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lizzavano trattamenti con sostanze<br />
diluite, ma non era un’applicazione<br />
della legge di similitudine. Kaviraj<br />
ha la lucidità di applicare all’agricoltura<br />
i principi dell’omeopatia<br />
nella sua specificità.<br />
In verità proprio in quegli anni in Italia<br />
vedeva la luce un testo, pubblicato<br />
dalla CLESAV di Milano, scritto da<br />
Luca Speciani dal titolo “Omeopatia<br />
e agricoltura”. L’autore riportava le<br />
sue considerazioni sulla possibilità di<br />
curare le patologie vegetali con l’uso<br />
di sostanze secondo i principi della<br />
medicina omeopatica. Descrive una<br />
serie di esperimenti sulla crescita del<br />
frumento o sulla risposta delle piante<br />
di fagiolo a una malattia fungina. Sia in<br />
Kaviraj come in Speciani l’atto decisivo<br />
che permette di rendere efficace la<br />
guarigione è la presa di coscienza<br />
che le piante siano esseri viventi<br />
con una piena capacità di riparare<br />
i danni ricevuti dall’ambiente in<br />
cui vivono, ma che, se sottoposte a<br />
fattori di stress intenso come l’impoverimento<br />
del terreno o la sua trasformazione<br />
in un ambiente sterile<br />
o sovraccarico di sostanze tossiche,<br />
non sono più in grado di mettere in<br />
atto quei meccanismi.<br />
La somministrazione della medicina<br />
che ha una similitudine di azione con<br />
la condizione (la totalità delle cause e<br />
la totalità delle modalità di risposta)<br />
delle piante ammalate, ne stimola il processo<br />
di autoguarigione. È la più evidente<br />
smentita dell’idea che l’omeopatia<br />
funzioni per effetto placebo, anche<br />
se questi trent’anni sembrano passati<br />
inosservati ai critici della medicina<br />
omeopatica.<br />
Certo in questi decenni abbiamo avuto<br />
gli studi di ricercatori come la professoressa<br />
Betti all’università di Bologna<br />
o il professor Baumgartner a Berna, le<br />
esperienze dirette di Cristiane Maute<br />
in Germania o di Maria Franziska<br />
Rindler in Trentino, non dimenticando<br />
l’infaticabile opera di sperimentazione<br />
e divulgazione che lo stesso Kaviraj ha<br />
condotto fino alla sua fine.<br />
Il gruppo di studio della Professoressa<br />
Lucietta Betti, presso il Dipartimento di<br />
scienze agrarie dell’Università di Bologna,<br />
ha prodotto degli studi rigorosissimi<br />
sia sul piano del formalismo scientifico<br />
che su quello della qualità dei<br />
risultati. È di scarsa utilità citare tutti<br />
i lavori di ricerca in laboratorio sulla<br />
germinazione del frumento o lo sviluppo<br />
delle infezioni fungine o virali sulle<br />
foglie di varie specie vegetali.<br />
È già molto più interessante sapere<br />
che, gli studi condotti in campo sulle<br />
coltivazioni di cavolo infestate da<br />
Alternaria brassicicola o sulle fragole<br />
colpite da Botrytis cinerea, tutti<br />
in doppio cieco, hanno portato a<br />
comprendere come non solo ci sia<br />
differenza nell’uso di diluizioni<br />
diverse della stessa sostanza ma<br />
che l’efficacia delle singole medicine<br />
può essere attribuita all’azione<br />
diretta sulla pianta e non<br />
sulla malattia in sè. Hanno, infatti,<br />
osservato che oltre a ridurre,<br />
quando non eliminare del tutto, le<br />
patologie delle piante, con il trattamento<br />
omeopatico si ottiene un<br />
significativo aumento delle rese<br />
e, quel che più ha stupito, anche un<br />
aumento dei fattori nutritivi dei<br />
frutti o delle verdure raccolte. Non<br />
solo guariscono ma sono più buoni<br />
e salubri.<br />
Questo sembra sostenere l’ipotesi che<br />
la medicina omeopatica, è in grado<br />
di stimolare le naturali difese degli<br />
organismi viventi, favorendo<br />
la produzione di tutti quei fattori di<br />
protezione, riparazione e crescita<br />
che, quando sono presi in considerazione<br />
dal punto di vista della<br />
nutrizione umana, chiamiamo vitamine,<br />
antiossidanti o nutraceutici<br />
in generale.<br />
Questo può far intitolare alla FIA-<br />
MO (Federazione Italiana delle Associazioni<br />
e dei Medici Omeopati)<br />
il ciclo di conferenze programmato<br />
a Milano nell’ambito di Expo<br />
