15.12.2016 Views

TRAKS INTERVIEW #2

Secondo numero della nuova rivista, costola di www.musictraks.com, che pubblica soltanto interviste approfondite ai protagonisti della musica indipendente italiana. Tra i protagonisti: Rashomon, Giuliano Clerico, Tiziano Bianchi, Dulcamara, Ohio Kid

Secondo numero della nuova rivista, costola di www.musictraks.com, che pubblica soltanto interviste approfondite ai protagonisti della musica indipendente italiana. Tra i protagonisti: Rashomon, Giuliano Clerico, Tiziano Bianchi, Dulcamara, Ohio Kid

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

www.musictraks.com<br />

<strong>INTERVIEW</strong><br />

Numero 2 - dicembre 2016<br />

Rashomon<br />

tutto tranne che<br />

Giuliano Clerico<br />

lontano dai sogni<br />

di gloria<br />

Tiziano Bianchi<br />

Dulcamara<br />

una band seria<br />

Nevica NOISE<br />

Il mio IO primordiale<br />

Ohio Kid


sommario<br />

4<br />

10<br />

14<br />

20<br />

24<br />

30<br />

34<br />

38<br />

42<br />

Rashomon<br />

Giuliano Clerico<br />

Tiziano Bianchi<br />

Foschia<br />

Nevica NOISE<br />

Ohio Kid<br />

Elisa Rossi<br />

Liede<br />

Dulcamara<br />

Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata<br />

senza alcuna periodicità. Non può pertanto<br />

considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge<br />

n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse<br />

diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com<br />

e provvederemo alla rimozione immediata<br />

<strong>TRAKS</strong> <strong>INTERVIEW</strong><br />

www.musictraks.com<br />

info@musictraks.com


RASHOMON<br />

tutto tranne che una<br />

band seria<br />

Di supereroi drogati, Allen Ginsberg, hipster e (possibili) tournée giapponesi:<br />

