TRAKS INTERVIEW #5
Il quinto numero di TRAKS INTERVIEW, il periodico dedicato alle interviste approfondite ai protagonisti della musica indipendente italiana, contiene le parole di: Pivirama, Paolo Tocco, LeSigarette!!, Soul Mutation, Florence Elysé, IMustBe Leonardo e Ell3
Il quinto numero di TRAKS INTERVIEW, il periodico dedicato alle interviste approfondite ai protagonisti della musica indipendente italiana, contiene le parole di: Pivirama, Paolo Tocco, LeSigarette!!, Soul Mutation, Florence Elysé, IMustBe Leonardo e Ell3
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<strong>INTERVIEW</strong><br />
Numero 5 - luglio 2017<br />
Pivirama<br />
il desiderio di raccontare<br />
Paolo Tocco<br />
LeSigarette!!<br />
Soul Mutation<br />
IMustBe Leonardo<br />
Florence Elysée<br />
Ell3
sommario<br />
4<br />
10<br />
16<br />
20<br />
24<br />
28<br />
32<br />
Pivirama<br />
Paolo Tocco<br />
Soul Mutation<br />
IMustBe Leonardo<br />
Ell3<br />
Florence Elysée<br />
LeSigarette!!<br />
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<strong>TRAKS</strong> <strong>INTERVIEW</strong><br />
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PIVIRAMA<br />
il desiderio di<br />
raccontare<br />
Raffaella Daino, cantautrice ma anche giornalista per Sky Tg 24 e testimone<br />
di alcuni dei fatti più importanti della nostra epoca parla, attraverso le<br />
canzoni del suo quarto album, di nuvole, pezzi di vetro ma anche di realtà<br />
sconvolgenti<br />
Questo è il tuo quarto disco, ma il primo<br />
tutto in italiano: che cosa ti ha portato<br />
a questa scelta?<br />
Se sei qui a chiedermi di parlare della<br />
mia quarta creaturina vuol dire che<br />
l’hai trovata interessante, e ne sono<br />
felice, anche perché per me è quella che<br />
ha più significato nella storia del progetto<br />
Pivirama. Quello dell’italiano è<br />
stato un processo spontaneo, e naturale,<br />
non è stata proprio una scelta – non<br />
ne faccio mai nella musica, e forse anche<br />
nella vita. Ho sempre pensato che<br />
fosse la musica a “scegliere” la lingua<br />
più adatta e cosi nei precedenti dischi,<br />
decisamente più rock ed elettrici, l’inglese<br />
era quella che musicalmente meglio<br />
si adattava. Con queste sonorità<br />
electro-acustiche e in generale più delicate,<br />
frutto della produzione artistica<br />
di due grandissimi musicisti siciliani,<br />
Nicola Ganci e Patrick Rotolo, l’italiano
ha trovato la sua giusta collocazione.<br />
Poi, il desiderio di raccontare in modo<br />
più diretto, chiaro e comprensibile queste<br />
storie, sia quelle fatte di realtà che<br />
quelle puramente immaginarie, ha fatto<br />
il resto. Devo dire che c’ho davvero<br />
preso gusto, queste dieci canzoni mi<br />
hanno fatto appassionare talmente tanto<br />
all’idea di scrivere<br />
nella mia lingua che<br />
non userò mai più l’inglese.<br />
Benché alcune delle<br />
canzoni del disco parlino<br />
di realtà drammatiche,<br />
le sonorità sono<br />
spesso improntate a<br />
una serenità di fondo.<br />
Vorrei capire se è stata<br />
una scelta meditata<br />
oppure se è stato un<br />
processo spontaneo...<br />
E’ un disco che racconta con schiettezza<br />
e senza giri di parole le mie diverse<br />
anime... Quella naive, sognante e<br />
idealista che si ferma sulla spiaggia<br />
a osservare gli sbiaditi pezzi di vetro<br />
persi “tra i granelli di sabbia, levigati<br />
dal sole e dal vento” immaginando quale<br />
nostalgia possano avere pensando a<br />
quando erano fulgenti bottiglie, (Sassi<br />
di Vetro) o che vedendo le nuvole di<br />
fumo intrappolate in una stanza chiusa<br />
immagina che possano divertirsi ad a<br />
disegnare sulle pareti ombre come sagome<br />
umane (Nuvole). L’anima leggera<br />
che vive a testa in giù in un mondo in<br />
cui l’assenza di gravità non fa paura<br />
e ci fa fluttuare senza paura (Senza<br />
Rete), L’anima introspettiva di chi non<br />
sa scegliere e perde tutto (Asimmetrie)<br />
o di chi per la prima volta fa incontrare<br />
strade fino a quel momento parallele<br />
(Alter Ego) o ancora di chi affronta con<br />
spensieratezza un cambiamento<br />
doloroso da un<br />
passato difficile verso la<br />
felicità (E ora lei) . Poi c’è<br />
invece la parte di me che,<br />
per il lavoro che fa, è costretta<br />
a ricordare che c’è<br />
spazio nella nostra vita<br />
per la fantasia ma poi è la<br />
realtà quella che brutalmente<br />
emerge e ci riporta<br />
con i piedi per terra, come<br />
in “Arida” dove la protagonista<br />
si libera dal giogo di un amore<br />
diventato trappola e odio. E poi ci sono<br />
le drammatiche storie dei migranti e<br />
profughi costretti ad abbandonare un<br />
Sud del mondo fatto di guerra, orrore e<br />
miseria sperando in un Nord che li accolga<br />
e che non li respinga, come invece<br />
di fatto accade…<br />
Ecco, l’attualità spezza il sogno ed<br />
entra di prepotenza nel tuo disco: per<br />
esempio nel singolo e video di “Jungle,<br />
Frontiere chiuse” racconti l’enorme<br />
tragedia dei migranti. Che cosa ti ha<br />
colpito di più della tua esperienza a<br />
Calais o delle altre tue esperienze a<br />
6
contatto con questo fenomeno epocale<br />
e inarrestabile?<br />
Nella mia settimana nella Jungle di<br />
Calais, seguita poi da un viaggio nei<br />
campi profughi tra Libano e Siria, la<br />
notte non riuscivo a dormire. Non puoi<br />
incrociare quegli sguardi al tempo stesso<br />
disperati e pieni di speranza senza<br />
portarti dietro quelle sensazioni. Non<br />
puoi incontrare persone al tempo stesso<br />
umili e fiere, e dimenticare quei racconti.<br />
Quelle famiglie di siriani a cui in<br />
una notte era stato tolto tutto, quando<br />
uomini armati avevano fatto irruzione<br />
nella loro casa e nella loro vita intimando<br />
di uscire subito, cosi, in pigiama<br />
e pantofole, costringendoli - pena la<br />
morte - ad un esilio forzato e a dire addio<br />
a tutto quello che finora era stata la<br />
normalità e a intraprendere un cammino<br />
infinito e pieno di insidie. Nella Jungle<br />
di Calais, accampamento dove hanno<br />
vissuto fino a diecimila profughi che<br />
sognavano di ricongiungersi a familiari<br />
e amici nella vicina ma lontanissima<br />
Inghilterra, era stata creata, a margine<br />
della legalità, una vera città fatta di<br />
capanne di legno, dove avevano tirato<br />
su con l’aiuto di volontari e attivisti,<br />
chiese, scuole, parchi giochi, biblioteche,<br />
persino ristoranti, bagni turchi e<br />
musei a cielo aperto. Poi il sindaco ha<br />
deciso lo sgombero forzato, e io ero li’ in<br />
quei giorni, per il mio lavoro da inviata,<br />
e con la mia telecamerina ho girato<br />
quelle drammatiche sequenze assistendo<br />
con l’angoscia nel cuore all’abbandono<br />
di quelle capanne che erano diventate<br />
la loro casa, vedevo i profughi che<br />
raccoglievano i loro pochi averi nelle<br />
coperte, “coperte per dormire, per resistere,<br />
per viaggiare e per non morire” e<br />
si allontanavano vagando verso chissà<br />
dove. Ai muri dei container affidavano<br />
i loro accorati messaggi rivolti ai leader<br />
britannici chiedendo una risposta a<br />
quelle “cartoline” da Calais. Ecco, tutto<br />
questo è diventata “una canzone in forma<br />
di reportage” e un video.<br />
Puoi raccontare la genesi del brano<br />
