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#violentiAMO<br />
I NOMI<br />
DI QUESTA GUERRA<br />
Un decreto legge sul<br />
femminicidio e la<br />
violenza di genere<br />
che non ha dato<br />
ancora i suoi frutti<br />
dal punto di vista<br />
della prevenzione.<br />
Più di 60 donne uccise in Italia dal<br />
partner o dall’ex fidanzato dall’inizio<br />
del 2016. E, retrodatando il periodo<br />
temporale fino al gennaio 2015, quasi<br />
160 le uccisioni: sono gli allarmanti dati<br />
sul tema del femminicidio nel nostro<br />
Paese. Quest’anno, è stata la morte<br />
di Sara Di Pietrantonio, la 22enne<br />
studentessa romana, una delle storie a<br />
creare maggiore shock: strangolata e<br />
bruciata viva dall’ex fidanzato Vincenzo<br />
Paduano, incapace di accettare la fine<br />
della relazione con la ragazza. Come<br />
d’altronde la 25enne milanese Debora<br />
Fusco, che è stata fatalmente accoltellata<br />
da Arturo Saraceno. Sia Debora che Sara<br />
avevano accolto in buona fede la richiesta<br />
degli ex di vedersi e parlare. Ma oltre al<br />
femminicidio, esistono ragazze, madri e<br />
figlie che nel silenzio subiscono soprusi<br />
ogni giorno: secondo i dati di Telefono<br />
Rosa, almeno 8.856 donne sono state<br />
vittime di violenza e 1.261 di stalking. Si<br />
stima, inoltre, che il 90% delle donne non<br />
#3D 62<br />
denuncia questi atti di sopraffazione e<br />
persecuzione.<br />
Dati che parlano chiaro sulla<br />
recrudescenza di un fenomeno che sta<br />
diventando sempre più parte integrante<br />
della società. Eppure esiste un decreto<br />
legge del 2013 sul femminicidio e la<br />
violenza di genere che, a quanto pare,<br />
non ha dato ancora i suoi frutti dal punto<br />
di vista della prevenzione. Perché se è<br />
vero da un lato che esistono sportelli<br />
anti violenza in ogni città, come quello<br />
dell’ospedale San Paolo di Napoli, che<br />
ha ricevuto più volte il bollino rosa dal<br />
ministero per il lavoro svolto con i medici<br />
del percorso rosa guidato da Elvira Reale,<br />
dall’altro è desolante costatare che nella<br />
stessa città lo scorso 23 giugno ha chiuso<br />
i battenti l’unica Casa di accoglienza per<br />
donne maltrattate.<br />
Una struttura che aveva accolto in 5 anni<br />
circa 200 donne con i loro figli, spesso<br />
vittime della cosiddetta violenza assistita.<br />
E peraltro intitolata ad una vittima di<br />
femminicidio. Si chiamava Fiorinda Di<br />
Marino, la maestra di 35 anni uccisa<br />
a colpi d’ascia dal suo ex fidanzato nel<br />
luglio del 2009 ai Camaldoli. A lei è<br />
dedicata Casa Fiorinda, che ha (o meglio<br />
aveva) sede in un bene confiscato alla<br />
camorra nel quartiere di Soccavo. Fa<br />
riflettere che una struttura del genere<br />
sia costretta a chiudere perché non ci<br />
sono fondi per proseguire le attività. E<br />
fa riflettere che questo accada a pochi<br />
mesi da una tragedia sfiorata come<br />
quella di Carla Caiazzo, la giovane<br />
mamma di Pozzuoli rimasta sfigurata al<br />
viso lo scorso febbraio dopo essere stata<br />
cosparsa di benzina dal suo ex compagno<br />
e che al momento dell’aggressione era<br />
incinta di una bimba che, per fortuna,<br />
è venuta alla luce. E fa altrettanto<br />
riflettere che Carla poteva essere un’altra<br />
Giuseppina Di Fraia, 52enne morta in<br />
seguito a gravissime ustioni dopo che<br />
il marito le diede fuoco a Pianura nel<br />
febbraio 2013. Casi che si ripetono.<br />
Con le stesse modalità. Con la stessa<br />
violenza inaudita. Perché è “normale”<br />
ormai (per chi commette questo tipo di<br />
reato) che si dia fuoco con una latta di<br />
benzina alla donna che si dice di amare,<br />
solo perché non si riesce ad accettare<br />
la fine di una relazione. Ecco, forse<br />
bisognerebbe partire da qui. Da quella<br />
cosiddetta educazione ai sentimenti<br />
di cui tanto si parla e per cui tanto si<br />
battono associazioni come Frida Kahlo<br />
di Marano, che oltre un mese fa ha<br />
intitolato lo sportello dove opera a<br />
favore delle donne vittime di violenza<br />
a Fiorinda Di Marino, che a Marano<br />
ci andava tutti i giorni a insegnare ai<br />
bimbi della materna il significato della<br />
parola amore. Perché forse è da qui che<br />
bisogna ripartire. Dal riconsiderare il<br />
rapporto uomo-donna visti sullo stesso<br />
piano: quello del rispetto e della parità.<br />
Perché un uomo che non accetta la fine<br />
del legame sentimentale con la propria<br />
donna non la uccide, la allontana. Ecco,<br />
forse si dovrebbe iniziare a parlare<br />
di questo nelle scuole. Con figure<br />
specializzate. Piuttosto che sperare che<br />
tutto si risolva con una legge che è finita<br />
nel pacchetto sicurezza nel 2013.<br />
- GIULIANA COVELLA