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DA DIECI ANNI

DA DIECI ANNI - Ciessevi

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<strong>DA</strong> <strong>DIECI</strong> <strong>ANNI</strong>dal cuore del volontariato1998-2008


Fotografie: © Paolo SagliaProgetto grafico: Massimo Montecorboli (Caritas)Impaginazione e stampa: Print Lab S.r.l. - Spazio Aperto S.c.a.r.l. (Progetto Altamira)Finito di stampare nel mese di novembre 2008


ciessevi 1998-2008da dieci annidal cuoredel volontariato


indiceintroduzione 51 Ciessevi 71.1 Da dove siamo partiti Marco Granelli, Presidente CSVnet 71.2 Ciessevi si presenta Marco Pietripaoli, Direttore Ciessevi 81.3 Dieci anni di attività 101.4 Le strategie per il futuro Emilio Lunghi, Vicepresidente Ciessevi 132Il volontariato 152.1 Volontario… io. Autobiografie di volontariato 152.2 Esperienze a confronto 252.3 Relazioni sul volontariato 412.4 Assemblea Progettuale Ciessevi Milano, sabato 14 giugno 2008 483I servizi di Ciessevi per il volontariato 58


5introduzionedi Lino Lacagnina, Presidente CIESSEVIIl contesto nel quale viviamo ci ha abituati auno stile di vita che può sintetizzarsi nello slogandel “mordi e fuggi” o del “fast food“. La riflessionee la rielaborazione per imparare dall’esperienzae dagli errori commessi è fuori moda. Non si addiceal nostro tempo.In questo ambiente emerge un fenomeno in“controcorrente” formato da persone che voglionoapprofondire, comprendere e assimilaregli aspetti “nutritivi” che derivano dalla propriaesperienza, indipendentemente dal fatto chesia positiva o meno, perché sono convinti che,effettuando questa operazione, automaticamentequell’esperienza diverrà positiva.Ciessevi è tra questi soggetti, siamo per lo “slowfood”, per assaporare con calma, fare attenzioneal gusto delle emozioni, alle sensazioniche le nostre esperienze, attività, impegni, relazionicon gli altri, ci donano e ci trasmettono.Per Ciessevi celebrare ha un senso. Ha un sensoperché, per noi, la celebrazione vuol dire ritrovareil senso. Rintracciare il perché di ciò che èavvenuto vuole dire dare continuità a ciò che sista facendo. Riconoscere, in questa continuità,vuol dire dare una prospettiva verso quello chesi sta per intraprendere.È con questo significato che abbiamo immaginatoil decennale di Ciessevi e, con questa pubblicazione,abbiamo voluto dare memoria deifatti e delle persone che hanno caratterizzatoquesti dieci anni.Qui troverete la nostra storia. Da dove siamo partiti,raccontata da un protagonista straordinariodi questo lungo e avventuroso viaggio: MarcoGranelli, Presidente per otto anni di Ciessevi. Seoggi siamo qui, solidi e ottimisti sul futuro, lo dobbiamoa lui e a tutti coloro (componenti delConsiglio esecutivo, del direttivo, rappresentantidei Soci, operatori e consulenti) che insiemecon lui hanno reso possibile, in questi anni, raggiungerei risultati di cui noi siamo i beneficiari ei custodi. Guai, se anche noi che facciamoparte del mondo del volontariato, ci dimenticassimodella rilevanza del fattore umano e delsenso di gratitudine per coloro che, con il loroimpegno e la loro passione, ci aiutano a realizzareimprese altrimenti impossibili.Troverete anche i fatti, le attività che sono staterealizzate e, anche, in questo riassunto appaionoevidenti le intuizioni innovative che Ciessevi hasaputo individuare per far fronte alle esigenzesempre nuove e sempre più complesse a cui leOrganizzazioni di Volontariato devono fare fronte.Infine, sempre nella prima parte, troverete cosaè e come lavora oggi la “struttura operativa”,dopo le diverse riorganizzazioni, avvenute nelcorso degli anni, fino all’attuale assetto, realizzatosia fine 2007.La seconda parte della pubblicazione, dedicataal mondo del volontariato, fa leva suquanto è emerso durante la fase della progettazionepartecipata per il prossimo biennio enelle varie iniziative del decennale.Anche in questo caso abbiamo voluto mettereinsieme i fatti e le persone e, in questo binomioinscindibile che caratterizza il volontariato, abbiamoprovato ad evidenziare anche alcune testimonianzee idee sul tema del volontariato.Ecco allora una serie di testimonianze le “autobiografiedel volontariato”, i poster delle “Esperienzea confronto” inviati dalle OdV per il convegno,gli interventi più significativi di questianni, e quelli degli intervenuti all’Assemblea Progettualedel 14 giugno 2008.È di questo interessante patrimonio che vogliamolasciare una traccia con questa pubblicazione.Anche se non avrai il tempo di leggerlo, vorremmosperare che la rapida lettura dell’indiceo la lettura veloce di questa introduzione ti inducaalmeno a deporlo in un luogo dove, poi,tu possa ritrovarlo facilmente e, con il tempo, ticonsenta di appropriarti di questa memoriache è tua e nostra insieme perché vuol esserela nostra memoria collettiva.Buona lettura.


1 CiesseviDa dove siamo partiti71.1di Marco Granelli, Presidente CSV.netNell’agosto del 1991, dopo circa 15 anni dalleprime iniziative nazionali che incominciavano aporre all’attenzione di tutti un fenomeno nuovodella società italiana, quello del volontariatomoderno, il Parlamento italiano vota, quasi all’unanimità,la legge quadro sul volontariato.Una legge che riconosce questa ricchezzadella società civile italiana e fissa i rapporti conle istituzioni e le azioni di sostegno e di favoreche lo Stato mette a disposizione delle esperienzedi volontariato per fare in modo chepossa svolgere bene il suo prezioso contributoall’interesse generale.Uno degli strumenti più innovativi del sostegnoal volontariato, inserito all’ultimo momento nellalegge, e fin dall’inizio poco sentito e riconosciuto,è stato l’articolo 15, quello che istituisce i Centridi Servizio per il Volontariato. Poche righe, moltochiare, riprese poi nella successiva legge di riformadelle fondazioni di origine bancaria chedispone l’erogazione di risorse economiche daparte di questi enti per la costituzione di Centrifinalizzati a mettere in campo azioni a sostegnoe qualificazione delle organizzazioni di volontariato.Poche righe che, con una grande intuizione,affidano risorse e strumenti allo stesso volontariatoaffermando, con chiarezza, che iCentri di Servizio sono a disposizione del volontariatoe, soprattutto, sono gestiti e costituiti dallestesse organizzazioni di volontariato. Una garanziadi autonomia e sussidiarietà nel dare lechiavi e le risorse per lo sviluppo agli stessi soggettie non ad altri. Il rischio era, infatti, di consegnarequeste risorse per lo sviluppo del volontariatoad altri soggetti delle istituzioni o delmercato, non riconoscendo la giusta autonomiadel volontariato, che proprio per sua naturaha il diritto ad essere soggetto e governo del suostesso sviluppo.Una grande intuizione, ma anche una grandedifficoltà perché si trattava di mettere insiemele differenti e complesse esperienze del volontariatoe, nello stesso tempo, di contrastare coloroche nelle regioni e nelle fondazioni avevanopromosso azioni legali di contrasto aquesto articolo che, invece, la Corte Costituzionaleha poi definitivamente dichiarato e legittimatonel 1993.Per questi motivi in Lombardia, una delle prime regioniitaliane che hanno attuato l’articolo15 dellalegge, solo nell’aprile del 1997 il Comitato di Gestione,costituito secondo i decreti attuativi dellalegge 266/91, ha emesso il bando per la costituzionedei Centri di Servizio per il volontariato. All’iniziodi luglio dello stesso anno, a Milano, si è costituitoil primo nucleo dell’associazione Ciessevi,nato dalla volontà comune di circa 15 realtà ereti associative del volontariato milanese. Unatappa di un percorso nato un anno prima dovein tre differenti gruppi e percorsi, diversi soggettidel volontariato milanese avevano cominciato aragionare su come dare attuazione a quell’articolo,prendendo anche lo spunto da esperienzedi reti associative che, grazie a convenzioni conla Provincia di Milano, da qualche anno stavanorealizzando esperienze di rete. Voglio ricordaredue persone, che nel frattempo ci hanno lasciato,che in quegli anni hanno donato tempo,competenza e coraggio per quest’obiettivo: LucianoBelmuso di UISP e Vodia Cremoncini delMoVI che, insieme a Sergio Silvotti, Mario Brambilla,Daniela Mazzuconi, don Virginio Colmegna,hanno lavorato assiduamente e contribuito araggiungere il nucleo centrale della futura associazioneche avrebbe gestito Ciessevi. La lorogrande intuizione è stata quella di unire i diversigruppi e le reti che già stavano lavorando su tematichecomuni. In un contesto culturale dove,spesso, è la competizione e la concorrenza aprevalere, in quegli anni si è voluto utilizzare e farprevalere il concetto di cooperazione e collaborazioneper dare inizio ad un soggetto che semprepiù fosse, fin dall’inizio, riconosciuto come lacasa di tutti, di tutto il volontariato milanese perfarlo crescere insieme nella sua complessità e ricchezza.Infatti, se si vuole sostenere il volontariatomettendo a disposizione servizi come la formazione,la promozione, la consulenza, non lo sipuò delegare ad altri, perché queste azioni nonsono asettiche, ma il modo con cui si gestisconodipende dall’identità del volontariato e dall’ideadi sviluppo che si vuole avere.Quindi, solo il 27 novembre del 1997 l’associazioneCiessevi è riconosciuta come Centro diServizio e può, finalmente, iniziare a mettere inatto il progetto per il primo biennio. Nascono cosìnel gennaio 2008 le prime azioni e i primi servizicon lo sportello di consulenza: è il primo punto di


8contatto, ascolto, informazione che viene offertoalle associazioni e subito si deve attrezzare peraccogliere il ciclone del decreto delle Onlus approvatoproprio nel dicembre del 1997. SubitoCiessevi si schiera a tutela del volontariato ottenendodal Ministero una circolare che ribadisce,di fronte ai primi dubbi della burocrazia, che il volontariatoè in sé Onlus senza dover sottostare adulteriori adempimenti oltre a quelli della legge266/91. In seguito dopo il servizio di consulenzasi affianca la formazione. Qui Ciessevi compieuna scelta fondamentale: per fare servizi decidedi avvalersi non solo di competenze tecnicheacquisite dai propri operatori o consulenti, masceglie di valorizzare quanto negli anni il volontariatoha costruito con competenza e autonomia.Infatti, si attivano due strade che poi costituirannoun asse di molti Centri di Servizio: da unaparte ci si avvale, attraverso convenzioni, dell’esperienzasvolta da reti, come il MoVI, che gestivaun servizio di consulenza, informazione, documentazionee formazione; dall’altro sivalorizzano, tramite procedure di selezione, leesperienze di formazione realizzate dalle associazionidi volontariato riconoscendo la partnerschipe l’originalità della rete proponente permetterle a disposizione di tutto il volontariato. Uncriterio concreto per fornire servizi e per sostenerecapacità e competenze a partire dal volontariatostesso. Un metodo originale e tangibile chedarà corpo al principio “dal volontariato per il volontariato”,lo slogan che Ciessevi ha sceltocome guida del suo sviluppo. Una principio chesarà utilizzato in seguito per molte altre iniziative.Nel corso degli anni 1998 e 1999 e fino al 2000 sicompleta il percorso di strutturazione del CentroServizi di Milano con l’aggiunta di nuovi serviziquali: la comunicazione, la documentazione, ilsupporto alla progettazione e alla capacità delleorganizzazioni di rispondere ai bandi, la bancadati e la promozione del volontariato. Infine,scelta fondamentale effettuata in quegli anni,c’è stata la definizione della presenza nei territori.Non solo per decentrare i servizi, ma per incontraree coinvolgere le realtà del volontariato locale,di piccole dimensioni, ma fondamentaleper definire la missione e l’indirizzo di Ciessevi eper valutarne la sua capacità di realizzazione.Inoltre, Ciessevi fin da subito ha promosso la relazionecon gli altri Centro di Servizio a partire daquelli della Lombardia: nei primi mesi del 2001 iCentri lombardi hanno iniziato a lavorare insiemeper costruire dei rapporti con le istituzioni e gli entidella Regione Lombardia, fino a costituire un veroe proprio Coordinamento dei Centri di Servizioche ha fatto scuola a livello nazionale.In questa linea Ciessevi è stato anche fondatore,nel marzo del 1999, del Collegamento nazionaledei Centri di Servizio per il volontariato chepoi è cresciuto ed è diventato CSVnet, soggettoche oggi raccoglie 71 dei 77 Centri di Serviziopresenti in Italia con il compito di rappresentaree coordinare, a livello nazionale, questa originaleesperienza.Ciessevi si presenta1.2di Marco Pietripaoli, Direttore CIESSEVIQuaranta dipendenti, sessanta tra consulenti edocenti al servizio di duemila organizzazioni ecentomila volontari che operano nella provinciadi Milano.Entrate un giorno qualsiasi nella sede Centrale dipiazza Castello al 3, o in una delle sedi dei dodiciLaboratori Territoriali presenti in provincia, e trovereteun brulicare di persone che si incontrano,telefonano, scrivono, ascoltano, pensano, progettanoe aiutano a realizzare sogni.Sono gli operatori di Ciessevi e i volontari, operatorie dirigenti delle organizzazioni di volontariatoattive nella provincia di Milano, che collaboranoinsieme per rendere più solide e solidalile “imprese” del volontariato locale.Quello che colpisce è la qualità delle relazionie dei contenuti: si cerca sempre di ascoltare i bisognidei volontari e quindi di co-costruire, cioècostruire assieme, interventi, iniziative, progetti,eventi nei quali il ruolo primario deve esserequello delle organizzazioni di volontariato, mentreCiessevi svolge un servizio di facilitatore e di“alleggerire” il peso alle associazioni.Anno dopo anno si stanno moltiplicando le progettualitàdecentrate nei territori, cioè negli ambitidistrettuali locali. Stiamo cercando di favorirel’incontro e la collaborazione tra i volontari locali,andando a offrire risposte laddove le necessitàe le risorse si manifestano.Il metodo di lavoro prevede:− rilevazione dei bisogni (supposti, consapevolied esplicitabili), tramite ascolto diretto oquestionari o verifiche periodiche;− messa in rete dei soggetti interessati, coinvolgendoladdove possibile anche altri soggettipubblici e del privato sociale, al fine dicondividere idee e risorse;− messa a disposizione di un pool di esperti internie/o esterni in grado di soddisfare unvasto ventaglio di bisogni/domande;− innovazione nei servizi, anche con un fortesviluppo di servizi informatici;


9− decentramento dei servizi, portati il più vicinopossibile ai destinatari.Per raccontarla con un linguaggio “aziendale”,Ciessevi è un’azienda multiservizio orientata alcliente, cioè una organizzazione promossa da organizzazionidi volontariato e del terzo settoreinteressate ad ascoltare le molteplici esigenzedei potenziali fruitori, al fine di realizzare ed ampliarela gamma dei servizi che vengono fornitiai volontari stessi.Ne consegue una forte spinta e disponibilità all’innovazione,grazie alla partecipazione delleOdV stesse, alla voce dei volontari, agli effetti dellavoro di rete, ma, sempre di più, grazie anche all’interazionecon altre organizzazioni di Terzo Settore,con la Provincia di Milano, i Comuni, le ASL,le Università e, più recentemente, anche con alcuneaziende profit.Le Organizzazioni di Volontariato negli ultimi annihanno segnalato alcune difficoltà legate ai diversiaspetti della loro vita. Le problematiche individuatesono articolate in quattro aree:− reclutamento di nuovi volontari e la relativaformazione, soprattutto motivazionale;− gestione organizzativa e amministrativa interna;− governo dei rapporti con le istituzioni pubblichee le reti locali;− reperimento di risorse economiche e raccoltafondi utili a garantire la corretta erogazionedei servizi, oltre che la sussistenzaassociativa.L’organizzazione di Ciessevi ha cercato di farfronte a questi ed altri bisogni, nel 2007 adesempio con le seguenti azioni:− oltre 7.000 contatti e informazioni di orientamentoal volontariato;− 15.000 studenti incontrati in 40 scuole, per interventidi promozione del volontariato;− 3.600 consulenze giuridiche, fiscali, amministrative,gestionali, … ma anche di supportoalla progettazione;− 145 corsi di formazione e seminari per oltre3.500 volontari per un totale di oltre 60.000ore di formazione;− 80 uscite (comunicazione) sui mass-medialocali e nazionali, 1.200 notizie sul sito internet,visitato da oltre 500 persone al giorno,25 newsletter, 6 numeri della rivista bimestrale;− un centro di documentazione con 5.000 volumie documenti;− una banca dati con oltre 6.500 organizzazioniregistrate;− 4 ricerche realizzate;− l’ospitalità logistica di 90 riunioni di OdV;e altro ancora.Lo stile è sempre quello di sostenere, incoraggiaree accrescere conoscenze, competenze ecapacità. Sempre meno, invece, fare assistenza,sostituzione, creazione di dipendenza. Cerchiamonon di “regalare il pesce”, ma di “insegnare a pescare”e, sempre più spesso, cerchiamo di insegnareanche a “costruirsi la canna da pesca” ead andare a “pescare in compagnia”.Uno dei modi, per superare la parcellizzazione ela frammentarietà del forte e robusto tessuto di volontariatoche pervade la società civile milanese,è quello di sostenere le progettualità interassociativee dare spazio a nuove modalità di interventoche rispondono a nuovi bisogni emergenti.Ci stiamo accorgendo che questo modo di procedereci porta con una certa velocità ad unasignificativa evoluzione dei servizi: certe attività e“servizi di base” fortemente richiesti alcuni annifa sono divenuti decisamente sottoutilizzati emeno ricercati, mentre maturano richieste diservizi più evoluti, più articolati e puntuali.Per esempio l’esigenza di attuare interventi “trasversali”,cioè fornire dei servizi che siano, contemporaneamente,supporti formativi, consulenziali,progettuali, comunicativi, promozionali,culturali su progetti specifici e circoscritti: la prevenzionedelle dipendenze, l’educazione sportiva,l’amministratore di sostegno, l’associazionismodei migranti, la cittadinanza europea,l’imprenditività delle OdV, e altro. Interventi che necessitanodi lavoro di rete, territoriale, approccinuovi. Interventi che solo pochi anni fa non eranoneppure immaginati dai volontari.Oggi siamo molto sollecitati e cerchiamo, semprepiù spesso, di “costruire e gestire” assiemealle OdV iniziative e progetti comuni, in un rapportointegrato caratterizzato dalla produzionecongiunta di valore.I dati relativi alle organizzazioni di volontariatoiscritte al Registro del volontariato lombardo diconoche il livello di soddisfazione delle organizzazionifruitrici nei confronti di Ciessevi è molto alto(oltre l’80 %). È un risultato lusinghiero, ma siamoconvinti che si possa e si debba fare molto di più.Anche per questo motivo, nella primavera del2008, abbiamo realizzato “Il Cantiere del Volontariato”,il percorso che, grazie all’incontro con 160 organizzazionidi volontariato, ci ha permesso di elaborarele “linee guida” del nuovo Progetto Biennale2009-2010 di Ciessevi che è stato elaborato edapprovato dall’Assemblea dei Soci dell’AssociazioneCiessevi e a cui è stato dato il titolo: “Con ilvolontariato, per un impegno di cittadinanza”.Gli obiettivi, le strategie, le azioni individuate sarannoperseguite e monitorate periodicamentegrazie a un nuovo strumento di valutazione e aun forte investimento formativo per l’aggiornamentoe la qualificazione del personale di Ciessevi,la nostra vera risorsa strategica.