Kheyre e compagni hanno cambiato formazione, hanno pubblicato un<br />

disco, “Santo Santo Santo” e hanno fatto un sacco di altre cose<br />

“Santo santo santo” è un disco che<br />

avete iniziato a realizzare nel 2012.<br />

Potete spiegare che cosa è successo<br />

durante questi 4 anni?<br />

Abbiamo reclutato un bassista, cambiato<br />

chitarrista, ci siamo fatti crescere i<br />

muscoli, il nostro leader ha aperto altri<br />

progetti musicali, abbiamo scoperto il<br />

rap, ci siamo innamorati, siamo spariti,<br />

abbiamo fatto dei figli, abbiamo cambiato<br />

lavoro, abbiamo superato crisi di<br />

identita’ musicale,


santo santo santo<br />

il nuovo disco dei rashomon<br />

dal 9 novembre<br />

nei migliori negozi di dischi<br />

abbiamo suonato, siamo stati fermi, ci<br />

siamo scoraggiati, abbiamo registrato,<br />

ci siamo messi a dieta, abbiamo fatto le<br />

prove, abbiamo saltato le prove, abbiamo<br />

preso cani e gatti, ci siamo entusiasmati,<br />

abbiamo scritto pezzi su super-eroi<br />

che poi mettevamo nel cassetto,<br />

abbiamo ri-registrato, siamo impazziti<br />

per “Lo chiamavano Jeeg Robot”, siamo<br />

ingrassati, abbiamo mixato e finalmente<br />

abbiamo fatto uscire questo disco.<br />

Il vostro sound è cambiato, visto anche<br />

l’ingresso di nuovi membri nella<br />

band. E’ stato traumatico assorbire<br />

tutti questi cambiamenti?<br />

E’ stato difficile rimanere disciplinati.<br />

E di fatto non ci siamo riusciti. Ogni<br />

cambiamento comportava aggiustamenti,<br />

nuovi stimoli, nuovi modi di lavorare<br />

e di pensare alla nostra musica,<br />

nuovi entusiasmi, nuove prospettive,<br />

nuovi casini, nuove<br />

salette, nuovi impegni.<br />

Kurt Cobain<br />

diceva che una band<br />

seria deve provare<br />

almeno 5 volte<br />

alla settimana. Be’,<br />

noi siamo stato tutto<br />

tranne che una<br />

band seria in questi<br />

anni. Per la maggior<br />

parte dei nostri<br />

fans abbiamo smesso<br />

di esistere, siamo<br />

scomparsi. Mentre<br />

in realtà stavamo facendo i conti con<br />

tutti questi cambiamenti e cercavamo<br />

di trovare una direzione per il nostro<br />

lavoro successivo. Il nostro primo disco<br />

è stato come l’inizio di una storia d’amore:<br />

nessun pensiero, un feeling che<br />

non ha bisogno di nulla se non di se<br />

stesso, grande naturalezza, nessuna razionalizzazione,<br />

nessuna paura. Questo<br />

secondo lavoro è invece l’espressione<br />

di una maturità fatta di compromessi,<br />

crisi, rilanci, separazioni, delusioni,<br />

sconfitte. Non è immediato riconoscerlo,<br />

soprattutto quando ci stai dentro,<br />

ma anche questa roba è preziosa e siamo<br />

convinti che il nostro nuovo suono,<br />

approccio e quant’altro rifletta questa<br />

nuova ricchezza.<br />

Titolo e copertina hanno profili piuttosto<br />

provocatori: perché avete deciso<br />

di offrire questo tipo di messaggi fin<br />

7


dalla “scatola chiusa” dell’album?<br />

Diciamo che non ci piacciono gli approcci<br />

tiepidi. La poetica gentile del<br />

simbolismo hipster-vegan-post-contemporaneo<br />

non ci ha mai conquistato<br />

(non ci avranno mai insomma). Siamo<br />

più sanguigni, pulp,<br />

almeno quando si<br />

tratta della nostra<br />

musica (alcuni di noi<br />

poi lo sono anche in<br />

altri comparti della<br />

loro vita). Poi ci piace<br />

il messaggio: non<br />

c’è nulla di più affascinante<br />

della crisi<br />

dell’eroe che mette a<br />

nudo le sue fragilità,<br />

paure, perversioni,<br />

in una parola la sua<br />

umanità. Questa<br />

roba, rigirata in vari<br />

modi, ha sempre<br />

funzionato e funzionerà<br />

sempre, da<br />

Achille che piange<br />

disperato quando gli<br />

ammazzano Patroclo,<br />

al Comico di Watchmen<br />

alcolizzato e<br />

stupratore.<br />

Una delle sottotracce<br />

del disco è il<br />

rapporto con l’America/Amerika,<br />

la visione<br />

del supereroe<br />

“dannato” e la cultura pop che arriva<br />

da lì. Vorrei sapere come vi sentite in<br />

questo momento in cui, nel post elezioni,<br />

probabilmente le previsioni più<br />

cupe sembrano prendere corpo.<br />

Siamo dei grandi fan della cultura pop<br />

americana. Meno cerebrale e più diretta<br />

di tanta roba di casa nostra. Tutt’altra<br />

cosa sono componenti della cultura<br />

americana che il successo di Trump ha<br />

messo a nudo in maniera cosi’ netta.<br />

Queste sono le componenti che critichiamo<br />

in “Amerika”. Queste sono le<br />

componenti di una visione piatta, che<br />

non accetta la crisi, che si sente stupidamente<br />

vincente e prevaricatrice.<br />

Nella seconda guerra civile americana<br />

ci schieriamo, come dice Michele Serra,<br />

con i borghesi salutisti della East Coast<br />

e le checche drogate della West Coast<br />

(anche se non andiamo matti per la<br />

musica che fanno ultimamente).<br />

Ogni pezzo del vostro disco ha una<br />

storia interessante, ma mi sembra che<br />

quella di “Santo” meriti un approfondimento<br />

particolare: la volete raccontare?<br />

Sì. La storia e’ questa. Quando erano<br />

piccoli, Kheyre (il cantante leader dei<br />

Rashomon) e il batterista suonavano<br />

in un altro gruppo, che si chiamava “I<br />

Musicanti di Brema”. In questo gruppo<br />

ci stava pure un fine dicitore, un tizio<br />

che mentre gli altri suonavano andava<br />

in giro a leggere poesie al pubblico. E<br />

visto che i Musicanti di Brema suonavano<br />

per strada era proprio una bella<br />

cosa che ci fosse questo fine dicitore che<br />

andava nei capannelli di gente a leggere<br />

poesie. Poi ogni tanto leggeva questa<br />

poesia di Allen Ginsberg. La poesia<br />

era così potente che tutta la musica poi<br />

veniva catturata dalla poesia e il fine<br />

dicitore si metteva a gridare in mezzo<br />

alla gente “santo il cazzo dei nonni del<br />

Kansas” eccetera eccetera. Un omaggio<br />

dunque a questi momenti meravigliosi<br />

della nostra giovinezza e anche a una<br />

grande poesia felice.<br />

Vorrei qualche particolare in più anche<br />

rispetto a “Non ci avranno mai”,<br />

che mi sembra il pezzo più enigmatico<br />

del disco...<br />

Ci siamo già traditi rispondendo alle<br />

domande precedenti. E’ un pezzo dedicato<br />

ai fighetti hipster. Se si tratta di<br />

combattere la stupidità dell’uomo, di<br />

fare la raccolta differenziata e di non<br />

mangiare carne 21 volte a settimana<br />

siamo con loro (con qualche deroga sulla<br />

carne ogni tanto). Ma per quanto<br />

riguarda la loro garbata sensibilità musicale...<br />

non ci avranno mai.<br />

Perché la cover di “Breathe” dei Prodigy?<br />

Perchè è una gran cazzo di pezzo. Semplice,<br />

brutale, efficacissimo. Ci serve<br />

per imparare a suonare.<br />

Avete qualche idea particolare per il<br />

tour che porterà in giro le canzoni di<br />

“SSS”?<br />

Nessuna in particolare. Siamo ancora<br />

nel bel mezzo della crisi. Se tra i vostri<br />

lettori c’è qualche agente di booking o,<br />

ancora meglio, qualche milionario eccentrico<br />

che vuole produrci e farci girare<br />

il Giappone con una tournée esplosiva<br />

noi ci stiamo!<br />

8 9


GIULIANO CLERICO<br />

lontano dai<br />

sogni di gloria<br />

Quarto album per il cantautore pescarese: dentro “L’Uomo Tigre ha fallito”<br />

ci sono alcuni ritratti, per lo più di sconfitti, una certa assenza di illusioni<br />

ma anche buone dosi di ironia<br />

Che cosa ti è successo nei tre anni passati<br />

da “La diva del cinemino”?<br />

Ho fatto una settantina di serate in<br />

giro per l’Italia da nord a sud,compresa<br />

una tappa in un club in Spagna a Barcellona.<br />

Ho ascoltato un pò di dischi in<br />

macchina,ho scritto le canzoni del disco<br />

nuovo che ho cominciato a registrare ad<br />

agosto del 2014.<br />

Per curiosità, perché l’”Uomo Tigre”,<br />

fra i tanti simboli possibili? E perché<br />

ha fallito?<br />

L’UOMO TIGRE è ispirato dai pugili<br />

che ho visto darsi da fare per arrivare<br />

al titolo di campione italiano per poi<br />

perderlo alla prima occasione di difenderlo,per<br />

poi tornare nel buio lontano<br />

dai sogni di gloria. Ha fallito l’eroe rassicurante<br />

senza macchia e senza paura,senza<br />

vizi e debolezze...ma dove sta?<br />

Mi sembra che nel complesso tu abbia<br />

scelto una strada un po’ più diretta,<br />

soprattutto negli arrangiamenti, rispetto<br />

ad alcuni episodi del disco precedente.<br />

Una scelta o un caso?<br />

Faccio dischi perché quelli precedenti<br />

10<br />

11


che ho fatto non mi piacciono. Le canzoni<br />

nascono da un idea che poi in studio<br />

diventa qualcos’altro. Bisogna fare i<br />

conti anche con i mezzi a disposizione.<br />

Mi piacerebbe in futuro avere la possibilità<br />

di acquistare altri strumenti a<br />

corde, un altro amplificatore a valvole,<br />

insomma dotarmi di mezzi<br />

per provare a migliorare<br />

e diversificare i suoni dei<br />

miei dischi.<br />

Come nasce “Le scimmie”,<br />

uno dei pezzi più interessanti<br />

del disco?<br />

Guardando “Monkey Shines”<br />

di Romero, non sembriamo<br />

tanto diversi dalle<br />

scimmiette ammaestrate.<br />

Penso a quanta gente conduce<br />

una vita ripetitiva<br />

ogni giorno,stessi gesti,<br />

abitudini, pigiare sempre<br />

lo stesso bottone fino a che<br />

ogni tanto qualcuno impazzisce<br />

e accade l’irreparabile.<br />

Vorrei anche sapere come<br />

nasce il ritratto (agghiacciante<br />

ma realistico) di<br />

“Soap Opera”<br />

Da un racconto di una barista<br />

delusa che mi ha fatto il<br />

caffè.<br />

Vorrei un tuo parere sulla<br />

generazione di cantautori<br />

tua contemporanea.<br />

Ascolto volentieri cercando<br />

qualcuno che mi faccia dire WOW! Dei<br />

contemporanei italiani mi piacciono parecchio<br />

i Baustelle, Il Teatro degli Orrori,<br />

Marta sui Tubi, Management del<br />

Dolore Post Operatorio, dall’estero mi<br />

piacciono i Beirut, i Beach House.


TIZIANO BIANCHI<br />

arrangiamenti limpidi<br />

Si chiama “Now and Then” il primo disco “in prima persona” del trombettista<br />

