Giacinto Gigante - Quaderno 28 - giugno 2023
Massimo esponente della “Scuola di Posillipo”, la corrente pittorica fiorente a Napoli nella prima metà dell’Ottocento caratterizzata da una visione libera e autentica del paesaggio in continuità con le nuove tendenze europee della stagione romantica, Giacinto Gigante è apprezzato per i suoi suggestivi acquerelli dalle dense atmosfere luminose e cariche di emotività, capace di rappresentare la bellezza dei luoghi colti nella loro intimità come risonanza degli stati d’animo più profondi, dei sentimenti in tutte le loro delicate e sottili sfumature. Tra le vedute di Napoli e dintorni, delle marine incantate, delle località solitarie, “laddove il silenzio e l’immensità della natura offrono emozioni ancora vergini”, dei piccoli spazi quotidiani, dei luoghi mitici, “toccati dalla sacralità del mondo antico”, sono partecipi numerosi dipinti di Paestum e dei suoi monumenti realizzati dal geniale artista in diversi tempi della sua vita.
Massimo esponente della “Scuola di Posillipo”, la corrente pittorica fiorente a Napoli nella prima metà dell’Ottocento caratterizzata da una visione libera e autentica del paesaggio in continuità con le nuove tendenze europee della stagione romantica, Giacinto Gigante è apprezzato per i suoi suggestivi acquerelli dalle dense atmosfere luminose e cariche di emotività, capace di rappresentare la bellezza dei luoghi colti nella loro intimità come risonanza degli stati d’animo più profondi, dei sentimenti in tutte le loro delicate e sottili sfumature.
Tra le vedute di Napoli e dintorni, delle marine incantate, delle località solitarie, “laddove il silenzio e l’immensità della natura offrono emozioni ancora vergini”, dei piccoli spazi quotidiani, dei luoghi mitici, “toccati dalla sacralità del mondo antico”, sono partecipi numerosi dipinti di Paestum e dei suoi monumenti realizzati dal geniale artista in diversi tempi della sua vita.
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<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong><br />
Le vedute di Paestum<br />
I Quaderni
<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong>. Le vedute di Paestum<br />
Costabile Cerone<br />
<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (fig. 1), pittore napoletano famoso<br />
per i suoi luminosi e poetici paesaggi all'acquerello, è<br />
considerato uno degli esponenti più sensibili e<br />
apprezzati della cosiddetta Scuola di Posillipo, la corrente<br />
pittorica avviata a Napoli negli anni Venti<br />
dell'Ottocento dall'olandese Anton Sminck van Pitloo,<br />
che introdusse nella tradizione locale della pittura<br />
di paesaggio la tecnica del disegno dal vero,<br />
all'aria aperta (En plein air), con un resa impressionistica<br />
degli effetti di luci e colori con un netto distacco<br />
dalla veduta accademica (fig. 2).<br />
L'interesse critico per gli artisti di questa Scuola ebbe<br />
inizio a Napoli con una mostra dedicata proprio a<br />
<strong>Gigante</strong> tenuta nel 19<strong>28</strong> nelle sale di Villa Floridiana,<br />
con la prima esposizione di numerosi dipinti provenienti<br />
da collezioni private e oggi conservati a Napoli<br />
al Museo di Capodimonte (fig. 3) e di San Martino e<br />
al Museo Correale a Sorrento.<br />
In quell'occasione lo storico dell'arte Sergio Ortolani,<br />
curatore della mostra e futuro direttore della Pinacoteca<br />
napoletana, lo presentò al pubblico come «Il<br />
maggiore tra i paesaggisti della napoletana Scuola<br />
di Posillipo. Il più geniale artista italiano della<br />
prima metà dell'ottocento, il primo pittore nostro<br />
veramente “moderno”».<br />
Nato a Napoli nel 1806, apprese i primi rudimenti di<br />
pittura del padre Gaetano che lo avviò al Reale Ufficio<br />
Topografico per apprendere le tecniche di incisione<br />
come l'acquaforte e la litografia. Fu in questa occasione<br />
che conobbe Achille Vianelli, inseparabile compagno,<br />
