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Hermann Hesse, Il lupo della steppa. Titolo dell ... - Altrestorie.net

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ella cosa!Vi affonderei la bocca mia bramosa:non v'è nulla che tanto<br />

mi consoli.E con amor, con affezion sincera,<strong>dell</strong>e tenere carni farei<br />

strazio,finché di sangue veramente sazioa urlare andrei dentro la<br />

notte nera.Anche una lepre basterebbe, via!Dolce ha la carne pel mio<br />

gusto bruto...Possibile che tutto abbia perdutoquel che abbelliva un<br />

dì la vita mia?E' grigio ormai <strong><strong>dell</strong>a</strong> mia coda il pelo,e già la vista<br />

mi s'annebbia e oscura,sono anni che mia moglie è in sepoltura,ed una<br />

lepre, un capriolo anelo.Vado a caccia di lepri, trotto e<br />

sognoall'invernale sibilo del vento,e ingozzo neve, neve, finché ho<br />

spentola mia sete, e do l'anima al demonio.<br />

Avevo dunque tra le mani due miei ritratti, l'uno un autoritratto<br />

in endecasillabi, triste e angoscioso come me stesso, l'altro freddo<br />

e disegnato con apparente oggettività, da un estraneo, visto<br />

dall'alto e dal di fuori, scritto da uno che ne sapeva più eppure<br />

meno di me. E i due ritratti, il balbettìo malinconico <strong><strong>dell</strong>a</strong> mia<br />

poesia e l'intelligente bozzetto di mano ignota, mi fecero male tutti<br />

e due, entrambi avevano ragione, delineavano senza veli la mia<br />

esistenza sconfortata, rivelavano chiaramente che la mia situazione<br />

era insopportabile e insostenibile. Quel <strong>lupo</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>steppa</strong> doveva<br />

morire, doveva por fine di sua mano a un'esistenza noiosa... oppure,<br />

sciolto nel fuoco morale di un rinnovato esame di se stesso, doveva<br />

mutarsi, strapparsi la maschera e diventare un nuovo io. Ahimè,<br />

questo processo non mi era nuovo e ignoto, lo conoscevo bene, l'avevo<br />

già vissuto più volte, sempre nei momenti di estrema disperazione.<br />

Ogni volta quell'avvenimento sconvolgente aveva mandato in frantumi<br />

il mio io, potenze abissali l'avevano scosso e distrutto, un pezzo<br />

particolarmente curato e amato <strong><strong>dell</strong>a</strong> mia vita si era sciolto da me ed<br />

era andato perduto. Una volta ci avevo rimesso la mia reputazione<br />

borghese insieme col patrimonio e avevo dovuto imparare a rinunciare<br />

al rispetto di coloro che fino allora mi avevano fatto tanto di<br />

cappello. Un'altra volta avevo visto crollare da un momento all'altro<br />

la mia vita familiare: mia moglie, impazzita, mi aveva scacciato di<br />

casa, l'amore e la fiducia si erano tramutati improvvisamente in odio<br />

e lotta mortale, i vicini mi seguivano con occhiate di pietà e di<br />

disprezzo. Allora era incominciato il mio isolamento. E alcuni anni<br />

dopo, anni difficili e amari, quando in rigorosa solitudine e<br />

faticosa ascesa mi ero rifatto una vita nuova, un nuovo ideale, e<br />

avevo raggiunto un certo silenzio e una certa altezza, abbandonandomi<br />

ad esercizi di pensiero astratto e a meditazioni severamente<br />

disciplinate, anche quella nuova forma di vita era precipitata e<br />

aveva perduto a un tratto il suo nobile e alto significato; viaggi<br />

insensati e penosi mi trascinarono ancora per il mondo, nuove<br />

sofferenze si accumularono e nuove colpe. E ogni volta prima di<br />

strapparmi la maschera, prima di veder crollare un ideale avevo<br />

sentito il vuoto pauroso e il silenzio, la mortale soffocazione e<br />

solitudine e mancanza di relazioni, questo inferno deserto e vuoto,<br />

senza affetto, che anche ora ero costretto ad attraversare disperato.<br />

A ogni scossa <strong><strong>dell</strong>a</strong> vita avevo finito, non nego, col guadagnare<br />

qualche cosa, un po' di libertà, di spirito, di profondità ma anche<br />

di solitudine, di incomprensione, di freddezza. Vista dal lato<br />

borghese, la mia vita era da una scossa all'altra una costante<br />

discesa, un continuo allontanarmi dal normale, dal lecito, da ciò che<br />

è sano. Con l'andar degli anni avevo perduto la professione, la<br />

famiglia, la patria, ero fuori da ogni raggruppamento sociale, ero<br />

solo, non amato da nessuno, da molti sospettato, in continuo amaro<br />

conflitto con la pubblica opinione e con la morale, e quantunque<br />

vivessi ancora nell'ambiente borghese ero tuttavia un estraneo con il<br />

mio modo di sentire e di pensare. La religione, la patria, la<br />

famiglia, lo stato avevano perduto ogni valore e non mi riguardavano<br />

più, la presuntuosità <strong><strong>dell</strong>a</strong> scienza, <strong>dell</strong>e corporazioni, <strong>dell</strong>e arti<br />

mi nauseava; le mie vedute, il mio gusto, tutto il mio pensiero che<br />

una volta mi avevano circondato con l'aureola <strong><strong>dell</strong>a</strong> persona<br />

intelligente erano ormai trascurati, inselvatichiti e divenuti

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