendere<br />

queste gioie che potrei avere a portata di mano e che mille altri si<br />

sforzano di raggiungere. Ciò che invece mi accade nelle rare ore di<br />

gioia, ciò che per me è delizia, estasi ed elevazione, il mondo lo<br />

conosce e cerca e ama tutt'al più nella poesia: nella vita gli<br />

sembrano pazzie. Infatti se il mondo ha ragione, se hanno ragione le<br />

musiche nei caffè, i divertimenti in massa, la gente americana che si<br />

contenta di così poco, vuol dire che ho torto io, che sono io il<br />

pazzo, il vero <strong>lupo</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>steppa</strong>, come mi chiamai più volte,<br />

l'animale sperduto in un mondo a lui estraneo e incomprensibile, che<br />

non trova più la patria, l'aria, il nutrimento.

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