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Arturo Diaconale<br />
Comunicazione della Lazio<br />
REDAZIONE:<br />
” Lei è notoriamente un grande giornalista, oltre<br />
ad essere uno storico tifoso laziale; è riuscito a<br />
conciliare le due passioni ed ha avuto problemi<br />
a dichiarare il proprio amore per la Lazio? “<br />
DIACONALE:<br />
” Non ho mai avuto problemi nel conciliare la<br />
mia professione e la mia passione per i colori<br />
biancocelesti. Questo incarico di responsabile<br />
della Comunicazione della Lazio, poi, concilia<br />
perfettamente l’una e l’altra. “<br />
REDAZIONE:<br />
” Può raccontare un aneddoto del suo essere laziale,<br />
un fatto che le è rimasto impresso e che<br />
porterà con sé per sempre? “<br />
DIACONALE:<br />
” Quando ero bambino mio padre venne trasferito<br />
a Padova ed io mi trovai in un ambiente diverso<br />
dove la mia provenienza romana veniva<br />
bollata con l’epiteto “terrun”. Quando la Lazio<br />
venne a giocare all’Appiani ( il Padova di allora<br />
era quello di Rocco ) mio padre mi portò allo stadio<br />
dove ero l’unico laziale ( ovviamente silenzio<br />
ed impaurito). Il Padova aggredì la Lazio per tutta<br />
la partita fino a quando una respinta disperata<br />
venne raccolta a metà campo da Selmosson<br />
( raggio di luna) che in perfetto contropiede infilò<br />
la porta padovana. Nello stadio gelato e silenzioso<br />
si sentì solo il grido di un ragazzino raggiante.<br />
E da quel giorno a scuola<br />
incominciarono a rispettarmi ( anche perché imparai<br />
a parlare in veneto). “