“Dal Deserto al Mare”?<br />
Quando chiedevo ai tanti migranti<br />
salvati dal mare e appena sbarcati<br />
nei porti del Sud Italia, cosa li avesse<br />
spinti a intraprendere traversate cosi<br />
piene di pericoli, loro mi rispondevano<br />
sempre allo stesso modo. “Nel nostro<br />
Paese eravamo già morti, tanto vale<br />
rischiare e sperare di sopravvivere, e<br />
ricominciare una vita normale da qualche<br />
altra parte”. Govind, il mio editore,<br />
musicista e uomo di grande sensibilità,<br />
mi ha mandato una base musicale molto<br />
suggestiva e intensa, realizzata con<br />
Generoso Pierascenzi. Io ho immaginato<br />
il dialogo tra mamma e figlia, profughe;<br />
la mamma cerca di rassicurare la<br />
figlia ma non le nasconde la verità, le<br />
dice che se sopravvivranno al deserto e<br />
alla lunga ed estenuante marcia poi ci<br />
sarà il mare, che sembrerà altrettanto<br />
infinito e insidioso per chi il mare prima<br />
non lo ha mai visto, non sa nuotare,<br />
e non sa come salvarsi se cadrà in acqua.<br />
E la avverte che poi, quando finirà<br />
il mare e toccherà terra e la salvezza<br />
sembrerà vicina, incontrerà i muri,<br />
sempre più alti e le frontiere, sempre<br />
più insormontabili, mentre invece, io<br />
credo, per chi fugge dalle guerre e ha<br />
diritto ad un futuro, dovrebbero esserci<br />
ponti sicuri e corridoi umanitari e<br />
legali. A proposito, Senza Rete non ha<br />
scopo di lucro, la vendita delle copie<br />
fisiche del disco servirà ad un progetto<br />
che aiuta i bambini iracheni e siriani<br />
in trappola laddove c’erano città e ora<br />
ci sono solo macerie. Invito chiunque<br />
voglia dare una mano a scrivermi alla<br />
mail pivirama@hotmail.it o a cercarmi<br />
su facebook.<br />
Al di là degli spunti di attualità, come<br />
si concilia la tua attività di giornalista<br />
con quella di cantautrice, considerando<br />
le difficoltà delle due professioni?<br />
Credo che ci siano molti aspetti in comune.<br />
Si usano penna per scrivere e<br />
microfono per registrare, si comunica<br />
agli altri e si racconta quello che si<br />
vede, per informare e a volte anche per<br />
sensibilizzare. Se nei miei precedenti<br />
dischi i temi erano più introspettivi e<br />
immaginari, per la prima volta in questo<br />
quarto lavoro le mie strade finora<br />
sempre parallele si sono incontrate e<br />
inevitabilmente quello che ho visto e<br />
vissuto si è trasformato in musica. Dal<br />
punto di vista pratico, nessuna difficoltà,<br />
solo una buona dose di spirito di<br />
organizzazione per far conciliare turni<br />
a volte impossibili e partenze improvvise<br />
per trasferte che non si sa quanto<br />
dureranno.<br />
In passato siete andati in tour anche<br />
all’estero. Qualche progetto analogo<br />
anche con il nuovo disco?<br />
Al momento sono in una fase di drastici<br />
cambiamenti, perché torno dopo<br />
20 anni nella mia Sicilia, ed è lì che<br />
suonerò prossimamente, a partire<br />
dall’imminente Dedalo Festival che<br />
ogni anno, ai primi di agosto, dalla<br />
prima edizione a Caltabellotta, riunisce<br />
nell’agrigentino tanti artisti da<br />
tutta Italia. Per il momento, niente<br />
più viaggi all’estero, per musica o per<br />
lavoro. In Sicilia c’è tanto da raccontare,<br />
e c’è tanto da suonare.<br />
8 9
PAOLO TOCCO<br />
la bellezza<br />
di leggere tra le righe<br />
Abruzzese, classe 1979, ingegnere elettronico, appassionato e studioso di<br />
cartomagia, produttore ed editore, scrittore e musicista. Un album in arrivo<br />
e un singolo,“Arrivando alla riva”, dedicato alle tragedie dei migranti, accompagnato<br />
da un video dal forte impatto emotivo<br />
“Dalle mie scarpe nuove sembra tutto<br />
più facile”. Inizio l’intervista citando<br />
una frase del tuo nuovo brano, “Arrivando<br />
alla riva”. Hai scelto di trattare<br />
un tema importante, delicato, e di<br />
farlo deponendo il punto di vista e il<br />
giudizio e lasciando spazio alle sensazioni,<br />
quasi fisiche, che gli eventi hanno<br />
smosso dentro di te. Come è nata<br />
questa canzone?<br />
Nata per caso come d’altronde voglio<br />
che accada per ogni cosa che faccio. Mi<br />
piace molto poco pensare e misurare<br />
con della “matematica” quando si tratta<br />
di esprimere emozioni. Ero banalmente<br />
chinato ad allacciare le scarpe<br />
appena comprate per una altrettanto<br />
banale festa di matrimonio - che tanto<br />
odio - quando in tv andava in scena<br />
l’ennesima tragedia del mare.<br />
I Tg ormai sono pieni di queste storie<br />
che sembrano quasi divenuti i capitoli<br />
di un fotoromanzo. Quel momento ha<br />
sedimentato, si è nascosto ma non è<br />
sparito. Quando poi in seguito ho sentito<br />
il bisogno di scrivere qualcosa di<br />
nuovo, sulle note di una melodia nuova<br />
che mi sembrava potesse funzionare<br />
ho adagiato il testo andando a pescare<br />
proprio questa immagina delle scarpe<br />
che stavo calzando. Da lì poi il resto<br />
del testo a preso forma e direzione fino<br />
a quello che ho deciso di bloccare e di<br />
pubblicare.<br />
Il video che hai deciso di abbinare al<br />
tuo brano è senza dubbio una scelta<br />
semplice, ma forse anche le più azzeccata.<br />
Ormai la potenza delle immagini<br />
forti, dei telegiornali, non ha nemmeno<br />
più presa sulle nostre coscienze,<br />
assuefatte e quasi addormentate. Meglio<br />
lasciar parlare le onde del mare,<br />
e gli oggetti che da queste vengono<br />
trasportate, con le storie spezzate che<br />
portano con loro...<br />
Esattamente. Hai colto in pieno. Siamo<br />
come assuefatti alla violenza, alla<br />
morte…la televisione e questo nuovo<br />
modo di fare comunicazione è a dir poco<br />
violento e degradante. Ci ha tolto la<br />
sacralità su tutti i fronti della vita, non<br />
solo per le cose importanti come una<br />
tragedia. Ormai non ci fa effetto quasi<br />
più nulla. L’idea è nata d’istinto - come<br />
dicevo prima - parallelamente alla stesura<br />
del brano. Che poi, per completare<br />
quello che dici giustamente tu, ho pensato<br />
bene di lasciare che fosse un video<br />
ricco di significati da dedurre più che<br />
da leggere in modo sfacciato. Al pubblico<br />
torno a chiedere, nel mio piccolo, lo<br />
sforzo di decifrare…ed è meraviglioso<br />
poi se ognuno riesce a decifrare con la<br />
sua personale chiave di lettura. Quegli<br />
oggetti che arrivano sulla battigia sono<br />
realmente casuali e possono richiamare<br />
non solo didascalicamente la tragedia<br />
che racconto ma anche una propria<br />
personalissima tragedia, che sia fatta<br />
di macerie, di momenti di vita, di addii<br />
eccetera…insomma, è bello leggere tra<br />
le righe piuttosto che avere la comodità<br />
di non doversi inventare nulla.<br />
Il 2017 sarà un anno ricco di soddisfa-<br />
10<br />
11
zioni: a novembre è prevista l’uscita<br />
del tuo nuovo album “Ho bisogno di<br />
aria”, e un libro, il secondo, dopo la<br />
raccolta di racconti “Il mio modo di<br />
ballare”. Queste due creature hanno<br />
vita propria o sono legate tra loro,<br />
come già è avvenuto con il tuo lavoro<br />
precedente?<br />
Io credo che nessun artista realizzi opere<br />
sconnesse tra loro. Anche a distanza<br />
di anni e di cambiamenti personali. A<br />
guardar bene potremmo<br />
