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12 In questi ultimi tempi c’è un gran parlare tra preti, genitori, perfino vescovi attorno al valore e al significato dei Seminari Minori, visto che in non poche Diocesi questi non esistono più per mancanza di seminaristi. Abbiamo incontrato mons. Luigino Perin, Rettore del nostro Seminario minore: don Luigino, il Seminario Minore, cioè l’esperienza di vita comunitaria e di ricerca vocazionale proposta ai ragazzi dalla Scuola Media all’ultimo anno della Scuola Superiore, è proprio necessario? Non se ne potrebbe fare a meno? Sicuramente ci sono stati tempi in cui il Seminario Minore non esisteva. Ma dobbiamo subito dire che è la sapienza pastorale della Chiesa che ha trovato questa via di formazione assai significativa. Allora potremmo dire che se non ci fossero, bisognerebbe inventare qualche cos’altro di altrettanto valido. Ma non è compito di ogni comunità cristiana annunciare le vocazioni e farle maturare al suo interno? Seminario Minore Il Seminario Minore: se non ci fosse bisognerebbe inventarne uno... Sì, certo, l’annuncio di tutte le vocazioni, quindi di quella matrimoniale come di quella sacerdotale, religiosa, missionaria ecc. è un compito essenziale di ogni comunità. Ma non ogni comunità ha le strutture e l’esperienza per potere seguire lo sviluppo della vocazione sacerdotale. Che cosa vi è di più in Seminario che non c’è in parrocchia? Io non porrei le cose in questo modo, perché il Seminario non sostituisce la famiglia o la comunità parrocchiale. Piuttosto si affianca a loro per offrire alla vocazione personale dei ragazzi e dei giovani, un servizio maggiormente specifico e continuativo. Il Seminario Minore è una via di formazione e non solamente una proposta di pastorale vocazionale. Come tale si colloca “oltre” ogni altra proposta vocazionale…. è una via da preferire nel limite delle possibilità che la realtà diocesana Le norme danno ragione a Don Luigino “Oltre al seminario maggiore il Vescovo si preoccuperà, laddove è possibile, di costruire il seminario minore di sostenerlo dove è già presente. Tale seminario dovrà essere inteso come una peculiare comunità di ragazzi dove vengono custoditi e sviluppati germi della vocazione sacerdotale. Il Vescovo diocesano imposti il seminario minore secondo un tenore di vita conveniente all’età, allo sviluppo degli adolescenti e secondo le norme di una sana psicologia e pedagogia sempre nel rispetto della libertà dei giovani nella scelta di vita. Il Vescovo, inoltre, sia consapevole che questo tipo di comunità necessita della continua circolarità educativa della comunità educante del seminario, dei genitori dei ragazzi e della scuola. Per la sua naturale e la sua missione, sarebbe bene che il seminario minore divenisse nella diocesi un valido punto di riferimentodella pastorale vocazionale, con opportune esperienze formative per ragazzi che sono alla ricerca del senso della loro vita, della vocazione che sono già decisi a intraprendere la strada del sacerdozio ministeriale, ma non possono ancora iniziare un vero cammino formativo. Il Vescovo promuova un’intesa collaborazione tra la comunità educativa del seminario maggiore e quella del seminario minore in modo che non vi sia discontinuità nelle linee di fondo della formazione e quest’ultimo offra un’adeguata e solida base a coloro che doranno continuare il cammino vocazionale nel seminario maggiore Dal Direttorio per la pastorale dei Vescovi(86) offre. Ringraziamo dunque il Signore che la nostra Diocesi si può ancora permettere un Seminario Minore. Vi sono Diocesi, anche in Italia, che non lo possono avere per mancanza di forze. Ma che cosa deve pensare un ragazzo, magari giovane che voglia entrare in Seminario? Deve per forza pensare di diventare prete? Il Seminario chiede esplicitamente ai ragazzi e alle loro famiglie, non solo di “pensare” alla possibilità di diventare preti, ma anche di mettersi concretamente in gioco… facendo delle scelte controcorrente. Le proposte che di solito vengono dalle parrocchie mirano maggiormente a far conoscere la possibilità, a fare diffondere e maturare l’idea di diventare preti, ma non riescono ad andare oltre… a dare una possibilità di “sperimentare”…
