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TRAKS INTERVIEW #5

Il quinto numero di TRAKS INTERVIEW, il periodico dedicato alle interviste approfondite ai protagonisti della musica indipendente italiana, contiene le parole di: Pivirama, Paolo Tocco, LeSigarette!!, Soul Mutation, Florence Elysé, IMustBe Leonardo e Ell3

Il quinto numero di TRAKS INTERVIEW, il periodico dedicato alle interviste approfondite ai protagonisti della musica indipendente italiana, contiene le parole di: Pivirama, Paolo Tocco, LeSigarette!!, Soul Mutation, Florence Elysé, IMustBe Leonardo e Ell3

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<strong>INTERVIEW</strong><br />

Numero 5 - luglio 2017<br />

Pivirama<br />

il desiderio di raccontare<br />

Paolo Tocco<br />

LeSigarette!!<br />

Soul Mutation<br />

IMustBe Leonardo<br />

Florence Elysée<br />

Ell3


sommario<br />

4<br />

10<br />

16<br />

20<br />

24<br />

28<br />

32<br />

Pivirama<br />

Paolo Tocco<br />

Soul Mutation<br />

IMustBe Leonardo<br />

Ell3<br />

Florence Elysée<br />

LeSigarette!!<br />

Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata<br />

senza alcuna periodicità. Non può pertanto<br />

considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge<br />

n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse<br />

diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com<br />

e provvederemo alla rimozione immediata<br />

<strong>TRAKS</strong> <strong>INTERVIEW</strong><br />

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info@musictraks.com


PIVIRAMA<br />

il desiderio di<br />

raccontare<br />

Raffaella Daino, cantautrice ma anche giornalista per Sky Tg 24 e testimone<br />