reggiano, tra indie, jazz, classica e collaborazioni eccellenti<br />

Puoi raccontare come sei arrivato a<br />

questo tuo debutto da solista?<br />

Ho sempre scritto musica, ma ci e’ voluto<br />

parecchio tempo per arrivare a<br />

trovare un suono che potesse essere<br />

personale. Ho suonato con diverse formazioni<br />

negli ultimi 15 anni, cercando<br />

la formazione che potesse avvicinarsi di<br />

più al sound che avevo in mente. Il jazz<br />

è il genere musicale che ho studiato e<br />

approfondito maggiormente negli ultimi<br />

anni, insieme al rock, all’elettronica<br />

e alla musica classica che ho sempre<br />

suonato. La scelta della formazione del<br />

quartetto, con violoncello, pianoforte e<br />

batteria e’ stata decisiva per portare a<br />

compimento i brani presenti in ‘Now<br />

and then’.<br />

Come hai selezionato i musicisti che ti<br />

hanno accompagnato e che sonorità<br />

avevi in mente per l’album?<br />

Una volta scelti gli strumenti, ho pensato<br />

subito i musicisti con cui volevo<br />

registrare il disco. Il timbro di ogni<br />

strumento era fondamentale per caratterizzare<br />

il lavoro, e i musicisti che<br />

ho scelto sono tra i miei preferiti dei<br />

tanti con cui ho suonato negli<br />

anni. Ognuno di loro<br />

ha una forte personalità<br />

sul proprio strumento.<br />

Ho conosciuto il<br />

pianista Claudio Vignali<br />

in occasione delle finali<br />

del ‘Premio Internazionale<br />

Massimo Urbani 2013’ e<br />

da allora abbiamo suonato<br />

molto insieme. Claudio è stato<br />

fondamentale nella fase di arrangiamento<br />

dei brani e mi aiutato a trovare<br />

il sound del gruppo. Enrico Ferri è un<br />

violoncellista classico con cui ho suonato<br />

in varie occasioni. Ha un bellissimo<br />

suono di violoncello, e sono stato molto<br />

felice che abbia accettato di prendere<br />

parte al progetto. Andres Marquez, il<br />

batterista, e’ stato mio collega di studi<br />

al Berklee College of Music di Boston.<br />

Mi serviva un batterista molto espressivo<br />

e versatile, capace di passare da<br />

un brano all’altro dando coerenza a tutto<br />

il lavoro. Andres è stato fantastico in<br />

questo.<br />

Il disco suona omogeneo benché si salti<br />

spesso da un genere all’altro senza<br />

grandi problemi. E’ stato necessario<br />

un lungo lavoro di “cesello” per rifinire<br />

il tutto oppure avete lavorato in<br />

modo spontaneo?<br />

Una volta defiiniti gli strumenti del<br />

quartetto, avevo molto chiaro in mente<br />

il sound che volevo ottenere. Credo<br />

che l’accostamento degli strumenti del<br />

quartetto (atipico per un quartetto<br />

jazz, specialmente per l’uso<br />

del violoncello) sia quello che ha<br />

dato coesione e uniformità al disco,<br />

pur essendo presenti brani<br />

di generi anche piuttosto<br />

distanti (classica, jazz, elettronica).<br />

Cercavo un suono<br />

minimalista, con arrangiamenti<br />

limpidi che facessero<br />

emergere le caratteristiche dei<br />

musicisti e il timbro del loro strumento,<br />

melodie che potessero rimanere in<br />

testa. In quest’ottica, il lavoro di arrangiamento<br />

è stato molto puntiglioso, di<br />

lima. Nel lavoro di pre-produzione ho<br />

registrato tutti i brani tentando alcune<br />

soluzioni differenti e anche questo lavoro<br />

è stato molto importante. I musicisti<br />

coinvolti nelle registrazioni avevano<br />

sentito i brani registrati in pre-produzione.<br />

Quando poi ci siamo trovati tutti<br />

per la registrazione definitiva, il lavo-<br />

14<br />

15


o si è svolto naturamente, in maniera<br />

quasi magica, lasciandoci sorpresi e<br />

soddisfatti del risultato.<br />

Uno dei brani cardine è sicuramente<br />

“Now and then”. Come ti è venuta<br />

l’idea della voce recitante di Giovanni<br />

Lindo Ferretti e come è nata la<br />

collaborazione?<br />

“Now and then” è la titletrack dell’album.<br />

Il testo esmprime il messaggio positivo<br />

che sta dietro al lavoro, derivato<br />

da ciò che provavo in quel periodo. La<br />

sensazione che le cose avessero iniziato<br />

a prendere il proprio posto e che tutto<br />

quello che avevo vissuto in passato convergeva<br />

su quello che stavamo facendo.<br />

E’ un messaggio positivo, rivolto a tutti,<br />

di avere fiducia nel presente e nel futuro<br />

nonostante le difficoltà, coscienti che<br />

tutte le persone incontrate nel nostro<br />

vissuto e che hanno lasciato un segno<br />

ci aiutano verso i nostri obiettivi. La<br />

sensazione prima e la realizzazione poi<br />

di non essere soli nel nostro percorso<br />

mi ha dato grande fiducia e serenita’.<br />

E’ stato molto significativo per me fare<br />

registrare il testo a Giovanni Lindo<br />

Ferretti. E’ un’artista ache ho sempre<br />

stimato molto, i cui testi mi hanno sempre<br />

toccato in modo profondo. Giovanni<br />

vive a pochi chilometri dal mio paese<br />

natale, Castelnovo ne’ Monti (RE). Negli<br />

anni sono riuscito ad avvicinarlo<br />

e per piccoli passi, un poco alla volta,<br />

sono riuscito a fargli ascoltare i miei<br />

vari progetti musicali. Quando ho scritto<br />

il testo di ‘Now and then’ avevo la<br />

sensazione di avere qualcosa di forte in<br />

mano e ho subito pensato a lui. Il fatto<br />

che avrebbe accettato pero’ era tutt’altro<br />

che scontato, essendo molto restio a<br />

ogni collaborazione. Ricordo l’emozione<br />

e la paura mentre leggeva il testo per<br />

la prima volta. Il fatto che abbia accettato<br />

di registrare mi ha dato grande<br />

soddisfazione e ha dato grande forza al<br />

testo e al brano. Dal punto di vista musicale<br />

è un brano significativo dell’album,<br />

del mio tentativo di superare la<br />

divisione tra i generi (classica, jazz,<br />

indie) con un suono che fosse credibile e<br />

personale.<br />

Come nasce la scelta delle due riletture<br />

piuttosto distanti fra loro come<br />

Radiohead ed Erik Satie?<br />

Questo progetto è nato inizialmente<br />

come trio. Ebbi una piccola epifania<br />

ascoltando un concerto di musica classica<br />

per clavicembalo, flauto e violoncello.<br />

Il violoncello e’ sempre stato uno<br />

dei miei strumenti preferiti, ma non<br />

ero sicuro che potesse essere usato efficacemente<br />

in una formazione jazz.<br />

Decisi di preparare alcuni arrangiamenti<br />

per trio con tromba, pianoforte<br />

e violoncello. In quel periodo suonavo<br />

spesso al pianoforte la ‘Gymnopedie #1’<br />

di Satie, un brano meraviglioso che riusciva<br />

a mettermi sempre in pace con<br />

me stesso. Preparai l’arrangiamento<br />

senza toccare la melodia ma aprendo<br />

la struttura per il solo di tromba nella<br />

parte centrale. Per il brano successivo<br />

la scelta cadde sui Radiohead essendo<br />

un gruppo che ho sempre ascoltato e<br />

apprezzato. ‘Knives out’ aveva una melodia<br />

e una struttura armonica semplice,<br />

‘minimale’, che mi sembrava potesse<br />

funzionare come ‘ballad’ per il trio con<br />

il violoncello. Anche se le due composizioni<br />

provengono da due periodi e mondi<br />

molto distanti, l’arrangiamento e la<br />

formazione strumentale li ha resi due<br />

brani vicini per atmosfera ed emotivita’.<br />

Le versioni presenti nel disco sono<br />

le stesse del primo arrangiamento, e si<br />

puo’ dire che abbiano aperto la strada a<br />

tutto il progetto ‘Now and then’.<br />

Anche “The Sleep Of Sorrow Through<br />

The Ages” ha una genesi particolare:<br />

ce ne vuoi parlare?<br />

Nel 2010 suonai e registrai a Boston<br />

il brano “The sleep of sorrow” del compositore<br />

giapponese Tetsuro Hoshii, ai<br />

tempi mio collega di studi al Berklee<br />

College of Music. Il brano mi piacque<br />

molto da subito e tenni la registrazione<br />

nel mio computer. Quando stavo lavorando<br />

ai brani del mio disco mi ricapitò<br />

di ascoltarla. Volevo farne una versione<br />

personale, in linea con il resto del<br />

lavoro. Usando un software rallentai<br />

16<br />

17


TIZIANO BIANCHI<br />

NOW AND THEN<br />

S U T U T T E<br />

L E P I A T T A F O R M E D I G I T A L I<br />

ITALY<br />

JAPAN<br />

la registrazione di circa sei volte, ottenendo<br />

un suono totalmente diverso del<br />

piano e del flicorno. La melodia era comunque<br />

fortemente riconoscibile e da<br />

li’ iniziai il lungo lavoro di produzione<br />

che ha portato a “The sleep of sorrow,<br />

through the ages”. Scelsi questo titolo<br />

per le immagini che l’ascolto mi suggeriva.<br />

Mi trasportava nell’immensità<br />

del cosmo, al di fuori del tempo e dello<br />

spazio. O mi faceva immaginare cosa<br />

poteva sentire un feto durante il periodo<br />

di gestazione nella pancia materna,<br />

immerso nel liquido amniotico. Ho lavorato<br />

per circa due mesi alla produzione<br />

del brano, con l’aiuto di Alessandro<br />

Magnanini (Mario Biondi, Cesare<br />

Cremonini) e Daniele Bagnoli (Bagnoli<br />

Bros Recoding Studio). Nel brano sono<br />

presenti anche le voci di Elisa Aramonte<br />

e mio padre Angelo Bianchi a dare<br />

calore umano<br />

al suono generale.<br />

La genesi<br />

del brano richiamava<br />

bene<br />

il ‘Now and<br />

then’ del titolo;<br />

un brano<br />

di diversi anni<br />

addietro, scritto<br />

da un amico<br />

durante i miei<br />

fondamentali<br />

anni di formazione,<br />

aveva<br />

trovato finalmente ‘compimento’. Aveva<br />

incorporato dentro di sé il mio presente<br />

e persone importanti per il mio percorso,<br />

come mio padre Angelo.<br />

Dovessi scegliere un musicista con il<br />

quale ti piacerebbe lavorare nel prossimo<br />

disco, chi indicheresti e perché?<br />

Per il mio prossimo disco vorrei aggiungere<br />

un po’ di potenza al suono. Sto<br />

pensando di inserire una chitarra. Non<br />

un chitarrista jazz, ma un musicista<br />

elettrico. E’ sempre stimolante inserire<br />

un’elemento al di fuori del suo contesto<br />

naturale. Mi piacerebbe continuare la<br />

collaborazione con Giovanni Lindo Ferretti.<br />

Ma se dovessi nominare uno dei<br />

tanti musicisti con cui mi piacerebbe<br />

collaborare direi Franco Battiato.<br />

Come Giovanni, è una di quelle voci<br />

inconfondibili e capaci di evocare un<br />

mondo intero.<br />

www.tizianobianchi.com<br />

19


FOSCHIA: senza grandi<br />

ansie da prestazione<br />

Non un lp, non un ep, non una formazione stabile. Ma un progetto molto interessante<br />

