studio - Il mondo in primo piano

economico della Svizzera prosegua», è il principio a cui
si ispirano i responsabili politici dei diversi cantoni. E la
posizione è ben accolta dalle multinazionali. «L'ambiente
elvetico è particolarmente ricco e stabile per l'innovazione»,
osserva per esempio Werner Bauer, vicepresidente
esecutivo di Nestlé. «Le performances vanno attribuite
anche al suo sistema educativo, alla stretta collaborazione
tra il pubblico e il privato e a un ambiente professionale
molto attraente». Conferma la Commissione europea
nella sua ultima classifica sulla collaborazione internazionale
nei settori della ricerca:
«La Svizzera è il Paese con la più forte immigrazione
di ricercatori di punta all’interno dell’Europa. A livello
mondiale è superata soltanto dal Giappone. Nella maggior
parte dei paesi europei il bilancio è invece negativo.
Questa situazione riflette la fuga di cervelli con cui sono
costretti a confrontarsi questi paesi».
I buoni propositi sono sostenuti da un consistente
impegno economico. Con il 3% del Prodotto interno
lordo investito in ricerca, la Svizzera ha già raggiunto
l’obiettivo che l’Unione Europea si è fissata per il 2020.
Insomma, è avanti. E anche in maniera sana. Non ci sono
fondi pubblici per la ricerca privata. Ricorda Economie-
Suisse che oltre il 70% della spesa in ricerca viene dal
settore privato. Le aziende valutano attentamente su quali
settori investire, ma investono molto (multinazionali
come Roche o Novartis, ad esempio, sono tra i più grandi
investitori al mondo). Lo Confederazione comunque
non indietreggia e anzi continua a mettere sempre
più risorse per sostenere l’ecosistema
della conoscenza. Dal 2013 al 2016 la
Svizzera dovrebbe investire 26
miliardi di franchi su edu-
cazione, ricerca e innovazione.
Aumentano le disponibilità per i Politecnici, per
le Università. Non sembra neanche di essere nel cuore
dell’Europa indebitata. Ma, come ha ricordato di recente
il consigliere federale Didier Burkhalter, per continuare a
mantenere queste performances è fondamentale l’accordo
bilaterale con l’UE sulla cooperazione scientifica. «Senza
questo testo la ricerca non riuscirà ad attirare i migliori
studenti e i migliori professori e il nostro livello di ricerca
e innovazione non potrebbe far altro che calare». Ecco,
anche in questo caso non si può più stare in Europa senza
un’integrazione con l’Unione.
LUGANO: LE
MOLTE VIE PER
LO SVILUPPO
Negli ultimi decenni il Canton Ticino si sta
affermando come importante polo tecnologico,
ma sono molti e diversi gli ambiti in cui questa
piccola regione svizzera sta esprimendo il meglio
di sé, anche grazie a una struttura amministrativa
che le permette di applicare precise regolamentazioni,
al fine di mantenere un sistema economico
fluido e produttivo.
«I diversi livelli dello Stato Federale rimandano
comunque all'autorità Comunale e danno
all'autorità di prossimità una certa autonomia»,
spiega il Consigliere Lorenzo Quadri, capo dei
Dicasteri Turismo, Istituti Sociali e Rapporti
con il Gran Consiglio cantonale di Lugano.
«Questo normalmente facilita la presa di contatto
con le istituzioni da parte di eventuali investitori
che volessero insediarsi in Ticino, o nel caso concreto
a Lugano. Chiaramente per l'imprenditore è
più facile rapportarsi con un'autorità di prossimità
che con un'autorità cantonale o, peggio ancora,
federale. Certo, rispetto alle più vicine regioni
oltre confine c'è l'aspetto di una burocrazia più
snella anche perchè
più misurata,
grazie
alla quale è
più facile
instaurare il
contatto con
la persona
responsabile
di un determinato
settore, e questo
facilita molto
l'avanzamento
dei lavori.
Consigliere Lorenzo Quadri, capo dei Dicasteri Turismo, Istituti
Sociali e Rapporti con il Gran Consiglio cantonale di Lugano.
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