10Dieci anni di attività1.3IL SISTEMA DEI CENTRI DI SERVIZIOE I FINANZIAMENTII Centri di Servizio, presenti oggi in quasi tutte leprovincie italiane sono finanziati tramite Comitatidi Gestione del Fondo Speciale per il Volontariato(Co.Ge.). I fondi assegnati ai Centri provengonoda una quota che, come prevede la Legge266/97 (legge sul volontariato) le fondazioni di originebancaria destinano a questo scopo. Talequota è un quindicesimo, circa il 6,5%, dei proventidelle fondazioni detratte le spese. I Co.Ge.sono composti in maggioranza da rappresentantidelle Fondazioni di origine bancaria e delleistituzioni regionali e hanno il compito di istituire iCentri, assegnare loro annualmente le sommedestinate dalle fondazioni bancarie, effettuare ilcontrollo. Il Comitato di Gestione per il Fondo specialeper il volontariato della Lombardia (che restain carica 2 anni) ha sempre utilizzato i soldi delbiennio derivanti dalle Fondazioni bancarie erogandolianno per anno in base ai progetti presentatidai centri di servizio lombardi. Le fondazionilombarde – Fondazione Cariplo e Banca delMonte di Lombardia – erogano il 50% alla Lombardiae il restante 50% ad altre regioni.L’erogazione dei fondi ha avuto, negli anni, elementidi incertezza e di discontinuità, come sipuò vedere nella tabella e nel grafico, a causa diun contenzioso sul calcolo del quindicesimo.Oggi tramite un accordo con Acri (Associazionedelle Casse di Risparmio) le prospettive sono piùcerte e stabili.IMPORTI ASSEGNATI AL CIESSEVI DI MILANOannototale1998 € 344.2571999 € 543.6672000 € 606.8022001 € 949.2172002 € 876.9512003 € 1.727.5072004 € 1.974.0542005 € 1.076.9612006 € 964.9642007 € 3.343.7552008 € 3.368.8142009* € 2.600.000* l’importo del 2009 è ridotto rispetto ai due anni precedentiperché decurtato di una quota finalizzata all’avvio del nuovoCentro Servizi, che è in corso di costituzione per la nuova Provinciadi Monza e Brianza.<strong>DA</strong>LLA NASCITA AL CONTESTO ATTUALE÷Le risorse delle fondazioni bancarie costituisconoun fondo regionale che il Comitato diGestione suddivide fra i vari Centri della Lombardia.A seguito della legge 266/91, che haprevisto la costituzione dei centri di servizio peril volontariato, nel 1996 in Lombardia è stato nominatoil Comitato di gestione che, un annodopo, ha istituito un bando e alla fine del 1997ha riconosciuto i centri di servizio della Lombardia:uno per ogni provincia.È dal 1998, quindi, che il volontariato milaneseha iniziato a usufruire dei servizi di Ciessevi grazieall’attivazione del progetto elaborato dai


11soci fondatori, tra cui vi sono associazioni fra lepiù significative del volontariato milanese.La prima preoccupazione di Ciessevi è stataquella di aprire un punto di informazione e consulenzaper il volontariato, dove le organizzazionipotessero rivolgersi per esporre i loro problemie per trovare risposte e strumenti. I primiservizi operativi sono stati l’Area Consulenza conuno sportello aperto per cinque giorni alla settimana,e l’attività di comunicazione, tramite unperiodico mensile e i rapporti con la stampa. Inseguito sono state attivate l’area Formazione,la Documentazione e il supporto alla Progettazionee alla capacità delle organizzazioni di rispondereai bandi di finanziamento. Ultime, in ordinetemporali, ma non meno importanti, leattività di Banca dati e Promozione del Volontariato.Tutti questi servizi si sono evoluti nel tempo,passando da un servizio in attesa delle richiestead un lavoro di rilevazione dei bisogni del volontariatoe da questi di attivazione di propostecoprogettate.A CHI SI RIVOLGONO LE AZIONI E I SERVIZILe azioni e i servizi di Ciessevi sono resi, dinorma gratuitamente, a tutte le organizzazionidi volontariato, iscritte e non iscritte ai registriregionali e provinciali del volontariato. I servizisono disponibili anche per altri soggetti delterzo settore, enti pubblici ed enti non profit, secondodifferenti modalità. Sono circa 2mila leorganizzazioni che costituiscono il volontariatomilanese: di queste 1.162 sono iscritte al registroprovinciale del volontariato contando54mila volontari operativi. Sono organizzazionidi media e piccola dimensione, per la metàcostituite da 20 persone. La maggior parte deivolontari ha dai 30 ai 54 anni, i giovani costituisconocirca il 20%. Più delle metà delle organizzazionisi finanzia con entrate private. Ilvolontariato si articola per vari settori di attività.La maggior parte svolge attività sociale, il51,8%, si occupa cioè delle persone in difficoltàcome anziani, malati, ragazzi in disagio, prostituzionee stranieri. Gran parte si occupa deiproblemi sociali e della salute, con interventi diemergenza, di aiuto negli ospedali e di raccoltasangue. Esistono però anche altre formedi volontariato, oggi in crescita, come la promozionedella cittadinanza attiva, il volontariatoambientale e culturale, soprattutto rivoltoagli anziani.Nel milanese è radicata anche la tradizione divolontariato sportivo, con l’insegnamento diuno sport dilettantistico ai ragazzi, compiendoun compito di prevenzione e di educazione importanteper le generazioni future.Un volontariato che ha bisogno di informazioni estrumenti per essere in regola, per accedere afinanziamenti, per formarsi ed operare al meglio.<strong>DA</strong>L VOLONTARIATO PER IL VOLONTARIATO“Dal volontariato … per il volontariato”: è questolo slogan che ha sempre contraddistinto l’azionedi Ciessevi.Realizzare azioni, servizi e strumenti per il volontariatoha a che fare con le multiformi appartenenzeculturali e antropologiche che alimentanola motivazione di agire per gli altri gratuitamente.Per questo Ciessevi ha sempre sostenuto la sceltadella legge del volontariato di affidare l’indirizzoe il governo dei Centri di Servizio al volontariato,alle stesse organizzazioni che insieme devonodecidere e realizzare le azioni per sostenere, qualificaree sviluppare il volontariato.Sarebbe pericoloso affidare queste scelte adaltri, al di fuori del volontariato, lasciando che altrisoggetti, del mondo delle istituzioni o dell’economia,governino i servizi per il volontariato. Superarel’autoreferenzialità e la giusta relazionecon gli interlocutori degli altri mondi non puòperò fare abdicare all’autonomia dell’indirizzo,alla scelta di dove e come svilupparsi.Ciessevi, infatti, è un’associazione di terzo livellocostituita da 33 soci:Acli Milanesi, Ada Lombardia, Agesci Lombardia,Aido regionale, Anpas Lombardia, AnteaMilano, Arci Milano, Arci Ragazzi, AssociazioneVolontari Caritas Ambrosiana, Auser Milano Onlus,Avis Provinciale Milano, Avo Lombardia,Avulss Onlus, Centro di Solidarietà San Martino,Centro sportivo italiano – Sezione di Milano, Civitas,Croce Bianca Milano Onlus, Croce RosaCeleste, Federazione Impresa Sociale – Compagniadelle Opere, FederVita Lombardia Onlus,Felceaf, Forum della Solidarietà, Genitori SiDiventa Onlus, Ipsia Milano, Ledha Onlus, LegambienteLombardia, Lega Italiana per laLotta Contro i Tumori, Medici Volontari ItalianiOnlus, Movi Lombardia, Naga, Polisportive GiovaniliSalesiane – Comitato regionale Lombardia,Uisp Milano, US Acli.I soci concorrono a conoscere il bisogno, interpretarlo,intuire le risposte più adatte, trasformarele intuizioni in azioni, servizi, interventi e strumenti.Devono far si che Ciessevi sia accessibile e comprensibilea tutti.IL BILANCIO DEI PRIMI <strong>DIECI</strong> <strong>ANNI</strong> DI ATTIVITÀSostenere e qualificare il volontariato è un obiettivoampio e complesso. Concretamente Ciesseviin questi dieci anni ha cercato di realizzarloattraverso le attività svolte dalle proprie aree.Area ConsulenzaL’area Consulenza rappresenta uno dei principalipunti di contatto e di servizio per le organizzazionidi volontariato, offrendo informazione,orientamento e consulenze su problematiche organizzative,normative, amministrative, contabili,fiscali e di ricerca fondi.


12Dall’attivazione del servizio, che risale al gennaio1998, si sono rivolti ad esso più di 7milautenti sottoponendo circa 27mila casi.Di questi l’80% circa sono organizzazioni o singoliche vogliono costituire una associazione divolontariato. Dalla registrazione dei contatti, inoltre,risulta che quasi il 90% delle organizzazionidi volontariato della provincia di Milano iscritteal Registro Regionale si è rivolto a Ciessevi almenouna volta.L’Area FormazioneLa formazione rappresenta uno dei compitiprincipali dei Centri di Servizio per il Volontariato,intesa come uno strumento finalizzato alla qualificazionedelle organizzazioni di volontariato.Per il piano formativo Ciessevi ha proceduto sindall’inizio coinvolgendo e valorizzando le esperienzee le competenze formative presenti nelmondo del volontariato. In questi dieci annisono stati realizzati più di 800 corsi ai qualihanno partecipato 19 mila volontari.L’Area ProgettazioneL’area Progettazione ha iniziato la sua attivitànel dicembre 2001. Tra i suoi compiti il monitoraggiodi tutto il materiale inerente al tema, inmodo da cogliere le possibilità reali di partecipareai bandi pubblici o privati da parte delle Organizzazionidi Volontariato. L’area progettazioneha svolto un lavoro di collaborazione e confrontocon i soggetti erogatori – coloro che emettono ilbando – per conoscere e capire meglio gli eventualidubbi che emergevano dal lavoro di consulenzacon gli enti.L’area ha fornito più di 2mila e 600 consulenzeper la progettazione.L’Area Promozione del VolontariatoL’area di promozione del Volontariato ha iniziatola sua attività a partire dal settembre 2003. Attraversol’Avviso di selezione sono state realizzate125 iniziative di sensibilizzazione, presentazione ditestimonianze, corsi brevi di approfondimento,convegni, seminari e tavole rotonde. Mentre sonostate 25 le grandi feste del volontariato realizzatesul territorio della provincia di Milano da reti di associazioni.Sono stati 18mila i partecipanti alle iniziativedi cui 4mila con meno di 29 anni.Il sistema dei punti di promozione volontariato èun sistema coordinato di informazione, orientamentoe accompagnamento per le persone cheintendono avvicinarsi al mondo del volontariatorealizzato con 9 sportelli di orientamento gestitida associazioni. Hanno contattato gli sportelli7.500 persone, di cui 4.700 donne e 2.800 uomini.Di queste persone 4mila erano interessate all’areasociale e sanitaria, 1.600 al volontariato internazionalee 1.900 all’ambiente e alla tutela delpatrimonio artistico.Sono inoltre 3 gli sportelli scuola-volontariato aperti(Legnano, Quarto Oggiaro a Milano e Monza)realizzati con l’Ufficio scolastico provinciale.L’Area TerritorioL’area conduce l’attività del centro di servizio sulterritorio provinciale con due azioni. Attraverso ilaboratori territoriali del volontariato che sonoluoghi di lavoro decentrati e la promozione erealizzazione di gruppi e di coordinamenti localiche vengono coinvolti nelle scelte di indirizzodel centro di Milano.Attualmente il territorio provinciale è suddiviso inambiti territoriali corrispondenti agli ambiti deiPiani di Zona sociali: Sesto San Giovanni, CiniselloBalsamo, Garbagnate Milanese, Rho, Legnano,Melzo, Gorgonzola, San Donato Milanese, Abbiategrasso,Rozzano e Monza e Brianza.Area ComunicazioneDa diversi anni Ciessevi comunica con le organizzazionidi volontariato tramite il proprio bimestrale“News Volontariato” inviato gratuitamentea 8mila indirizzi, il sito internet www.ciessevi.orgaggiornato quotidianamente e la newsletterquindicinale.Con il 2008 è stato attivato anche il servizio diconsulenza per aiutare le organizzazioni di volontariatoa far conoscere le proprie iniziative ead attuare i propri piani di comunicazione.I RAPPORTI CON GLI INTERLOCUTORIISTITUZIONALIFondamentale, per la realizzazione dei servizi offertial volontariato e per il suo rapportarsi all’esterno,è la collaborazione di Ciessevi con ipropri interlocutori istituzionali. È importante ilrapporto con la Provincia di Milano che ha diversecompetenze istituzionali in tema di volontariatoe che da tempo opera nel settore.Un intesa che vede i due enti operare insiemeormai da diversi anni nella realizzazione di seminariannuali, nella collaborazione per l’attuazionedel bando di finanziamento rivolto alleorganizzazioni di volontariato e nella tenutadella sezione provinciale del registro sia dell’associazionismoche del volontariato.Allo stesso modo, nel dialogo con i Comuni, Ciessevinon intende sostituirsi al volontariato locale(la rappresentanza del volontariato resta alle organizzazionistesse), ma essergli di supporto perpromuovere un rapporto con l’ente locale il piùpossibile corretto, competente, qualificato. Nell’esperienzadelle delegazioni territoriali, dei Pianidi Zona e in altre numerose occasioni, Ciessevicerca di fornire le informazioni utili ai Comuni perla valorizzazione del loro rapporto con il volontariato,in chiave di solidarietà e sussidiarietà.Altre collaborazioni sono in atto con ASL, Università,centri di ricerca.


13Ciessevi inoltre è socio del Coordinamento Regionaledei CSV della Lombardia e del CoordinamentoNazionale CSV.net con i quali collaborae partecipa all’attuazione di progettisperimentali e innovativi.1.4Le strategie per il futurodi Emilio Lunghi, vicepresidente CIESSEVIPer cercare di definire le strategie per il futuro diCiessevi è necessario comprendere in qualecontesto si troverà la nostra comunità nel prossimofuturo. Non è facile prevedere i suoi fenomenisociali e le risposte che ad essi verrannodate dall’intervento pubblico, dal privato sociale,e dal volontariato.Purtroppo il quadro che abbiamo davanti cidice che stiamo vivendo una situazione di difficoltàper molte famiglie italiane determinatadai cambiamenti nella distribuzione della ricchezzae del reddito che passa dai salari allerendite e ai profitti.Se a questa condizione economica di numerosefamiglie aggiungiamo vergognosi atteggiamentinei confronti dei processi migratori e degli immigrati,si comprende il senso di insicurezza, di disagioe di paura, che pervade la nostra società,con fenomeni di chiusura e di arretramento dell’azionesolidaristica tipica del volontariato.Se nelle persone vi è una condizione di insicurezzaper il futuro, questa insicurezza genera,molto spesso, arretramento della disponibilitàverso gli altri che si percepisce sul piano deicomportamenti quotidiani.Tali comportamenti assumono forme di individualismopossessivo e di una distorsione dellerelazioni comunitarie, più marcatamente orientateal rifiuto dello straniero e del diverso.Ecco allora che si spiega l’insistente ricerca dinuovi volontari da parte delle organizzazioni divolontariato, questa ricerca è diventata permolte associazioni quasi ossessiva, in quanto ilcalo dei volontari limita la risposta ai crescentibisogni generati dalla crisi sociale in atto, ed inqualche caso addirittura l’esistenza stessa dell’associazione.Pertanto, a mio avviso, pensare al presente e alfuturo per una struttura che eroga servizi al volontariato,significa in primo luogo aiutare, conservizi e campagne adeguate, a rispondere albisogno primario di ricerca dei volontariPenso che per l’immediato futuro si debba concentrarel’attività sul progetto 2009/2010 che èil frutto di un lavoro partecipato ai vari livelli, apartire dalle associazioni territoriali.Primo obbiettivo, a mio avviso, è quello di faremergere e far comprendere che l’insieme delleazioni di Ciessevi si innesta nel solco di una battagliaculturale etica, morale, civile e sociale ingrado di sconfiggere insicurezza e paura attraversoazioni solidaristiche e collettive.La strategia per perseguire questo primo obbiettivoè quella di fornire strumenti adeguatialla progettazione nei territori. A questo propositoabbiamo una straordinaria opportunità di risorseche sono messe a disposizione attraversoun bando per la coesione sociale grazie a un lavorodi collaborazione tra Fondazione Cariplo,Coordinamento dei Centri di Servizio per la Lombardiae Comitato di Gestione del Fondo Specialeper il Volontariato in Lombardia.È da questa azione che possiamo far comprenderel’utilità della collaborazione fra organizzazionidi volontariato e del terzo settore,individuando obbiettivi comuni su cui impegnarsiinsieme ai tavoli di definizione dei Piani diZona negli ambiti distrettuali, come prevede lalegge 328, scambiando buone prassi, informazionie saperi.L’azione volontaria, così, si mette in sinergia conil terzo settore nella forma sussidiaria e integrativa,relazionandosi nel modo corretto con le istituzioni.Ma la ricerca di nuovi volontari non può chepassare nel rapporto intergenerazionale che significa,in primo luogo, far comprendere che leassociazioni si devono aprire, devono dare spazioai giovani che vivono il volontariato in formenon tradizionali, per il tempo che hanno a disposizionee per l’approccio di passioni e interessiche esprimono.È importante progettare, come si sta facendo,sperimentalmente nelle scuole forme di collaborazionitra corpo docenti e Ciessevi, in questoambito è possibile proporre esperienze divolontariato giovanile nel territorio dove è insediatala scuola.Purtroppo, questa importante esperienza nelleassociazioni da parte dei giovani, data dal serviziocivile, con il taglio in finanziaria del 42% dellerisorse per il servizio civile, rischia di chiudere.Guardare al futuro significa formare i cittadinidel domani, significa per Ciessevi promuoverela cittadinanza attiva favorendo la partecipazioneresponsabile delle persone alla vita e aiservizi della comunità locale, alla tutela, valorizzazioneed estensione dei beni comuni culturalied ambientali, alla difesa ed allo sviluppo deidiritti di tutti.


14Ma una nuova leva di volontari non può prescinderedal promuovere l’apertura delle nostreassociazioni, non solo ai giovani, ma anche ainuovi cittadini del nostro paese: gli immigrati.Sarebbe davvero singolare parlare di coesionesociale e di inclusione e non considerare gliaspetti di integrazione di queste persone a partiredico io, dalle associazioni di volontariato.È tempo di accentuare e condurre un’azionemirata di Ciessevi nei confronti degli immigrati,per coinvolgerli nel mondo del volontariato,questa azione porterà linfa vitale nelle associazioni,non solo perché le persone sono generalmentepiù giovani, ma soprattutto perchèsaranno in grado di rispondere meglio ai bisognidi questa fascia di popolazione e di facilitarnel’integrazione e la conoscenza reciproca.Ovviamente pensare al futuro significa far tesorodel passato e utilizzare al meglio esperienza, conoscenzae professionalità accumulati in diecianni di attività di Ciessevi, a partire dalla grandeattività formativa.Questa attività formativa ha permesso di costruirecompetenze e consapevolezza nelle associazioni,mettendo in luce potenzialità e limitidel proprio ruolo, nel prossimo futuro come prevedeil progetto 2009/2010 bisognerà alzare il livelloformativo in modo tale da rispondere almeglio nel valorizzare saperi, professionalità,esperienze; sia nel governo delle associazioni,sia nella loro gestione organizzativa ed amministrativa,sia, infine, nella capacità di realizzarela propria mission nei confronti dei destinatari.La contaminazione reciproca, la conoscenzadelle buone pratiche, non può che essere veicolatada una efficace comunicazione.In questi anni ho potuto verificare che i volontaripreferiscono il fare al dire, sono convinto chel’azione volontaria ha alla base anche il fine dinon apparire, la discrezione.L’esperienza mi insegna, però, che è necessariofar conoscere e riconoscere l’importanza delruolo del volontario nel territorio, in quanto generala consapevolezza della sua inclusione sociale.Inoltre, è sintomo di gratificazione dei volontarivalorizzare il contributo che danno alla coesionesociale delle proprie comunità, per questoassume molta importanza la strategiacomunicativa.Conoscere e riconoscere il ruolo del volontariatofacilità il rapporto con le istituzioni e questodetermina la presenza ai tavoli dove si decidonole politiche sociali.Per contare però è necessario costituire nellaforma più ampia di partecipazione, organismi dirappresentanza,(forum, consulte, ecc.) che consentonodi mettersi assieme e determinare sinergienel fornire servizi e garantire diritti inevasi.La costituzione di reti associative è l’obbiettivoprimario da perseguire attraverso le delegazionidi ambito territoriale.La conoscenza delle opportunità di finanziamentoattraverso le leggi dello stato (“più daimeno versi”, il 5 per mille), le varie forme di donazionealle organizzazioni non lucrative di utilità sociale,la raccolta fondi, soprattutto per le piccoleassociazioni, devono diventare pratiche quotidianecome modalità di finanziamento, Ciesseviè oggi in grado di supportare questa azione.In modo particolare, e sempre più, le fonti di finanziamentoarriveranno attraverso la raccoltafondi per sostenere e realizzare progetti, oltreche finanziamenti da fonti pubbliche e privateattraverso meccanismi trasparenti e imparziali,per questa ragione è necessario sviluppare conuna iniziativa adeguata la capacità di rendicontazione.Diciamo che ho richiamato le linee guida delprogetto 2009/2010, ma il mondo corre veloce eha davanti a se grandi e gravi problemi, ed èpresumibile che vi potranno essere correzioni dirotta dell’azione di Ciessevi per rispondere a presumibilinuovi bisogni che oggi non è possibileindividuare, per questo i nostri sensori dovrannoessere sempre di più i terminali territoriali.Questi terminali sono gli avamposti di Ciessevi,più vicini alla gente e quindi nelle migliori condizionidi cogliere i bisogni delle associazioni,pertanto è fondamentale nel prossimo futuro insisteresul decentramento territoriale.Per finire ripenso a quanto dicevo all’inizio e i problemiche incontreremo per risalire una situazionedifficile soprattutto nel 2009, sicuramentenon sarà facile, dipende da noi , molto dalla struttura,dall’impegno dalla passione e dalla vogliache ci si mette nel perseguire gli obbiettivi che cisiamo dati nel progetto. Niente .è impossibile, YesWe Can


2IlVolontariatoVolontario… io. Autobiografie di volontariato152.1Non siamo che dei racconti.CarrièreSiamo i nostri racconti, le storie con cui abbiamoconservato nella memoria gli eventi passatidella nostra vita, le parole dette e sentite, lepersone incontrate.I percorsi dell’autobiografia permettono di riconosceree dare valore alla nostra esperienza divita a partire dal ripensarla e riorganizzarla perpoterne scrivere.L’esperienza dei volontari, ricca di significati, meritadi essere ripensata e valorizzata in narrazioniche siano al tempo stesso testimonianza dell’impegnoprofuso e promozione di valori solidali.Ciessevi intende dare voce e visibilità ad esperienzesignificative provenienti dal mondo delvolontariato attraverso la raccolta di scrittureautobiografiche, l’essere “Volontario. Io” cheogni volontario vive quotidianamente e proporlocome patrimonio unico di umanità, di conoscenza,di esperienza.