fratello di Eloisa che prese in sposa nel 1831.<br />
Insieme frequentarono prima lo studio di Jakob Wilhelm<br />
Hüber, un paesaggista tedesco classico fedele<br />
allievo di Hackert, e dal 1821 quello di Pitloo, dove<br />
<strong>Gigante</strong> migliorò la sua formazione di paesaggista.<br />
Grazie all'amicizia con il pittore Ščedrin, artista gravitante<br />
intorno alla figura di Pitloo, iniziò a intessere<br />
rapporti con esponenti dell'aristocrazia russa presso<br />
la quale ottenne diverse committenze, come documentano<br />
i numerosi dipinti conservati all'Hermitage<br />
di San Pietroburgo e al Museo Puškin a Mosca (fig.<br />
4-5).<br />
Dopo la morte di Pitloo nel 1837 per l'epidemia di<br />
colera diffusasi a Napoli, <strong>Gigante</strong> divenne l'anima<br />
2<br />
2
del gruppo affermandosi come il massimo esponente.<br />
Dal 1860, quando la Scuola esaurì la sua maggiore<br />
vitalità, iniziò a prediligere gli interni, soprattutto di<br />
chiese, come il dipinto della Cappella di San Gennaro<br />
nel Duomo di Napoli ripresa durante il miracolo<br />
del sangue, oggi conservato a Capodimonte. Commissionatogli<br />
per il nuovo sovrano Vittorio Emanuele<br />
II fu presentato all'Esposizione universale di Parigi<br />
del 1867. Per il primo re d'Italia realizzerà anche<br />
un'interessante veduta di Paestum all'acquerello, qui<br />
in seguito presentata.<br />
Trascorse gli ultimi anni di vita nella sua villa al<br />
Vomero dedicandosi al riordino dei suoi numerosi<br />
disegni e delle opere di altri artisti da lui acquisite in<br />
diverse circostanze, appuntando sul margine dei<br />
fogli ricordi e annotazioni molto utili per gli studiosi<br />
della sua immensa opera grafica sparsa nei musei e in<br />
numerose collezioni private. Morì all'età di settant'anni<br />
il 29 novembre 1876.<br />
Fig. 1. Immagine di copertina<br />
Domenico Morelli (1823 -1901)<br />
Ritratto di <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong>, 1859<br />
Olio su tela<br />
Museo Nazionale di San Martino, Napoli<br />
Fig. 2. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Veduta di Pozzuoli, 1862<br />
Acquerello su carta (42 x 31 cm)<br />
Collezione privata, Napoli<br />
Fig. 3. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Il golfo di Napoli da Posillipo<br />
Acquerello (14 x 10 cm)<br />
Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli<br />
Collezione Astarita<br />
3<br />
3
Tra il 1829 e il 1830 insieme ad altri artisti, tra cui<br />
Achille Vianelli, collaborò alla realizzazione delle<br />
illustrazioni riprodotte in litografia per i tre volumi<br />
del “ Viaggio pittorico nel Regno delle Due Sicilie”<br />
pubblicati a puntate dagli editori Cuciniello e Bianchi.<br />
Per il primo volume, insieme alle vedute di Pompei,<br />
Posillipo e gli avanzi del tempio di Venere a Baia, a<br />
corredo per il paragrafo intitolato gli “Avanzi di<br />
Pesto” realizzò una vista panoramica dei tre templi,<br />
riprodotta a incisione da Francesco Wenzel (fig. 6)<br />
sulla base di un acquerello esposto di recente in Francia<br />
alla Galerie du Peyrou a Montpellier (fig. 7).<br />
Per questa veduta, ripresa da meridione, l'artista scelse<br />
come protagonista il tempio di Nettuno, lasciando<br />
gli altri due ai margini della scena: a destra un angolo<br />
del colonnato della Basilica, mentre in fondo a sinistra,<br />
il profilo delineato del tempio di Cerere seminascosto<br />
da una fosca atmosfera.<br />
In primo piano, nei pressi di uno stagno, sono presenti<br />
i consueti personaggi che solitamente abitano le<br />
sue scene di paesaggio, con uno dei cacciatori impegnato<br />
a pulire dalla polvere nera la canna del fucile ad<br />
avancarica.<br />
Nella litografia di Wenzel, con una differente animazione<br />
in primo piano, i contorni degli oggetti rappresentati<br />
sullo sfondo appaiono maggiormente delineati<br />