di alcuni dei fatti più importanti della nostra epoca parla, attraverso le<br />

canzoni del suo quarto album, di nuvole, pezzi di vetro ma anche di realtà<br />

sconvolgenti<br />

Questo è il tuo quarto disco, ma il primo<br />

tutto in italiano: che cosa ti ha portato<br />

a questa scelta?<br />

Se sei qui a chiedermi di parlare della<br />

mia quarta creaturina vuol dire che<br />

l’hai trovata interessante, e ne sono<br />

felice, anche perché per me è quella che<br />

ha più significato nella storia del progetto<br />

Pivirama. Quello dell’italiano è<br />

stato un processo spontaneo, e naturale,<br />

non è stata proprio una scelta – non<br />

ne faccio mai nella musica, e forse anche<br />

nella vita. Ho sempre pensato che<br />

fosse la musica a “scegliere” la lingua<br />

più adatta e cosi nei precedenti dischi,<br />

decisamente più rock ed elettrici, l’inglese<br />

era quella che musicalmente meglio<br />

si adattava. Con queste sonorità<br />

electro-acustiche e in generale più delicate,<br />

frutto della produzione artistica<br />

di due grandissimi musicisti siciliani,<br />

Nicola Ganci e Patrick Rotolo, l’italiano


ha trovato la sua giusta collocazione.<br />

Poi, il desiderio di raccontare in modo<br />

più diretto, chiaro e comprensibile queste<br />

storie, sia quelle fatte di realtà che<br />

quelle puramente immaginarie, ha fatto<br />

il resto. Devo dire che c’ho davvero<br />

preso gusto, queste dieci canzoni mi<br />

hanno fatto appassionare talmente tanto<br />

all’idea di scrivere<br />

nella mia lingua che<br />

non userò mai più l’inglese.<br />

Benché alcune delle<br />

canzoni del disco parlino<br />

di realtà drammatiche,<br />

le sonorità sono<br />

spesso improntate a<br />

una serenità di fondo.<br />

Vorrei capire se è stata<br />

una scelta meditata<br />

oppure se è stato un<br />

processo spontaneo...<br />

E’ un disco che racconta con schiettezza<br />

e senza giri di parole le mie diverse<br />

anime... Quella naive, sognante e<br />

idealista che si ferma sulla spiaggia<br />

a osservare gli sbiaditi pezzi di vetro<br />

persi “tra i granelli di sabbia, levigati<br />

dal sole e dal vento” immaginando quale<br />

nostalgia possano avere pensando a<br />

quando erano fulgenti bottiglie, (Sassi<br />

di Vetro) o che vedendo le nuvole di<br />

fumo intrappolate in una stanza chiusa<br />

immagina che possano divertirsi ad a<br />

disegnare sulle pareti ombre come sagome<br />

umane (Nuvole). L’anima leggera<br />

che vive a testa in giù in un mondo in<br />

cui l’assenza di gravità non fa paura<br />

e ci fa fluttuare senza paura (Senza<br />

Rete), L’anima introspettiva di chi non<br />

sa scegliere e perde tutto (Asimmetrie)<br />

o di chi per la prima volta fa incontrare<br />

strade fino a quel momento parallele<br />

(Alter Ego) o ancora di chi affronta con<br />

spensieratezza un cambiamento<br />

doloroso da un<br />

passato difficile verso la<br />

felicità (E ora lei) . Poi c’è<br />

invece la parte di me che,<br />

per il lavoro che fa, è costretta<br />

a ricordare che c’è<br />

spazio nella nostra vita<br />

per la fantasia ma poi è la<br />

realtà quella che brutalmente<br />

emerge e ci riporta<br />

con i piedi per terra, come<br />

in “Arida” dove la protagonista<br />

si libera dal giogo di un amore<br />

diventato trappola e odio. E poi ci sono<br />

le drammatiche storie dei migranti e<br />

profughi costretti ad abbandonare un<br />

Sud del mondo fatto di guerra, orrore e<br />

miseria sperando in un Nord che li accolga<br />

e che non li respinga, come invece<br />

di fatto accade…<br />

Ecco, l’attualità spezza il sogno ed<br />

entra di prepotenza nel tuo disco: per<br />

esempio nel singolo e video di “Jungle,<br />

Frontiere chiuse” racconti l’enorme<br />

tragedia dei migranti. Che cosa ti ha<br />

colpito di più della tua esperienza a<br />

Calais o delle altre tue esperienze a<br />

6


contatto con questo fenomeno epocale<br />

e inarrestabile?<br />

Nella mia settimana nella Jungle di<br />

Calais, seguita poi da un viaggio nei<br />

campi profughi tra Libano e Siria, la<br />

notte non riuscivo a dormire. Non puoi<br />

incrociare quegli sguardi al tempo stesso<br />

disperati e pieni di speranza senza<br />

portarti dietro quelle sensazioni. Non<br />

puoi incontrare persone al tempo stesso<br />

umili e fiere, e dimenticare quei racconti.<br />

Quelle famiglie di siriani a cui in<br />

una notte era stato tolto tutto, quando<br />

uomini armati avevano fatto irruzione<br />

nella loro casa e nella loro vita intimando<br />

di uscire subito, cosi, in pigiama<br />

e pantofole, costringendoli - pena la<br />

morte - ad un esilio forzato e a dire addio<br />

a tutto quello che finora era stata la<br />

normalità e a intraprendere un cammino<br />

infinito e pieno di insidie. Nella Jungle<br />

di Calais, accampamento dove hanno<br />

vissuto fino a diecimila profughi che<br />

sognavano di ricongiungersi a familiari<br />

e amici nella vicina ma lontanissima<br />

Inghilterra, era stata creata, a margine<br />

della legalità, una vera città fatta di<br />

capanne di legno, dove avevano tirato<br />

su con l’aiuto di volontari e attivisti,<br />

chiese, scuole, parchi giochi, biblioteche,<br />

persino ristoranti, bagni turchi e<br />

musei a cielo aperto. Poi il sindaco ha<br />

deciso lo sgombero forzato, e io ero li’ in<br />

quei giorni, per il mio lavoro da inviata,<br />

e con la mia telecamerina ho girato<br />

quelle drammatiche sequenze assistendo<br />

con l’angoscia nel cuore all’abbandono<br />

di quelle capanne che erano diventate<br />

la loro casa, vedevo i profughi che<br />

raccoglievano i loro pochi averi nelle<br />

coperte, “coperte per dormire, per resistere,<br />

per viaggiare e per non morire” e<br />

si allontanavano vagando verso chissà<br />

dove. Ai muri dei container affidavano<br />

i loro accorati messaggi rivolti ai leader<br />

britannici chiedendo una risposta a<br />

quelle “cartoline” da Calais. Ecco, tutto<br />

questo è diventata “una canzone in forma<br />

di reportage” e un video.<br />

Puoi raccontare la genesi del brano<br />

“Dal Deserto al Mare”?<br />

Quando chiedevo ai tanti migranti<br />

salvati dal mare e appena sbarcati<br />

nei porti del Sud Italia, cosa li avesse<br />

spinti a intraprendere traversate cosi<br />

piene di pericoli, loro mi rispondevano<br />

sempre allo stesso modo. “Nel nostro<br />

Paese eravamo già morti, tanto vale<br />

rischiare e sperare di sopravvivere, e<br />

ricominciare una vita normale da qualche<br />

altra parte”. Govind, il mio editore,<br />

musicista e uomo di grande sensibilità,<br />

mi ha mandato una base musicale molto<br />

suggestiva e intensa, realizzata con<br />

Generoso Pierascenzi. Io ho immaginato<br />

il dialogo tra mamma e figlia, profughe;<br />

la mamma cerca di rassicurare la<br />

figlia ma non le nasconde la verità, le<br />

dice che se sopravvivranno al deserto e<br />

alla lunga ed estenuante marcia poi ci<br />

sarà il mare, che sembrerà altrettanto<br />

infinito e insidioso per chi il mare prima<br />

non lo ha mai visto, non sa nuotare,<br />

e non sa come salvarsi se cadrà in acqua.<br />

E la avverte che poi, quando finirà<br />

il mare e toccherà terra e la salvezza<br />

sembrerà vicina, incontrerà i muri,<br />

sempre più alti e le frontiere, sempre<br />

più insormontabili, mentre invece, io<br />

credo, per chi fugge dalle guerre e ha<br />

diritto ad un futuro, dovrebbero esserci<br />

ponti sicuri e corridoi umanitari e<br />

legali. A proposito, Senza Rete non ha<br />

scopo di lucro, la vendita delle copie<br />

fisiche del disco servirà ad un progetto<br />

che aiuta i bambini iracheni e siriani<br />

in trappola laddove c’erano città e ora<br />

ci sono solo macerie. Invito chiunque<br />

voglia dare una mano a scrivermi alla<br />

mail pivirama@hotmail.it o a cercarmi<br />

su facebook.<br />

Al di là degli spunti di attualità, come<br />

si concilia la tua attività di giornalista<br />

con quella di cantautrice, considerando<br />

le difficoltà delle due professioni?<br />

Credo che ci siano molti aspetti in comune.<br />

Si usano penna per scrivere e<br />

microfono per registrare, si comunica<br />

agli altri e si racconta quello che si<br />

vede, per informare e a volte anche per<br />

sensibilizzare. Se nei miei precedenti<br />

dischi i temi erano più introspettivi e<br />

immaginari, per la prima volta in questo<br />

quarto lavoro le mie strade finora<br />

sempre parallele si sono incontrate e<br />

inevitabilmente quello che ho visto e<br />

vissuto si è trasformato in musica. Dal<br />

punto di vista pratico, nessuna difficoltà,<br />

solo una buona dose di spirito di<br />

organizzazione per far conciliare turni<br />

a volte impossibili e partenze improvvise<br />

per trasferte che non si sa quanto<br />

dureranno.<br />

In passato siete andati in tour anche<br />

all’estero. Qualche progetto analogo<br />

anche con il nuovo disco?<br />

Al momento sono in una fase di drastici<br />

cambiamenti, perché torno dopo<br />

20 anni nella mia Sicilia, ed è lì che<br />

suonerò prossimamente, a partire<br />

dall’imminente Dedalo Festival che<br />

ogni anno, ai primi di agosto, dalla<br />

prima edizione a Caltabellotta, riunisce<br />

nell’agrigentino tanti artisti da<br />

tutta Italia. Per il momento, niente<br />

più viaggi all’estero, per musica o per<br />

lavoro. In Sicilia c’è tanto da raccontare,<br />

e c’è tanto da suonare.<br />

8 9


PAOLO TOCCO<br />

la bellezza<br />

di leggere tra le righe<br />

Abruzzese, classe 1979, ingegnere elettronico, appassionato e studioso di<br />

cartomagia, produttore ed editore, scrittore e musicista. Un album in arrivo<br />

e un singolo,“Arrivando alla riva”, dedicato alle tragedie dei migranti, accompagnato<br />