16Antonella CandosinTELEFONO AMICOHo iniziato la mia esperienza di volontaria in unalinea d’ascolto 11 anni fa su suggerimento di unmio ex fidanzato. In quel particolare momentodella sua vita riteneva importante intraprenderequesta via per trovare nuovi stimoli di formazionepersonale e io lo seguii, neanche particolarmenteconvinta. Con il tempo però la situazionecambiò: dopo due anni lui se ne andò seguendoaltri interessi, mentre io continuai questaesperienza, più entusiasta che mai. Frequentaicinque mesi di corso di preparazione, poi iniziaia rispondere al telefono, dapprima affiancandoi “vecchi” turnisti e poi da sola, ma sempre con ilprezioso sostegno del gruppo. Il mondo che mi siaprì fu talmente vasto e disparato da farmi metterea fuoco la mia stessa vita con occhi nuovi.Mi resi conto di aver vissuto per troppi anni dentrouna cupola di cristallo. Una protezione che miera servita per crescere serenamente ma chenon mi aveva permesso di comprendere realmenteciò che mi circondava. Scoprii così alloraquanto è complessa la mente umana.Telefonata dopo telefonata, molte dinamiche esituazioni mi hanno colpita. In particolare mihanno stupito le assurde spiegazioni che la nostramente trova per evitare di farci soffrire. In alcunesituazioni, quando un famigliare ci usaviolenza, anche della peggior specie, noi riusciamoaddirittura a giustificarlo: arriviamo adirci che agisce in quel modo per comunicarciamore. A volte, ancora, ci si relaziona con personecostantemente aggressive e ostili con lequali si fatica a comunicare. Ho scoperto chequesto comportamento è solo un atteggiamentoappreso da piccoli e poi messo in praticanegli anni semplicemente perché soloagendo così si riesce a catturare l’attenzionedelle persone. Ho anche imparato che, purtroppo,a volte è difficile trovare una logica aldelirio perché quello che se ne ricava è solo ungrande male alla testa a conclusione della telefonata.Ho scoperto milioni di altre verità ma,ahimé, milioni ne devo ancora imparare!Durante i primi cinque anni di esperienza, misono documentata e ho studiato, facendomiun’idea di cosa significava fare relazione d’aiuto.Ho conosciuto molte persone, poi divenuteamici, e proprio con alcuni di questi compagnidi viaggio ho deciso di fondare un’associazione:mettere insieme le nostre forze ed esperienze afavore di chi soffre. Che ambizione! Non è statofacile: un grosso dispendio di energie che ci haassorbito completamente, ma ne abbiamo ricavatosicuramente una fantastica crescita interiore.Sono passati sei anni dall’apertura diquesta associazione e sono contentissima pertutto ciò che mi ha portato questo impegno.Sono felice ogni volta che entrano “i nuovi” in associazioneperché mi rivedo in loro e perchéspero possano trovare in questa esperienza divolontariato tanto quanto ho trovato io.Non nascondo di aver dovuto affrontare moltedifficoltà in questo percorso, ma la crescita cheho vissuto ha sicuramente più valore. Tutto quelloche ho ricevuto l’ho portato nella mia vita quotidiana:con i miei familiari, con i miei amici, perfinonel mio lavoro. Tre anni fa mi sono guardataintorno e mi sono resa conto che non mi riconoscevopiù nell’ambiente di lavoro che mi circondava.Allora ho deciso di cercare un impiegonel sociale, un’attività che mi permettessedi esercitare quanto appreso in questi anni diesperienza nell’ascolto e nella relazione d’aiuto.Ora mi sto formando per diventare counselor. Lavoroin ospedale, sono a stretto contatto con ipazienti e, ancora una volta, ascolto. Questaesperienza mi ha aiutata a crescere. Probabilmentese non avessi imparato ad ascoltare mestessa non sarei riuscita a capire come ascoltaregli altri. Riconosco che questo percorso non èstato facile…ma cosa lo è nella vita?


17Ivan Di BitettoASSOCIAZIONE VOLONTARI OSPE<strong>DA</strong>LIERI (AVO)La mia storia di volontariato è iniziata un po’ percaso. Le cose migliori accadono così, inaspettatamente,quando meno te ne accorgi. Avevocirca l’età dei tredici anni. Frequentavo la terzamedia inferiore e la materia che studiavo con piùinteresse e piacere era Geografia. Un argomentoin particolare suscitò molto il mio interesse: l’India.Ogni volta che sfogliavo il mio libro e scorgevoquelle immagini struggenti di sofferenza, avvertivouna forte emozione, mai provata prima. Quellasensazione mi comunicava qualcosa d’importante,che solo dopo alcuni anni capii. Ricordoancora quando comunicai ai miei genitori il miodesiderio di fare un’esperienza di volontariato inIndia ma, data la mia giovane età, non fui presoseriamente in considerazione. Quella strana sensazionecustodita in me però, di tanto in tanto, sirifaceva viva e decisi di ascoltarla. Mi recai nell’ospedaledella mia città, Cinisello Balsamo, doveera presente l’Avo, l’Associazione volontari ospedalieri.Mi recai in segreteria e lasciai il mio nominativoper diventare anche io un volontario, unavolta raggiunta la maggiore età. Nel 1997 finalmenteiniziai a frequentare il Corso base di formazioneper nuovi volontari ospedalieri. Da quelgiorno, il mio sogno iniziò a diventare realtà.Dopo il corso, iniziai l’esperienza pratica sul cam -po tra le corsie dell’unità operativa di Otorino,presso l’ospedale Bassini di Cinisello. Ricordoancora oggi, come se fosse ieri, la mia primaesperienza con i malati, il mio batticuore, la miatimidezza, la mia insicurezza, la mia gioia e queldubbio: chissà che cosa combinerò?! Beh, neho combinate un po’ di tutti i colori: di blu comel’intensità, di verde come la speranza, di giallocome l’impegno e di rosso come il coraggio el’amore dello sforzo di dare il meglio di me inquesta attività. Dopo due anni trascorsi nellacorsia dell’unità operativa di Otorino, sono passatopoi nel reparto di Ortopedia.In questi anni di servizio a stretto contatto con ildegente, sono riuscito a comprendere l’importanzadella figura del volontario all’interno di unastruttura sociosanitaria. L’esperienza mi ha insegnatoche può bastare anche una stretta dimano al momento giusto, una parola di confortoo un semplice sorriso, per rendere una personamalata più serena e tranquilla. È molto importantesaper ascoltare le confidenze delmalato, le sue paure e i suoi problemi, anche sea volte è difficile evitare di farsi coinvolgere emotivamente.A volte, mi sono accorto, il silenzio èpiù utile di mille parole. Il silenzio è la migliorecompagnia, quando capita di incontrare personein determinate situazioni. La sola presenzapuò essere di conforto, in quanto l’ammalatocomprende che si è accostata a loro una personaper trasmettergli coraggio e forza.È capitato più di una volta che la mia presenzafosse rifiutata per motivi che non riuscivo a comprendere.Non riuscivo a capire se quello che facevoera corretto o sbagliato. Sono arrivato alpunto di pensare che la mia voglia interiore di aiutaregli altri in certe situazioni potesse quasi dar fastidioalle persone in certe situazioni. Con l’esperienzae con il tempo sono riuscito ad accettareanche questi sporadici episodi, imparando a rispettarele scelte altrui, senza mettere in crisi le miemotivazioni. In questi anni, sono venuto a conoscenzadi una parte della realtà di questo mondo,un tempo per me sconosciuta. Ora so che ilmondo che scorgo dalla finestra di casa non ètutto “rose e fiori” e nel cielo non splende semprel’arcobaleno, ma ci sono alcune persone che nonriescono a scorgere queste meraviglie della natura.In Avo ho imparato a considerare fondamentaleanche la vita associativa. Per apprezzare fino infondo il senso di un’esperienza speciale, comequella del volontariato ospedaliero, l’incontro fravolontari deve essere posto sullo stesso piano delservizio in corsia. Inoltre per un’associazione è importanteguardare all’esterno del proprio ambitod’intervento, la realtà del territorio e l’impegno conle istituzioni. Questa evoluzione del mio modo di“fare volontariato” mi ha portato a vivere un’altraesperienza. Nel ho assunto l’incarico di delegatoregionale Avo giovani Lombardia e, per ben quattroanni, ho avuto modo di conoscere la realtà regionaledella mia associazione e collaborare sulterritorio a diversi progetti e iniziative. Terminatoquesto incarico, nel 2006 sono stato poi elettopresidente Avo Cinisello Balsamo, il più giovanepresidente Avo a livello nazionale. Un’altra scommessa,un’altra nuova esperienza: la mia giovaneetà, i miei timori, i miei pensieri e la mia buona volontàdi mettere a disposizione le mie capacità. Unincarico che mi vede impegnato tuttora in un volontariatodiverso rispetto ai miei inizi: responsabilità,contatti e collaborazioni anche con altre associazionidi volontariato e istituzioni. Senzadimenticare l’incontro con i volontari, il confronto,l’arricchimento delle esperienze vissute e condivise.Gestire quasi cento volontari a volte è difficilema da qui nasce la voglia di realizzare qualcosadi nuovo. Bisogna seminare per poi raccogliere emi accorgo che qualche girasole sta nascendo…e questa è la mia più grande soddisfazione. Il servizioAvo mi ha aiutato a crescere, a maturare, portandomia vivere esperienze positive e altre più difficili.Da queste ultime nasce la voglia di mettersiin gioco per migliorare. Mi viene in mente un pensierodi Padre Arnaldo Pangrazzi: “I salici piangentinon si possono sradicare dalla vita…per tutti prestoo tardi il dolore bussa alla porta della propriacasa… ma all’ombra di ogni salice piangente èascosto un girasole”.


18Devis GrazianoASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO PAGIASSI, VIP GENOVAQuella sera di dicembre del 2003 mi si è presental’occasione di conoscere una realtà cheseguivo e inseguivo da tempo. Avevo già sentitoparlare della clownterapia e finalmente miapprestavo ad avvicinarmi a questo mondo. Sitrattava di una semplice cena informativa sulcorso di formazione successivo ma era grandela mia curiosità. A grandi linee avevo immaginatoquel che sarebbe venuto a galla e riguardoal “come” mi aspettavo una classicatavolata e un’introduzione al corso. Bla, bla, bla.E invece… imprevedibilità e allegria del mondodei clown hanno avuto il sopravvento da subito:è stata un’esplosione di colori, musica e balli,sorrisi e divertimento! Nulla era ancora nato enulla era certo, ma già sentivo una forte spinta.Tra il nostro incontro clownescamente informale el’inizio del corso sono poi trascorsi diversi mesi. Neho approfittato per ampliare le mie conoscenzesulla clownterapia, documentarmi e, soprattutto,interrogarmi. Ho cercato di comprendere le miemotivazioni, i limiti e le capacità, la convinzione eogni altra risorsa utile ad affrontare questa avventura.É poi arrivato il giorno del corso ed eccoil mio primo momento felice! L’entusiasmo di conosceretante persone differenti per età, professione,città, tutte accomunate dal desiderio di“essere per gli altri”. La felicità di vivere nuove sensazioni,di percepirle e farle proprie. La gioia nelgiocare insieme, far nascere quelle emozioni chedi lì a poco avremmo tentato di infondere nellepersone meno fortunate di noi. Non eravamo lìper noi, per giocare ai clown. Eravamo all’inizio diun cammino che ci avrebbe portato a incontrarepersone bisognose di attenzioni.Gioia ed entusiasmo hanno accompagnatoogni mio passo. Tuttora sono ben radicati e fortie costituiscono l’elemento trainante della miaattività di volontariato. Questo non significa cheio non viva sensazioni opposte, come il timore.Al contrario, credo fermamente che una “sanapaura” sia un’imprescindibile “zavorra” che permettedi rimanere con i “piedi per terra”. Aiuta aessere attenti, consapevoli di ciò che si fa, aiutaa riconoscere i limiti, propri, altrui e del contestoin cui ci ritrova. Fa sì che non si agisca solo conil cuore ma anche con la mente. Paure e timorimi hanno accompagnato fin dal corso di formazione.Riuscirò a essere un clown di corsia?Sarò in grado di trasmettere ciò di cui hanno bisognole persone in un letto d’ospedale? Comemi comporterò nei reparti più impegnativi?Quali saranno le mie reazioni? Come pormi ecome accogliere? Tantissime domande eranopresenti ieri e lo sono ancora oggi. Si fanno sentireprima di ogni servizio in ospedale, indipendentementedal reparto in cui mi recherò, dallastanza che visiterò, dai pazienti che avrò davanti.Mi rendono vigile e presente, rendono mee tutto ancor più autentico.Nella mia attività di volontariato sono un clownche “in punta di piedi” e con grande rispetto eattenzione si aggira tra le corsie d’ospedale,portando allegria, buon umore e originalità. Ilcamice colorato e fantasioso, il pompon rossosul naso e il bagaglio umano, ancor prima cheartistico, entrano e “stravolgono” ogni situazione.La sorpresa è all’ordine del giorno! La legginegli occhi delle persone che hai di fronte: infermieri,dottori, anziani, bambini, genitori e familiaridi quanti sono costretti ad affrontare unadura realtà. Quella sorpresa è il loro ringraziamentoper aver reso un po’ speciale un contestoche in genere non offre nulla di speciale. Inospedale sono concentrato su ciò che sto facendo:investo ogni mia energia per far affiorarenegli occhi dei pazienti questa sorpresa “di ringraziamento”.É tanta la voglia di trasmettereanche solo un sorriso, di riuscire a comunicare:“Eccomi, sono qui per te”. E la commozione èforte quando hai la consapevolezza di riuscirci,anche solo in parte: ogni servizio è stato a suomodo commovente. Le risposte all’apparire delclown sono state le più varie: reazioni divertite,chiusura, dubbio, spavento, graduale aperturao partecipazione immediata, garbato rifiuto opianto… I sentimenti umani sono imprescindibilie il clown li riconosce, li accoglie, dà loroforza e risalto. Commuovono il paziente, consapevoledi aver ricevuto, commuovono il clown,riconoscente sempre e solo per un sorriso.


19Giovanni IamartinoAVO MONZAPosso dire di essere diventato volontario peramore. Non l’amore per gli ammalati dell’ospedalee per gli anziani delle case di riposo, quelloè venuto dopo. Era l’amore per una bella ragazza,che di lì a pochi mesi sarebbe diventatala compagna della mia vita.Dopo aver partecipato al primo corso di formazioneper volontari ospedalieri a Monza, Rosariaaveva iniziato a fare servizio, e io andavo aprenderla a fine turno. Non vedevo l’ora di starecon lei e, naturalmente, arrivavo in anticipo all’appuntamento.Altrettanto naturalmente, leiera sempre in ritardo e – forse per scusarsi, forseper coinvolgermi nella sua esperienza – mi parlavadi sguardi che aveva incontrato, di paroleche aveva ascoltato, di emozioni che avevaprovato.Avvertendo più o meno confusamente il desideriodi fare qualcosa per gli altri, da anni erodonatore di sangue dell’Avis. Le parole di Rosariaperò mi parlavano di incontri – reali, concreti,diretti – con persone che vivevano l’esperienzadella sofferenza e della solitudine, e che potevanoaver bisogno… anche di me! Frequentatoil successivo corso di formazione, sono dunquediventato anch’io volontario Avo.Anche per me è iniziato l’incontro settimanalecon l’altro: il giovane pieno di vita con unagamba rotta, la madre di famiglia più preoccupataper i cari a casa che per la propria salute,l’anziano tutto rivolto al passato che non torna,il morente con il suo sguardo ora disperatamentevuoto ora lucidamente penetrante.Con il servizio è iniziato anche l’incontro con ilmondo dell’ospedale: i rumori dell’andirivienidel personale o dei lamenti dei pazienti, i coloritenui delle pareti o quelli vivaci di tanti pigiamae vestaglie, l’odore non sempre piacevole delcibo distribuito ai pasti e, soprattutto, l’odore(per me insopportabile) della camomilla distribuitala sera da noi volontari.Ma, soprattutto, quanti sguardi, quanti volti,quante parole, quanti gesti in tanti anni di servizio…Tra le mille persone incontrate in repartomai potrò scordare Franco: era un signore di 40-45 anni già operato di tumore che trascorrevain ospedale quelle che sarebbero state le sueultime settimane di vita. Avevo imparato ad avvicinarmia lui con delicatezza, cercando ognivolta di capire se preferiva stare solo o passarequalche momento con me. Le sue parole, le sueconfidenze, sono un dono prezioso che non homai condiviso con nessuno: si sciuperebbe selo facessi. Mi hanno fatto capire tanto, mi hannofatto crescere dentro, hanno dato forza al mioservizio, hanno dato senso – per Franco, per me– al vivere e al morire. Finito il giro dagli altri ammalati,tornavo sempre a salutarlo per ultimo.Una sera, mentre stavo per congedarmi da lui,mi gelò con una domanda: “Torni domani,vero?”. Non avrei certo potuto rispondergli: “No,ci vediamo tra una settimana. Tu resta lì adaspettarmi con il tuo dolore e la tua angoscia”.Non so se è stato l’intervento di San Gerardo,patrono dell’Ospedale di Monza, ma di sicuroqualcuno “in alto” mi spinse a rispondere spontaneamente:“No, domattina io non ci sarò, maci sarà un altro volontario che, come me, potràstarti accanto se lo vorrai”. Il sorriso sul suo voltomi permise di lasciarlo e di tornare a casaquella sera. Un sorriso che avrei rivisto ancoraper due settimane. Alla terza, il lunedì sera delmio turno settimanale il letto era vuoto. Francose n’era andato per sempre, lasciandomi undono che ancora oggi, dopo parecchi anni, midà forza in tutti quei momenti in cui le difficoltàdel servizio, le incomprensioni tra volontari e lafatica del vivere quotidiano mi spingerebberoad abbandonare un’esperienza che vivo daventicinque anni. Franco mi ha fatto comprendere,con la testa ma soprattutto con il cuore,che il volontariato è servizio, è incontro con l’altroe l’incontro individuale tra il volontario e ilmalato ha senso solo se si rinnova continuamente,nella presenza costante. Le mie assenze,le mie carenze, le parole che non so dire, glisguardi che non riesco a sostenere possonougualmente essere qualcosa di positivo solo setrovano nell’impegno del volontario che misegue la possibilità di diventare efficaci: lui conme, io con quelli che mi precedono nel servizio,solo così la nostra storia di volontari – fatta digesti semplici, piccoli aiuti, sorrisi, poche parolee tanta disponibilità all’ascolto – acquista un significatoche vale per me volontario, per i malatiche incontro, per la comunità in cui vivo.Così almeno mi sembra, fin da quando aspettavoun giovane amore fuori dai cancelli dell’ospedale.


