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FuoriAsse#17

Officina della cultura

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incondizionata al disumano, e che quindi<br />

ero poco attrezzato per capire che Savinio,<br />

con questo lavoro, cercava appunto<br />

di non arrendersi, e cercava di farlo<br />

colpendo con precisione il bersaglio, il<br />

punto nodale di tutta la questione, o di<br />

tutto il problema, di quel problema che,<br />

nel momento in cui scriveva, aveva<br />

preso la forma di una guerra mondiale:<br />

ovvero il destino della donna, o meglio<br />

del femminile, nella nostra civiltà progressiva.<br />

Pareyson, pochi anni dopo la fine di<br />

quella guerra, si domanderà come sia<br />

stato possibile, appena scampati al<br />

rischio di soccombere all’orrore del disumano,<br />

che in filosofia avesse vinto il<br />

positivismo logico, che di tutto si occupa<br />

meno che dell’umano: che è una filosofia<br />

disumana. E con Pareyson, quindi, ci<br />

potremmo domandare come è stato possibile<br />

che Kelsen abbia imposto la detronizzazione<br />

della giustizia dalla giurisprudenza<br />

(una legge è giusta non quan -<br />

do è giusta, ma quando la si sa imporre<br />

con le buone o le cattive, va da sé, contro<br />

l’uomo); o che qualche pubblicista<br />

sia riuscito a smerciare un mito come<br />

quello dell’utile (utile a chi?) o del benessere<br />

(ma come fa l’essere a stare<br />

bene per mezzo di oggetti che lo allontanano<br />

da sé?; come fa un uomo a rimare<br />

tale per mezzo di ciò che lo disumanizza?)<br />

e via dicendo. La risposta che possiamo<br />

dare a Pareyson, e a noi stessi,<br />

circa questa sconfitta dell’umano la troviamo,<br />

posso infine dire, appunto solo<br />

interrogandoci sul destino del femminile,<br />

del femminile in ogni donna e in ogni<br />

uomo, e in ogni cosa; o meglio, interrogandoci<br />

sul destino di quella figura femminile<br />

cui la nostra tradizione ha dato il<br />

nome di anima, o diversi nomi di dee,<br />

ma che potremmo chiamare anche immaginazione,<br />

magari esatta. In realtà è<br />

proprio una questione di esattezza pensare<br />

l’anima umana, o l’immaginazione<br />

umana, come una donna, dal momento<br />

che la più o meno dieci volte millenaria<br />

storia della nostra civiltà (conto il tempo<br />

a partire dall’unica rivoluzione effettiva<br />

della storia dell’uomo: il neolitico, dal<br />

quale ancora non usciamo) è sicuramente<br />

la storia della repressione dell’intero<br />

complesso immaginale della nostra<br />

natura, ma è anche la storia di<br />

come questa repressione è stata inverata<br />

sulla carne di tutto ciò che è sentito<br />

donna: la terra, prima di tutto, convertita<br />

in fruttifera madre da sfruttare (forse<br />

la prostituzione è davvero un lavoro<br />

molto antico, ma deve necessariamente<br />

derivare dalla precedente attività di qual -<br />

che prosseneta, di qualche ragionevole<br />

ragioniere che sa mettere a frutto e<br />

sfruttare bene le cose); e quindi la conversione<br />

di tutte le donne in madri,<br />

mercé la legge del matrimonio, capitolo<br />

non piccolo sul registro contabile del<br />

patrimonio; e poi, in tempo di basse<br />

voglie di assoluto, all’inizio dell’era volgare,<br />

l’auspico gnostico che la donna si<br />

faccia uomo, a maggiore gloria dell’igiene<br />

e dell’onestà e dell’efficienza, e quindi<br />

dell’usufrutto e utile e benessere.<br />

Questo auspicio è quanto realizza infine<br />

il femminismo, ed è certamente quindi<br />

non per distrazione che Savinio, mentre<br />

pativa davvero l’orrore di quella guerra,<br />

scrive questo libro. Certo, Savinio è<br />

stato certamente guidato in questa sua<br />

ben determinata azione letteraria da<br />

una qualche dea, anzi di sicuro da quella<br />

“Dea Bianca” sulla quale, proprio<br />

attorno al 1943, stava cominciando a<br />

lavorare Robert Graves. I due libri dovrebbero<br />

essere letti insieme, per godere<br />

di due stili d’amore diversi, quello gentile<br />

e cortese, molto italiano di Savinio, e<br />

quello focoso e ciarliero di Graves. Ma a<br />

questo punto, se vogliamo scuoterci da<br />

dosso le polveri umilianti della resa, a<br />

ognuno di noi tocca scegliere il proprio<br />

stile di amore. È sempre possibile congetturare<br />

che una dea guidi anche noi.<br />

FUOR ASSE<br />

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