da un video dal forte impatto emotivo<br />

“Dalle mie scarpe nuove sembra tutto<br />

più facile”. Inizio l’intervista citando<br />

una frase del tuo nuovo brano, “Arrivando<br />

alla riva”. Hai scelto di trattare<br />

un tema importante, delicato, e di<br />

farlo deponendo il punto di vista e il<br />

giudizio e lasciando spazio alle sensazioni,<br />

quasi fisiche, che gli eventi hanno<br />

smosso dentro di te. Come è nata<br />

questa canzone?<br />

Nata per caso come d’altronde voglio<br />

che accada per ogni cosa che faccio. Mi<br />

piace molto poco pensare e misurare<br />

con della “matematica” quando si tratta<br />

di esprimere emozioni. Ero banalmente<br />

chinato ad allacciare le scarpe<br />

appena comprate per una altrettanto<br />

banale festa di matrimonio - che tanto<br />

odio - quando in tv andava in scena<br />

l’ennesima tragedia del mare.<br />

I Tg ormai sono pieni di queste storie<br />

che sembrano quasi divenuti i capitoli<br />

di un fotoromanzo. Quel momento ha<br />

sedimentato, si è nascosto ma non è<br />

sparito. Quando poi in seguito ho sentito<br />

il bisogno di scrivere qualcosa di<br />

nuovo, sulle note di una melodia nuova<br />

che mi sembrava potesse funzionare<br />

ho adagiato il testo andando a pescare<br />

proprio questa immagina delle scarpe<br />

che stavo calzando. Da lì poi il resto<br />

del testo a preso forma e direzione fino<br />

a quello che ho deciso di bloccare e di<br />

pubblicare.<br />

Il video che hai deciso di abbinare al<br />

tuo brano è senza dubbio una scelta<br />

semplice, ma forse anche le più azzeccata.<br />

Ormai la potenza delle immagini<br />

forti, dei telegiornali, non ha nemmeno<br />

più presa sulle nostre coscienze,<br />

assuefatte e quasi addormentate. Meglio<br />

lasciar parlare le onde del mare,<br />

e gli oggetti che da queste vengono<br />

trasportate, con le storie spezzate che<br />

portano con loro...<br />

Esattamente. Hai colto in pieno. Siamo<br />

come assuefatti alla violenza, alla<br />

morte…la televisione e questo nuovo<br />

modo di fare comunicazione è a dir poco<br />

violento e degradante. Ci ha tolto la<br />

sacralità su tutti i fronti della vita, non<br />

solo per le cose importanti come una<br />

tragedia. Ormai non ci fa effetto quasi<br />

più nulla. L’idea è nata d’istinto - come<br />

dicevo prima - parallelamente alla stesura<br />

del brano. Che poi, per completare<br />

quello che dici giustamente tu, ho pensato<br />

bene di lasciare che fosse un video<br />

ricco di significati da dedurre più che<br />

da leggere in modo sfacciato. Al pubblico<br />

torno a chiedere, nel mio piccolo, lo<br />

sforzo di decifrare…ed è meraviglioso<br />

poi se ognuno riesce a decifrare con la<br />

sua personale chiave di lettura. Quegli<br />

oggetti che arrivano sulla battigia sono<br />

realmente casuali e possono richiamare<br />

non solo didascalicamente la tragedia<br />

che racconto ma anche una propria<br />

personalissima tragedia, che sia fatta<br />

di macerie, di momenti di vita, di addii<br />

eccetera…insomma, è bello leggere tra<br />

le righe piuttosto che avere la comodità<br />

di non doversi inventare nulla.<br />

Il 2017 sarà un anno ricco di soddisfa-<br />

10<br />

11


zioni: a novembre è prevista l’uscita<br />

del tuo nuovo album “Ho bisogno di<br />

aria”, e un libro, il secondo, dopo la<br />

raccolta di racconti “Il mio modo di<br />

ballare”. Queste due creature hanno<br />

vita propria o sono legate tra loro,<br />

come già è avvenuto con il tuo lavoro<br />

precedente?<br />

Io credo che nessun artista realizzi opere<br />

sconnesse tra loro. Anche a distanza<br />

di anni e di cambiamenti personali. A<br />

guardar bene potremmo<br />

trovare un filo logico che<br />

lega a se ognuna delle<br />

pubblicazioni. Nello specifico<br />

questo nuovo libro, il<br />

mio primo piccolo romanzo,<br />

nasce di getto come<br />

uno sfogo personale attingendo<br />

alla vita quotidiana<br />

e poi stravolgendola di<br />

invenzioni letterarie. Farò<br />

molto riferimento a Bukowski e a una<br />

certa volgarità nella stesura e, di primo<br />

impatto, è qualcosa di assolutamente<br />

diverso, lontano e nuovo per il mio<br />

modo di scrivere. Niente che somigli<br />

al passato e niente che attinga - nella<br />

forma - alla forma testuale delle canzoni.<br />

Però il succo è sempre lo stesso. La<br />

matrice e la morale da cui nasce tutto<br />

è la stessa. In una seconda rilettura ho<br />

inserito sfacciati agganci con le canzoni<br />

del disco come per dare al pubblico<br />

un appiglio più concreto ai propri riferimenti.<br />

Direi quindi che questa volta<br />

più che sviluppare le canzoni del disco<br />

ho esteso e raccontato in altra forma<br />

quella che è la filosofia del disco in se.<br />

L’arte è un’attitudine, e tu sei un artista<br />

a tutto tondo: prima di essere<br />

musicista, prima di pubblicare libri,<br />

la tua passione è stata la magia. In che<br />

modo ha influenzato le altre tue passioni?<br />

Bella domanda… sarei sincero se ti dicessi<br />

che non saprei come rispondere.<br />

Penso che la magia e in generale tutte<br />

le arti siano come<br />

semine invisibili<br />

che porti dentro e<br />

dentro di te fioriscono<br />

e si traducono<br />

in metamorfosi<br />

e cambiamenti e<br />

rivoluzioni. Un<br />

po’ come quando<br />

ti dedichi alla lettura<br />

di alcuni testi che lì sul momento<br />

accarezzano e fanno godere soltanto la<br />

tua fame di lettura ma poi, un bel giorno,<br />

magari anche a distanza di mesi,<br />

ti ritrovi a vivere o a pensare o a sviluppare<br />

reazioni caratteriali che forse<br />

senza quelle letture non ti sarebbero<br />

mai appartenute. Quindi per rispondere<br />

alla tua domanda non penso ci sia<br />

qualcosa di concreto che possa elencare<br />

piuttosto guardo l’insieme e il tutto che<br />

sono diventato oggi e ancora sento in<br />

piena trasformazione. Tutto figlio e coerente<br />

conseguenza della musica, della<br />

magia e anche dell’università che mi<br />

ha voluto Ingegnere. Anche la scienza a<br />

suo modo è un’arte sopraffina.<br />

Entrambi i dischi precedenti sono stati<br />

selezionati tra le migliori opere per<br />

il Premio Tenco. La manifestazione è<br />

stata al centro di numerose polemiche<br />

ultimamente, ma essere riconosciuto<br />

come uno degli artisti più meritevoli<br />

è stata per te una soddisfazione o sei<br />

dalla parte degli scettici?<br />

Mi fai una domanda difficile, maledettamente<br />

importante e insidiosa. Peggio<br />

di quelle della Annunziata. Ok ci provo.<br />

Partiamo dal fatto determinante che<br />

odio il concetto di competizione. Far<br />

gareggiare gli artisti, decretare il migliore<br />

penso sia una depravazione culturale<br />

che ha ben pochi rivali in merito<br />

a gravità. Gli sportivi gareggiano. Gli<br />

artisti dovrebbe incontrarsi invece…<br />

ma andiamo oltre… Io rispetto moltissimo<br />

l’istituzione del Club Tenco a cui<br />

come artista ambisco sinceramente. Al<br />

suo interno ci sono numerosi critici e<br />

saggi della musica da cui attingo crescita<br />

ogni volta che posso incontrarli.<br />