20Cristiana Londei di MasciMOVIMENTO ADULTI SCOUTNon è semplice ritornare indietro con la memoriaa circa venti anni fa. I miei figli erano bambini.Con molto entusiasmo erano entrati a farparte di un gruppo scout, il Milano 3. Mio maritoe io eravamo forse ancora più entusiasti di loro.La proposta pedagogica scout ci era semprepiaciuta ma noi da ragazzi non avevamo avutol’opportunità di far parte di questa grande famiglia.Col tempo, a forza di accompagnare inostri ragazzi e parlare con tante persone che sioccupavano di scoutismo, scoprimmo il Masci,il Movimento adulti scout. Trovammo naturale inserirciin questa comunità e iniziare al suo internoanche il nostro volontariato. La nostraesperienza è durata circa dieci anni. È stata unacrescita personale densa di momenti belli e significativi,coinvolgenti, di cose fatte insieme, didiscussioni, anche di dissensi, soprattutto di incontrisignificativi. Uno fra tutti, Antonio.Lo conoscemmo in uno dei primi incontri, allaGazzada vicino a Varese. Noi eravamo “pivelli” ecercavamo di capire e soprattutto di socializzare.Lui ci venne vicino e ci chiese di collaborareattivamente. Non ricordo più quale fosse ilprogetto. Ricordo invece il suo viso sorridente, lasua voce sempre un po’ roca, il suo maglionerosso. Capimmo immediatamente che dovevaessere una persona speciale. Emanava sicurezzae tranquillità, ti veniva voglia di ascoltarloe di farti coinvolgere. Siamo diventati amici e abbiamocollaborato in tante, tante occasioni. Loabbiamo seguito in tutti questi anni da qui, daun luogo caldo e comodo. Lui nel frattempo èandato e ritornato dal Kenya un numero infinitodi volte. Non il Kenya turistico, non Malindi, non lespiagge affollate di turisti, no. Il suo Kenya, il CentroScout del Progetto Harambee Gwassi, si trovasulle rive del lago Vittoria a Nyandiwa, nellaparte sud-occidentale del Paese, nella provinciadel South Nyanza, distretto di Suba, divisione delGwassi. Lì, in quella zona poverissima e isolata,negli anni ‘80 ha visto la luce il Progetto Harambee.Mancava tutto in quella regione dell’Africa:infrastrutture, strade, energia elettrica, telefono,posta. Il turismo era sconosciuto, il commercioera molto modesto e solo locale. Le malattie endemiche,la mancanza di acqua potabile e lafame costringevano gli abitanti, i Luo, a emigrareverso le città alla ricerca di una vita più“umana”. Oggi la situazione è sensibilmentecambiata, anche grazie ai vari interventi realizzatidal nostro progetto e al rapporto di fiduciae di collaborazione instaurato. Nyandiwa da villaggiodi emigranti verso la città sta diventatoluogo di immigrazione. In quell’area vi sono oggimigliori condizioni di vita e opportunità di lavoro.L’acquedotto ha radicalmente cambiatole condizioni di vita e di salute della popolazione.È stato installato l’ufficio della posta e funzionaanche una banca mentre si sta lavorandoper migliorare le strade e tutte le vie di comunicazione,anche quelle lacustri. Una volta lasciatoil suo lavoro qui in Italia per divenire pensionato,Antonio si è dedicato “anima e corpo”a questa impresa titanica. È lui che mandaavanti il progetto, con iniziative sempre nuove edentusiasmanti. È lui che si dedica alla ricerca costantedi volontari e soprattutto di fondi. È lui, infine,che torna in Kenya e manda avanti la “baracca”,aiutato da anni da gente del posto.Antonio praticamente è Harambee, che nella lingualocale significa “lavorare insieme”. Per lui sitratta di un modo d’essere che si traduce semprein azioni e comportamenti concreti. Affermache per lavorare insieme è necessario non solocondividere con gli altri le fatiche, ma anchecomprendere e rispettare le diverse espressioniculturali. Ci sono volontari che partecipano aicampi di lavoro di tre settimane, realizzati sulposto in due periodi dell’anno. Ugualmente importanteè poi il lavoro di chi, come noi, in Italiacontribuisce a reperire fondi e sponsorizzazioniper mandare avanti i vari progetti.Abbiamo rivisto Antonio proprio qualche sera fa.Ci ha raccontato con grande semplicità nuoveimprese, nuovi traguardi raggiunti, risultati importanti.Ora probabilmente è già ripartito perNyandiwa.


21Anna Matta“LA CITTÀ DEL SOLE” AMICI DEL PARCO TROTTER ONLUSHo avuto diverse esperienze di volontariato. Direiquasi che il mio volontariato è stato “dispersivo”,proprio perché si è sviluppato in associazioni diverse,pur continuando nel tempo sull’onda deimiei interessi e delle mie passioni. La ragioneesatta per cui ho iniziato non la conosco. Ero andatain pensione dopo 23 anni di lavoro nellescuole materne. Avevo molto tempo libero e assolutamentenessuna passione per i lavori dicasa. Avevo saputo di un’iniziativa del Comunedi Milano, dell’Istituto degli Innocenti di Firenze edell’Unicef, che si prefiggeva di dare voce aibambini nelle decisioni e nelle iniziative che li riguardano,su ispirazione della Convenzione Internazionalesui Diritti dell’Infanzia. Il lavoro eramolto articolato e prevedeva la col laborazionedi scuole, assessorati comunali, istituzioni che sioccupano di bambini e la facoltà di Architettura.Colpita dal progetto, ho deciso di entrare afarne parte come volontaria. Purtroppo, dopo iprimi tre anni di sperimentazione, in seguito adegli intoppi, il Comune non ha più dato il suobenestare. Tutto si è fermato e quindi non c’èstato più bisogno di me. In seguito ho deciso dipartecipare a un corso per diventare guardiaecologica volontaria con l’intento di occuparmidi educazione ambientale. Sono sempre statainteressata al verde e all’ambiente, dopo pocoperò anche il gruppo di Educazione ambientaleè stato chiuso e quindi mi sono trovata neigruppi territoriali che all’epoca si occupavanoprevalentemente di sanzionare chi non rispettavail Regolamento del verde del Comune diMilano. Non era esattamente quello che miaspettavo; inoltre contemporaneamente mi eroiscritta a un corso sulla Progettazione dei giardinie, non avendo più molto tempo da dedicareal servizio di guardia ecologica, ne sonopoi uscita.Tempo dopo ho infine conosciuto un’associazionecostituitasi vicino a casa mia, presso lascuola “Casa del Sole”, spesso chiamata “Trotter”perché agli inizi del secolo era un galoppatoio.In questa scuola, situata in un parcomolto bello ma poco conosciuto, genitori e insegnantihanno creato l’associazione “La cittàdel Sole, Amici del Parco Trotter Onlus”, che hatra i suoi obiettivi quello di tutelare questo spazioverde per renderlo vivibile per tutti e soprattuttoper i bambini, con l’aspirazione di faristituire al suo interno la Città dell’infanzia. Associarmia questo gruppo mi è sembrato un po’come mettere insieme tutte le mie competenze.Al suo interno infatti vari gruppi di volontari si occupanodi attività diverse. Il gruppo del verdecoinvolge i bambini nella coltivazione di un ortobiologico, nella cura e manutenzione delleaiuole situate di fronte ai padiglioni e collaboracon le insegnanti nell’attivazione di iniziative sulverde. Il gruppo di teatro e la sua Compagniadel Parco Scenico, costituita da genitori e insegnanti,si dedica tutti i martedì alla preparazionedi spettacoli per i bambini. Il gruppo“Parole in Gioco” lavora sulla socializzazione el’integrazione dei numerosi bambini e genitoriextracomunitari del parco e della scuola, insegnandola lingua italiana e organizzando festemultietniche per favorire la comunicazione frale persone che provengono dalle varie parti delmondo. Infine, il gruppo delle feste del martedìintrattiene i bambini all’uscita dalla scuola, congiochi, trucchi, laboratori, il baratto di vestiti perbambini usati e merende.“E tu che fai?”, mi chiederete voi. Mettendo insiemele mie competenze sul verde e sui bambini,saltello un po’ di qua e di là: a volte aiutonell’orto, a volte tengo gruppi di riconoscimentodelle piante, a volte curo laboratori con i bambini.Inoltre faccio parte del gruppo di teatro. Insomma,diciamo che difficilmente mi annoio.Essere volontari secondo me significa risponderea un bisogno sociale che le istituzioni nonsono in grado di soddisfare, traendone una gratificazionepersonale rigorosamente non economica.In questo spazio ho l’opportunità diessere utile ai bambini e ai grandi che lo utilizzano,di conoscere persone meravigliose checondividono gli obiettivi dell’associazione, di superarei momenti di vuoto che la vita spesso impone.Inoltre ho la possibilità di migliorare ilvivere sociale che purtroppo da alcuni anni aquesta parte si è pesantemente deteriorato.Cosa posso desiderare di più?


22Raffaello PasqualottoASSOCIAZIONE PRO-AMMALATI FRANCESCO VOZZAIl lavoro è sempre stato per me una grande passionee mi ha impegnato sempre molto, anche10-12 ore al giorno. Dopo aver interrotto gli studiclassici perché con la malattia di mio padre lamia famiglia non ha più potuto mantenerminegli studi, ho dovuto cercarmi un impiego,senza nessuna preparazione scolastica. A sedicianni sono stato assunto nell’ufficio contabilitàdi un’azienda vicino a casa, dove lasignora Marchi mi ha quasi adottato e mi ha insegnato“qualcosa, tanto per incominciare”.Contemporaneamente ho frequentato dei corsispecifici di contabilità, paghe e contributi. Misono poi iscritto a Ragioneria serale: è stato pesante,lavorare e studiare, ma bisognava farlo.Piano, piano, la mia esperienza aumentava,così come la mia autonomia e responsabilità.Altri corsi di formazione e di aggiornamento enel 1987 sono stato nominato dirigente in unamultinazionale, responsabile amministrativo, finanziarioe del personale.Quando ho deciso di andare in pensione nel2002, dopo quarant’anni di intenso lavoro, misono posto il problema: cosa farò ora? Il notaioPasquale Lebano, un amico con cui mi confrontavosu questo argomento, mi ha suggeritoil volontariato; “Ho io – mi disse – un’associazioneche opera al Fatebenefratelli”. “Io però ho unproblema: non ho il coraggio di avvicinarmi almalato a letto, alla sofferenza …”, risposi ma luimi tranquillizzò: “L’associazione è piccola ehanno bisogno di organizzazione, consulenza,coordinamento, amministrazione”. Si trattavadell’Associazione pro-ammalati FrancescoVozza, una Onlus che prende il nome da un ragazzomorto in questo ospedale di un male incurabilenel luglio del 1983. La nascita dell’associazionesi deve al professor Riccardo Vozza,primario della II divisione dell’Oftalmico di Milano,padre di Francesco, che con un gruppo diamici, medici e infermieri, a distanza di un anno,ha fondato l’associazione per sostenere i malatinell’ospedale dove lui ha trovato tanta comprensione,umanità e solidarietà.Mi presento, faccio il colloquio e partecipo alcorso di formazione. Mi affidano il servizio dell’Accoglienza:arrivano richieste di nuovi volontarie bisogna valutare se sono adatti e perquale attività, infine vanno preparati. Organizzoallora il servizio, predispongo idonea modulisticae partiamo. Un primo incontro, eventualecolloquio con la psicologa e il primo corso diintroduzione che prevede tre momenti: con lapsicologa per una riflessione sulle motivazioni;con la Direzione sanitaria per illustrare ciò che ilvolontario deve fare e non fare; infine uno scambiodi esperienze con alcuni volontari già in servizio.Se tutto fila come previsto, il volontarioviene assegnato a un reparto dove svolge un tirociniodi due mesi, in compagnia della coordinatriceo di un volontario esperto.All’interno del Fatebenefratelli, Oftalmico e MacedonioMelloni, i volontari tengono compagniaai malati ricoverati nei reparti; accolgono le personeche arrivano negli ambulatori per esamispecialistici; al Pronto Soccorso tengono compagniaai malati dentro l’astanteria e ai parentiin attesa fuori; alla Macedonio Melloni assistonole mamme in attesa di partorire e quante hannoappena partorito o hanno il piccolo con problemi.Si aiutano poi i degenti in condizioni economichedisagiate, si vestono quanti lo necessitanoper un ricovero improvviso, oppure unapersona indigente o gli anziani soli. Infine se unapersona sola viene dimessa ma non è ancoraautosufficiente, l’associazione la segue mandandodel personale medico o di servizio e sostieneil costo di una cooperativa convenzionata,in attesa dell’intervento dei servizi sociali ela presa in carico da parte del Comune. Infineun altro servizio molto apprezzato è il trasportoda casa all’ospedale per quelle persone che nehanno necessità per una chemioterapia, peruna dialisi, la riabilitazione dopo un intervento, uncontrollo o un esame specialistico. La nuova organizzazioneimpostata funziona, i volontari si inserisconocon maggiore coscienza e consapevolezzae la sera tornano a casa dopo il turno,magari stanchi, ma soddisfatti.Nel 2003 con il rinnovo delle cariche sociali delconsiglio direttivo e del collegio dei revisori deiconti, vengo eletto consigliere e successivamentenominato vicepresidente con delegaalla formazione dei volontari e ai rapporti conla Direzione dell’ospedale. Il “lavoro” che svolgomi impegna molto: è il mio impegno, oggi cheho 62 anni. Sono in ospedale tutti i giorni, a voltemezza giornata, altre tutto il giorno. Il “lavoro” midà grandi soddisfazioni. Anch’io alcuni giornirientro a casa stanco, ma soddisfatto. Nel miopiccolo, do anch’io un minimo contributo alraggiungimento dello scopo dell’associazione:far sì che i malati si sentano un po’ meno soli.


23Aurora PismataroASSOCIAZIONE SENECA ONLUSASSISTENZA DOMICILIARE ANZIANIMi ricordo il giorno in cui salii le scale di casasua per la prima volta, rampa dopo rampa, egià al terzo piano mi mancava il fiato. Chissàcome ci arrivava lei, al quinto piano, a più di ottant’anni….Lo capii poco a poco, conoscendoladurante i nostri incontri pomeridiani.Sentii dei passi frettolosi e la signora Agnesevenne ad aprirmi: vidi una donna piccola emagra, molto trascurata, che mi guardò negliocchi con stanchezza e diffidenza. La salutaicon un sorriso porgendole un pacchettino didolci. E fu così che riuscii a entrare.Davanti alle paste alla crema e ai budini alcioccolato cominciava sempre a sorridereanche lei e a raccontarmi che da bambina eragolosa di dolci, anche se in verità lei e i suoi cinquefratelli avevano avuto tanta fame, la famevera che le famiglie contadine avevano soffertosul delta del Po negli anni ’20. Fame e povertàavevano accompagnato la signora Agneseanche durante la guerra a Milano, dov’era venuta,ragazza, per imparare il mestiere di sarta.Mi raccontava dei bombardamenti, delle corsenei rifugi in cantina, di come cucisse bene legonne a pieghe e le camicette di seta e poi diquel bel ragazzo con cui aveva parlato duevolte ma che non era più tornato dal fronte.Ogni volta mi chiedeva che paste le avessi portatoperché non ci vedeva più granché, ma“farsi gli occhiali” – come diceva lei – “costatroppo”. E costava troppo pure il dentista: “ladentiera mi balla e la metto solo quando escoe poi mangio caffelatte e stracchino”. Peccatoche nel vassoio del pasto che il Comune lemandava ogni giorno ci fossero troppo spessobocconi di carne e pastasciutta che non riuscivaa masticare. Poi cominciava sempre a ripetermiche da trent’anni, ormai, viveva da solain quella casa. Da sola perché la sorella con cuiera venuta a Milano era morta giovane e leinon aveva mai stretto amicizia con nessun vicinoperché “sono tutti ficcanaso e non ci sipuò fidare di nessuno”. La sua paura l’avevaresa totalmente sola.Stavamo sedute a parlare davanti a un tavolo rotondo,in una stanza dai muri scrostati, con alcunifili elettrici volanti. Da una parte c’era unvecchio mobile con una vetrina da cui si vedevanotazzine spaiate piene di polvere, scatoloniper terra da cui spuntavano maglie infeltrite, eoggetti sparsi qua e là. Un bicchiere d’acqua, unvecchio carillon con una ballerina sul coperchio,una Madonnina di legno e un acquerellosbiadito con una barca sul mare. Tutto sapeva distantio. In un angolo c’era pure un piccolo mobiletto-frigopieno di cibi e scatolame scaduti. Ilfrigo non funzionava nemmeno più e la signoraAgnese non se n’era accorta perché non vedevapiù bene e la sua vita era immobile da decenni.Immobile come quel piccolo appartamentoin cui viveva, in un palazzone popolare, alquinto piano senza ascensore, con una cucinanell’incavo di una parete, un fornello con labombola del gas e un lavandino di ceramica ingrigitae piena di crepe, con un bagno che contenevasolo il water e un minuscolo lavandinosenza acqua calda. Lì dentro il tempo si era fermatoda anni, come si era fermato nel cuoredella signora Agnese. Non sognava neppurepiù una vita diversa, perché si era dimenticatache potesse esistere. Si era rinchiusa in una solitudineda cui uscivano soltanto ricordi di privazioni,delusioni e, soprattutto, rancori che l’avevanoripiegata su se stessa. Eppure l’avevo vistasorridere bevendo il tè e mangiando le pastealla crema, mentre mi raccontava i sogni cheaveva da ragazza e che ora non aveva più.Col tempo si riuscì a farle accettare un piccolofrigorifero e un televisore procurati in associazionecol passaparola, ma non si riuscì mai afarle accettare la proposta di andare a vivere inuna residenza per anziani. La signora Agnesecontinuò a fare i cinque piani di scale a piedifino al giorno in cui rientrò nella sua casa perl’ultima volta, prima di andarsene nel sonnocome mi aveva sempre detto di desiderare. E fuifelice che almeno per una volta si fosse realizzatoun suo sogno.


24Dante VegettiABIO PER IL BAMBINO IN OSPE<strong>DA</strong>LEOgnuno di noi alla fine della sua attività di lavoratoresi trova a disporre di parecchio tempo einizia a interrogarsi su come impiegarlo. Ricordoche da subito decisi che in parte l’avrei utilizzatoper fare del volontariato. Già, ma quale? Le possibilitàerano parecchie. Dovevo però essere sicurodi scegliere quello che più si adattava allamia personalità. Ed ecco che il destino mi offrì lascelta in modo simpatico. Mi trovavo a Milano sultram ed, essendo alto, andai a sfiorare con la testauna locandina che dondolava dalla barratrasversale per sorreggersi: era la locandina diAbio Milano che annunciava l’inizio di un corsoper formare volontari nei reparti di pediatria degliospedali milanesi.Telefonai alla segreteria e mi iscrissi subito:avevo scelto ed ero già sicuro di avere trovato iltipo di volontariato adatto. Frequentai un ciclodi lezioni settimanali che durò parecchi mesi.Alla fine venne il giorno in cui mi consegnaronoil tesserino di riconoscimento e insieme mi diederola maglietta bianca con stampato l’orso che abbracciaun bimbo. È la divisa di ABIO per gli uomini,mentre le donne hanno il camice azzurro.Avevo scelto l’ospedale e il turno per il mio servizio.Prima di incominciare venni chiamatodalla responsabile di gruppo per un colloquioe, quando mi disse il giorno d’inizio, sentii subitoqualcosa dentro che mi rendeva sereno e leggero.In quel momento però incominciò ancheil tormentone interiore delle domande: sarò ingrado? riuscirò a mettere in pratica quello chemi hanno insegnato al corso di formazione?avrò pazienza? E molte altre ancora… Giunto aquel punto però ero determinato e deciso a iniziarequesta esperienza.Era il 1999 quando un mercoledì, alle 18, entraiin reparto per la prima volta. Per me era come ilprimo giorno di scuola. Mi presentai intimoritoalla mia tutor, la quale, dopo avermi spiegatocome si svolgeva il servizio e come era organizzatoil reparto, mi diede il benvenuto.Da quel momento ero un tirocinante ABIO: dovevofare 60 ore di tirocinio prima di potere diventareun volontario attivo. Immediatamentedopo fui condotto in una camera e mi fu assegnatauna bimba di 55 giorni di vita. Che emozionee che paura, tenere fra le braccia quellapiccolissima creatura indifesa che soffriva…Con il trascorrere del tempo mi resi conto chela paura svaniva e lasciava spazio a una intensaserenità interiore. Ero felice.Alle ore 20 terminai il mio primo turno soddisfatto:mi sentivo più completo avevo ricevutoqualche cosa d’importante da questa esperienza,avevo dato qualche cosa di utile a qualcunoche ne aveva tanto bisogno. Tornando acasa rilessi gli appunti del corso e venni affascinatodalla frase che dice “Ad aiutare i bimbi piccolisi diventa grandi”. È una verità inconfutabile:dare ai bimbi un nostro sorriso é per loro unadolce terapia, mentre ricevere un loro sorriso éper noi il loro modo di ringraziarci. È un’esperienzameravigliosa che mi arricchisce in continuazione,anche dopo dieci anni di servizio.


