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Apitalia 10_2023

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SPECIALE PROGETTO

FILIERA DELL’APE ITALIANA

massimo di 72 ore (Foto 1).

La necessita di reperire larve a stadi di sviluppo

così precoce risponde a due esigenze: la

prima biologica, ovvero saranno larve ancora

nutrite esclusivamente con pappa reale e quindi

“lontane” dall’inversione di casta; la seconda

di natura strettamente tecnica, ovvero l’utilizzo

di larve di età compresa tra le 24 e le 48 ore

ci garantisce la maturazione della cella reale e

il suo sfarfallamento dopo l’undicesimo giorno

dal traslarvo.

Sul cupolino di destinazione è bene mettere una

goccia di pappa reale per facilitare il rilascio della

larva, evitandone il danneggiamento: tuttavia

esistono diverse tecniche di traslarvo che vengono

definite a “secco”, cioè che non prevedono

l’utilizzo di pappa reale sul fondo della cella.

In commercio oggi esistono sia cupolini in cera

d’api sia in plastica.

La principale differenza sta nella forma: la classica

forma a “ mezzo uovo” quella di cera, semicilindrica

quella in plastica.

Ad oggi non sono note differenze sostanziali

nell’utilizzo della cera piuttosto che della plastica,

benché la prima abbia un impatto ecologico

positivo e rispetti l’utilizzo di matrici naturali.

Altro fattore che incide notevolmente sulla

buona riuscita e sulla qualità del traslarvo è

l’ambiente di lavoro.

Effettuare numerosi traslarvi vuol dire mettere

la covata fresca per un tempo variabile in condizioni

differenti da quelle ideali e controllate

all’interno dell’alveare, ma soprattutto essendo

ancora disopercolata risulta essere facilmente

suscettibile alle variazioni termiche.

È pertanto fondamentale individuare un locale

chiuso a temperatura “controllata”, evitando luoghi

di fortuna e ambienti esposti a fattori climatici.

2. maturazione celle reali

Una volta effettuati i traslarvi, questi verranno

inseriti in appositi alveari (cassoni) i quali si occuperanno

dell’accettazione e della nutrizione.

Si definiscono cassoni, alveari orfani o semiorfani,

a cui viene affidata la nutrizione, l’opercolatura

e la maturazione delle celle reali.

Ad oggi esistono diversi modelli di cassoni che

differiscono l’uno dagli altri per forme e dimensioni

(in termini di covata e popolazione al suo

interno).

I principali cassoni utilizzati nel panorama italiano

ad oggi risultano esser 3:

Cassone a favo caldo (Foto 2):

è un cassone da 10 o

12 telai Dadant Blatt,

Foto 2

ruotati orizzontalmente

di modo che la

faccia del telaio risulti

parallela alla fessura

d’uscita.

La sezione anteriore, che accoglie 3 telai più il

portastecche, è orfana ed è separata tramite escludiregina

verticale dalla sezione posteriore dove

trovano alloggio i restanti telai con la regina.

È un cassone caratterizzato da un’ampia popolazione

che garantisce un’ottima nutrizione e

mantenimento delle condizioni ideali di sviluppo

delle celle reali.

Nel rispetto della qualità, il numero medio/

massimo di celle da nutrire e di 15–18 celle reali

contemporaneamente fino alla loro opercolatura.

Cassone triplo o all’italiana (Foto 3):

è un cassone che sostanzialmente

somma

in un’unica struttura

2 alveari standard da

10 favi (lateralmente)

e un nucleo da 6 favi

Foto 3

(centralmente), ciascuno

con la sua via d’uscita.

I due laterali ospitano due famiglie con regina e

sono messi in comunicazione con il nucleo centrale

mediante una feritoia interna con escludi regina.

Il nucleo centrale è orfano e accoglie 4 telai più

2 portastecche.

Pertanto la sua capacita di allevamento risulta

raddoppiata rispetto ad un cassone singolo (vedi

sopra).

24 | Apitalia |10/2023

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