Ma è sotto l’occhio di tutti che il degrado<br />

culturale e questa eterna corsa<br />

all’apparire più che all’essere ha procurato<br />

enormi rivoluzioni e catastrofiche<br />

distruzioni attorno alla musica come<br />

cultura, come bellezza, come serietà<br />

espressiva. E questo in ogni genere<br />

della musica, dal cantautore al rapper.<br />

Stiamo facendo la fine di zimbelli e fantocci<br />

che pensano prima a quale foto<br />

fare per il disco piuttosto che a quali<br />

parole scegliere per chiudere il periodo<br />

e la melodia. E le istituzioni che sono<br />

chiamate a celebrare il bello ormai sono<br />

devote anch’esse alla visibilità, alla<br />

riconoscibilità mediatica e alle santificazioni<br />

dei social. Adesso te la faccio io<br />

una domanda se posso: hai mai visto o<br />

letto sui grandi media, nei grandi circoli<br />

culturali come il Club Tenco di artisti<br />

che arrivano al vertice da perfetti<br />

sconosciuti? No…almeno io mai. Se non<br />

sei nessuno testate nazionali neanche<br />

perdono tempo ad ascoltarti. Ha senso?<br />

Questo discorso non lo faccio per darmi<br />

il contentino o per accudire l’ego<br />

in totale depressione dalla sconfitta.<br />

Tutt’altro. E vorrei anche evitare di<br />

produrmi di nuovo in argomenti che<br />

ormai sono di pubblico dominio - Gabbani<br />

ci ha vinto Sanremo. Cerco invece<br />

una via che sia di difesa per quello che<br />

è e che penso dovrebbe essere il concetto<br />

di cultura e di bellezza VERO e non<br />

MEDIATICO. Trovo che sia una vera<br />

violenza culturale che queste istituzioni<br />

perpetrano quotidianamente nei confronti<br />

di tutti noi. Dai media ai grandi<br />

critici, dai giornali nazionali ai grandi<br />

premi culturali. Trovo che sia una violenza<br />

veder assolutamente ignorati dai<br />

vertici di comunicazione ARTISTI da<br />

cui io per primo ho tanto da imparare,<br />

gli stessi che spesso neanche sono meritevoli<br />

di ascolto da di chi per primo è<br />

12<br />

13


chiamato a criticare e a veicolare cultura.<br />

Ciò che resta è l’affarismo, il lavoro<br />

di palazzinari della comunicazione, resta<br />

la musica che deve andare di moda<br />

e che si deve lanciare per i clic dei social.<br />

In mezzo a questa orgia di circensi<br />

c’è ovviamente del bello, ma la GRAN-<br />

DE MUSICA la stiamo praticamente<br />

ignorando. E se la musica è cultura allora<br />

noi come popolo stiamo evitando di<br />

incontrare cultura. E un popolo senza<br />

cultura è un popolo che non ha futuro.<br />

Quindi alla fine di questa fiera ci chiediamo<br />

tutti quanti: che valore hanno<br />

oggi simili riconoscimenti? A parte farti<br />

il figo con chi oltre i Talent non sa andare,<br />

per me come uomo e come artista,<br />

che significato può avere? In contraddizione<br />

con quanto detto fino a ora vediamo<br />

un eterno Claudio Lolli vincere<br />

il riconoscimento più alto della canzone<br />

d’autore. Ma siamo sicuri che sia una<br />

contraddizione? E non per la musica<br />

del maestro che ho avuto anche l’onore<br />

di incontrare e di intervistare… ma per<br />

le apparenze da vendere al pubblico pagante.<br />

Chissà se ci siamo capiti…<br />

Parliamo un po’ di live. Ho letto che<br />

non ami particolarmente esibirti in<br />

pubblico, nonostante i riconoscimenti<br />

che ricevi costantemente per i tuoi<br />

brani. Sei timido o è solo un po’ di ansia<br />

da prestazione?<br />

Posso invece parlarti dell’Umbria?<br />

Ok rispondo. Nessuna paura e tantissime<br />

ansie che costruiscono il mio concetto<br />

di emozione da restituire a chi mi<br />

fa l’onore di venirmi ad ascoltare. Lo<br />

confesso però: ho un grosso pudore per<br />

la musica, credo di averlo manifestato<br />

nelle risposte precedenti. Anzi io direi<br />

di essere anche esagerato a volte, quasi<br />

mi definirei un bigotto. Suonare per un<br />

pubblico è una cosa importantissima.<br />

La musica è del pubblico. Ed è il pubblico<br />

che merita per primo rispetto e<br />

considerazione. Quindi se devo fare un<br />

concerto, pretendo che debbano esserci<br />

tutti i tasselli al proprio posto. E non<br />

sto parlando di tappeti rossi, denari a<br />

profusione, vecchi Rum del ’58 invecchiati<br />

da trovare in camerino, tantomeno<br />

sto parlando di avere a disposizione<br />

teatri di lusso. Io parlo della serietà<br />

e del significato semplice di “fare un<br />

concerto”. Che sia in un pub o che sia<br />

in una piccola sala, che sia in radio o<br />

in riva attorno al falò. Rispettare la<br />

musica live significa rispettare il pubblico.<br />

Quindi si deve costruire il giusto<br />

ambiente, si deve scrivere il giusto<br />

spettacolo per quella situazione, si deve<br />

ben comunicare, si deve pretendere<br />

attenzione e restituire emozione. Non<br />

penso di sopportare più questa orgia di<br />

musicisti - spesso anche con tantissimi<br />

contenuti da dare - suonare dove capita,<br />

davanti a chiunque, magari mentre<br />

stanno mangiando la pizza o mentre<br />

bevono birra passando per strada. Ci<br />

sono concerti che per quanto mi riguarda<br />

non si debbano neanche chiamare<br />

così. Sfiorano l’umiliazione. Una volta<br />

ho visto un chitarrista proporre brani<br />

suoi (meraviglioso tra l’altro) in un pub<br />

di ragazzini durante una festa di 18…<br />

suonava accanto alla porta del bagno e<br />

il via vai di incontinenti lo costringeva<br />

a spostarsi per non ostruire il loro passaggio.<br />

Esagero? Bah…io credo che sia<br />

all’ordine del giorno. Ciò significa anche<br />

che pretendere di avere quanti più<br />

dettagli al proprio posto significa oggi<br />

suonare quattro volte all’anno. Sono<br />

conscio di sforzarmi a essere meno<br />

schizzinoso e penso che lo farò… ma un<br />

poco soltanto. Ma sinceramente trovo<br />

umiliante portare la musica dove non<br />

deve stare. E questo non è colpa del<br />

pubblico. Questa è piena responsabilità<br />

dell’artista<br />

che<br />

spesso,<br />

sia per<br />

soldi che<br />

per scrivere<br />

sui<br />

propri<br />

social che<br />

fa tanti<br />

concerti<br />

- in genere<br />

sopra<br />

le cinque<br />

date lo<br />

si definisce<br />

tour<br />

mondiale<br />

- si prostituisce a suonare ovunque e<br />

in qualunque circostanza. Ogni musica<br />

ha il suo habitat e va rispettato. E rispettare<br />

le cose consta sacrificio e limitazione.<br />

E quando lavori bene per far<br />

collimare questi piccoli tasselli - che poi<br />

credimi sono quattro cavolate in croce -<br />

anche lo spettacolo acquista un valore<br />

emotivo che non ha paragoni. Chiudo<br />

dicendo che presenteremo il disco in<br />

un piccolo teatro di Pescara il prossimo<br />

novembre: per farti capire, io sto già<br />

lavorando per scegliere chi far suonare<br />

con me e come arrangiare lo spettacolo<br />

proprio per quel piccolo teatro che mi<br />

ospiterà. Sì, forse sono esagerato…ma<br />

forse però…<br />

Chiara Orsetti<br />

14<br />

15


THE SOUL MUTATION<br />

cambiare davvero le cose<br />

“Times are changing” è il nuovo disco di The Soul Mutation, trio (con amici)<br />