e molte buone canzoni concentrate in una pagina Facebook, tra<br />

pop, hip hop e molto altri. Abbiamo intervistato Matt Revol<br />

Puoi raccontare la tua storia fin qui?<br />

Sono sempre stato appassionato di musica,<br />

soprattutto ascolto. Poi verso i<br />

14/15 anni ho scoperto la chitarra, successivamente<br />

il pianoforte. Ho studiato<br />

entrambi ma mollati presto perché a<br />

me è sempre e solo interessato scrivere<br />

musica mia.Cosi mi sono dedicato un<br />

po alla teoria dell armonia anch’essa<br />

non portata a termine. Oggi da molti<br />

anni scrivo i miei pezzi.<br />

Non hai ancora realizzato un ep o un lp<br />

ma tante canzoni “slegate”: puoi spiegare<br />

il motivo?<br />

Il mio lp è la pagina, un lp in continua<br />

evoluzione, infatti non riposto mai due<br />

volte lo stesso pezzo, come se fosse un<br />

album a cui si aggiungono pezzi nuovi<br />

man mano, una specie di diario. Il tutto<br />

molto istintivo, segue le mie “voglie”<br />

e ispirazioni, non ho paletti.Un pezzo<br />

puo essere più una demo, uno più curato,<br />

uno rap, uno pop eccetera eccetera<br />

La tua musica lega songwriting più o<br />

meno “classico” con alcuni frequenti<br />

interventi a carattere hip hop: come e<br />

perché hai deciso di far dialogare queste<br />

due forme musicali?<br />

Diciamo che quando dialogano per me è<br />

comunque più pop. Non mi sento legato<br />

al rap anche se mi piace tantissimo<br />

quando viene usato e mescolato con altri<br />

genere, tipo Gorillaz o anche Kanye<br />

West negli ultimi lavori, perché no.<br />

Non ho preso grandi decisioni in merito,<br />

anzi ultimamente<br />

sono molte di più le<br />

demo senza rap... Vado<br />

a istinto, quello che viene<br />

viene, senza grandi<br />

ansie di prestazione o<br />

grandi pensate.Il tutto<br />

è veramente molto naturale.<br />

Puoi raccontare qualcosa<br />

dei collaboratori<br />

che appaiono nei “featuring”<br />

delle tue canzoni?<br />

Come li hai conosciuti<br />

e coinvolti nelle<br />

tue tracce?<br />

Il mio collaboratore<br />

principale è Serra, MC di Modena, che<br />

è anche la mia città, l’ho conosciuto<br />

molti anni fa dopo aver sentito alcuni<br />

suoi pezzi e piano piano l’ho coinvolto,<br />

lui si è messo in gioco e si è adattato a<br />

una forma meno rap ma molto più pop.<br />

Il progetto è nato con lui.C’è Graziano<br />

Ranieri, tecnico del suono e amico. Poi<br />

ci sono Anna e Ludovica, due cantanti<br />

con cui ho registrato qualche pezzo e<br />

collaborato a melodie e testi vari e infine<br />

Antonio, chitarrista molto bravo con<br />

cui ho registrato le chitarre per diversi<br />

pezzi.Questi sono i collaboratori principali<br />

e con i quali più spesso lavoro. Poi<br />

ce ne sono altri più “occasionali”.<br />

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti<br />

italiani che stimi di più in questo momento<br />

e perché?<br />

20<br />

21


Non so se siano indipendenti ma mi<br />

piace tantissimo La rappresentante di<br />

lista.<br />

Hai già iniziato qualche sorta di attività<br />

dal vivo?<br />

In realtà no.Per ora questo è uno sfogo<br />

da studio. Abbiamo provato molte volte<br />

ma è difficile far combaciare orari di<br />

tante persone.Per ora nessuna volta è<br />

andata bene ma mai dire mai.<br />

Il tuo progetto è caratterizzato da immagini<br />

di<br />

fumetti in<br />

stile dysneiano<br />

degli esordi:<br />

chi le<br />

realizza?<br />

Puoi raccontare<br />

qualcosa<br />

di più in<br />

merito?<br />

Le immagini<br />

sono<br />

tutte di<br />

Jack Venturelli.<br />

Un<br />

amico che<br />

ho conosciuto<br />

alle<br />

superiori.<br />

Gli piace<br />

la mia<br />

musica e<br />

si è offerto<br />

di farmi qualche tavola. Di lavoro fa il<br />

grafico.<br />

Stai lavorando a nuove canzoni? Puoi<br />

anticipare qualcosa in merito?<br />

Sto lavorando a molte nuove demo.<br />

Ho provato ad alzare un po’ il ritmo in<br />

qualche nuovo lavoro, bpm più alti.<br />

Ho imparato con il tempo che l’ispirazione<br />

va e viene ma torna sempre.<br />

Almeno spero haha!<br />

Puoi indicare tre brani, italiani o stranieri,<br />

che hanno influenzato particolarmente<br />

i tuoi lavori?<br />

Se può andare bene direi album: “Vivadixiesubmarinetransmissionplot”<br />

di<br />

Sparklehorse, “Think tank” dei Blur<br />

e “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club<br />

Band” dei Beatles.<br />

Se dovessi scegliere un artista con cui<br />

ti piacerebbe collaborare (italiano o<br />

straniero, possibile o impossibile) quale<br />

nome faresti?<br />

Sparo in alto, nel range dell’impossibile...<br />

Con Damon Albarn! Ahah! In Italia<br />

invece collaborerei con i Verdena, anche<br />

se sono lontani dal mio stile sono<br />

pazzeschi.<br />

22<br />

23


Nevica NOISE<br />

Il mio IO primario<br />

Gianluca Lo presti AKA Nevica su Quattropuntozero, dopo svariate scorribande<br />

