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sfogliabile speciale maggio

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Mettete dei fiori nei vostri cannoni - così recitava una<br />

canzone del 1967. Un richiamo esplicito alla pace<br />

come antidoto alla cultura della guerra di quegli anni.<br />

Altrettanto semplice ed efficace è l’opera che sta al centro di EcoLab<br />

a Messina, uno spazio dove l’arte sposa l’archeologia industriale e fa<br />

rivivere oggetti e strumenti sottraendoli alla rottamazione, in una<br />

nuova dimensione e destinazione, senza cancellarne la memoria.<br />

Un tubo in metallo pesante che apparteneva alla fabbrica dismessa<br />

riprende vita trasformata in opera d’arte rappresentata da fiori colorati<br />

che spuntano dal tubo che poggia inclinato sul piano: E’ solo uno dei<br />

mille esempi che si possono ammirare anzi “vivere” nel laboratorio<br />

ecologico di Linda Schipani, artista e ingegnere ambientale, che si fa<br />

apprezzare sia per l’estro che per la concretezza del fare. Attraverso la<br />

sperimentazione quotidiana Linda esprime il suo impegno civile e<br />

culturale, che, in quanto artista non ha confini, ma al contempo resta<br />

fortemente legata alla propria terra.<br />

In un territorio urbano degradato, dove la valorizzazione dell’ambiente<br />

non è mai stata una priorità nei programmi della politica del governo<br />

nazionale né, tantomeno, locale, Linda ha fatto dell’ex stabilimento di<br />

costruzioni elettromeccaniche, monumento e laboratorio, memoria<br />

e futuro. Entrando nella vecchia fabbrica, colpisce la varietà degli<br />

interventi mirati a valorizzare ogni angolo degli spazi ex produttivi:<br />

vasche per il trattamento dei trasformatori, impianti e pannelli<br />

elettrici, bobine industriali, ecc. abbinando materiale riciclato dei più<br />

vari e di diversa provenienza.<br />

A Linda rivolgo alcune domande su questa straordinaria esperienza.<br />

In un contesto culturale come quello siciliano, quale è stata<br />

la spinta di un giovane donna a non oltrepassare lo Stretto<br />

per affermarsi professionalmente nel Continente?<br />

“In realtà lo Stretto l’ho attraversato per studiare a Roma, dove mi<br />

laureai nel lontano 1998 in ingegneria per l’ambiente e il territorio, con<br />

la certezza di voler tornare a lavorare proprio a Messina, in Sicilia<br />

che, come si sa, è una terra bellissima, forte, calda e luminosa.”<br />

Linda lei lavora tutti i materiali senza esclusione,<br />

levando i confini della materia. C’è un intento anche<br />

spirituale nell’esprimersi?<br />

“C’è un forte desiderio di salvare le cose, allungarne la vita, la durata,<br />

anche se sotto una nuova forma o funzione. I materiali che hanno<br />

dato il via a questa attività provengono dagli impianti elettrici.<br />

Occupandomi per professione di gestione dei rifiuti avevo troppe<br />

riserve a destinare alcuni scarti particolarmente “interessanti”<br />

alla discarica o ad altre forme di recupero convenzionale che ne<br />

avrebbero, comunque, cancellato la memoria storica.”<br />

Nonostante la sua formazione di ingegnere, più adatta<br />

alla progettazione e alla gestione -peraltro tradizionalmente<br />

maschili-, lei ha scelto la strada artistica. Esprime una<br />

“doppia personalità” o doveva conciliare tra ingegneria e<br />

architettura, o meglio, tra la trasformazione architettonica<br />

e spazio espositivo destinato alla creazione artistica?<br />

“La formazione ingegneristica è una tradizione di famiglia che ho<br />

voluto seguire, l’arte è una passione che mi ha aiutato nell’impresa di<br />

voler trasformare tutti quei materiali e quegli spazi inutilizzati dello<br />

stabilimento di famiglia in questo luogo, l’EcoLab, qui a Messina.”<br />

Nei suoi lavori, c’è un filo conduttore tra trasformazione<br />

architettonica di archeologia industriale e la trasformazione<br />

della materia. Può questo filo conduttore essere<br />

la sostenibilità?<br />

“Si, è la sostenibilità ambientale il filo conduttore del mio progetto,<br />

il rispetto per gli oggetti, per il lavoro che li ha generati e per quello<br />

che hanno prodotto. I miei lavori sono un tentativo di conservare<br />

testimonianze di un presente e di un passato altrimenti destinate<br />

a diventare rifiuto e provocare danno all’ambiente e alle generazioni<br />

future.”<br />

Visitando lo spazio dove lavora, espone e ospita altri<br />

artisti si capisce che ha realizzato il connubio tra il<br />

mondo della materia, della pratica, della costruzione,<br />

della tecnica con l’estro e la fantasia, ma anche la sua<br />

esperienza di progettista è un contributo a ricostruire<br />

un tessuto urbano senza perdere o annullare la<br />

memoria del passato industriale, una doppia valenza<br />

che riprende esperienze in citta come Londra o<br />

NewYork. Trasformare, non distruggere ma adeguare<br />

gli spazi alle esigenze urbanistiche attuali. Ha in mente<br />

altri interventi in questa direzione di sostenibilità<br />

urbanistica? E se sì, quale suggerirebbe?<br />

“Lei ha colto perfettamente lo spirito del mio lavoro. Io ho avuto la<br />

fortuna di viaggiare e le realtà che ha citato, da NewYork a Londra,<br />

le ho potute toccare. Purtroppo a Messina, le demolizioni sono<br />

ancora tristemente di moda. Ho in mente un interessante sito<br />

industriale anni ‘70, un ex inceneritore, sito sulla Falce naturale<br />

del porto di Messina, zona ricca di storia mista a degrado. Ne<br />

proposi nel 2006 la trasformazione in spazio polifunzionale a<br />

carattere culturale, una sorta di mini Tate Modern ma qui non<br />

ha funzionato. Si è proceduto oggi, nel 2017 ad una economica<br />

demolizione che dopo aver privato il manufatto di tutte le parti<br />

in ferro ne vede da mesi le macerie, miste a ceneri, disperdersi<br />

nel territorio. Conservare testimonianza del nostro passato,<br />

anche se industriale, credo sia un dovere verso le generazioni<br />

future. Le strutture si possono trasformare e sono certa che sia<br />

più giusto mantenere e trasformare un vecchio impianto invece<br />

che demolirlo e generare nuovi rifiuti dando spazio, tra l’altro, ad<br />

ulteriori sprechi e abusi.”<br />

Professionalmente lei è una donna realizzata. Proprio<br />

in quanto ha superato i confini del pregiudizio sociale<br />

e dei compartimenti disciplinari e ha scavalcato le<br />

barriere che costringono le cose alla destinazione<br />

pratica, è forse questo un elevato tentativo di concepire<br />

la concretezza come Totalità?<br />

“Grazie per aver fatto del mio percorso professionale una così alta<br />

gratificante sintesi. La sua domanda invece è molto complessa.<br />

Si, sicuramente il mio è un tentativo che ha concepito forme<br />

concrete pronte a trasformarsi per continuare la ricerca verso<br />

una totalità che potremmo definire sostenibilità totale!”<br />

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