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SETTEMBRE OTTOBRE

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Questo e’ Andrea Accorsi e il suo GINS 2020 è stata la somma di piccole cose, ma anche di grandi

incontri, con la natura più di tutti, con un paese amato e cullato e di un altro offeso e infangato a tratti

dimenticato nell’incuria. Ha vissuto giornate in salite e non per la strada ma per l’incapacità di capire

perché non riusciamo ad aver cura del bello che abbiamo.

Il Giro d’Italia di Andrea non è stato solo fatica e freddo e caldo e salite a non finire, ma anche occhi

e mani che ha incontrato e braccia che lo hanno accolto in ogni ora del giorno e della notte, amici e

conoscenti che hanno cucinato per lui i piatti di tutte le regioni che ha attraversato.

Ha mangiato tanto Andrea per supportare un corpo sotto pressione; dalle pizze d’asporto da solo sulla

strada, alle ricette più buone da nord a sud, e dietro ogni piatto c’era una storia, di una casa, di un

bivacco, di un amico ristoratore, luoghi che lo ospitavano anche solo per poche ore prima di riprendere

la lunga strada che lo aspettava.

L’aspetto agonistico non è stato da meno ed è molto soddisfatto Andrea. Uomo di sport che sa bene che

lavoro c’è dietro ogni evento grazie anche a Luca Masini, colui che ha creduto due anni fa nel progetto

di portare sulle strade italiane una manifestazione in stile RAAM americana (Race Across America).

Luca, pur col solo supporto della moglie, è stato impeccabile, puntuale, preciso, presente giorno e

notte.

“Accogliente nella struttura di partenza e arrivo a Rimini e soprattutto ha tracciato un percorso

FANTASTICO. Mi auguro che la mia soddisfazione possa trasformarsi in curiosità e stimolo per altri,

per l’edizione 2021.”

Cosa resta dopo il traguardo?

Quante volte ce lo siamo chiesto per ogni piccola e grande impresa sportiva? Ci ha provato Andrea a

mettere tutto insieme ma non è facile.

Vorresti inventare un nuovo vocabolario, qualcosa che riunisca in un solo segno, emozione, passione,

sofferenza, gioia, dolore, paura, felicità, distanza, amore…E tu non le trovi mica quelle parole lì, ti sono

state dentro per 17 giorni e adesso sono evaporare.

Non ha perso nulla Andrea di quel viaggio, tanto meno le sensazioni provate, lo hanno aiutato a tornare

a casa, le ha raccolte come delle briciole disseminate lungo i passi dolomitici e nelle lunghe strade

vuote della Puglia, lo hanno difeso dai cani randagi e sostenuto nei momenti più neri di forature e

problemi meccanici.

Il giorno dopo cosa resta?

Le inesorabili cicatrici sulla pelle, ma il cuore è ricolmo di

tutte le sostanze che ha raccolto attraverso l’esperienza sulla

strada. Nutrimento dell’anima, carburante che alimenta il

vero scorrere della vita.

Ha ripreso la sua quotidianità, dormendo e mangiando, ha

riassaporato il contatto di casa, le certezze, quelle familiari,

il calore umano degli affetti, la materia quotidiana, la

morbidezza su cui poggia la sua vita, il cordone ombelicale

che tiene legati i due mondi.

Dopo 16 giorni trascorsi in sella a una bicicletta, giorno e

notte in giro per l’Italia, vivendo emozioni uniche e recependo

ogni forma di sensazione fisica ed emotiva, il ritorno può

sembrare un recesso negativo – racconta Andrea nel suo

diario.

Un fiume in piena che non si arresta, questo viaggio ha aperto

altre strade narrative e uno come lui le cavalca e le sa far sue,

non trattiene nulla e ci rende partecipi come compagni di viaggio quali siamo stati in sella alla sua bici.

Il ritorno alla “normalità” non rappresenta più la fine dell’ora d’aria, il timbro sul cartellino, la routine,

ma diventa quel posto dove ogni affetto, ogni contatto, ogni passo riaccende l’eco del viaggio trascorso.

Grazie Andrea per questi momenti di solitudine vissuti in viaggio. Come hai detto tu, ci hai insegnato

ad alimentare i legami più profondi, con noi stessi, con gli altri, con la natura.

“La ricerca dello stupore andrebbe insegnata a scuola. Non credete mai a chi vuole insegnarvi a vivere,

a chi vede nella vostra solitudine di viaggiatore un uomo triste. Non esiste uomo più triste, meno vivo,

più morto dentro, di colui che non sa ridere sotto la pioggia.”

Testo: Marco Raffaelli da storiecorrenti.com

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