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pdf per la stampa - Teoria e Storia del Diritto Privato

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G. ROMANO – Permuta ed evizione in un noto testo 58<br />

Né pare si possa egualmente condividere<br />

l’osservazione <strong>per</strong> cui il modo di esprimersi di<br />

Paolo <strong>la</strong>scerebbe «intendere che l’azione concessa<br />

nel § 2 [id est: 1] e quel<strong>la</strong> in id quod interest <strong>del</strong> § 4<br />

sono due azioni diverse, il che risulterebbe <strong>per</strong>fettamente<br />

comprensibile se egli alludesse a due azioni<br />

pretorie in factum, nel<strong>la</strong> prima <strong>del</strong>le quali il<br />

factum descritto nell’intentio (l’evizione) era diverso<br />

dal factum previsto nell’intentio <strong>del</strong><strong>la</strong> seconda (<strong>la</strong><br />

cessione, in quanto azione pretoria, sarebbe dipesa da una<br />

«valutazione discrezionale <strong>del</strong><strong>la</strong> fattispecie concreta da parte<br />

<strong>del</strong> magistrato»; adesivamente T. DALLA MASSARA, Alle<br />

origini, cit., 186 ss., ove si segna<strong>la</strong> un <strong>per</strong>corso di «“civilizzazione”<br />

<strong>del</strong>l’azione contrattuale» dal passaggio dall’azione<br />

<strong>la</strong>beoniana a quel<strong>la</strong> aristoniana-mauricianea; scettico sul<br />

punto (ma in termini che in realtà non fanno altro che rafforzare<br />

<strong>la</strong> sensazione che occorra una sostanziale riconsiderazione<br />

<strong>del</strong> rapporto tra i diversi meccanismi di tute<strong>la</strong><br />

sul piano <strong>del</strong><strong>la</strong> configurazione <strong>del</strong>le sottostanti situazioni<br />

giuridiche soggettive) M. TALAMANCA, Pubblicazioni, cit.,<br />

734 («né […] credo possa incidere il profilo […] che col<br />

mezzo aristoniano si veniva ad “eludere <strong>la</strong> discrezionalità<br />

pretoria”, ché neppure l’actio incerti era edittale, nel senso<br />

che vi fosse una formu<strong>la</strong> di portata generale proposta<br />

nell’editto, cui l’attore potesse direttamente riferirsi, ché da<br />

tale punto di vista, l’azione veniva sempre concessa dal<br />

pretore»: con un punto di vista che sembra segnare un significativo<br />

allontanamento rispetto a quanto sostenuto<br />

dallo stesso studioso in ID., voce Processo civile, in Enc. dir.,<br />

XXXVI, Mi<strong>la</strong>no, 1987, 53 s., ove piuttosto sembrava addirittura<br />

configurarsi <strong>la</strong> sussistenza di un obbligo «costituzionale»<br />

da parte <strong>del</strong> magistrato giusdicente al<strong>la</strong> concessione<br />

di azione civile, pur in assenza di previsione a livello<br />

edittale.<br />

59 TSDP – V 2012<br />

mancata datio <strong>del</strong> soggetto che aveva già ricevuto<br />

una datio). Se invece l’azione fosse stata quel<strong>la</strong> praescriptis<br />

verbis essa avrebbe avuto sempre <strong>la</strong> stessa<br />

formu<strong>la</strong>, <strong>per</strong>ché l’actio in factum civilis descriveva in<br />

ogni caso, nel<strong>la</strong> demonstratio, il contratto intervenuto<br />

fra le parti» 92 .<br />

Nel brano non sembrano esservi elementi<br />

concreti che avvalorino una siffatta interpretazione<br />

93 , <strong>per</strong> quanto si deve invece concordare<br />

con l’idea di una invarianza <strong>del</strong>lo ‘Streitprogramm’<br />

nelle diverse ipotesi applicative, non<br />

sembrando da questo punto di vista seriamente<br />

praticabile <strong>la</strong> congettura di un’actio in factum civilis<br />

specificamente calibrata sul fatto in concreto<br />

fondativo <strong>del</strong><strong>la</strong> pretesa (evizione, inadempimento<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> controprestazione) 94 , che tra l’altro, avrebbe<br />

92 C.A. CANNATA, Labeone, cit., 79.<br />

93 Lo nota già correttamente C. PELLOSO, ‘Do ut des’, cit.,<br />

161, nt. 133 («mi pare un’impressione <strong>del</strong>lo studioso più<br />

che un dato emergente dal testo»).<br />

94 Così parrebbe, ma in termini che <strong>la</strong>sciano un po’<br />

<strong>per</strong>plessi e che in sostanza rischiano di enfatizzare il rilievo<br />

<strong>del</strong> notissimo sch. Maqèn di Stefano (‘¼tij dihge‹tai<br />

men æj n demonstrat…wni tÕ pr©gma) sul piano <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

individuazione <strong>del</strong> fatto fondativo <strong>del</strong><strong>la</strong> pretesa, e che non<br />

tengono invece conto <strong>del</strong> fatto che nel<strong>la</strong> prospettiva dei<br />

giuristi romani ciò che individua <strong>la</strong> ragione <strong>del</strong>l’azione, non<br />

è l’inadempimento <strong>del</strong><strong>la</strong> prestazione o <strong>la</strong> subita evizione,<br />

ma il rapporto contrattuale unitariamente considerato, C.<br />

PELLOSO, ‘Do ut des’, cit., 161, nt. 133: «in secondo luogo il<br />

sostenere che l’actio praescriptis verbis descriva “immutabilmente”<br />

solo il contratto (ossia, nell’impostazione <strong>del</strong><br />

Cannata, l’accordo o l’affare divisato dalle parti), significa,

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