in dischi altrui, mette a fuoco il proprio DNA primordiale con un moniker<br />

differente e con un disco (quasi) del tutto strumentale, “Sputnik”<br />

Perché hai deciso di “aprire” un side<br />

project autonomo anziché pubblicare<br />

i brani come Nevica Su Quattropuntozero?<br />

Nevica su Quattropuntozero e Nevica<br />

NOISE sono in realtà due facce della<br />

stessa medaglia, il primo è un progetto<br />

di canzoni, sicuramente “sui generis”<br />

ma sempre di canzoni si tratta, il secondo<br />

invece, essendo strumentale, mi<br />

permette di spaziare più liberamente<br />

nei meandri della mia anima musicale<br />

laddove posso sperimentare soluzioni<br />

sonore nuove da portare poi nel progetto<br />

principale di Nevica su Quattropuntozero.<br />

Mi piace pensare a Nevica NOI-<br />

SE come al DNA musicale di Nevica su<br />

Quattropuntozero dove tutto è primordiale.<br />

Come e con quale spirito nasce “Sputnik”?<br />

Dopo tanto tempo trascorso su progetti<br />

musicali a lungo termine dove spesso<br />

si deve usare molto il cervello e meno<br />

il cuore soprattutto per curare aspetti<br />

tecnici della produzione di un disco<br />

nei quali non mi sto a dilungare,sentivo<br />

fortemente la necessità di partorire<br />

qualcosa di immediato di più spontaneo<br />

e meno pensato,avvicinarmi cioè al mio<br />

IO primario alla mia anima musicale<br />

in modo più diretto.La psichedelia<br />

elettronica è ricca di suggestioni,sono<br />

viaggi che inizi e non sai mai dove vai<br />

a finire…ecco la nascita di questo disco<br />

rappresenta una sorta di catarsi liberatoria<br />

dove posso lasciarmi andare senza<br />

limiti.Anche se in realtà non me li<br />

pongo mai comunque!<br />

Il tuo disco è descritto come un’esigenza<br />

“di pancia”, un approccio istintivo<br />

e uno stacco liberatorio. Non è curioso<br />

che per un discorso così “naturale” tu<br />

abbia scelto in prevalenza strumenti<br />

“sintetici”? Oppure ormai non è più<br />

corretto fare distinzione tra analogico,<br />

sintetico, elettrico, elettronico...<br />

Non esistono a mio parere distinzioni<br />

o categorie sonore, o meglio non credo<br />

alle gerarchie.Io uso l’elettronica<br />

perché sono “naturalmente” cresciuto<br />

con questa. Diciamo è un mondo sonoro<br />

che si adatta perfettamente al mio<br />

essere musicista. In realtà nel disco<br />

sotto l’elettronica c’è una batteria acustica<br />

suonata da Alessandro Gomma<br />

Antolini, quindi in parte si cercano di<br />

fondere questi due mondi sonori acustico/sintetico.<br />

Sono consapevole che la<br />

maggioranza dei musicisti oggi utilizzi<br />

ancora il suono naturale degli strumenti<br />

acustici o elettrici ma anche un<br />

sintetizzatore ha la stessa importanza<br />

di una chitarra o un basso. Diciamo che<br />

non credo neppure il contrario che la<br />

forma espressiva elettronica sia la migliore.<br />

Ogni musicista deve capire chi è,<br />

cosa vuole, da che parte sta. Alla fine la<br />

propensione e la scelta di avvicinarsi a<br />

uno strumento o a un altro deve essere<br />

del tutto spontanea. Io non mi sono mai<br />

posto limiti né fatto domande, mi sono<br />

solo concentrato a fare meglio che potevo<br />

quello che sentivo. Penso basti cosi!<br />

“Sputnik” rappresenta il primo passo<br />

di una trilogia dedicata a Murakami.<br />

Che cosa ti colpisce di più dello scrittore<br />

giapponese come interprete della<br />

realtà contemporanea?<br />

Sì, in realtà nella mia concezione cè<br />

una trilogia che prende spunto dalle<br />

letture di Murakami parte da li ma<br />

arriva ad altro.Preferisco pensare che<br />

Sputnik sia la prima opera di una cosidetta<br />

“Trilogia dell’anima” dove dentro<br />

la musica cè una fortissima tensione<br />

verso la ricerca di se stessi e del nostro<br />

equilibrio sano nel mondo. In questi<br />

24<br />

25


ultimi anni per motivi personali ho affrontato<br />

moltissimo il tema della sofferenza<br />

interiore o se vuoi dirla in modo<br />

più diretto della ricerca della felicità.<br />

Quando capisci che non dipende da<br />

nessun altro all’infuori di te hai vinto.<br />

Questo interesse dovuto<br />

a specifiche necessità di<br />

risolvere certe cose mi ha<br />

portato a conoscere altri<br />

personaggi straordinari<br />

come il filosofo e musicoterapeuta<br />

genovese Mauro<br />

Scardovelli. Ecco che<br />

da qui si evince che Murakami<br />

è stato un punto di<br />

partenza formidabile.<br />

Da che tipo di ispirazione<br />

nasce “Sarin”?<br />

Nasce da un romanzo<br />

di Murakami “Underground”,<br />

che non ho ancora<br />

letto, tra l’altro in cui<br />

si narra del famoso attentato<br />

alla metropolitana<br />

di Tokio dove fu usato il<br />

Sarin per intossicare la<br />

gente o più comunemente<br />

conosciuto come gas nervino.<br />

Nel mio pezzo ci sono<br />

dei synth che riecheggiano<br />

incessantemente dei<br />

suoni simili a dei lamenti<br />

o delle sirene tanto per<br />

sottolineare l’atmosfera<br />

drammatica dell’evento.<br />

Post scriptum. Mi sto rendendo conto<br />

adesso che è un pezzo che viene notato<br />

più di quello che pensavo. E’ il bello<br />

della vita… fai una cosa, gli dai una<br />

certa importanza che è sempre diversa<br />

da quella degli altri... Sono contento<br />

27


comunque.<br />

Mi incuriosisce, per motivi che immagino<br />

ovvi, anche la scelta delle voci di<br />

“Do Nascimento”... Puoi raccontare<br />

qualcosa in merito?<br />

“Do Nascimento” è il pezzo più provocatorio<br />

dell’album. Volevo dare uno<br />

spaccato della miseria del mondo in cui<br />

viviamo, non è stato molto impegnativo<br />

mi è bastato sintonizzarmi un pomeriggio<br />

alla radio e sul web per scoprire che<br />

è più facile trovare queste cose piuttosto<br />

che la bellezza del discorso finale<br />

di Scardovelli sulla natura umana. Mi<br />

piaceva partire da una situazione negativa<br />

e senza speranza per dire che in<br />

realtà la speranza esiste e dipende soltanto<br />

da noi trovarla per rinascere.<br />

Se la vogliamo mettere cosi “Do Nascimento”<br />

è un brano di protesta come si<br />

scrivevano negli anni 70 ed è interessante<br />

la reazione del pubblico quando<br />

scopre che i miei concerti partono<br />

sempre con questo pezzo e io salgo alla<br />

fine quando inizia a parlare Scardovelli<br />

come a volere significare: ”Ehi ragazzi<br />

possiamo farcela, possiamo rinascere,ci<br />

stanno fottendo, svegliamoci!!” È un<br />

brano che, nonostante non sembri, ha<br />

un grande ottimismo.<br />

Visto il numero e la qualità sempre<br />

più rilevante delle tue collaborazioni e<br />

dei tuoi interventi sui dischi altrui, sei<br />

uno dei personaggi più influenti sulla<br />

scena indipendente (o come la vogliamo<br />

chiamare) contemporanea italiana.<br />

Come fotografi questo momento<br />

per la musica italiana?<br />

Innanzitutto ti ringrazio per queste<br />

parole perché a uno schivo come me<br />

fanno tremare le gambe quanto battere<br />

il cuore per la gratitudine e l’emozione.<br />

Sono molto onorato che da qualche<br />

tempo gli addetti ai lavori pensino queste<br />

cose anche se forse non è veramente<br />

cosi ah ah. Comunque mi impegno da<br />

tempo in tanti progetti e tante collaborazioni<br />

perché ci credo e penso che la<br />

musica sia la mia strada per rendere<br />

questo un mondo migliore e per il mio<br />