25Esperienze a confronto2.2


41Relazioni sul volontariato2.3Una serie di testimonianze significative sul volontariato raccolte nel corso dei dieci anni di CiesseviMessaggio del cardinale Carlo Maria Martini,arcivescovo di Milano, in occasione dellamanifestazione Vite volontarie realizzatanel febbraio del 2001 a Milano in occasionedell’Anno Internazionale del Volontariato.Desidero porgere un cordiale saluto a quantipartecipano all’iniziativa “Vite volontarie – Settimanadi comunicazione del volontariato a Milano”;un saluto che vuole essere insiemeespressione del mio vivo apprezzamento e dellamia riconoscenza per il vostro impegno e la vostradedizione.Vorrei dunque richiamare alcuni caratteri cheritengo fondamentali nel volontariato.Anzitutto si esprime in esso, con forza, la tensionea rispondere ai bisogni reali delle persone, e neè testimonianza l’operosità sapiente e competentedelle numerose esperienze associative convocateper queste giornate. Scrive l’evangelistaGiovanni nella sua prima lettera “Figli miei, vogliamocibene sul serio, a fatti. Non solo a paroleo con bei discorsi” (Gv 3,18); viene qui splendidamenteindicata l’urgenza da voi richiamata divivere una solidarietà concreta, al di là delle affermazionidi principio o delle sterili celebrazioni.Il volontariato è inoltre una straordinaria esperienzaumana di gratuità, non certo risorsa funzionalesul piano del vantaggio economico. Èperciò una scelta che si radica nella coscienza,che appartiene al patrimonio educativo del singoloe della comunità e se, nel nostro contestosociale, avvertiamo la tendenza a leggere e interpretaretutto in chiave utilitaristica, dobbiamoprendere maggiore coscienza del valore esemplareproprio del dedicarsi al servizio per gli altrisenza secondi fini, senza tornaconti personalio di gruppo.Vi auguro che, dai lavori di questa Settimana, ladimensione della gratuità emerga ancora piùevidente e affascinante; è infatti un dono preziosoche ha radici nel Vangelo.Ricordo pure il desiderio di partecipazione insitonel volontariato. Voi manifestate l’urgenza di coniugarecarità e giustizia e sollecitate le istituzionia promuovere il bene comune attraversola valorizzazione di quel principio di sussidiarietàche qualifica la partecipazione. Da qui l’importanzadi condividere con le istituzioni lo svolgimentodi questa Settimana: il volontariatorilancia pienamente il proprio ruolo di stimolo edi strumento di crescita della comunità collaborandomediante la passione e lo spirito di servizioche lo caratterizzano, senza accettare peraltrodeleghe improprie.Così, la vostra realtà orienta e sollecita una politicadavvero a servizio delle persone, in particolaredelle più indifese e a rischio di esclusionesociale.Un’ultima riflessione. Per “fare” volontariato occorresaper “vivere” da volontari, occorre cioèsegnare tutta una vita quotidiana del valore ditale scelta di servizio che vi spinge a condivideretempo ed energie con persone sofferenti.In questo modo contribuirete a costruire il legamedi appartenenza e di amicizia di cui lanostra città ha bisogno, contribuirete a dare un“cuore” al nostro vivere sociale.Quindi, le dimensioni di concretezza, di generosagratuità e di partecipazione espresse dall’impegnodi ciascuno di voi contengono unosplendido potenziale educativo di valenza comunitaria,di cui è essenziale assumere consapevolezza.Concludo formulando gli auspici più belli perqueste giornate. Possiate viverle con intensità,con gioia, con l’umile coscienza della grandezzadel vostro compito e insieme l’entusiasmocreativo che permette di camminare versoorizzonti sempre più vasti.SIGNIFICATO E VALORI DEL VOLONTARIATONELLA SOCIETÀ DI OGGITestimonianza di Monsignor Giovanni Nervo,Presidente onorario Fondazione “E. Zancan”del 20 aprile 2002Sul significato e sui valori del volontariato in questiultimi anni si sono dette tante, tante parole,soprattutto nell’anno internazionale del volontariato.Sul significato io sento ancora moltaconfusione: con il nome di volontariato si fa ancoraun minestrone fra volontariato, cooperazionesociale, associazionismo di promozionesociale, sebbene ormai ciascuna di questeespressioni di solidarietà sociale abbia per ilmomento una sua specifica legge.Vorrei dire alcune altre cose che non sono stateevidenziate molto nei vari convegni sul significatoe sui valori del volontariato e che pensosiano utili.Primo: il termine “volontario” è un aggettivo, chesi aggiunge ad un sostantivo per specificarneun aspetto. In questo caso il sostantivo è la personavolontaria, che fa un lavoro volontario. La


42cosa più importante e fondamentale non èl’aggettivo (volontario), ma il sostantivo, che èla persona e il lavoro. Oggi si rischia un capovolgimentodi significato: sembra che il valoremaggiore stia nell’aggettivo (volontario), mentreil sostantivo sembra deprezzato (la personae il lavoro).In realtà il valore fondante del volontariato non èl’aggettivo, volontario, ma è il sostantivo, la personache produce il lavoro umano. Il volontariato,se è veramente autentico, è un valore aggiunto,non è il valore costitutivo. Questo vale sul pianocivile: “ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondole proprie possibilità e la propria scelta,un’attività o una funzione che concorra al progressomateriale e spirituale della società” (art. 4Cost.). Questo vale sul piano religioso cristiano: illavoro umano è partecipazione dell’uomo all’azionecreatrice di Dio. Una infatuazione del volontariatoche mettesse nell’ombra il valore e ladignità del lavoro umano sarebbe una pericolosae dannosa mistificazione.Seconda osservazione: se questo è vero, ilprimo valore e obiettivo del volontariato dovrebbeessere di portare a vivere i forti valori diservizio, di disponibilità, di rispetto delle persone,di maggiore attenzione ai più deboli, di disinteresse,vissuti e sperimentati nel servizio di volontariato,nel normale lavoro pagato. In questamaniera si riossigenerebbe la società di valoriessenziali per una convivenza umana e civilealla sua base. Questo ha maggior valore deglistessi servizi che il volontariato produce. È più importanteinfatti che un medico, un infermiere, unassistente sociale, un insegnante faccianobene, con competenza, con spirito di servizio,con dedizione, con puntualità, se è possibilecon amore, il loro lavoro normale per cui sonogiustamente pagati, che non che facciano periodio momenti di servizio di volontariato, e sarebbemistificatorio se, facendo volontariato, poitrascurassero il normale lavoro per cui sono pagati.Il primo significato e il primo valore del volontariatoè questa educazione al servizio.Terzo aspetto: questo vale per ogni genere dilavoro, ma assume un carattere particolarenelle cooperative sociali, e soprattutto nellecooperative di solidarietà sociale, cioè le cooperativeB che hanno come scopo specificol’inserimento lavorativo e l’integrazione socialedi persone in difficoltà (disabili, ex carcerati, tossicodipendenti,ecc.). Le cooperative di solidarietàsociale sono nate dal volontariato e sonostate non solo rafforzate e integrate, ma ancheanimate dal volontariato, cioè sono state aiutatea conservare i valori propri del volontariatoda cui sono nate. Mi dicono che in molte cooperativedi solidarietà sociale i volontari vengonoa mancare. Erano stati sostituiti dagliobiettori di coscienza, che ovviamente nonsono volontari; ma, con la sospensione del serviziodi leva, vengono meno anche quelli. Questoprobabilmente è un sintomo di evoluzione,ma anche di crisi, non solo delle cooperative disolidarietà sociale, ma anche del volontariato.Più problematica è, a mio avviso, la situazionedelle cooperative sociali, quelle che la legge381/91 pone nella categoria A. Anche questecooperative, in base alla legge possono utilizzarei volontari nella misura di metà del numerocomplessivo dei soci. Il volontariato è certamenteun valore aggiunto, ma quale significatoe quali valori porta in queste cooperative? Leaiuta con i suoi valori a “perseguire l’interessegenerale della comunità alla promozioneumana e all’integrazione sociale dei cittadini”,che è la qualificazione specifica delle cooperativesociali, che le differenzia dalle normalicooperative di produzione e lavoro? Porta unvalore aggiunto nel senso che contribuisce amigliorare la qualità del servizio, come farebbein ogni istituzione, perché cura con i suoi valoriparticolarmente gli aspetti relazionali nei servizialla persona, sociosanitari ed educativi, che costituisconol’ambito di azione delle cooperativesociali di categoria A previsto dalla legge? Ocontribuisce a ridurre i costi e a vincere gli appaltinell’attribuzione delle convenzioni?La situazione diventa ancora più problematicae complessa con la nuova legge sulle impresesociali. Le cooperative sociali sono imprese sociali?Comunque, se si dotano di una impresasociale, oltre al volontariato possono disporre diun altro valore aggiunto, il capitale privato chepuò confluire nell’impresa sociale fino alla misuradel 49%. Viene spontaneo chiedersi se haun significato la presenza del volontariato inuna situazione di questo genere, dove è evidenteil processo di progressivo passaggio dalnon profit al profit, dove mano mano il privato eil mercato occupano tutti gli spazi. Se vogliamopuò essere una nuova frontiera del volontariato,dove può portare e promuovere i suoi valori proprie originali: l’ ho sentito affermare e può esserevero, ma deve esserne consapevole,diversamente può venire banalmente strumentalizzato.Quarta sottolineatura: un’altra prospettiva delsignificato e dei valori del volontariato è la diffusionedella cultura e della prassi della solidarietàdi base in tutti i rapporti interpersonali dovenon c’è bisogno dell’organizzazione per fare volontariato.La legge 266/91, dovendo regolare irapporti del volontariato con le istituzioni pubbliche– non è infatti la legge quadro del volontariato,ma la legge che regola i rapportidelle associazioni di volontariato con le istituzioni– non ha preso in considerazione il volontariatoindividuale e familiare. Eppure esiste edè prezioso. Anzi un volontariato associato ma-


43turo dovrebbe proporsi come obiettivo primariolo sviluppo di questa solidarietà di base in tutti irapporti interpersonali. Se una persona vive realmentei valori del volontariato nell’esperienzadi una associazione di volontariato, dovrebbe inmodo naturale e spontaneo portare e viverequei valori nei suoi normali rapporti interpersonali:diversamente sarebbe lecito dubitare dellaautenticità di quelle esperienze.Quinto aspetto: si parla molto di volontariatocon la funzione di advocacy, cioè di farsi vocee difesa della dignità e dei diritti dei più deboli,a livello mondiale e locale. È quella funzioneche usiamo chiamare ruolo politico del volontariato.C’è veramente bisogno che il volontariatosviluppi questo ruolo politico di advocacydei più deboli?Sembra richiesto dall’art. 3 della Costituzione,che afferma che tutti i cittadini hanno egualedignità sociale e che è compito della Repubblicarimuovere gli ostacoli materiali e socialiche impediscono tale eguaglianza. In realtàper promuovere eguaglianza bisogna partiredagli ultimi e dare loro precedenza nell’assegnazionedelle opportunità e delle risorse, perché“una distribuzione eguale fra uguali, ciricorda Don Milani, è giustizia, fra disuguali èsomma ingiustizia”.Questa rimozione degli ostacoli non è una cosaautomatica, perché i più forti tendono a prevaleresui più deboli, allargando le disuguaglianze:è qui che si innesta la funzione diadvocacy a tutela dei più deboli. Il discorso èdi particolare attualità.Una decina di anni fa ho partecipato ad unatavola rotonda che aveva come tema la solidarietàcon gli ultimi. Feci leva sull’art. 3 dellaCostituzione, e soprattutto sul comma secondo.Avevo davanti a me un eminente studioso di dirittodella “Sapienza” di Roma. Nel ritorno inmacchina mi disse: “Non sono intervenuto, perchéil mio intervento sarebbe stato troppo articolatoe non era quello il luogo e il momentoper farlo. Ho studiato per 15 anni sull’art. 3 dellaCostituzione, e particolarmente sul secondocomma, e ritengo che oggi non si possa ricorrerea questo testo della Costituzione per promuoverel’eguaglianza dei cittadini, non perchéil dettato costituzionale non sia valido, ma perchénon c’è la forza politica per tradurre il dettatocostituzionale in leggi e istituzioni”. E midiede la ragione di questo suo convincimento:“Nel 1947, quando fu emanata la Costituzionerepubblicana, la maggioranza dei cittadini erain condizioni disagiate e il pieno godimento deidiritti affermati dalla Costituzione era privilegiodi una minoranza. In questa situazione l’azionedemocratica della maggioranza consentiva dipromuovere riforme, leggi, istituzioni in direzionedell’eguale dignità dei cittadini. Oggi la situazioneè rovesciata: la maggioranza sta bene, chiè in difficoltà è una minoranza. Nel sistema democraticola maggioranza, usando la sua forza,tende a consolidare il suo benessere e ademarginare nell’assistenza la minoranza in difficoltà”.In sintesi: ci sono due concezioni della società:una che pone alla base una economia liberistadi mercato; l’altra una economia sociale di mercato.La prima inevitabilmente privilegia i forti edemargina i deboli, anche se poi compassionevolmenteli assiste: realmente, come dimostranoi dati, produce e aumenta le disuguaglianze ele povertà.In questa situazione il volontariato con chi sta?Con chi difende la dignità e i diritti dei poveri, ocon chi gli dà i soldi per le sue iniziative, anche secon le scelte politiche di fatto produce i poveri?La domanda è piuttosto brutale, ma nella svoltaeconomicistica che sta subendo tutto il terzosettore e anche il volontariato, non possiamonon porcela con franchezza: quale ruolo assumeil volontariato in questa nuova situazione?Dieci anni fa, in un seminario della FondazioneZancan rilevavamo che negli ultimi anni la “solidarietàorganizzata – cioè le punte più sensibilie più avanzate di quella fascia della societàche non si identifica né con lo Stato né col mercato,ma costituisce un terzo polo sotto il nomedi “terzo settore” (particolarmente associazionidi volontariato, cooperative di solidarietà sociale,associazionismo sociale) – va maturandola consapevolezza di dover svolgere un ruolopolitico per affermare i diritti dei più deboli epromuovere, controcorrente, una cultura di solidarietàche tenga fede allo spirito e ai contenutidegli articoli 2 e 3 della Costituzione econtemporaneamente comincia a organizzarsiper realizzare progressivamente tali obiettivi”.È quella funzione politica della società civileche il documento della Conferenza episcopaleitaliana “Educare alla legalità” indicava fin dal1991 come necessaria per un corretto svolgimentodella vita sociale: “Per un corretto svolgimentodella vita sociale è indispensabile che lacomunità civile si riappropri di quella funzionepolitica che troppo spesso ha delegato esclusivamenteai “professionisti” di questo impegnonella società. Non si tratta di superare l’istituzione“partito”, che rimane essenziale nell’organizzazionedello Stato democratico, ma diriconoscere che si fa politica non solo nei partiti,ma anche al di fuori di essi, contribuendoad uno sviluppo globale della democrazia conl’assunzione di responsabilità, di controllo, di stimolo,di proposta e di attuazione di una reale enon solo declamata partecipazione.La lotta per la rimozione delle strutture sociali ingiusteè un impegno che non può essere affidatoin modo unico ed esclusivo ai partiti.


44Anche la società civile ha da svolgere una suafunzione politica, facendosi carico dei problemisociali del paese, elaborando progetti per unamigliore vita umana a favore di tutti, controllandoanche la loro attuazione, denunciandodisfunzioni e inerzie, esigendo con gli strumentidemocratici, messi a disposizione dei cittadini,che la mensa non sia apparecchiata solo perchi ha potere, ma per tutti”.Certamente la funzione politica esercitata dallasocietà civile segue logiche e metodi diversi daquella esercitata dai partiti. I partiti hanno bisognodi raccogliere il consenso dei cittadini peresercitare il potere o nel governare se ottengonola maggioranza, o per fare opposizione sesono minoranza. Gli altri soggetti politici dellasocietà civile che esercitano la sua funzione politica– come ad esempio le componenti delterzo settore – non hanno bisogno di cercare ilconsenso, ma hanno la capacità e la responsabilitàdi orientarlo per impegnare il potere politicoa risolvere i problemi dei più deboli; nonhanno bisogno di cercare il potere, ma possonoe devono controllarlo dal basso a tutela dei piùdeboli nell’esercizio della libertà e nella dialetticademocratica.Gli uni e gli altri però dovrebbero avere il medesimoobiettivo finale: promuovere e realizzareil bene comune, cioè di tutti e di ciascuno, ponendoal centro la persona e la famiglia.Il prof. Giuseppe Cotturri, nel volume “Potere sussidiario.Sussidiarietà e federalismo in Europa ein Italia” afferma e dimostra che una cittadinanzaattiva è necessaria anche per mantenerela democrazia. Per conservare la democrazianon è sufficiente infatti il consensopopolare. Partendo dal federalismo politico e federalismosociale, parla di “una critica della politicacome concentrazione di potere, e in particolaredi una critica anche della versionedemocratica di questa tendenza, che consistenel prospettare il sistema della rappresentanzapolitica come manifestazione pressoché esaustivadella sovranità popolare”.“Da alcuni decenni, dice, si è diffusa nei paesidemocratici avanzati una sfiducia crescentenell’artificio della politica rappresentativa (...)causa di un eccesso di accumulazione di poterenelle organizzazioni politiche complesse,gestite da professionisti della comunicazione(...) e metodo ormai intollerabile di espropriazione,alienazione del potere politico individuale,della partecipazione più larga”.È realisticamente possibile che i soggetti socialidel terzo settore – volontariato, cooperazione sociale,associazionismo di promozione sociale –assumano ed esercitino questa funzione politicadella società civile? Assumano cioè quellafunzione di advocacy, di tutela dei diritti, soprattuttodei più deboli?Dobbiamo realisticamente riconoscere chel’aria che tira oggi non rende facile al volontariatoe alle altre espressioni di solidarietà socialedel terzo settore assumere ed esercitare la funzionedi advocacy; ma proprio per questo, semette al centro la persona, è indispensabile eurgente che lo faccia. Non possiamo poi ignorareche è cambiato anche il contesto del terzosettore, che ha accentuato la svolta economicistica,rischiando di scivolare dal non profit alprofit adeguandosi alla cultura economicisticadominante.Si rende pertanto necessario e urgente che ilvolontariato e le altre espressioni del terzo settoresi facciano carico di un impegno politicoper garantire il rispetto della dignità e dei dirittidelle persone cui rivolgono la loro assistenza.Ciò comporta almeno quattro cose.Prima condizione: che abbiano umilmente erealisticamente consapevolezza dei propri limiti.Solo la società nel suo insieme, con le sue istituzioni,quello che usiamo chiamare Stato, puòe ha il compito istituzionale, e quindi il dovere,di garantire i diritti dei cittadini che assicurinocondizioni di vita rispettose della loro dignità. Èquestione di avere ben chiari i ruoli: le funzionidella programmazione dei servizi sul territorio(ad es. i Piani di zona), del coordinamento dellerisorse, della vigilanza e del controllo sono dell’entepubblico e non sono delegabili; vannoesercitate in modo attivamente e responsabilmentepartecipato dalle componenti del terzosettore, ma non possono non essere assuntedall’ente pubblico.L’alternativa è il mercato, che di sua natura nonpuò garantire né eguaglianza, né tutela deisoggetti deboli: certamente il mercato favoriscele condizioni di vita, anche nella salute, ma dichi sta meglio.Seconda condizione per poter esercitare la funzionedi advocacy è la formazione, sia alle motivazioni,sia alla capacità tecnica di lavorare,sia una formazione politica per sapersi metterein giusta relazione con le istituzioni per la tuteladei soggetti deboli.Ad esempio se vogliamo fare non solo assistenzaagli immigrati, ma anche preoccuparcidella loro condizione di vita, bisogna anzituttoche sappiamo far bene l’assistenza – ciò comportaconoscerli, conoscere la loro cultura, i lorocostumi, le loro aspettative, le loro potenzialità –ma bisogna saper conoscere anche le leggi attualiche negano due diritti umani fondamentali,quello dell’integrazione sociale legando ilsoggiorno al contratto di lavoro, e quello dei ricongiungimentifamiliari: questa è formazionepolitica.Se vogliamo non limitare il volontariato all’assistenzadei malati, in ospedale o a casa, maanche impegnarci per creare condizioni di vita,