che insieme a un marcato utilizzo di contrasti in<br />
chiaroscuro conferiscono all'immagine un tono di<br />
nostalgica memoria.<br />
Riprodotta per la litografia Bianchi è un'altra veduta<br />
dei tre templi ripresa da est dal titolo “Restes Des Temples<br />
De Pestum”, disegnata sempre da Wenzel sulle<br />
linee di un acquerello datato 1835 (fig. 24). Risalgono<br />
a quegli anni i numerosi disegni a matita conservati<br />
al Museo di San Martino e che in seguito l'artista<br />
utilizzerà per le vedute ad acquerello datate 1839<br />
(fig. 8-13-14) presenti in collezioni private. Nella<br />
raccolta di disegni sono presenti anche una vista del<br />
tempio di Cerere con il mare e il promontorio di Agropoli<br />
sullo sfondo (fig. 10) e due vedute della Marina<br />
con la torre costiera di difesa del XVI secolo, denominata<br />
Torre di Pesto (fig. 9-11).<br />
Datata 1835 è una rappresentazione prospettica del<br />
colonnato interno del tempio di Nettuno (fig. 15) da<br />
cui realizzerà il dipinto a olio della collezione Astarita<br />
conservata a Capodimonte, che da un'analisi stilistica<br />
è stato datato dai curatori 1845-48.<br />
La luminosa tela (fig. 16), distinta da una pregevole<br />
resa cromatica dei colori e un linguaggio pittorico sintetico,<br />
tipico della pittura impressionista, inquadra<br />
una porzione del tempio inondato da un limpido cielo<br />
azzurro.<br />
Del 1847 è invece una veduta della pianura di Paestum<br />
ripresa da un punto di vista insolito e originale<br />
rispetto alla classica iconografia pestana fino ad<br />
4<br />
4
allora prodotta (fig. 17). Nel caldo e luminoso acquerello<br />
conservato sempre a Capodimonte, l'artista rappresentò<br />
l'intera piana dall'altura di Montedoro, sui<br />
pendii di Eboli, delineando sulla sinistra la mole del<br />
castello Colonna. Da questo dipinto, qualche anno<br />
più tardi, realizzò la veduta presente nella Royal Collection,<br />
la raccolta d'arte della famiglia reale britannica<br />
(fig. 18).<br />
Ritornerà a dipingere Paestum in un acquerello datato<br />
1860 (fig. 19), molto accattivante sul piano estetico<br />
e particolarmente rappresentativo di quella fiorente<br />
stagione romantica, dove i contorni del paesaggio<br />
e delle architetture, ben definiti nei primi dipinti, si<br />
sciolgono in visioni atmosferiche sfumate che ricordano<br />
quelle di Turner.<br />
Nella pittoresca veduta l'artista rifiuta la precisione<br />
delle geometrie regolari per dare spazio al disordine<br />
spontaneo della natura, dove le architetture doriche<br />
in rovina, testimonianze della passata civiltà, appena<br />
abbozzate e sovrastate da un cielo nuvoloso sono<br />
poste a distanza sulla linea di orizzonte lasciando spazio,<br />
in primo piano, al margine di Capodifiume<br />
segnato da arbusti, rocce irregolari e antiche strutture<br />
in decadimento. La figura di un “bufalaro” appena<br />
accennato partecipa alla composizione, restituendo<br />
una visione calma e malinconica della realtà.<br />
Il dipinto, venduto all'asta a Milano nel 2011 dalla<br />
casa d'aste britannica Sotheby's, era parte di una<br />
splendida collezione di 25 acquerelli e disegni con<br />
vedute della città di Napoli e del circondario realizzati<br />
dai pittori napoletani più celebri dell'epoca. Contenuti<br />
in una preziosa custodia in pelle e tartaruga<br />
con finissime decorazioni in corallo rosso e lo stemma<br />
sabaudo impresso in oro sul retro, furono donati<br />
dalla Municipalità di Napoli al re Vittorio Emanuele<br />
nel 1860 in occasione della visita per l'Unità d'Italia.<br />
Nello stesso album erano presenti altri due acquerelli<br />
di Paestum realizzati da Alfonso Simonetti e Teodoro<br />
Duclère.<br />
Il dipinto, che riprende uno studio preliminare realizzato<br />
a tempera su cartoncino conservato al Museo di<br />
San Martino (fig. 21), è identico ad una precedente<br />
