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L’EVOLUZIONE<br />
Siccome ero andato a questa presentazione<br />
anche l’anno scorso,<br />
pensavo non fosse cambiato niente,<br />
mentre quest’anno c’erano<br />
veramente molti argomenti, alcuni<br />
che neanche io conoscevo.<br />
Presentavano ragazzi dalle prime<br />
alle terze, quindi le persone che<br />
partecipavano a questa presentazione<br />
erano tantissime!<br />
Ma andiamo ora con ordine, poiché<br />
sono talmente tante le cose<br />
accadute che non è difficile perdere<br />
il filo del discorso.<br />
Iniziò tutto una mattina. Quella<br />
mattina in terza mi nasceva in<br />
continuazione un’idea, un presentimento,<br />
una sensazione che però<br />
il mio cervello non riusciva a decifrare,<br />
permettendomi così di capire<br />
cosa fosse successo, cosa mi<br />
fossi dimenticato.<br />
Arrivai a scuola con ancora addosso<br />
quella brutta sensazione di<br />
essermi dimenticato qualcosa.<br />
Era un lunedì e stavamo discutendo<br />
col prof. Levrini, quando<br />
sentimmo un pugno sbattere sulla<br />
porta: “Toc-toc”, “Avanti” disse<br />
qualcuno. “Indietro”, qualcun altro.<br />
Era la professoressa Iotti che,<br />
indicando me, Gaia, Chiara e Serena,<br />
ci ricordava e aspettava in<br />
aula di arte per fare le prove generali<br />
della manifestazione che si<br />
sarebbe svolta il giorno dopo.<br />
Credo che il colore della mia faccia<br />
fosse più o meno simile a<br />
quello che ha un coniglio bianco<br />
verniciato di bianco riposto in<br />
candida e freschissima neve<br />
bianca.<br />
Ero bianco, se non si fosse capito.<br />
Sussurrai qualcosa a una delle<br />
mie tre compagne, non mi ricordo<br />
chi fosse, perché ormai il mio cervello<br />
era circondato da fittissima<br />
nebbia grigia. Grigia,<br />
non bianca. Chiesi a<br />
una di queste se avessimo<br />
dovuto preparare<br />
il testo da esporre; una<br />
di loro mi disse che sì,<br />
il testo era da finire per<br />
quel giorno poiché dopo<br />
lo avremmo esposto<br />
nelle prove. Tirai fuori dal mio<br />
zaino il primo pezzo di carta che<br />
trovai: io avevo come tema<br />
l’orientamento, in particolare<br />
quando i ragazzi delle superiori<br />
vengono a scuola per presentarci<br />
la loro. Scrissi un testo privo di<br />
verbi, preposizioni e articoli e, poco<br />
dopo, io e il mio testo precario andammo<br />
in aula di arte.<br />
Fortunatamente, un attimo prima<br />
che mi chiedessero di esporre, mi<br />
diedero un altro compito: quello di<br />
creare sul momento insieme a Serena<br />
un testo per presentare il nostro<br />
diario scolastico, che poi io e<br />
lei avremmo dovuto esporre insieme<br />
ai nostri due testi iniziali.<br />
La mattinata finì così.<br />
Il giorno dopo mi recai a scuola un<br />
po’ prima, perché io e Riccardo<br />
Braglia dovevamo distribuire i volantini<br />
che permettevano alle persone<br />
di seguire prima il discorso<br />
della preside e, dopo, il nostro.<br />
I miei volantini erano inversamente<br />
proporzionali al numero di genitori:<br />
i volantini finivano, i genitori<br />
aumentavano. Tutti bisbigliavano:<br />
“Questa scuola è la migliore del<br />
paese”. Altri invece: “Andrebbe<br />
demolita!”. In un istante tutti si<br />
placarono: era entrata la preside.<br />
Iniziò a parlare, perciò io e Braglia<br />
raggiungemmo i nostri coetanei.<br />
Peccato che il passaggio fosse o-<br />
struito dalle sedie. Quindi restammo<br />
accanto alla porta, in piedi e<br />
schiacciati tra i genitori. E io che<br />
contavo di migliorare il mio testo<br />
precario!.<br />
Finito il discorso, la massa si diradò<br />
e riuscimmo a scappare via.<br />
Io dovevo esporre come terzultimo<br />
e ultimo.<br />
Iniziarono ad esporre ai genitori i<br />
ragazzi di prima, poi quelli di seconda<br />
ed infine fu il turno di noi di<br />
terza. In tutto questo tempo non<br />
toccai il mio testo precario, perché<br />
tutte le volte che ci provavo i prof<br />
mi accusavano di distrarre i genitori.<br />
Avevano anche ragione, ma io<br />
ho il vizio di fare le cose importanti<br />
all’ultimo.<br />
Mi chiamarono ed entrai in scena:<br />
“Buongiorno, cioè no… buonasera,<br />
sono Montanari Fabio 52 di 3 a D”. I<br />
genitori mi guardavano, farfugliai<br />
qualcosa, provai a ripensare<br />
alla mia scaletta mentale.<br />
Niente. Iniziai a improvvisare.<br />
Improvvisai qualcosa, non so<br />
cosa. Improvvisai in modo che<br />
sembrava sapessi il mio testo a<br />
memoria.<br />
Guardando le facce compiaciute<br />
dei genitori presi lo slancio per<br />
continuare e uscii di scena con<br />
un gran sorriso.<br />
Avevo improvvisato come mai<br />
avevo fatto e mi era piaciuto.<br />
Tornai davanti a tutti come ultimo,<br />
per esporre il diario e mi<br />
ricordo che iniziai più o meno<br />
così: “Buonasera e non buongiorno.<br />
Sono sempre Fabio Montanari<br />
e sono ancora di 3 a D”,<br />
misi il foglietto scritto con Serena<br />
in tasca e mi lanciai<br />
nell’improvvisazione. Non sapevo<br />
cosa mi aspettava e questo<br />
mi piaceva, e direi anche ai genitori.<br />
Tornando al posto una<br />
prof mi fermò: “Quello che hai<br />
detto non c’era nel foglio”. “Sì”,<br />
risposi. “Hai fatto bene”, disse<br />
lei.<br />
Da questa esperienza, nata per<br />
aiutare gli altri, sono riuscito ad<br />
aiutare me stesso. E ho capito<br />
che l’improvvisazione è una di<br />
quelle abilità che mi hanno salvato<br />
in tante interrogazioni.<br />
Montanari Fabio