improntato a una miscela che vede il jazz fra gli ingredienti principali.<br />

Abbiamo intervistato Martha J, la cantante<br />

Partiamo da una domanda semplice:<br />

perché questo titolo (un po’ dylaniano?)<br />

per il vostro nuovo disco?<br />

Il riferimento a Bob Dylan non è casuale:<br />

la sua “The Times They Are<br />

A-Changing” è uno dei brani che hanno<br />

accompagnato la mia vita. Ho sempre<br />

pensato che prima o poi avrei fatto una<br />

cover di questa canzone, ma alla fine<br />

non è mai accaduto. Anche perché i<br />

tempi sono davvero cambiati e abbiamo<br />

sentito l’esigenza di portare la sua idea<br />

di ribellione ai nostri giorni.<br />

Ho avuto l’occasione di viaggiare molto,<br />

in particolare in Siria (prima della<br />

guerra) e in altri paesi dell’Africa , e<br />

dovunque, incontrando le persone e<br />

parlando con loro, ho trovato gli stessi<br />

desideri: poter vivere tranquilli e dignitosamente,<br />

avere le opportunità per<br />

realizzare i propri progetti, poter crescere<br />

i propri figli, essere felici e liberi<br />

di esprimersi. Tutti alla fine vogliamo<br />

le stesse cose. Dovremmo trovare il sistema<br />

di far pesare questa nostra umanità<br />

a livello politico. È questo il sogno<br />

di cui parla la canzone: che troviamo<br />

tutti insieme la volontà di cambiare<br />

davvero le cose. La canzone inizia anche<br />

con un riferimento a Martin Luther<br />

King e alla sua famosa frase “I have a<br />

dream...”<br />

Mi incuriosisce anche il concept della<br />

copertina, con questa barca che naviga<br />

a remi su acque perigliose e questa<br />

sorta di manifesti colorati alle spalle...<br />

L’immagine della copertina è stata curata<br />

dalla Badass Yogi Production, che<br />

ci rappresenta in Europa. Hanno saputo<br />

visualizzare molto bene l’ambientazione<br />

urbana, spesso scura e inquieta,<br />

in cui si colloca la nostra musica. I colori<br />

forti, contrastati e contrastanti, e le<br />

immagini che hanno scelto ed elaborato<br />

sono uno sfondo perfetto per la musica<br />

e i testi: frammenti di un mondo che<br />

sta cambiando rapidamente, spesso<br />

non in meglio, e noi che, come molti,<br />

sentiamo che stiamo attraversando tutto<br />

questo, cercando di capire, di adattarci,<br />

di seguire una rotta che ci porta<br />

verso un cambiamento. Anche il lyric<br />

video messo on line da pochi giorni sviluppa<br />

la stessa idea. A nostro parere è<br />

molto bello e si sposa perfettamente<br />

con la musica.<br />

Venendo alle sonorità, mi sembra che<br />

abbiate cercato uno stile molto omogeneo<br />

ma anche la possibilità di deviare<br />

spesso dal tracciato. Puoi raccontare<br />

qualcosa della lavorazione del disco?<br />

Francesco ha composto tutti i brani<br />

dell’album e ha fatto una pre-produzione<br />

al computer, sulla quale io ho lavorato<br />

per scrivere i testi. Abbiamo fatto<br />

alcune prove con Francesco Marzetti<br />

16<br />

17


(il batterista che ci ha accompagnato<br />

in questo lavoro) e quindi siamo andati<br />

a registrare. L’idea era di creare una<br />

varietà di ambienti sonori, sfruttando<br />

al massimo le potenzialità di ognuno di<br />

noi: essendo solo in tre abbiamo dovuto<br />

spremere al massimo la nostra creatività.<br />

In tre brani è intervenuto Giulio<br />

Corini al contrabbasso, per sottolineare<br />

il senso di intimità e leggerezza.<br />

Al contrario che nel vostro esordio,<br />

questa volta niente cover. Una scelta<br />

di “maturità” per il vostro combo o<br />

un’affermazione di personalità?<br />

Io e Francesco abbiamo iniziato a scrivere<br />

brani nostri già nel 2010, brani<br />

che abbiamo registrato con una tradizionale<br />

formazione acustica. Era un<br />

primo esperimento e con i brani scritti<br />

per il progetto The Soul Mutation credo<br />

che stiamo davvero iniziando a esplorare<br />

nuovi ambienti musicali: i ritmi<br />

sono più complessi, le atmosfere cambiano<br />

radicalmente da brano a brano,<br />

anche il mio modo di cantare ha dovuto<br />

adattarsi agli spigoli di queste nuove<br />

composizioni di Francesco e alla ritmica<br />

che a volte è molto incalzante e altre<br />

volte disegna paesaggi più rarefatti.<br />

Scrivere la nostra musica nasce dall’esigenza<br />

di sviluppare a modo nostro il<br />

linguaggio jazzistico che, utilizzando<br />

brani scritti<br />

da altri, abbiamo<br />

praticato<br />

per<br />

anni e che ci<br />

ha portato<br />

a realizzare<br />

alcuni cd<br />

di “cover”.<br />

Alla fine il<br />

materiale di<br />

altri autori<br />

ha iniziato a<br />

starci stretto:<br />

il presente<br />

ha vinto<br />

sul passato<br />

e da qui l’esigenza di scrivere una musica<br />

“nuova”, di trovare nuove vie di<br />

espressione.<br />

Come nasce “Yes I’m Lonely (Yer<br />

Blues reloaded)”?<br />

Quando Francesco mi ha fatto ascoltare<br />

la melodia di questo brano per la prima<br />

volta, mi è venuto subito in mente “Yer<br />

Blues” la canzone che John Lennon<br />

scrisse e cantó con i Beatles (nel grandioso<br />

“White Album”). Non riuscivo a<br />

staccarmi da questa idea e allora l’ho<br />

cavalcata: le citazioni sono evidenti.<br />

Ma anche qui l’attualità ha fatto breccia<br />

(ecco perché “reloaded” come Matrix!):<br />

alla fine il testo ha deciso di raccontare<br />

di qualcuno che è triste perché<br />

è lontano da casa, dorme per strada,<br />

ma spera un giorno di trovare un lavoro<br />

e stare meglio, anche se al momento<br />

è bloccato dietro un muro e la notte sogna<br />

di saper volare...<br />

Perché avete deciso i tre momenti di<br />

sperimentazione “solista” nel disco?<br />

Volevamo creare degli stacchi in alcuni<br />

punti dell’album, qualcosa che non<br />

avesse la struttura di una canzone,<br />

qualcosa di assolutamente libero ed<br />

estemporaneo. Come il vuoto della meditazione<br />

nel delirio quotidiano; come<br />

chiudere gli occhi, guardarsi dentro e<br />

riuscire a capire ed esprimere ciò che<br />

proviamo, ma senza utilizzare razionalità<br />

e linguaggio. Si tratta di tre momenti<br />

di libertà assoluta e realizzati<br />

davvero sull’onda di un istinto o di un’ispirazione<br />

del momento. E non potevano<br />

essere altro che fatti “in solitaria”:<br />

se ti vuoi guardare dentro per davvero,<br />

devi essere solo.<br />

18<br />

19


Puoi raccontare la tua storia fin qui?<br />

Suono la chitarra da quando avevo 14<br />

o 15 anni. Dopo il liceo, ho studiato filosofia.<br />

Ho fatto il web editor, il lavapiatti,<br />

il commesso, l’assicuratore, il correttore<br />

di bozze, il lettore di manoscritti,<br />

il selezionatore di concorrenti per programmi<br />

televisivi, l’informatore turistico,<br />

il bigliettaio nei musei, l’organizzatore<br />

di eventi, l’operatore di call center,<br />

il meccanico di biciclette da corsa (non<br />

in quest’ordine) e forse qualcos’altro<br />

IMUSTBE<br />

LEONARDO<br />

un musicista<br />

primitivo<br />

© Foto di Pierluigi Muscolino<br />

“MOP” è il nuovo album del cantautore italiano trapiantato a Berlino: tra<br />

suoni grezzi di chitarre elettriche e intime atmosfere folk<br />

che non ricordo. Non ho toccato la chitarra<br />

per quasi dieci anni. Ho ripreso a<br />

suonare a Berlino, dove vivo dalla<br />

fine del 2011.<br />

Che differenze ci sono state nella lavorazione<br />

di “MOP” rispetto al precedente<br />

ep? E già che ci siamo: puoi spiegare<br />

il titolo dell’album?<br />

Quando registrai “Wonderful” (il mio ep<br />

del 2016) avevo solo voglia di tornare a<br />

suonare dal vivo e sapevo che un disco<br />

mi avrebbe aiutato a trovare delle date<br />

nei locali. Quelle canzoni rappresentavano<br />

quello che volevo suonare sul palco<br />

e fui molto soddisfatto del risultato.<br />

“MOP”, invece, è nato assecondando la<br />

propensione a creare delle canzoni che<br />

fossero delle istantanee musicali dei<br />

miei stati d’animo. Non è stato premeditato.<br />