trovare un filo logico che<br />
lega a se ognuna delle<br />
pubblicazioni. Nello specifico<br />
questo nuovo libro, il<br />
mio primo piccolo romanzo,<br />
nasce di getto come<br />
uno sfogo personale attingendo<br />
alla vita quotidiana<br />
e poi stravolgendola di<br />
invenzioni letterarie. Farò<br />
molto riferimento a Bukowski e a una<br />
certa volgarità nella stesura e, di primo<br />
impatto, è qualcosa di assolutamente<br />
diverso, lontano e nuovo per il mio<br />
modo di scrivere. Niente che somigli<br />
al passato e niente che attinga - nella<br />
forma - alla forma testuale delle canzoni.<br />
Però il succo è sempre lo stesso. La<br />
matrice e la morale da cui nasce tutto<br />
è la stessa. In una seconda rilettura ho<br />
inserito sfacciati agganci con le canzoni<br />
del disco come per dare al pubblico<br />
un appiglio più concreto ai propri riferimenti.<br />
Direi quindi che questa volta<br />
più che sviluppare le canzoni del disco<br />
ho esteso e raccontato in altra forma<br />
quella che è la filosofia del disco in se.<br />
L’arte è un’attitudine, e tu sei un artista<br />
a tutto tondo: prima di essere<br />
musicista, prima di pubblicare libri,<br />
la tua passione è stata la magia. In che<br />
modo ha influenzato le altre tue passioni?<br />
Bella domanda… sarei sincero se ti dicessi<br />
che non saprei come rispondere.<br />
Penso che la magia e in generale tutte<br />
le arti siano come<br />
semine invisibili<br />
che porti dentro e<br />
dentro di te fioriscono<br />
e si traducono<br />
in metamorfosi<br />
e cambiamenti e<br />
rivoluzioni. Un<br />
po’ come quando<br />
ti dedichi alla lettura<br />
di alcuni testi che lì sul momento<br />
accarezzano e fanno godere soltanto la<br />
tua fame di lettura ma poi, un bel giorno,<br />
magari anche a distanza di mesi,<br />
ti ritrovi a vivere o a pensare o a sviluppare<br />
reazioni caratteriali che forse<br />
senza quelle letture non ti sarebbero<br />
mai appartenute. Quindi per rispondere<br />
alla tua domanda non penso ci sia<br />
qualcosa di concreto che possa elencare<br />
piuttosto guardo l’insieme e il tutto che<br />
sono diventato oggi e ancora sento in<br />
piena trasformazione. Tutto figlio e coerente<br />
conseguenza della musica, della<br />
magia e anche dell’università che mi<br />
ha voluto Ingegnere. Anche la scienza a<br />
suo modo è un’arte sopraffina.<br />
Entrambi i dischi precedenti sono stati<br />
selezionati tra le migliori opere per<br />
il Premio Tenco. La manifestazione è<br />
stata al centro di numerose polemiche<br />
ultimamente, ma essere riconosciuto<br />
come uno degli artisti più meritevoli<br />
è stata per te una soddisfazione o sei<br />
dalla parte degli scettici?<br />
Mi fai una domanda difficile, maledettamente<br />
importante e insidiosa. Peggio<br />
di quelle della Annunziata. Ok ci provo.<br />
Partiamo dal fatto determinante che<br />
odio il concetto di competizione. Far<br />
gareggiare gli artisti, decretare il migliore<br />
penso sia una depravazione culturale<br />
che ha ben pochi rivali in merito<br />
a gravità. Gli sportivi gareggiano. Gli<br />
artisti dovrebbe incontrarsi invece…<br />
ma andiamo oltre… Io rispetto moltissimo<br />
l’istituzione del Club Tenco a cui<br />
come artista ambisco sinceramente. Al<br />
suo interno ci sono numerosi critici e<br />
saggi della musica da cui attingo crescita<br />
ogni volta che posso incontrarli.<br />
Ma è sotto l’occhio di tutti che il degrado<br />
culturale e questa eterna corsa<br />
all’apparire più che all’essere ha procurato<br />
enormi rivoluzioni e catastrofiche<br />
distruzioni attorno alla musica come<br />
cultura, come bellezza, come serietà<br />
espressiva. E questo in ogni genere<br />
della musica, dal cantautore al rapper.<br />
Stiamo facendo la fine di zimbelli e fantocci<br />
che pensano prima a quale foto<br />
fare per il disco piuttosto che a quali<br />
parole scegliere per chiudere il periodo<br />
e la melodia. E le istituzioni che sono<br />
chiamate a celebrare il bello ormai sono<br />
devote anch’esse alla visibilità, alla<br />
riconoscibilità mediatica e alle santificazioni<br />
dei social. Adesso te la faccio io<br />
una domanda se posso: hai mai visto o<br />
letto sui grandi media, nei grandi circoli<br />
culturali come il Club Tenco di artisti<br />
che arrivano al vertice da perfetti<br />
sconosciuti? No…almeno io mai. Se non<br />
sei nessuno testate nazionali neanche<br />
perdono tempo ad ascoltarti. Ha senso?<br />
Questo discorso non lo faccio per darmi<br />
il contentino o per accudire l’ego<br />
in totale depressione dalla sconfitta.<br />
Tutt’altro. E vorrei anche evitare di<br />
produrmi di nuovo in argomenti che<br />
ormai sono di pubblico dominio - Gabbani<br />
ci ha vinto Sanremo. Cerco invece<br />
una via che sia di difesa per quello che<br />
è e che penso dovrebbe essere il concetto<br />
di cultura e di bellezza VERO e non<br />
MEDIATICO. Trovo che sia una vera<br />
violenza culturale che queste istituzioni<br />
perpetrano quotidianamente nei confronti<br />
di tutti noi. Dai media ai grandi<br />
critici, dai giornali nazionali ai grandi<br />
premi culturali. Trovo che sia una violenza<br />
veder assolutamente ignorati dai<br />
vertici di comunicazione ARTISTI da<br />
cui io per primo ho tanto da imparare,<br />
gli stessi che spesso neanche sono meritevoli<br />
di ascolto da di chi per primo è<br />
12<br />
13
chiamato a criticare e a veicolare cultura.<br />
Ciò che resta è l’affarismo, il lavoro<br />
di palazzinari della comunicazione, resta<br />
la musica che deve andare di moda<br />
e che si deve lanciare per i clic dei social.<br />
In mezzo a questa orgia di circensi<br />
c’è ovviamente del bello, ma la GRAN-<br />
DE MUSICA la stiamo praticamente<br />
ignorando. E se la musica è cultura allora<br />
noi come popolo stiamo evitando di<br />
incontrare cultura. E un popolo senza<br />
cultura è un popolo che non ha futuro.<br />
Quindi alla fine di questa fiera ci chiediamo<br />
tutti quanti: che valore hanno<br />
oggi simili riconoscimenti? A parte farti<br />
il figo con chi oltre i Talent non sa andare,<br />
per me come uomo e come artista,<br />
che significato può avere? In contraddizione<br />
con quanto detto fino a ora vediamo<br />
un eterno Claudio Lolli vincere<br />
il riconoscimento più alto della canzone<br />
d’autore. Ma siamo sicuri che sia una<br />
contraddizione? E non per la musica<br />
del maestro che ho avuto anche l’onore<br />
di incontrare e di intervistare… ma per<br />
le apparenze da vendere al pubblico pagante.<br />
Chissà se ci siamo capiti…<br />
Parliamo un po’ di live. Ho letto che<br />
non ami particolarmente esibirti in<br />
pubblico, nonostante i riconoscimenti<br />
che ricevi costantemente per i tuoi<br />
brani. Sei timido o è solo un po’ di ansia<br />
da prestazione?<br />
Posso invece parlarti dell’Umbria?<br />
Ok rispondo. Nessuna paura e tantissime<br />
ansie che costruiscono il mio concetto<br />
di emozione da restituire a chi mi<br />
fa l’onore di venirmi ad ascoltare. Lo<br />
confesso però: ho un grosso pudore per<br />
la musica, credo di averlo manifestato<br />
nelle risposte precedenti. Anzi io direi<br />
di essere anche esagerato a volte, quasi<br />
mi definirei un bigotto. Suonare per un<br />
pubblico è una cosa importantissima.<br />
