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introduzione<br />
IX<br />
Si comprende come questi racconti soddisfino anche <strong>il</strong> bisogno<br />
di estraneità, di sentirsi diversi, e al sicuro, attraverso la percezione<br />
orrib<strong>il</strong>e dell’alieno entro una presa di distanza da esso,<br />
che colloca dalla parte di ciò che si può apertamente essere, dire<br />
e desiderare.<br />
L’estraneità, o per meglio dire la differenziazione è peraltro<br />
necessaria anche per sfuggire all’attrazione del mondo come<br />
magma indifferenziato, che invita a confondersi e perdersi nella<br />
vastità sua e di un universo non umano.<br />
Sono la fissità e l’intensità dello sguardo sul mondo, la spinta<br />
<strong>della</strong> curiosità, l’avidità <strong>della</strong> scoperta, che pescando nelle nostre<br />
profondità psichiche possono annullare i confini nostri e <strong>della</strong><br />
ragione e generare in questi racconti la mostruosità del reale. Esse<br />
evocano le forze e le creature dell’abisso, che danno espressione<br />
ai pensieri e desideri malvagi rimossi nell’inconscio. Nella logica<br />
che spalanca in questi racconti le porte del terrore, l’esistenza<br />
stessa delle pulsioni, incessantemente pressanti e produttive, partendo<br />
dalla dimensione <strong>della</strong> più profonda naturalità <strong>della</strong> vita,<br />
apre all’innaturale e al soprannaturale, a quel che non si può dire<br />
e non si può spiegare ma solo c’è e può comparire. Senza tanti<br />
complimenti, senza camuffamenti e mediazioni, senza difese, e<br />
soprattutto senza spiegazione.<br />
La linea fra ragione e follia o sragione, fra la realtà abituale e<br />
condivisa e la sorpresa dell’orrore e del reale, acquattata nelle pieghe<br />
dell’esistenza, è un attrattore formidab<strong>il</strong>e, nel senso letterale, e<br />
cioè di ciò che può spaventare oltre che stupire. La sua forza motrice è<br />
la tentazione del desiderio di conoscenza (la mela offerta dal serpente),<br />
di superamento del limite implicito nella vita “normale”,<br />
delle colonne d’Ercole del mondo come creazione e realtà umana.<br />
L’ambizione è quella di guardare oltre la cortina azzurra stellata,<br />
bucando la volta celeste, giungendo in spazi più ampi. Violando<br />
<strong>il</strong> confine di ciò che <strong>il</strong> cielo (parola la cui etimologia riconduce al<br />
celare, al nascondere) vuol coprire, sottrarre allo sguardo. Tale<br />
linea è la stessa che separa detto e non detto (dicib<strong>il</strong>e e indicib<strong>il</strong>e,<br />
sacro e profano) e si può anche dire che essa sia la stessa che<br />
delinea la bellezza, come estremo camuffamento e negazione di