sviluppo come essere umano. Detto ciò<br />

provo a rispondere alla tua domanda:<br />

sento in giro tanta bella roba, tante<br />

belle cose ma alla fine la visibilità ce<br />

l’hanno sempre le peggiori, le meno interessanti<br />

e le mediocri. Forse allo star<br />

system conviene così, per cui da tempo<br />

la mia unica forma di insurrezione e di<br />

ribellione consiste nel continuare a impegnarmi<br />

per far sì che le cose belle e i<br />

gruppi bravi possano emergere. Manca<br />

forse un po’ più di coraggio in Italia, potremmo<br />

osare di più senza avere paura<br />

che il pubblico ci volti le spalle. A volte<br />

il pubblico ti premia a una condizione:<br />

che tu sia sincero. E la gente questo sa<br />

ricononoscerlo.<br />

28<br />

29


OHIO KID<br />

la realtà fuori è confusa<br />

“Everyone was sleeping as if the Universe were a mistake” è il ritorno del<br />

songwriter folk bolognese di stanza in Lussemburgo<br />

Sono passati quattro anni dal tuo (lodevole)<br />

esordio con “The day when we<br />

discovered the light”. Che cosa è successo<br />

in questo periodo di tempo a te e<br />

alle tue canzoni?<br />

(Grazie mille per il “lodevole”!) Gli ultimi<br />

quattro anni, quelli tra le due uscite,<br />

sono stati abbastanza intensi, soprattutto<br />

dal punto di vista personale.<br />

Ho vissuto, e sto ancora vivendo, all’estero,<br />

in paesi diversi, muovendomi un<br />

po’ per necessità, un po’ per curiosità.<br />

Sono stato inglobato in un succedersi di<br />

esperienze,<br />

conoscenze,<br />

gioie e<br />

malumori.<br />

Ho<br />

provato<br />

l’emozione<br />

e lo smarrimento di non avere<br />

un luogo che potessi chiamare casa.<br />

Le canzoni di “The Day when… dopo<br />

che sono state pubblicate si sono un po’<br />

perse. Numero di live ridotti all’osso,<br />

io che magari non prendevo in mano la<br />

chitarra per mesi. Non è stato un periodo<br />

molto adatto per dare un seguito al<br />

disco. E mi dispiace. Quella manciata<br />

di volte sono riuscito a suonare quei<br />

pezzi davanti a un pubblico il responso<br />

è stato molto positivo e avrei voluto<br />

ripetere l’esperienza all’infinito.<br />

Puoi spiegare il titolo del nuovo disco?<br />

Ero a una mostra di fotografia a Barcellona,<br />

che non mi è rimasta molto in<br />

testa. Ma il titolo dell’esibizione era<br />

fantastico. L’ho preso da lì. Descrive<br />

perfettamente una sensazione che ho<br />

provato spesso. La realtà fuori talvolta<br />

è talmente confusa che l’unica cosa<br />

che vorresti fare è rimanere a letto con<br />

la testa sotto le lenzuola. Un modo per<br />

nascondersi, o nascondere le cose che<br />

stanno al di fuori delle mura protettive<br />

di una camera da letto. Mi piace il<br />

contrasto spaziale tra l’infinito dell’universo<br />

e la piccolezza dei nostri problemi<br />

personali. E mi piace che sia un titolo<br />

chiaramente esagerato, megalomane.<br />

Le cronache narrano di canzoni nate e<br />

poi gettate nel cestino. E’ stato molto<br />

difficile arrivare a “Everyone was sleeping<br />

as if the Universe were a mistake”?<br />

No e sì. No perché le melodie si creano<br />

da sole nella mia testa o mentre sto<br />

suonando e magari pensando ad altro.<br />

Non c’è un pattern predefinito, non decido<br />

io come iniziarle, come finirle, è<br />

sentirlo, percepirlo. Allo stesso modo le<br />

liriche. Sono frasi che mi fluttuano in<br />

testa, e quasi naturalmente diventano<br />

parte della musica. Scrivo e riscrivo fino<br />

a che non mi sento di aver raggiunto il<br />

risultato voluto. Sì, perché per i primi<br />

due anni queste cose non le sapevo. Ho<br />

forzato la mano, ho provato a fare qualcosa<br />

di diverso dal disco precedente, ma<br />

senza un progetto chiaro. È venuto fuori<br />

un miscuglio di idee e melodie e testi<br />

che non sentivo assolutamente mie.<br />

Ho imparato che non si inizia un pezzo<br />

pensando di sperimentare. Puoi farlo<br />

dopo, ma la base deve essere semplice.<br />

I soliti quattro accordi.<br />

Hai scelto atmosfere più intime e, si<br />

direbbe, dolorose per le sei nuove canzoni<br />

rispetto al tuo esordio. E’ stato<br />

difficile mettersi così a nudo oppure è<br />

prevalso l’aspetto liberatorio?<br />

30 31


Non c’è una volontà reale dietro. Sicuramente<br />

durante il primo disco vivevo<br />

un periodo più spensierato. Con<br />

“Everyone was sleeping” ho processato<br />

tutto ciò che è successo in quattro anni,<br />

tra i ventiquattro e i ventinove, che<br />

sono un periodo esagerato in termini<br />

di crescita umana. In un certo senso<br />

mettersi a nudo è una cosa che metti<br />

in conto quando decidi di fare musica.<br />

Ogni cosa che ho scritto, da quando ho<br />

la possibilità di scrivere, è personale.<br />

Il modo di presentarla è più o meno<br />

velato. Forse con “The Universe” ho<br />

osato un po’ di più e le cose dette sono<br />

più dirette. Però sono convinto che una<br />

buona metà del disco sia comunque difficile<br />

da interpretare.<br />

Come nasce “Your Drugs”?<br />

Nasce da un verso, quello finale. E da<br />

un momento di frustrazione. Volevo<br />

renderla cantilenante, e scanzonata.<br />

È diventata grottesca e malinconica,<br />

che è esattamente l’obiettivo.<br />

Mi racconti qualcosa anche della genesi<br />

di “Wires”?<br />

Oh. Keaton Henson? Continuavo a suonarla<br />

e a suonarla. Veniva bene nella<br />

mia testa e ho provato a registrarla.<br />

Le liriche sono quasi improvvisate.<br />

Avevo un canovaccio di testo, parole<br />

buttate a caso, prima di tutto “Don’t<br />

look down, I’ve put wires all around”.<br />

E mi sono immaginato un innamorato<br />

pazzo che distende fili e cavi per tutta<br />

la casa per intrappolare la persona<br />

che ama. È un pezzo triste. Ho creato<br />

rumori di sottofondo, per confondere la<br />

melodia. Volevo riprodurre il suono di<br />

un generatore o un flusso di corrente,<br />

qualcosa di poco piacevole. Non ho idea<br />

se ci sono riuscito.<br />

Quali sono i dischi che ti hanno maggiormente<br />

influenzato nell’ultimo periodo?<br />

Non ne ho idea. Ascolto musica in continuazione.<br />

Siamo un gruppo di amici<br />

che si consiglia dischi da ascoltare,<br />

prevalentemente nuove uscite. Ci piace<br />

stare al passo. Penso di aver processato<br />

un po’ di tutto. Facendo musica da solo<br />

c’è il rischio di scrivere musica sulla<br />

falsa riga di un gruppo che ti piace.<br />

Per farti un esempio. Due anni fa ero<br />

innamorato di una band di Maiorca,<br />

Oso Leone. Li ho sentiti live un paio<br />

di volte, atmosfere sognanti, un po’ di<br />

elettronica. Ho fatto un disco così, con<br />

le stesse atmosfere, con le stesse sonorità.<br />

Ho usato anche un pianoforte<br />

vero, chitarre ultra effettate, e sintetizzatori.<br />

Non era male. Ma non era<br />

mio. L’ho buttato via. Tutto. Non è rimasto<br />

quasi nulla di quelle registrazioni.<br />

Quindi di solito cerco di mantenere<br />

una linea, avere consistenza nei suoni<br />

e nei messaggi. Se devo fare dei nomi<br />

di dischi che ho ascoltato e riascoltato<br />

ultimamente (ultimo anno), “Cavalho”<br />

di Rodrigo Amarante, “Vicious” di His<br />

Clancyness e “It’s a wonderful life” di<br />

Sparklehorse.<br />

32


ELISA ROSSI<br />

smussare le rigidità<br />

Con un ep che si intitola “Eco” la cantautrice riminese cambia sound e pelle,<br />