La musica è del pubblico. Ed è il pubblico<br />
che merita per primo rispetto e<br />
considerazione. Quindi se devo fare un<br />
concerto, pretendo che debbano esserci<br />
tutti i tasselli al proprio posto. E non<br />
sto parlando di tappeti rossi, denari a<br />
profusione, vecchi Rum del ’58 invecchiati<br />
da trovare in camerino, tantomeno<br />
sto parlando di avere a disposizione<br />
teatri di lusso. Io parlo della serietà<br />
e del significato semplice di “fare un<br />
concerto”. Che sia in un pub o che sia<br />
in una piccola sala, che sia in radio o<br />
in riva attorno al falò. Rispettare la<br />
musica live significa rispettare il pubblico.<br />
Quindi si deve costruire il giusto<br />
ambiente, si deve scrivere il giusto<br />
spettacolo per quella situazione, si deve<br />
ben comunicare, si deve pretendere<br />
attenzione e restituire emozione. Non<br />
penso di sopportare più questa orgia di<br />
musicisti - spesso anche con tantissimi<br />
contenuti da dare - suonare dove capita,<br />
davanti a chiunque, magari mentre<br />
stanno mangiando la pizza o mentre<br />
bevono birra passando per strada. Ci<br />
sono concerti che per quanto mi riguarda<br />
non si debbano neanche chiamare<br />
così. Sfiorano l’umiliazione. Una volta<br />
ho visto un chitarrista proporre brani<br />
suoi (meraviglioso tra l’altro) in un pub<br />
di ragazzini durante una festa di 18…<br />
suonava accanto alla porta del bagno e<br />
il via vai di incontinenti lo costringeva<br />
a spostarsi per non ostruire il loro passaggio.<br />
Esagero? Bah…io credo che sia<br />
all’ordine del giorno. Ciò significa anche<br />
che pretendere di avere quanti più<br />
dettagli al proprio posto significa oggi<br />
suonare quattro volte all’anno. Sono<br />
conscio di sforzarmi a essere meno<br />
schizzinoso e penso che lo farò… ma un<br />
poco soltanto. Ma sinceramente trovo<br />
umiliante portare la musica dove non<br />
deve stare. E questo non è colpa del<br />
pubblico. Questa è piena responsabilità<br />
dell’artista<br />
che<br />
spesso,<br />
sia per<br />
soldi che<br />
per scrivere<br />
sui<br />
propri<br />
social che<br />
fa tanti<br />
concerti<br />
- in genere<br />
sopra<br />
le cinque<br />
date lo<br />
si definisce<br />
tour<br />
mondiale<br />
- si prostituisce a suonare ovunque e<br />
in qualunque circostanza. Ogni musica<br />
ha il suo habitat e va rispettato. E rispettare<br />
le cose consta sacrificio e limitazione.<br />
E quando lavori bene per far<br />
collimare questi piccoli tasselli - che poi<br />
credimi sono quattro cavolate in croce -<br />
anche lo spettacolo acquista un valore<br />
emotivo che non ha paragoni. Chiudo<br />
dicendo che presenteremo il disco in<br />
un piccolo teatro di Pescara il prossimo<br />
novembre: per farti capire, io sto già<br />
lavorando per scegliere chi far suonare<br />
con me e come arrangiare lo spettacolo<br />
proprio per quel piccolo teatro che mi<br />
ospiterà. Sì, forse sono esagerato…ma<br />
forse però…<br />
Chiara Orsetti<br />
14<br />
15
THE SOUL MUTATION<br />
cambiare davvero le cose<br />
“Times are changing” è il nuovo disco di The Soul Mutation, trio (con amici)<br />
improntato a una miscela che vede il jazz fra gli ingredienti principali.<br />
Abbiamo intervistato Martha J, la cantante<br />
Partiamo da una domanda semplice:<br />
perché questo titolo (un po’ dylaniano?)<br />
per il vostro nuovo disco?<br />
Il riferimento a Bob Dylan non è casuale:<br />
la sua “The Times They Are<br />
A-Changing” è uno dei brani che hanno<br />
accompagnato la mia vita. Ho sempre<br />
pensato che prima o poi avrei fatto una<br />
cover di questa canzone, ma alla fine<br />
non è mai accaduto. Anche perché i<br />
tempi sono davvero cambiati e abbiamo<br />
sentito l’esigenza di portare la sua idea<br />
di ribellione ai nostri giorni.<br />
Ho avuto l’occasione di viaggiare molto,<br />
in particolare in Siria (prima della<br />
guerra) e in altri paesi dell’Africa , e<br />
dovunque, incontrando le persone e<br />
parlando con loro, ho trovato gli stessi<br />
desideri: poter vivere tranquilli e dignitosamente,<br />
avere le opportunità per<br />
realizzare i propri progetti, poter crescere<br />
i propri figli, essere felici e liberi<br />
di esprimersi. Tutti alla fine vogliamo<br />
le stesse cose. Dovremmo trovare il sistema<br />
di far pesare questa nostra umanità<br />
a livello politico. È questo il sogno<br />
di cui parla la canzone: che troviamo<br />
tutti insieme la volontà di cambiare<br />
davvero le cose. La canzone inizia anche<br />
con un riferimento a Martin Luther<br />
King e alla sua famosa frase “I have a<br />
dream...”<br />
Mi incuriosisce anche il concept della<br />
copertina, con questa barca che naviga<br />
a remi su acque perigliose e questa<br />
sorta di manifesti colorati alle spalle...<br />
L’immagine della copertina è stata curata<br />
dalla Badass Yogi Production, che<br />
ci rappresenta in Europa. Hanno saputo<br />
visualizzare molto bene l’ambientazione<br />
urbana, spesso scura e inquieta,<br />
in cui si colloca la nostra musica. I colori<br />
forti, contrastati e contrastanti, e le<br />
immagini che hanno scelto ed elaborato<br />
sono uno sfondo perfetto per la musica<br />
e i testi: frammenti di un mondo che<br />
sta cambiando rapidamente, spesso<br />
non in meglio, e noi che, come molti,<br />
sentiamo che stiamo attraversando tutto<br />
questo, cercando di capire, di adattarci,<br />
di seguire una rotta che ci porta<br />
verso un cambiamento. Anche il lyric<br />
video messo on line da pochi giorni sviluppa<br />
la stessa idea. A nostro parere è<br />
molto bello e si sposa perfettamente<br />
con la musica.<br />
Venendo alle sonorità, mi sembra che<br />
abbiate cercato uno stile molto omogeneo<br />
ma anche la possibilità di deviare<br />
spesso dal tracciato. Puoi raccontare<br />
qualcosa della lavorazione del disco?<br />
Francesco ha composto tutti i brani<br />
dell’album e ha fatto una pre-produzione<br />
al computer, sulla quale io ho lavorato<br />
per scrivere i testi. Abbiamo fatto<br />
alcune prove con Francesco Marzetti<br />
16<br />
17
(il batterista che ci ha accompagnato<br />
in questo lavoro) e quindi siamo andati<br />
a registrare. L’idea era di creare una<br />
varietà di ambienti sonori, sfruttando<br />
al massimo le potenzialità di ognuno di<br />
noi: essendo solo in tre abbiamo dovuto<br />
spremere al massimo la nostra creatività.<br />
In tre brani è intervenuto Giulio<br />
Corini al contrabbasso, per sottolineare<br />
il senso di intimità e leggerezza.<br />
Al contrario che nel vostro esordio,<br />
questa volta niente cover. Una scelta<br />
di “maturità” per il vostro combo o<br />
un’affermazione di personalità?<br />
Io e Francesco abbiamo iniziato a scrivere<br />
brani nostri già nel 2010, brani<br />
che abbiamo registrato con una tradizionale<br />
formazione acustica. Era un<br />
primo esperimento e con i brani scritti<br />
per il progetto The Soul Mutation credo<br />
che stiamo davvero iniziando a esplorare<br />
nuovi ambienti musicali: i ritmi<br />
sono più complessi, le atmosfere cambiano<br />
radicalmente da brano a brano,<br />
anche il mio modo di cantare ha dovuto<br />
adattarsi agli spigoli di queste nuove<br />
composizioni di Francesco e alla ritmica<br />
che a volte è molto incalzante e altre<br />