45è necessario che seguiamo i corsi di formazioneper imparare come si assistono gli ammalati,ma bisogna anche che ci formiamoidee chiare sulle politiche in atto.Terza condizione: che le associazioni di volontariatosiano unite. L’assistenza può farla ancheun volontario da solo; può farla meglio se èunito in una associazione. Ma un volontario dasolo o una sola associazione non possonoagire efficacemente per la tutela dei diritti.Solo se tutto il volontariato è unito diventa unsoggetto politico che può esercitare la funzionedi advocacy, cioè di tutela dei diritti: ad esempiouniti nel CNCA, nel Mo.V.I., nel Forum Permanentedel Terzo Settore, ecc. Magari utilizzandole nuove tecnologie di internet per la comunicazione.Quarta condizione: mantenere gelosamente lapropria libertà, sia dal potere economico – “chipaga comanda” – sia dal potere politico: il volontariatopuò essere guardato con simpatiaanche come buona riserva di voti.A ciascuno di noi il compito di verificarli e, se liriconosciamo autentici, la responsabilità di seguirlie di attuarli.I PROTAGONISTI DEL NUOVO WELFARETestimonianza di Carlo Maria Mozzanica,docente dell’Università Cattolica del 2007Gli attori nel nuovo Welfare sono tutti coloro chefanno la Repubblica, e non solo lo Stato, perchèè un dovere inderogabile garantire il tema dellasolidarietà.Le risorse sono essenzialmente quelle umane, ricordandoche il volontariato non è un valore aggiuntoo aggiuntivo, ma è un valore costitutivoperché il quadro delle fragilità oggi è radicalmentecambiato. Non possiamo pensare ad unWelfare fatto solo dalla somma dei livelli essenzialidelle prestazioni. Il sistema delle relazionisono quelle di Welfare Community, di una nuovaGovernance, con qualche riflessione critica suinuovi sistemi di gestione che stanno emergendo.Per esempio sui Piani di zona occorre qualche riflessioneperchè i processi nascono con formulemolto differenziate: dalla Fondazione di partecipazione,all’Azienda speciale, alle Srl. Per cui èdifficile capire chi è il committente e chi è il referente.È difficile capire se la regione Lombardiavuole l’integrazione del sanitario e socio sanitarionell’ambito dei distretti. Quindi in questo quadrocomplesso il Welfare ci appare in una dimensionesettoriale. Oggi il Welfare si fa un po’orizzontedel tutto. Ma perché? Molte volte iragionamenti su questo tema sono lasciati unpo’ ai sociologi e un po’ agli economisti, dimenticandola dimensione più antropologica, piùesistenziale e più di connotazione generale. Allora,in termini di opportunità, il Welfare non puòche essere un Welfare che promuove lo sviluppoe, quindi, “abita” il territorio dell’umano, perché sisbilancia su e con un nuovo umanesimo. È un“Welfare nuovo” quando coltiva prossimità menoaccomodanti, o quando spezza distanze di sicurezzache, nella logica un po’ identitaria e difensivadel nostro tempo, pone una serie diproblemi e di domande. Se andiamo, per esempio,a riflettere sulla dimensione adolescenziale egiovanile noi vediamo che le molteplici forme didipendenza sono “protese” verso una identità incompiutae fragile, che non trova luoghi espressivi.Allora il Welfare diventa un tema “costitutivo”di un nuovo orizzonte democratico e, purtroppo,ho l’impressione che non ci sia una grande coscienzasu questo tema. È un “Welfare nuovo”quando è accorto nel custodire i bisogni più profondi,non perchè debba essere lo Stato a risponderea questi bisogni, ma occorre ricordareche il confine tra i bisogni assistenziali e bisogniesistenziali è oggi un confine molto sfumato.I modelli di Welfare adottano, ancora, il modelloliberista e il modello laburista, con il rischio cheil Terzo Settore sia calamitato dalla dimensionedel pubblico, quando fa gli appalti o le convenzioni,o dal privato, facilitato dalle forme di finanziamentodelle Fondazioni e quant’altro.Non che questo sia un approccio sbagliato, mac’è il rischio di far perdere quella dimensioneistitutiva e costitutiva della solidarietà che èstata la dimensione che ha fatto sorgere, proprionelle forme iniziali del Welfare, il tema delVolontariato.Quindi, i profili per individuare una prospettiva dinuovo Welfare, sono tre: lo scenario istituzionalee legislativo e quello culturale post-moderno.Lo scenario “istituzionale”. Vediamo quali sonoi percorsi di Welfare che andiamo affermando,quale è la grammatica e la sintassi. Abbiamousato molti termini: Welfar devoluto, Welfarecommunity, Welfare locale. Abbiamo introdottoil problema della “Sussidiarietà”. Se è vero che inpassato l’interesse generale era definito e stabilitosolo dal pubblico, oggi c’è il rischio di una“sussidiarietà a rovescio”, che lascia soltanto aqualche soggetto di “dire e definire”, escludendoil referente pubblico, l’interesse privato.Ma questo è contro il nostro quadro istituzionale,articolo 118 della Costituzione, o l’articolo1, comma 4, della legge 328 che si riferisce nonsolo alla gestione, ma anche alla partecipazione,alla esecuzione costruttiva, alla dimensioneinterpretativa dei bisogni.Lo scenario “legislativo”. Anche nella nostra regione,ho l’impressione che non si tenga contodel quadro attuale, che è quello di un discorsocostituzionale rivisitato, dove abbiamo un “Wel-


46fare a scalare”. Dove i tradizionali contenuti delWelfare, previdenza, sanità e assistenza, sono ascalare: la previdenza ha una competenzaesclusiva dello Stato; la sanità ha una competenzaconcorrente, quindi i principi generalisono ancora in capo allo Stato; l’assistenza èuna competenza residuale delle Regioni. Nontenere conto di questo quadro ci porta ad alcunediscrasie sul tema delle integrazioni. Trovosempre operatori che faticano a far sintesi perchénon sanno di chi è la competenza: se è delComune/Sindaco; se del Piano di Zona; se dell’Asl(ma a che livello); se dell’Ospedale, perchéla psichiatria e neuropsichiatria hanno afferenzaOspedaliera.Voi capite allora che l’assetto del Welfare è undiscorso complicato. In questa quadro credoche sia importante avere come riferimento ilquadro normativo esistente, quanto meno il discorsocostituzionale.Lo scenario culturale post-moderno. Sappianoche l’epoca della modernità è finita, ma nonsappiamo dove stiamo andando. Diciamopost-cristiano, post-capitalistico. Post, il dopo,vuol dire che una stagione è finita, ma non abbiamograndi elementi per dire che cosa. Se ilmoderno era significato dal pensiero forte, iltardo moderno è significato dal pensiero debole,il post-moderno parla già di pensierounico, di pensiero freddo, di pensiero affaticato.Il post moderno è definito come il tempo in cuiè finita la necessità, l’utilità, la prassi della metanarrazione.La meta-narrazione è quella grammaticae sintassi con cui una Nazione, unpopolo, un territorio, interpreta e comunica, a see agli altri, l’orizzonte e il significato del vivere.Con gli stili di vita di oggi, con la globalizzazione,con le pluriculture, questo discorso meta-narrativonon c’è più. Non mi interessa stabilire se èun bene o un male; quando non c’è coscienzadi questo ci sono le derive identitarie, che sonosempre molto difensive. In questo scenario noiabbiamo quadri molto differenziati.Oggi c’è una parola nuova che io chiamo “desiderio”;cioè un frammento di meta-narrazioneche è molto più personale, che è molto più soggettivoe molto più individuale. Per il Welfare questasituazione è un gap, è la ragione per cuinon si può non far sistema tra il pubblico e privato,tra privato sociale e tutte le forme espressive.In questo contesto diventa debole anche lacoordinazione delle relazioni in un Piano di zona,dei tavoli a cui partecipiamo. Allora il desiderio èla nostalgia di questa meta-narrazione che èmolto più soggettiva; è il desiderio di realizzare ilproprio nome; è il desiderio di rinascere a sestessi; è il desiderio di costruire relazioni più significative.Non si sostituisce la risposta al desideriocon una moltiplicazione coatta dei bisogni,talvolta anche indotti. Quindi, dimenticare loscenario socio culturale è estremamente pericoloso,anche dentro il quadro della complessità.Faccio qualche esempio. La malattia, oggi,non è più solo un evento clinico, ma un eventoesistenziale, soprattutto quando la malattia diventacronica. La Regione Lombardia nonprende in considerazione un diritto che è quellodell’auto-integrazione socio sanitaria. L’auto-integrazionesocio sanitaria, principio della sanità,è quella che afferma che in questa situazioneparticolare, la malattia cronica, occorre una tutelae una cura di tipo sanitario, intensivo e dilungo termine, senza essere “ad tempus”. Pensate,per esempio, ad un anziano che è in RSA,che magari è malato oncologico e che si fa tremesi di malattia terminale: l’assistenza del malatoterminale è auto-integrazione socio sanitariaa totale carico della sanità, invece continua apagare la sua retta. C’e una grande differenzatra bisogno e desiderio: il desiderio è la qualitàpost moderna con cui la persona umana cidice il proprio bisogno; bisogno dice appagamento,desiderio dice riconoscimento; bisognodice prestazione, desiderio dice relazione; bisognodice livelli essenziali delle prestazioni, desideriodice livelli esistenziali delle prestazioni. Allorail livello esistenziale e della relazione, non è garantitodalla somma delle prestazioni codificateda un diritto, questa dimensione può essere garantitada soggetti che fanno la comunità, e sec’è un titolo che differenzia il soggetto gestorenon profit è questa qualità relazionale. Altrimentiriduciamo il vivere civile al bene pubblico o aquello privato, ma non c’è democrazia se nonc’è il bene comune o l’interesse generale. Laqualità del Welfare non può essere fatta dalloStato. Lo Stato garantirà livelli essenziali delle prestazioni,ma occorre la comunità, occorre la societàcivile. E il volontariato ha il compito e il dovereinderogabile della solidarietà senza laquale le democrazie finiscono.Il tema dei legami deboli, il tema dell’assenzadelle relazioni è la tragedia del nostro tempo. Latragedia del nostro Paese è che non sappiamopiù pensare, aggiriamo il pensiero ma non siaggira la responsabilità del pensare. Sono tantele conseguenze che derivano dalle politiche socialinello scenario culturale post-moderno: l’ingressodi povertà materiali e immateriali;l’insorgere e il consolidarsi di nuove fragilità; l’affacciarsidel desiderio come nome nuovo bisognosociale. Il Welfare deve essere promotore disviluppo, e non soltanto protezione degli esclusi,quindi deve coniugare responsabilità e solidarietà,partecipazione e sussidiarietà.Il nome nuovo che si può dare al Welfare è “fraternitàe solidarietà”. Che non è il buonismo cattolicoo la buona azione, non è terzo, così come


47è stato chiamato il movimento alternativo e innovativoallo stato e al mercato.Questa è la sfida. Ritengo che una terzietà capacedi contaminare, o meglio di fecondare ilmercato esce da una ricostituita carica di democraziache esige un orizzonte antropologicoda riscoprire e da condividere, come rinnovatabase di nuovo patto di convivenza.Il Welfare “Istituzionale”. Possiamo dire quali sonoi principi di riferimento, quali sono le tradizioniconcettuali delle politiche sociali, quali i parametriermeneutici, di interpretazione. Oggi, semplificando,i modelli emergenti sono quello liberistae laburista. Il rischio è che il modellolaburista confonda processi ancora presenti distatalizzazione della società, dove avviene unaidentificazione tra bene pubblico e bene comune.Mentre il modello liberista avvia processidi mercantilizzazione, oggi molto più frequentenella società, dove si identifica il bene privatocon il bene comune. Allora il bene comune celebrai valori di legame (leggiamo il primo articolodella nostra Costituzione); il bene privatocelebra i valori di scambio; il bene pubblico celebrai valori d’uso. La somma di questi beni nondà il bene comune. Il nuovo Welfare deve guardareal bene comune, evocare solidarietà e condivisionesolidale: io lo chiamerei il “Welfare delleobbligazioni”. In senso etimologico “obbligatio”,cioè legami che ho di fronte, familiari e relazionari.Manca sia il welfare della famiglia, dovenon ci sono i livelli essenziali familiari, sia il “Welfaredelle formazioni sociali” che è il luogo dovesi costruisce la personalità dei cittadini. Allora, il“Welfare delle obbligazioni” può assumere le problematicherelazionali, è quello che sa darenome agli attori, corpo alle risorse. Il volontariatoè il soggetto che fa compagnia al desiderio,magari incrementa anche qualche risposta aibisogni, ma non necessariamente, ecco perchénon si può ridurre il Terzo Settore a soggetto disolo gestore, e quando il soggetto gestore, se èprivato non profit, deve qualificare la sua dimensionerelazionale. Allora questo “Welfaredelle obbligazioni” è un “Welfare rassicurativo”che riconosce le capacità e non risponde soloalle mancanze; è un “Welfare della promozione”,non solo della protezione, che propizia le relazionie non solo le prestazioni; è un “Welfare dellaresponsabilità” e non solo della rappresentanza;è Welfare che propizia e custodisce la “libertà di”e non solo la “libertà da”; è un “Welfare ex-ante”e non solo un “Welfare ex-post”.Questo è un Welfare che si qualifica come unlavoro di rete, non un lavoro “sulle reti”. La sussidiarietà,snodo fondamentale di questo Welfare,è una sussidiarietà attiva. Attiva perchè prima loStato, poi le Regioni, creino le condizioni affinchéla società faccia quello che non possonofare le famiglie. Ma è, anche, una sussidiarietàsociale o orizzontale che è espressiva, partecipativa,comunicativa, non solo gestionale.Credo che un nuovo Welfare debba averecome paradigmi ermeneutici le condizioni perchésia garantita l’integrità, l’unicità, l’irripetibilitàdella persona a partire da un Welfare dicittadinanza, e la cittadinanza oggi non è soltantoun discorso di diritto, perchè la cittadinanzaimplica inclusione e dunque esige undiscorso anche di dovere.Il Comune è il valore esponenziale della comunitàlocale della quale promuove lo sviluppo,rappresenta e tutela gli interessi; ma il soggettoè la comunità locale, dunque la formazione socialedi cui il volontariato è espressione fondamentale.Progettare un nuovo Welfare che guardi al futuroesige di saper prevedere; chiede di pensare aldialogo intergenerazionale anche a livello dipromozione. Dentro questo quadro si ridefinisconoun po’ i ruoli: il ruolo del Comune singoloo associato che, in termini socio assistenziali, è ilcommittente, è il referente, è il garante.


48Assemblea Progettuale Ciessevi MILANO, SABATO 14 GIUGNO 20082.4Riportiamo gli interventi della Tavola Rotonda di: Lino Lacagnina, Susanna Galli, Mariolina Moioli,Carlo Vimercati, Edoardo Patriarca, Mauro Magatti, Dario Cassata, Emilio Lunghi e Marco Granelli.Lino Lacagnina, Presidente CIESSEVISono due gli eventi che ci hanno portato a questagiornata: uno è il decennale di Ciessevi cheprende il via con questo appuntamento e ci accompagneràfino all’anno prossimo. Il secondoelemento è il percorso di progettazione partecipatache ha coinvolto le organizzazioni di volontariatodella provincia di Milano per definireil progetto 2009/2010.Questa Assemblea sarà suddivisa in tre momenti:il primo di riflessione culturale, in cui cercheremocon l’aiuto dei protagonisti del mondoculturale di fare una fotografia dell’oggi con losguardo rivolto al futuro. Un secondo momentodi convivialità, perché il volontariato si contraddistingueper l’azione, ma è anche aperto nelcogliere ogni occasione per creare momenti direlazione che alimentino la carica positiva dell’agireper il bene della comunità.Il terzo è il momento di elaborazione che si aggiungeagli incontri già avvenuti nei territori acui hanno partecipato centinaia di volontariappartenenti a decine di organizzazioni.Uno spaccato significativo, anche se non completo,d’altra parte dobbiamo ancora impararea vivere più fortemente la partecipazione. Tuttisiamo molto concentrati nel nostro agire e questoè il dono del volontariato però può rischiaredi essere un limite se nei momenti giusti nonsappiamo aggregarci per riflettere insieme. Èstata un’entusiasmante occasione di scritturacollettiva, secondo gli insegnamenti di Don Milani,che continueremo nella seconda partedell’Assemblea quando andremo a definire ilManifesto del Volontariato che vorremmo.Quindi, ancora una volta, vi trovate ad esserevoi i protagonisti come lo siete tutti i giorni nelvostro territorio, nelle vostre organizzazioni, perrendere possibile l’impossibile, cioè realizzareopere e servizi con scarse risorse, questa è unadelle sfide. Coniugare partecipazione ed efficaciaquesta è un’altra sfida: costruire solidarietàe sicurezza; mantenere la propria identità creandoreti e ambiti di rappresentanza; valorizzarei giovani senza emarginare gli anziani; acquisirecompetenza senza diventare dei professionisti;essere visibili senza che questo vada a discapitodei contenuti; imparare ad amministrare ea raccogliere fondi senza diventarne schiavi.Saper cogliere le grandi trasformazioni che cicoinvolgono e la loro complessità verso una innovazionesenza che ci induca alla tentazionedella semplificazione. Sono molte le sfide chesono emerse dai lavori di gruppo alle quali il volontariatovuole rispondere con un altro decenniodi crescita come questo che si conclude.Tocca a tutti noi avere la consapevolezza dei bisognie individuare i supporti necessari per continuaread essere protagonisti dei cambiamentiche il Paese richiede, che il comune di Milano,la provincia di Milano richiede. La sfida di Ciesseviè quella di sapersi attrezzare per offrire servizisempre più efficaci ed efficienti per risponderea questi bisogni. La giornata di oggi conl’aiuto della riflessioni di questa mattina e il lavorodel pomeriggio si pone questi obbiettivi.Susanna Galli, Settore Sviluppodelle Professionalità, Direzione CentraleAffari Sociali, Provincia di MilanoLa Provincia di Milano ha una lunga storia, unalunga partnership con il volontariato e in particolarecon Ciessevi. Come sempre le istituzionihanno dei nomi un po’ complicati, il mio settoresi chiama Sviluppo delle Professionalità, perchéci occupiamo di formazione degli operatori, masi chiama Sviluppo delle Professionalità VolontariatoAssociazionismo e questo, come dire, è unnome che connota la nostra attività e dà spessoreperché lega tre mondi e tre aspetti dellacultura del sociale, intrinsecamente legate: legal’aspetto pubblico dei servizi, lega la formazionee l’aggiornamento degli operatori conun’anima vivace e capace di interpretare questesfide. Credo che una partnership tra le istituzioni,tra l’anima dei servizi, tra il pubblico e ilvolontariato si può costruire una realtà migliore.Su questo penso ci sia una grande intesa. Vogliosoffermarmi su quanto Provincia di Milano, con1400 associazioni iscritte all’albo provinciale,quindi con una sede nella provincia di Milano,più tutte quelle che hanno una struttura a livellonazionale, abbiamo una realtà estremamentericca ed effervescente su cui, insieme a Ciessevi,abbiamo costruito una storia che dura da diecianni. In questi giorni abbiamo rinnovato unaconvenzione con Ciessevi, perché è vero chenon bisogna diventare schiavi del budget, ma isoldi sono indispensabili per poter costruire deiprogetti e delle collaborazioni. Una collaborazioneper mettere a frutto una storia di anni che


49non parla solo di come rendicontare, come valutarei progetti finanziati dalle leggi regionali,ma parla anche di una storia di collaborazionesu come fare cultura, su come rendere fruibilitutta una serie di informazioni, su come costruireun sito che sia realmente utile alle associazionidi volontariato. Quindi costruire un dialogo,come costruire percorsi di formazione che sianopercorsi di riconoscimento reciproco, percorsiche tengano insieme, io su questo ci credomolto, persone che arrivano dal mondo del volontariato,persone che arrivano dal mondo deiservizi, dal mondo del pubblico, perché solo conla “contaminazione”, in senso positivo, di sapere,di competenza, di esperienze, questi mondi possonostare insieme, e possono arricchirsi reciprocamente.Condivido inoltre, alcuni temicontenuti nell’elaborazione del Progetto di Ciessevitra quello che si è e quello che si vorrebbeessere. Per esempio il tema dei giovani nellescuole: credo che sia un mondo tutto da costruirema non si può farlo da soli. Sono profondamenteconvinta di questa cosa: solo sulconfronto e sullo scambio che si possono costruiredelle esperienze che hanno un significatoreale dove tutti portiamo a casa qualcosa edove, soprattutto, costruiamo un cambiamentoreale nella rete dei servizi e delle offerte destinateai giovani. Che non siano solo esperienze di riparazioneo di assistenza, ma che siano realmenteesperienze che promuovono diritti dicittadinanza. Questa è un’altra parola che sipronuncia sempre con certo pudore, soprattuttoin questo periodo, ma credo che sia una dellevere sfide, su cui ci dobbiamo impegnarci tuttiinsieme.Mariolina Moioli, Assessore alla Famiglia,Scuola e Politiche Sociali del Comune di MilanoHo scelto di essere qui questa mattina proprioper la sintonia e per la condivisione con il lavoroche Ciessevi fa. Pensavo in dieci anni a quanteassociazioni avete incontrato, a quanti serviziavete erogato e a quale processo culturale èstato fatto, anche se non si finisce mai. Nella miabreve esperienza, sono proprio due anni in questigiorni di gestione delle politiche sociali e dellascuola e della famiglia del comune di Milano,per quello che attiene le mie competenze, hoavuto modo di incontrare, collaborare e realizzareprogetti e servizi con tanta parte delle associazionidi volontariato, ma in particolare delterzo settore più strutturato, quello dell’associazionismo,quello cooperative sociali e quant’altro,ed è oggettivamente questo mondo parteintegrante della risposta sociale ed educativache il Comune di Milano dà al bisogno dellacittà. Oggettivamente io riconosco che granparte delle nostre attività, ma anche della nostraprogettualità è in capo a questo mondo, quindiè un mondo che integra assolutamente le attivitàche più direttamente il Comune di Milanosvolge. Poi devo dire che c’è da parte nostra, main particolare del Sindaco che rappresento quiquesta mattina, un’attenzione a questo mondo;siamo abbastanza vicine, o per attività diretta,seppure in ambiti diversi, o perché la nostra storiadi vita, l’impegno sociale e politico è fortementecaratterizzata da questo. Tant’è chequando eravamo al ministero insieme abbiamoavviato un’attività di valorizzazione del volontariatoa scuola. Attività che poi non ha più avutoil seguito con un sistema che noi avremmo voluto,e poiché nel “Manifesto del volontariatoche vorremmo” c’è questo tema “giovani escuole” io mi permetto di fare un affondo di tipoconcreto, per quanto riguarda la città, se è d’accordoanche la provincia ancora meglio. Io vorrei,come forma di prevenzione a un disagio diffusodi stili di vita non corretti, di violenza, di faticainfinita nel crescere che le giovani generazionihanno, mi piacerebbe proporre con voi, con leassociazioni che voi ritenete, un’attività moltopiù diffusa di volontariato nelle scuole, magariapprofittando dell’evento Expo.Creare un dialogo con la scuola è quanto maiessenziale perché è il luogo deputato alla formazionee dove c’è linfa giovane a cui passareil testimone per dare una continuità generazionalead un mondo che ha bisogno di essere alimentato.Per distribuire una competenza dipresa in carico del bisogno dell’altro come dovereche appartiene a ciascuna persona. Perchénon ci sono servizi che risolvono i problemicomplessi della nostra società se non si diffondequesta cultura. E partendo da questaconsapevolezza e da questa responsabilità chenoi dobbiamo sempre più cercare di diffonderee di costruire, arrivare anche a rappresentare,per avere titolo, forza, progettualità che sonochiamati a integrare il compito istituzionale.Credo sia possibile, nel tempo, attraverso questoprocesso di carattere culturale, che noi possiamo,in qualche modo, rigenerare il tessutosociale che è molto egoista.Le nostre famiglie oggi sono troppo piccole perriuscire ad insegnare che non esistiamo soltantonoi con quello che ci piace ma che esiste uncontesto più grande col quale rapportarci e inqualche modo fare crescere la nostra libertà, lanostra capacità di scelta, la nostra dimensionesociale insieme a quella degli altri. E quindi,credo che, a maggior ragione, in una societàcome la nostra noi dobbiamo fare questo, inuna dimensione che è una dimensione moltolarga, una dimensione di confronto anche conil mondo, quello che sembra lontano ma ci è piùvicino. E quindi l’attenzione al bisogno della città