trova nuovo slancio e una serie di nuove consapevolezze<br />

Che cosa è successo nei tre anni trascorsi<br />

da “Il dubbio”?<br />

Dopo l’album “IL DUBBIO” seguì un<br />

anno di pausa, un allontanamento dalla<br />

musica, non sentivo più motivazioni<br />

per cantare e non ne volevo più sapere.<br />

Incontrai poi una persona speciale, che<br />

purtroppo oggi non c’è più e a cui è dedicato<br />

il disco, Ivan Puleo che divenne<br />

il manager. Nel breve periodo in cui lavorammo<br />

insieme riuscì a smussare un<br />

po’ di mie rigidità. Mi consigliò di iscrivermi<br />

al Premio Bianca D’Aponte.<br />

Foto di Matteo Casilli<br />

Io un po’ controvoglia e disillusa gli<br />

diedi fortunatamente retta e lo vinsi.<br />

Quello costituì un nuovo punto di partenza,<br />

un nuovo slancio. In quell’occasione<br />

conobbi anche la mia etichetta<br />

discografica “IndieSoundsBetter” e così<br />

iniziai piano piano a lavorare alle nuove<br />

canzoni.<br />

Con quali premesse nasce il nuovo ep?<br />

C’è alla base una consapevolezza di<br />

me e delle mie possibilità di espressione<br />

sia a livello di scrittura, molto più<br />

diretta, e dell’uso della voce in cui ho<br />

cercato di essere molto più viscerale.<br />

C’è la voglia di comunicare il percorso<br />

e la crescita interiore degli ultimi anni,<br />

la ricerca spirituale e l’apertura a un<br />

futuro che immagino positivo e gratificante.<br />

C’è una certa svolta sonora alla base di<br />

“Eco”: come e quando ti sei avvicinata<br />

al dream pop e hai scelto di fartene<br />

influenzare?<br />

Ho lavorato in prima persona alla stesura<br />

dei primi provini di “ECO” cercando<br />

da subito di indirizzare le sonorità<br />

verso il pop, ma mantenendo sempre la<br />

mia caratteristica di scrittura onirica<br />

e di ricerca di immagini. Il connubio<br />

Foto di Alessio Albi<br />

delle mie melodie con le atmosfere tipiche<br />

del dream pop si sposano perfettamente<br />

e anche i testi introspettivi così<br />

come l’uso di echi e riverberi sulla voce<br />

donano più leggerezza e sospensione.<br />

Naturalmente poi, la mia passione per<br />

gruppi come i The Verve negli anni<br />

‘90 o la musica che preferisco ascoltare<br />

come per esempio Sigur Ros, Bjork,<br />

Cocorosie, Lykke Li, Woodkid ecc..mi<br />

hanno portato a fare determinate scelte<br />

stilistiche.<br />

Terzo album e terzo cambio di produzione:<br />

che cosa hai cercato (e trovato)<br />

nei produttori Longo e Ruffino?<br />

Cercavo qualcuno che potesse seguire e<br />

ampliare le caratteristiche sonore che<br />

già avevo impostato nei provini, quindi<br />

con l’uso di più elettronica. Loro hanno<br />

lavorato in perfetta sintonia facendo<br />

convergere le attitudini di entrambi in<br />

risultati misurati, ma decisi. Quando<br />

ho iniziato a lavorare al disco avevo<br />

due riferimenti ben precisi ed erano<br />

Woodkid per la parte orchestrale, l’u-<br />

34<br />

35


so dell’armonia, l’ apertura visionaria<br />

e sospesa e Sia per la sferzata pop.<br />

Quello che mi interessava fare e che<br />

caratterizza il mio modo di scrivere era<br />

raggiungere il giusto equilibrio tra le<br />

melodie ariose e sonorità moderne.<br />

Come nasce “I giganti” e perché l’hai<br />

scelta come singolo?<br />

“I giganti” è un brano autobiografico in<br />

cui parlo del mio desiderio, fin da piccola,<br />

di realizzare qualcosa di grande. La<br />

voglia di scappare dalla solitudine della<br />

provincia di evolvermi e migliorare.<br />

Questo percorso è stato tortuoso e pieno<br />

di insidie che non provengono solo<br />

dall’esterno ma spesso invece nascono<br />

dentro di noi e ci frenano. Siamo noi<br />

stessi a volte i nostri peggiori nemici, e<br />

smussare i nostri angoli è un lavoro che<br />

richiede maturità, senso di analisi e<br />

tanto coraggio. Sono sempre stata affascinata<br />

dalla ricerca della spiritualità<br />

e questo disco ruota anche intorno a<br />

questo concetto: evolversi per trovare la<br />

libertà di essere. “I Giganti”, simbolicamente<br />

rappresentano i miei limiti e insicurezze<br />

e Roma lo scenario, il campo<br />

di battaglia in cui si svolge la lotta per<br />

affermare me stessa perché è questa la<br />

città a cui ho affidato i miei sogni quando<br />

mi sono trasferita a 18 anni. Il video<br />

cerca, con la sovrapposizione di momenti<br />

che vanno a scandire la mia vita<br />

e l’indole più bucolica e sognante con<br />

frammenti di vita famigliare e immagini<br />

caotiche della città, di rappresentare<br />

il moto frenetico dell’ interiorità.<br />

Come saranno le tue esibizioni dal<br />

vivo dopo l’ep?<br />

Avrò un set composto da<br />

batteria, synth e chitarra<br />

elettrica<br />

Quali sono i cantautori<br />

indipendenti italiani<br />

che stimi di più?<br />

Amo da sempre la penna<br />

e la voce di Diego<br />

Mancino e trovo molto<br />

interessanti Dardust,<br />

Diodato, Giovanni Truppi,<br />

Dente, Maria Antonietta,<br />

Niccolò Fabi, e<br />

Cristina Donà che è una<br />

delle mie artiste di riferimento…<br />

Foto di Alessio Albi<br />

Foto di Massimo di Soccio


LIEDE<br />

l’unica cosa che potessi fare<br />

Bambini che piangono sulla neve, ansia, quaderni ritrovati: la formula per<br />

arrivare a fare il solista di Francesco Roccati è tortuosa, ma le canzoni del<br />