volte disegna paesaggi più rarefatti.<br />
Scrivere la nostra musica nasce dall’esigenza<br />
di sviluppare a modo nostro il<br />
linguaggio jazzistico che, utilizzando<br />
brani scritti<br />
da altri, abbiamo<br />
praticato<br />
per<br />
anni e che ci<br />
ha portato<br />
a realizzare<br />
alcuni cd<br />
di “cover”.<br />
Alla fine il<br />
materiale di<br />
altri autori<br />
ha iniziato a<br />
starci stretto:<br />
il presente<br />
ha vinto<br />
sul passato<br />
e da qui l’esigenza di scrivere una musica<br />
“nuova”, di trovare nuove vie di<br />
espressione.<br />
Come nasce “Yes I’m Lonely (Yer<br />
Blues reloaded)”?<br />
Quando Francesco mi ha fatto ascoltare<br />
la melodia di questo brano per la prima<br />
volta, mi è venuto subito in mente “Yer<br />
Blues” la canzone che John Lennon<br />
scrisse e cantó con i Beatles (nel grandioso<br />
“White Album”). Non riuscivo a<br />
staccarmi da questa idea e allora l’ho<br />
cavalcata: le citazioni sono evidenti.<br />
Ma anche qui l’attualità ha fatto breccia<br />
(ecco perché “reloaded” come Matrix!):<br />
alla fine il testo ha deciso di raccontare<br />
di qualcuno che è triste perché<br />
è lontano da casa, dorme per strada,<br />
ma spera un giorno di trovare un lavoro<br />
e stare meglio, anche se al momento<br />
è bloccato dietro un muro e la notte sogna<br />
di saper volare...<br />
Perché avete deciso i tre momenti di<br />
sperimentazione “solista” nel disco?<br />
Volevamo creare degli stacchi in alcuni<br />
punti dell’album, qualcosa che non<br />
avesse la struttura di una canzone,<br />
qualcosa di assolutamente libero ed<br />
estemporaneo. Come il vuoto della meditazione<br />
nel delirio quotidiano; come<br />
chiudere gli occhi, guardarsi dentro e<br />
riuscire a capire ed esprimere ciò che<br />
proviamo, ma senza utilizzare razionalità<br />
e linguaggio. Si tratta di tre momenti<br />
di libertà assoluta e realizzati<br />
davvero sull’onda di un istinto o di un’ispirazione<br />
del momento. E non potevano<br />
essere altro che fatti “in solitaria”:<br />
se ti vuoi guardare dentro per davvero,<br />
devi essere solo.<br />
18<br />
19
Puoi raccontare la tua storia fin qui?<br />
Suono la chitarra da quando avevo 14<br />
o 15 anni. Dopo il liceo, ho studiato filosofia.<br />
Ho fatto il web editor, il lavapiatti,<br />
il commesso, l’assicuratore, il correttore<br />
di bozze, il lettore di manoscritti,<br />
il selezionatore di concorrenti per programmi<br />
televisivi, l’informatore turistico,<br />
il bigliettaio nei musei, l’organizzatore<br />
di eventi, l’operatore di call center,<br />
il meccanico di biciclette da corsa (non<br />
in quest’ordine) e forse qualcos’altro<br />
IMUSTBE<br />
LEONARDO<br />
un musicista<br />
primitivo<br />
© Foto di Pierluigi Muscolino<br />
“MOP” è il nuovo album del cantautore italiano trapiantato a Berlino: tra<br />
suoni grezzi di chitarre elettriche e intime atmosfere folk<br />
che non ricordo. Non ho toccato la chitarra<br />
per quasi dieci anni. Ho ripreso a<br />
suonare a Berlino, dove vivo dalla<br />
fine del 2011.<br />
Che differenze ci sono state nella lavorazione<br />
di “MOP” rispetto al precedente<br />
ep? E già che ci siamo: puoi spiegare<br />
il titolo dell’album?<br />
Quando registrai “Wonderful” (il mio ep<br />
del 2016) avevo solo voglia di tornare a<br />
suonare dal vivo e sapevo che un disco<br />
mi avrebbe aiutato a trovare delle date<br />
nei locali. Quelle canzoni rappresentavano<br />
quello che volevo suonare sul palco<br />
e fui molto soddisfatto del risultato.<br />
“MOP”, invece, è nato assecondando la<br />
propensione a creare delle canzoni che<br />
fossero delle istantanee musicali dei<br />
miei stati d’animo. Non è stato premeditato.<br />
Semplicemente, mi sono accorto<br />
che stavo andando in quella direzione.<br />
La cosa giusta da dire è che ho lasciato<br />
che questo disco accadesse, in<br />
alcuni momenti l’ho anche aspettato,<br />
e non ho nascosto nulla. Infatti è pieno<br />
di imperfezioni, di avventatezza,<br />
tanto nelle musiche quanto nei testi.<br />
Alla fine del 2016 avevo registrato<br />
un disco che mi piaceva – e mi piace<br />
ancora – e che non ho mai finito.<br />
A marzo di quest’anno, però, mi era<br />
venuta voglia di fare un disco del<br />
tutto diverso e avevo già la lista dei<br />
brani che l’avrebbero composto. Così,<br />
a metà aprile mi sono chiuso in casa<br />
per registrarlo. Ma mentre lavoravo su<br />
quelle canzoni ne sono venute fuori di<br />
altre. Alla fine, sei delle undici tracce di<br />
“MOP” sono state scritte tra metà aprile<br />
e l’inizio di giugno. Il disco, quindi, è<br />
nato “making other plans”. E ho deciso<br />
di intitolarlo “MOP”. (Naturalmente il<br />
riferimento è al verso di John Lennon,<br />
“Life is what happens to you while you<br />
are busy making other plans”)<br />
Quali sono state le difficoltà maggiori<br />
che hai incontrato?<br />
Più che di difficoltà parlerei di limitazioni<br />
che si sono rivelate occasioni per<br />
servirsi di diversi strumenti espressivi.<br />
La musica che mi piace è diretta, quasi<br />
brutale: non imbroglia nessuno, né chi<br />
la realizza né chi la ascolta. In questo<br />
momento sono un musicista primitivo<br />
che vive e suona da solo, e che passa<br />
il suo tempo a scrivere canzoni in una<br />
stanza con delle grandi finestre. Volevo<br />
che il<br />
disco raccontasse<br />
questo.<br />
E così ho<br />
deciso di<br />
registrarlo<br />
a casa.<br />
Se avessi<br />
lavorato<br />
in uno<br />
studio<br />
avrei dovuto<br />
programmare ogni cosa e avrei<br />
vissuto con il timore di non finire in<br />
tempo. Non avrei mai potuto buttare<br />
giù delle canzoni in maniera così immediata.<br />
Non ci sarebbe stata nemmeno<br />
tanta pioggia nei testi (perché non<br />
l’avrei manco vista, la pioggia). Sarebbe<br />
venuto fuori un disco “in cattività”,<br />
molto meno impressionista. E soprattutto,<br />
sarebbe stato un disco bugiardo<br />
rispetto a quello che sono, che faccio e<br />
che posso permettermi adesso. Magari<br />
per il prossimo avrò voglia di provare<br />
le canzoni per un mese e di registrarle<br />
20<br />
21
in studio in due giorni. Chissà. Per il<br />
momento, sono un autore analogico che<br />
gioca con strumenti digitali.<br />
Come nasce “Modern Lovers”?<br />
“Modern Lovers” è uno dei brani che<br />
ho composto tra aprile e maggio. Stavo<br />
provando un’altra canzone che avevo<br />
quasi deciso di scartare (e che poi, di<br />
fatto, ho scartato) e sono venuti<br />
fuori dei nuovi accordi. Qualche giorno<br />
dopo, mentre aspettavo l’autobus, ho<br />
cominciato a cantare quei lunghi monosillabi<br />
“youuuu” “aaaaare” “myyyyy”.<br />
Sono tornato a casa, ho scritto il testo<br />
e ho registrato la voce principale.<br />
Poi mi sono preparato una spigola.<br />
Nel testo parlo di come credo stiano<br />
cambiando i modi in cui nascono (e<br />
muoiono) le relazioni sentimentali.<br />
Il tempo e lo spazio diventano spesso<br />
due dimensioni opposte, non soltanto<br />
diverse: puoi passare delle giornate<br />
intere in chat con una persona e non<br />
stare mai fisicamente con lei. Naturalmente,<br />
quando vi rivedete è facile<br />
che si inneschi un corto circuito, che<br />
tutto sia meno perfetto. E appena<br />
arriva il momento in cui ti dovresti<br />