veduta realizzata a olio su cui l'artista aggiunse sullo<br />
sfondo la sagoma appena abbozzata delle strutture<br />
architettoniche (fig. 20). Quest'ultimo, riprodotto in<br />
Fig. 4. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Veduta di Napoli, 1845<br />
Olio su tela (98 x 71,5 cm)<br />
Museo Statale di Belle Arti Puskin, Mosca<br />
Fig. 5. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Amalfi, la Piazza davanti alla Cattedrale, 1842<br />
Matita e acquerello su carta (33,4 x 24,4 cm)<br />
Hermitage, museo d'arte di San Pietroburgo<br />
5<br />
5
ianco e nero, apparve nel 1930 nella monografia su<br />
<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> curata da Ortolani che l'intitolò “Pesto<br />
- Sulla riva del Sele”.<br />
Rappresentativo dell'ultimo periodo artistico, distinto<br />
da vedute di piccoli spazi, soprattutto interni ripresi<br />
con angoli visivi ristretti, è un acquerello in cui<br />
ritrae un cortile a Capaccio (fig. 23) realizzato quasi<br />
certamente in un'ultima escursione a Paestum. Con<br />
l'aggiunta di lumeggiature a biacca, tipiche della sua<br />
tecnica, è conservato al Museo Correale.<br />
L'espressione dei sentimenti, degli stati d'animo più<br />
intimi, che prevale sempre nelle opere dell'artista, è<br />
qui ben restituita dalla quotidianità della scena raffigurata:<br />
la lavandaia, le galline nel cortile, la vecchia<br />
scala in pietra, hanno la qualità estetica non solo del<br />
pittoresco ma dell'autentico e del vissuto, una visione<br />
quasi malinconica della realtà.<br />
6<br />
Fig. 6. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Avanzi di Pesto, 18<strong>28</strong>-29<br />
Tavola del volume “Viaggio pittorico nel Regno delle<br />
due Sicilie” pubblicato a Napoli nel 1829<br />
Incisione Francesco Wenzel<br />
Litografia Cuciniello e Bianchi<br />
La tavola fu riprodotta a colori in litografia<br />
acquerellata da Federico Gatta e Gaetano Dura nel<br />
1830<br />
6
7
7<br />
Fig. 7. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Paestum, 18<strong>28</strong>-29<br />
Acquerello su carta (42 x 32 cm)<br />
Collezione privata, Francia<br />
Esposto a Montpellier alla Galerie du Peyrou<br />
8
9
8<br />
Fig. 8. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Veduta di Paestum, 1838<br />
Matita su carta<br />
Collezione della Certosa di San Martino, Napoli<br />
8<br />
Fig. 9. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Marina di Pesto, 1835-1838<br />
Matita su carta<br />
Collezione della Certosa di San Martino, Napoli<br />
Fig. 10. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Tempio di Cerere a Pesto, 1835-38<br />
Matita su carta<br />
Collezione della Certosa di San Martino, Napoli<br />
Fig. 11. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Marina di Pesto, maggio 1838<br />
Matita su carta<br />
Collezione della Certosa di San Martino, Napoli<br />
9<br />
Fig. 12. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Studio dei Templi di Paestum, maggio 1835(38)<br />
Matita su carta<br />
Collezione della Certosa di San Martino, Napoli<br />
10<br />
10
11<br />
12<br />
11
13<br />
Fig. 13. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806-1876)<br />
Veduta di Paestum, 1839<br />
Acquerello (22 x 30 cm)<br />
Collezione privata, Napoli<br />
(Provenienza: Asta Sotheby's London, 9 settembre<br />
1998, lotto 158)<br />
Acquerello realizzato dalla veduta a matita di fig. 8<br />
12
13
14<br />
Fig. 14. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806-1876)<br />
Veduta di Paestum, 1839<br />
Acquerello su carta (29 x 20 cm)<br />
Collezione privata, Napoli<br />
14
15
15<br />
Fig. 15. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806-1876)<br />
Studio di colonnato del tempio di Paestum, 1835<br />
Matita su carta (21 x 24,5 cm)<br />
Certosa e Museo Nazionale di San Martino, Napoli<br />
16<br />