in città, presso il Museo Botanico,<br />
“Curare quel che ci nutre per nutrire<br />
il pianeta”. Un’iniziativa che,<br />
partendo dalla messa a dimora di un<br />
orto, trattato in caso di patologie vegetali<br />
o di problematiche del terreno,<br />
con l’omeopatia, si svolge con<br />
il supporto di cinque conferenze,<br />
una prima introduttiva, due sull’agricoltura<br />
e due sulla veterinaria<br />
(www.fiamo.it).<br />
L’orto è un luogo di sperimentazione<br />
e d’insegnamento per<br />
coloro che vogliono sapere come<br />
si trattano omeopaticamente i problemi<br />
delle colture, le conferenze<br />
sono un momento in cui coloro<br />
che hanno la pratica e la conoscenza<br />
la trasmettono a chiunque voglia<br />
sapere. ■<br />
L’UOMO E<br />
L’AMBIENTE<br />
di Andrea Alessandro Muntoni<br />
“Se ogni ricerca scientifica avesse come fine ultimo la protezione e salvaguardia<br />
del Pianeta, che peraltro passa per un uso razionale dell’Energia, allora l’uomo potrebbe<br />
non solo Nutrire il proprio corpo ma anche il proprio spirito, così scoprendo che il Dominus<br />
che è in lui non razzia, non distrugge, non sperpera ciò che ha ricevuto in dono ed eredità<br />
ma nutre, protegge, difende, valorizza, accudisce la Vita.”<br />
Nutrire la vita, energia per il pianeta è senz’altro uno<br />
slogan di grande effetto che richiama quattro concetti<br />
fondamentali e offre lo spunto per infinite riflessioni e<br />
filosofeggiamenti, senza i quali l’intelligenza non porterebbe<br />
al pensiero e di qui all’azione responsabile che consente<br />
all’umana specie di distinguersi – sempre meno per i filosofi<br />
moderni più pessimisti – dagli animali.<br />
Nutrire richiama alla mente i concetti di mangiare, ovverosia<br />
consumare, ma anche alimentare e dunque donare, offrire,<br />
condividere. Una sempre più ampia fetta di popolazione responsabile<br />
opta per un’alimentazione vegetariana, talora finanche vegana<br />
(ogni prodotto di origine animale è bandito dalla tavola),<br />
che consente, al di là delle ragioni più personali di testimoniare<br />
una forte attenzione per il Pianeta e la Vita. Infatti, l’indiscriminato<br />
ed eccessivo consumo di carne – al di là delle considerazioni<br />
etiche che esso richiama - è da considerarsi irresponsabile<br />
in quanto l’allevamento degli animali determina un fortissimo<br />
consumo di acqua e di suolo e induce – come avvenuto alla fine<br />
del secolo scorso in Africa – le popolazioni locali ad abbandonare<br />
un’agricoltura di sussistenza a favore di un’agricoltura i cui<br />
frutti sono destinati ad allevamenti animali intensivi nei Paesi<br />
sviluppati. I primi perdono quel minimo di autonomia e autosufficienza<br />
di cui hanno goduto per millenni, gli altri trovano ciò<br />
che cercavano: cibo per animali che sono cibo - a basso prezzo<br />
- per le persone, a danno di un ambiente geograficamente “lontano”,<br />
tanto che è facile, volenti o nolenti, non interessarsene o<br />
non preoccuparsene. Perciò si nutrono uomini e donne di un luogo,<br />
nutrendo animali che necessitano di enormi quantità di cibo<br />
e acqua e producono enormi quantità di effluenti inquinanti sia<br />
le acque sia l’atmosfera (allevamenti intensivi di bovini e suini),<br />
affamandone altri che non sono più capaci o non vengono messi<br />
nella condizione di poter essere autosufficienti producendo beni<br />
agricoli che, in primis, dovrebbero essere destinati alla propria<br />
sussistenza e, solo in subordine, all’esportazione. L’uomo è stato<br />
dapprima un raccoglitore, poi un cacciatore e infine un agricoltore.<br />
L’agricoltura è la principale fonte di sostentamento della<br />
Vita in quanto consente di Nutrire l’uomo; valorizzare l’agricoltura,<br />
però, significa anche rispettare la Vita dell’Agricoltore, che<br />
è un uomo la cui Vita sempre più spesso vale meno del raccolto<br />
che produce. Nutrirsi responsabilmente significa anche avere<br />
consapevolezza del fatto che in Italia il settore dell’agricoltura<br />
paga un conto salato in termini di infortuni sul lavoro, moltissimi<br />
dei quali mortali.<br />
AMBIENTE E TERRITORIO<br />
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