A dieci anni dalla scomparsa di Suor Bertilla Masolo E’ vero che la morte non rompe gli affetti e gli impegni. Ne è un esempio come continua lo Spirito di Sr. Bertilla. Il Lago Vittoria, in un tragico naufragio all’alba del 21 maggio 1996, ha inghiottito il corpo di suor Bertilla Masolo, assieme a quelli di due consorelle e di almeno 800 tanzaniani, ma non il suo sogno: far funzionare la scuola per infermiere, interna all’Ospedale di Lugana. L’esperienza acquisita per vent’anni ad Hong Kong aveva permesso a suor Bertilla di stabilire le priorità necessarie allo scopo. E’ partita alla grande, inte- ressando al progetto molte persone, cominciando a costruire piccole abitazioni per le ragazze, predisponendo un orticello perché fossero autosufficienti, chiedendo aiuti per poter pagare gli insegnanti… Ma la provvidenza aveva deciso che dovessimo essere noi, fratelli, conoscenti e amici delle missioni a completare l’opera! E così il passaparola, l’instancabile impegno di molti e l’aiuto economico di altri hanno consentito che il “sogno” di suor Bertilla in questi dieci anni si avviasse a divenire realtà. Quasi 300 ragazze in questi anni hanno conseguito l’abilitazione ad indirizzo infermieristico ed hanno potuto cominciare a lavorare in ospedali e dispensari della zona, fra le più colpite dell’Africa da Aids. Malaria cerebrale e altre malattie. Altre giovani, più in difficoltà, Dal Pakistan per dire grazie Sr. Lorenza Corrà scrive a don Arrigo per ringraziare per l’aiuto ricevuto peri terremotati del Pakistan e spiega come è stata usata la somma ricevuta. “trovandomi qui, ho spesso l’occasione d’incontrare alcune persone che vengono dal Pakistan. A fine gennaio ho incontrato p. Samsoni, il provinciale dei Francescani in Pakistan. Lui è stato sui luoghi del disastro. Ha detto ciò, che colpisce è vedere tutto raso al suolo. In questi giorni è passato nel nostro centro, qui, il Vescovo di Rawalpindi Mons. Anthony Lobo. La sua Diocesi è al centro di quanto è successo. Ha cinquecento bambini sotto le tende con le famiglie a cui provvede, più duecento orfani che ha accolto in un orfanotrofio. Mons. Lobo ha detto che il disastro è talmente grande che il Governo da solo non può far fronte. Ho già comunicato con le Sorelle di Latore e l’offerta verrà destinata a Lui. dalle missioni 13 vengono indirizzate ad una preparazione sociale o amministrativa e all’apprendimento della lingua inglese che permetterà loro di affermarsi in un contesto sociale prettamente maschile. Molto è stato fatto ma molto di più resta da fare… Proprio l’Aids sta decimando gli africani, moltissimi bambini restano senza genitori e vengono ospitati da parenti e conoscenti, ma devono essere curati! Vi è quindi la necessità di un reparto pediatrico da affiancare all’Ospedale di Zigana, dove suor Bertilla ha tanto lavorato e per il quale ha voluto con determinazione preparare le infermiere, delle quali era sorella e mamma, oltre che insegnante. Noi fratelli, amici e sostenitori sappiamo che suor Bertilla, lassù, sta lavorando più di prima e ci sostiene con il suo immancabile sorriso. In questi giorni in Pakistan è accaduto un altro terremoto, quello che tutti abbiamo visto in TV. Le mie Sorelle lo vivono ancora con paura in questa terribile settimana. L’incendio di McDonald a Latore è stato a pochi metri dal nostro convento. Avevano cercato di assediare la Cattedrale, ma per fortuna i militari sono arrivati in tempo a difenderla: Prima c’erano stati sempre alti e bassi, la ora la situazione è tesa. Si spera e si confida in Dio! A Peshawar le Suore della Presentazione hanno avuto la scuola bruciata. Passerà anche questo, se è volontà di Dio! Le chiedo scusa se mi sto allungando. Sono contenta di essere un anello tra Vicenza e il Pakistan. Con tanta riconoscenza Sr. M. Lorenza Corrà
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