scoprire un po’ o dovresti metterci un<br />
po’ di coraggio (o dovresti accettare<br />
qualcosa che non ti piace), “we are<br />
modern lovers: doesn’t work, just say<br />
goodbye, that is the game”. La cosa<br />
che trovo più triste, in tutto questo,<br />
è che si consideri ormai assurdo concedere<br />
alla realtà anche solo una piccola<br />
parte del tempo che si è concesso<br />
all’immaginazione. Giorni davanti a<br />
uno schermo e poi addio dopo un bicchiere<br />
di vino. Però, una volta a casa,<br />
tutti su Facebook e a invocare dei veri<br />
rapporti umani, “come una volta”. Non<br />
credo ci sia molto rispetto per le persone<br />
in questo. E non so se il fenomeno<br />
sia ancora contrastabile.<br />
Hai suonato e registrato da solo: puoi<br />
raccontare cosa hai utilizzato?<br />
Ho registrato il disco con Logic. Le chitarre<br />
elettriche sono state riprese quasi<br />
tutte con un microfono dinamico posizionato<br />
davanti all’amplificatore. Per<br />
la voce ho usato un condensatore e un<br />
preamplificatore. 5 canzoni su 11 sono<br />
state registrate interamente dal vivo,<br />
senza alcuna sovraincisione. In “April<br />
Snow” ho anche registrato un loop e<br />
ci ho suonato e cantato sopra, sempre<br />
dal vivo. Infatti si sente il rumore del<br />
piede che preme il tasto del distorsore.<br />
In altri momenti del disco si distingue<br />
il suono degli aerei che atterrano o decollano.<br />
I brani chitarra acustica e voce<br />
sono stati registrati su un’unica traccia,<br />
come si faceva negli anni Cinquanta:<br />
microfono a una ventina di centimetri<br />
e buona la... diciassettesima.<br />
Vivi e lavori a Berlino, dove risiedono<br />
numerosi italiani, anche musicisti: che<br />
percezione c’è della musica indipendente<br />
italiana lì?<br />
Non ho molti rapporti con altri musicisti<br />
italiani che vivono a Berlino (se si<br />
escludono i-Taki Maki, con i quali ho<br />
fatto un concerto), e in questo periodo<br />
non ascolto molta musica italiana.<br />
Non ne faccio una questione di valore.<br />
È solo che sto ascoltando altro. Sono<br />
molto amico di Orson, il cantante dei<br />
Barbados, e seguo l’etichetta More Letters<br />
ma mi interesso perlopiù agli artisti<br />
che incontro nei locali di Berlino. La<br />
mia preferita è una cantautrice tedesca<br />
che canta in inglese: Vera Stausberg.<br />
Non ha ancora inciso nulla, che io sappia.<br />
Però su Soundcloud (come Vera-Line<br />
Music) si trova una registrazione di<br />
un suo concerto di qualche anno fa. Mi<br />
piacerebbe fare un tour in Italia con lei<br />
e con altri musicisti che vivono qui e<br />
che vengono da diversi paesi (Canada,<br />
Australia, Irlanda, Stati Uniti...) Credo<br />
che sarebbe una bella esperienza, per<br />
noi e per il pubblico, perché la scena<br />
indie berlinese ha delle sue peculiarità<br />
specifiche, in questo momento. Tra l’altro,<br />
nessuno di noi ha mai suonato in<br />
Italia.<br />
Ci puoi indicare tre brani che ti hanno<br />
influenzato particolarmente?<br />
“Right Where It Belongs” dei Nine<br />
Inch Nails; “Purple Rain” di Prince;<br />
“Dark Globe” di Syd Barrett. Non credo<br />
che “influenzare” sia il verbo giusto,<br />
perché porterebbe a credere che ci sia<br />
qualcosa di queste canzoni nella mia<br />
musica. Si tratta piuttosto di opere che<br />
considero importanti e la cui bellezza<br />
è strettamente legata a un particolare<br />
coinvolgimento emotivo in quella specifica<br />
esecuzione (nel caso di Barrett e<br />
di Prince), oppure all’idea che la produzione<br />
possa essere essa stessa parte<br />
del processo creativo (nel caso di Trent<br />
Reznor, che in quel brano ha lavorato<br />
sulla voce in una maniera che so definire<br />
solo artistica). Per queste persone<br />
fare musica è una cosa seria. Nutrono<br />
un rispetto estremo per il proprio talento<br />
e per l’arte. Sono innamorato di<br />
ciò che queste canzoni comunicano.<br />
E lo condivido.<br />
22<br />
23
Ell3: la musica è la mia visione<br />
Ell3, livornese, respira musica fin da bambina: i suoi genitori sono entrambi<br />
musicisti e la introducono da subito nel loro mondo. Ha iniziato a comporre<br />
i suoi brani da giovanissima, ispirandosi al mondo del jazz e del soul, e il<br />
suo primo ep “Camouflage” ha appena visto la luce<br />
La musica è sempre stata protagonista<br />
della tua vita, fin da bambina.<br />
I tuoi genitori sono musicisti, tu hai<br />
studiato pianoforte e lirica. Come sei<br />
arrivata al genere che oggi è racchiuso<br />
dentro il tuo primo ep “Camouflage”?<br />
La musica classica è il mio primo grande<br />
amore... poi crescendo mi sono avvicinata<br />
anche ad altri generi: la musica<br />
jazz, soul, l’elettronica. Nel mio ep queste<br />
sonorità si intrecciano, dialogano, si<br />
scontrano...<br />
Parliamo della tua voce: calda, profonda,<br />
riconoscibile, tutte caratteristiche<br />
fondamentali per chi si affaccia nel<br />
mondo della discografia in un momento<br />
così saturo di nuove proposte. La<br />
concorrenza, se così si può definire,<br />
ti fa più paura o serve da stimolo per<br />
migliorarsi e crescere costantemente?<br />
Il processo creativo è sempre affascinante.<br />
Come nascono le tue canzoni?<br />
Quali sono gli artisti che hanno maggiormente<br />
influenzato il tuo percorso<br />
artistico?<br />
Non mi ha mai spaventato la concorrenza.<br />
Cerco di imparare tanto dalle<br />
cantanti che stimo maggiormente.<br />
Ognuno ha la sue caratteristiche.. io<br />
prediligo le voci calde, avvolgenti..<br />
Ogni giorno ascolto Ella Fitzgerald, la<br />
mia musa ispiratrice per eccellenza.<br />
La voglia di migliorarmi nasce tanto da<br />
me, è una lotta continua con me stessa.<br />
Le mie canzoni nascono prevalentemente<br />
nel momento della giornata in<br />
cui la creatività si impadronisce della<br />
mia mente. La notte è indispensabile<br />
per me. Sono tanti e tutti appartenenti<br />
a mondi differenti: Barbra Streisand,<br />
Sinatra, Ella Fitzgerald, Depeche<br />
Mode, Massive Attack, Selah Sue...<br />
Ho trovato strano, ma sicuramente<br />
24 25
Per i live bisognerà aspettare ancora<br />
un pochettino.Prima ho un viaggio musicale<br />
in America che mi aspetta..Tra<br />
New York e Nashville. È una di quelle<br />
occasioni che bisogna cogliere immediatamente<br />
nella vita. A ottobre partiremo<br />
con i live !!<br />
Per concludere, una domanda molto<br />
personale: scorrendo le tue foto non<br />
ho potuto fare a meno di notare i tuoi<br />
tatuaggi. Non ti chiederò il significato<br />
di ognuno, ma se uno di questi fosse<br />
dedicato alla musica e ti andasse di<br />
raccontarci la sua storia…<br />
Ahahah. Sì, per la felicità dei miei genitori,<br />
ma soprattutto di mia sorella.<br />
Uno in particolare è dedicato alla musica.È<br />
una frase di Schopenhauer “La<br />
musica è l’essenza dell’uomo, la sua<br />
visione del mondo”. La musica è sempre<br />
stata la mia visione del mondo. Se<br />
dovessi immaginarmi l’inferno sicuramente<br />
sarebbe senza musica, senza<br />
suoni, vibrazioni.Per me La musica da<br />
un motivo a tutto. Se fai musica , con il<br />
cuore ... non puoi mentire. Le tue maschere<br />
cadono completamente...<br />
https://www.facebook.com/Ell3-<br />
1459835904237813/<br />
Chiara Orsetti<br />
