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Hermann Hesse, Il lupo della steppa. Titolo dell ... - Altrestorie.net

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la pioggia né con la gotta né con l'araucaria, e se non era possibile<br />

avere un'orchestra da camera o un amico solitario col violino, la<br />

dolce melodia squillava tuttavia nel mio cuore e io potevo sonarla da<br />

me, per accenni, sussurrandola fra le labbra e ritmando il respiro.<br />

Camminavo immerso nei miei pensieri. Sì, era possibile vivere anche<br />

senza la musica da camera, anche senza l'amico, ed era ridicolo<br />

sfinirsi in un'impotente nostalgia di tepore. La solitudine è<br />

indipendenza: l'avevo desiderata e me l'ero conquistata in tanti<br />

anni. Era fredda, questo sì, ma era anche silenziosa,<br />

meravigliosamente silenziosa e grande come lo spazio freddo e silente<br />

nel quale girano gli astri.<br />

Mentre passavo davanti a un locale di danze, fui investito da una<br />

violenta musica di jazz, rozza e calda come un vapore di carne messa<br />

a bollire. Mi fermai un istante: quella specie di musica, per quanto<br />

mi fosse abominevole, aveva sempre per me una segreta attrattiva. <strong>Il</strong><br />

jazz mi era antipatico, ma lo preferivo di molto all'odierna musica<br />

accademica, e con la sua gaia rusticità colpiva anche i miei istinti,<br />

alitando un'ingenua e sincera sensualità.<br />

Stetti un istante annusando quella musica sbraitante e sanguinosa,<br />

fiutando l'atmosfera cattiva e libidinosa di quelle sale. Metà di<br />

quella musica, la metà lirica, era burrosa, troppo zuccherata e<br />

grondante di sentimentalità, l'altra metà era selvaggia, capricciosa<br />

e robusta, eppure le due parti si accordavano ingenuamente e<br />

pacificamente formando un intero. Era musica di decadenza: nella Roma<br />

degli ultimi imperatori si deve aver suonato musica simile. S'intende<br />

che, confrontata con Bach e Mozart e con la musica vera, era una<br />

porcheria: ma porcheria è tutta la nostra arte, tutto il nostro<br />

pensiero, tutta la nostra cultura apparente, non appena la si<br />

confronti con la cultura vera. E quella musica aveva il pregio di una<br />

grande sincerità, il pregio di essere un'amabile e non mentita musica<br />

di negri, un capriccio lieto e infantile. Aveva un po' del negro e un<br />

po' <strong>dell</strong>'americano che a noi europei sembra così puerilmente fresco e<br />

ingenuo nella sua forza. Diventerà così anche l'Europa? Lo sta già<br />

diventando? Noi vecchi studiosi e ammiratori <strong>dell</strong>'Europa di una<br />

volta, <strong><strong>dell</strong>a</strong> vera musica di una volta, <strong><strong>dell</strong>a</strong> poesia vera di un tempo,<br />

siamo forse soltanto una piccola stupida minoranza di nevropatici<br />

complicati che domani saranno dimenticati e derisi? Quello che<br />

chiamiamo "cultura", che chiamiamo spirito, anima, che diciamo bello,<br />

sacro, è forse soltanto un fantasma morto da gran tempo e considerato<br />

autentico e vivo soltanto da quel paio di pazzi che siamo noi? O non<br />

è stato forse mai una cosa autentica e viva? Quello che noi cerchiamo<br />

di raggiungere nella nostra pazzia è forse stato sempre un fantasma?<br />

Arrivai al quartiere vecchio <strong><strong>dell</strong>a</strong> città e vidi la piccola chiesa<br />

svanita e irreale nel grigiore. E mi sovvenne <strong><strong>dell</strong>a</strong> misteriosa porta<br />

a sesto acuto, con quell'insegna enigmatica, con le lettere luminose<br />

beffarde e danzanti. Che cosa dicevano? "Ingresso libero non per<br />

tutti." E: "Soltanto per pazzi". Riguardai il vecchio muro<br />

augurandomi che la magìa ricominciasse, che la scritta invitasse me<br />

pazzo, che la porticina mi accogliesse. Chissà, forse là dentro era<br />

quello che cercavo, forse là dentro si suonava la mia musica.<br />

La buia parete di pietra mi guardava tranquilla, avvolta nelle<br />

tenebre, chiusa e sprofondata nel suo sogno. E niente porta, niente<br />

arco a sesto acuto: soltanto il muro nero e silenzioso, senza<br />

apertura. Passai oltre sorridendo e facendo un cenno amichevole verso<br />

la muraglia. "Dormi bene, muro, io non ti sveglio. Verrà il giorno in<br />

cui ti abbatteranno o ti impiastreranno di avide insegne commerciali,<br />

ma per ora sei costì, sei bello e silenzioso, e io ti voglio bene."<br />

Vomitato dalla nera gola d'una via a pochi passi da me, un uomo mi<br />

spaventò: era un individuo attardato che camminava con passo stanco,<br />

vestito di una giubba turchina, il berretto in testa, e portava<br />

appoggiata a una spalla una pertica con un manifesto; sul ventre<br />

aveva una cassetta aperta attaccata a una cinghia, come usano i<br />

venditori alla fiera. Passò oltre adagio senza guardarmi: altrimenti

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