Fig. 16. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806-1876)<br />
Tempio di Paestum, 1845-1848<br />
Olio su tela (17 x 23 cm)<br />
Collezione Astarita, Museo e Real Bosco di<br />
Capodimonte, Napoli
17<br />
16
17<br />
Fig. 17. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806-1876)<br />
Eboli e la pianura di Paestum, 1847<br />
Acquerello su carta (49,4 x 30,7 cm)<br />
Collezione Astarita<br />
Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli<br />
18
19
Paestum da Eboli<br />
L'acquerello riprende la pianura di Paestum da Eboli<br />
con il punto di ripresa dall'altura di Montedoro, a<br />
valle dell'antica Badia normanna di San Pietro Apostolo,<br />
conosciuta come Convento di San Pietro alli<br />
Marmi, contenente la vecchia biblioteca dei cappuccini<br />
che comprende un patrimonio librario di oltre<br />
15.000 titoli. Sulla sinistra del dipinto è ritratta la<br />
grande mole del quattrocentesco castello dei Colonna,<br />
definito da alte torri cilindriche e quadrilatere, e<br />
in secondo piano l'intera pianura del Sele con in<br />
fondo quella di Paestum e le prime alture del Cilento<br />
con il borgo di Agropoli. A valle la lussureggiante<br />
tenuta di Caccia di Carlo III di Borbone, luogo di passaggio<br />
per attraversare a Persano il fiume con la scafa,<br />
un barcone in legno utilizzato fino alla realizzazione<br />
dello sbarramento negli anni Trenta del Novecento<br />
di cui ci rimangono alcune fotografie di Luigi<br />
Gallotta conservate nell'Archivio fotografico del<br />
comune di Eboli. Sulla destra, tra le colline, il convento<br />
dei “Cappuccini” identificato con l'originario<br />
oratorio di San Antonio costruito nel 1233, “in loco<br />
ubi dicitur paternus”, che con l'aggiunta di un'altra<br />
ala attualmente ospita l'Ospedale Civile Maria SS.<br />
Addolorata. Un tempo Eboli annoverava numerosi<br />
conventi, abbazie e monasteri sia entro la cinta muraria<br />
medioevale sia sui colli circostanti oltre che nella<br />
pianura sottostante. Spesso confusi fra loro, alcuni<br />
sono ancora esistenti, altri invece in rovina o del tutto<br />
scomparsi.<br />
Negli anni Cinquanta del Novecento, sull'area verdeggiante<br />
in primo piano, fu realizzato il Santuario<br />
dei S.S. Cosma e Damiano in sostituzione della piccola<br />
chiesetta settecentesca ancora in uso ma non più<br />
capace di ospitare i numerosi pellegrini che giungevano<br />
in paese.<br />
Una nota al dipinto ci porta a conoscenza che il cielo<br />
fu ridipinto nel 1856 dal paesaggista scozzese William<br />
Leighton Leitch, maestro di disegno per 22 anni<br />
della regina Vittoria, il cui lunghissimo regno è conosciuto<br />
come età vittoriana.<br />
Fig. 18. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Veduta di Eboli, 1850 ca.<br />
Acquerello (56,0 x 39,6 cm)<br />
Royal Collection Trust, Londra<br />
Il cielo fu ridipinto da William Leitch nel 1856<br />
20
21<br />
18
19<br />
Fig. 19. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Paestum, 1860<br />
Acquerello (35 x 26 cm)<br />
Collezione privata, Italia<br />
Dipinto commissionato per Vittorio Emanuele II<br />
(Immagine gentilmente concessa da Sotheby's, New<br />
Bond Street, London)<br />
22
23
Fig. 20. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Pesto - Sulla riva del Sele<br />
Olio su carta applicata su tela (22,5 x 19,5 cm)<br />
Collezione privata, Napoli<br />
Illustrato in bianco e nero nella monografia su<br />
“<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong>” a cura di Sergio Ortolani, 1930<br />
(Collezione Ferrara, Napoli)<br />
Fig. 21. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Veduta dei templi di Paestum<br />
Tempera su cartoncino (26,5 x 18,8 cm)<br />
Certosa e Museo Nazionale di San Martino, Napoli<br />
Fig. 22. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806 -1876)<br />
Studio dei Templi di Paestum, 18<strong>28</strong>-1838<br />