apprezzabile, che una bella ragazza<br />
come te non abbia puntato su se stessa<br />
per il lancio del suo primo singolo. Per<br />
il video di Dream, infatti, hai scelto<br />
un suggestivo bianco e nero dalle atmosfere<br />
cupe. Puoi raccontarci la sua<br />
storia?<br />
Proprio per questo il titolo dell’ep è<br />
“Camouflage”. Non mi piace mostrarmi<br />
subito, trovo molto più affascinante,<br />
intrigante far sì che le cose si conoscano<br />
lentamente. Nel mondo in cui viviamo<br />
quasi sembra un obbligo ostentare!<br />
Vorrei riuscire a farmi conoscere evitando<br />
di usare quello che c’è “ in vetrina”<br />
come chiave d’interesse. Il video di<br />
Dream mi rappresenta completamente.<br />
Ha un atmosfera evocativa, è pieno di<br />
piccoli particolari dei quali ti accorgi<br />
se non ti fermi ad una visione distratta.<br />
Così anche per la mia musica. Sono<br />
cosciente che non sia un genere immediato,<br />
prettamente commerciale. A<br />
ogni ascolto scopri qualcosa di nuovo e<br />
cominci a conoscere cosa c’è dietro alla<br />
mia voce, al mio mondo musicale.<br />
Estate, tempo di live. Hai in programma<br />
qualche concerto per presentare il<br />
tuo ep, approfittando degli eventi che<br />
in questa stagione si moltiplicano?<br />
26 27
FLORENCE ELYSEE<br />
ricerca sfrenata di casa<br />
Tre polistrumentisti che si sono incontrati in gelateria: la band spiega il<br />
nuovo disco “Home”, tra indie pop, alternative, emo rock e parecchio altro.<br />
E racconta di concerti professionali, band che cantano parlando e biglietti<br />
dei Radiohead<br />
Qual è la storia della band fin qui?<br />
E qual è il motivo della scelta di un<br />
nome così particolare?<br />
Samuele e Giovanni (voce/chitarra e<br />
batteria) suonavano già insieme in una<br />
band che si chiama “Sammy wants to<br />
fly”. Nel 2013 incontrano Elisabetta<br />
proprio nella gelateria sopra la sala<br />
prove; e l’idea fu quella di formare una<br />
nuova band a tre con Samuele alla<br />
voce, nacque così Florence Elysée. Firenze<br />
fu il primo concerto e l’Eliseo è<br />
messo lì come una sorta di fine al principio.<br />
Il disco è ispirato al concetto di<br />
“Home” ma nel senso di “ritorno a<br />
casa”. Come nasce l’idea?<br />
Ritorno a casa o piuttosto ricerca sfrenata<br />
di un qualcosa da definire tale.<br />
Crediamo che “Home”sia nato nel migliore<br />
dei modi, con estrema sincerità;<br />
nel senso che tutti noi viviamo, seppur<br />
in modo diverso, la ricerca della serenità,<br />
impazienti di lasciarsi ad un respiro<br />
di sollievo. I testi anche se scritti da<br />
diverse mani (Samuele Ballerini, Giovanni<br />
Farina, Anita Montagna e Laura<br />
Loritz) sono rivolti con onestà a quel<br />
concetto riassunto nella parola Home.<br />
Siete tre polistrumentisti e, a quanto<br />
ho capito, Elisabetta è quella che “svaria”<br />
di più: come scegliete quali strumenti<br />
usare per le vostre canzoni?<br />
L’idea di fondo è il classico trio: batteria,<br />
basso, chitarra che accompagnano<br />
l’incastro delle voci maschili e femminili<br />
che ci piace tanto. Abbiamo cercato di<br />
caratterizzare il nostro sound attorno<br />
al classico suono Stratocaster con abbondante<br />
Shimmer, poi Elisabetta ha<br />
inserito in alcune canzoni numerose armonizzazioni<br />
con la sua viola da gamba,<br />
arrangiamenti che meriterebbero di<br />
essere ascoltati in “solo”.<br />
Potete descrivere i vostri concerti?<br />
Quali saranno le prossime date che vi<br />
vedranno coinvolti?<br />
Dicono che nei nostri live sembriamo<br />
molto “professionali”. Effettivamente<br />
tutto lo spettacolo è studiato per non<br />
essere troppo lungo e noioso creando i<br />
famosi “alti e bassi”. Iniziamo“forte”,<br />
nel mezzo inseriamo sempre un paio di<br />
canzoni in versione acustica con la vio-<br />
28<br />
29
Avete dichiarato di aver rinunciato a comprare biglietti<br />
dei Radiohead a metà prezzo per comprare la<br />
discografia dei Cosmetic. Ho capito male io, vero?<br />
E’ così, i Radiohead rimangono tra le nostre maggiori<br />
fonti di ispirazione, sono lì come una sorta di leggenda<br />
e ci piace ricordarli sempre così. Ma d’altronde preferiamo<br />
dare il nostro piccolo contributo alla piccola<br />
scena italiana.<br />
la da gamba e senza batteria, poi finiamo<br />
ancora più “forte”.<br />
Dalle vostre dichiarazioni emerge una<br />
certa esterofilia. Ma chi sono gli artisti<br />
italiani che apprezzate di più?<br />
Effettivamente è vero, ascoltiamo per<br />
lo più musica in lingua inglese.<br />
Gli artisti italiani che ascoltiamo sono:<br />
Baustelle (secondo Samuele i migliori<br />
di tutti), Nadar Solo, Plan de<br />
Fuga, Dardust, Levante, Cosmetic,<br />
Amor Fou, Jumping<br />
the shark, Urali, The sleeping<br />
tree, ma già siamo ritornati<br />
all’inglese... Scusateci, ma<br />
sopportiamo a malapena tutte<br />
quelle altre band che cantano<br />
parlando.<br />
30<br />
31
LESIGARETTE!!<br />
non si deve perdere la lucidità<br />
“La musica non serve a niente” è il nuovo disco del duo, caratterizzato da un<br />
approccio meno nonsense rispetto all’esordio. Per capire meglio la differenza<br />
tra politici e musicisti, abbiamo rivolto qualche domanda ai due<br />
Che cos’è cambiato, a livello di approccio<br />
e di lavorazione, dal vostro esordio?<br />
L’approccio è sempre lo stesso: vogliamo<br />
fare buona musica e vogliamo divertirci.<br />
Abbiamo sempre saputo che se<br />
scrivi canzoni si può volare se si lavora<br />
bene, bisogna giudicare con intelligenza<br />
e scrivere nel rispetto delle proprie<br />
emozioni. Ci vuole molta concentrazione:<br />
c’è sempre il rischio di perdersi<br />
troppo dietro ai dettagli, ma anche<br />
i dettagli sono fondamentali e allora<br />
non si deve perdere la lucidità. Fare<br />
un disco è un bellissimo viaggio, bisogna<br />
orientarsi durante la traversata,<br />
ma anche lasciarsi trasportare. La lavorazione<br />
è cambiata rispetto al primo<br />
album. Abbiamo composto alcune parti<br />
di batteria e chitarra, poi le strutture<br />
dei brani, poi le linee vocali e in ultimo<br />
le Parole. I brani sono rimasti senza<br />
parole anche per un anno in alcuni<br />
casi. Le parole sono venute all’ultimo,<br />
scritte appositamente su una melodia<br />
e dentro a una metrica già composta.<br />
Quindi siamo partiti dalla spontaneità<br />
e dallo sfogo creativo più diretto, quello<br />
dei nostri strumenti, per poi passare<br />
a una fase di montaggio musicale per<br />
costruire le strutture dei brani e poi<br />
cantarci su delle melodie canore che<br />
però non erano provviste di parole. Volevamo<br />
creare dei brani che avessero<br />
emozioni e senso anche senza testi. Prima<br />
di avere un senso verbale, abbiamo<br />
ricercato il senso musicale e emozionale.<br />
Scrivere i testi in fondo a questo imbuto<br />
creativo è stato difficile, un duro<br />
lavoro. Arrivati alla fine avevamo molti<br />
limiti, la linea vocale già decisa prima<br />
di scrivere le parole per noi è una novità,<br />
il disco precedente è stato composto<br />
a partire dal testo e le linee vocali sono<br />
nate dai testi e non dalla musica.<br />
Stavolta avete deciso di fare quasi tutto<br />
in maniera autonoma. Che cosa vi<br />
ha spinto a questo tipo di scelta?<br />