Semplicemente, mi sono accorto<br />

che stavo andando in quella direzione.<br />

La cosa giusta da dire è che ho lasciato<br />

che questo disco accadesse, in<br />

alcuni momenti l’ho anche aspettato,<br />

e non ho nascosto nulla. Infatti è pieno<br />

di imperfezioni, di avventatezza,<br />

tanto nelle musiche quanto nei testi.<br />

Alla fine del 2016 avevo registrato<br />

un disco che mi piaceva – e mi piace<br />

ancora – e che non ho mai finito.<br />

A marzo di quest’anno, però, mi era<br />

venuta voglia di fare un disco del<br />

tutto diverso e avevo già la lista dei<br />

brani che l’avrebbero composto. Così,<br />

a metà aprile mi sono chiuso in casa<br />

per registrarlo. Ma mentre lavoravo su<br />

quelle canzoni ne sono venute fuori di<br />

altre. Alla fine, sei delle undici tracce di<br />

“MOP” sono state scritte tra metà aprile<br />

e l’inizio di giugno. Il disco, quindi, è<br />

nato “making other plans”. E ho deciso<br />

di intitolarlo “MOP”. (Naturalmente il<br />

riferimento è al verso di John Lennon,<br />

“Life is what happens to you while you<br />

are busy making other plans”)<br />

Quali sono state le difficoltà maggiori<br />

che hai incontrato?<br />

Più che di difficoltà parlerei di limitazioni<br />

che si sono rivelate occasioni per<br />

servirsi di diversi strumenti espressivi.<br />

La musica che mi piace è diretta, quasi<br />

brutale: non imbroglia nessuno, né chi<br />

la realizza né chi la ascolta. In questo<br />

momento sono un musicista primitivo<br />

che vive e suona da solo, e che passa<br />

il suo tempo a scrivere canzoni in una<br />

stanza con delle grandi finestre. Volevo<br />

che il<br />

disco raccontasse<br />

questo.<br />

E così ho<br />

deciso di<br />

registrarlo<br />

a casa.<br />

Se avessi<br />

lavorato<br />

in uno<br />

studio<br />

avrei dovuto<br />

programmare ogni cosa e avrei<br />

vissuto con il timore di non finire in<br />

tempo. Non avrei mai potuto buttare<br />

giù delle canzoni in maniera così immediata.<br />

Non ci sarebbe stata nemmeno<br />

tanta pioggia nei testi (perché non<br />

l’avrei manco vista, la pioggia). Sarebbe<br />

venuto fuori un disco “in cattività”,<br />

molto meno impressionista. E soprattutto,<br />

sarebbe stato un disco bugiardo<br />

rispetto a quello che sono, che faccio e<br />

che posso permettermi adesso. Magari<br />

per il prossimo avrò voglia di provare<br />

le canzoni per un mese e di registrarle<br />

20<br />

21


in studio in due giorni. Chissà. Per il<br />

momento, sono un autore analogico che<br />

gioca con strumenti digitali.<br />

Come nasce “Modern Lovers”?<br />

“Modern Lovers” è uno dei brani che<br />

ho composto tra aprile e maggio. Stavo<br />

provando un’altra canzone che avevo<br />

quasi deciso di scartare (e che poi, di<br />

fatto, ho scartato) e sono venuti<br />

fuori dei nuovi accordi. Qualche giorno<br />

dopo, mentre aspettavo l’autobus, ho<br />

cominciato a cantare quei lunghi monosillabi<br />

“youuuu” “aaaaare” “myyyyy”.<br />

Sono tornato a casa, ho scritto il testo<br />

e ho registrato la voce principale.<br />

Poi mi sono preparato una spigola.<br />

Nel testo parlo di come credo stiano<br />

cambiando i modi in cui nascono (e<br />

muoiono) le relazioni sentimentali.<br />

Il tempo e lo spazio diventano spesso<br />

due dimensioni opposte, non soltanto<br />

diverse: puoi passare delle giornate<br />

intere in chat con una persona e non<br />

stare mai fisicamente con lei. Naturalmente,<br />

quando vi rivedete è facile<br />

che si inneschi un corto circuito, che<br />

tutto sia meno perfetto. E appena<br />

arriva il momento in cui ti dovresti<br />

scoprire un po’ o dovresti metterci un<br />

po’ di coraggio (o dovresti accettare<br />

qualcosa che non ti piace), “we are<br />

modern lovers: doesn’t work, just say<br />

goodbye, that is the game”. La cosa<br />

che trovo più triste, in tutto questo,<br />

è che si consideri ormai assurdo concedere<br />

alla realtà anche solo una piccola<br />

parte del tempo che si è concesso<br />

all’immaginazione. Giorni davanti a<br />

uno schermo e poi addio dopo un bicchiere<br />

di vino. Però, una volta a casa,<br />

tutti su Facebook e a invocare dei veri<br />

rapporti umani, “come una volta”. Non<br />

credo ci sia molto rispetto per le persone<br />

in questo. E non so se il fenomeno<br />

sia ancora contrastabile.<br />

Hai suonato e registrato da solo: puoi<br />

raccontare cosa hai utilizzato?<br />

Ho registrato il disco con Logic. Le chitarre<br />

elettriche sono state riprese quasi<br />

tutte con un microfono dinamico posizionato<br />

davanti all’amplificatore. Per<br />

la voce ho usato un condensatore e un<br />

preamplificatore. 5 canzoni su 11 sono<br />

state registrate interamente dal vivo,<br />

senza alcuna sovraincisione. In “April<br />

Snow” ho anche registrato un loop e<br />

ci ho suonato e cantato sopra, sempre<br />

dal vivo. Infatti si sente il rumore del<br />

piede che preme il tasto del distorsore.<br />

In altri momenti del disco si distingue<br />

il suono degli aerei che atterrano o decollano.<br />

I brani chitarra acustica e voce<br />

sono stati registrati su un’unica traccia,<br />

come si faceva negli anni Cinquanta:<br />

microfono a una ventina di centimetri<br />

e buona la... diciassettesima.<br />

Vivi e lavori a Berlino, dove risiedono<br />

numerosi italiani, anche musicisti: che<br />

percezione c’è della musica indipendente<br />

italiana lì?<br />

Non ho molti rapporti con altri musicisti<br />

italiani che vivono a Berlino (se si<br />

escludono i-Taki Maki, con i quali ho<br />

fatto un concerto), e in questo periodo<br />

non ascolto molta musica italiana.<br />

Non ne faccio una questione di valore.<br />

È solo che sto ascoltando altro. Sono<br />

molto amico di Orson, il cantante dei<br />

Barbados, e seguo l’etichetta More Letters<br />

ma mi interesso perlopiù agli artisti<br />

che incontro nei locali di Berlino. La<br />

mia preferita è una cantautrice tedesca<br />

che canta in inglese: Vera Stausberg.<br />

Non ha ancora inciso nulla, che io sappia.<br />

Però su Soundcloud (come Vera-Line<br />

Music) si trova una registrazione di<br />

un suo concerto di qualche anno fa. Mi<br />

piacerebbe fare un tour in Italia con lei<br />

e con altri musicisti che vivono qui e<br />

che vengono da diversi paesi (Canada,<br />

Australia, Irlanda, Stati Uniti...) Credo<br />

che sarebbe una bella esperienza, per<br />

noi e per il pubblico, perché la scena<br />

indie berlinese ha delle sue peculiarità<br />

specifiche, in questo momento. Tra l’altro,<br />

nessuno di noi ha mai suonato in<br />

Italia.<br />

Ci puoi indicare tre brani che ti hanno<br />

influenzato particolarmente?<br />

“Right Where It Belongs” dei Nine<br />

Inch Nails; “Purple Rain” di Prince;<br />

“Dark Globe” di Syd Barrett. Non credo<br />

che “influenzare” sia il verbo giusto,<br />

perché porterebbe a credere che ci sia<br />

qualcosa di queste canzoni nella mia<br />

musica. Si tratta piuttosto di opere che<br />

considero importanti e la cui bellezza<br />

è strettamente legata a un particolare<br />

coinvolgimento emotivo in quella specifica<br />

esecuzione (nel caso di Barrett e<br />

di Prince), oppure all’idea che la produzione<br />

possa essere essa stessa parte<br />

del processo creativo (nel caso di Trent<br />

Reznor, che in quel brano ha lavorato<br />

sulla voce in una maniera che so definire<br />

solo artistica). Per queste persone<br />

fare musica è una cosa seria. Nutrono<br />

un rispetto estremo per il proprio talento<br />

e per l’arte. Sono innamorato di<br />

ciò che queste canzoni comunicano.<br />

E lo condivido.<br />

22<br />

23


Ell3: la musica è la mia visione<br />

Ell3, livornese, respira musica fin da bambina: i suoi genitori sono entrambi<br />

musicisti e la introducono da subito nel loro mondo. Ha iniziato a comporre<br />

i suoi brani da giovanissima, ispirandosi al mondo del jazz e del soul, e il<br />