50con una missione profetica, direi quasi delle associazionidi volontariato, delle persone che, anchesingolarmente, fanno volontariato in quellearee di frontiera dove l’istituzione non arriva o arrivadopo, dove arriva per il tramite di chi diventauna quotidianità complessa, riesce poi inqualche modo, a non burocratizzare. Perché il rischiovero, purtroppo, dei nostri servizi è questo.C’è bisogno, di una contaminazione positivache nasce dall’incontro sul territorio, sul bisognodei soggetti sociali diversi, che sono l’istituzione,che sono il privato sociale e che sono il volontariato,ma anche il privato, il profit. Quindi un’altrasottolineatura è questo bellissimo binomiocultura del volontariato e cittadinanza attiva. Cittadinanzaattiva passa attraverso il mettersi ingioco come soggetti e giocare dentro un contestodi socialità la propria capacità di essere cittadino,ma ancor prima di essere uomo, chesta molto insieme al tema dei giovani e dellescuole. Concludo augurando non dieci anni,ne auguro ancora molti di più, e di trovare unluogo di dialogo partendo anche dagli strumentidella programmazione del Comune, peresempio dal piano di zona. Potremmo costruireanche una proposta che fa rientrare dentro questoluogo di programmazione una voce di propostadi Ciessevi, in quanto luogo di servizio.Questa è la mia disponibilità per altro riaffermatae non nuova, e per quanto riguarda Expofaccio una battuta, il vostro slogan è “dieci anni:mille associazioni, centomila volontari”, noi abbiamobisogno trentamila volontari per gestire isei mesi di esposizione mondiale. Trentamila volontarinon si improvvisano. È un processo di crescitaed è lì dove noi potremmo collocare un’attività,che non andiamo a chiedere agli altri, mache costruiamo noi e che presentiamo comevalore aggiunto.Il luogo del volontariato è il luogo della crescitasociale, i nostri ragazzi ne hanno molto bisogno;io credo che accanto a una fortissima esigenzadi competenza più disciplinare, che questa societàchiede, ci chiede ci sia, ancor prima, bisognodi tanta costruzione dell’uomo ed èattraverso una cittadinanza attiva che questopuò realizzarsi, voi per primi, noi aiutandovi,credo possiamo fare tanto. Quindi buon lavoroe grazie per il vostro contributo.Carlo Vimercati, Presidente del Comitatodi Gestione del Fondo Specialeper il Volontariato in LombardiaIo sono attirato dal titolo, “Il cantiere del volontariato”che è stato dato nella giornata odierna.Il cantiere è una parola che mi rimanda all’edificio,alla nave, alla strada nuova da aprire equindi a luoghi e a situazioni in cui si concentrano,si coordinano sforzi di progettualità esforzi operativi. Il cantiere mi pare una espressioneparticolarmente adatta al volontariato,quasi uno slogan semplicissimo per significarequesto tipo di attività. Agli inizi del volontariatoesistevano soprattutto slanci verso un fare generoso,ma che potevano anche disperdersi, orisultare meno efficaci rispetto alle forze e aimezzi dispiegati e questo a parere mio anche acausa, talora, dell’assenza di metodiche organizzative,tali da permettere la realizzazione almeglio delle indiscusse idealità. Poi, pian piano,e non senza fatica, sorsero le prime strutture,atte ad assicurare al sistema opportuni servizi divalidità e di interesse generale ed al casoanche opportune regole. Anche per il volontariatovaleva e vale infatti la regola che le buoneidee spesso restano tali se non sono sorrette dainquadramenti per la loro applicazione e perconverso bisogna, tuttavia, tener conto che glischemi di realizzazione rischiano di sterilirsi in organigrammi,burocrazia e procedure se non alimentatedalle idee medesime.Nel cantiere del volontariato promosso da Ciessevi,in particolare negli incontri territoriali, perindividuare con la base associativa, con i direttioperatori, i principali temi da sviluppare, ho trovatoproprio questo spirito ed ora attendo fiduciosodi conoscere, anche in questa giornata,le azioni classificate prioritarie a seguito di questopercorso che è un processo, un metodo, cheho molto apprezzato perché è un modo vero difare un bilancio sociale, un bilancio che va amisurarsi con la realtà dei bisogni reali, con lepersone e con i bisogni delle persone.Il cantiere, parte del progetto partecipato, colpiscefavorevolmente anche per la estensionepluriennale, quindi la pianificazione pluriennalee, nella mia qualità di presidente del Comitatodi Gestione lombardo da vari anni, hosempre auspicato e promosso una progettualitàpluriennale che desse respiro e continuitàalle azioni, superando situazioni di spezzettamentied incertezze per il futuro. Ritengo, inoltre,che visioni più ampie contrastino inopportuneimprovvisazioni, già nei bienni 2005/2006,2007/2008 avevamo, infatti, messo a punto coni centri servizi e il loro coordinamento, progettazionia raggio biennale ed per il futuro dobbiamodefinire entro breve le linee per tracciareil biennio 2009/2010. Quindi, credo chetutto il lavoro che si sta facendo è in sintoniacon le procedure alla metodologia che il Comitatodi Gestione ha attuato con i Centri servizioin questi anni e credo che le conclusionidell’odierno incontro ci potranno risultare moltoutili riguardo al nostro lavoro come Comitato digestione del Fondo speciale. Ringrazio e attendoappunto di raccogliere le indicazioni diquesto lavoro.


51Edoardo Patriarca, Consigliere dell’Agenziaper le OnlusIo non sono milanese, mi perdonerete se non stoproprio sulle problematiche vostre e quindi miscuserete se proprio offrirò qualche spunto di riflessione,forse, più generale. Sapete che l’agenziaha una struttura molto anomala, non è unaauthority, non è neppure un’agenzia di serie A,quindi vive di tante contraddizioni, proprio strutturali.Ha pochi soldi, ha poca flessibilità e tuttaviaci stiamo impegnando affinchè diventi unaistituzione, che pur dipendendo da Palazzo Chigie dal governo, sostenga, come tra l’altro ci indicail regolamento, e promuova il terzo settore.Ci stiamo muovendo in questa direzione. La secondalinea di lavoro è quella di rafforzare questafunzione, quella di elaborare atti di indirizzoche poi sono inviati al Parlamento o al Governo,per fornire un parere persuasivo verso la politicae per sostenere percorsi di crescita e di maturazionedel terzo settore. In questo momentostiamo lavorando sul bilancio di esercizio, lavoreremoinsieme anche ai Centri di servizio sui bilancidi esercizio. Mentre per il 2009 abbiamo inprevisione di emanare un atto di indirizzo sullaraccolta dei fondi. Detto questo, vorrei proporrequalche spunto di riflessione non tanto comeconsigliere, ma come una persona che ha fattotanto volontariato e che in questi anni ha lavoratomolto nel terzo settore.È bello celebrare i dieci anni del Ciessevi Milano.Bello perché l’esperienza dei centri di servizio inItalia è unica nel suo genere. Ed è bene ricordarcelo.Infatti in Europa, non c’è in nessunPaese europeo una struttura così forte, così impegnativache sostenga il volontariato. In questo,l’Italia è la prima e quindi celebrare questoanniversario vuol dire anche ricordarci che èstata avviata un’esperienza che è unica nel suogenere. Noi che in Europa ci sentiamo semprefanalino di coda, per una volta, siamo d’esempio.Importante e positivo è anche il rapporto solidocon le fondazioni di origine bancaria. Graziea questa avventura, perché le fondazioni sisono impegnate su questo, per legge, ma ancheper convinzione. La seconda osservazioneche mi sentirei di proporvi è la questione di costruirealleanze. Il professor De Rita (presidentedel Censis) sulla situazione italiana disegna unPaese che è una “poltiglia”, una “società mucillagine”composta da tanti coriandoli chestanno l’uno accanto all’altro, ma non stannoinsieme. Una visione angosciosa. “Abbiamo sologente che aspira alla presenza come l’impulsoad esistere fosse l’unico rimasto dentro di noi.Nessuno vuole più responsabilità: è da qui, perDe Rita, che bisogna ripartire se si vuole inveceritornare allo sviluppo collettivo, allo sviluppo dipopolo. La prima speranza è che la minoranzavitale si allarghi. Le indagini Istat dicono che i volontarisono sempre quelli, mentre cresce il numerodelle associazioni. Questo vuol dire che ilvolontariato si spezzetta e diventa sempre piùpiccolo. Forse oggi occorre recuperare una strategiadello stare insieme, ma non tanto perchéè bello, ma perchè si è più efficaci sul territorio.Perchè si possono costruire progetti più di ampiorespiro, più lungimiranti. Dare delle rispostecon la capacità di pensarsi nel tempo, non solidarietàbrevi, che pure sono importanti perchése uno ha fame bisogna dargli da mangiare;occorre puntare anche alle solidarietà lunghe,quelle che sanno costruire relazioni e che sonocapaci di aiutare soprattutto gli ultimi a diventarecittadini. Invece, la tendenza è quella dicoltivare solo il nostro piccolo cortile. La secondanota che mi sentirei di fare rispetto alterzo settore, è che il volontariato, per sua natura,è sempre stato leggero, sta sulla strada, è moltoflessibile, proprio perché vive un’attività gratuita,non è strutturato. A volte questo è visto comeuna debolezza, invece è una grande risorsa perquella parte del terzo settore più strutturata. Alloraquesto ruolo un po’ profetico e di vigilanzasul terzo settore in generale, credo che vadaesercitato, non perché si è più bravi, ma perchési è più liberi, più capaci di reagire. Allora, affinchèil terzo settore strutturato non diventi, comedirebbe Tremonti, troppo “mercatista”, affinchènon perda la sua anima, credo che spetti al volontariato,che può farlo gratuitamente, avvertirequando occorre stare attenti, esercitando unruolo, appunto, di vigilanza nel passare deltempo. E anche di proposta. Perché il volontariatoè nato sulla strada, quindi sa intercettare ledomande che provengono dalle persone. Laterza questione che mi sentirei di proporvi è lanostra, dico la nostra perché mi sento nel gioco,capacità nuova di essere portatori di un progetto.Noi non siamo soltanto prestatori di servizio erogatori di servizi, come talvolta capita ci si riduca.Siamo anche quello, ci mancherebbe altro,non siamo una fondazione culturale. Noiagiamo perché abbiamo una visione, una proposta,un’idea di uomo, un’idea di società. Eoggi questa vicenda, il presidio culturale, credoche vada ribadito, che vada riproposto. Guardateche i valori su cui noi abbiamo tanto investito,che sono un po’ il DNA del volontariato, lagratuità, la solidarietà, la sussidiarietà, la cittadinanza;sono valori che sempre sono percepiticome strategici, come fondativi della nostra costituzione.Oggi la solidarietà non è più unaquestione che riguarda il volontariato, o unaquestione di nicchia, dei buoni e dei bravi, deiboy-scout, quelli che fanno attraversare la vecchiettaanche se non vogliono. Oggi la solidarietàè necessaria, è strategica. Questo Paesenon va avanti se non diventa più attento, più so-


52lidale. La stessa economia non funziona. Alloraavere il coraggio e la forza di dire e raccontarequesto: il volontariato è anche una proposta, unmodo di vedere il mondo. Credo che sia unaquestione che ci spetti per contrastare questaantropologia negativa, la chiamo così, chevede i cittadini, le nostre realtà sociali, inadeguate,tragicamente inadeguate, un po’ alladeriva, senza capire, invece, che le cose buonestanno nascendo, stanno crescendo. Allora riuscireogni tanto ad alzare la voce e cavare dallanostra esperienza il messaggio, la proposta rispettoal dibattito che vive la città, il paese, la sicurezza,credo che sia importante. E questo vuoldire, talvolta, non raccontare solo quello chefacciamo, ma raccontare un’esperienza, unastoria. A volte noi pecchiamo un po’ perché raccontiamoquello che facciamo, invece dobbiamoriuscire a raccontare quello che facciamocomunicando quello che c’è dietro. Efinisco con la questione del rapporto con i giovani.Guardate che la questione non sono i nostrigiovani: siamo noi. La questione è che il cosiddettomondo adulto è incapace di offrireuna proposta. Allora capite che la cosiddetta“emergenza educativa” è una questione strategicaper il volontariato, non soltanto per chiamarealla militanza i giovani, ma perché su questoha qualcosa da dire. Allora la domanda chemi sento di porvi è: ma i ragazzi giovani che vengononelle nostre realtà incontrano personeadulte appassionate che non solo gli sanno offrireun servizio, ma gli sanno offrire una proposta?Talvolta i nostri ragazzi non vengono, lascianole associazioni di volontariato perché cidimentichiamo che l’esperienza di volontariatoè una esperienza di amicizia, di condivisione. Avolte li mandiamo a coprire delle emergenze,che, per carità sono legittime, ma se li lasciamosoli, dopo un po’ si stancano, non ci stanno. Iol’ho vissuto con mia figlia che, dopo un anno divolontariato mi ha detto “papà faccio i turni, mido da fare, ma non c’è incontro, non c’è amicizia”e quindi ha fatto un’altra scelta. Allora laquestione è questa: è strategico il rapporto conla scuola, soprattutto proponendo esperienze diadulti appassionati. Oggi, drammaticamente, ilproblema è che con i ragazzi non si discute più;ogni tanto bisognerebbe anche litigarci, nelsenso che ci sediamo e discutiamo fino allafine, come si faceva una volta fino a tarda notte,ma non per convincerti o obbligarti, ma perspiegare che le cose di cui parlo mi stanno acuore, che mi hanno reso felice, mi hanno fattostar bene. Allora se non riusciamo a dire questo,facciamo fatica ad intercettare i nostri ragazzi.Poi c’è il problema del ricambio, la capacità anchedi uscire di scena dopo tanti anni, di lasciarsì che un giovane faccia il presidente,. Ci lamentiamodella politica, dimenticando che anchenoi siamo così, ci sono presidenti chevanno avanti per vent’anni. Forse quando si èconclusa un’esperienza e si comprende chec’è qualcuno che può prendere un testimone,forse è bello dire: bene, è il tuo tempo, la tua ora,io ti aiuto, ti sto dietro, ma vai avanti tu.OGGI A MILANO, DI FRONTE ALLOSFRANGIAMENTO DELLA COESIONE SOCIALE,QUALE RUOLO PER IL VOLONTARIATO?Mauro Magatti, Preside della facoltà diSociologia dell’Università Cattolica di MilanoCredo che sia utile, essendo questa un assembleaorganizzativa e progettuale, richiamarel’idea che il volontariato trova soddisfazione nell’aiutaregli altri. Una dimensione antropologicache è costitutiva dell’essere umano, come altredimensioni: la dimensione del competere, del misurarsicon gli altri piuttosto che la capacità diesprimere con la parola, con l’immagine, con lapoesia i propri sentimenti e la proprie emozioni.Quella del volontariato è una capacità antropologicafondamentale che deve essere attivata.Però, bisogna creare le condizioni perchéquesta capacità si possa manifestare. Noi viviamoin una città che, da sempre, tende, peruna serie di ragioni, a diventare unilaterale, a diventaremono-tono, dove solo una prospettivapretende di assorbire tutto il campo della vita.Quindi, oggi, è importante essere fiduciosi sulfatto che stiamo parlando, non di qualcosa distrano, che interessa solo a qualcuno, no, stiamoparlando di una dimensione che è essenzialeper l’essere umano. Che è importante per realizzarsipienamente, per essere felice, per esseresé stesso, per stare bene con gli altri, per crearedei contesti sociali umani. E questa questioneantropologica va calata in un tempo che èquello della frammentazione. Io credo che tuttinoi facciamo questa esperienza nei nostri contestilavorativi, familiari, relazionali e di volontariato;cioè che siamo in un tempo in cui tutto siscioglie ed è come se non stesse insieme piùniente. E quando si prova, semplicemente, a tenereinsieme delle persone, o comunque a stareinsieme agli altri, ci si accorge che le dinamichea cui ciascuno di noi è esposto sono talmenteviolente, talmente forti, che alla fine ci si trova,davvero, a fare un’enorme fatica per stare insieme.Figuriamoci poi per fare qualcosa di costruttivo.Si salvano, per così dire, luoghi e reazioni“fondamentaliste” che rispondono a questa dinamicacon una chiusura molto rigida per cercare,appunto, di far fronte a questa situazione.Credo che questo processo di disgregazionedei tessuti umani interessi anche il volontariato.Rispetto ad una fase storica di venti anni fa, in cuinel passaggio dalla crisi dello stato sociale c’è


53stato un momento in cui il volontariato ha avutouna spinta significativa, oggi, invece, questa disgregazioneè vissuta anche dalle associazioni.C’è molta fatica a sopravvivere e la composizionedei volontari ha un’età media molto alta.Ma sul volontariato come si produce questaframmentazione? Intanto con un orientamentosingolo. Le persone compiono atti singoli, comel’atto della donazione, un fatto culturale moltoimportante, che però spiazza il volontariato. Cioèle persone compiono il “minimo della donazione”:mandare un sms durante una trasmissionetelevisiva. E siamo proprio all’ultimo bit divita di questa competenza antropologica. Esiste,c’è un bit, però ci accontentiamo di quello. Ecco,la cosa un po’ drammatica è che questo prendeil posto del prestare il sale al vicino di casa, cheanche quello è un atto minimale, ma se non altroè un atto che richiede un minimo di esposizioneconcreta, maggiore. Quindi, c’è una riduzionea impegni singoli e questo rende moltofaticosa l’espressione di forme di volontariatoper come le abbiamo conosciute. Il secondoelemento di disgregazione del volontariato è l’instabilitàdel significante. Cioè il luogo più fortedove si manifesta la disgregazione è il luogo deisignificati. L’idea che ciascuno ha il diritto di diresempre il suo pensiero, anche se non sa nientedi niente. Ma è così radicalizzata l’idea che ciascunodeve dire la sua a tutti i costi che si perdeil senso di riuscire a condividere dei significati.Condividere per costruire qualcosa insieme, diventaun’operazione difficile e questo credo chedentro l’associazione di volontariato lo si vive.Per esempio chi a un certo punto prende unaposizione di responsabilità alla fine è preso inuna sorta di trappola, perchè ha la sensazionedi dire: “se non ci sono io che tiro avanti con lemie idee, l’associazione non va avanti, però, setiro avanti solo io gli altri se ne vanno perché nonla pensano come me”. Il risultato è che va avantilui e tre o quattro che la pensano come lui, mentregli altri se ne vanno. Perché abbiamo smontatogli elementi di contesto culturale che ci facevanointendere. L’intesa è faticosa e instabilein un luogo già instabile come è il volontariato.L’ultimo elemento è il tema della paura dell’altro,cioè la tonalità emotiva di questo tempo èche l’altro è sostanzialmente una minaccia equindi se è una minaccia, quella capacità antropologicadell’essere volontario si ritira, equindi, in questo momento non solo non c’è piùuna spinta, ma c’è anche un reflusso nei confrontidi questo atteggiamento di apertura neiconfronti degli altri.Quindi questo tempo della frammentazione,della disgregazione è un tempo impegnativoper questa storia perché la sfida. Io credo che rispettoa questo clima culturale, il volontariatonon parla più e non parla, soprattutto, alle nuovegenerazioni. Perché il volontario è in contrapposizionea costrizione e volontariato è una cosache faccio liberamente. È questa la radice perchéc’è dentro la parola volontà, una cosa chedecido di fare. Ecco, questo, nei codici culturalicontemporanei non è più inteso. Questa nuovagenerazione cerca la libertà. Il massimo della libertà.Per i giovani non è più “io decido di esserequella cosa lì”, ma il massimo della libertà è “ioesco di casa e mi succede qualcosa a cui nonavevo assolutamente pensato” e, quindi, si diventamonaco tibetano per sei mesi, poi mi succedequalcos’altro e allora cambio, faccio un’altracosa. C’è questa idea della libertà comesorpresa, come qualcosa che non si era calcolato,non si era previsto ma che “prende”, infattic’è l’espressione “quella cosa lì mi ha presotanto”, se non prende, allora non interessa. Tuttoquesto ha un codice molto diverso da un’assembleacome questa, dove i giovani, salvoqualcuno, non vengono assolutamente perchéè una cosa che li “prenderebbe” poco, ma soprattuttoè molto difficile lavorare con questotipo di codice culturale rispetto a un impegno,perché poi l’impegno vuol dire darsi impegno,vuol dire sottrarre qualche cosa di me. Mi mettoin gioco, mi do un impegno e questo i giovanifanno una grande fatica a capirlo perchéstanno cercando la libertà da un’altra parte. Bisognatrovare, bisogna sforzarsi di ragionare suquali sono le chiavi per interpretare questotempo. Allora, il tema della fraternità diventa ungrandissimo tema. Perché in un epoca in cuiabbiamo interiorizzato l’idea che siamo tuttiuguali, dove ciascuno può dire la sua anche sela dice a caso, in cui abbiamo il tema della diversità,dello straniero, o credo che il tema dellafraternità sia il tema che anche un giovane, cheintende la libertà come sorpresa, la fraternità siaun tema cha ha un enorme risorsa. La fraternitàha un potenziale di intercettazione dell’esperienzadei giovani oggi. Condividere provvisoriamenteun pezzo di strada e imparare modi eforme che ci consentono di stare bene insieme.Credo che questo tema della fraternità sia untema che abbia un grandissimo potenziale culturaleche deve essere costruito. La mia sensazioneè che oggi la fraternità sia un codice chepuò rimettere in circuito quelle ragioni chehanno spinto la generazione passata a darevita a questa ondata, così significativa in Italia,che è stato il volontariato, da cui è nata tuttal’area del terzo settore. Dobbiamo, però, fare losforzo di reinterpretare questo tempo non solocon le strutture organizzative, non solo con l’efficienza,non sono solo queste le azioni che salverannoil volontariato. Il volontariato non può esseresalvato dalla tecnica del volontariato, masarà salvato dalla sua capacità di reinterpretareculturalmente questo tempo.