Siamo andati in studio da soli. Abbiamo<br />
preparato i suoni e registrato chitarra<br />
e batteria insieme. Avevamo ancora<br />
alcune cose da definire sui brani<br />
quando siamo entrati in studio, stare<br />
da soli ci ha permesso di poterci prendere<br />
anche dei momenti di prova, per<br />
definire dei dettagli. Tra batteria e<br />
chitarra c’è un intreccio ritmico continuo<br />
e la cura di alcuni dettagli è stata<br />
possibile soltanto una volta arrivati<br />
in un luogo protetto come lo studio di<br />
Fattoria Sonora, in cui siamo rimasti<br />
molto tempo soli potendoci dedicare<br />
quanto volevamo su ogni aspetto. Decidere<br />
tutto prima di registrare è stato<br />
necessario, ma non abbiamo voluto ingessare<br />
tutta la musica, abbiamo scelto<br />
di lasciare alcune parti al caso, all’improvvisazione<br />
del momento, come per<br />
esempio nel piccolo bridge del brano “la<br />
musica non serve a niente”. Essendo<br />
in due, possiamo facilmente inventarci<br />
soluzioni al momento improvvisando,<br />
giocando tra batteria e chitarra, anche<br />
nel primo disco avevamo un po’ scoperto<br />
questa nostra qualità e questa volta<br />
abbiamo volutamente destinato alcune<br />
parti musicali al gioco, allo scherzo musicale,<br />
per mantenere una freschezza<br />
live che non vogliamo perdere nel disco.<br />
Questo è solo un particolare, ma ce ne<br />
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sono molti altri, tutti dettagli che abbiamo<br />
scelto di curare in una situazione<br />
di studio molto intima e rassicurante.<br />
A differenza del primo lavoro, che è<br />
stato interamente autoprodotto, questa<br />
volta il disco è stato prodotto grazie a ’n<br />
etichetta, casa discografica aperta dal<br />
liveclub ‘na cosetta di Roma in collaborazione<br />
con Lucio Leoni di Lapidarie<br />
Incisioni.<br />
Mi sembra che sui testi<br />
abbiate focalizzato di più<br />
alcuni obiettivi polemici,<br />
limitando un po’ il nonsense<br />
rispetto all’esordio.<br />
Scelta o caso?<br />
I testi sono molto importanti<br />
per noi, la scelta è<br />
stata come sempre quella<br />
di parlare di ciò che ci<br />
circonda, ma sì, il taglio è volutamente<br />
meno pazzoide e stralunato. Nel primo<br />
lavoro c’era una componente “clownesca”<br />
che forse abbiamo un po’ messo<br />
da parte. Abbiamo scelto di essere più<br />
diretti, in alcuni casi più duri, in altri<br />
più onesti, in generale di non essere<br />
troppo astratti, ma “non sense” non ci<br />
siamo mai sentiti neanche nel primo<br />
disco. La polemica fa parte del nostro<br />
modo di scrivere, spesso si parte da un<br />
problema e passando per un conflitto,<br />
si risolve in rabbia o ironia o fantasia<br />
o nervosismo. “La musica non serve a<br />
niente” è un titolo ironico, polemico, ma<br />
anche leggero. Forse la novità per noi<br />
è quello di aver aperto la scrittura anche<br />
a un aspetto emotivo più personale<br />
e delicato. Ci sono brani molto intimi<br />
come capovolto e appena svegliato che<br />
parlano esplicitamente dei nostri sentimenti.<br />
Di “La musica non serve a niente” (la<br />
canzone) non ho capito una cosa: meglio<br />
essere governati dai musicisti oppure<br />
no?<br />
Ahahah… sembra una<br />
domanda leggera, ma qui<br />
siamo al nocciolo di una<br />
questione fondamentale.<br />
NO! Categoricamente<br />
NO! I musicisti sono quelli<br />
che fanno la musica e<br />
la musica non ha potere<br />
di governo. Ovviamente<br />
un brano musicale può<br />
essere influente politicamente e ci sono<br />
musicisti impegnati e schierati che<br />
hanno una grande importanza politica,<br />
ma la musica non ha potere è ovvio.<br />
Per noi è importante fare chiarezza,<br />
fare critica; non si può pensare che la<br />
musica cambierà l’organizzazione della<br />
nostra società, magari la può condizionare<br />
o certamente può trasmettere<br />
un’idea, ma di certo c’è bisogno di altro<br />
per governare. Insomma non possiamo<br />
fermare una guerra con un rullante o<br />
finire in parlamento a cantare, li c’è da<br />
scrivere leggi e fare battaglie politiche<br />
è tutto un altro linguaggio. “la musica<br />
non ha potere… e meno male. Non<br />
scrive leggi, non governa e non ti può<br />
arrestare”. Può sembrare riduttivo, ma<br />
in verità questo ci permette di liberare<br />
la musica da alcune responsabilità. A<br />
questo punto io posso cantare “Imagine”<br />
e vivermi completamente la visione<br />
politica di un mondo senza confini e pacifico<br />
di quel brano senza che il giorno<br />
dopo mi arrestino e posso farlo proprio<br />
perché quella è “solo” una canzone non<br />
è mica un manifesto politico; non solo,<br />
posso anche dire che preferisco di gran<br />
lunga Lennon o Bono a Putin e Trump<br />
senza confondere musica e politica,<br />
semplicemente mi piace molto di più<br />
seguire una canzone o una band che un<br />
Premier. Poi anche se si scrive musica,<br />
non è affatto detto che non si possa essere<br />
un politico, un amministratore, un<br />
sindaco, ma certo è che non sono cose<br />
che si possono fare contemporaneamente.<br />
Chi governa pensi a governare e chi<br />
suona pensi a suonare, sono due cose<br />
molto importanti, importantissime, ma<br />
a ciascuno il suo.<br />
Visto la vostra notevole esperienza<br />
“tecnica” e il vostro sguardo lucido,<br />
che cosa vi piace e che cosa no della<br />
musica italiana (indie e no) 2017?<br />
Questo è un discorsone. Ci sono tantissime<br />
novità e tanto fermento, non si<br />
finisce mai di stupirsi. Quello che è evidente<br />
è che è cambiato il mercato e il<br />
modo di fare successo. Moltissimo passa<br />
dal web e ormai si da per scontato,<br />
ma solo 10 anni fa non era affatto così.<br />
La comunicazione è cambiata, i video<br />
contano almeno quanto i brani musicali,<br />
chi canta conta più di cosa canta,<br />
c’è tutto un nuovo doityourself che<br />
ha poco a che fare con il primo indie,<br />
ma in fondo ne è una conseguenza. Il<br />
modo di scrivere i testi è chiaramente<br />
stato influenzato dalle novità degli<br />
ultimi decenni, dal rap fino al meme,<br />
ci sono tanti giochi in più da fare con<br />
le parole che venti anni fa non esistevano.<br />
Dal punto di vista musicale c’è<br />
tanta novità, ma c’è anche un ultra<br />
pop che pesca negli anni 80 e 90 e c’è<br />
pure una grande diffusione di strumenti<br />
musicali giocattolo, di vocoder,<br />
harmonizer, ma poi ti ritrovi a sentire<br />
il nuovo cantautore dei vent’anni<br />
che ti canta la sua canzone in acustico<br />
chitarra e voce. Insomma c’è un<br />
mare di roba e sembra che le nuove<br />
generazioni siano molto più aperte a<br />
mischiare suoni elettronici e digitali,<br />
effettistica, basi musicali e cantautorato<br />
semplice. Una volta non era<br />
possibile pensare che uno stesso pubblico<br />
potesse apprezzare tutto questo.<br />
Comunque noi suoniamo e capire ora<br />
cosa stia succedendo per noi è molto<br />
difficile, forse è più un compito di chi<br />
scrive di musica piuttosto che di chi la<br />
fa. Un musicista in un periodo come<br />
questo in cui c’è una così grande varietà<br />
di proposte è davvero una goccia<br />
in un oceano e sta a voi tentare di<br />
sbrogliare la matassa.<br />
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