suo primo ep “Camouflage” ha appena visto la luce<br />

La musica è sempre stata protagonista<br />

della tua vita, fin da bambina.<br />

I tuoi genitori sono musicisti, tu hai<br />

studiato pianoforte e lirica. Come sei<br />

arrivata al genere che oggi è racchiuso<br />

dentro il tuo primo ep “Camouflage”?<br />

La musica classica è il mio primo grande<br />

amore... poi crescendo mi sono avvicinata<br />

anche ad altri generi: la musica<br />

jazz, soul, l’elettronica. Nel mio ep queste<br />

sonorità si intrecciano, dialogano, si<br />

scontrano...<br />

Parliamo della tua voce: calda, profonda,<br />

riconoscibile, tutte caratteristiche<br />

fondamentali per chi si affaccia nel<br />

mondo della discografia in un momento<br />

così saturo di nuove proposte. La<br />

concorrenza, se così si può definire,<br />

ti fa più paura o serve da stimolo per<br />

migliorarsi e crescere costantemente?<br />

Il processo creativo è sempre affascinante.<br />

Come nascono le tue canzoni?<br />

Quali sono gli artisti che hanno maggiormente<br />

influenzato il tuo percorso<br />

artistico?<br />

Non mi ha mai spaventato la concorrenza.<br />

Cerco di imparare tanto dalle<br />

cantanti che stimo maggiormente.<br />

Ognuno ha la sue caratteristiche.. io<br />

prediligo le voci calde, avvolgenti..<br />

Ogni giorno ascolto Ella Fitzgerald, la<br />

mia musa ispiratrice per eccellenza.<br />

La voglia di migliorarmi nasce tanto da<br />

me, è una lotta continua con me stessa.<br />

Le mie canzoni nascono prevalentemente<br />

nel momento della giornata in<br />

cui la creatività si impadronisce della<br />

mia mente. La notte è indispensabile<br />

per me. Sono tanti e tutti appartenenti<br />

a mondi differenti: Barbra Streisand,<br />

Sinatra, Ella Fitzgerald, Depeche<br />

Mode, Massive Attack, Selah Sue...<br />

Ho trovato strano, ma sicuramente<br />

24 25


Per i live bisognerà aspettare ancora<br />

un pochettino.Prima ho un viaggio musicale<br />

in America che mi aspetta..Tra<br />

New York e Nashville. È una di quelle<br />

occasioni che bisogna cogliere immediatamente<br />

nella vita. A ottobre partiremo<br />

con i live !!<br />

Per concludere, una domanda molto<br />

personale: scorrendo le tue foto non<br />

ho potuto fare a meno di notare i tuoi<br />

tatuaggi. Non ti chiederò il significato<br />

di ognuno, ma se uno di questi fosse<br />

dedicato alla musica e ti andasse di<br />

raccontarci la sua storia…<br />

Ahahah. Sì, per la felicità dei miei genitori,<br />

ma soprattutto di mia sorella.<br />

Uno in particolare è dedicato alla musica.È<br />

una frase di Schopenhauer “La<br />

musica è l’essenza dell’uomo, la sua<br />

visione del mondo”. La musica è sempre<br />

stata la mia visione del mondo. Se<br />

dovessi immaginarmi l’inferno sicuramente<br />

sarebbe senza musica, senza<br />

suoni, vibrazioni.Per me La musica da<br />

un motivo a tutto. Se fai musica , con il<br />

cuore ... non puoi mentire. Le tue maschere<br />

cadono completamente...<br />

https://www.facebook.com/Ell3-<br />

1459835904237813/<br />

Chiara Orsetti<br />

apprezzabile, che una bella ragazza<br />

come te non abbia puntato su se stessa<br />

per il lancio del suo primo singolo. Per<br />

il video di Dream, infatti, hai scelto<br />

un suggestivo bianco e nero dalle atmosfere<br />

cupe. Puoi raccontarci la sua<br />

storia?<br />

Proprio per questo il titolo dell’ep è<br />

“Camouflage”. Non mi piace mostrarmi<br />

subito, trovo molto più affascinante,<br />

intrigante far sì che le cose si conoscano<br />

lentamente. Nel mondo in cui viviamo<br />

quasi sembra un obbligo ostentare!<br />

Vorrei riuscire a farmi conoscere evitando<br />

di usare quello che c’è “ in vetrina”<br />

come chiave d’interesse. Il video di<br />

Dream mi rappresenta completamente.<br />

Ha un atmosfera evocativa, è pieno di<br />

piccoli particolari dei quali ti accorgi<br />

se non ti fermi ad una visione distratta.<br />

Così anche per la mia musica. Sono<br />

cosciente che non sia un genere immediato,<br />

prettamente commerciale. A<br />

ogni ascolto scopri qualcosa di nuovo e<br />

cominci a conoscere cosa c’è dietro alla<br />

mia voce, al mio mondo musicale.<br />

Estate, tempo di live. Hai in programma<br />

qualche concerto per presentare il<br />

tuo ep, approfittando degli eventi che<br />

in questa stagione si moltiplicano?<br />

26 27


FLORENCE ELYSEE<br />

ricerca sfrenata di casa<br />

Tre polistrumentisti che si sono incontrati in gelateria: la band spiega il<br />

nuovo disco “Home”, tra indie pop, alternative, emo rock e parecchio altro.<br />

E racconta di concerti professionali, band che cantano parlando e biglietti<br />

dei Radiohead<br />

Qual è la storia della band fin qui?<br />

E qual è il motivo della scelta di un<br />

nome così particolare?<br />

Samuele e Giovanni (voce/chitarra e<br />

batteria) suonavano già insieme in una<br />

band che si chiama “Sammy wants to<br />

fly”. Nel 2013 incontrano Elisabetta<br />

proprio nella gelateria sopra la sala<br />

prove; e l’idea fu quella di formare una<br />

nuova band a tre con Samuele alla<br />

voce, nacque così Florence Elysée. Firenze<br />

fu il primo concerto e l’Eliseo è<br />

messo lì come una sorta di fine al principio.<br />

Il disco è ispirato al concetto di<br />

“Home” ma nel senso di “ritorno a<br />

casa”. Come nasce l’idea?<br />

Ritorno a casa o piuttosto ricerca sfrenata<br />

di un qualcosa da definire tale.<br />

Crediamo che “Home”sia nato nel migliore<br />

dei modi, con estrema sincerità;<br />

nel senso che tutti noi viviamo, seppur<br />

in modo diverso, la ricerca della serenità,<br />

impazienti di lasciarsi ad un respiro<br />

di sollievo. I testi anche se scritti da<br />

diverse mani (Samuele Ballerini, Giovanni<br />

Farina, Anita Montagna e Laura<br />

Loritz) sono rivolti con onestà a quel<br />

concetto riassunto nella parola Home.<br />

Siete tre polistrumentisti e, a quanto<br />

ho capito, Elisabetta è quella che “svaria”<br />

di più: come scegliete quali strumenti<br />

usare per le vostre canzoni?<br />

L’idea di fondo è il classico trio: batteria,<br />

basso, chitarra che accompagnano<br />

l’incastro delle voci maschili e femminili<br />

che ci piace tanto. Abbiamo cercato di<br />

caratterizzare il nostro sound attorno<br />

al classico suono Stratocaster con abbondante<br />

Shimmer, poi Elisabetta ha<br />

inserito in alcune canzoni numerose armonizzazioni<br />

con la sua viola da gamba,<br />

arrangiamenti che meriterebbero di<br />

essere ascoltati in “solo”.<br />

Potete descrivere i vostri concerti?<br />

Quali saranno le prossime date che vi<br />

vedranno coinvolti?<br />

Dicono che nei nostri live sembriamo<br />

molto “professionali”. Effettivamente<br />

tutto lo spettacolo è studiato per non<br />

essere troppo lungo e noioso creando i<br />

famosi “alti e bassi”. Iniziamo“forte”,<br />

nel mezzo inseriamo sempre un paio di<br />

canzoni in versione acustica con la vio-<br />

28<br />

29


Avete dichiarato di aver rinunciato a comprare biglietti<br />

dei Radiohead a metà prezzo per comprare la<br />

discografia dei Cosmetic. Ho capito male io, vero?<br />

E’ così, i Radiohead rimangono tra le nostre maggiori<br />

fonti di ispirazione, sono lì come una sorta di leggenda<br />

e ci piace ricordarli sempre così. Ma d’altronde preferiamo<br />

dare il nostro piccolo contributo alla piccola<br />

scena italiana.<br />

la da gamba e senza batteria, poi finiamo<br />

ancora più “forte”.<br />

Dalle vostre dichiarazioni emerge una<br />

certa esterofilia. Ma chi sono gli artisti<br />

italiani che apprezzate di più?<br />

Effettivamente è vero, ascoltiamo per<br />

lo più musica in lingua inglese.<br />

Gli artisti italiani che ascoltiamo sono:<br />

Baustelle (secondo Samuele i migliori<br />

di tutti), Nadar Solo, Plan de<br />

Fuga, Dardust, Levante, Cosmetic,<br />

Amor Fou, Jumping<br />

the shark, Urali, The sleeping<br />

tree, ma già siamo ritornati<br />

all’inglese... Scusateci, ma<br />

sopportiamo a malapena tutte<br />

quelle altre band che cantano<br />

parlando.<br />

30<br />

31


LESIGARETTE!!<br />

non si deve perdere la lucidità<br />

“La musica non serve a niente” è il nuovo disco del duo, caratterizzato da un<br />

approccio meno nonsense rispetto all’esordio. Per capire meglio la differenza<br />