suo “Stare bravi” sono spesso semplici e molto efficaci<br />

Vuoi raccontare<br />

la<br />

tua<br />

storia?<br />

La storia<br />

di me che<br />

imbraccio<br />

chitarre<br />

-all’inizio<br />

anche bassi-<br />

e canto è<br />

molto breve.<br />

Inizia tutto<br />

nel 2008 con<br />

l’indie-rock<br />

da cantina<br />

torinese e<br />

nel 2016<br />

esce “Stare<br />

Bravi”, come<br />

Liede, che è<br />

tutta un’altra<br />

cosa (mi<br />

rendo conto<br />

ora che in<br />

realtà son<br />

passati 8<br />

anni, mostruoso, ma facciamo finta di<br />

niente).<br />

Ho sempre pensato, comunque, che<br />

non avrei mai mollato il colpo, e che<br />

anche non sapendo bene cosa -e come-,<br />

l’avrei fatto. Gli ultimi due anni sono<br />

stati dedicati al voler incidere un disco<br />

per iniziare un percorso, e si è capito<br />

che ci sarei riuscito solo a giugno 2016<br />

(questo in parte motiva la risposta<br />

alla domanda n.3). Trasformare le mia<br />

idea-sogno di disco in realtà tangibile,<br />

fatta di cartone colorato nelle mie mani<br />

e immagini e player digitali è stata sicuramente<br />

la cosa più snervante e bella<br />

che ho fatto in vita mia. Diventare<br />

Liede di sicuro mi ha cambiato come<br />

persona, molto, e quasi certamente in<br />

peggio. Togli il quasi.<br />

Pare che tu abbia scoperto la tua “vocazione”<br />

da cantautore ritrovando<br />

testi scritti di cui avevi dimenticato<br />

l’esistenza. Avevi sospettato di poter<br />

fare il solista anche quando suonavi in<br />

gruppo?<br />

Verso il 2012, la tiro un po’ a caso ma<br />

dovremmo essere proprio in zona, fine<br />

2011 inizio 2012, ho iniziato a scrivere<br />

testi in italiano. È stato strano. Il primo<br />

pomeriggio con il primo testo scritto<br />

chitarra e voce lo ricordo bene, cercavo<br />

di rigirare quattro accordi su dei versi<br />

un po’ baustellosi, e nel mentre che<br />

suonavo e canticchiavo sentivo che il<br />

tutto era un qualcosa di molto diverso<br />

da governare rispetto ai tentativi, innaturali,<br />

di scrittura british fatti fino<br />

a quel momento. Ero felice, quel foglio<br />

di carta con titolo versi e accordi mi era<br />

parso da subito importante, lo sentivo<br />

più mio rispetto agli altri, me ne ero affezionato.<br />

Infatti ricordo ancora a memoria<br />

quella canzone. Per farla breve si<br />

parlava del funerale di un capitano, un<br />

lupo di mare. Protagonista una donna<br />

38 39


seduta in prima fila, sua amante e assassina.<br />

Chiaramente non era un pezzo<br />

adatto a “Stare Bravi”, ma spero un<br />

giorno di avere l’occasione di buttare<br />

in un disco questa canzone. O, meglio,<br />

farne la colonna sonora di un film. Non<br />

ho mai pensato di poter fare il solista<br />

mentre suonavo in gruppo, ma quel<br />

giorno ho capito che era l’unica cosa<br />

che potessi fare per andare avanti.<br />

Se dovessi scegliere il sentimento prevalente<br />

che ha guidato le lavorazioni<br />

di questo disco, quale sceglieresti?<br />

Nostalgia, amore. Ansia. Prevalentemente<br />

ansia, quindi scelgo lei. Che mi<br />

sveglia, mi organizza la giornata e mi<br />

mette a dormire, a volte al buio e a volte<br />

un po’ più tardi.<br />

Mi sembra che la ricerca di suoni per il<br />

disco, oltre che una certa nostalgia del<br />

synth pop, siano tesi a non mettere in<br />

ombra la voce e il cantato. Una scelta<br />

precisa o un percorso spontaneo?<br />

Sulla voce la scelta è stata precisissima.<br />

Vladi (Vladimiro Orengo, produttore<br />

del disco) è stato particolarmente<br />

attento a questo aspetto. Avremmo potuto<br />

fare due scelte, riverberarla molto,<br />

snaturarla e buttarla dentro il mix,<br />

come uno strumento, o tenerla fuori,<br />

bella forte e intellegibile. Abbiamo scelto<br />

la seconda, giocandoci tutto. E sono<br />

contento. Sono canzoni italiane, sulla<br />

voce si regge o crolla tutto. Partiti con<br />

quest’idea, la scelta dei suoni è venuta<br />

di conseguenza.<br />

Come nasce “Sorridendo” e il concept<br />

del relativo video?<br />

Sorridendo nasce per ultima. È stata<br />

un lampo, dai primi due versi della<br />

strofa al provino finito non sono passate<br />

24 ore. Avevo un’idea sul testo, che<br />

è poi l’inizio della prima strofa. Per la<br />

melodia ho avuto cinque minuti fortunati<br />

di chitarra (sulle scale dello studio<br />

in campagna dove quest’estate abbiamo<br />

lavorato il disco), proprio poco prima<br />

che scolassimo la pasta. Poi ci siamo divertiti.<br />

È il pezzo in cui Vladi ha messo<br />

di più lo zampino sul testo, l’abbiamo<br />

scritta praticamente a quattro mani e<br />

due calici. Abbiamo deciso di insistere<br />

sul tema del “passi” in modo ossessivo,<br />

fare una canzone diversa dalle altre,<br />

era l’ultima, briglia sciolta. La quadra<br />

finale è stato il ritornello sorridente, in<br />

antitesi con tutte le brutture descritte<br />

nelle strofe. Ne avremo scritte dieci di<br />

“Sorridendo” quella notte, poi abbiamo<br />

preso i pezzi migliori. Il video è stato<br />

realizzato da Andrea Dutto. Dopo qualche<br />

sera di chiacchere e un paio di altri<br />

tentativi, ci siamo resi conto della forza<br />

comunicativa del bambino che piange<br />

sulle piste da sci. Posso assicurare<br />

io, per esperienza personale, il bimbo<br />

piangente sulle piste non è consolabile.<br />

È nel pieno della tragedia, è disperazione<br />

pura. E quel particolare tipo di<br />

sofferenza, unito ai timidi sorrisi che<br />

i bimbi nel video si lasciano scappare,<br />

ci è sembrato potesse ben interpretare<br />

il mood della canzone. Qualcuno ci ha<br />

letto speranza, ma non sarei onesto nel<br />

confermare.<br />

Altro pezzo che mi ha incuriosito è “Le<br />

finte intellettuali”: come nasce?<br />

Questo pezzo invece è uno dei primi.<br />

Ho strofe pressoché identiche in quaderni<br />

del 2012, è un’idea che mi girava<br />

in testa da un po’. Era rivolta a un’amica<br />

di infanzia (non lo sa, e comunque<br />

sarebbe più onesto dire conoscente),<br />

che dopo anni avevo ritrovato su Facebook<br />

con mezza testa rasata, tatuaggi,<br />

modelling attitude, sguardi intriganti,<br />

foto assurde etc etc. Ora è la norma,<br />

ma all’epoca mi aveva colpito. Sia chiaro,<br />

il mio non è assolutamente un giudizio<br />

morale. Ricordo solo che ho pensato:<br />

“Cazzo!”. E poi ho iniziato a tirare<br />

giù dei versi. Poi la cosa si è evoluta,<br />

dalla sua immagine è nata l’idea della<br />

finta intellettuale, Torino ne è piena,<br />

e fine. Un ragazzo<br />

su Instagram mi ha<br />

scritto che si è innamorato<br />

di “Finte Intellettuali”<br />

“perché<br />

parla esattamente<br />

della mia ex, stronza<br />

maledetta, la<br />

odio!”. Poi ha firmato<br />

con un cuore. Non<br />

era quello il mio intento.<br />

Condannare<br />

una categoria intendo.<br />

Non è un testo<br />

misogino. Io stesso sono una finta intellettuale,<br />

purtroppo. Mi guardo spesso<br />

allo specchio e oggi non so fare il punto<br />

della mia vita.<br />

Chi stimi tra i musicisti indipendenti?<br />

Li chiamo indipendenti per augurargli<br />

il mainstream. Alcuni già ci sono.<br />

Motta mi è piaciuto da morire, ce l’ho<br />

in playlist. Sto apprezzando molto Thegiornalisti<br />

e Ex-Otago. Rivolgendoci<br />

a Torino, non ho mai nascosto il mio<br />

amore per i Nadàr Solo, in particolare<br />

per i testi di Matteo. Ah, Leo Pari! (lo<br />

stomaco mi avverte (cambio di stagione<br />

/ tutti hanno una donna cosa c’è di strano<br />

/ c’è solo una coperta sopra il mio<br />

divano), mi sono incazzato parecchio<br />

per non averla scritta io. Grande. The<br />

Zen Circus, non sono della mia generazione<br />

ma lo saranno sempre, in realtà,<br />

e li amo per questo. L’ultimo disco mi<br />

ha spezzato in due. Li canto sotto la<br />

doccia, forte. Verano.<br />

È passata da artista<br />

stimata ad amica,<br />

stiamo lavorando<br />

insieme a delle cose.<br />

È un angelo e dentro<br />

le brucia qualcosa,<br />

è brava, fa venir voglia<br />

di piangere e<br />

scrivere. E Niccolò<br />

Contessa, che ha<br />

scritto forse l’album<br />

più bello, semplice e<br />

complesso del 2016.<br />

40 41


DULCAMARA<br />

l’idea dei grandi spazi<br />

Mattia Dulcani, con amici e compagni di ventura, pubblica “Indiana”, disco<br />

che racconta di un’America più inventata che immaginata, con ossessioni,<br />

perfezionismo, testi che scompaiono nella musica<br />

Come e da quali ispirazioni nasce “Indiana”?<br />

Non saprei più rispondere a questa domanda,<br />

ci siamo dentro fino al collo.<br />

E se Indiana per me rappresenta un<br />

fiume, siamo in corrente. A essere seri,<br />

forse l’idea dei grandi spazi, dei fiumi<br />

d’Argentina, di giovanili ascolti di “Anima<br />

latina”. Da un volere uscire da un<br />

suono di provincia.<br />

Vorrei sapere come sono andate le<br />

lavorazioni del disco, perché mi sembra<br />

che il disco dimostri una notevole<br />

cura del dettaglio nella scrittura,<br />

nell’esecuzione e negli arrangiamenti.<br />

Ti ringrazio, sì forse troppa. A un certo<br />

punto è diventata ossessione. Alcune<br />

tracce sono state incise in degli appartamenti<br />

di<br />

passaggio<br />

perché non<br />

ci sarebbe<br />

stato altro<br />

modo, questo<br />

fattore<br />

ovviamente<br />

ha aumentato<br />

la difficoltà<br />

di avere<br />

un suono<br />

plasmabile<br />

come potrebbe<br />

essere<br />

quello<br />

realizzato in un buono studio e non ti<br />

dico nemmeno quante tracce abbiamo<br />

abbandonato per il semplice fatto che<br />

non suonavano per noi. Una volta<br />

adottata la modalità “one take” se il<br />

brano non respira non c’è nulla da<br />

fare e si va avanti. In più la grande<br />

difficoltà è stata scrivere testi che riuscissero<br />

a scomparire nella musica,<br />

togliendo ego personale e narrazione<br />

da cronaca per spostarle in un “luogo”<br />

ideale dove le parole stesse avessero<br />

la stessa valenza dei suoni. Dell’America<br />

nell’estetica e nel riconoscimento<br />

culturale c’è ben poco, però non possiamo<br />

nascondere che molti artisti<br />

della scena folk americana ci abbiamo<br />

influenzato il pensiero rispetto al<br />

modo di registrare e di mixare i dischi.<br />

Mi sembra che questo disco porti a<br />

compimento una trasformazione che<br />

ha portato dall’amore iniziale e dichiarato<br />

per l’hip hop a lidi del tutto diversi.<br />

Quanto c’è stato di consapevole e<br />

quanto di spontaneo in questo processo?<br />

42 43


Forse dalla semplice idea che la casa<br />

degli altri sembri sempre la casa ideale,<br />

mentre qui succedono i disastri. Si<br />

rimette sempre tutto in discussione,<br />

si resta soli, si riparte, si torna soli. E’<br />

un’immagine. Di fronte a una casa dove<br />

vivevo da piccolo guardavo sempre una<br />

famiglia che entrava e usciva impeccabile<br />

da casa. Forse nell’inconscio ho<br />

un’idea fallimentare della perfezione.<br />

“Non un rumore di spari nei sogni che<br />

li fa svegliare di notte come pazzi per<br />

controllare di esser ancora vivi” credo<br />

sia l’unica frase di cui sono contento nel<br />

disco.<br />

Vorrei conoscere anche qualche particolare<br />

sulla genesi della traccia di<br />

apertura, “Rituale”.<br />

“Rituale” si distingue dagli altri brani<br />

nato per ultimo e scritto e inciso<br />

in due giorni, mixato in qualche ora e<br />

forse si sente…;) “Rituale” chiude un<br />

cerchio per me. “Rituale” è un presente,<br />

non viaggia nel tempo, resta dov’è e<br />

cerca nel numero “due” la possibilità di<br />

essere una cosa sola. Un uno, un tutto.<br />

Quali sono i colleghi che ascolti con<br />

maggiore piacere al momento?<br />

Kurt Vile, Conor Oberst, Phosphorescent,<br />

M ward, Other Lives.<br />

Direi che la scelta è stata consapevole e<br />

senza rammarichi. Dell’Hip Hop di oggi<br />

non mi importa più molto, ma cerco di<br />

tenere a mente una lezione che soltanto<br />

questo genere sa dare, ovvero l’improvvisazione.<br />

Fare freestyle per esempio<br />

mi aiuta moltissimo a scrivere sui primi<br />

stralci di accordi o sulle melodie appena<br />

nascono. La sincope e la metrica<br />

usata nel rap cerco spesso di prenderle<br />

in prestito e inserirle in un cantato folk<br />

più dilatato e una cosa che mi diverte<br />

molto perché non si possono imparare<br />

se non si ha un background da rapper.<br />

Tra le tendenze dell’indie italiano<br />

attuale, l’impronta del cantautorato<br />

folk “all’americana”, coniugato secondo<br />

gusti e inclinazioni personali, è in<br />

forte ascesa. Quali sono, secondo te/<br />

voi, le cause e perché si verifica proprio<br />

ora?<br />

Non saprei, credo che tutti si stiano<br />

svegliando. Negli anni ’90 si è cannibalizzato<br />

tutto il suono del ventennio precedente.<br />

Ancora oggi molti brani di cantanti<br />

big sembra suonino con un preset<br />

midi di una Bontempi. A un certo punto<br />

è stato necessario tornare indietro, suonare<br />

davvero la musica, magari tutti<br />

assieme in presa diretta,<br />

come gli ammerigani.<br />

Come nasce “La casa di fronte”?<br />

44 45


RECENSIONI<br />

INTERVISTE<br />

WWW.MUSIC<strong>TRAKS</strong>.COM<br />

album IN STREAMING<br />

video<br />

news<br />

24

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!