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FuoriAsse#17

Officina della cultura

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mia povera mamma. La sera, mentre<br />

faccio un cruciverba, mi godo la vicinanza<br />

del felino. Lo sento arrendevole, sotto<br />

le mie dita, sfibrato, ma attribuisco il<br />

tutto all’affaticamento che deve cogliere<br />

chi fa vita seminomade e non può sempre<br />

contare su due pasti tutti i giorni.<br />

Fatto sta, dopo una gara di sbadigli in<br />

cui lui esce vincitore andiamo a letto. La<br />

mattina dopo, al risveglio, lo scopro ancora<br />

più debole, al punto che è incapace<br />

di alzarsi, di muovere due passi senza<br />

scivolare stremato a terra. «Dormito male,<br />

eh?» gli dico per scherzo. Provo a<br />

tirarlo su con un lieve massaggio, ma è<br />

peggio. Poi vomita non so che. A mezzogiorno<br />

è già morto.<br />

«Era già malato, di sicuro» mi consola<br />

per telefono mia cugina Letizia. «Oppure<br />

avrà mangiato una lucertola.»<br />

«Sarà» dico io, «non è stato mica bello<br />

vederlo andarsene così.»<br />

«Se ti piacciono i gatti, però, non devi<br />

privartene. Ho sempre pensato che fossi<br />

un tipo da gatti. Prendine subito un<br />

altro, ti aiuterà a elaborare il lutto.»<br />

Elaboriamo il lutto, allora, dico io, puntando<br />

al gattile.<br />

Il secondo gatto, un soriano di una certa<br />

età, reso docile e grasso da un antico<br />

intervento chirurgico, entra in casa circospetto,<br />

annusa, si guarda continuamente<br />

alle spalle come se si sentisse minacciato,<br />

non gioca, non mangia. «Fai lo<br />

snob?» gli chiedo allora, per scherzare e<br />

metterlo a suo agio. Due giorni, e se ne<br />

va all’altro mondo anche lui.<br />

«Hai mica dei veleni in casa?» chiede<br />

Letizia. «Magari in cucina, sotto il lavandino?<br />

Quelli son bestie che girano,<br />

assaggiano tutto, magari sono arrivati<br />

entrambi a quei veleni e ci hanno fatto<br />

merenda.»<br />

«Non ho veleni».<br />

«Sicuro?»<br />

«Sicuro»dico io. Però, finita la telefonata,<br />

vado a controllare. Niente veleni a portata<br />

di gatto, soltanto, in un armadietto<br />

ben chiuso, le solite cose, una conegrina,<br />

un detersivo, della cera per pavimenti,<br />

un barattolo di vernice che nemmeno<br />

si apre. Niente che possano avere<br />

assaggiato.<br />

Il terzo gatto, che vado a comprare più<br />

per curiosità che per desiderio di compagnia<br />

(al gattile esito a tornare così<br />

presto), non vorrebbe nemmeno entrare<br />

in casa. Mi scappa non appena apro la<br />

porticina della gattiera, scappa a gambe<br />

levate giù per le scale, si butta sulla<br />

strada, finisce sotto il SUV dell’ingegner<br />

Caramore, che nemmeno se ne accorge.<br />

«Per la miseria, ingegnere!» strillo, ma<br />

quello non mi sente, perché sta facendo<br />

le sue manovre.<br />

Qua io non c’entro, mi consolo la sera,<br />

mentre cerco di finire un cruciverba<br />

ostico. Mica l’ho fatto schiattare io il<br />

terzo gatto. Non ho nemmeno fatto in<br />

tempo a dargli un nome. L’ingegner Caramore,<br />

ecco il colpevole. Magari alla<br />

prossima assemblea di condominio accennerò<br />

al fatto, pretenderò delle scuse,<br />

se non un risarcimento.<br />

I problemi – i problemi veri – sorgono<br />

una settimana più tardi, quando vado a<br />

trovare la zia Anselmina, a letto per un<br />

aggravarsi dei suoi mali. Compunti al<br />

capezzale, oltre a me, ci sono Letizia,<br />

che invia sms alle amiche senza farsi<br />

troppi scrupoli, il cugino Attilio con la<br />

moglie Clara, il figlioletto John (sic), lo<br />

zio Renato. Tutti sanno che il piccolo<br />

John è seguito ovunque da un amico<br />

immaginario di dimensioni umane, che<br />

ha forma di tigre e risponde al nome di<br />

Tigrino. Quella fantasia infantile ci<br />

riempie sempre di tenerezza. Bene,<br />

quando mi avvicino a John per fagli un<br />

buffetto, lo vedo impallidire, tremare.<br />

«Tigrino, Tigrino» piange.<br />

«Che succede?» chiedono subito i genitori.<br />

«Tigrino! Tigrino è morto!» si dispera il<br />

piccolo. Poi mi indica: «È stato lui! Lo ha<br />

pestato lui!»<br />

FUOR ASSE<br />

111<br />

Lettera 22

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