Matita su carta<br />
Società Napoletana di Storia Patria, Napoli<br />
21<br />
22<br />
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25<br />
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23<br />
26
24<br />
Fig. 23. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806-1876)<br />
Capaccio, Veduta interna di un cortile, 1868<br />
Acquerello, matita e biacca<br />
Museo Correale, Sorrento (Sala 20)<br />
Fig. 24. <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> (1806-1876)<br />
Veduta di Paestum, 1835<br />
Acquerello (33 x 20 cm)<br />
Collezione privata, Londra<br />
Riferimenti bibliografici:<br />
Sergio Ortolani (a cura di), <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong>, monografia della<br />
Collana " L'arte per tutti", Istituto nazionale LUCE, Roma, 1930<br />
Alfredo Schettini, <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong>, Mele Editore Napoli, 1956<br />
Raffaello Causa (a cura di), Campania Felix, Acquerelli di<br />
<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong>, Catalogo della mostra, Società Editrice<br />
Napoletana, 1984<br />
Sergio Ortolani, <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> e la pittura di paesaggio in<br />
Italia dal '600 all'800, a cura di Luisa Martorelli, Editore Di<br />
Mauro Franco, Napoli, 2009<br />
AA.VV. (a cura di), <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> e la Scuola di Posillipo,<br />
catalogo della mostra a Castelnuovo, Sale della Loggia, Electa<br />
Napoli, 1993<br />
Nicola Spinosa (a cura di), La Collezione Angelo Astarita al<br />
museo di Capodimonte: <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong> e la scuola di<br />
Posillipo, catalogo della mostra a Palazzo Reale di Napoli,<br />
Stamperia napoletana, 1972<br />
Nicola Spinosa (a cura di), I colori della Campania. Omaggio a<br />
<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong>, catalogo della mostra al Museo Diego<br />
Aragona Pignatelli Cortes, Electa Napoli, 2006<br />
Isabella Valente, La Scuola di Posillipo. La luce di Napoli che<br />
conquistò il mondo, Edizioni Mediterranea, 2019<br />
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Massimo esponente della “Scuola di Posillipo”, la<br />
corrente pittorica fiorente a Napoli nella prima metà<br />
dell'Ottocento caratterizzata da una visione libera e<br />
autentica del paesaggio in continuità con le nuove tendenze<br />
europee della stagione romantica, <strong>Giacinto</strong><br />
<strong>Gigante</strong> è apprezzato per i suoi suggestivi acquerelli<br />
dalle dense atmosfere luminose e cariche di emotività,<br />
capace di rappresentare la bellezza dei luoghi colti<br />
nella loro intimità come risonanza degli stati d'animo<br />
più profondi, dei sentimenti in tutte le loro delicate e<br />
sottili sfumature.<br />
Tra le vedute di Napoli e dintorni, delle marine incantate,<br />
delle località solitarie, “laddove il silenzio e<br />
l'immensità della natura offrono emozioni ancora<br />
vergini”, dei piccoli spazi quotidiani, dei luoghi mitici,<br />
“toccati dalla sacralità del mondo antico”, sono<br />
partecipi numerosi dipinti di Paestum e dei suoi<br />
monumenti realizzati dal geniale artista in diversi<br />
tempi della sua vita.<br />
Immagine di copertina<br />
Domenico Morelli (1823 -1901)<br />
Ritratto di <strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong>, 1859<br />
Museo Nazionale di San Martino, Napoli<br />
collana<br />
I Quaderni dell’Arte<br />
a cura di Costabile Cerone<br />
<strong>Quaderno</strong> <strong>28</strong> - <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
<strong>Giacinto</strong> <strong>Gigante</strong><br />
Le vedute di Paestum<br />
Copyright: © <strong>2023</strong> PAESTUMinARTE<br />
Questo è un articolo ad accesso aperto distribuito secondo i termini della Creative Commons<br />
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