tra politici e musicisti, abbiamo rivolto qualche domanda ai due<br />

Che cos’è cambiato, a livello di approccio<br />

e di lavorazione, dal vostro esordio?<br />

L’approccio è sempre lo stesso: vogliamo<br />

fare buona musica e vogliamo divertirci.<br />

Abbiamo sempre saputo che se<br />

scrivi canzoni si può volare se si lavora<br />

bene, bisogna giudicare con intelligenza<br />

e scrivere nel rispetto delle proprie<br />

emozioni. Ci vuole molta concentrazione:<br />

c’è sempre il rischio di perdersi<br />

troppo dietro ai dettagli, ma anche<br />

i dettagli sono fondamentali e allora<br />

non si deve perdere la lucidità. Fare<br />

un disco è un bellissimo viaggio, bisogna<br />

orientarsi durante la traversata,<br />

ma anche lasciarsi trasportare. La lavorazione<br />

è cambiata rispetto al primo<br />

album. Abbiamo composto alcune parti<br />

di batteria e chitarra, poi le strutture<br />

dei brani, poi le linee vocali e in ultimo<br />

le Parole. I brani sono rimasti senza<br />

parole anche per un anno in alcuni<br />

casi. Le parole sono venute all’ultimo,<br />

scritte appositamente su una melodia<br />

e dentro a una metrica già composta.<br />

Quindi siamo partiti dalla spontaneità<br />

e dallo sfogo creativo più diretto, quello<br />

dei nostri strumenti, per poi passare<br />

a una fase di montaggio musicale per<br />

costruire le strutture dei brani e poi<br />

cantarci su delle melodie canore che<br />

però non erano provviste di parole. Volevamo<br />

creare dei brani che avessero<br />

emozioni e senso anche senza testi. Prima<br />

di avere un senso verbale, abbiamo<br />

ricercato il senso musicale e emozionale.<br />

Scrivere i testi in fondo a questo imbuto<br />

creativo è stato difficile, un duro<br />

lavoro. Arrivati alla fine avevamo molti<br />

limiti, la linea vocale già decisa prima<br />

di scrivere le parole per noi è una novità,<br />

il disco precedente è stato composto<br />

a partire dal testo e le linee vocali sono<br />

nate dai testi e non dalla musica.<br />

Stavolta avete deciso di fare quasi tutto<br />

in maniera autonoma. Che cosa vi<br />

ha spinto a questo tipo di scelta?<br />

Siamo andati in studio da soli. Abbiamo<br />

preparato i suoni e registrato chitarra<br />

e batteria insieme. Avevamo ancora<br />

alcune cose da definire sui brani<br />

quando siamo entrati in studio, stare<br />

da soli ci ha permesso di poterci prendere<br />

anche dei momenti di prova, per<br />

definire dei dettagli. Tra batteria e<br />

chitarra c’è un intreccio ritmico continuo<br />

e la cura di alcuni dettagli è stata<br />

possibile soltanto una volta arrivati<br />

in un luogo protetto come lo studio di<br />

Fattoria Sonora, in cui siamo rimasti<br />

molto tempo soli potendoci dedicare<br />

quanto volevamo su ogni aspetto. Decidere<br />

tutto prima di registrare è stato<br />

necessario, ma non abbiamo voluto ingessare<br />

tutta la musica, abbiamo scelto<br />

di lasciare alcune parti al caso, all’improvvisazione<br />

del momento, come per<br />

esempio nel piccolo bridge del brano “la<br />

musica non serve a niente”. Essendo<br />

in due, possiamo facilmente inventarci<br />

soluzioni al momento improvvisando,<br />

giocando tra batteria e chitarra, anche<br />

nel primo disco avevamo un po’ scoperto<br />

questa nostra qualità e questa volta<br />

abbiamo volutamente destinato alcune<br />

parti musicali al gioco, allo scherzo musicale,<br />

per mantenere una freschezza<br />

live che non vogliamo perdere nel disco.<br />

Questo è solo un particolare, ma ce ne<br />

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sono molti altri, tutti dettagli che abbiamo<br />

scelto di curare in una situazione<br />

di studio molto intima e rassicurante.<br />

A differenza del primo lavoro, che è<br />

stato interamente autoprodotto, questa<br />

volta il disco è stato prodotto grazie a ’n<br />

etichetta, casa discografica aperta dal<br />

liveclub ‘na cosetta di Roma in collaborazione<br />

con Lucio Leoni di Lapidarie<br />

Incisioni.<br />

Mi sembra che sui testi<br />

abbiate focalizzato di più<br />

alcuni obiettivi polemici,<br />

limitando un po’ il nonsense<br />

rispetto all’esordio.<br />

Scelta o caso?<br />

I testi sono molto importanti<br />

per noi, la scelta è<br />

stata come sempre quella<br />

di parlare di ciò che ci<br />

circonda, ma sì, il taglio è volutamente<br />

meno pazzoide e stralunato. Nel primo<br />

lavoro c’era una componente “clownesca”<br />

che forse abbiamo un po’ messo<br />

da parte. Abbiamo scelto di essere più<br />

diretti, in alcuni casi più duri, in altri<br />

più onesti, in generale di non essere<br />

troppo astratti, ma “non sense” non ci<br />

siamo mai sentiti neanche nel primo<br />

disco. La polemica fa parte del nostro<br />

modo di scrivere, spesso si parte da un<br />

problema e passando per un conflitto,<br />

si risolve in rabbia o ironia o fantasia<br />

o nervosismo. “La musica non serve a<br />

niente” è un titolo ironico, polemico, ma<br />

anche leggero. Forse la novità per noi<br />

è quello di aver aperto la scrittura anche<br />

a un aspetto emotivo più personale<br />

e delicato. Ci sono brani molto intimi<br />

come capovolto e appena svegliato che<br />

parlano esplicitamente dei nostri sentimenti.<br />

Di “La musica non serve a niente” (la<br />

canzone) non ho capito una cosa: meglio<br />

essere governati dai musicisti oppure<br />

no?<br />

Ahahah… sembra una<br />

domanda leggera, ma qui<br />

siamo al nocciolo di una<br />

questione fondamentale.<br />

NO! Categoricamente<br />

NO! I musicisti sono quelli<br />

che fanno la musica e<br />

la musica non ha potere<br />

di governo. Ovviamente<br />

un brano musicale può<br />

essere influente politicamente e ci sono<br />

musicisti impegnati e schierati che<br />

hanno una grande importanza politica,<br />

ma la musica non ha potere è ovvio.<br />

Per noi è importante fare chiarezza,<br />

fare critica; non si può pensare che la<br />

musica cambierà l’organizzazione della<br />

nostra società, magari la può condizionare<br />

o certamente può trasmettere<br />

un’idea, ma di certo c’è bisogno di altro<br />

per governare. Insomma non possiamo<br />

fermare una guerra con un rullante o<br />

finire in parlamento a cantare, li c’è da<br />

scrivere leggi e fare battaglie politiche<br />

è tutto un altro linguaggio. “la musica<br />

non ha potere… e meno male. Non<br />

scrive leggi, non governa e non ti può<br />

arrestare”. Può sembrare riduttivo, ma<br />

in verità questo ci permette di liberare<br />

la musica da alcune responsabilità. A<br />

questo punto io posso cantare “Imagine”<br />

e vivermi completamente la visione<br />

politica di un mondo senza confini e pacifico<br />

di quel brano senza che il giorno<br />

dopo mi arrestino e posso farlo proprio<br />

perché quella è “solo” una canzone non<br />

è mica un manifesto politico; non solo,<br />

posso anche dire che preferisco di gran<br />

lunga Lennon o Bono a Putin e Trump<br />

senza confondere musica e politica,<br />

semplicemente mi piace molto di più<br />

seguire una canzone o una band che un<br />

Premier. Poi anche se si scrive musica,<br />

non è affatto detto che non si possa essere<br />

un politico, un amministratore, un<br />

sindaco, ma certo è che non sono cose<br />

che si possono fare contemporaneamente.<br />

Chi governa pensi a governare e chi<br />

suona pensi a suonare, sono due cose<br />

molto importanti, importantissime, ma<br />

a ciascuno il suo.<br />

Visto la vostra notevole esperienza<br />

“tecnica” e il vostro sguardo lucido,<br />

che cosa vi piace e che cosa no della<br />

musica italiana (indie e no) 2017?<br />

Questo è un discorsone. Ci sono tantissime<br />

novità e tanto fermento, non si<br />

finisce mai di stupirsi. Quello che è evidente<br />

è che è cambiato il mercato e il<br />

modo di fare successo. Moltissimo passa<br />

dal web e ormai si da per scontato,<br />

ma solo 10 anni fa non era affatto così.<br />

La comunicazione è cambiata, i video<br />

contano almeno quanto i brani musicali,<br />

chi canta conta più di cosa canta,<br />

c’è tutto un nuovo doityourself che<br />

ha poco a che fare con il primo indie,<br />

ma in fondo ne è una conseguenza. Il<br />

modo di scrivere i testi è chiaramente<br />

stato influenzato dalle novità degli<br />

ultimi decenni, dal rap fino al meme,<br />

ci sono tanti giochi in più da fare con<br />

le parole che venti anni fa non esistevano.<br />

Dal punto di vista musicale c’è<br />

tanta novità, ma c’è anche un ultra<br />

pop che pesca negli anni 80 e 90 e c’è<br />

pure una grande diffusione di strumenti<br />

musicali giocattolo, di vocoder,<br />

harmonizer, ma poi ti ritrovi a sentire<br />

il nuovo cantautore dei vent’anni<br />

che ti canta la sua canzone in acustico<br />

chitarra e voce. Insomma c’è un<br />

mare di roba e sembra che le nuove<br />

generazioni siano molto più aperte a<br />

mischiare suoni elettronici e digitali,<br />

effettistica, basi musicali e cantautorato<br />

semplice. Una volta non era<br />

possibile pensare che uno stesso pubblico<br />

potesse apprezzare tutto questo.<br />

Comunque noi suoniamo e capire ora<br />

cosa stia succedendo per noi è molto<br />

difficile, forse è più un compito di chi<br />

scrive di musica piuttosto che di chi la<br />

fa. Un musicista in un periodo come<br />

questo in cui c’è una così grande varietà<br />

di proposte è davvero una goccia<br />

in un oceano e sta a voi tentare di<br />

sbrogliare la matassa.<br />

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