54IL CONTRIBUTO DEL VOLONTARIATO NELQUADRO DEL TERZO SETTORE MILANESEDario Cassata, segreteria del Forumprovinciale di Milano del Terzo SettoreQual è il ruolo del volontariato nel Forum delterzo Settore? C’è una differenza di natura organizzativa,di scelte di campo, tra fondazioni,organizzazioni di volontariato, associazioni dipromozione sociale, cooperazione sociale. Peròi valori, le volontà e gli obiettivi sono gli stessi. Iltema di fondo dal quale partiamo tutti è quellodella persona, nel senso che partiamo dallalettura, da un incontro con persone che esprimonobisogni e la volontà e la capacità di risponderea questi bisogni. Storicamente questepersone si aggregano per dare risposte a questibisogni ed esprimono in questo modo, aldilàdello specifico, una visione alta che è fatta disolidarietà, cioè del sentirsi obbligati in solidocon la persona in situazioni di difficoltà. Che èfatta di mutualità, cioè di scambi, non sono ioche do e tu che prendi, ma insieme ci diamo.Che è fatta di responsabilità, questa cosa micompete in quanto uomo sociale, mi competenella mia rete di relazioni. Che è fatta di sviluppoperché in questo modo vogliamo costruireuna società migliore, un vivere civile chesappia farsi carico dei bisogni, delle risposte edello scambio tra le persone. Quindi abbiamouna visione alta.Le nostre radici, i nostri piedi sono piantati in unterritorio definito, sono in una località definita.Ma partire dal locale non vuol dire parlare dilocalismo, vuol dire parlare di comunità e parlaredi comunità non vuol dire parlare di territorio,perché il territorio è una dizioneistituzionale e amministrativa, la comunità èfatta di persone; quindi le nostre radici e i nostripiedi sono lì nella comunità. Se mi occupo diun problema al Giambellino il mio portareistanze di solidarietà, di mutualità, di responsabilità,di sviluppo non è solo per il Giambellino,è per il vivere civile, è antropologica. E partendodalle vie, dalle piazze, dai quartieri, dalle cittàsi arriva al Paese, con la P maiuscola. Se abbiamoi piedi abbiamo anche il cuore nel socialeche non è l’assistenziale. Il sociale è lasocietà, è la polis. Il sociale è tutto ciò che ci faessere in relazione con altre persone, organizzazioni,momenti della vita che possono esserefamiliari piuttosto che lavorativi. E quindi il nostrocuore è in questo sistema di relazioni e inquesto senso la volontà non è assolutamenteun volontarismo, cioè un dover fare. I piedi sononel locale, il cuore nel sociale e le nostre manioperano. Sono mani operose che eseguono apartire da quella passione di fare le cose, diventareprotagonisti, diventare datori di socialità.Ciò che dimentichiamo spesso è che oltrea piedi, cuori e mani, noi abbiamo una testa equesta testa è politica. Politica nel senso dellaPolis, evidentemente, nel senso della politicache aggrega, della politica che si occupadelle persone. Le organizzazioni di volontariatoe tutto il terzo settore sono capaci di aggregare,di appassionare, di proporre.Il Forum del terzo Settore è rappresentanza,non tutela. La rappresentanza non è esserecontro parti, ma è essere parti. Allora la rappresentanzaè importante perché nessuno riesceda solo, né la singola organizzazione, nétanto meno la singola persona. Dobbiamo, ilvolontariato e il terzo settore tutto, attraverso ipropri strumenti, e il Forum del terzo settore neè uno, intervenire per proporre welfare, nonsolo assistenza, ma benessere, il benesseredelle persone.La coesione sociale non è fatta di individualismi,ma di persone che si aggregano attornoad una amicizia, o a un tema che appassionaentrambi. Ed è un lavoro che non parte daltema della diversità, ma dal tema della cittadinanza,del vivere sociale con specificità personali.In questa logica Ciessevi sa mettere adisposizione competenze, strumenti, persone, relazioni.Il volontariato deve fare proposte politiche,proposte di welfare, proposte promozioneumana, noi siamo capaci davvero di fare comunicazione.<strong>DIECI</strong> <strong>ANNI</strong> DI VOLONTARIATOIN PROVINCIA DI MILANOEmilio Lunghi, Vicepresidente CIESSEVIe Presidente Auser comprensorio di MilanoIo ho un duplice osservatorio, da una partesono presidente di un’associazione e dall’altrapartecipo alla governante di Ciessevi. La crescitadel capitale sociale, del capitale umanodel volontariato, sicuramente ha avuto in Ciesseviuna struttura di supporto a di aiuto in questidieci anni.Festeggiamo i dieci anni, ma in realtà l’AssociazioneCiessevi nasce nel 1996, due anni dielaborazione per dare il via all’attività propria.Ciessevi deve essere visto nel contesto socialee politico, cioè nei fenomeni che sono avvenutiin questi dieci anni, altrimenti corriamo il rischiodi descrivere in modo aritmentico le attività, lerisorse, i servizi, senza capire quale è stato ilcontesto in cui si è operato. Io sono convintoche il volontariato può far bene a sé stessi. Nelmomento in cui dai capacità personali, tempolibero, impegno, ricevi anche parecchio rispettoalla tua crescita. Poi il volontariato ha lacapacità di far stare bene le persone, oltre chesé stessi. In questi anni, sempre di più, il volontariatoè stato visto non più e non solo come


55una forma di aiuto caritatevole, ma ha acquisitoun ruolo di cittadinanza attiva. Secondo lamodifica del titolo V della Costituzione, articolo118, cioè il volontariato, l’impegno socialecome dovere civico. E aggiungo che nel momentoin cui non c’è percezione di un interventosociale all’interno dei territori, moltoprobabilmente anche le persone che si richiudonoin sé stesse vivono male. Il volontariato èun valore aggiunto rispetto a interventi sussidiarie integrativi che struttura pubblica e strutturaprivata, fanno all’interno delle collettività.Quindi il concetto che noi abbiamo via via affinatoin questi anni è il concetto di sussidiarietàche deve essere sempre tenuto presenteall’interno delle nostre associazioni.Quali sono stati i fenomeni sociali che il volontariatomilanese ha dovuto affrontare in questianni? Innanzitutto la percezione di avere davantia sé un mondo sempre più piccolo, cioèun mondo dove la mobilità delle persone hasignificato flussi migratori e di conseguenza hagenerato bisogno che ha corrisposto all’impegnodi tanti volontari. Quindi il mondo è diventatopiù piccolo e attraverso strumenti diconoscenza che prima non avevamo, in questidieci anni, il volontariato ha lavorato per farconoscere le diseguaglianze economiche, lenuove povertà. Tutta una serie di fenomeni chehanno indotto le persone che hanno a cuoreil benessere di queste popolazioni, le hannoportate ad impegnarsi all’interno del volontariato.In questi dieci anni anche all’interno deipaesi occidentali, e quindi anche all’internodella realtà milanese, sono cresciute fasce dipovertà, si sono evidenziati nuovi bisogni chein passato non c’erano. Nuovi bisogni chehanno portato, penso all’Opera San Francescoa distribuire migliaia di pasti caldi algiorno; così altre associazioni trasportano pasticaldi alle persone che non sono in grado dideambulare, quindi da un punto di vista di impegnodel volontariato rispetto a nuovi fenomeniemergenti in questi dieci anni ci si èrapportati. In questi dieci anni l’età mediadella popolazione si è enormemente innalzata.La scansione di vita, quella di nascere eapprendere, apprendere e lavorare, lavorare epoi riposarsi, come si suol dire essere considerativecchi, questa scansione di vita è cambiata.Oggi, nel momento in cui ci si apprestaalla dismissione dell’attività lavorativa, si ha davantiuna nuova fase della vita che può daremolto alla collettività. Tanto vero è che nell’ultimorilevamento Ires in Lombardia, ci sonoquasi il 50% dei volontari che vanno dai 54anni in su. Questo dato conferma che unalarga parte della popolazione lombarda, chein passato non era impegnata nel volontariato,oggi è disponibile a farlo.Per quanto riguarda la promozione del volontariatogiovanile sono convinto che è una stradada percorrere in modo determinato. Ciessevi insiemeal Provveditorato ha aperto sportelliScuola-Volontariato, ha promosso esperienze,progetti, ed è una direzione su cui bisogna continuareperché la cultura del volontariato, la disponibilitàal dono non si può ovviamente ottenerea 60 anni, se non c’ è stato un percorsoformativo che ha aiutato a promuovere questaattività. In questi dieci anni c’è stato uno sviluppoimpetuoso del volontariato, i dati Istat ci diconoche si è passati da 8mila associazioni iscritte al registroa quasi 30mila. Le preoccupazioni sullaframmentazione e il ridimensionamento in piccoleassociazioni, vanno tenute sotto osservazione,ma non dobbiamo dimenticare che questidati rispondono anche ad una maggiorepartecipazione del territorio. La linea di Ciessevi èquella di non essere la rappresentanza del volontariato,ma di mettersi a suo servizio.Nei primi anni i servizi hanno riguardato in prevalenzala consulenza e la formazione; poisono seguiti la promozione del volontariato el’aiuto alla progettazione, nella terza fase si èsviluppato l’aspetto di attività decentrata conle delegazioni di ambito territoriale, cioè andandoincontro al bisogno di una presenzapiù forte ai tavoli della programmazione distrettualeda parte delle associazioni di volontariato.Il decentramento sul territorio credo siala chiave di volta, una carta vincente che deverestare, deve essere uno dei nostri obiettivianche per il prossimo biennio. La quarta fase,quella che si aprirà da qui in avanti, sarà unafase in cui le associazioni possono costituire, insiemeal Coge e alla Fondazione Cariplo,bandi per la progettazione sociale.Credo che bisogna andare oltre, cioè aprire lapossibilità a criteri di accesso a risorse per fondidi aiuto, in particolare il fondo di garanzia alleassociazioni più piccole. Poi, e non ultima questioneè il nodo della riforma della legge 266,considerata ormai obsoleta perché non rispondepiù, dopo 17 anni, alla funzione che haassunto nel nostro Paese il volontariato. Il 40%dell’attività socio-assistenziale in Italia è fatto dalterzo settore e il 16% di queste arriva dal volontariato.Abbiamo un modello sociale dove il privatosociale e il volontariato hanno un peso dinon poco conto in questa sinergia con le istituzioni.I prossimi due anni per Ciessevi sarannodecisivi per un intervento capillare sui territori rispettoalla costruzione di reti sempre più diffuseall’interno dei distretti socio-sanitari e per consolidarei risultati che abbiamo avuto e estenderei fruitori. Consolidare e estendere i fruitoridelle attività di servizio di Ciessevi. Tenete presenteche siamo partiti con due persone, e cheoggi vi sono 42 dipendenti.


56L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DEI CSV:LE PROSPETTIVE APERTEMarco Granelli, Presidente CSV.netNon posso non nascondere un po’ di emozioneparticolare. In questo anno, un po’ di incontri diquesto tipo per l’Italia mi sono capitati e sonostati incontri interessanti. Essere qui oggi con voiè per me un’occasione un po’ particolare chemi fa ripensare al percorso che con molti di voiabbiamo compiuto insieme in questi anni. Bellaquesta idea del cantiere, di un lavoro semprepiù in progress. Questo penso che sia significativoe lo ricollego al lavoro di tutta la rete nazionaledei Centri di servizio. Quando si apre uncantiere bisogna sapere dove si vuole arrivare.Vuol dire scavare e lavorare con le cose concrete,con le mani nella concretezza, non è unlavoro solo di testa, ma vuol dire aver primapensato dove si vuole arrivare, conoscere quelterreno lì, conoscere quello spazio lì e averel’idea e il sogno di cosa metterci e come trasformarequel pezzo di terra in forma di casa. Allorapenso che lo sforzo che oggi il volontariatoitaliano deve fare è quello di avere questosguardo, di avere questo sogno, di tenere i piedinella terra, nella concretezza, ma di guardarelontano, di sognare da questo punto di vista eimmaginare qualcosa da mettere lì. Un sognoè la riforma della legge 266, la legge sul volontariato,un percorso che auspico sia fatto insiemeal Parlamento, perché il volontariato hala forza e la capacità di mettere sul piatto nontre paroline di modifica agli articoli della legge,ma di far capire quale è lo scenario in cui il volontariatovuole collocarsi e di cosa ha bisognoper realizzare il sogno che ha in testa. Oggi iopenso che questo sia un po’ la debolezza delvolontariato. Abbiamo tanti sogni e siamo impegnatiin tante cose che fanno parte della nostraattività quotidiana, ma dobbiamo avere unsogno che guarda un po’ più in là.Il volontariato deve produrre coesione sociale,deve produrre quella colla che serve a farestare insieme e a cambiare la nostra cultura perunire le persone e sentirsi parte di un insieme.Certo che questo è fatto con la concretezzadegli strumenti, non con le teorie. Un collanteche avviene con la piccola società sportiva dilettantisticadel quartiere di periferia o con unlavoro sulla mondialità o sull’ambiente, o con igruppi di acquisto solidale.Condivido molto l’aspetto della fraternità, peresempio noi oggi siamo ospiti in una RSA, unastruttura complessa del sociale che non può esserefatta dal volontariato, ma se non ha dentroil volontariato fa un servizio di qualità inferiore,perché la persona che viene qui, oltre a tutto ilresto, deve avere anche delle persone amicheche sanno stare a suo fianco. Allora il volontariatodeve recuperare la cura del verde nei nostriquartieri, certo che è una cura che devo chiedereall’assessore competente, ma devo anchechiedere che io senta mio quel giardino sottocasa e quindi lo uso bene e lo curo, perché losento mio. E questo è il collante del volontariato.Allora io penso che questo c’entri con il cantieredel Centro di Servizi di Milano e il cantiere diCSVnet, e i cantieri che insieme dobbiamo farecome Centri servizio. Nei primi anni dei Centri diServizio c’è stata molta fatica a rendersi contoche il fondo messo a disposizione dalla legge266, nell’articolo 15, dalle fondazione di originebancaria è un fondo vincolato a disposizionedel volontariato. Il volontariato ha fatto un po’ difatica perché si è concentrato a capire che eraa sua disposizione per il suo sviluppo, per trasformarloin azioni che servivano. Ora anche noicome centri di servizi dobbiamo porci in quest’otticae dire quanto il volontariato dei nostriterritori, quello piccolo e grande insieme, devesapere che quelle sono delle risorse significativea disposizione del suo sviluppo. Molte volte, invece,abbiamo su questo un atteggiamento burocratico:andiamo se il decreto ministerialedice che quei fondi dobbiamo fare quelle treazioni, allora chiediamo il permesso di farequella cosa. No! Nell’articolo 15 c’è scritto chequei fondi sono a disposizione per qualificare esostenere il volontariato. E allora la fatica di dire:“di cosa abbiamo bisogno noi?” Se abbiamo bisognodi cambiare la cultura del nostro paese,della nostra comunità perché si riscopra l’appartenenza,la voglia di fare volontariato, o chele associazioni sappiano riscoprire la voglia deigiovani di fare volontariato, magari in manieradiversa e renderli protagonisti e di far nascereun nuovo volontariato. Ciessevi ha aiutato a farnascere un’associazione di volontariato di alcunistranieri che qui a Milano hanno cominciatoad essere non oggetti di un aiuto, masoggetti di coesione sociale, magari meglio diqualcuno di noi, allora la capacità di saper scoprirequesto è quello che dobbiamo fare comecentri di servizio. Vuol dire rendere protagonistala piccola associazione della nostra provinciache devono essere capaci di non sentirsi soloutilizzatori del centro servizio, ma padroni, proprietari,parlando in termini a cui noi non siamoabituati.Stiamo lavorando sulla governance dei centri diservizio, interpretare bene quello che dice lalegge, che il volontariato è proprietario di queifondi e dei centri di servizio, azionista, quello chedecide dove deve andare. Questo però non èfacile perché vuol dire che dobbiamo trovare fradi noi delle persone che oltre a fare il loro lavoro,fare i volontari, si dedicano anche a fare questafatica. Allora insieme in questa città abbiamo bisognodi che cosa per far migliorare il volonta-


57riato, per aumentare le risorse del volontariato ditesta, di pensiero, di volontari, di risorse economicheper far sì che la nostra comunità viva meglio?Questo è un lavoro di fatica; quando noidiciamo dobbiamo informare i nostri consigli direttivi,pensarli come comitati di indirizzo chesappiano fare questo lavoro, la fatica del pensareche cosa abbiamo bisogno insieme fradieci anni, non ieri. E poi l’altra fatica, pensare etrovare persone professionisti competenti, capaci,che sappiano trasformare queste idee inservizi efficaci, efficienti, pronti, innovativi. L’esperienzadel servizio al 5 per mille favorendo e facilitandol’accesso al 5 per mille sicuro,tranquillo, senza costi, è la concretezza di unostrumento semplice messo a disposizione perchénon debba far fatica per accedere a un diritto.Questo vuol dire logistica, sedi, accesso aicomputer, alle informazioni, accesso a saperequando c’è un bando e non saperlo tre giorniprima della scadenza ma saperlo il giornostesso in cui viene emanato. E magari di averedelle persone che aiutano anche la piccola associazionea fare il progetto che poi fatto insiemecon altre tre riceve i fondi della Provincia,della Cariplo o di un privato perché ha trovatoqualcuno che lo ha aiutato a trasformare la suaidea in un progetto. Questa sono cose concreteche dobbiamo innovare. Come il progetto chestiamo cercando di attuare per avere un sistemadi prestiti agevolati per le associazioni divolontariato con copertura non dei beni propridegli amministratori degli enti, ma offerti e garantitida qualcuno che vede la bontà di un progetto.Ma allora il fare il cantiere vuol dire fare inmodo che tutto il volontariato sappia sentirsi capacedi fare questo e avere una struttura capacedi dare, di trasformare questo in progetticoncreti che domani mattina uno vede, usufruiscee riesce ad utilizzare.Chiudo auspicando che Ciessevi riesca a realizzare,magari al termine dell’Expo, un luogo fisicoe virtuale, una “casa del volontariato” nelsenso di avere una sede un po’ più grande incui mettere qualcosa di visibile che lanci e facciavedere, faccia trasparire questa nostra peculiarità,anche a tutto il mondo che ci guarderànell’Expo. Una casa dei volontari e deivolontariati e anche di tutti coloro che noi di solitonon pensiamo che siano volontariati. Dei volontariatifatti da nuovi cittadini di Milano, chesono qui con noi, facendo capire che sono il futuroinsieme con noi nella nostra città e che,quindi, ci aiutano anche a vivere meglio. Mi auguroche questa cosa sia il segno bello dell’Expoper il futuro di Milano.


piazza Castello, 3 - 20121 Milano - tel. 02.4547.5850 - fax 02.4547.5458e-mail: segreteria@ciessevi.org - www.ciessevi.org

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